Ricerca per Volume

UNDICESIMA SERIE

AVVERTENZA

l. Questo quarto volume e il successivo quinto della serie undicesima contengono la documentazione relativa alla politica estera del sesto ministero De Gasperi (27 gennaio 1950 -25 luglio 1951 ). I diciotto mesi della sua durata sono stati divisi in due porzioni di uguale durata (nove mesi) per motivi esclusivamente editoriali: il termine di questo quarto volume al 31 ottobre 1950 non rappresenta quindi una cesura di alcun tipo nelle direttive e nell'azione del governo in politica estera.

Come accadeva ormai dalla formazione del suo terzo ministero (2 febbraio 1947), De Gasperi volle ancora al suo fianco come ministro degli Esteri Carlo Sforza, nonostante le molte critiche che gli erano state mosse per la negativa conclusione del negoziato sulla sorte delle ex colonie italiane e le ricorrenti aspirazioni a quell 'incarico di alcuni esponenti del suo partito. Quale che fosse il pensiero di De Gasperi intorno a tali critiche e a tali aspirazioni, congedare il ministro degli Esteri, che il 4 aprile 1949 aveva firmato l'adesione italiana al Patto dell'Atlantico del Nord, era un gesto politicamente inopportuno perché poteva dare adito al sospetto che cominciasse a delinearsi un minore impegno del nuovo governo nei confronti dell'alleanza nordatlantica. Era infatti ben noto all'estero che una parte della sinistra democristiana era stata assai tiepida verso quella fondamentale scelta della politica estera italiana del dopoguerra. Sforza quindi restò a Palazzo Chigi, allora sede del Ministero degli Esteri, e, come risulta dalla documentazione qui pubblicata, intensificò il suo rapporto personale con De Gasperi dialogando per iscritto direttamente con lui non solo quando si trovava in missione, per il suo ufficio, a Londra, Parigi, Strasburgo o New York. Assai interessanti sono a questo proposito i documenti provenienti dagli archivi personali di entrambi, che forniscono preziosi elementi di valutazione per conoscere, al di fuori della ufficialità, il pensiero e l'azione del governo in materia di politica estera.

Sul piano internazionale gli avvenimenti salienti del periodo sono tre. li primo è l 'annunzio, dato dal ministro degli Esteri francese, Robert Schuman, nella conferenza stampa tenuta il 9 maggio 1950 nel Salone dell'orologio al Quai d'Orsay, d'aver offerto alla Repubblica Federale di Germania di mettere in comune la produzione del carbone e dell'acciaio. Come ci racconta il cancelliere Konrad Adenauer nelle sue memorie, il governo di Bonn che, guarda caso, si trovava riunito quando arrivò il messaggero francese, dette immediatamente la sua adesione. Questa messa in scena era naturalmente per il pubblico. Nella realtà si trattava della conclusione di un negoziato avviato già dal novembre 1948, che aveva avuto come protagonisti anche gli Stati Uniti e la Gran Bretagna nella loro duplice veste di membri della Autorità Internazionale della Ruhr e di Alti Commissari residenti sulla collina del Petersberg cui spettava la responsabilità, tra l'altro, della politica estera della Repubblica Federale.

Ebbene in rapporto a questo problema, dalla documentazione qui pubblicata risulta che l'Italia nulla seppe del negoziato in corso, ciò che sorprende alquanto, sia perché un dialogo in materia economica era in corso tra Parigi e Roma dopo la faticosa sottoscrizione del trattato per l'Unione doganale italo-francese, sia perché l'ambasciatore italiano in Francia, l'ottimo Pietro Quaroni, riusciva sempre ad essere informato delle segrete cose del Quai d'Orsay. Ben emerge la sua sorpresa dal dispaccio con cui riferisce la comunicazione che gli fa Schuman poco prima del suo pubblico annunzio. Anche sul negoziato per la realizzazione del piano Schuman la documentazione qui pubblicata presenta notevole interesse se non altro per chiarire se il giudizio negativo, espresso da Jean Monnet nelle sue memorie, sul capo della delegazione italiana, l'on. Paolo Emilio Taviani, abbia un qualche fondamento o sia invece frutto di incomprensione caratteriale e politica fra i due.

Il secondo grande awenimento del periodo considerato nel volume è lo scoppio della guerra in Corea, il 25 giugno 1950. L'awenimento tocca solo indirettamente la politica estera italiana. A parte la lontananza geografica, c'è il fatto sostanziale che l'Italia non è ancora stata ammessa all'O.N.U., come del resto gli altri Stati sconfitti dalla coalizione bellica delle Nazioni Unite vincitrice della seconda guerra mondiale. Nonostante ciò, da parte di alcuni paesi amici ed alleati del mondo occidentale ci si attende un qualche gesto di solidarietà dall'Italia. La vicenda relativa è ben illustrata da alcuni documenti presenti nel volume. Ci fu però un tema, come è noto, sul quale lo scoppio della guerra in Corea ebbe ripercussioni notevoli: l'organizzazione militare, prevista dal Patto dell'Atlantico del Nord, che doveva poi dare vita alla N.A.T.O. Questo tema tocca direttamente anche l'Italia come paese membro dell'alleanza. Varie sono le questioni ch'esso coinvolge: la ripartizione degli aiuti americani per il potenziamento degli eserciti dei paesi europei, il contributo finanziario che ciascun paese doveva destinare a questo scopo, il tipo di collaborazione tra i vari paesi allo scopo di trasformare i singoli contingenti nazionali in una forza unica, e, per l'Italia, anche il problema del superamento o meno delle clausole militari del trattato di pace. Su questo intricato complesso di questioni, che, nonostante la loro natura squisitamente militare, sono parte essenziale della politica estera italiana del periodo compreso in questo volume, si pubblica tutto il materiale utile a chiarire la posizione italiana.

Il terzo awenimento di rilievo compare quasi alla fine del periodo considerato in questo volume: la proposta della creazione di un esercito europeo fatta dal presidente del Consiglio, René Pleven, in un discorso al Parlamento francese il 24 ottobre 1950. Quel discorso era la risposta della Francia alla vivace discussione tra i paesi dell'Alleanza dell' Atlantico del Nord sul tema del riarmo tedesco. Il dibattito era cominciato da vari mesi a proposito della linea sulla quale i paesi dell'alleanza avrebbero dovuto difendersi: l'Elba o il Reno. Gli americani, sia per il rispetto dei termini del trattato (che garantiva le truppe anglo-franco-americane d'occupazione stanziate in Europa, da Lubecca a Trieste, in conseguenza del passato conflitto), sia nell'interesse della Francia stessa, erano per la linea dell'Elba, ma ciò postulava, a loro giudizio, un riarmo della Repubblica Federale di Germania in forme da concordare. La discussione era divenuta più vivace dopo il 25 giugno, paventandosi che la Repubblica Democratica Tedesca potesse tentare, con le sue ingenti forze di polizia, di imitare l'esempio della Corea del Nord, per la riunificazione del paese. Fondato o no che fosse questo timore, data la profonda differenza di situazione tra l'Estremo Oriente e l'Europa (le truppe d'occupazione americane avevano lasciato la Corea del Sud, ma non certo la Germania occidentale), il dibattito sul riarmo tedesco divenne ancor più incandescente fino a condizionare, da parte americana, la presenza efficace delle proprie truppe in Europa al riarmo della Germania che i francesi, per più che comprensibili motivi, osteggiavano. L'Italia venne così a trovarsi stretta tra il proposito di non smentire il suo buon rapporto con la Francia e il riconoscimento della ragionevolezza della tesi americana. La documentazione in proposito è largamente presente nel volume con le prime reazioni italiane alla proposta Pleven.

Fuori da questi temi maggiori meritano d'essere ricordati due argomenti di diretto interesse italiano: la questione del Territorio Libero di Trieste e, non sorprenda, il destino dell'Eritrea.

La questione della sorte futura del T.L.T. risentiva pesantemente le conseguenze della nuova collocazione internazionale della Jugoslavia dopo la rottura tra Tito e l'Unione Sovietica: le già scarsissime possibilità di applicazione della dichiarazione tripartita del 20 marzo 1948 si erano ridotte quasi a zero. L'Italia ottiene, nel periodo qui considerato, una teorica conferma di quell'impegno, ma si moltiplicano gli sforzi, soprattutto britannici, per far intendere che la spartizione del territorio, secondo la logica del compromesso Bidault adottato nel trattato di pace, è la migliore soluzione del problema. A loro volta le autorità jugoslave fanno di tutto per rendere insopportabile la condizione degli italiani residenti nella zona B da loro amministrata. Le reazioni italiane sono vivacissime ma si comincia anche a prospettare l'ipotesi di una modifica delle due zone d'occupazione secondo linee etniche (passaggio all'amministrazione jugoslava di alcune parti dell'entroterra della zona A abitate da loro popolazione in cambio del trasferimento in questa zona di alcuni comuni costieri della zona B dove è prevalente la popolazione italiana) in vista di una futura spartizione del T.L.T. tra Jugoslavia e Italia.

Pressioni ancora più energiche sull'Italia vengono dagli alleati inglesi e americani per quanto riguarda la sorte dell'Eritrea, ancora in discussione all'Assemblea dell'O.N.U. dopo lo stralcio di questo paese dalla decisione del 21 novembre 1949 riguardante il futuro delle ex colonie italiane. Non essendo l'Italia membro di quel consesso, tali pressioni potrebbero sembrare superflue se non si avesse presente che la questione si collegava con quella della ripresa dei rapporti tra l 'Etiopia e l 'Italia, e che la soluzione indipendentista, sostenuta dall'Italia per l'Eritrea contro la richiesta etiopica dell'annessione, era rappresentata in sede O.N.U., come già nel passato, dal forte gruppo dei paesi latino-americani. L'Italia resistette, anche con l'intervento diretto dello stesso presidente del Consiglio, a ogni tentativo di mutamento della sua posizione, sia nell'interesse dei molti italiani trasferitisi nella «colonia primigenia», sia in quello della stessa popolazione eritrea, come la storia ha poi dimostrato.

Su tutti questi temi, come pure sugli altri presenti nei volumi di questa serie (applicazione dell'accordo De Gasperi-Gruber e rapporti italo-austriaci, Unione doganale italo-francese, negoziati ordinari con la Jugoslavia e con l 'Unione Sovietica, rapporti con la Repubblica Federale di Germania, revisione del trattato di pace e tentativo di ottenere l'ingresso nell'O.N.U., atteggiamento verso la Cina e verso i paesi del vicino e medio Oriente, interessamento, soprattutto attraverso la Lega Araba, ai lavori della Commissione Pelt per la Libia, presenza italiana nei lavori del Consiglio d'Europa e negli organi dell'Alleanza dell'Atlantico del Nord) la scelta del materiale è stata effettuata in modo da non sconvolgere sostanzialmente, pur nell'ambito della rispettiva importanza, il rapporto fra di loro esistente nell'insieme delle carte conservate ne !l'Archivio storico del Ministero per il periodo qui considerato.

2. Questa precisazione ci porta a ricordare le altre fonti che hanno concorso a costituire la documentazione raccolta in questo volume. Esse sono: l'Archivio Centrale dello Stato, gli archivi degli Uffici Storici delle tre Forze Armate, e, soprattutto, l'Archivio privato Sforza e l 'Archivio personale De Gasperi. A proposito del primo è da dire che le carte rimaste a Strasburgo presso la nuora di Sforza, dopo il versamento effettuato all'Archivio Centrale dello Stato nel 1954 (e inventariate nel 1988), sono ora tutte conservate presso l'Archivio storico del Ministero. Circa l'Archivio De Gasperi, devo ringraziare sentitamente e con viva gratitudine la signora Maria Romana Catti De Gasperi per avere consentito di consultarlo prima del suo definitivo trasferimento all'Istituto Universitario Europeo di Firenze.

Infine, quanto all'Archivio storico del Ministero non c'è nulla di particolare da menzionare, essendo complete e ordinate le serie telegrafiche e quelle degli affari politici ed economici, del Gabinetto e della Segreteria Generale, ora meno ricche, queste ultime, che per gli anni passati 1• Va però ricordato al lettore che per i telegrammi provenienti dall'estero l'ora di partenza indicata nella intestazione è quella del fuso orario locale.

3. -Nelle varie monografie aventi per oggetto i problemi toccati dal materiale contenuto in questo volume, sono riportati, integralmente o in parte, vari documenti che qui si pubblicano. Non se ne è potuto fare riferimento nelle note dato il loro numero. Quanto alle memorie dei protagonisti si è dato conto solo dei documenti già pubblicati dal ministro degli Esteri Carlo Sforza nel suo volume Cinque anni a Palazzo Chigi (Roma, Atlante, 1951 ), perché costituiscono una traccia significativa di quanto egli ha ritenuto di dover ricordare della sua attività. 4. -Nella determinazione dell'impianto generale di questo volume ho avuto l'amichevole ed autorevole supporto del collega Ennio Di Nolfo, che ringrazio sentitamente, mentre per la sua preparazione mi sono avvalso, come di consueto, del lavoro svolto con capacità e passione dal personale della segreteria tecnica della Commissione. In particolare, devo anzitutto ringraziare la dott. Antonella Grossi c la dott. Francesca Grispo, del ruolo esperti della ricerca, alle quali si deve la primitiva individuazione del materiale utile per la pubblicazione n eli' Archivio storico del Ministero e negli altri archivi su ricordati e, dopo la mia selezione di quello da pubblicare, la sua preparazione per la stampa, l'indice sommario e la tavola metodica, ossia il complesso delle attività necessarie per costruire il volume. Il ringraziamento è tanto più vivo in quanto la qualità del loro lavoro è stata, come al solito, superiore ad ogni elogio. Con loro ha collaborato alla ricerca archivistica la dott. Paola Tozzi Condivi che, pur di diverso ruolo, ha svolto il suo compito ad un livello elevato. A lei si deve anche la preparazione dell'indice dci nomi, mentre il delicato compito della decifrazione e trascrizione degli autografi è stato svolto dalla signora Andreina Marcocci. Anche a loro il mio sentito ringraziamento.

PIETRO PASTORELLI

1 Con l'ordine di servizio n. 43 del 9 novembre 2006 il ministro degli Esteri ha disposto la declassifica di tutti i documenti di carattere politico per gli anni 194X-1950. I documenti inclusi nel presente volume vengono però come sempre pubblicati con l'indicazione della classifica originale.


DOCUMENTI
1
1

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL CAPO DELLA MISSIONE NELLA R. F. DI GERMANIA, BABUSCIO RIZZO

TELESPR. SEGRETO 42/01412/c.1 . Roma, 30 gennaio 1950.

Ho letto con interesse gli accenni di indole economica che ella ha esposti tanto nel suo rapporto 233 del 17 gennaio quanto nel suo rapporto relativo alle conversazioni con il ministro dell' economia2 .

Non v'ha dubbio che le relazioni economiche fra l'Italia e la Germania sono estremamente importanti e che è nostro desiderio di svilupparle quanto maggiormente possibile; cosa del resto della quale abbiamo dato prova con gli accordi già conclusi con le autorità militari di occupazione.

Tuttavia stimo non inutile attirare la sua attenzione sull'opportunità di non incoraggiare troppe aperture che le venissero fatte costì in materia di integrazione economica fra i due paesi, in quanto anche tali accenni, nel momento presente, avrebbero forse un significato eccessivamente polemico nei confronti francesi. Di più, occorre rammentare che il concetto di complementarietà fra i due paesi non è sufficiente a giustificare delle intese più profonde le quali sarebbero capaci di turbare settori vitali della nostra economia. Già nel 1933 vennero compiuti studi dettagliati tra le Amministrazioni interessate e questo Ministero in relazione a progetti dell'epoca nei riguardi di vari paesi europei; in tale occasione venne unanimemente scartata l'ipotesi di una unione doganale con codesta nazione. Anche se oggi l'integrazione tra le due economie dovesse prendere una forma diversa, più leggera di una unione doganale, ma più vasta delle relazioni economiche ordinarie, occorre tener presente che la situazione rispettiva fra Germania e Italia è profondamente mutata dall'ante-guerra. Allora noi consumavamo 14 milioni di tonnellate di carbone all'anno ed oggi ne consumiamo 8, importandole in gran parte da altri paesi verso i quali abbiamo necessità assoluta di spingere le nostre esportazioni; allora la nostra produzione meccanica era

2 Vedi serie undicesima, vol. III, DD. 538 e 539.

ben !ungi dall'essere sviluppata come oggi. Bastano questi pochi accenni per dimostrarle che occorre non guardare alla situazione odierna alla luce di affermazioni troppo generiche o di un stato di cose oggi superato3 .

l 1 Diretto per conoscenza alla Direzione generale degli affari politici.

2

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, R. PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

R. 203. Ankara, 30 gennaio 1950 (perv. il 2 febbraio).

Questo segretario generale mi dice oggi che, al momento di partire per Parigi, il ministro Sadak Io aveva pregato di farmi sapere che, non so in quale occasione, VE. gli avrebbe espresso il vivo desiderio di rivedere la Turchia ed i vecchi amici di un tempo. Cogliendo quell'accenno, egli teneva dunque ad informarmi, perché io a mia volta ne informassi l 'E.V., che una propizia occasione per quella visita sarebbe forse stata la firma dell'Accordo di amicizia e conciliazione, ormai in via di elaborazione conclusiva.

II Governo turco sarebbe stato estremamente lieto di ospitare ufficialmente uno dei pochi che, in momenti oscurissimi per la Turchia, ne aveva compreso umanamente la tragedia e Iucidamente predetto la rinascita.

Ho risposto al segretario generale nei termini prescrittimi con suo telegramma n. 31•

Il segretario generale ha perfettamente capito che il buon volere personale di VE. non è in causa, bensì e soltanto, le ragioni amichevolmente obiettive cui si fa cenno in quel telegramma. Nessuna traccia quindi ed ombra di delusione. Non mancherò di spiegare il pensiero di V.E. al ministro Sadak, al suo ritorno da Parigi.

3

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. l I l 0/86. Washington, 31 gennaio 1950, ore 14,05 (perv. ore 21).

Mio telegramma 72 1• Autorità militari, interrogate da Dipartimento di Stato, hanno dichiarato che ignorano totalmente propositi attribuiti a anglo-francesi (di cui al telegramma di

2 1 Vedi serie undicesima, vol. III, D. 521. 3 1 Vedi serie undicesima, vol. III, D. 559, nota l.

VE. 26f e che non approverebbero propositi medesimi qualora si manifestassero. Quanto sopra è confermato da sondaggi direttamente effettuati da gen. Lovera, il quale comunque continuerà seguire questione.

l 3 Per la risposta vedi D. 18.

4

IL MINISTERO DEGLI ESTERI ALL'AMBASCIATA DI GRAN BRETAGNA A ROMA

PROMEMORIA RISERVATO 16/02051/17. Roma, 31 gennaio 1950.

Con il promemoria n. 1061/1/501 l'ambasciata di Gran Bretagna ha dato cortese comunicazione delle raccomandazioni elaborate dalla Commissione permanente del trattato di Bruxelles in merito all'atteggiamento da assumere nei confronti della «Repubblica popolare tedesca» che sono state portate a conoscenza dei membri dell'O.E.C.E. e degli altri Stati che hanno missioni o consolati in Germania.

L'ambasciata di Gran Bretagna si è resa interprete altresì della speranza del suo Governo acché da parte italiana venga adottato nei confronti di detta Repubblica un atteggiamento conforme a quello delle potenze del Patto di Bruxelles quale risulta dal testo di cui sopra.

In proposito il Ministero degli affari esteri ha il pregio di portare a conoscenza dell'ambasciata di Gran Bretagna che il Governo italiano, condividendo il punto di vista dei cinque Governi e del Governo degli Stati Uniti d'America circa l'opportunità che nelle circostanze attuali si eviti di riconoscere de jure e de facto la Repubblica popolare tedesca, è d'accordo di adottare nei confronti di essa un atteggiamento conforme a quello delle altre potenze occidentali.

Il Governo italiano è altresì convinto dell'utilità per i Governi interessati di procedere allo scambio di ogni utile notizia in merito alle difficoltà che essi dovessero eventualmente incontrare nei loro rapporti con la Germania dell'Est, ed è pronto a partecipare in avvenire a reciproche consultazioni per definire in materia un atteggiamento comune ove ciò dovesse rivelarsi necessario2 .

2 Analoga comunicazione (nota verbale 16/02050/8) veniva, in pari data, fatta alla Francia in risposta alla nota verbale del 9 gennaio di contenuto identico al promemoria britannico cui il presente documento risponde.

3 2 Vedi serie undicesima, vol. III, D. 559.

4 1 Vedi serie undicesima, vol. III, D. 523, Allegato.

5

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, GALLARATI SCOTTI

T. SEGRETO 84 7/70. Roma, fO febbraio 1950, ore 19,30.

Suo te l espresso 513/301 1 .

Voglia esprimere al Foreign Office nostro apprezzamento per sforzi che esso sta compiendo e ci auguriamo vorrà ancora compiere in favore chiarificazione e normalizzazione rapporti italo-etiopici. Progetto dichiarazione propostoci corrisponde nelle sue linee generali alle direttive della politica italiana. Non vediamo tuttavia opportunità formulare documento unilaterale, e contenente impegni da parte nostra senza corrispettivi impegni da parte etiopica. Foreign Office si rende certamente conto che non possiamo assumerci obbligo accettare risultati della Commissione di inchiesta, senza che Etiopia si assuma stesso obbligo. E ciò anche in considerazione speculazioni che potrebbero essere fatte con tale dichiarazione e malintesi che potrebbero derivarne. Abbiamo più vivo desiderio che Commissione d'inchiesta proceda suo lavoro in condizioni tranquillità e senza pressioni esterne, e riteniamo che a creare tali condizioni devono contribuire tutti gli Stati. A queste considerazioni inspireremo nostro controprogetto che le trasmetto per corriere2 .

6

COLLOQUIO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI, CON IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI GRAN BRETAGNA, BEVIN

APPUNTO. Roma, fO febbraio 1950.

Il presidente esordisce con la questione somala. È l'argomento che oggi richiama tutta l'attenzione del Governo. Sfortunatamente il ritardo nella conclusione dei negoziati ginevrini ha condotto all'attuale urgenza; d'altra parte la procedura parlamentare è quella che è, né il Governo può compiere atti non conformi al sistema democratico. Esposte le fasi della procedura nelle due Camere, egli prospetta la probabilità che per il6 corrente all'incirca si possa dar l'ordine di salpare.

All'ambasciatore Mallet che prevede possibile trouble a causa di tale ulteriore rinvio, l'on. De Gasperi osserva che le diverse date-limite per le partenze delle navi e loscaglionamento degli sbarchi corrispondono a diverse valutazioni degli esperti italiani e inglesi. È necessario che essi collaborino e trovino l'accordo. La nostra buona volontà è del resto dimostrata dalla somma giornaliera che il Governo eroga a titolo di controstallie.

2 Non pubblicato ma vedi D. 7.

L'o n. De Gas peri dichiara che il Governo italiano è disposto, o ve ciò possa essere di aiuto per accellerare i tempi, a permettere che le forze inglesi utilizzino per l'evacuazione verso il Kenya (rotta Mogadiscio-Mombasa) l'eventuale naviglio italiano disponibile a Mogadiscio.

Bevin s'interessa alla proposta e pensa che le autorità militari potranno utilmente valersene.

La notizia del mancato riconoscimento da parte abissina delle decisioni dell'O.N.U., continua il presidente, come pure alcune voci raccolte nel settore mediterraneo e nel Medio Oriente su presunte intenzioni non amichevoli dell'Etiopia, sono motivo di preoccupazione.

Si domanda se tale mancato riconoscimento sia solo formale: se non lo sarà, l'Italia conta sulla collaborazione e sui buoni uffici degli inglesi.

Bevin risponde esponendo la nota tesi etiopica: essi non accettano le decisioni per la Somalia perché si preoccupano vivamente per la sorte dell'Eritrea. Dopo le due guerre mosse dall'Italia contro l 'Etiopia, questa teme gli italiani, gli eritrei e ogni possibilità di una nuova aggressione non tanto ora quanto tra dieci o venti anni. Sarà una psicosi, ma bisogna capirla; bisogna evitare che un'Abissinia non soddisfatta si abbandoni al comunismo, che ha laggiù abili ed attivi emissari, e diventi un focolaio comunista in Africa.

L'on. De Gasperi ribadisce che per l'Eritrea la tesi italiana rimane l'indipendenza, tesi sorta quando il Governo inglese decise per conto suo circa la Libia (Cirenaica). Bevin fa obiezione a tale genesi, e il presidente continua dichiarando che il Governo italiano è comunque disposto, se la tesi dell'indipendenza si dimostrerà inattuabile, a favorire un compromesso. È però indispensabile che la soluzione non venga imposta dal di fuori, ma maturi fra i nativi e sia espressione della volontà dei colà aventi interessi. Non ci si deve esporre alle critiche che seguirono la pubblicazione del compromesso Sforza-Bevin. Le formule sono varie, da quella federativa, con l'unione doganale, all'unione personale (sovranità dell'imperatore ma con controllo internazionale), ma è giusto e necessario che in Eritrea -dove son gli abissini ad essere a loro volta i temuti -si senta che la sicurezza e l'ordine non rimangono alla mercé dei popoli d'oltre frontiera, e che venga rispettato lo spirito della Carta dell'O.N.U.

Venendo a parlare della sovrappopolazionc in Italia, c sottolineando la necessità categorica che questo grave problema venga risolto, l'on. De Gasperi chiede se le prospettive per l'immigrazione italiana nelle colonie britanniche in Africa potranno migliorare. Bevin risponde: «l am not certaim> e spiega questa negativa coi pericoli di reazione fra gli autoctoni.

Accennando brevemente alla situazione nel Territorio Libero, il presidente raccomanda a Bevin, nel caso che vi si andasse progettando qualche iniziativa da parte delle potenze occidentali, che nulla venga pregiudicato, senza che il Governo italiano sia preventivamente consultato. Bevin dà assicurazioni in merito, dicendosi già d'accordo con il ministro Sforza. Egli quindi chiede all' on. De Gasperi qualche notizia sull'autonomia della Regione trentina che a lui pare dia risultati soddisfacenti. Il presidente, premesse alcune osservazioni generali sulle regioni, espone quale è la situazione particolare nel Trentina. A parte l'inevitabile fase di assestamento e l'incontentabile faziosità di alcuni elementi separatisti che mirano più in là dell'autonomia, imbastendo ogni genere di infondato lamento a beneficio dei «turisti inglesi» e stranieri di passaggio, la situazione si presenta nel complesso buona.

Nel corso del colloquio si fa un accenno reciprocamente conciliativo alle polemiche apparse sugli organi della libera stampa nei due paesi e, prima di congedarsi, Bevin conclude l'argomento della collaborazione fra l'Italia e Gran Bretagna dicendo «Possiamo fare molto insieme».

Nella ripresa del colloquio, in forma intima e confidenziale a Villa Madama, il presidente intrattiene il ministro Bevin sulle caratteristiche in Italia del Gabinetto di coalizione, sul programma delle riforme, sulle correnti del socialismo e sul fronte anti-comunista in Italia. Bevin, per quanto lo riguarda, assicura la sua comprensione ed il suo apprezzamento, esprimendo il proposito di interessarsi presso il suo partito.

5 1 Del 26 gennaio, non pubblicato.

7

COLLOQUIO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, CON IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI GRAN BRETAGNA, BEVIN

APPUNTO. Roma, 1° febbraio 1950.

Il primo argomento sollevato da Bevin è quello relativo alla situazione jugoslava. Chiede quali informazioni avessimo e cosa ne pensassimo. Il ministro Sforza risponde che nostra impressione è che Tito sia attualmente abbastanza solido ma che evidentemente è sempre preso di mira dall'U.R.S.S. la quale cerca con ogni mezzo di agire contro di lui. Per questo il migliore atteggiamento da seguire nei confronti della Jugoslavia ci sembra quello di aiutarla economicamente nel modo più ampio possibile cercando tuttavia di non comprometterla politicamente e di non chiedere a Tito troppo aperte compromissioni con l'Occidente. Questo cerca di fare l'Italia che ha concluso recentemente-per la stessa volontà del ministro Sforza-un vasto accordo con la Jugoslavia e che cerca migliorare in modo graduale, anche se non appariscente, i suoi rapporti politici con Belgrado.

Si arriva così a parlare della questione del Territorio Libero. Il ministro Sforza accenna a Bevin alle recenti aperture 1 che ci sono state fatte da parte jugoslava e che rivelano la tendenza di Belgrado a ricercare un diretto accordo con noi sulla questione triestina. I punti di vista sono ancora distanti e perciò, pur apprezzando le aperture fatteci nel loro valore psicologico e politico, le abbiamo ad arte lasciate cadere in attesa che da parte jugoslava si ritorni sull'argomento con idee più vicine alle nostre. Il mostrarsi troppo interessati e premurosi di risolvere questo problema sarebbe un errore tattico. L'Italia resta naturalmente ferma sulla dichiarazione anglo-franco-americana e si propone di discutere al momento venuto il problema con ampiezza di vedute, facendo del Territorio Libero più che oggetto di divisione di città e valli fra Italia e Jugoslavia, un campo di ampia collaborazione tra i due paesi. Raccomanda anche a Bevin di non avere fretta nel voler risolvere la questio

ne. Se da parte inglese un aiuto ci può essere dato, questo dovrebbe effettuarsi incoraggiando il Governo jugoslavo a cercare un accordo con noi, astenendosi tuttavia dal dare suggerimenti sul merito e astenendosi altresì dall'esercitare pressioni sul Governo italiano.

Bevin ringrazia il ministro Sforza per le informazioni che gli ha dato e lascia al suo ambasciatore a Roma di mantenersi in contatto con Palazzo Chigi su questa questione.

Il ministro Sforza mette quindi Bevin al corrente degli ultimi sviluppi della situazione politica interna italiana. Prosegue informandolo delle decisioni adottate per quanto riguarda il trapasso dei poteri in Somalia.

Bevin solleva quindi la questione eritrea. Riferisce circa la propaganda comunista nei paesi africani che molto lo preoccupa, in particolare per l'atteggiamento del Sud Africa verso gli indigeni e verso gli indiani e accenna ai pericoli che può rappresentare un'Etiopia insoddisfatta e aperta alla propaganda comunista. Osserva che gli abissini diffidano tuttora delle reali intenzioni dell'Italia che ritengono non abbia abbandonato l'idea di ritornare in Eritrea. Si chiede e ci chiede come potremmo risolvere questa intricata questione. Il ministro Sforza chiarisce che all'epoca del compromesso di Londra2 egli aveva accettato il punto di vista britannico sull'Eritrea, ma in cambio aveva ottenuto l'appoggio britannico per un mandato italiano sulla Tripolitania. Venuta meno questa ultima possibilità, è mancata la contropartita alle gravi rinunce per l'Eritrea cui egli aveva consentito, e seguendo il voto di vaste correnti dell'opinione locale il Governo italiano si è dichiarato favorevole all'indipendenza di questo territorio. Il Governo italiano non sa se questa indipendenza sia

o meno realizzabile, tuttavia non si rifiuta ad esaminare alcun progetto che appaia ragionevole e tale da creare una distensione nei rapporti tra l 'Etiopia e l 'Italia e fra l 'Italia e l 'Inghilterra. Intanto su questo argomento si sono svolte in questi ultimi mesi a Londra conversazioni fra il consigliere dell'ambasciata italiana ed il signor Clutton e quest'ultimo ha proposto una dichiarazione che dovremo fare all'Etiopia, principio su cui il Governo italiano è in massima d'accordo a condizione che la dichiarazione stessa abbia, per ovvi motivi, carattere bilaterale. Mentre erano in corso le conversazioni a Londra, a Ginevra tra i nostri esperti e quelli etiopici si sono spontaneamente avuti cordiali contatti e si è venuti alla redazione di un progetto di dichiarazione comune che è stato in questi giorni sottoposto a Roma e ad Addis Abeba. Questo progetto ci appare preferibile a quello di Londra perché ammette il principio della bilateralità. Da parte nostra abbiamo proposto alcune modifiche. Il segretario generale chiarisce che in questa dichiarazione abbiamo spontaneamente inserito una frase che può valere a dissipare la diffidenza etiopica quale espressa dal signor Bevin: si dice infatti che l'Italia riconferma la sua dichiarazione di non cercare alcuna forma di dominio diretto o indiretto sull'Eritrea né di richiedere per sé l'amministrazione fiduciaria: è detto inoltre che dopo che saranno conosciute le proposte della Commissione d 'inchiesta i Governi italiano ed etiopico si metteranno in contatto in vista di concordare un atteggiamento comune all'Assemblea delle Nazioni Unite.

Il signor Bevin accenna al ministro Sforza ai rimproveri che gli vengono mossi in Italia di non fare abbastanza per l 'Europa. Dichiara che lui, Bevin, è altrettanto persuaso della necessità di una unione europea quanto lo è il ministro Sforza e che se differenze vi sono queste non si riferiscono al fine, ma al metodo e sono di ordine più pratico che sostanziale.

Infine il signor Bevin si dichiara volenteroso di dissipare ogni diffidenza fra i due paesi e lamenta che sovente la stampa italiana attribuisca al Governo inglese dei sentimenti non amichevoli verso l'Italia: si domanda il perché. Il conte Sforza si richiama ai vari errori psicologici commessi da parte britannica nei riguardi italiani citando alcuni esempi.

7 1 Vedi serie undicesima, vol. III, D. 569.

7 2 Vedi serie undicesima, vol. Il, D. 875.

8

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL RAPPRESENTANTE DEL GOVERNO ITALIANO A MOGADISCIO, BACCI

TELESPR. 3/3559/c.1 . Roma, 1° febbraio 1950.

Con l'approvazione da parte del Consiglio di tutela dell'O.N.U. della convenzione relativa all'amministrazione fiduciaria della Somalia e con la stipula dell'accordo italo-britannico per il trapasso dei poteri, si sono compiute le due condizioni che la risoluzione della Assemblea generale delle Nazioni Unite aveva poste perché fosse resa esecutiva la risoluzione stessa relativa all'assunzione da parte dell'Italia dell'amministrazione della Somalia per conto dell'O.N.U. Non appena il Parlamento italiano avrà dato il proprio assenso, costituzionalmente necessario, tale amministrazione verrà quindi assunta dal Governo italiano.

Si ritiene pertanto opportuno fissare sin da ora alla S. V. nella sua qualità di rappresentante di questo Ministero in Somalia e di principale consigliere del futuro amministratore italiano per tutto quanto avrà attinenza agli aspetti internazionali della nostra amministrazione, quali debbano essere i criteri fondamentali a cui l'amministrazione fiduciaria dovrà ispirarsi anche localmente.

È evidente che l'Italia ritorna in Somalia non più secondo i vecchi schemi coloniali ormai ovunque in declino, ma come mandataria delle Nazioni Unite e col preciso compito di preparare codesto paese all'indipendenza che le Nazioni Unite hanno sino da ora riconosciuto e che diverrà effettiva allo scadere di un periodo di dieci anni a datare dal giorno in cui l'Assemblea generale delle Nazioni Unite (presumibilmente nel prossimo autunno) avrà approvato la Convenzione testé conclusa a Ginevra.

È quindi un compito di politica internazionale quello che l'Italia è chiamata ad assolvere in Somalia; e tale caratteristica del nostro ritorno in Africa deve essere costantemente tenuta presente anche perché il modo con cui riusciremo ad assolvere il

compito affidatoci e il successo che potremo ottenere in tale nostra azione, si rifletteranno sul complesso dei nostri rapporti col mondo arabo-musulmano e asiatico e sul nostro stesso prestigio in Africa. Quanto sia necessario e proficuo per l'Italia coltivare i suoi rapporti politici ed economici con l'Oriente e col continente nero, paesi tuttora in fase di sviluppo e aperti ad ampie possibilità avvenire, non ha certo bisogno di essere dimostrato. Tale politica ci è oggi d'altra parte resa più facile dalle condizioni stesse nelle quali ritorniamo in Africa: l'Italia non è infatti da considerarsi una potenza «coloniale» nel senso classico del termine, e nei suoi confronti vengono quindi meno quelle naturali, anche se ingiustificate, diffidenze e intolleranze che caratterizzano i rapporti fra i paesi di recente assurti alla indipendenza e quelli tuttora detentori di territori coloniali in Africa e in Asia. Le stesse caratteristiche della Somalia non risponderebbero poi neppure ai fini di una politica «coloniale» nel senso già da noi stessi e tuttora da altri perseguito in altri territori. Esistono quindi le premesse politiche, psicologiche e ambientali, oltre che un nostro ben compreso interesse, perché la nostra amministrazione possa svolgersi con successo secondo i postulati dell'O.N.U. e secondo l'aspettativa dei paesi arabo-asiatici che ci hanno dimostrato la loro fiducia, e possa venire citata da esempio a quanti altri paesi esercitano, in altri territori, amministrazioni fiduciarie.

In linea di massima pertanto la nostra amministrazione dovrà conformarsi alle norme stabilite dalla Convenzione ed alla loro interpretazione secondo lo spirito del mandato. L'elevazione e la preparazione anche tecnica dei nativi dovrà essere perseguita con la visione dei compiti che ad essi dovranno essere devoluti nell'avvenire, e dei rapporti di amicizia e riconoscenza che è nostro interesse essi conservino nei nostri confronti. Le relazioni con la Commissione consultiva dovranno essere particolarmente curate, e ciò sia per evitare conflitti sempre dannosi, quanto per contenerne l'eventuale tendenza ad esorbitare dalle funzioni ad essa riconosciute. Dal punto di vista economico il territorio dovrà poter agire con l'autonomia necessaria ad assicurare ed incrementare il proprio benessere: e ciò riguarda tanto la messa in valore delle sue risorse interne quanto i suoi rapporti commerciali con altri paesi, particolarmente con quelli vicini. Dovrà essere favorito anche l'afflusso di capitale straniero, avendo cura che esso si associ alla tecnica italiana e al lavoro locale, e dovrà essere favorita la conclusione di accordi diretti di scambio particolarmente coi paesi dell'Oceano Indiano e dell'Africa che per antica tradizione sono stati in contatti commerciali coi porti somali.

Questa linea politica risponde anche ai nostri interessi avvenire in quanto ovviamente miriamo anche ad ottenere che la somma di valori morali e materiali che costituirà il nostro apporto alla formazione dello Stato somalo possa facilitare lo stabilimento fra i due paesi di vincoli duraturi di collaborazione e di amicizia. A questo fine dovrà dunque anche particolarmente essere diretta la formazione culturale della classe dirigente somala, facilitando la sua preparazione tecnica e professionale e il suo tirocinio pratico, nelle scuole e negli enti specializzati in Italia. In particolare dovranno quindi esser curati anche in loco la diffusione e l'insegnamento della lingua italiana e l'avviamento nella metropoli di giovani desiderosi e capaci di prepararsi alla amministrazione del paese.

Questo Ministero si riserva di esaminare in dettaglio, per la loro pratica applicazione, le enunciazioni che precedono, con l'organo che sarà qui preposto alla amministrazione fiduciaria della Somalia: la S.V. vorrà tuttavia sin da ora informare a tali principi e a tali direttive i suoi contatti con la amministrazione del territorio.

8 1 Indirizzato per conoscenza anche alle ambasciate ad Ankara, Londra, New Delhi, Parigi e Washington, alle legazioni a Baghdad, Beirut, Bogotà, Damasco, Gedda, Il Cairo, Karachi e Manila e all'osservatore presso l'O.N.U.

9

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI

L. SEGRETA 15/324. Roma, 1° febbraio 1950.

I suoi rapporti n. 167/92 e 200/125 del 6 e 10 gennaio u.s. 1 mi inducono a ritornare con maggiori precisazioni e ragguagli su quanto le scrissi con lettera n. 1477 del 29 dicembre u.s. 2 circa la questione del Territorio Libero di Trieste.

Intanto si è avuta una «apertura» di questo ministro di Jugoslavia, il quale è venuto il 25 corr. mese da Guidotti3 , se non proprio ad esporre proposte, a palesare che il Governo jugoslavo è deciso a ricercare una soluzione della questione attraverso una trattativa diretta con l'Italia. Ella potrà direttamente valutare, dall'appunto qui unito3 a titolo di documentazione, l'esatta portata del passo jugoslavo, che non è del tutto inatteso dopo il preannunzio che me ne fece il signor Bevin nell'agosto u.s.4 , il recente passo di Bebler presso Acheson5 e per ultimo gli accenni contenuti nel discorso Kardelj di fine anno6 . Dall'esposizione del signor Ivekovic parrebbe di capire che da parte jugoslava, non solo non si pensa seriamente al noto compromesso TitoTogliattF, ma si comincia anche ad ammettere l'insostenibilità di una spartizione che coincida con l'attuale suddivisione in Zona A e Zona B del T.L.T. Siamo però molto, ma molto lontani da una proposta di sistemazione territoriale con «alcune lievi rettifiche di frontiera» che il signor Cavendish Cannon ha accennato ritenere possibile in un avvenire più o meno prossimo. È naturale quindi che aperture del genere debbano essere lasciate cadere, come Guidotti ha fatto con Ivekovic.

Ciò non significa che noi sottovalutiamo il rischio che comporta il continuare a tenere la questione nel punto morto in cui è rimasta dopo la dichiarazione tripartita del 20 marzo 19488 • V.E. è stata tenuta al corrente degli sviluppi della situazione nella Zona B la quale, se nelle ultime settimane è migliorata in fatto di persecuzioni e soprusi contro le persone, non è meno preoccupante per l'evidente piano di slavizzazione e comunistizzazione che vi stanno eseguendo le Autorità jugoslave e che investe tutta la vita di quelle travagliate popolazioni. La gravità di tale situazione basta da sola ad indicarci il dovere di non lasciare sfuggire nessuna offerta ragionevole ed onorevole di trattative dirette con la Jugoslavia.

Ella ha riferito di aver tratto l'impressione che il Dipartimento di Stato non si sia discostato dalla posizione di non incoraggiare aperture jugoslave. Il signor Cavendish Cannon ritiene invece che, se non si intravede per ora una soluzione della questione, convenga cercare qualche orientamento che la faciliti in proseguo di tempo. In relazio

2 !bid., D. 500.

3 Ibid., D. 569.

4 Ibid., DD. 116 e 168.

5 lbid., D. 473.

6 Ibid., D. 569, nota 4.

7 Vedi serie decima, vol. IV, DD. 478 e 480.

s Vedi serie decima, vol. VII, DD. 468 e 469.

ne anche col passo di Ivekovic, stimo utile di dare a V.E., qui appresso, a titolo personale e riservato, alcune indicazioni che allargano le sue possibilità di approfondire le conversazioni al Dipartimento di Stato e personalmente col signor Cannon.

Deve essere chiaro -e in questo senso del resto si sono in passato espressi tanto il Dipartimento di Stato che il Foreign Office-che noi non possiamo prendere iniziative per una trattativa con la Jugoslavia. Si tratta quindi di vedere se i nordamericani, ora che una apertura jugoslava è stata fatta, siano disposti a far maturare a Belgrado migliori e più concrete disposizioni fino a fame scaturire una offerta che possa costituire la base per una trattativa itala-jugoslava.

Non ho bisogno di dire che, perdurando l'attuale situazione, la Zona B sotto il duro regime jugoslavo sarà causa ricorrente di frizioni tra i due paesi. Ora gli avvenimenti di questi ultimi mesi hanno ampiamente confermato che un'evoluzione della Jugoslavia verso Occidente può essere realizzata agevolmente soltanto se e quando le relazioni itala-jugoslave siano almeno normali. Se diventano cattive o pessime, come sono state fino a poco tempo fa e potrebbero ritornare ad essere per effetto della tirannia che si esercita sugli italiani della Zona B, il processo di evoluzione jugoslava ne sarebbe ostacolato con danno comune ed uguale per tutti gli interessati, per noi, gli jugoslavi, gli americani e per la comunità occidentale in genere. Va tenuto tuttavia presente, e all'occorrenza precisato, che non è nostro intendimento provocare una vera e propria mediazione nord-americana che si risolverebbe in una pressione esercitata anche su di noi. L'azione nord-americana non potrebbe -a nostro avviso -che essere indirizzata a creare le condizioni favorevoli per una trattativa da svolgersi fra i Governi italiano e jugoslavo. Potendo nuocere iniziative non concordate, sarebbe opportuno -ove il Dipartimento di Stato decidesse di far sentire la sua pressione su Belgrado nel senso accennato -fermare ogni azione di Londra e Parigi al riguardo.

Quanto alla sostanza, le condizioni minime per una presa in considerazione da parte nostra di aperture jugoslave dovrebbero essere date da un pieno riconoscimento della situazione etnica.

Dal qui unito prospetto9 delle popolazioni dei comuni della Zona A e Zona B del T.L. T., secondo i dati del censimento del 1921, ella rileverà che nella Zona A la linea etnica si raggiungerebbe con lievi rettifiche attorno a Monrupino, Sgonico e qualche altra località slovena, mentre nella Zona B le rettifiche potrebbero al massimo correre lungo una linea che staccherebbe i centri sloveni di San Dorligo della Valle, Decani e Maresego, toccherebbe la Dragogna a sud di Maresego, ne seguirebbe il corso fino a Merischie per volgere a sud-est fino al Quieto lasciando a noi le cittadine italiane di Buie e Crisignana. Sarebbe «grosso modo» una linea come quella tratteggiata sull'unita carta del Territorio Libero di Trieste9 .

Dopo quanto le scrissi con la mia lettera n. 14 772 circa la nostra disposizione a concretare con Belgrado vaste intese in ogni campo, è appena il caso di dirle che ella può assicurare il Dipartimento di Stato che, anche in materia di trattamento delle minoranze, desideriamo un largo accordo con la Jugoslavia, accordo che oltretutto risponde al nostro interesse di tutelare convenientemente le ben più numerose minoranze italiane rimaste sul territorio jugoslavo 10 .

10 Per la risposta vedi D. 36.

9 1 Vedi serie undicesima, vol. III, DD. 512 e 518.

9 9 Non pubblicato.

10

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNA A ROMA, MALLET

L. 3/53. Roma, 2 febbraio 19 5O.

Lei ricorderà che quando Mr. Bevin -durante la nostra cordiale e utile conversazione di ieri 1 -mi chiese quali erano, in fondo, i lagni dell'opinione italiana verso l'Inghilterra, io, deciso nell'interesse delle nostre relazioni a guardare avanti e non indietro, mi limitai a accennare al gelido contegno delle autorità britanniche in fatto di emigrazione italiana in Africa.

Se ben ricordo, il mio collega volle togliere importanza alle nostre impressioni. Purtroppo esse sono serie; prova ne sia che proprio ieri io avevo appreso che in un pubblico discorso il ministro dell'interno della Rodesia meridionale dichiarò il 31 gennaio che un afflusso di italiani metterebbe in pericolo la British way of!ife perché gli italiani vivono quasi allivello degli indigeni, ecc.

Se non feci cenno di tali parole a Mr. Bevin, fu non solo perché esse costituivano una grave macchia non per l 'Italia ma pel male informato inglese che le pronunciò; fu soprattutto perché volli fare il segreto più assoluto sul rapporto che avevo ricevuto, tanto desideravo che nessuna ombra o polemica venisse a sminuire il valore che confido avrà pei nostri due paesi la visita di sir Bevin a Roma.

11

L'AMBASCIATORE A PARIGI, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 1194/37-38. Parigi, 2.febbraio 1950, ore 23,58 (perv. ore 7,30 del 3).

Schuman essendo gravemente ammalato mi ha pregato vedere suo sostituto ministro Schneiter.

Circa Finebel, d'accordo con quanto discusso ieri con Pella e Lombardo, gli ho detto che Governo italiano, in vista entrata nuovi elementi compagine ministeriale, non poteva prendere posizione precisa prima di averne discusso in seno nuovo Governo.

Gli potevo quindi solo parlare di questioni che noi ci ponevamo e non (ripeto non) di punto di vista del Governo italiano.

l) Nella conversazione avuta con Pella e Lombardo, da parte americana ci era stato detto con tutto chiarezza: a) che americani desideravano dare priorità studio approfondito progetto U.P.E.; b) che qualora dopo elezioni inglesi si dovesse vedere

IO 1 Vedi D. 7.

che alcuni paesi non potranno aderire, U.P.E. più ristretta dovrebbe essere preparata in collaborazione con delegazione inglese in modo che Inghilterra possa realmente entrarvi in una fase successiva.

In queste condizioni, promuovere riunione ministri Finebel per 9 febbraio o comunque nel mese febbraio era fare proprio il rovescio di quello che ci chiedevano gli americani. In questo caso anche ammettendo che Finebel potesse realmente essere firmato come qualche cosa di concreto, invece di sentirei dire bravo dagli americani ci esponevano pericolo ci venisse detto che avevamo firmato Finebel per non studiare piano generale U.P.E.

2) Data 9 febbraio era comunque per noi troppo vicina.

3) Avendomi Schneiter [detto], parlando varie posizioni, che Governo francese non escludeva nemmeno farci entrare Germania, gli ho chiesto se, in vista opposizione che questo avrebbe sollevato in paese, Governo francese era sicuro che accordo sarebbe poi stato ratificato da Parlamento. Gli ho anche aggiunto piano schematico opposizione che Schneiter ha dovuto riconoscere giusto. Ora gli ho detto-a titolo personale -noi eravamo rimasti scottati una volta con firma accordo Unione doganale e avremmo dovuto pensarci due volte prima firmare con Francia accordo che sapevamo sarebbe poi stato approvato da Parlamento.

4) Era necessario per noi sapere cosa Governo francese intendeva fare per Unione doganale: era passato quasi un anno da firma e bisognava decidere se si intendeva procedere o no.

Su questo punto Schneiter è stato molto deciso dicendomi che era ferma intenzione Governo francese -indipendentemente se questo od altro analogo -portare Unione davanti a Parlamento nel mese di marzo o comunque prima prossime vacanze pasquali.

A tutte mie considerazioni Schneiter, che come interinario non conosce questione a fondo, si è limitato sottolineare importanza fare qualche [cosa]: a cui da parte mia ho cercato sottolineare importanza che questo qualche cosa, almeno, non sia contrario a quanto vogliono americani, ricordandogli che in fondo iniziativa Finebel era stata presa appunto per fare qualche cosa di gradito agli americani quando essi sembravano propensi unioni regionali.

Nel corso di una conversazione avuta con Cattani, Alphand (a cui Cattani aveva all'incirca tenuto linguaggio analogo) gli ha detto che secondo lui prima cosa da fare era chiedere nettamente a Governo americano (e non solo ad E.C.A.) se esso voleva o non Finebel, che esso avesse o non precedenza su studio U.P.E. e se trattative con Inghilterra dovessero precedere o seguire formulazione Finebel o qualche cosa di analogo e regolarsi circa ulteriore sorte Finebel secondo risposta che ci verrà data da americani.

Questo mi sembra ragionevole.

Sostanzialmente, da quanto è possibile vedere, Hoffman ha detto a tutti quanti stessa cosa: se qualche differenza di dettaglio sembra esserci fra quello che ha detto a francesi ed a noi questo dipende, credo, da maniera come domande sono state impostate. Ma abbiamo già avuto sufficienti esperienze per sapere che su questioni del genere ci sono in America almeno tre opinioni non sempre conformi e cioè E.C.A., Tesoro e Dipartimento di Stato.

Prima di prendere una decisione occorrerebbe sapere cosa americani vogliono, che si mettano d'accordo fra loro se non lo sono, e se non arrivano a mettersi d'accordo si sappia quali delle varie opinioni ha più importanza ai fini assegnazione al Congresso. Poiché è poi questa unica ragione perché tutti noi ci diamo tanto da fare sulla via integrazione europea ed è inutile fare degli sforzi se poi servissero a niente.

Alphand ha già posto quesito ad americani qui. Converrebbe noi l'esponessimo direttamente a Washington e poi confrontassimo risposte con francesi per decidere sul da farsi.

12

IL MINISTRO A LISBONA, DE PAOLIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 99/45. Lisbona, 2febbraio 1950 (perv. ill8).

Rifèrimento: A telespresso ministeriale 16 gennaio u.s. n. 00797le. 1•

Non si parla più in Portogallo di un prossimo riconoscimento del Governo comunista cinese, né sulla stampa appare da tempo alcun accenno alla questione.

La situazione è immutata da quella che questa legazione ha fatto presente fin dal 5 dicembre u.s. (telespresso 1042/488)2• Qualora il riconoscimento americano dovesse tardare -e non mancano negli ultimi giorni indizi di una simile eventualità-non è escluso che questo Governo prenda la decisione di procedere scnz'altro al riconoscimento; ma ciò dipenderà dall'atteggiamento che assumerà il nuovo Governo cinese verso il possedimento portoghese di Macao. I cinesi d'altra parte sembrano non pensare per ora a Macao: è chiaro che per essi non esiste un problema portoghese, e ciò sia per l'esiguità del territorio di Macao, che per l'impossibilità portoghese di organizzare una difesa effettiva del territorio stesso. La questione è intimamente connessa con quella di Hong Kong, che sembra per il momento accantonata. Ove Hong Kong ridivenga d'attualità, sorgerà allora di nuovo per il Portogallo il problema del riconoscimento e, verosimilmente qualsiasi misura si adotti, e qualsiasi premura si mostri, non si riuscirà ad influenzare le decisioni che nei riguardi di Macao crederà opportuno di prendere il Governo di Mao Tsé.

12 1 Vedi serie undicesima, vol. Il!, D. 533. 2 Non pubblicato.

13

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI

L. 1/572. Roma, 3febbraio 1950.

Ti accludo un appunto compilato da Zoppi sulla mia conversazione del pomeriggio del l o febbraio con Bevin 1• Credo che la comprensione che sorse finalmente in lui della dirittura della nostra linea conta per lo meno quanto l'essenza di ciò che ci dicemmo.

Circa la domanda di Bevin sul perché dei nostri «sentimenti non amichevoli» ti accludo copia di una lettera che ho diretto a Mallet dopo la partenza del suo ministro2 .

L'appunto Zoppi va completato con la mia lunga conversazione con Bevin la sera del l o a pranzo: gli spiegai i lati profondamente pratici del nostro europeismo: cioè il nostro desiderio di vedere inglobata la Germania in un'Europa democratica, ma una Germania che non rischi di diventare egemonica. Troppe nostre dure esperienze passate-gli dissi-ci pongono in guardia contro stretti abbracci germanici; e non capivo come la Francia, nel suo interesse, non lo capisse di più.

Bevin mi disse testualmente: «l see now after all you are a practical man even in your Europeism».

Questa conversazione ti renderà ancora più chiaro perché nel mio successivo improvvisato brindisi allusi con relativo calore a una auspicabile mora! leadership dell'Inghilterra in Europa e aggiunsi che essa non sarebbe mai stata pericolosa mentre ciò non poteva dirsi di qualsiasi altra possibile futura leadership continentale (leggi Germania).

14

L'AMBASCIATORE AD ATENE, ALESSANDRINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 295/100. Atene, 3 febbraio 1950 (perv. l '8).

Ho presentato oggi, con il cerimoniale qui d'uso, le lettere credenziali a re Paolo.

Al mio indirizzo di saluto ed alla risposta del sovrano, che normalmente vengono limitati a poche parole di circostanza, è stato, nell'occasione, dato un particolare rilievo. Per desiderio del Governo, che si è valso dell'opportunità presentata dalla

2 Vedi D. 10.

elevazione della nostra rappresentanza al rango di ambasciata, tale indirizzo e tale risposta, previamente concordati, hanno infatti assunto l'eccezionale carattere di veri e propri discorsi.

La risposta di re Paolo, di cui trasmetto qui allegato il testo unitamente a quello del discorso da me pronunziato 1 , è particolarmente calda e significativa.

Prima della presentazione delle lettere, ho avuto due lunghe conversazioni con il ministro degli esteri Pipinelis che ha, evidentemente, tenuto a marcare la maggiore sollecitudine e la più aperta simpatia verso di noi. Tale suo atteggiamento nei nostri riguardi è d'altronde qui ben noto.

Pipinelis mi ha anzitutto incaricato di trasmettere a V.E. un deferente saluto insieme con l'espressione della sua soddisfazione per l'elevazione ad ambasciata delle rappresentanze dei due paesi e per l'atmosfera sempre più fiduciosa e costruttiva che si va stabilendo fra Roma ed Atene. Egli ha ricordato in modo particolare il colloquio da lui avuto con V.E. all'Hotel Plaza a New York aggiungendo che quanto VE. ebbe a dirgli in tale occasione rappresenta non solo la base più sicura per le relazioni fra i due paesi ma anche una garanzia per la comprensione della posizione della Grecia nel quadro europeo ed occidentale.

Parlando della situazione interna, si è dichiarato abbastanza ottimista, sia per quanto riguarda la guerriglia al nord sia per quanto si riferisce alle prossime elezioni, che egli confida esprimeranno il desiderio di pace del paese ed il buon senso del popolo greco.

Ha manifestato qualche preoccupazione per alcuni incidenti alla frontiera bulgara che potrebbero preludere-ha sottolineato-ad una ripresa di attività dei ribelli.

Le preoccupazioni di Pipinelis hanno certamente qualche fondamento ma non manca qui, fra gli osservatori stranieri, chi le attribuisce principalmente all'intendimento greco di non lasciar eccessivamente riposare le inquietudini anglosassoni e di non vedere, sopratutto, diminuire i loro aiuti.

Ho approfittato di un suo accenno alla frontiera albanese -che ha detto esser tranquilla e ben difesa-per confermargli l'assoluta lealtà e franchezza del nostro atteggiamento nei riguardi dell'Albania. E non ho mancato di fargli intendere, nel modo più opportuno, come noi si consideri lo statu qua albanese quale fattore basilare per la pace adriatica e mediterranea. Egli ha risposto sorridendo che si rende ben conto delle nostre concezioni e che ha fiducia nei nostri attuali orientamenti.

Passando alla Jugoslavia, Pipinelis ha rilevato «un certo parallelismO» fra gli interessi italiani e quelli greci di fronte alla politica di Tito. «Belgrado -ha aggiunto sta giocando su due tableaux, cercando di trarre vantaggi tanto dall'Oriente quanto dall'Occidente. Vediamo di non esser noi, greci ed italiani, a pagar le spese».

Pipinelis ha continuato dicendo di essere pronto ad eventuali scambi di informazioni e segnalazioni, anche confidenziali, in quei settori della politica europea che più interessano i due paesi.

Ha concluso assicurandomi del suo più aperto appoggio.

Il testo dei discorsi pronunziati durante la presentazione delle credenziali è stato dato alla radio ed è stato pubblicato dal «Bollettino di notizie» del Ministero della propaganda, essendo la restante stampa greca in sciopero da qualche giorno.

13 1 Vedi D. 7.

14 1 Gli allegati non si pubblicano.

15

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 1193/618. Washington, 3 febbraio 1950 (perv. il 7).

Riferimento: Telespresso ministeriale n. 21/00797 /c. del 16 gennaio u.s. 1•

Circa l'atteggiamento di questo Governo nei confronti dei vari aspetti che la questione del riconoscimento del regime di Pechino presenta, quale sia stato sin dall'inizio l'atteggiamento del Dipartimento di Stato verso gli altri Stati occidentali e quale la sua posizione in relazione al riconoscimento stesso, è stato più volte riferito da questa ambasciata, e da ultimo con telespresso 915/490 in data 27 gennaio 19502 .

Allora veniva anzi posto in rilievo come a questo Governo non fosse concesso beneficio di scelta, sia per ragioni di opposizione interne sia per la sistematica ostilità mostrata nei suoi confronti dal Governo di Pechino. Conclusione, questa, esplicitamente confermata il 28 scorso dal sottosegretario di Stato Webb quando, nel corso di una riunione del partito democratico, ebbe a osservare che se il Governo comunista non avrebbe mostrato un «reale desiderio» di avere normali relazioni con gli Stati Uniti, «non c'è molto che noi si possa fare per insistere».

In fondo, dopo il discorso di Acheson al Press Club ed il mancato accenno alla questione del riconoscimento, queste dichiarazioni di Webb sembrano intese a chiarire al Congresso che la questione del riconoscimento non può essere oggi risolta per sola iniziativa statunitense.

Così pure questa ambasciata ebbe più volte a riferire circa le reazioni degli uffici del Dipartimento al riconoscimento di Pechino da parte di Londra. Quando Bevin nel settembre scorso ebbe qui varie conversazioni sui singoli problemi interessanti i due paesi e quindi anche sulla situazione in Cina ed in Asia meridionale e sudorientale, il Dipartimento, pur non mancando di mostrarsi compreso della differente posizione britannica in Cina, accennò all'opportunità che il riconoscimento di Londra fosse in qualche modo legato ad un impegno da parte del nuovo Governo a rispettare accordi e principi internazionali; la risposta inglese, che qualsiasi impegno assunto dai comunisti non avrebbe avuto alcuna sostanziale importanza, e avrebbe solo servito a complicare e ritardare il riconoscimento, convinse il signor Butterworth, assistente segretario di Stato per gli affari dell'Estremo Oriente, a non insistere ulteriormente.

A riconoscimento avvenuto, certa stampa inglese e particolarmente il Times, ebbe a esprimere preoccupazioni e dubbi in relazione alle decisioni prese dal Consiglio nazionale di sicurezza a Washington sulla questione di Formosa, decisioni che erano state in un primo tempo riferite alla stampa londinese nel senso che una missione militare americana sarebbe stata inviata in quell'isola. Seguì poi la Conferenza di Colombo e le decisioni di principio circa le direttive politiche che i membri del

2 Non pubblicato.

Commonwealth interessati ali'Asia sudorientale si proponevano di perseguire; è ovvio che in pratica solo una comune azione del Commonwealth britannico con gli Stati Uniti potrà raggiungere i fini proposti, ma quali concreti aspetti questa complessa azione nel campo economico, ed eventualmente militare, potrà assumere, non è ancora dato di sapere.

In conclusione sembra si possa affermare che la rottura del fronte unico occidentale tanto raccomandato da questo Governo non ha causato se non passeggere reazioni in questa stampa e negli stessi uffici del Dipartimento. Tale rottura, d'altronde, per quanto deplorata, era già da tempo scontata.

Ai riconoscimenti effettuati dai diciassette paesi elencati nell'allegato al telespresso cui ci si riferisce, altri riconoscimenti sono andati aggiungendosi in questi ultimi giorni, portando a ventiquattro il numero dei paesi che hanno riconosciuto il regime di Pechino; quattro almeno fra questi non hanno relazioni con gli Stati Uniti (Corea del Nord, Albania, Mongolia esterna, Ho Chi Min).

Allo stato attuale delle cose non sembra che altri riconoscimenti solleverebbero qui particolari reazioni, sia perché numerosi sono quelli già compiuti, sia perché sembra probabile -si diceva ieri al Dipartimento -che, quando Pechino mostrasse d'essere realmente pronto a stabilire normali relazioni con gli Stati Uniti, si inizierebbe qui una vasta azione sulla stampa e al Congresso per convincere l'opinione pubblica circa l'ineluttabilità del riconoscimento; e la constatazione allora che molti altri paesi non comunisti avranno preceduto gli Stati Uniti renderà di più facile intelligenza il principio che il riconoscimento non implica approvazione di quel Governo.

Non sembra però-si concludeva al Dipartimento-che nemmeno i paesi occidentali che hanno già proceduto al riconoscimento trovino maggiore rispondenza fra i comunisti cinesi; come prova l'attuale polemica con Londra e il fatto che non un singolo rappresentante di quei paesi sia stato fino ad oggi accolto come tale a Pechino3 .

15 1 Vedi serie undicesima, vol. III, D. 533.

16

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI

T. 910/45. Roma, 4 febbraio 1950, ore 12, 15.

Dopo ultima sessione O.E.C.E. cui non vasti risultati in materia pagamenti e liberalizzazione generale le sono certo noti, Governo francese ci ha informati intendimento presentare prossimamente Parlamento trattato Unione doganale nonché procedere firma accordo regionale Finebel.

D'altro canto in conversazioni con nostri delegati, Bissell ha vivamente insistito affinché attenzione vari Governi si porti innanzi tutto su piano pagamenti multilaterale e liberazione generale, osservando che unioni regionali potrebbero venir ripre

!5 3 Per il seguito vedi D. 39.

se solo dopo constatata impossibilità accordo generale. Abbiamo perciò sensazione che mentre Unione doganale non disturberebbe punti vista E.C.A., firma Finebel che sarebbe stata opportuna prima della riunione O.E.C.E. oggi sarebbe considerata elemento disturbatore.

Occorrerebbe peraltro accertarsi se Governo americano condivida tale comprensibile punto di vista E.C.A. oppure considera nell'insieme sue direttive politiche che accordo regionale rappresenti comunque risultato concreto per quanto geograficamente ristretto e quindi gradisce che Finebel sia firmato.

Opinione precisa codesto Governo è tanto più necessaria in quanto:

l) Finebel abbisogna per funzionare sul terreno finanziario che Stati Uniti consentano utilizzo parte fondi E.R.P. come pool comune;

2) Benelux insiste per immediata accessione Germania e occorrerebbe che Governo americano se fosse d'accordo su tale opportunità svolgesse azione tal senso su Governo francese.

Voglia quindi V.E. richiedere opinione Dipartimento di Stato e telegrafare quanto prima possibile 1•

17

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GALLARATI SCOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO 1300/156. Londra, 6febbraio 1950, ore 20,40 (perv. ore 8 del 7).

Telegramma di V. E. 70 1 e telespresso ministeriale 3/3570/c. del 2 febbraio 2•

Secondo istruzioni di V.E. d' Ajeta ha oggi rimesso e discusso con Clutton ambedue progetti di dichiarazione buona volontà italo-etiopica, conseguenti da conversazioni ginevrine, illustrandogli ogni possibile argomento in favore adozione secondo testo.

Clutton, che era già a conoscenza dei due testi, ha comunicato che progetti erano ora allo studio di esperti britannici ed americani che lavoravano congiuntamente. Egli perciò non poteva-data nostra comunicazione questa volta di carattere ufficiale-dare una risposta prima della conclusione dell'esame in corso e prima di una decisione comune anglo-americana.

D'Aieta richiamandosi necessità mantenere franchezza precedenti colloqui confidenziali, ha allora richiesto di conoscere possibilmente, a titolo personale, quali fossero prime reazioni Foreign Office su contenuto due progetti ginevrini dato che essi erano già a conoscenza uffici britannici.

2 Informava sulle conversazioni itala-etiopiche di Ginevra.

Sempre premettendo riserva ulteriore risposta ufficiale Clutton ha in proposito allora fornito -a titolo unicamente personale -seguenti notizie e osservazioni che qui di seguito riassumo per V. E.:

l) consigliere etiopico Spencer è stato richiamato ad Addis Abeba dali'imperatore. Clutton lo ha visto ieri sera lungamente;

2) Washington ha dato istruzioni ai suoi delegati ginevrini di sospendere per il momento qualsiasi conversazione sull'Eritrea in vista concordare con Londra, in ogni dettaglio, ulteriore linea condotta nonché sede future eventuali conversazioni;

3) Addis Abeba non avrebbe intenzione, qualora si decidesse a dichiarazione buona volontà secondo primo progetto ginevrino, di accettare le modifiche italiane. Sarebbe pertanto fuori discussione il secondo progetto italiano;

4) prime impressioni Foreign Office su nostro nuovo progetto dichiarazione -allegato 2 al telespresso in riferimento-sono improntate a scetticismo circa possibilità raggiungere concretamente obiettivi distensione e successivo esame nuove soluzioni per Eritrea. Nostro progetto appare infatti voler scartare in ogni modo un qualsiasi filo collegatore con futura amichevole discussione dell'argomento fondamentale che si ripresenterà inevitabilmente al nostro esame nelle prossime settimane. Si rischierebbe quindi di creare un'artificiosa atmosfera di ottimismo che non potrebbe, poco più tardi, non essere pregiudizievole sia ai futuri negoziati che alla necessaria preparazione delle opinioni pubbliche;

5) circa testo nostro secondo progetto -sempre a titolo personale -Clutton ha rilevato nel nostro interesse che seconda frase del paragrafo l /D è molto impegnativa per il futuro data mentalità etiopica. Ha inoltre notato con meraviglia che si sia abbandonata richiesta ripresa relazioni diplomatiche e soprattutto accenno sviluppo rapporti economici italo-etiopici che, secondo Londra, dovrebbero allargare base negoziati futuri ai fini pratici e psicologici facilitandone possibilità soddisfacente conclusione.

Clutton si è comunque riservato di precisare al più presto pensiero ufficiale britannico.

16 1 Per la risposta vedi D. 22.

17 1 Vedi D. 5.

18

IL CAPO DELLA MISSIONE NELLA R.F. DI GERMANIA, BABUSCIO RIZZO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. SEGRETO 524/272. Francoforte, 6febbraio 1950 (perv. il 18).

T el espresso n. 42/0 1412/c. del 30 genn. u.s. 1• Mi onoro assicurare ricevuta, assicurando, del telespresso suindicato concernente le possibilità di sviluppo delle relazioni economiche italo-tedesche.

Mi permetto con l'occasione fornire ulteriori chiarimenti su quello che mi è apparso il pensiero del Governo tedesco, nel corso delle conversazioni avute recentemente.

Per quanto infatti l'Italia continui a rappresentare un fattore importante nel quadro dei rapporti economici della Germania con l'estero, non credo si guardi qui ad essa come ad un mercato di sbocco di una tale importanza da portare un contributo risolutivo alla crisi che appare sempre più grave di questa produzione industriale che ha già raggiunto, secondo le ultime statistiche il 92% del potenziale del 1936.

Vi sono a questo riguardo chiari indizi che, se il Governo tedesco si troverà prossimamente di fronte a forti pressioni da parte dei propri ceti industriali, queste saranno esercitate per una intensificazione dei rapporti economici con l'altra parte della Germania -che io credo probabile e forse anzi prossima -c voci in questo senso giungono oramai insistentemente dalla Ruhr, dove i rappresentanti di alcune grosse industrie (Solingen) hanno recentemente dichiarato apertamente che la sola speranza per l'industria tedesca è ormai rappresentata dai mercati orientali.

Nelle conversazioni avute tanto con questo ministro dell'economia che con quello del piano Marshall, mi è inoltre apparso evidente che essi, nell'esaminare le possibilità del commercio estero tedesco, e la sua evoluzione nell'avvenire, erano -aparte quanto precede-ben lontani dal guardare ali' Italia alla luce di situazioni ormai superate, ma avevano ben presenti l'incremento subito dalla nostra industria in questi ultimi anni. Io stesso ho avuto costantemente presenti queste modifiche nel corso delle stesse conversazioni ed uno specifico riferimento ad esse è infatti contenuto nel mio telespresso 0239/123 del 19 gennaio u.s. 2 sul colloquio avuto allo stesso momento col ministro Blucher.

La proposta fatta perciò dal ministro Erhard mi è apparsa diretta soltanto a studiare, forse proprio per il fatto della nuova costituzione economica italiana, quali fossero oggi i limiti di sviluppo del volume di scambi fra i due paesi e ad identificare quanto rimanesse di complementarietà tra le due economie; a questo Governo è d'altra parte ben nota -come apparve chiaro anche dalle nostre comunicazioni a suo tempo fatte a proposito del Fritalux-la preminenza dei nostri progetti di intesa economica con la Francia. Non ho l 'impressione infine che, specie dopo la conclusione dell'accordo commerciale franco-tedesco, avremo per ora nuove aperture da parte dci tedeschi. Se mai toccherebbe a noi prendere delle iniziative per lo sfruttamento delle possibilità esistenti in questo momento, nel quale l'economia germanica sta ancora cercando le sue vie di assestamento.

Mi sia consentito, con l'occasione, di riferire brevemente anche su alcuni interessanti riflessi locali provocati dalle voci corse di una possibile più intensa ripresa di scambi italo-tedcschi. Subito dopo l'apparizione, sul bollettino stampa del C.D.U., del noto ed inaspettato comunicato di Adenauer circa i rapporti con l'Italia, il capo dei servizi economici francesi in Germania, signor Lefort, si mise in contatto telefonico col nostro addetto commerciale per avere un incontro con lui ed esaminare insieme le possibilità di una comune collaborazione in questo paese. L'incontro non ebbe luogo per la improvvisa partenza del signor Lcfort per Parigi. Ma reazioni più o meno analoghe mi vengono segnalate dalla Francia e credo non limitate soltanto a

reazioni di stampa come quella ad es. del France-Soir, il quale, in relazione appunto a tali voci corse, leva una voce di rimprovero «per il fatto che gli sforzi francesi per concludere un accordo economico regionale con l'Italia sono rimasti finora sterili al pari dei piani di un'unione doganale franco-italiana».

Morante da parte sua mi informa ora di aver visto ieri il signor Lefort il quale, reduce da Parigi, gli ha riparlato della unione doganale con la Francia e gli ha detto che si stanno compiendo a Parigi nuovi sforzi per accelerare il processo di integrazione economica italo-francese e che anzi istruzioni in questo senso sarebbero state già impartite al signor Drouin.

Da tutto questo potrebbe concludersi che l'inaspettato gesto di Adenauer, se era suscettibile di creare qualche malinteso e conteneva, con il prevalente desiderio di migliori rapporti con l'Italia anche una punta polemica verso la Francia, sembra abbia anche valso, come bilancio definitivo, a risvegliare l'attenzione di alcuni circoli francesi sulla necessità di giungere presto a più concrete intese con l'Italia.

18 1 Vedi D. l.

18 2 Non pubblicato.

19

IL MINISTRO A IL CAIRO, FRACASSI, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ZOPPI

R. SEGRETO 465. Il Cairo, 6febbraio 1950 (perv. il 13).

Mi riferisco al telespresso n. 3/5889/c. del 22 dicembre 1949, alla tua lettera

n. 3/3210 dell2 gennaio u.s. 1 , al telegramma n. IO del31 gennaio2 , nonché alle ultime interessanti segnalazioni di Gaja da Tripoli.

Oggi, a mia richiesta, Azzam pascià è venuto a farmi visita alla legazione, dove abbiamo avuto un colloquio che è risultato, come già altre volte, lungo ed interessante per la vivacità del suo spirito, la larghezza delle sue vedute e la franchezza con la quale le espone.

Alla mia domanda come egli considerasse l'attuale situazione a Tripoli, Azzam mi ha risposto: «Francamente cattiva, perché confusa e difficile da controllare».

Ho approfittato della sua risposta per rinnovargli, secondo le tue istruzioni, il mio precedente suggerimento di recarsi a Tripoli per combattere -gli ho detto l'ultima battaglia, e far trionfare l 'ideale al quale egli ha ispirato tutta la sua vita: l'indipendenza della Libia. La povertà della classe dirigente libica è il principale ostacolo che si frappone alla sua unità in un regime effettivamente indipendente: se egli, Azzam, si recasse laggiù, potrebbe-dato il prestigio di cui gode-unificare le correnti e fare di Tripoli il centro di attrazione del nuovo Stato indipendente.

2 Il testo del telegramma, a firma Zoppi, era il seguente: «Cerchi fare in modo che Azzam pascià si incontri con Pelt quando verrà costì e gli esponga suoi noti punti vista circa Libia e collaborazione tra italiani e arabi».

Azzam non si è lasciato convincere dalle mie argomentazioni, pur ammettendo che se egli si decidesse a tale passo sarebbe sicuro del successo. Egli riconosce di avere un grande seguito in Libia; per spiegarmi le ragioni del suo prestigio mi ha narrato in termini vivaci e pittoreschi la storia, che rassomiglia alla pagina di un romanzo, della lunga lotta da lui condotta contro gli inglesi e contro di noi per l 'indipendenza del suo paese.

Nei primi mesi del 1915, Azzam, che era un giovane povero originario di un villaggio della campagna egiziana, si trovava a Londra dove seguiva gli studi universitari di medicina. In quell'anno fece ritorno in Egitto, dove fu utilizzato per curare i feriti che vi affluivano dal fronte di guerra anglo-turco. Fra questi si trovava un prigioniero appartenente all'esercito turco, il quale gli svelò in segreto di essere un egiziano arruolato nell'esercito turco per cacciare gli inglesi dall'Egitto. L'incontro decise della sorte di Azzam. Da quel momento abbandonò gli studi di medicina per dedicarsi a quella lotta per l 'indipendenza che costituisce ancor oggi il suo scopo supremo. Ed Azzam si è allora dilungato a narrarmi le molte battaglie da lui combattute nel deserto contro gli inglesi e gli italiani, percorrendo a cavallo l'altipiano della Sirte, armato solo della sua fede e del suo moschetto. Poco a poco egli acquistò il prestigio di un capo, e benché ripetutamente ferito, battuto in molte azioni, e definitivamente sconfitto con la fine della guerra mondiale, conservò molto seguito tra i capi delle tribù guerriere della Tripolitania e della Cirenaica. Durante quei cinque anni di guerriglia e di sofferenze, gli era capitata anche l'avventura, per allora straordinaria, di imbarcarsi su un sottomarino tedesco che lo condusse dalla Libia fino a Pola, da dove poi si recò a Vienna e a Berlino per chiedere ali' Austria e alla Gennania armi ed aiuti per i suoi uomini, di cui diverse migliaia erano ancora bene armati ed equipaggiati nel 1919, quando già il conflitto mondiale si era spento. Ed allora avvenne per suo suggerimento la proclamazione della prima Repubblica libica, che ricercò un'intesa con l'Italia, intesa poi resa impossibile dal prevalere dei sentimenti colonialisti ed imperialisti (sono le sue espressioni) della classe dirigente italiana. A dire di Azzam, l'Italia non sarebbe stata aliena dal giungere ad un'intesa su una base liberale con i patrioti libici, ma vi si oppose formalmente la Francia, la quale mise in essere ogni arte ed ogni intrigo per contrastare tale tendenza, nel timore che un sia pur larvato principio di riconoscimento dell'indipendenza della Libia avesse incalcolabili ripercussioni sul suo impero nord-africano.

Sono passati più di trent'anni da allora-ha osservato Azzam pascià-c come potete constatare la politica della Francia non h~ cam!Jjato. È una poiW_c~ miope. e .. gretta, che un giorno o l'altro costerà alla FranCia laCrime di sangue. Io oggi non -~"' avrei dunque che da ritornare in Libia -ha proseguito il mio interlocutore -per riprendere in un modo forse più liberale, lo stesso tentativo assieme ai miei antichi compagni e con una certa probabilità di successo. Sono però troppo vecchio e stanco per riprendere la lotta; non ho ambizioni, se non quella di continuare a lavorare per il trionfo della mia idea in tutti i paesi arabi.

Visto che il segretario della Lega araba non si induceva ad accogliere il suggerimento di recarsi personalmente a Tripoli, gli ho detto che doveva quanto meno favorire in ogni modo la partenza per la Tripolitania del Comitato tripolino sedente al Cairo, di cui fanno parte Abul Kasem el Baruni, Ornar el Ghueili, El Fituri el Suehli e Et-Tahar Ez-Zaui. Questo mio tentativo ha avuto un esito più favorevole del prece

dente. Azzam mi ha infatti promesso che cercherà di indurre i componenti del Comitato a partire per Tripoli entro il mese di marzo, riconoscendo che la loro presenza colà potrà riuscire utile alla causa dell'indipendenza. Ed avendogli io allora parlato di Mustafa Mizran, Azzam pascià si è espresso favorevolmente nei suoi confronti dicendo di credere alla sua sincerità e lealtà e di essere quindi pronto ad incoraggiare la formazione del «Partito nazionalista tripolitanm>.

Azzam mi ha poi assicurato di aver predisposto un ricevimento che verrà dato alla Lega araba a Pelt, col quale mi ha promesso che avrà anche un colloquio privato, onde esporgli francamente le sue idee. Procurerà altresì di fare incontrare Pclt con i membri del Comitato tripolitano.

Passando a parlare di Boshir Saadawi, Azzam pascià mi ha confermato di avere interrotto ogni rapporto con lui. Boshir Saadawi. che oltre ad essere il capo del partito del «Congresso», rimane tuttora il presidente del «Comitato di liberazione della Libia». è stato invitato dai componenti il Comitato stesso a presentarsi dinnanzi a loro, in presenza del segretario generale della Lega araba, per render conto del suo operato. Boshir Saadawi ha fatto una delle sue solite scene a sfondo patetico, giurando di non essersi venduto agli inglesi, ma di esser convinto che la collaborazione con loro c con il Senusso rappresenta il miglior modo di conseguire l'indipendenza. Azzam gli ha risposto di andarsene per la sua strada, sulla quale però egli non lo avrebbe mai seguito. E proseguendo nel suo ragionamento, ha osservato che non si stupirebbe se prima che sian trascorsi due anni Boshir Saadawi c il «Congresso» andassero in malora (tlzey will go hankrupt). Azzam pascià, potrebbe, a suo dire, stroncare fin d'ora il «Congresso», ma reputa più utile non attaccarlo di fronte, lasciando che finisca di screditarsi da solo. Del resto, non vuoi far nulla che possa provocare una guerra civile in Libia.

(A proposito di Boshir Saadawi, ho saputo che egli ha ora comperato tre automobili di lusso americane, con le quali scorazza per l'Egitto; chiara riprova dci lauti fondi che riceve dagli inglesi, poiché la Lega araba gli ha sospeso ogni aiuto).

Per pm1c mia ho rilevato che fra tutti questi ondcggiamenti degli arabi, io vedevo delinearsi una sola soluzione probabile, e cioè l'instaurazione di un Governo senussita ossequiente agli inglesi c forse capeggiato da Boshir Saadawi. Azzam pascià ne ha convenuto; ha aggiunto risultargli però che in Cirenaica da qualche tempo si va determinando un movimento di sccessione nelle tìlc dei senussiti, in senso ostile a Sidi Idris.

Siamo poi venuti a parlare dell'atteggiamento del Governo egiziano. Ci siamo scambiati le nostre impressioni, c mentre io gli facevo la critica dell'atteggiamento del nuovo ministro degli esteri egiziano, ciecamente suggestionato dal concetto dell'unità della Libia al disopra di ogni altra cosa, Azzam pascià ha convenuto con me che l'atteggiamento del Governo egiziano, favorevole in principio all'unità e al Senusso, costituisce un errore fondamentale per la politica araba in quella regione. Si è compiaciuto di apprendere che il nuovo ministro degli esteri, Mohammed Salaheddìn, come pure il sottosegretario Hakki bey, avevano alquanto modificato, dopo il colloquio avuto con me, la loro presa di posizione iniziale. subordinando l'uno il raggiungimento de!l'unità ali' effettiva indipendenza garantita da una costituzione democratica, e l'altro affermando doversi sopratutto evitare qualsiasi decisione immediata atta a compromettere l'unità stessa a più o meno lunga scadenza (mio telespresso n. 295/100 del 23 gennaio 1950)3• Azzam pascià mi ha detto di avere avuto lunghi scambi di vedute con Salaheddìn e con Kamel Selim, ai quali ha detto chiaramente che gli arabi debbono all'Italia se il principio d eli 'indipendenza della Libia è stato solennemente riconosciuto all'O.N.U. Anzi il segretario della Lega araba pubblicherà un opuscolo in proposito. Esso sarà distribuito fra i membri della Lega araba, e vi si riconoscerà apertamente il contributo dell'Italia; sia pure-ha aggiunto sorridendo-con un po' di contorno di propaganda, atta a valorizzare l'azione svolta dalla Lega e la vittoria raggiunta nella questione libica, allo scopo di controbilanciare un poco gli insuccessi subiti in altri settori della politica araba. Azzam pascià ha ammesso che ancor oggi uno dei maggiori ostacoli da superare per attuare una concreta collaborazione i tal o-araba in Libia, è la diffidenza verso l 'Italia nutrita dagli arabi, i quali temono tuttora che l'appoggio dato dall'Italia alla causa dell'indipendenza costituisca uno stratagemma temporaneo, inteso a ristabilire il dominio imperialistico dell'Italia in Libia e nelle altre regioni africane. Azzam pascià fa del suo meglio per combattere questi sospetti, che si sono risvegliati c approfonditi a seguito de li'accordo Bevin-Sforza; e mi ha riferito di servirsi sovente di un aneddoto, per dimostrare l'errore in cui cadono gli arabi, ivi compresi gli egiziani. Questi infatti, per il timore dell'ipotetico ritorno di un'Italia colonialista in Libia, finiscono per dimenticare l'effettivo dominio esercitato dall'Inghilterra in quella regione, che rischia di prolungarsi anche dopo il 1952 mediante l 'instaurazione a Bengasi di un nuovo re Abdallah, nella persona di Sidi Idris Es-Senussi. L'aneddoto è il seguente: «Un arabo, allontanandosi dal suo giardino, prende cura di legare con una corda i due asini che possiede. Quando ritorna, uno dei due asini si è slegato ed ha devastato il suo giardino; l'arabo si mette allora a percuotere l'asino rimasto legato, ed a coloro i quali, sorpresi, gliene domandano il motivo, risponde: perché se l 'altro asino si slegherà, farà dei danni ancora maggiori». L'atteggiamento degli arabi verso gli italiani e gli inglesi è identico a quello dell'arabo della favola.

Sul conto di Kamel Selim bey, delegato egiziano nel Consiglio consultivo per la Libia, Azzam pascià si è espresso in termini piuttosto elogiativi, essendo persuaso che egli non farà il giuoco dell'Inghilterra, benché sia sposato ad una inglese.

Azzam pascià mi ha ripetuto anche in questo colloquio di esser convinto che la miglior forma costituzionale per la Libia sarebbe quella repubblicana in quanto l'istituzione della Repubblica porrebbe quella regione al riparo dai tentativi inglesi di instaurarvi un reuccio vassallo. Ma il concetto di Repubblica è totalmente privo di significato per le tribù della Libia, le quali non riconoscono che un capo feudale, emiro o re. Egli va quindi agitando nella mente qualche stratagemma «da buttare fra le gambe degli inglesi», per metter lo scompiglio nei loro progetti di dominazione basati sul Senusso. «Che cosa ne direste voi -mi ha chiesto Azzam -se si lanciasse l'idea di porre la Libia sotto la sovranità nominale del re d'Egitto, con la creazione di uno Stato indipendente vincolato al re Faruk soltanto attraverso un'unione personale? Voi siete la prima persona alla quale accenno a quest'idea, e vi domando a titolo strettamente personale quale sarebbe la reazione italiana di fronte a un simile progetto». Ho risposto che mi era difficile esprimere un parere, ma che a prima vista mi sembrava che le tendenze ultra-nazionaliste, se non

addirittura xenofobe, dell'Egitto di oggi, potevano far sorgere in Italia la fondata apprensione che lo stabilimento di una sovranità dell'Egitto sulla Libia si risolvesse nell'esclusione di ogni possibilità per l'Italia di collaborare al progresso economico c culturale di quella regione. Azzam mi ha risposto che si attendeva a questa mia reazione, ma che forse per l'Italia sarebbe più facile esercitare la sua influenza economica e culturale in una Libia indipendente e legata all'Egitto soltanto dalla Corona, che non in una Libia ridotta ad un feudo inglese. E gli brillavano gli occhi, pensando allo sbalordimento e all'irritazione che una simile mossa avrebbe provocato nei Governi inglese e francese.

Gli ho infine chiesto, forse un poco indiscretamente, se egli avrebbe continuato ad essere il segretario generale della Lega araba, o se la sua posizione fosse minacciata dall'instaurazione del Governo wafdista in Egitto e dall'ostilità dell'Irak. Azzam mi ha risposto che il voto dell'lrak gli era assicurato, fintantoché non ritornasse al potere Nuri Es-Saìd. Quanto al Governo wafdista, per il quale egli notoriamente non ha molta simpatia, mi ha detto che la mancanza di una precisa direttiva di politica estera rende improbabile un prossimo fondamentale cambiamento nel seno della Lega. Azzam pascià è legato da vecchia e sincera amicizia con il nuovo ministro degli esteri egiziano Mohammed Salaheddìn bey, di cui egli vorrebbe fame il suo successore nella carica di segretario generale della Lega araba. In tal caso Azzam, il quale ricopre tuttora la carica di ambasciatore nel servizio diplomatico egiziano, sarebbe disposto ad accettare qualche missione diplomatica, o a rimanere dietro le quinte per consigliare la Lega e i Governi negli affari arabi. Io gli ho risposto che in questa eventualità mi auguravo che avrebbe riesaminato l'idea di recarsi a Tripoli per diventare il capo della Libia indipendente.

19 1 Non pubblicati.

19 1 Non pubblicato.

20

IL CAPO DELLA DELEGAZIONE PRESSO L'O.E.C.E., CATTANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. URGENTISSIMO 1316-1321/92-93. Parigi, 7 febbraio 1950, ore l 6,09 (perv. ore 19,45).

Mio 88 1 c successivi ambasciatore Quaroni2•

Alphand mi ha comunicato riservatamente stamane che Harriman gli ha fatto conoscere che il Governo americano ha preso su quesiti postigli circa relazioni fra clearing union-O.E.C.E. e Fincbel seguente posizione:

l) è inteso che i paesi partecipanti intensificheranno sforzi per raggiungere al più presto possibile un accordo circa una Unione europea pagamenti comprendente tutti, la quale realizzerà tanto nello spirito che nella lettera decisioni O.E.C.E. del 2 novembre scorso3;

2 Vedi D. l l.

3 Vedi serie undicesima, vol. III, D. 362.

2) nello stesso tempo E.C.A. vedrebbe con favore decisione da parte paesi interessati di procedere con il Finebel su linea concordante con obiettivi fissati dalla decisione O.E.C.E. del 2 novembre scorso;

3) termine preciso e assetto definitivo geografico Finebel saranno naturalmente materia da decidersi da parte paesi interessati; 4) rimane inteso che utilità tale accordo dipenderà in gran parte da rapidità con cui potrà essere posto in pratica;

5) è stata sollevata questione di una eventuale assistenza finanziaria da parte E.C.A.; benché appaia incerto aiuto in dollari sarà necessario effettivo [ ... ]4 entro i limiti in cui aiuto in dollari si dimostrerà necessario per facilitare funzionamento accordo raggiunto entro 30 giugno prossimo E.C.A. considererà con simpatia una domanda per tale aiuto;

6) rimane inteso che ogni aiuto finanziario di tale genere verrebbe reso disponibile in conformità procedura approvata da U.S.A.

Alphand ritiene che dati termini della posizione presa dagli americani vi sia:

l) una espressione di incoraggiamento per creazione Finebel;

2) una promessa aiuto finanziario ove necessario; e che pertanto vi sia convenienza riprendere subito conversazioni fra i cinque paesi per riesaminare rispettive posizioni e decidere termini assetto definitivo Finebel.

Contatti fra esperti menzionati al ministro Pella e che non avevano avuto più luogo in attesa risposta da Washington riprendono domani.

Alphand mi ha informato che 9 corrente, Van Zeeland e Stikker si troveranno a Parigi per altri compiti ed è devoluto Governo francese fare una riunione a questo scopo. Alphand mi ha comunicato che ove permangano considerazioni fatte dal ministro Pella per quanto riguarda partecipazione ministro italiano questa riunione sarebbe stata gradita mia partecipazione all'incontro con i ministri belga e olandese. Pregasi comunicare quanto precede al ministro Pella e fare conoscere con ogni possibile urgenza quale atteggiamento debba essere da me tenuto in incontri dei prossimi giorni.

Atteggiamento americano non si discosta sostanzialmente da quanto comunicato al ministro Pella da Bissell come è messo in evidenza dal punto primo e dal richiamo che Finebel proceda su linee concordanti con obiettivi fissati decisioni O.E.C.E. 2 novembre scorso (punto secondo).

Inoltre pur incoraggiando decisamente procedere Finebel punto quarto precisa che utilità tale accordo dipende rapidità con cui possa essere messo in pratica. In effetto risposta americana non poteva essere diversa tenendo conto degli obiettivi che gli U.S.A. desiderano siano raggiunti su piano generale in Europa chiarendo obiezioni francesi perché loro azione precedente in senso Finebel non fosse interamente sconfessata.

Per quanto riguarda assistenza finanziaria americana al Finebel risposta Harriman ne mette in dubbio effettiva necessità precisando comunque che fino 30 giugno prossimo non potrebbe essere che dollari E. C.A. con relativa procedura.

Comunque rimane fermo che secondo americani Finebel non deve intralciare azione generale per creazione U.P.E. e deve rappresentare un meccanismo di accelerazione sopratutto del programma liberazione scambi e pagamenti. Anche per norma di linguaggio dei nostri esperti che prendono contatto subito con esperti altri paesi gradirei istruzioni in particolare su punto terzo5 .

20 1 Del 2 febbraio, con esso Cattani aveva riferito circa una conversazione di Pella e Lombardo con Bissell sui pagamenti intereuropei.

20 4 Gruppo mancante.

21

IL MINISTRO A LUSSEMBURGO, RAINALDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 1327/9. Lussemburgo, 7 jèbbraio 1950, ore 19 (perv. ore 22). Mio telespresso urgente 03 1•

Nove corrente a Parigi questo Ministero degli affari esteri dietro odierne insistenze interverrà riunione Finebel sebbene sin da ora poco propenso affermarsi tale accordo regionale causa tendenza olandesi includervi Germania senza garanzie che Bech considera necessarie. Circa eventuale sede Lussemburgo organo centrale Finebel, prospettata da parte belga, Bech si mostra indifferente.

Stesso Ministero degli affari esteri attribuisce attendibilità voci secondo cui Inghilterra si proporrebbe aggiungere Germania ad Uniscan per ampliare area sterlina.

In complesso Bech traversa fase perplessità che lo induce attesa prima di prendere posizione questioni delicate importanti mentre permane premuroso in altre oggetto telespressi odierni.

22

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 1407-14091110-112. Washington, 9febbraio 1950, ore 20,20 (perv. ore 7,30 deliO).

Mio 105 1•

Conversazioni con Perkins e Bissell confermato notizie già da me inviate con telegramma citato. Bissell ha anzi letto telegramma diretto a Zellerbach oggi contenente istruzioni fare comunicazioni Governo italiano stesso senso. Ambedue interlocutori, sia pure con qualche leggera differenza fra di loro (Dipartimento Stato insistendo con minor vigore per clearing union) hanno svolto seguenti considerazioni:

22 1 Del 7 febbraio, anticipava le notizie qui più ampiamente riferite.

l) risultati recenti riunioni Parigi non devono essere considerati con eccessivo pessimismo ed in modo tale da fare escludere possibilità accordo generale per clearing union. Governo americano spera invece che tale risultato sia raggiungibile con inclusione Gran Bretagna, dato che dopo elezioni Governo inglese avrà maggiore libertà azione. Comunque anche se dopo elezioni inglesi mantenessero posizione attuale, dovrebbero ugualmente superarsi difficoltà per conclusione di un accordo senza Inghilterra e forse anche Norvegia. Ambedue interlocutori hanno comunque marcato insistentemente interesse a che europei si concentrino possibilmente su clearing uni o n.

2) Tuttavia Governo americano non si sente di scoraggiare eventuali iniziative regionali (anche seguito ripetuti passi francesi questi giorni di cui riferisco telegramma 112) 2 , purché essi non vadano a discapito accordo generale. Circa Finebel si ritiene peraltro molto importante -e, secondo Bissell, essenziale inclusione Germania. Bissell dichiarato anzi che sue esitazioni ad incoraggiare Finebel sono state finora determinate da dubbi su vitalità gruppo regionale predetto senza Germania. In vista peraltro situazione politica francese attuale, Governo americano non ritiene di poter svolgere pressioni su quello francese per forzarlo ad inclusione Germania.

3) Circa iniezione dollari da fondo 150 milioni in caso costituzione Finebel, non sono ancora messe a punto condizioni data anche fluidità lavori Parigi in argomento. Non si esclude possibilità contributi del genere purché sistema preveda reali notevoli progressi liberalizzazione. E. C.A. tiene però far presente che fondo predetto è stanziato da legge solo per anno finanziario in corso e che ignorasi atteggiamento Congresso per anno 1950-51. Si ritiene comunque grosso modo che contributo do1lari E.R.P. potrebbero essere mobilitati per neutralizzare, almeno in parte, scompensi derivanti da liberalizzazione commerciale.

4) In conclusione mi sembra che mentre Governo americano auspica maggiore concentrazione su clearing union con o senza Inghilterra, non desidera assumersi responsabilità, soprattutto verso francesi, porre veto costituzione Finebel anche senza Germania e, secondo quanto esplicitamente dettomi da Perkins, lascia ad europei giudicare migliore via da seguire.

In relazione miei passi su Finebel ho ritenuto opportuno compiere discreti accertamenti anche questi ambienti francesi. Risultami al riguardo che ambasciata Francia ha questa settimana compiuto minuti sondaggi a tutti livelli presso E.C.A. e Dipartimento Stato per accertare atteggiamento americano in proposito. Bonnet ha visto a lungo sottosegretario Webb. In tali contatti francesi sembrano aver fatto presente in modo molto pressante opportunità che americani non scoraggino costituzione Finebel date maggiori difficoltà per raggiungimento accordo generale. Contemporaneamente hanno chiesto non si insista per immediata inclusione Germania in attesa che atteggiamento inglese possa chiarirsi dopo elezioni. (Non escluderei che con colloquio soprasegnalato Bonnet abbia voluto precedere contatti tra vice cancelliere tedesco Blucher testé qui giunto e esponenti questo Governo).

In predette conversazioni francesi avrebbero in un primo tempo riscontrato notevole freddezza nei confronti Finebel intendendo, soprattutto E.C.A., che europei continuino concentrarsi su accordo generale. In secondo tempo americani avrebbero mostrato maggiore arrendevolezza per Finebel, sembra in relazione anche atteggiamento O.S.R. Parigi dove ieri Harriman e Alphand avuto lungo colloquio chiarificatore in cui primo avrebbe ammesso opportunità non scoraggiare iniziative regionali. Francesi, pur non avendo ricevuto assicurazioni tassative, sperano peraltro che, con adeguate proposte da parte gruppo europeo, sia possibile ottenere dollari dal noto fondo 150 milioni per Finebel.

Riterrei che dopo predetta serie contatti questa ambasciata francese abbia inviato Parigi segnalazione conclusiva con cui non scoraggiasi Governo francese perseguire iniziative Finebel.

20 5 In risposta a questo documento Grazzi aveva ritrasmesso interlocutoriamente una comunicazione di Tarchiani sull'orientamento statunitense circa il Finebel, non pubblicata ma vedi D. 22, nota l. Le istruzioni vennero inviate con il D. 27.

21 1 Non rinvenuto.

22 2 La seconda parte del presente telegramma.

23

IL MINISTRO A GEDDA, TURCATO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 1414/4. Gedda, 9fèbbraio 1950, ore 19 (perv. ore 7,30 del 10).

Dopo varie incertezze Iman ha stabilito definitivamente 20 marzo prossimo mia [missione] Yemen. Io partirò con primo mezzo che mi consenta trattenermi Aden tempo necessario incontrare Giabali e governatore Aden.

Da informazioni odierne, acuirsi situazione nostro personale Yemen prevista come da mio telespresso 29 1 sembra già in atto. Aeroplano sarebbe stato già venduto. I piloti licenziati reclamano indennizzo. Faccio rilevare difficoltà mia posizione dovendo occuparmi scabrosa questione che può dar luogo a contrasti con la mia azione tendente ravvicinamento Governo yemenita; fra l'altro dovrei presentare a Giabali citazione di cui al telespresso ministeriale 28 del 7 novembre scorso 1• Proporrei perciò farmi accompagnare nella riunione Taiz da console Aden Pellici al quale affiderei questioni minori. Per quanto Pasquinelli sarebbe molto più adatto riterrei consigliabile !asciarlo Gedda per assicurare servizio. Sarebbe inoltre estremamente utile messaggio diretto Iman da parte del presidente della Repubblica italiana Einaudi allo scopo controbilanciare azione francese che si intensifica e sarebbe appoggiata da documento firmato presidente della Repubblica francese. Prego telegrafarmi d'urgenza2•

Turcato.

23 1 Non pubblicato. 2 Con T. l 096/7 dell'Il febbraio Guidotti preannunciava l'invio del messaggio suggerito da

24

IL MINISTRO A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

R. 1504/779. Washington, 9febbraio 1950 (perv. i/14).

Il recente discorso di McCloy a Stoccarda, di cui a parte trasmetto il testo integrale 1 , pronunciato al ritorno dalla sua visita negli Stati Uniti, ha fatto sorgere l'ipotesi che l'Alto commissario americano sia ritornato da Washington con fresche istruzioni intese ad accentuare un mutamento, già in atto, della politica americana in Germania, in contrasto col benevolo atteggiamento mantenuto fino alla riunione di Parigi dei tre ministri degli esteri delle potenze occidentali. Quali manifestazioni di questo mutamento si indicavano le dichiarazioni di Acheson sul problema della Saar, in cui, fra l'altro, si ricordavano ai tedeschi le responsabilità inerenti allo scoppio del secondo conflitto mondiale, e gli ammonimenti alla Germania contro i pericoli del risorgente nazionalismo contenuti nei discorsi pronunciati da McCloy nel corso della sua visita negli Stati Uniti e nelle dichiarazioni fatte dal medesimo davanti ad una Commissione degli esteri del Congresso.

Dai sondaggi che ho fatto effettuare presso i competenti uffici del Dipartimento di Stato è stato confermato che la visita di McCloy a Washington non ha avuto alcun carattere eccezionale ma rientra nella categoria dei contatti periodici che il rappresentante americano in Germania deve avere col proprio Governo. Il fatto che essa abbia coinciso con la crisi dei rapporti franco-tedeschi per la questione della Saar e con l'accentuazione degli intralci sovietici alle comunicazioni con Berlino è puramente casuale. L'Alto commissario ha dovuto fissare la data del suo viaggio in modo da poter essere di nuovo in Gennania ali 'inizio del corrente mese di febbraio allo scopo di esercitare le funzioni di capo del!' Alta Commissione alleata. Tali funzioni, che com'è noto sono esercitate da ciascun Alto commissario a turni mensili, dovevano essere assunte, a partire dal primo febbraio, da McCioy.

Gli uffici del Dipartimento hanno voluto mettere in rilievo che McCloy, pur avendo avuto numcrosissimi contatti con le maggiori personalità americane connesse con la politica estera, con enti ufficiali c con privati, non ha riportato con sé in Germania alcuna nuova istruzione che presupponga un mutamento della politica americana in quel paese. La politica americana, per lo meno da quando McCloy ha iniziato la sua attività nelle sue attuali funzioni, non avrebbe avuto mutamenti. I suoi abbiettivi vennero chiaramente riconfermati nelle istruzioni che Achcson impartì a McCloy il 17 novembre, all'indomani della riunione di Parigi. Tali istruzioni, rese note soltanto in questi giorni, stabilivano i seguenti principi:

l) la Germania deve essere mantenuta priva dei mezzi con cui effettuare una guerra, affinché essa cessi di costituire una minaccia all'indipendenza di altri paesi ed alla pace del mondo. A questo scopo l'Alta Commissione alleata deve conservare un effettivo sistema di ispezioni e di controllo sul disarmo.

2) L'esclusione di forze paramilitari della Germania non impedisce invece la creazione o il mantenimento di forze di polizia sufficienti per l'ordine interno e per garantire I' osservanza delle decisioni dell'Alta Commissione e delle leggi federali e statali. Gli effettivi della polizia federale devono essere mantenuti al minimo necessario per l'adempimento dei suoi compiti.

3) Ai cittadini tedeschi deve essere vietata la fabbricazione, l'importazione e l'esercizio dei velivoli, per quanto possa invece essere loro concesso di collaborare nei servizi aerei di altri paesi c di lavorare per il funzionamento degli aeroporti. Deve impedirsi che si costituisca una aviazione tedesca ed i collegamenti aerei della Germania possono essere assicurati soltanto da compagnie aeree straniere.

4) Si debbono incoraggiare e rafforzare le relazioni tra la Germania e l'Europa occidentale, in modo che i tedeschi possano prendere una parte sempre maggiore nell'organizzazione politica ed economica di una libera Europa.

5) Nelle sue relazioni con le autorità tedesche, l'Alto commissario americano deve agire prevalentemente in una supervisory capacity. Lo statuto di occupazione deve essere considerato come il minimo controllo senza il quale gli interessi della comunità europea non possono essere adeguatamente tutelati.

6) II popolo tedesco deve essere messo in grado di sviluppare la sua politica su linee democratiche, in stretti contatti con i popoli liberi dell'Europa occidentale.

II discorso di McCloy a Stoccarda butta molta acqua sul fuoco delle speranze tedesche, richiama la Germania alla soluzione dei problemi interni e la dissuade dall 'indulgere in aspirazioni nazionalistiche. II fatto che questo richiamo alla realtà sia avvenuto solo ora viene spiegato con la circostanza che è la prima volta che McC!oy ha occasione di pronunciare un discorso dettagliato ed esauriente sull'argomento. Non si tratta del maggiore discorso di McCloy in Germania ma addirittura del primo suo discorso inteso per la popolazione tedesca. È stato pronunciato ora, anziché due o quattro mesi fa, perché era opportuno che l'Alto commissario lasciasse al tempo la possibilità di manifestare le tendenze delle forze politiche tedesche e le reazioni del paese all'azione dei Governi alleati.

Questo è il concetto degli uffici del Dipartimento, cd effettivamente nelle parole di McCloy non vi è nulla che non fosse già contenuto nelle sopracitate istruzioni del 17 novembre o in altre separate dichiarazioni ufficiali americane. Il discorso di McC!oy rappresenta una sintesi della politica americana in Germania, i cui principi fondamentali sono ivi riaffermati con particolare enfasi e con maggior vigore.

24 1 Non pubblicato.

25

IL CAPO DELLA DELEGAZIONE PRESSO L'O.E.C.E., CATTANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 1419/97. Parigi, 10 febbraio 1950, ore 6,30 (perv. ore 9,15).

Ha avuto luogo stasera [il 9] riunione confidenziale ministri Francia Belgio Olanda e Lussemburgo assistiti da rispettivi esperti per esaminare questione Finebel. Si è giunti seguenti conclusioni:

l) Stikker andrà mercoledì a Londra per domandare parere inglese circa costituzione Finebel particolarmente per quanto riguarda inclusione Germania che Benelux, soprattutto Olanda, continua desiderare. Sembra probabile che risposta inglese sarà negativa oppure dilazionata sul punto inclusione Germania. Sul resto non si esclude che l'Inghilterra cerchi ugualmente ritardare Finebel adducendo tra l'altro intensi studi che sarebbero effettivamente in corso a Londra per trovare formula conciliazione fra sistema sterlina e U.P.E.

2) Anche se risposta inglese fosse positiva per inclusione Germania questa sarebbe subordinata ad impegno preciso americano fornire dollari addizionali con cui coprire deficit tedesco verso altri membri gruppo valutati in 20/30 milioni mensili. A tale proposito si è osservato che, anche a parte difficoltà tecniche utilizzo a tale scopo dollari E.R.P., fondo accantonato dali'E.C.A. potrebbe non bastare.

3) Qualora si verificassero condizioni suddette e cioè accordo inglese americano e Germania accetti condizioni relative doppi prezzi e dumping, Francia sarebbe d'accordo sua entrata in Finebel. Caso contrario Olanda riconsidererebbe sua posizione per vedere se sarebbe possibile aderire Finebel a cinque. Francia e Belgio hanno indicato vivo desiderio che eventuale assenza tedeschi non impedisca giungere rapido accordo di cui sottolineano importanza per ottenere fondi E.R.P. 1950-1951 dal Congresso. Accordo dovrebbe includere concessione aiuti speciali E.C.A. ma in misura ridotta a 5-6 milioni mensili.

4) Tutti concordi su concetto che Finebel sarebbe una tappa giungere ad un accordo generale O.E.C.E. in cui Finebel allora si riassorbirebbe. 5) Liberazione scambi in Finebel raggiungerebbe 60% immediatamente 100% meno eccezione per un massimo giustificato del 25% entro quest'anno.

6) Da parte nostra a titolo personale e soggetto esplicitamente alle decisioni del nostro Governo ho espresso: a) nostro interesse alla realizzazione di Finebel alle condizioni esposte nei paragrafi precedenti: b) necessità in ogni caso eliminare rapidamente punto ancora controverso Francia e Finebel e cioè connessione generale fra coordinazioni politiche economiche (capitolo l) e restanti capitoli (scambi e pagamenti), ed in particolare sezione mano d'opera del capitolo l o sulle linee del nuovo testo da noi prospettato alla Francia come da mio 83 1 . A questo proposito ho sottoli

neato ancora una volta profonda ripercussione politica e umana che tale questione ha sulle decisioni del Governo italiano, la cui posizione sarebbe inevitabilmente rivista in futuro anche se riceve ora promesse e queste non avessero serio inizio di applicazione; c) necessità documentazione di eventuale messa in applicazione Finebellascia aperta possibilità ulteriore immediato adattamento della parte pagamenti ad esigenze tecniche per l'utilizzo aiuto supplementare americano costituito per ora da dollari

E.R.P. e cioè non liberi.

Mi permetto prospettare all'E.V. utilità che il Governo se possibile mi istruisca sulle comunicazioni da fare sulla sua posizione prima della partenza Stikker per Londra tenendo presente che egli compie questo passo nuova veste di conciliatore politico dell'O.E.C.E. Prcgasi comunicare quanto precede ministro Pella massima urgenza in vista della riunione C.I.R. di oggi venerdì 2 .

25 1 Del 29 gennaio. non pubblicato.

26

IL MINISTRO A IL CAIRO, FRACASSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO URGENTE 1442/1 1-12. Il Cairo, !Ofehhraio 1950, ore 10,14 (perv. ore 22).

Ho veduto oggi Pelt che conta partire domani per Roma, dove si tratterrà tre giorni. Mi ha confermato di essersi incontrato con questo ministro degli affari esteri e con Azzam pascià. Considera soddisfacenti termini mandato conferitogli dalle Nazioni Unite, che sono precisi ed elastici al tempo stesso. A seguito mia dichiarazione che Governo egiziano riconosca che italiani Libia devono esser considerati parte integrante di quella popolazione, Pelt ha osservato che ciò potrà avvenire soltanto quando apposita legislazione riconoscerà esistenza della cittadinanza libica, la quale a sua volta dipende dalla istituzione Stato libico indipendente. Per il momento ritiene vi siano in Libia quattro minoranze: italiana, greca, maltese ed ebrea, che egli ha invitato a mettersi d'accordo per scegliere un unico rappresentante.

Circa il luogo di residenza del Consiglio, spetta ad essi di adottare decisione comune in proposito. Gli risulta però che i delegati dei sei paesi hanno opinioni diametralmente opposte, da quella che Consiglio dovrebbe risiedere permanentemente in Libia, a quella che non dovrebbe mai recarvisi. Pelt ritiene che poiché egli deve poterlo consultare, occorrerà che Consiglio vi si rechi quanto meno saltuariamente.

Circa unità, è sua impressione che libici siano per ora assai lontani dali' essersene formato concetto preciso; occorre quindi lasciare loro il tempo di orientarsi, affinché possano decidere con conoscenza di causa. È contrario, almeno per ora, al progetto inglese, poiché l'istituzione di amministrazioni separate nei tre territori deter

minerebbe vivace reazione dell'O.N.U., dove Stati arabi asiatici ed anche alcuni sudamericani la criticano ad ogni buon fine, mentre, a suo avviso essa non apporterebbe alcun vantaggio concreto all'Italia. Ha quindi chiesto agli inglesi di sospendere l 'attuazione del progetto, in attesa delle consultazioni che si propone di avere in proposito a Roma, Parigi e Londra.

Dai contatti avuti qui ha tratto impressione che Governo egiziano non ha ancora idee chiare sulla politica che intende seguire nella questione libica. Pelt non se ne lamenta perché questa indecisione può esser utile allo svolgimento del suo compito.

In merito alla possibilità di sviluppare una proficua collaborazione tra italiani ed arabi in Libia, secondo Pelt Governo italiano non deve sottovalutare rancori e diffidenze tuttora esistenti nei libici contro l 'Italia, risentimenti registrati più violenti in Cirenaica ma perduranti anche negli altri territori.

Ha avuta ottima impressione di Gaja.

25 2 Per la risposta vedi D. 27.

27

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL CAPO DELLA DELEGAZIONE PRESSO L'O.E.C.E., CATTANI

T. 1103/73. Roma, llfebbraio 1950, ore 19,15.

Suo 97 1 .

In Comitato ministri presieduto ministro Pella è stato riconosciuto:

l) si è favorevoli di massima a Finebel a condizione che esso costituisca punto partenza per giungere eventuale accordo generale e che vengano mantenute condizioni pregiudiziali prevedute nel rapporto esperti tra cui principalmente abolizione pratiche discriminatorie e apporto dollari per pool;

2) interesse italiano in questioni movimento mano d'opera dovrà essere adeguatamente riconosciuto; 3) eventuale inclusione Germania dovrà comunque tener conto seguenti nostre pregiudiziali: a) impegno effettivo abolizione numerose misure discriminatorie e dumping sinora praticato;

b) stabilimento diritti doganali convenzionati fra Germania e Italia in quanto è da tener presente che negoziati tariffari tra due paesi non sono per ora possibili sin quando anche Germania non avrà nuova tariffa doganale.

27 1 Vedi D. 25.

28

COLLOQUIO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, CON IL MINISTRO DI JUGOSLAVIA A ROMA, IVEKOVIC1

APPUNT02 . Roma, llfebbraio 1950.

Ricevuto il ministro di Jugoslavia che, dopo frasi di rimostranza per il «nessun risultato» dei contatti Brilej-Brusasca sui problemi finanziari fra i due paesi, mostrò chiaro che per ben altro era venuto: per domandarmi-sia pur con cautela-se non credevo fosse tempo di scambiar idee per la questione di Trieste.

Io: «Vi ascolterò col più cordiale interesse. II parlame proverà per Io meno la nostra reciproca lealtà e buona volontà». La mezz'ora di sue spiegazioni, prima esitanti poi più ferme, può ben riassumersi in questi concetti:

l) noi acquisteremo prestigio, noi e voi, se risolviamo direttamente; 2) non si può tardar molto perché la Russia può far qualche tiro: per esempio risuscitare la formula del governatore; 3) (ma questo con più esitazione) non credete che come base iniziale c'era qualcosa di pratico nella formula Tito-Togliatti3?

Gli risposi:

«D'accordo pel punto l e 2; nettamente no pel punto 3. E badate, su quanto sto per dirvi dobbiamo esser chiarissimi: se cominciamo a parlare dobbiamo riuscire; uno scacco peggiorerebbe la situazione; è mio dovere dirvi con tutta franchezza che la formula Tito-Togliatti non è neppure lontanamente concepibile per noi».

Ivekovic mi pregò di dirgli intero il mio pensiero, non fosse che per suo modo di regolarsi, per non commettere errori.

Gli dissi (riassumo):

«Voi sapete che l'intesa e la collaborazione attiva fra i nostri due paesi è da lunghi anni una delle direttive essenziali del mio pensiero, sapete anche quanto io disprezzo la popolarità e quanto quindi, in un certo senso, potete contar su me. Ma dovete anche sapere che niente è più falso d eli'accusa che io propugnai ed ottenni l'accordo delle tre potenze circa il T. L.T. per mire elettorali. Questa stolta accusa mi obbliga a esser ancora più fermo circa il ritorno ali 'Italia di tutto il Territorio. Certo, se responsabili spiriti giuliani ammetteranno che vi sono nella Zona B, regioni quasi esclusivamente slave si potrà addivenire a un 'intesa; ma la parte della Zona B verso il mare è intangibile per noi; cederla sarebbe tradire Trieste e l'Italia».

2 Sforza inviò questo appunto a De Gasperi con la seguente lettera in data 13 febbraio: «In aggiunta a quanto ti ho riferito allego un appunto -anche questo segretissimo per te solo -sulla mia conversazione con Ivekovic».

3 Vedi serie decima, vol. IV, DD. 478 e 480.

Ivekovic, malgrado fosse partito dallo schema Tito-Togliatti, non parve scandalizzato; osservò solo, ma quietamente, che se noi avevamo un'opinione pubblica anche essi ne avevano una ...

Io, interrompendo: «Sì, fra gli slovcni, ma a Zagabria, a Belgrado, a Sarajevo, a Cettigne il problema non esiste affatto». Egli, continuando: « ... c poi anche nella Zona A vi son terre esclusivamente slave ...». Io: «Là trattasi non di problemi geografici ma topografici, se v'è una vera volontà di intesa facili a risolvere, purché non un metro danneggi Gorizia».

A questo punto, elevando il problema, gli aggiunsi che io oggi non potevo parlare che a titolo personale, che ogni discussione di nuova frontiera era prematura, e che facesse capire a Belgrado che la via dell'intesa e di un aumentato prestigio del suo paese nel mondo consisteva nel mostrare ali 'Europa una nuova concezione itala-jugoslava ponente l'accento non su nuovi confini sui quali pochissimo potremmo cedere, ma su una pratica messa in valore, a vantaggio dei nostri vicini, del porto, delle ferrovie, delle tariffe, delle scuole, insomma di tutto un invisibile che conta tanto più di poche vallate ...

Parve molto scosso, ma poi -come pauroso di essere andato al di là delle consegne «di partenza» ricevute-tornò a parlare dell'accordo Tito-Togliatti e dei pericoli che ci attendono se non ci accordiamo ...

Mi alzai e gli dissi: «Per oggi abbiamo agito utilmente a rompere il ghiaccio. Pensate seriamente a tutto quanto vi ho detto; fate sentire a Belgrado che avete l'impressione che non andremo mai più in là, così solo voi servirete il vostro paese; così solo la vostra missione a Roma potrà passare alla storia come un passo avanti verso il mondo di domani ...».

Lo accompagnai fino alla porta con un «Siate prudente, se svegliate delle illusioni a Belgrado rovinerete tutto ... ». Mi strinse la mano con una effusione che mi parve sincera. Il colloquio era durato un'ora e un quarto.

28 1 Ed. in CARLO SFORZA, Cinque anni a Palazzo Chigi. La politica estera italiana dal 1947 al 1951, Roma, Atlante, 1952, pp. 367-370.

29

IL CONSOLE GENERALE A WELLINGTON, DE REGE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. RISERVATO 190/71. Wellington, 13fèbbraio 19501•

Rifèrimento: Tclespresso ministeriale n. 11/1518/c. del25 gennaio u.s. 2 .

A seguito del mio telegramma n. 7 in data odicrna2 , confermo che il segretario degli affari esteri, signor Mclntosh, mi ha comunicato che il signor Doidge è favorevole ali 'istituzione di una legazione italiana in questo Dominion.

2 Non pubblicato.

Quando ebbi, pochi giorni fa, a parlargli della questione in relazione alle istruzioni contenute nel telespresso ministeriale sopracitato, egli mi disse che non riteneva che il nuovo Governo avrebbe avuto obiezioni in proposito, anche perché avendone a suo tempo parlato col ministro degli affari esteri Doidge, al momento della sua assunzione, egli si era detto d'accordo sul progetto. Ricordo incidentalmente che fra le dichiarazioni fatte dal signor Holland nei primi giorni dopo la sua nomina vi fu quella secondo cui il suo Governo avrebbe mantenuto -in politica interna ed estera -tutti gli impegni già assunti dal Governo laburista e che non fossero in «esplicito» contrasto coi punti del programma elettorale del Partito nazionale; mi riferisco anche comunque a quanto segnalato con mio telespresso 14711482 del6 dicembre 19492•

Ho approfittato della conversazione per confermare al signor Mclntosh il parere favorevole di codesto Ministero per la prospettata soluzione della rappresentanza neozelandese a Roma, mediante l'accreditamento del ministro che sarà nominato a Parigi. Nel ringraziarmi nuovamente per tale comunicazione, il signor Mcintosh mi ha pregato di far ben presente a codesto Ministero che ciò è soltanto dovuto a difficoltà finanziarie e di personale e che egli si augura che venga presto il giorno in cui tutta questa situazione possa normalizzarsi.

Circa la nomina del ministro a Parigi e a Roma ho avuto da altra fonte, della cui esattezza sono sicuro, la seguente informazione:

La scelta era già caduta su di un alto funzionario neozelandese, non dipendente dal Ministero degli esteri, ma che aveva però una lunga pratica di servizio all'estero e su tale nome erano stati concordi tanto il Governo passato quanto l'attuale. La cosa non ebbe tuttavia seguito per l'opposizione del Ministero degli esteri; malgrado infatti questo non sia in condizione, per scarsezza di personale, di far fronte a tutte le necessità del servizio, esso si oppone per principio al sistema della scelta dei capimissione al di fuori dell'amministrazione affinché ciò che è stato finora una prassi non finisca per diventare la regola.

Nel comunicarmi il parere favorevole del signor Doidge, il segretario degli affari esteri mi ha di nuovo chiesto se potevo dargli -anche non ufficialmente -informazioni circa l'epoca in cui il Governo i tali ano intendeva procedere ali'apertura della rappresentanza e circa la sua futura composizione; informazioni che ho fatto riserva di fargli conoscere non appena mi fossero pervenute.

Come è noto a codesto Ministero devono essere entro breve tempo scambiate tra questo consolato e il Governo neozelandese le lettere relative alla sistemazione dei beni italiani in Nuova Zelanda. Poiché con esse viene ad essere liquidato, almeno formalmente, l 'ultimo strascico delle conseguenze dello stato di guerra esistito fra i due paesi, mi permetto di suggerire di far coincidere con tale avvenimento l'annuncio dello stabilimento di relazioni diplomatiche fra i due paesi.

Resto in attesa di istruzioni e ad evitare che lo scambio di lettere sia inutilmente sospeso o ritardato, sarei grato se tali istruzioni potessero essermi fatte pervenire telegraficamente3.

29 1 Copia priva dell'indicazione della data di arrivo.

29 1 Per la risposta vedi D. 74.

30

L'AMBASCIATORE A BRUXELLES, DIANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 493/218. Bruxelles, 14febbraio 1950 (perv. il 18).

Riferimento: Telespresso di codesto Ministero n. 21/00797/c. de116 gennaio u.s. 1•

Questa ambasciata aveva già avuto occasione di riferire circa l'atteggiamento assunto dal Belgio nella questione del riconoscimento del Governo comunista cinese (telespresso urgente n. 072 del 17 dicembre u.s.)2 e in data odierna, in relazione alla successiva richiesta contenuta nel surriferito telespresso di codesto Ministero, ho nuovamente interpellato questo Ministero degli esteri per conoscere se vi fossero state variazioni nell'atteggiamento allora segnalato.

Questo segretario generale del Ministero degli esteri, barone de Gruben, mi ha sostanzialmente confermato che il Belgio, non attribuendo eccessiva importanza, per quanto lo riguarda, al problema, non ha speciale fretta nel prendere nuovamente posizione. Il segretario generale mi ha ripetuto che i modesti interessi che il Belgio possiede in Estremo Oriente lo inducono a mantenere una posizione di attesa e che la recente esperienza fatta dall'Inghilterra, con l'affrettato riconoscimento del Governo comunista, non gli ha certo fatto cambiare opinione. A questo riguardo il barone de Gruben mi ha detto che il Governo di Londra sollecitò a suo tempo il Governo belga a procedere anch'esso al riconoscimento del Governo della Repubblica popolare cinese, ma che a Bruxelles non si credette opportuno di aderire al suggerimento e che i successivi sviluppi della questione, con le sue non poche complicazioni, hanno confermato la convenienza di procedere in proposito con molta cautela. Il Belgio, del resto, mi ha fatto presente il signor de Gruben, ha colà solo qualche console, mentre il titolare dell'ambasciata belga in Cina si trova attualmente a Bruxelles e non si ha per ora l 'intenzione di farlo ripartire per il suo posto.

30 1 Vedi serie undicesima, vol. III, D. 533. 2 Non pubblicato.

31

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE AD ANKARA, R. PRUNAS

T. 1197111. Roma, 15febbraio 1950. ore21.

Seguito 101 .

Durante suo recente passaggio Roma Sadak ha detto ad ambasciatore turco, che me lo ha riferito, che sarebbe lieto poter firmare con me trattato amicizia a Roma. Ho risposto tàvorevolmente. Data firma potrebbe pertanto venire stabilita in epoca che Sadak ci farà conoscere ed in occasione suo prossimo viaggio Europa. Scambio ratifiche avrebbe in tal caso luogo in Ankara.

Sadak sarà naturalmente nostro ospite durante sua fermata Roma2 .

32

L'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 1613/34. Mosca, 15febbraio 1950, ore 22,15 (perv. stessa ora).

Stampa sovietica pubblica stamane in molta evidenza testo trattato ed accordo con Mao Tsc-tung nonché discorso Vyshinsky e Chu En-lai senza commento. Con riserva riferire successivi più approfonditi giudizi c locali commenti rilevo che impressione confenna sensazione di forti ostacoli non interamente superati da accordo apparentemente sproporzionato alla situazione da regolarsi. Il trattato di alleanza importante ma previsto ha la sola particolarità di una durata di trenta anni anziché venti ma per il resto riproduce tale quale fonnula trattato fra la Russia c paesi satelliti. Impegno particolare concludere trattato di pace giapponese ha carattere evasivo essendo subordinato accordo con altri alleati.

Accordi ferroviari Chang Chung e Port Arthur sono certamente importanti in quanto faranno cessare entro anno I 952 condomini militari sovietici ma relativamente al porto mercantile di Dairen accordo non è stato raggiunto essendosi le parti limitate promettere esaminare problema dopo trattato con il Giappone. Inoltre malgrado le scottanti dichiarazioni Acheson circa la Manciuria e Sin Kiang gli accordi pubblici non contengono minima dichiarazione a riguardo e ciò è tanto più significativo in quanto

U.R.S.S. ha ottenuto da parte cinese riconoscimento piena indipendenza Mongolia

'Per la risposta vedi D. 43.

esterna in base referendum giugno. Inoltre ritrasferimento beni acquistati da oggi in Manciuria non sembra estendersi a tutti gli impianti industriali asportati ma limitarsi proprietà ex giapponese il che probabilmente limita molto portata della restituzione. Infine entità accordi economici appaiono sproporzionate alla riconosciuta necessità di una economia cinese che l'accordo stesso riconosce stremata. Credito 300 milioni di dollari in cinque anni rimborsabili in dieci anni con precisa condizione circa regolamento capitale e interessi sembra inadeguato esigenze e fa sorgere impressione che l'U.R.S.S. non possa o non voglia impegnarsi troppo in Cina quasi eccitando pubblicamente con modesto suo sforzo aiuti di altra provenienza. Discorsetti di occasione Vyshinsky e Chu En-lai non vanno oltre frasi d'obbligo, e Chu En-lai pur avendo avuto una battuta polemica contro imperialisti americani non ha fatto cenno di Sin Kiang né di Manciuria e non ha espresso riconoscenza ma solo apprezzamento verso U.R.S.S. per aiuti ricevuti. Tutto sommato e salvo qualche accentuazione diversa che potrebbe aversi in eventuali discorsi successivi di Stalin e Mao Tse-tung finora significativa prima impressione condivisa qui da altri diplomatici è quella che veramente trattative furono difficili ed i risultati pur riaffermando una solida politica per ora indiscussa sono limitati e suscettibili ancora di discussioni perché non risolutivi di tutte le difficoltà.

31 1 Del 9 febbraio, con il quale Sforza aveva dato le seguenti istru?ioni: «Prima fissare data firma pregola attendere ulteriori comunicazioni non essendo escluso venga inviata costì personalità italiana per procedere con V.E. firma stessa».

33

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, DEASTIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 1629/13. Varsavia, 15 febbraio 1950, ore 23,30 (perv. ore 7,30 de/16).

Recenti contatti miei personali e Savini estesi da ministro commercio estero a direttore generale accordi e pianificazioni quel Ministero e Ministero degli affari esteri permettono fare punto situazione rapporti economici come segue:

l) processo verbale Ginevra è unanimamente considerato nullo. È stato confermato che situazione politica è mutata; questione delicata riparazioni viene pertanto tenuta in riserva per apporla quando avanzassimo richiesta indennizzo beni italiani nazionalizzati. Ciò equivarrebbe accantonamento due questioni, ritornando a situazione anteriore 3 giugno 1949;

2) viene ripetuta offerta invio delegazione commerciale per applicazione protocollo 23 luglio scorso 1 , ove Governo italiano lo desiderasse, invio esperto finanziario confrontare preliminariamente pretese reciproche e discutere modo di procedere futuro;

3) interesse applicazione protocollo suddetto è tuttora vivo anche per attuale sospensione trattative economiche con la Francia. Sono state però ripetute note richieste garanzie quantitativi e prezzi future forniture polacche carbone ovviamente respinte da parte nostra;

4) polacchi non hanno fino ad ora accennato terza loro richiesta dicembre scorso (vedasi mia lettera 30 dicembre scorso a Notarangeli)2 e cioè nostro impegno rilascio licenze. Semplice impegno del genere esiste in accordo polacco svizzero 25 giugno 1949 per un quarto complessivo importazioni svizzere delle qualità carbone che Polonia può fornire, senza altre garanzie. Accordo attività prevede per altro finanziamento clearing milioni di franchi 7,5 su fornitura anno 1951, 60/80 milioni e credito milioni di franchi 12,5 per finanziamento commesse lungo termine cui ammontare è previsto 50 milioni. Crediti stessi rimborsabili prima metà entro quattro anni, saldo entro cinque3 .

33 1 Vedi serie undicesima, vol. Ill, D. 68.

34

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GALLARATI SCOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO URGENTE 1665/194. Londra, 16febbraio 1950, ore 20,47 (perv. ore 7,30 de/17).

Come preannunciatomi ieri l'altro da Strang sono stato oggi ricevuto da Bevin.

Segretario di Stato voleva sopratutto esprimermi personalmente tutta sua soddisfazione per risultati sua visita Roma1 e pregarmi voler far giungere a S.E. presidente Repubblica, a presidente Consiglio e a V.E. suoi riconoscenti ringraziamenti per le ospitali accoglienze che gli si erano volute riservare nella capitale italiana ed a cui era stato molto sensibile.

Bevin ha subito voluto impostare conversazione su tono elevato c particolarmente cordiale. Ha premesso che non sapeva se avrebbe -pendenti le decisioni delle urne-ancora avuto onore di dirigere politica estera britannica, ma era comunque lieto sia di aver conclusa sua missione governativa sia di poterne riiniziare una seconda fase dopo aver avuto felice occasione constatare con i governanti italiani che vi erano ormai, non solo tutti i presupposti, ma anche le prime fiduciose prove di una sempre più intensa collaborazione tra Italia ed Inghilterra. Tale collaborazione che, con lungimiranza doveva gradualmente estendersi, nel reciproco interesse, in ogni possibile campo, era -a suo avviso -indispensabile alla pace, alla sicurezza ed alla prosperità europea. La gravità dei problemi che l 'Europa doveva affrontare nel corso del presente anno rendevano sempre più necessaria la nostra cooperazione.

Parlando poi in particolare delle sue personali impressioni su situazione italiana ha voluto esprimermi la sua amichevole comprensione per i nostri problemi e la sua sincera stima per I'elevata coscienza con la quale questi venivano affrontati dal presidente De Gasperi.

3 Per la risposta di Zoppi vedi D. 51. 34 1 Vedi DD. 6, 7 e 13.

Circa delicati argomenti su cui ho ieri riferito con mio rapporto segreto 90J2 Bevin -come ovvio -ha voluto soltanto sfiorarli alla fine del colloquio facendo un sorridente accenno al costo elevato ed alla poca sicurezza ed affidamento che davano sempre a tutti gli interessati certi agenti e taluni sistemi. Comunque riteneva che tutto poteva ridursi a qualche episodio qualora naturalmente non si perdessero di vista le giuste vie per arrivare ad una reciproca rcalistica comprensione di cui prima aveva fatto ben chiaro cenno.

Egli era pertanto fiducioso che le ulteriori informazioni che gli erano giunte sul proseguimento di certe nostre altre attività non trovassero più conferma e che si potesse invece proseguire serenamente verso una progressiva armonizzazione anche delle nostre politiche periferiche.

33 2 Non pubblicato.

35

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, CAPOMAZZA

TELESPR. RISERVATO 12/03162/c.1• Roma, 16febbraio 1950.

Riferimento: Telespresso di codesta ambasciata del 19 gennaio u.s. n. 00230/532 e telespressi min.li del l o corr. n. l2/62055/c:.3 e del 29 dicembre u.s. n. 14654 .

Nel telespresso precitato la S.V. ha tra l 'altro riferito, a scopo di controllo, quale sia stata l'interpretazione data dall'ambasciatore Sangroniz a quanto da me detto al ministro Artajo, nel corso delle conversazioni svoltesi durante la sua recente visita a Roma, sulla questione dell'accreditamento di un nostro ambasciatore a Madrid.

Per sua norma di condotta e di linguaggio, le confenno che le mie dichiarazioni ad Artajo non si discostano dal concetto espresso nelle ultime parole del telesprcsso 29 dicembre s.a. n. 1465 diretto all'ambasciatore a Parigi e comunicato alla S.V. col foglio n. 12 del 6 gennaio.

34 2 Non pubblicato.

35 1 Diretto per conoscenza alle ambasciate a Londra, Parigi e Washington. 2 Vedi serie undicesima, vol. III, D. 547. 3 Non rinvenuto. 4 Vedi serie undicesima, vol. III, D. 499.

36

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

R. SEGRETO 1751/926. Washington, 16 febbraio 1950 (perv. il 22).

L'argomento della lettera di V.E. n. 15/324 del l o corrente1 è di tale importanza e coinvolge decisioni così gravi per l'Italia, che ho creduto opportuno usare, in un primo tempo, la massima cautela nel trattarlo col Dipartimento di Stato. Pertanto ho cominciato col far fare qualche sondaggio presso Thompson e Achilles, per esplorare le prime reazioni americane alle nostre idee nonché la natura e i limiti dell'azione che gli Stati Uniti potrebbero svolgere a nostro favore. Ho voluto, nel far ciò, evitare di dare la falsa impressione di una certa precipitazione da parte nostra o, peggio ancora, di un certo «cedimento» rispetto alle posizioni rigidamente mantenute fin qui sugli aspetti territoriali del problema.

Ho l'onore di riferire sui risultati di questi primi sondaggi.

Innanzi tutto, è stato comunicato da parte nostra al Dipartimento di Stato (che ne era stato informato anche dall'ambasciata a Roma) il contenuto del colloquio Guidotti-Ivekovic2 . Indi è stato confermato che il Governo italiano, mentre preferisce lo status quo a qualsiasi soluzione diversa dali 'annessione di entrambe le zone del Territorio Libero, è pronto a fare tutto il possibile per facilitare l'accoglimento di quella soluzione da parte del Governo jugoslavo. È stato ancora una volta rilevato che, in conseguenza di ciò, Io sforzo principale, da parte italiana, non può consistere in concessioni territoriali (le quali, se non fossero contenute in limiti minimi risulterebbero intrinsecamente incompatibili con la soluzione anzidetta) e può invece esplicarsi largamente nel campo dei rapporti generali fra i due paesi, delle intese economiche, delle facilitazioni a favore del traffico attraverso Trieste, della protezione delle minoranze, ecc.

Tutto ciò premesso, si è messo in rilievo che l'ostacolo principale sulla via di un accordo è costituito dali 'incertezza circa le reali intenzioni jugoslave. Il Governo di Belgrado, nei suoi più recenti approcci e, da ultimo, nel colloquio Guidotti-Ivekovic, si è mostrato conciliante nel tono; ma, nella sostanza, non è andato al di là delle solite e inaccettabili idee di una sistemazione territoriale basata, in pratica, sulla spartizione delle due zone. Il Governo italiano, da parte sua, non è disposto ad intraprendere una trattativa su queste basi, che la renderebbero vana, e pertanto è interessato innanzi tutto a conoscere se quello jugoslavo sia effettivamente in grado di accordare la sostanza col tono dei suoi approcci, fonnulando proposte che possano essere accettate come base di discussione.

La reazione del Dipartimento di Stato a queste considerazioni si può riassumere come segue.

2 Vedi serie undiccsima, vol. III. D. 569.

Gli Stati Uniti, quantunque tengano fede alla dichiarazione del 20 marzo 19483 , vedrebbero con molto favore una sistemazione del problema di Trieste, liberamente accettata dall'Italia e dalla Jugoslavia, perché ritengono ch'essa, oltre ad eliminare una situazione anormale, avrebbe effetti di grande portata ai fini del completo distacco della Jugoslavia dal blocco orientale e dell'incorporamento di essa nel sistema occidentale (Thompson ha detto esplicitamente che, mentre oggi, in caso di guerra, la Jugoslavia assumerebbe probabilmente un atteggiamento di neutralità armata, forse domani potrebbe dichiararsi ostile all'U.R.S.S.; ed ha aggiunto che la soluzione della questione di Trieste faciliterebbe certamente siffatta evoluzione).

Gli Stati Uniti pensano inoltre che il momento attuale sia il più favorevole ad una trattativa italo-jugoslava. La Jugoslavia, stretta fra un blocco ostile ed un blocco che ne diffida e che le lesina ogni forma di assistenza, si trova molto a disagio. È difficile prevedere nuove circostanze che, in avvenire, possano più di quelle attuali costringerla a mostrarsi arrendevole. D'altra parte il possesso di fatto della Zona B le consente di operare colà fin da ora trasformazioni tali da alterare irreparabilmente il carattere italiano della regione, il quale oggi costituisce per noi un titolo inoppugnabile.

In merito all'atteggiamento jugoslavo, il Dipartimento di Stato si pone la stessa domanda che ci poniamo noi: se cioè, gli approcci della Jugoslavia, quantunque fatti finora su basi inaccettabili, nascondano, provvisoriamente e a scopi tattici, una reale disposizione a fame altri, su basi accettabili.

A questa domanda, il Dipartimento di Stato non è, per ora, in grado di rispondere. Peraltro Thompson, a titolo personale, ha mostrato di ritenere che un accordo basato sulla annessione del Territorio Libero all'Italia, con rettifiche di frontiera a favore della Jugoslavia, potrebbe da questa essere accettato a condizione che le altre intese, destinate ad accompagnarlo, siano suscettibili d'essere presentate al!' opinione pubblica jugoslava in modo abbastanza spettacolare. Egli ha precisato che l'elemento propagandistico riveste oggi per Tito un 'importanza anche maggiore che in passato perché Tito sta facendo un visibile sforzo per allargare la base psicologica del suo regime. (In questo senso, appunto, il Dipartimento di Stato interpreta le recenti riforme e specialmente quella della legge elettorale).

Naturalmente, è stato fatto presente al Dipartimento di Stato che l'espressione «rettifiche di frontiera» investe il punto fondamentale della questione: infatti, si tratta precisamente di sapere se le «rettifiche di frontiera» sono intese dalla Jugoslavia in senso tale da infirmare il principio dell'annessione di entrambe le zone all'Italia. In proposito il Dipartimento di Stato ha espresso l'avviso che il sistema migliore per evitare di compromettere la questione di principio potrebbe consistere nel prendere per base la linea di demarcazione etnica. (Su questo punto, l'avviso del Dipartimento di Stato coincide dunque con le idee di V.E.).

Queste essendo le opinioni manifestate dal Dipartimento di Stato, si è subito, da parte nostra, accennato all'azione che gli Stati Uniti potrebbero svolgere, per accertare se la Jugoslavia sia disposta a formulare proposte diverse da quelle avanzate finora.

Il Dipartimento di Stato ha promesso che cercherà di raccogliere a Belgrado ogni possibile indicazione su questo punto c che ci comunicherà ogni utile elemento di giudizio. AI tempo stesso, però, ha tenuto a rilevare gli inconvenienti di un'azione, che eventualmente si spingesse al di là di questi limiti.

Finora la pressione degli Stati Uniti sulla Jugoslavia è stata esercitata in modo indiretto, mediante la costante riaffermazione della dichiarazione del 20 marzo 1948. Questa pressione indiretta ha dato i suoi frutti, come si vede dagli approcci jugoslavi. Trasformarla in pressione diretta offrirebbe alla Jugoslavia una gradita occasione per coinvolgere gli Stati Uniti in una discussione, la quale, per il fatto stesso d'essere iniziata, indebolirebbe la posizione adamantina da essi fino ad oggi mantenuta in base alla suddetta dichiarazione. In pratica, se le recenti offerte jugoslave sono state formulate in vista di uno scopo tattico, difficilmente il Governo di Belgrado se ne discosterà nel trattare il problema con la rappresentanza americana. Questa, per contro, si troverebbe fatalmente ingaggiata in una valutazione di merito, che rischierebbe di mettere gli Stati Uniti in una posizione intermedia fra la Jugoslavia e l'Italia.

Thompson, a titolo personale, ha aggiunto che un intervento americano potrebbe difficilmente operarsi senza che il Governo britannico ne fosse informato e si sentisse indotto (oppure fosse chiamato da Belgrado) a dire anch'esso la sua opinione (Questo accenno di Thompson è reso più significativo da informazioni di altra fonte, secondo cui questa ambasciata britannica è stata già resa edotta dal Forcign Office del colloquio Guidotti-Ivekovic e secondo cui anche quest'ambasciata francese ha avuto sentore che vi è qualcosa di nuovo sul problema di Trieste).

Naturalmente, le obiezioni di cui sopra procedono non soltanto da una sincera sollecitudine per gli interessi italiani, ma anche dal desiderio di salvaguardare la posizione «passiva» americana. Pertanto non è certo che possano essere sormontate. Tuttavia avrei potuto fin da ora adoperarmi a controbatterie, insistendo nel chiedere che gli Stati Uniti intervengano a Belgrado in forma più precisa. Non l'ho fàtto, perché in quelle obiezioni ho visto la conferma di due pericoli, già individuati da V. E.: il pericolo di scivolare involontariamente in una «mediazione» americana e il pericolo di coinvolgere in essa la Gran Bretagna e la Francia.

In conclusione, i sondaggi fatti mi danno la sensazione che l'intervento americano non può essere ottenuto se non con qualche difficoltà e che, una volta ottenutolo, ci troveremmo ingaggiati in una trattativa vera e propria, prima di avere la garanzia, cui aspiriamo, che la trattativa medesima sia impostata su basi accettabili e forse prima di avere convenientemente maturato la decisione di risolvere il problema mediante la spartizione della Zona 8 c mediante piccole concessioni nella Zona A (come è indicato nella lettera e sulla carta che V. E. mi ha inviato).

Con ciò non intendo dire che convenga rinunciare all'intervento americano; ma penso, invece, che l'intervento americano, per essere efficace, dovrebbe assumere l'aspetto più concreto possibile. In altri termini, per chiederlo, mi proporrei di andare direttamente da Acheson (che mi aveva spontaneamente parlato di Trieste nel nostro ultimo colloquio, di cui al mio rapporto l 03 73/4870 in data 5 dicembre 1949)4 e di dirgli esplicitamente che qualora la Jugoslavia proponesse di discutere la questione sulla base della linea di demarcazione etnica, l 'Italia accetterebbe questa proposta.

Prima di fare questo passo, ho desiderato esporre a V.E. i risultati dei primi sondaggi, affinché V.E. possa vagliarli e inviarmi le istruzioni del caso.

Mi corre l'obbligo di aggiungere che, a mio avviso, il segreto sulle trattative (od anche soltanto sull'intenzione di trattare) non potrà essere mantenuto a lungo. Già in questi giorni qualche giornalista americano, vicino a questa ambasciata britannica, ha fatto a qualche collega un accenno all'esistenza di contatti diretti italo-jugoslavi5 .

36 1 Vedi D. 9.

36 3 Vedi serie decima, vol. V !l, DD. 468 e 469.

36 4 Non pubblicato.

37

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL CONSOLE A SAIGON, F. VINCENTI MARERI

T. 1256/1. Roma, l?fèbbraio 1950, ore 23.

Prego informare con identica comunicazione ministri degli affari esteri Vietnam Cambogia Laos che Governo italiano ha proceduto oggi 17 febbraio riconoscimento rispettivi Stati indipendenti nel quadro Unione Francese.

Prego assicurare 1•

38

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GALLARATI SCOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO 1712/197. Londra, ll.fèbbraio 1950, ore 20,50 (perv. ore 8 dell8). Mio 156 1 .

Strang mi ha voluto informare che non era ancora possibile comunicarmi alcuna notizia circa questione varie iniziative concernenti eventuale dichiarazione italo-etiopica buona volontà, in quanto erano in corso conversazioni con americani e sondaggi ad Addis Abeba. Mi ha tuttavia confidenzialmente detto che solo quando si fosse raggiunta necessaria stretta intesa tra Londra e Washington sarebbe possibile proseguire verso stessi obiettivi.

Per quanto riguarda le osservazioni contenute in lettera Segreteria generale 3/3642 del 7 febbraio 2 mi onoro ad ogni buon fine far presento quanto segue:

l) progetto britannico emendato allegato mio te l espresso 513/30 l del 26 gennaio u.s.3 (che, date istruzioni comunicatemi, non forma più nemmeno a Londra base eventuali ulteriori negoziati) non menzionava le parole od il concetto di claims o ajfinities di cui avevamo ottenuto soppressione insieme ad espressione «interessi strategici, etnici, ed economici dell'Etiopia in Eritrea». Ma anzi, da una accurata lettura dello stesso, specie nell'ultimo paragrafo proposto, potrà facilmente risultare come il primitivo testo inglese, che era in fondo redatto sulla falsariga del progetto etiopico ginevrino, fosse stato migliorato in tutti i punti essenziali, preparando posizioni paritetiche atte ulteriore ricerca formula compromesso;

2) progetto Londra poteva, da non approfondita lettura dei precedenti, apparire come offerta unilaterale, ma tale dubbio non avrebbe dovuto sussistere dopo affidamenti avuti di cui mio telegramma 122 paragrafo B punto 14 e da inserire parole «appropriate answer» fine secondo paragrafo prima pagina del citato progetto emendato a cui predetti affidamenti si riferivano. Ovviamente concetto bilateralità, in effetti unico punto in sospeso nella sua formulazione materiale, dato anche carattere preparatorio delle conversazioni di Londra, avrebbe potuto essere opportunamente precisato nel corso degli ulteriori sviluppi del negoziato.

36 5 Per la risposta vedi D. 49. 37 1 Di questo telegramma veniva informato Quaroni in pari data (T. 1250/82) con istruzioni di darne comunicazione al Governo francese. 3tl 1 Vedi D. 17. 2 Non rinvenuto.

39

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI

T. SEGRETO 1282/67. Roma, 18febbraio 1950, ore 21.

Mi riferisco suo rapporto n. 1193/618 del 3 febbraio 1 con il quale V.E. ha segnalato che per un complesso di ragioni altri riconoscimenti Governo comunista cinese non (dico non) solleverebbero costà particolari reazioni. D'altra parte anche Governo francese, che, almeno fino al riconoscimento russo regime vietnamita Ho Chi Minh, si proponeva riconoscere entro breve tempo Governo popolare cinese, ha avuto impressione che da parte americana non (dico non) si sarebbero fatte obiezioni.

Ciò premesso la informo anche nostro incaricato d'affari a Nanchino ha telegrafato facendo presente che ulteriore dilazionamento da parte nostra potrebbe condurre a contestazione validità scambio di note del 194 7 con Governo nazionalista2, con il quale vennero regolate conseguenze economiche trattato di pace con atto bilaterale.

Riprendendo comunicazione indirizzata console Mclkai a Pechino in data l o ottobre 19493 con la quale Governo cinese si dichiara pronto allacciare relazioni diplomatiche con qualsiasi Governo disposto osservare principi eguaglianza recipro

4 Vedi serie undicesima, vol. III, D. 573.

2 Vedi serie decima, vol. VI, D. 182 e vol. VII, D. 27.

3 Vedi serie undicesima, vol. III, D. 257.

cità e mutuo rispetto integrità territoriale e sovranità, ci proporremmo far comunicare al Governo cinese che Governo italiano è pronto stabilire relazioni diplomatiche sulla base di questi principi.

Momento sembra tanto più opportuno in quanto ci apprestiamo a riconoscere anche regime Bao Dai cui posizione almeno per ora appare ben più precaria.

Pregola comunicare quanto precede a Dipartimento Stato facendo osservare che non ci siano discostati da linea solidarietà anche quando essa è venuta a mancare con riconoscimento britannico. Se ora siamo indotti riconsiderare questione lo è perché pensiamo che ulteriore dilazione può rappresentare reali inconvenienti per noi, senza però vantaggi per alcuno.

Apprezzeremmo moltissimo che Dipartimento Stato, rendendosi conto tale nostro punto di vista, si dichiarasse d'accordo. Pregola telegrafare4 .

38 3 Non pubblicato.

39 1 Vedi D. 15.

40

L'AMBASCIATORE AD ATENE, ALESSANDRINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 1742/14. Atene, 18febbraio 1950, ore 17,10 (perv. ore 19,30).

Voci correnti e apprensione manifestatesi in questi ambienti interessati circa intendimenti americani in merito impianti idroelettrici, segnalati col telespresso O12 e con telegramma in data 14 corr. 1 , hanno avuto piena conferma in pesante ed imperativo intervento dirigenti americani E.C.A. presso questo Governo. Dirigenti precitati hanno infatti obbligato questo Governo ad accettare principio totale subordinazione intera materia a giudizio tecnici E.C.A. e attribuzione a queste ultime autorità esclusiva direzione effettiva per formulazioni progetti ed esecuzione lavori. Governo greco ha dovuto accettare imposizione, sia pure con estrema riluttanza e malgrado avviso suoi tecnici, contrari imposizione piano Ebascia e favorevoli ad assegnazione completa e senza limitazioni impianti Vodas e Ladcoo ad industria italiana. Signor Iverson, membro questa E.C.A. e principale sostenitore principio esclusiva assunzione lavori e conseguente gestione americana impianti idroelettrici e termoelettrici, parte per Washington con forzato consenso greco per ottenere approvazione suo Governo.

Ho subito intrattenuto Pipinelis della questione facendogli con massima chiarezza presente come decisione sia contraria accordo collaborazione italo-greca e come essa ne pregiudichi seriamente applicazione. Egli ha ammesso con molto imbarazzo imposizione americana dicendomi essere stato impossibile per Governo greco

40 1 Telespr. 012 dellO febbraio e T. 1578/13 dcll4 febbraio, non pubblicati.

rifiutare offerta americana finanziamento integrale elettrificazione paese previsto in 200 milioni di dollari. Ha aggiunto che Governo greco ha espresso riserve per osservanza clausole accordo itala-greco chiedendo americani sia fatta «debita parte» alla collaborazione italiana nella esecuzione lavori. Gli ho fatto notare come spirito, oltre che lettera, accordi ne venga profondamente turbato poiché collaborazione italiana, tanto importante anche per rapporti politici fra i due paesi, viene così ridotta a semplici e frammentarie forniture. Pipinelis ha tacitamente convenuto ma ha espresso speranza che «attraverso incontri diretti fra tecnici americani ed italiani» possa essere riservato all'Italia, così come Governo greco si augura, una parte la più larga possibile nei lavori in questione. Ha concluso dicendo che comunque decisione non è definitiva mancando ancora assenso Governo americano.

Ho detto a Pipinelis che avrei riferito VE. e che gli avrei comunicato decisioni in proposito Governo italiano2• Invio per corriere rapporto circostanziato3 .

39 4 Per la risposta vedi D. 42.

41

IL MINISTRO A L'AJA, CARISSIMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 1768/10. L 'Aja, 20fèbbraio 1950, ore 13,40 (perv. ore /6).

Telegramma di VE. n. 1235/c. 1•

Ministro Stikker che ho veduto stamane mi ha detto di aver a Parigi informato Cattani circa risultato sua visita a Londra. Mi ha aggiunto aver ricevuto sabato da Londra preannunziata comunicazione scritta del Governo inglese circa eventuale accordo generale, che viene oggi telegrafato da questo Ministero degli affari esteri soltanto a rappresentanze Olanda nei paesi Finebel per essere portata a conoscenza rispettivi Governi e chiedere loro avviso. Stikker si è trovato a Parigi d'accordo ministro Schneiter nel riconoscere opportunità (per aver tempo studiare proposta inglese) rimandare decisioni relative Finebel verso metà marzo ma prima della riunione del Comitato consultivo O.E.C.E. Stikker ha poi accennato suo desiderio recarsi a Roma ma non sa ancora quando potrà realizzarlo.

T. 1634/107 del 16 febbraio con il quale Cattani aveva fornito informazioni sulla posizione inglese circa il Finebel.

40 2 Per la risposta vedi D. 44. 3 Non pubblicato. 41 1 Del 17 febbraio, ritrasmetteva a Londra, Washington, Bruxelles, L' Aja e Lussemburgo il

42

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO 1798/149. Washington, 20 febbraio 1950, ore 21,09 (perv. ore 8 de/21).

Dipartimento Stato, cui sono state fatte comunicazioni di cui a telegramma V.E. 67 1 , ha mostrato comprensione per decisione italiana e, in particolare, ha rilevato che, dopo rottura fronte comune potenze occidentali, è giusto che ciascuno Stato si lasci aiutare in questa questione da sue particolari esigenze.

In questo spirito, Dipartimento Stato ha mostrato dubitare che riconoscimento nuovo regime valga a salvaguardare nostri interessi economici cd ha citato scoraggianti esperienze Gran Bretagna, India ed altri paesi.

Governo americano mantiene atteggiamento già da mc segnalato. Inoltre Dipartimento Stato appare alquanto preoccupato situazione Indocina perché da un Iato ritiene che riconoscimento Ho Chi Minh da parte U.R.S.S. preannunzi prossimo sforzo espansionista comunismo Estremo Oriente e d'altra parte dubita efficacia reazione militare francese.

43

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, R. PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

R. 363. Ankara, 20febbraio 1950 (perv. il 23). Telegramma di V. E. n. l l del 15 corrente1•

Non mi pare dubbio che la sede migliore e più naturale per la firma dell'accordo italo-turco sia Roma. E sono lieto che Sadak si sia deciso in questo senso, che è il nostro.

Trasmetto in altra parte di questo corriere i testi collazionati, sia del trattato di amicizia, sia delle note (da firmare alla stessa data) relative all'impegno di negoziare successivamente un accordo culturale.

Sadak lascerà la Turchia in occasione della prossima riunione del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa, che avrà luogo, come è noto, a Parigi, nella seconda quindicina del prossimo marzo. Sarà a Roma due o tre giorni prima e proseguirà subito dopo per la Francia.

Questo Ministero sarebbe molto grato se potesse avere in tempo utile, sia il testo del comunicato da diramare congiuntamente alla stampa, sia il testo del discorso che V.E. riterrà di dover pronunziare all'atto della firma e a cui ministro Sadak risponderà (quest'ultimo testo ci sarà consegnato tempestivamente a Roma).

Dissi già a V.E. che il Governo turco si propone di dare marcato rilievo alla finna del trattato; spera naturalmente che anche da parte nostra si vorrà fare altrettanto.

L'accordo sarà da parte turca certamente inquadrato nella cornice dell'amicizia mediterranea e interpretato come tappa per raggiungere, sempre più concretamente, quell'obbiettivo.

Accompagneranno il ministro il suo capo di Gabinetto, e, per l'occasione, il direttore generale del Dipartimento interessato; probabilmente anche la signora Sadak. Darò più precise informazioni in proposito fra qualche giorno.

42 1 Vedi D. 39. 43 1 Vedi D. 31.

44

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE AD ATENE, ALESSANDRINI

T. 1373/13. Roma, 22febhraio 1950, ore 22.

Suo telespresso urgente 317/015 1 e precedenti telegrammi 2•

Siamo intervenuti immediatamente a Washington e presso E.C.A. e ambasciata americana Roma sottolineando che imposizione Ebasco, ove mantenuta, costituirebbe pratico siluramcnto accordo collaborazione economica itala-greca e ci obbligherebbe rivedere intera posizione in quanto anche accordo riparazioni così come è congegnato non (dico non) potrebbe più applicarsi. Sia E.C.A. che ambasciata americana Roma, sono a loro volta energicamente intervenute Washington. Attendiamo risposta. Dica intanto a codesto Governo che suo cedimento ci è parso affrettato c ha indubbiamente reso più precarie nostre possibilità azione. Ci saremmo aspettati che, prima di cedere, si fosse consultato con noi c avesse esso stesso interessato Washington oltre che Roma per concorde azione difesa accordi stipulati3 .

2 Vedi D. 40.

3 Per la risposta vedi D. 47.

44 1 Non rinvenuto.

45

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO

TELESPR. SEGRETO 03748/c. 1 . Roma, 23fehhraio 1950.

Rifèrimento: Rapporto di VE. n. I 88/94 del 23 gennaio2 . In relazione a quanto l'E.V ha riferito con il rapporto suindicato, sentito il Ministero del tesoro:

l) si lascia a VE. di giudicare quando, sempre dopo sollecitazioni da parte russa, sarà giunto il momento più opportuno per iniziare le trattative, tenendo presente che da parte nostra non abbiamo alcun interesse ad affrettarne l'inizio.

2) Si concorda circa l'opportunità che i l primo argomento da definire possa apparire la lista dei beni da cedere al Governo russo, ma si ritiene che su tale argomento VE. abbia una certa possibilità di manovra nel senso che la inclusione o meno di dati beni perderà molto del suo interesse per la parte russa, qualora una possibilità di intesa sul secondo argomento, quello del valore, si profilasse.

Inizialmente le trattative dovranno fermarsi proprio sul primo argomento, trattando non già per singoli beni, ma per blocchi di beni, a seconda della situazione giuridica delle relative questioni, come risulta distinta nel nostro promemoria.

3) Si concorda altresì circa l'opportunità, qualora la questione dell'oggetto del trasferimento fosse risolta, di lasciare ai sovietici di fare un'offerta, a meno che detta offerta non fosse fatta ah initio o nel corso stesso delle discussioni ed essa fosse tale da consentire di spostare la discussione sul suo ammontare, anziché sull'inclusione o l 'esclusione di date categorie di beni o di singoli beni.

4) Se i sovietici si decidessero ad una offerta, l'E.V. vorrà riferire in modo che, consultato il Tesoro, ella possa essere autorizzata e fare un'eventuale controfferta, tenendo presente che gli clementi già forniti a codesta ambasciata con l'invio del promemoria della delegazione che trattò l'accordo del!' Il dicembre 19483 c con le relazioni riservate dei tre delegati italiani nelle capitali balcaniche. non hanno che un valore indicativo nel senso interpretato da VE. (n. 4 del rapporto in riferimento).

5) Per quanto riguarda le questioni giuridiche che potrebbero sorgere in caso di mancato accordo, questo Ministero ritiene che, almeno per il momento, esse siano di scarso interesse per noi, essendo nostro proposito, qualora un accordo non fosse raggiunto, fermarci sulle conclusioni del promemoria da V.E. rimesso il 14 gennaio2 , lasciando al Governo russo ogni iniziativa in proposito tanto più che, come risulta a

2 Non pubblicato.

1 Vedi serie undiccsima, vol. I, DD. 599.722. 725. Il testo dell'accordo è edito in· ~ 1 !'\ISIERO Di,GLI Al FARI F'iTFRI, Trattati e collvell:::ionifi·a l 'Italia e gli altri Stati, vol. LXVI L Roma, Istituto :uligratìco dello Stato, 1974, pp. 479-4X7.

codesta ambasciata, abbiamo comunicato agli ambasciatori di America, di Gran Bretagna e di Francia, l'accordo di Mosca, il promemoria ed i verbali di chiusura dci lavori delle tre Commissioni miste.

Nel corso delle trattative l'E.V, potrà valersi tanto dell'art. 74 del trattato di pace, quanto dell'accordo di Mosca che l'ha integrato, secondo le necessità contingenti delle discussioni.

45 1 Inviato per conoscenza al Ministero del tesoro, alle direzioni generali degli Affari politici cd Economici e al Contenzioso diplomatico.

46

IL MINISTRO A LUSSEMBURGO, RAINALDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 1980/11. Lussemburgo, 25febhraio 1950, ore 17,10 (perv. ore 19).

Telegramma di VE. n. 1235/c. 1•

Recente lettera Stikker indirizzata questo Ministero degli affari esteri conferma sir Stafford Cripps non (dico non) contrario firma Finebel preceda riunione dei Diciotto. Descrive atteggiamento americano quale prospettato in telespresso di VE.

n. 02532 in data 20 febbraio 2 . Bech pennane incline attendere riunione O.E.C.E. 4 aprile cui interverrà. Trova sino ad ora discreto atteggiamento delegati tedeschi

O.E.C.E. ma rispecchia diffidenza belgi ed olandesi circa eventuale partecipazione Repubblica federale al Finebcl.

47

L'AMBASCIATORE AD ATENE, ALESSANDRINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 1989117. Atene, 25jèbbraio 1950, ore 19,30 (perv. ore 22).

Mi riferisco al telegramma dell'E.V 13 del22 corrente1 .

Ministro degli affari esteri, cui ho fatto comunicazione di cui al telegramma precitato attirando nuovamente e nel modo più serio sua attenzione su conseguenze imposizione americana, mi ha detto Governo greco «continuerà insistere affinché accordo italo-greco non sia sostanzialmente pregiudicato».

2 Non pubblicato. 47 1 Vedi D. 44.

Pipinelis ammette che cedimento greco, sia pure di massima, è stato affrettato e conviene nella nostra osservazione che tempestive segnalazioni di questo Governo e previe consultazioni fra Roma e Atene sarebbero state utili. Egli mi ha pregato tuttavia informare personalmente V.E. che intervento americani, benché vagamente temuto da tempo, è stato improvviso e che loro imposizione ha preceduto solo di poche ore comunicazioni da lui fattemi.

Ha concluso dicendo confidare nella comprensione del Governo italiano affinché si renda conto della situazione difficile in cui Governo greco è venuto a trovarsi ed affinché faccia quanto possibile per salvare accordo italo-greco cui importanza non è solamente economica ma anche politica.

Signor Paolo Porrereda, capo missione E.C.A. in Grecia, parte oggi in aereo diretto Washington per discutere questione con Governo americano.

46 1 Vedi D. 41, nota l.

48

L'INCARICATO D'AFFARI A BELGRADO, T ASSONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 2091-2092/42-43. Belgrado, 28febbraio 1950, ore 20,32 (perv. ore 11 del 1° marzo).

A parte trasmetto dichiarazione Kardelj su questione Trieste 1 .

Ministro degli affari esteri dimostra credere a rinnovate cupidigie italiane in materia ed irritarsi per nostra deplorazione politica jugoslava Zona B. Discorso Orlando è definito «provocatorio» e vescovo Santini «attivista» asserita campagna intenderebbe annullare trattato di pace.

Kardelj insiste nel contempo su persecuzioni, snazionalizzazioni, uccisioni contro minoranza slovena Italia mentre «minoranza italiana» Zona B e Jugoslavia godrebbe massima libertà. Di particolare peso sembra affermazione secondo cui Jugoslavia non ammetterà che l'Italia abbia altre popolazioni ad essa non (dico non) assegnate da trattato. In discorso Maribor questo ministro degli affari esteri ammette che blocco conformista ha parzialmente danneggiato piano quinquennale ed annunzia suo prolungamento per alcuni settori fino al sesto anno. Egli esclude possibilità partecipazione opposizione ad elezioni. Unica opposizione ammessa è «autocritica» popolare. Non si può permettere a «contro rivoluzione mascherarsi da opposizione. Mai si fanno simili passi all'indietro».

Kardelj protesta per speculazione occidentale e condizioni poste da Occidente a Jugoslavia. Qui si inseriscono suddette dichiarazioni su Trieste.

Trasmetto brani discorso Kardelj riguardante Trieste: «Nella serie questa campagna antijugoslava alcuni ambienti più reazionari Occidente ... dobbiamo comprendere anche recenti attacchi antijugoslavi di alcuni ambienti sciovinisti e imperialisti

4R 1 La seconda parte del presente documento.

italiani sulla questione Trieste. Evidentemente questi ambienti credono sia giunta loro ora tendere mano sul Territorio Libero Trieste. Così ad esempio noto irrcdentista e trombettiere imperialismo italiano Orlando recentemente ha pronunciato Parlamento romano un discorso sciovinista nel quale è contro snazionalizzazione popolazione italiana, trasferimenti, persecuzioni ecc. Ha naturalmente concluso con richiesta annettere Italia Territorio Trieste. Questo discorso provocatorio in difesa aspirazioni imperialiste italiane, è stato naturalmente accolto con entusiaste approvazioni Parlamento e in particolare sua parte cominformista».

Segue brano riguardante recente risoluzione Consiglio comunale Trieste, affermazioni vescovo Trieste, atteggiamento stampa italiana: riproduco testo integrale conclusione discorso: «l) tutto chiasso sulle cosi dette persecuzioni popolazione italiana Zona B è grave calunnia per nascondere fatto che sciovinisti italiani cercano impadronirsi Territorio slovcno croato Zona B. Al contrario verità è che minoranza slovena Italia è effettivamente perseguitata snazionalizzata, che chiudonsi scuole siavene, che si perseguita stampa slovena, che si perseguitano e pertìno uccidono membri minoranza slovena come era caso Andreja Juc della Slovenia veneta. Invece minoranza italiana non soltanto Zona B ma anche Jugoslavia ha propri giornali, scuole, organizzazioni culturali, ccc. 2) Nel 1946 abbiamo dovuto per pace generale accettare trattato pace che ha strappato a Jugoslavia attuale Territorio Libero Trieste. Ma oggi non possiamo permettere che nuove parti nostra popolazione siano date all'Italia. Questo deve essere chiaro a tutti coloro che oggi organizzano campagna antijugoslava allo scopo mascherare propri desideri imperialistici»='.

49

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIAN!

L. SEGRETA ]5/351. Roma. 28fchhmio 1950.

La sua lettera n. 17511926 del 16 febbraio u.s. 1 mi è giunta mentre con Martino facevamo qui il punto nella questione di Trieste.

Dalla mia lettera n. 15/3242 e dalle successive comunicazioni circa i tennini in cui mi sono espresso con il signor Bevin appare chiaro che <d'apertura» di questo ministro di Jugoslavia era stata lasciata cadere perché dal discorso di lvekovic si capiva che eravamo ancora ben lontani dalla maturazione di un'offerta jugoslava che potesse costituire una base per una trattativa diretta. Tuttavia, da una parte le ammissioni sia pure gene

4X 2 Nel discorso pronunciato al Senato il l o marzo De (ìaspcri an·va già reagito vivacemente alle dichiarazioni di Kardelj definendole, se uflìcialmcnte confermate, assolutamente inaccettabili. Vedi Atti parlamentari, Senato della Rcpuhh/ica, !lismssiri/li, l'l4R-19:'i(L \ol. Xl, ~cduta pomeridiana del l' mauo 1950, pp. 1403R-14055.

' Vedi D. 9.

riche dello stesso Ivekovic sulla situazione etnica nella Zona B e, dall'altra, le impressioni del signor Cavendish Cannon circa la possibilità di far accettare dagli jugoslavi fra qualche tempo un accordo sulla base del ritorno all'Italia di tutto il Territorio Libero salvo «alcune lievi rettifiche di frontiera» mi fecero ritenere utile di dare a VE., a titolo personale e riservato, alcune indicazioni che la ponessero in grado di approfondire le conversazioni tanto al Dipartimento di Stato che con il signor Cavendish Cannon.

Il ministro a Belgrado è venuto in questi giorni a riferirmi che da conversazioni avute con Kardelj e con Mates ha tratto la netta impressione che il Governo jugoslavo, persistendo nell'idea che Trieste rappresenti per la Jugoslavia una grande «rinunzia», esclude nella maniera più categorica di entrare in discussioni su cessioni anche minime nella Zona attualmente occupata dalla VUJA e che il massimo ottenibile, nelle attuali circostanze, come base di una trattativa diretta sarebbe lo statu quo quale risulta dall'attuale suddivisione del T.L.T. in Zone A e B.

Poiché non è supponibile che tanto divario, non dico di proposte (come le scrissi, Ivekovic non ne fece di concrete), ma di tono fra Kardelj e il suo ministro sia casuale, vien fatto di pensare e chiedersi se gli jugoslavi-con le loro dichiarazioni, pubbliche e private, di voler trattative dirette con l 'Italia e con le «indiscrezioni» che con troppa frequenza si registrano nelle corrispondenze da Belgrado a giornali nord-americani su «tentativi» esperiti in materia -non stiano manovrando per far apparire una loro remissività agli altrui consigli, per far dirigere questi su di noi c cercare di tradurli in pressioni ed infine per indurci ad uscire dalle posizioni della dichiarazione tripartita del 20 marzo 19483 su un terreno inconsistente ed infido.

Come che sia, il comportamento jugoslavo continua ad essere sostanzialmente negativo e non rispecchia affatto il momento favorevole di cui si parla costì. Concordo pertanto con VE. sull'opportunità per il momento di non spingere più oltre i sondaggi al Dipartimento di Stato, cui ella si limiterà a far sapere che quanto ha riferito Martino consiglia, a nostro avviso, di segnare il passo in attesa che gli jugoslavi maturino iniziative che offrano serie prospettive per una trattativa diretta.

49 1 Vedi D. 36.

50

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, MELI LUPI DI SORAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 224/128. Roma, 1° marzo 1950 (perv. il 2).

Rifèrimento: telcspresso ministeriale n. 16/02273/c. del 3 febbraio u.s. 1• Mi riferisco all'alinea 3°, pag. 3, della copia del rapporto da Francoforte 17 gennaio 1950 del ministro Babuscio Rizzo2 .

2 Vedi serie undiccsima, vol. lll, D. 539.

Mons. Montini, col quale ho toccato dell'eventuale venuta del signor Adenauer a Roma, mi ha detto che a tutt'oggi la Segreteria di Stato non ha avuto nessuna comunicazione né ufficiale né ufficiosa in proposito; solo voci ed espressioni di desiderio. Si comprende che il signor Adenauer, nel caso di un suo viaggio, per molte ragioni vorrà mantenere la sua visita nei limiti di un viaggio di devozione, come pellegrino del Giubileo: la Santa Sede sarà dunque particolarmente grata al nostro Governo per quanto esso disporrà, secondo il caso, affinché l'uomo di Stato tedesco non sia trattenuto dal timore di interpretazioni errate agli scopi religiosi per cui si moverebbe.

Il tatto cortese e la giusta misura nei contatti e nelle accoglienze ai visitatori di riguardo del Vaticano, di cui fece prova, dall'inizio del Giubileo, cd anche prima, il Governo italiano, danno la certezza che anche il signor Adenaucr potrà, se lo crederà opportuno, compire il suo pellegrinaggio, ricevendo dal Governo italiano e dai suoi esponenti quelle attenzioni che potranno rcndergli più proficua e gradita la visita, senza toglierle il suo carattere prevalentemente religioso.

49 3 Vedi serie decima, vol. VII, DD. 468 e 469.

50 1 Ritrasmetteva il documento di cui alla nota seguente.

51

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ZOPPI, ALL'AMBASCIATORE A V ARSA VIA, DE ASTIS

T. 1543114. Roma, 2 marzo 1950, ore 13.

Suo 13 1•

Governo italiano constata con disappunto come da parte polacca venga mantenuta posizione intransigente che non sembra atta facilitare soluzione equa per due paesi. Allo scopo tuttavia evitare una rottura che sarebbe pregiudizicvole sia per prospettate trattative finanziarie che per sorte accordo forniture tricnnali, VE. è pregata comunicare codeste autorità che siamo pronti ricevere a Roma esperti finanziari polacchi.

Possibilità ricevere delegazione commerciale polacca per applicazione accordo tricnnale dipenderà da andamento lavoro esperti finanziari e da eventuali intese che potrebbero scaturirne.

V.E. è pregata far presente codesto Governo che trattasi di un'ulteriore prova di

nostra buona volontà. Pregasi tclegrafare2 .

51 1 Vedi D. 33. 2 Con T. 2290/18 del 5 marzo De Astis comunicava di aver eseguito le istruzioni c di aver riportato l'impressione che il Ministero degli esteri polacco avrebbe appoggiato la nostra proposta.

52

L'ADDETTO ALL'UFFICIO A HONG KONG DELL'AMBASCIATA IN CINA, ROS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 71/33. Hong Kong, 2 marzo 1950 (perv. il JO).

In una breve cerimonia il Generalissimo ha annunziato ieri il suo ritorno alla Presidenza del Governo nazionale cinese, aprendo così quello che potrebbe essere il capitolo finale della storia del Kuomintang. La pretesa o la finzione che il Governo in Formosa sia il Governo della Cina va ogni giorno di più perdendo terreno con il susseguirsi dei riconoscimenti del Governo di Pechino da parte di un numero sempre crescente di Stati.

Il facente funzione di presidente Li Tsung-jen, tuttora negli Stati Uniti, ha cercato di infirmare la validità della ripresa della Presidenza da parte del Generalissimo, ma senza successo. Ci vuole ben altro che argomenti giuridici per rimuovere Chiang Kai-shek da un potere che egli aveva nominalmente abbandonato a favore di Li. A Li Tsung-jen inoltre è venuto a mancare l'appoggio del fido Acate Pai Chung-hsi, gli scrupoli del quale il Generalissimo ha abilmente messo a tacere con l'offerta di una delle più importanti cariche militari. Del resto Pai Chung-hsi poteva fare ben poco a favore di Li, non disponendo più di proprie armate.

Non sembra però che Li Tsung-jen si sia rassegnato così facilmente ad essere messo da parte. Negli ambienti solitamente bene informati si parla della possibilità di un suo ritorno ad Hainan per ivi costituire, con o senza il crisma di Washington, un terzo Governo cinese. Quanto ciò possa corrispondere a verità non è dato per il momento di sapere.

Nella cerimonia della riassunzione della Presidenza, il Generalissimo ha promesso un ritorno offensivo del Kuomintang sulla terraferma. Egli ha accennato ai successi finora riportati dall'aviazione nazionalista che sta quotidianamente martellando ogni possibile base comunista per l'invasione nonché le principali città.

Al riguardo è da osservare che effettivamente l'azione aerea nazionalista di queste ultime settimane si è manifestata insolitamente efficace e coordinata al punto che la stampa comunista è giunta ad accusare Mac Arthur di aver permesso ai nazionalisti l'ingaggio di piloti giapponesi. A Canton i bombardamenti hanno provocato l'esodo della popolazione ed il trasferimento altrove di una parte degli uffici governativi. Il tratto cinese della ferrovia Kowloon-Canton è continuamente sottoposto a bombardamenti e mitragliamenti che hanno considerevolmente ridotto il traffico da e per questa colonia britannica. Il blocco di Shanghai è stato reso più efficace grazie alla cooperazione aereo-navale. Ma i critici militari non si lasciano abbagliare dall'insolita attività aerea nazionalista al punto di modificare la poco lusinghiera opinione che hanno sempre avuto delle forze armate nazionaliste. I successi aerei nazionalisti sono unicamente dovuti alla assoluta mancanza di opposizione da parte dei rossi. Il recente facile sbarco dei comunisti sull'isola di Namoa, vicino Swatow, a sole ventiquattro ore di distanza dalla strombazzata visita di «incitamento e conforto» della signora Chiang Kai-shek, costituisce ancora una volta la prova che le forze nazionaliste mancano di spirito combattivo.

Non solo i critici militari escludono ogni possibilità di un ritorno offensivo dei nazionalisti (oggi specialmente che Mao si trova a braccetto con Stalin) ma dubitano persino della possibilità dei nazionalisti di conservare l'isola di Formosa di fronte al primo deciso tentativo d'invasione.

53

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI

T. SEGRETO 1583/83. Roma, 3 marzo 1950, ore 15,45.

Facendo seguito al telegramma del 23 febbraio n. 72 1 informasi che questioni relative ali' art. 78 del trattato di pace hanno formato oggetto di una nuova nota, datata 20 febbraio, franco-anglo-americana nella quale è rinnovata la richiesta affinché vengano iniziate trattative con Governi inglese, francese e americano immediatamente e contemporaneamente.

Si prega V.E. in relazione ad analoghe premure che sono state fatte in data odierna nuovamente a questa ambasciata d'America nello stesso senso, di voler agire conformemente a quanto detto nel precedente telegramma n. 72.

L'E.V. è pregata di chiedere a codesto Governo che ci sia consentito di trattare liberamente e separatamente con ogni Governo interessato tali questioni, e di confermare le assicurazioni che qui vengono ripetute circa il rispetto per i diritti dei cittadini americani sanciti oltreché da detto articolo del trattato di pace anche dagli accordi Lombardo. L'E.V. è pregata di telegrafare con ogni urgenza una risposta, poiché desideriamo se è possibile evitare di fare trattative congiunte che potrebbero pregiudicare nostri importanti interessi e di cui codesto Governo non avrebbe la necessità, a meno che non fosse legato da particolari accordi.

Qualora non fosse possibile evitare discussioni congiunte gradiremmo che venissero inviate istruzioni a questa ambasciata degli Stati Uniti di mantenerle sul piano della procedura ed entro i limiti delle assicurazioni date in precedenza2 .

2 Per la risposta vedi D. 54.

53 1 Non pubblicato.

54

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO 2273/192. Washington, 4 marzo 1950, ore 13,35 (perv. ore 24).

Suo telegramma n. 83 1•

Già compiuti passi scorsa settimana rappresentando nostro desiderio e opportunità trattative separate per articolo 78. Ho ribadito nostra richiesta in colloquio odierno. Dipartimento ha al riguardo lasciato intendere che a codesta ambasciata americana era stata attribuita una notevole latitudine di azione e decisione in materia tanto che Dipartimento stesso ha confidenzialmente dichiarato di non avere neppure ricevuta nostra nota 9 febbraio di cui al telespresso di V.E. 02978/c. del 13 febbraio2 . Comunque tendenza finora prevalente era stata per azione congiunta con francesi e inglesi. Séguito nuovo passo odierno, Dipartimento riservatosi comunicarci sue reazioni in proposito.

55

IL MINISTRO A PRAGA, VANNI D'ARCHIRAFI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 2472/14. Praga, 9 marzo 1950, part. ore 0,10 dellO (perv. ore 7,30).

Ripresa campagna contro Chiesa cattolica (mio te l espresso urgente OIl del 2 corrente)1 ultimi giorni caratterizzata da più acuta tensione tra Governo e Internunziatura apostolica che sembra toccare limiti rottura.

Già fine febbraio, in riunione del comitato centrale partito comunista, stesso presidente Gottwald, accennando asserito miracolo Chiesa villaggio Cihost (dove sarebbe stato visto Crocifisso inclinarsi verso Occidente), ha accusato clero aver organizzato mistificazione per sobillare popolazioni contro regime e alluso apertamente ad incaricato d'affari nunziatura monsignor De Liva rilevando sua visita privata in detta Chiesa.

A conferenza stampa su inchiesta autorità circa miracolo, Ministero interno ha reiterato con dettagli accuse contro il Vaticano e suo rappresentante in Praga.

Stampa ha quindi attaccato all'unisono De Liva accusandolo fra l'altro abusare immunità diplomatiche per sobillare vescovi contro sacerdoti patrioti. Accenna anche prossima fine sua missione.

2 1\on pubblicato. 55 1 Non pubblicato.

Intanto Ministero affari esteri rifiutasi da oltre quindici giorni restituire passaporto mons. De Liva anche in considerazione decano Corpo diplomatico (ambasciatore inglese) che fino ad oggi non ha agito.

Continua rinnovata persecuzione clero: numero ecclesiastici arrestati, di cui sessanta recentemente, salito circa trecento.

54 1 Vedi D. 53.

56

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

R. SEGRETO 2589/1364. Washington, 9 marzo 1950 (perv. i/14).

Ho fatto fare a Thompson c ad Achilles le comunicazioni di cui alla lettera di VE. n. 15/351 del 28 febbraio u.s. 1•

Quantunque, nelle passate settimane, avessi evitato accuratamente di tàrc sorgere nel Dipartimento di Stato la speranza di un favorevole sviluppo della situazione, vi è stata, tanto da parte di Thompson quanto da parte di Achilles, una certa delusione. Naturalmente, né l'uno né l'altro ha discusso la legittimità della decisione italiana di non promuovere ulteriori contatti né ha posto in dubbio che l 'atteggiamento degli Stati Uniti nella questione rimanga immutato; ma entrambi hanno manifestato ancora una volta l'opinione che il momento sia favorevole per una trattativa c che le manifestazioni jugoslave d'intransigenza siano ispirate da scopi tattici.

Da parte nostra si è riassunta la situazione nei seguenti termini.

Il Governo italiano, in pratica, ha fatto chiaramente intendere a quello jugoslavo quale sia la sola base possibile di discussione del problema di Trieste: annessione di entrambe le Zone ali 'Italia, con lievi rettifiche di frontiera a favore della Jugoslavia lungo la linea di demarcazione etnica e, sopratutto, con l'aggiunta di altri accordi, di carattere non territoriale, tali da porre i rapporti fra i due paesi su una base di sincera c fruttuosa collaborazione.

Il Governo italiano aveva dubitato fin dal principio che da parte jugoslava vi fosse una reale disposizione a trattare su questa base. Infatti i passi jugoslavi, quantunque fatti con tono conciliante, avevano avuto un carattere niente affatto impegnativo (quasi fossero un'iniziativa personale del ministro jugoslavo a Roma) c, per di più, avevano riccheggiato a più riprese le idee su cui era basato il noto progetto Tito-Togliatti2 .

L'ulteriore sviluppo della questione ha comprovato la fondatezza del nostro dubbio. Infatti gli jugoslavi, non solo in manifestazioni pubbliche ma anche in dichiarazioni al nostro ministro a Belgrado, hanno praticamente riafferrnato la loro precedente posizione. Pertanto, ogni ulteriore passo da parte italiana sarebbe, oltre che ingiustificato, pericoloso.

è Vedi serie decima, vol. IV, DD. 47X e 480.

Ciò premesso, lo scambio di idee col Dipartimento di Stato è continuato. Si è, fra l'altro, discusso sui motivi che potrebbero avere indotto la Jugoslavia a sollevare la questione in modo così insistente e preciso, tanto con gli Stati Uniti quanto con l'Italia. È credibile, si è domandato, che la Jugoslavia si aspettasse di riuscire a risolvere il problema conformemente alle sue vedute? Il Dipartimento di Stato è incline a credere di no e appunto per questo mostra di ritenere che l'intransigenza di Belgrado non debba esser presa troppo sul serio. Da parte nostra si è osservato che la Jugoslavia può essersi proposta due scopi: in primo luogo, indebolire la dichiarazione del 20 marzo 19483; in secondo luogo, crearsi un alibi per continuare a fare il comodo suo nella Zona B.

Sul primo punto, il Dipartimento di Stato ha spontaneamente constatato che lo scopo non è stato raggiunto. Inoltre ha ricordato di essere stato sempre riluttante a fare pressioni dirette sulla Jugoslavia in vista di un accordo, proprio perché siffatte pressioni avrebbero indebolito la dichiarazione del 20 marzo 1948.

Il secondo punto è particolarmente importante perché lo stesso Dipartimento di Stato ha accennato all'esistenza di taluni sintomi, secondo cui la Jugoslavia si accingerebbe a prendere qualche altra «iniziativa>> nella Zona B. Poiché, dal punto di vista economico, poco o nulla le resta da fare per arrivare all'annessione, questa volta potrebbe trattarsi di un provvedimento politico (Thompson ha accennato fra l'altro alla possibilità di sfruttare le elezioni amministrative nella Zona B).

Ciò ha offerto lo spunto per passare, dalla questione di Trieste, presa in sé, a quella dei rapporti fra la Jugoslavia c l 'Occidente.

Il problema di Trieste, si è detto da parte nostra, non può essere risolto amichevolmente se non nel quadro di quella intesa più generale fra i due paesi interessati, alla quale l'Italia ha costantemente aspirato. Evidentemente, nuove iniziative jugoslave nella Zona B comprometterebbero la possibilità d'intendersi, non solo per ragioni locali (in quanto altererebbero lo status qua), ma anche perché dimostrerebbero che la Jugoslavia, oltre ad essere intransigente sugli aspetti territoriali del problema, è ancora lontana dal desiderare la collaborazione con l'Italia. In altri termini, si è concluso, torna utile constatare ancora una volta la necessità di far comprendere alla Jugoslavia che non le è consentito stringere rapporti di collaborazione con i paesi occidentali in generale, senza mettere su nuove basi i suoi rapporti con l'Italia in particolare.

Il Dipartimento di Stato ha ammesso la gravità di eventuali nuovi ''fatti compiuti» cd ha assicurato che, se essi si producessero, gli Stati Uniti non mancherebbero di reagire (anche dinnanzi al Consiglio di sicurezza, a differenza di quanto è avvenuto per la riforma monetaria dell'estate scorsa, la quale non sembrava prestarsi ad una discussione in seno a quel consesso). Esso non ha escluso neppure la possibilità di dare alla Jugoslavia qualche avvertimento preventivo, con riferimento alle trattative attualmente in corso, per il prestito della Banca internazionale. Tuttavia ha confermato la sua riluttanza a connettere gli aiuti economici con richieste politiche e, parimenti, ha confermato che gli Stati Uniti, mentre non intendono dare alla Jugoslavia un dollaro di più di quanto le occorra per evitare un collasso, non le daranno neppure un

dollaro di meno. In proposito, ha citato il recente prestito della Export-Import Bank, che è stato accordato a pochi giorni dall'aspro discorso di Kardelj 4 , quantunque vi fossero seri motivi per far trascorrere un certo lasso di tempo fra i due fatti.

Da quanto ho esposto fin qui, si può dedurre che, in pratica, la situazione è tornata nei termini precedenti, descritti fra l'altro nel mio rapporto 6099/2693 del 14 luglio 19495 . Malgrado ciò sorge spontanea la domanda se gli scambi di idee di queste ultime settimane ci abbiano giovato.

In sostanza, noi abbiamo mostrato praticamente agli Stati Uniti di essere disposti a raggiungere un accordo, purché questo non violi il principio dell'annessione di entrambe le Zone, che anch'essi ritengono legittimo. Malgrado la delusione del Dipartimento di Stato per i mancati sviluppi dei contatti itala-jugoslavi, non credo che, se non v'è un mutamento a Belgrado, ci si consigli di riprendere i contatti medesimi. (Del resto, a siffatte eventuali sollecitazioni potremmo resistere facilmente, invocando la non intaccata validità della dichiarazione del 20 marzo 1948 e confermando di essere sempre disposti a trattare sulle basi da noi indicate). Quindi, sotto questo aspetto, la risposta alla domanda è positiva. D'altra parte, questo esperimento è valso a dimostrare, da un lato, che gli Stati Uniti hanno molto a cuore un accordo itala-jugoslavo c, dall'altro, che la Jugoslavia, in un modo o nell'altro, cerca di fare uscire il problema dalla stasi in cui è rimasto finora. Queste due circostanze, congiunte, debbono naturalmente renderei vigilanti, quantunque non vi sia ora alcun motivo di temere che gli Stati Uniti intendano discostarsi dalla dichiarazione del20 marzo 1948.

A proposito dello spirito d'iniziativa jugoslavo, Thompson ha domandato se a noi risulti che il Governo di Belgrado pensi di risollevarc la questione della nomina del governatore. Egli ha accennato al fatto che forse la Jugoslavia riterrebbe più facile rinunciare alla Zona 8 se l'operazione avvenisse in due tempi: costituzione del Territorio Libero, prima; e annessione ali 'Italia dopo. L'accenno è stato fatto senza darvi alcun peso e non senza rilevare la inattuabilità pratica di questa procedura; ma ho voluto egualmente riferirlo a VE. per eventuale controllo a Belgrado6 .

56 1 Vedi D. 49.

56 1 Vedi serie decima. vol. Yll. DD. 468 e 469.

57

IL MINISTRO A BOGOTÀ, SECCO SUARDO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

R. RISERVATO 299. Bogotà. 9 marzo !950 (perv. il 28).

Alle nozze di una figlia di Urdaneta, il presidente Ospina Perez mi chiamò per dirmi «informalmcnte» di avere chiesto, come il suo ministro degli esteri mi comunicherebbe, la elevazione ad ambasciata delle legazioni nei nostri due paesi. <d nostri

56 • Vedi D. 4X.

'Non rubblicato ma vedi serie undiccsima, vol. !IL DD. 123 c473.

" Il documento reca la seguente annotazione di Sforza: «Il linguaggio dcll"ambasciata rotcva essere, in musica, riù incline all'accordo. Non si parlava a Relgrado ma a Washington».

rapporti con l'Italia sono ormai così buoni e intensi-aggiunse-che la cosa non dovrebbe presentare difficoltà ed io terrei molto che avvenisse mentre sono ancora presidente-ossia prima di agosto».

L'annunciata udienza del ministro degli esteri non ha ancora avuto luogo ma, come VE. ben ricorda, la questione è stata sollevata da un pezzo anche ufficialmente all'inizio della mia missione. Al presidente mi sono permesso quindi di rispondere che VE. è da tempo convinta della proposta, ma che finora non si sono potute vincere le resistenze del Tesoro.

Il presidente continuò annunciandomi, con speciale intenzione, che le conversazioni per l'emigrazione, i rapporti commerciali, ecc., che da tempo languono per il continuo sopraggiungere di preoccupazioni interne, saranno riprese prossimamente.

Queste dichiarazioni sono anch'esse dettate, a mio parere, dal desiderio di vedere presto un'ambasciata italiana a Bogotà. Recentemente infatti il segretario generale della Presidenza ebbe a chiedermi, in via confidenziale, perché l'Italia tiene un ambasciata a Caracas e non a Bogotà; e la mia risposta fu che l'importanza politica della Colombia è naturalmente maggiore, ma che gli interessi italiani in Venezuela, nel campo economico, migratorio, ecc. hanno preso un grande sviluppo, mentre lo scarso progresso realizzato in questi campi in Colombia giustificherebbe male la spesa di un organismo complesso come un'ambasciata.

Certo è che immediatamente dopo tale conversazione, due ministri mi telefonarono per dare una spinta alla pratica -iniziata prima della Missione AldisioBrusasca1 per cancellare con un provvedimento giuridico lo stato di cittadini presunti nemici, che ancora grava sugli italiani in Colombia. L'annuncio del presidente, che avrebbe dovuto incoraggiarmi, è quindi un sintomo di più del suo interesse per l'ambasciata.

Nell'assicurare il presidente che avrei riferito a VE. con la maggiore sollecitudine ed anche con il maggiore disinteresse in quanto la mia posizione in carriera difficilmente mi permetterebbe di essere ambasciatore, provocai le più cordiali proteste da parte sua, in quanto l'importanza del lavoro da me svolto gli fa apparire necessaria la mia collaborazione e che piuttosto rinuncerebbe al progetto se dovesse avere per conseguenza il mio allontanamento. Naturalmente ho insistito da parte mia c poi la conversazione passò ad altro argomento.

Mi sono permesso riferire e VE. il colloquio con una certa ampiezza per tre ordini di considerazioni.

l) Ferisce l'amor proprio colombiano che l'Italia, unica fra i paesi importanti, mantenga qui una legazione, quando anche la Spagna ha ora un'ambasciata; che alla legazione italiana non sia assegnato neppure un segretario quando perfino l 'Olanda e la Svizzera non credono di fame a meno; infine che, mentre la Colombia ritiene di essere divenuta un fattore importante per i nostri interessi africani c per la nostra politica nell'America latina, l'Italia moltiplichi negli ultimi tempi i segni della sua scarsa considerazione lasciando il suo ministro per dci mesi addirittura alle prese con mansioni d'ordine.

2) Sarebbe eccessivo ottimismo considerare «for granted» l'appoggio colombiano all'O.N.U. Le simpatie per l'Olanda non hanno impedito a Urdaneta di votare, nel Consiglio di sicurezza, contro le tesi olandesi per l'Indonesia; atteggiamento che risponde a intime convinzioni pubblicate anche oggi, molto più che aderire a suggestioni nordamericane.

Anche l'ambasciatore Urrutia e il commissario De Holte, ottimi amici nostri, quando sorsero obiezioni alla nomina del generale Nasi erano molto più vicini ai nostri critici che a noi. E se non è da credere che un atteggiamento fanaticamente negativo come quello del commissario filippino possa ottenere l'adesione colombiana, neppure è da attendersi dalla Colombia una ostilità sistematica.

In vista di questa situazione della psicologia colombiana che ho avuto l'onore di segnalare fin dali 'inizio della mia missione ritengo che il nostro interesse politico suggerisca di tener conto delle suscettibilità di questo Governo.

3) A parte l'importanza diplomatica della Colombia il rango della nostra rappresentanza a Bogotà può avere riflessi notevoli per i nostri interessi in altro campo. Se noi vogliamo considerare la Colombia, nel quadro delle nostre posizioni nell' America latina, come una riserva intatta che dovremmo cercare di conquistare alla nostra influenza attraverso Io sviluppo dei rapporti economici e migratori, la spesa di un'ambasciata adeguatamente attrezzata non sarebbe un onere ma bensì un beneficio, anche sotto l'aspetto contabile.

Sono state chieste in questi giorni quotazioni alla Fiat per materiale rotabile, alla Dalmine per 300 Km. di tubi da oleodotto. Se queste trattative riuscissero vorrebbero dire lavoro in Italia per parecchie migliaia di operai, e buon collocamento in Colombia per numerosi tecnici,

Ma queste iniziative non sono spuntate da sole: sono il frutto di un faticoso lavoro personale, fatto perché il Ministero possa conoscere le possibilità del paese, grande o piccole che siano, e che certo non intendo continuare di fronte alla evidenza, che non sono ritenute molto interessanti. Che se poi interessanti apparissero, se si volesse per questa via assicurare a molti italiani nuovi mezzi di vita, la spesa di un'ambasciata sarebbe proficua perché solo attraverso una organizzazione proporzionata il rappresentante d'Italia potrà sviluppare gli interessi nazionali al loro massimo, senza bisogno di affrontare situazioni contrarie al decoro della sua mJssJone.

Mentre dunque mi sembrano degne di appoggio le proposte del presidente Ospina Percz, tengo a dichiarare che invece non do alcun peso alle sue considerazioni circa la mia persona. Esse possono indicare, se mai, che la via prescclta per la mia azione ha dato qualche frutto; ma è assolutamente contrario al vero che la mia presenza in Colombia sia più utile di quella di chiunque altro. La sola certezza è che una rappresentanza fornita dei mezzi necessari serve agli interessi italiani, mentre poco giova lo sforzo individuale di un ministro volonteroso ma senza mczz1.

Del resto quanto avviene da tre mesi in qua, che, per assicurare certi servizi ad altre legazioni, il ministro in Colombia si è lasciato solo alle prese con incombenze amministrative e d'ordine mentre c'è un colombiano a Mogadiscio, uno a Tripoli, e importanti accordi pendenti da conchiudere, mi fa pensare che il mio giudizio sull'importanza della Colombia sia errato frutto di impressioni oggettive.

Per questo, e perché il lungo lavoro di pioniere condotto in Venezuela, prima, e qui in Colombia con l'aggravante della grande altitudine di Bogotà mi ha molto affaticato, se V.E. mi consente di esprimere le mie aspirazioni personali, preferirei continuare a servire il mio paese in altra sede che non mi obblighi a sacrifici sproporzionati quanto vani.

57 1 Vedi serie undiccsima. vol. III. Tavola metodica. l. Questioni. Missione Aldisio-Brusasca in America latina.

58

ILMINISTROAPRAGA, VANNI D'ARCHIRAFI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO 2671/20-21. Praga, 14 marzo 1950, part. ore O, Ol del 15 (perv. ore 8).

Miei telegrammi 14 e 15, mio telespresso 516/336 dell' 11 corrente e precedente comunicazione1•

Ambasciatore inglese Dixon, decano del Corpo diplomatico, venuto visitarmi stamane mi ha manifestato preoccupazione che Governo cecoslovacco possa da un momento al! 'altro procedere arresto De Liva e occupazione Intemunziatura, speculando conoscenza fatto che questi, dopo partenza monsignor Verolino, non fu a sua volta riconosciuto quale incaricato d'affari da questo Governo al quale Verolino all'atto sua partenza aveva omesso notificarlo come tale (mio telegramma 77 del 25 ottobre scorso2 e telespresso 2230/1222 del26 novembre scorso 3).

Tale supposizione si baserebbe su esito finora negativo passo effettuato da Dixon presso capo del Protocollo per restituzione passaporto De Liva e su rigorosità sorveglianza di cui attualmente quest'ultimo è fatto oggetto. Spostamenti De Liva sono infatti seguiti da due automobili con agenti di polizia permanentemente stazionanti davanti nunziatura. Polizia ha ricevuto ordini impedire ad ogni costo sua eventuale uscita territorio cecoslovacco.

Poiché situazione De Liva come segretario nunziatura è assolutamente regolare in quanto a suo tempo notificato con tale qualifica a questo Ministero degli esteri, ritengo preoccupazione eccessiva.

Sono quindi piuttosto propenso credere che Governo cecoslovacco in vista imminente processo parroco Cihost per noto asserito miracolo, sfruttando visita De Liva chiese detto villaggio, voglia in realtà fare processo al Vaticano per fini propagandistici agli effetti della lotta contro clero cecoslovacco (rimasto quasi totalmente fedele alle superiori autorità ecclesiastiche) e chiedere dopo di esso immediata partenza De Liva troncando relazioni con Santa Sede. Non credo che questo Governo, anche dichiarando non più riconoscere Stato Vaticano, osi arre

2 Vedi serie undicesima, vol. III, D. 334.

3 Non pubblicato.

stare membri nunziatura anteriormente notificati e riconosciuti quali diplomatici. Sarebbe inammissibile e potrebbe provocare grave reazione da parte altri Stati «occidentali» rappresentati Praga.

Quanto precede ho obiettato ad ambasciatore inglese che ha convenuto in merito.

A De Liva venuto anche egli trovarmi ho espresso analogo punto di vista. Gli ho però suggerito prendere fino ad ora appropriate misure prudenziali in previsione ogni eventualità e predisporre per assicurare protezione interessi nunziatura.

58 1 Per il T. 14 vedi D. 55, gli altri documenti citati non sono pubblicati.

59

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ZOPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

APPUNTO. Roma, 14 marzo 1950.

L'Ambasciatore del Canada, dietro istruzioni del suo Governo, è venuto a chiedermi quale è il nostro atteggiamento in merito alla questione del riconoscimento di Mao Tse-tung. Gli ho detto che siamo tendenzialmente favorevoli a tale riconoscimento e che consideriamo la questione da un punto di vista realistico: non vediamo infatti quale vantaggio possa derivare da una prolungata attesa dato che non è prevedibile per ora un rovesciamento della situazione in Cina, mentre quel Governo è in grado di nuocere ai nostri connazionali e ai nostri interessi colà. In fatto, ho spiegato, tali interessi non sono attualmente rilevanti e ciò spiega la ragione per la quale essi non hanno ancora pesato a tal punto, come per gli inglesi, da indurci a fare un gesto che sappiamo spiacerà a Washington. La nostra posizione rispetto alla Cina, gli ho detto, non è né quella inglese, che ha condotto Londra a dissociarsi subito dall'atteggiamento americano, né quella francese che per via deii'Tndocina determina invece una coincidenza di attitudine fra Parigi e Washington. È piuttosto simile a quella di altri paesi: Belgio, Olanda. L'ho messo al corrente dei nostri contatti col Dipartimento di Stato c della comprensione da questo dimostrata di guisa che, da quella parte, siamo diplomaticamente liberi di riconoscere Mao Tse-tung: non abbiamo ancora deciso il momento per farlo.

L'ambasciatore del Canada mi ha detto che la posizione del suo paese è identica alla nostra. Siamo quindi rimasti d'accordo di tenerci in contatto.

60

IL MINISTRO A PRAGA, V ANNI D'ARCHIRAFI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 2761/26. Praga, 16 marzo 1950, part. ore 1,30 del17 (perv. ore 8).

Seguito mio telegramma 25 1•

Riassumo punti principali nota Ministero degli affari esteri espulsione De Liva:

l) alta gerarchia ecclesiastica da lungo tempo abusa Chiesa cattolica romana cecoslovacca per svolgere attività sovversiva che giunge sino inscenare miracoli;

2) dopo la partenza Verolino predetta gerarchia continuato tale attività avvalendosi impiegato (dico impiegato) monsignor De Li va in veste gerente nunzi a tura da Governo cecoslovacco non riconosciuto;

3) costituendo attività De Liva ingerenza affari interni cecoslovacchi ed abuso sua posizione ufficiale, Ministero degli affari esteri chiedegli abbandonare territorio cecoslovacco entro tre giorni.

Decano del Corpo diplomatico ha protestato presso capo Protocollo per uso qualifica «impiegato» che lascia supporre non riconoscimento immunità diplomatica, e per mancata restituzione finora passaporto diplomatico.

Capo Protocollo ha subito assicurato che veniva mantenuto riconoscimento immunità diplomatica e promesso restituzione passaporto entro domani mattina. De Liva partirà sabato mattina aereo ALI diretto Roma.

61

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, QUARONI

L. 188 SEGR. POL. Roma, 18 marzo 1950.

Gli uffici del Ministero hanno precisato, ciascuno secondo la rispettiva competenza, il punto di vista che il Governo italiano sosterrà innanzi al Comitato dei ministri per le singole questioni iscritte all'ordine del giorno della prossima riunione di Strasburgo.

Resta da considerare in breve l'argomento più propriamente politico, e come tale più soggetto all'influenza fluttuante delle circostanze e del momento, e cioè la questione dell'ammissione della Germania e della Sarre al Consiglio di Europa.

Circa la Sarre ella sa quale sia il mio pensiero. La Francia ha abbordato la questione in modo particolarmente inabile; e si deve soltanto alla goffaggine e grossolanità di alcune reazioni tedesche se essa non ha tratto dalla sua infelice impostazione del problema danni ancora maggiori, per se stessa e per l'Europa, di quanti già si hanno a registrare.

Certo non mi dipartirò, neppure in questa circostanza, da quella politica di appoggio alle tesi francesi che ragioni superiori ci consigliano; ma se veramente, come c'è ancora qualche ragione di temere, l'iniziativa francese avesse per risultato di far desistere per il momento il Governo tedesco dal suo proposito di chiedere l'ingresso al Consiglio d'Europa, basterebbe, ne son certo, il silenzio a deplorare che una pretesa sì futile abbia a frustrare il Consiglio stesso di quello che, in fondo, è stato sempre il suo maggiore obiettivo politico.

Ella potrà assicurare Schuman del nostro appoggio; ma faccia capire anche, come mi sembra del resto che abbia fatto Bevin a Londra, tutta la nostra perplessità.

Vi è infine un punto sul quale potrebbe essere interessante saggiare con ogni prudenza le disposizioni dei principali Governi; è quello di un'eventuale rappresentanza, o agenzia, del Consiglio negli Stati Uniti. E poiché non è possibile accreditare una tale agenzia presso il Governo americano, converrebbe forse appoggiarla, per la forma, alle Nazioni Unite.

Siamo infatti tutti convinti che è nell'interesse generale il rendere familiare l'America all'idea dell'unità europea e alle sue prime realizzazioni, ai suoi piani, ai suoi problemi, alle sue stesse difficoltà cd ostacoli. E ciò non soltanto per le evidenti, e cogenti, ragioni di pratico tornaconto; ma anche, e forse in ultima analisi soprattutto, perché soltanto in America l'idea dell'unità europea può trovare quella risonanza che sia di sprone all'Europa, che l'incoraggi ad unirsi.

Quale forma dovrebbe avere tale rappresentanza? Evidentemente non quella di una delegazione vera e propria che si sostituisca alle già esistenti, di ogni singolo Governo: ma piuttosto quella di una agenzia che avrebbe il compito di informare i vari organi dell'O.N.U., in modo continuativo ed organico, sui punti di vista, i lavori, i propositi del Consiglio. Se fatto con criteri moderni, con personalità di primo piano, un simile lavoro potrebbe avere, attraverso l'O.N.U. e la sua enorme macchina pubblicitaria, una forza di penetrazionc notevole n eli'opinione pubblica americana.

Evidentemente è troppo presto, e il Comitato dei ministri non è la sede adatta, per porre il problema. Ma si potrebbero frattanto eseguire i cauti sondaggi di cui le parlavo più sopra. E anche su questo punto gradirò conoscere il suo avviso 1•

60 1 Del 16 marzo, con il quale Vanni d'Archirafi comunicava che era stato ingiunto a monsignor Dc Liva di lasciare il paese entro tre giorni.

61 1 Non è stata rinvenuta una risposta di Quaroni.

62

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, MELI LUPI DI SORAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 292/169. Roma, 18 marzo 1950 (perv. il 20). Telespresso n. 11/05195/c. del l Omarzo corr. 1•

Attendevo, per riferire sull'oggetto, il ritorno a Roma, atteso di giorno in giorno, di Taher El Omari, ministro d'Egitto presso la Santa Sede, il quale è stato il principale attore nelle diverse manifestazioni da cui si sono originate le voci correnti su un riavvicinamento, anzi, su di una specie di alleanza, islamico-cattolica, contro l'ateismo e il comunismo. In attesa che, parlando con El Omari bey, possa completare e meglio apprezzare quanto si dice in Segreteria di Stato, riferisco quel che mi risulta da codesta fonte, in generale veritiera, ma spesso riservata e reticente nel pronunciarsi su pratiche in corso, alle quali non si è ancora ben deciso se e quale sviluppo imprimere.

In Segreteria di Stato, dunque, da molto tempo si è constatato con soddisfazione, che gli elementi direttivi politici e religiosi islamici, segnatamente quelli del Medio Oriente, guardano alla Santa Sede con un rispetto, congiunto ad una sincera simpatia, che sta a dimostrare insieme e la notevole evoluzione di idee e di sentimenti dell'islamismo moderno, c il prestigio che dalla guerra in poi la Santa Sede ha guadagnato nel mondo specie nella parte più direttamente minacciata dalle ideologie politiche sociali c filosofiche degli Stati e dei partiti comunisti. Di queste nuove e interessanti tendenze ho toccato in precedente rapporto2 . Ma, a parte la evidente opportunità di avvicinare gli Stati arabi a codesta Santa Sede di cui tutti, anche la potente America, fanno tanto caso, i musulmani cominciano a sentire che non si può concepire l'occidentalizzazionc, a cui tendono con tutte le forze (anche se non lo ammettono sempre, per spiegabile carità della loro tradizione orientale), senza un avvicinamento spirituale alla religione ed al pensiero cristiano, che, nella complessa efflorescenza del suo divenire, ha accompagnato lo sviluppo della civiltà occidentale; la quale proprio ora, quasi a conferma del suo carattere indelebile, sentono correntemente designare come: civiltà cristiana.

Non mi soffcrmo ad esaminare perché, fra le diverse confessioni cristiane, codesti mediterranei si rivolgano alla Chiesa di Roma. Le ragioni d'indole generale sono altrettanto molteplici quanto evidenti per ognuno che ponga mente al come si presenta oggi, all'osservatore del di fuori, la Chiesa di Roma raffrontata colle altre comunità religiose cristiane. Ma fra le ragioni più particolari, è indispensabile menzionare, per la sua importanza, l'azione concordemente svolta dalla Santa Sede e dagli Stati musulmani per l'intemazionalizzazione di Gerusalemme. Mentre le Chiese protestanti non si fecero quasi vive, anzi parvero appoggiare gli ebrei; ed egualmente assenti rimasero le comunità ortodosse: il Papa e la Santa Sede gettarono sulla bilancia la propria influen

za colle encicliche ed una serrata azione diplomatica, onde i Luoghi Santi ottenessero uno statuto, protettore anche degli interessi religiosi musulmani. Il prestigio ed il favore che ne è derivato al cattolicesimo nei paesi islamici, costituisce di per sé un successo rilevante della politica seguita dalla Segreteria di Stato, anche se a certi osservatori europei essa sembri destinata ad un insuccesso sul punto principale.

Il signor El Omari ha lavorato molto allo scopo di condurre il proprio paese (e, dietro, altri Stati musulmani) a combinare i propri sforzi con quelli della Santa Sede sul comune programma dell'intcrnazionalizzazionc di Gerusalemme. Inoltre, egli è uno spirito religioso cd entusiasta, musulmano osservante nel senso più moderno, ed aperto all'ammirazione di questo grandioso e complesso edificio ecclesiastico che si innalza fra le mura di Roma. Le tendenze, le simpatie e le speranze di cui sopra, vivissimc in lui, hanno attinto, dal suo contatto col centro del cattolicesimo, un vigore nuovo, ispirandogli il disegno di adoperarsi per una più concreta realizzazione di questi stati d'animo, sinceri, ma incerti e confusi. E siccome, nell'uomo, i disinteressati propositi sanno far ottima convivenza cogli interessi personali, non manca nel buon Omari bey l'ambizione di qualche successo che gli frutti bene presso il suo Governo e il suo sovrano; e, in ogni modo, egli ritiene non sia mai sconveniente di attirare su di sé un poco di attenzione.

Prima di recarsi in Egitto (dove ancora si trova), il signor El Omari aveva avuto una conversazione con mons. Montini. Voleva sentire se la Santa Sede avrebbe gradito che viaggiatori musulmani, in occasione dell'Anno Santo, venissero a Roma ad assistere a qualche bella cerimonia, c visitassero santuari c monumenti religiosi e storici, accompagnati da guide ecclesiastiche, a spiegar loro il significato storico c spirituale dci sacrari e dei riti. Mons. Montini accolse premurosamente l'idea, e suggerì che i Padri Bianchi, pratici dell'arabo, fungessero da ciceroni. Si passò poi, insensibilmente, nel discorso, alle due religioni, alle loro affinità nelle diversità, a certi comuni interessi, alle possibilità di difese concertate, contro comuni nemici. Le frasi amabilmente politc e fiorite di mons. Montini, furono intese, forse, anche oltre il significato di simpatica cortesia, che era in esse di gran lunga il predominante.

Di qui, dopo l'arrivo di El Omari in Egitto, la sua attività, le sue dichiarazioni c le sue interviste, ben note a codesto Ministero. Inoltre, la sua partecipazione alle riunioni dei rappresentanti egiziani d'Oriente c d'Occidente, gli permise di far introdurre anche la questione dei rapporti cristiano-musulmani nell'ordine del giorno; su quello poi che proprio si sia conchiuso, nel corso della discussione su tale punto speciale, mi riprometto discorrere con lui.

Codesto Ministero avrà già osservato come, enunciata l'idea principale, il pensiero sia incerto e fluttuante nel tentativo di adeguarla al concreto. Un po', si tratta di Egitto e Santa Sede; un po', dei due mondi di Cristo e di Maometto. Ciò rispecchia in tutto lo stato d'animo degli Stati musulmani; che, affermata la propria solidarietà di razza e di religione si dividono poi subito nelle gelosie del primato e del guadagno. È chiaro che l'Egitto, nel pensiero dei suoi circoli dirigenti, dovrebbe essere antesignano e guida del mondo arabo nella nuova politica di avvicinamento alla Chiesa di Roma; cosa ben compresa dal re Abdallah, con quelle immancabili reazioni che vennero annotate dal nostro ministro in Amman. E questo fluttuare è anche dovuto al fatto della mancanza di un centro motore e di un capo religioso dell'Islam. Alleanza, intese, unioni: ma con chi c fra chi?

La Segreteria di Stato assume, in argomento, una posizione cordiale, comprensiva, simpatica: ma vi si dichiara che, quanto a patti o unioni, si tratta di vocaboli vuoti di ogni significato concreto. L'attività e certe espressioni di El Omari, e le amplificazioni che vi apportarono i giornalisti e referendari, sembrarono anzi, a un dato momento, un po' eccessive, e mons. Tardini chiamò a sé l'incaricato d'affari egiziano, perché scrivesse al Cairo al suo ministro di moderare i termini, onde non allontanarsi troppo dalla realtà e dalle possibilità, che sono quel che sono, per ragioni indipendenti dalla buona volontà delle parti.

Con ciò, mi dichiarò mons. Tardini, non si vuol dire che la Santa Sede non apprezzi altamente lo spirito animatore di tali sforzi, e non ammetta che in certi casi si possa procedere d'accordo: ma solo in via empirica, e per iniziative locali, non già per veri e propri accordi di massima, di cui non si saprebbe pensare un contenuto opportuno; o un contraente autorizzato da parte musulmana. Episodi come il ricevimento di mons. Levame alla moschea di El Azar, o la visita del mufti El Husseini allo stesso mons. Levame, sono ricchi di significato: purché se ne contenga il commento nelle linee della realtà e della pratica, cosa che raramente i giornalisti sanno fare.

Chiudo, nell'attesa di riferire su quanto mi dirà El Omari al suo ritorno, informando che questo ministro di Gran Bretagna, mostra di seguire con grande attenzione, ma non con grande benevolenza, le manifestazioni filo-cattoliche dei musulmani: né sono mancate, da parte sua, frasi sarcastiche sulle dichiarazioni di El Omari. Ritengo che Londra gli richieda con insistenza informazioni sulle intenzioni della Segreteria di Stato, e mi pare che il Foreign Office veda di mal occhio codesta direzione del pensiero e della politica egiziana e islamica. Cosa abbastanza naturale, ché gli Stati arabi continuano ad essere riguardati a Londra come un giardino privato.

62 1 Non pubblicato. 2 Non rinvenuto.

63

L'INCARICATO D'AFFARI A IL CAIRO, ARCHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. URGENTE 2963/42. Il Cairo, 20 marzo 1950, ore 14,45 (perv. ore 16).

Consiglio dei ministri egiziano sanzionato ieri provvedimento che eleva ambasciata legazione d'Egitto Roma. Ministero degli affari esteri, nel comunicarmelo ufficialmente, ha proposto dame notizia martedì 21 corr. alla stampa che la pubblicherà 22 mattina nei termini già fissati e comunicati a VE. con telegramma di questa legazione 71•

Pregasi telegrafare urgenza accordo su data pubblicazione.

Nello stesso Consiglio dei ministri sarebbe stato sanzionato provvedimento che eleva ambasciata legazione d'Egitto in altro paese che non si è voluto precisarmi ma che è però ritenersi sia Etiopia2 .

63 1 Del 23 gennaio, non pubblicato. 2 Con T. precedenza assoluta 2190/47 del2l marzo Sforza rispose: «D'accordo».

64

IL MINISTRO A PRAGA, V ANNI D'ARCHIRAFI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO 2986/40. Praga, 20 marzo 1950, ore 20,45 (perv. ore 24).

Mi riferisco al telegramma di questa legazione n. 391•

Mi è stato precisato dal ministro svizzero che egli ha presentato una nota verbale al sostituto vice ministro per gli Affari politici con la quale chiedeva il consenso ad assumere «protezione degli interessi materiali Vaticano». La nota è stata accettata dal sostituto solo in seguito a vive insistenze e con riserva di risposta scritta e dopo avere obiettato che non vi è bisogno della protezione di una terza potenza dato che con la presenza in Vaticano dell'incaricato d'affari di Cecoslovacchia continuano relazioni e che è tuttora in esame la richiesta della Santa Sede per l'invio del successore di Verolino e di altri.

Il vice ministro intendeva a tale proposito riferirsi alla richiesta, in attesa di risposta da vari mesi, relativa a monsignor Bcrtoli.

Il Governo cecoslovacco, secondo l'impressione del ministro di Svizzera, non avrebbe alcuna intenzione di accogliere altro diplomatico Vaticano, ma tenderebbe, agendo in tal modo, fare ricadere su di esso la responsabilità della rottura delle relazioni, sfruttando l'eventuale allontanamento dell'incaricato d'affare cecoslovacco Rath.

Quindi o la Santa Sede si adatterà ad accogliere l'inferiorità diplomatica o potrà insistere per l'invio del suo rappresentante monsignor Bertoli o di altri a Praga. Ove la risposta cecoslovacca continuasse a farsi attendere c di conseguenza Rath venisse espulso, in questo caso la Santa Sede verrebbe a trovarsi in condizione di ribattere le probabili accuse di responsabilità della rottura con maggiore fondamento.

65

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALLE AMBASCIATE A LONDRA, MOSCA, PARIGI E WASHINGTON E ALLA LEGAZIONE A BELGRADO

T. 2241/c. Roma, 21 marzo 1950, ore 23.

(Solo per Mosca e Belgrado) Ho telegrafato a Washington, Londra e Parigi quanto segue:

(Per tutti) Con memorandum consegnato oggi a questo ministro di Jugoslavia1 il Governo italiano, richiamandosi a recenti dichiarazioni fatte al Senato dal sottosegretario di Stato, denunzia come arbitrario recente provvedimento unione doganale

65 1 Vedi Allegato.

Zona B del T.L.T. con Jugoslavia, e dichiara che, sempre disposto avviare con Amministrazioni militari Zone A e B trattativa diretta ristabilire unità economica e doganale del T.L. T., non riconosce fatto compiuto.

Copia di tale memorandum sarà immediatamente notificata per conoscenza ad ambasciate Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e U.R.S.S. Testo memorandum le verrà inviato per corriere.

Passo è ispirato seguenti concetti. Poiché dal lato economico unione doganale rappresenta soltanto ultimo atto formale processo integrazione economica Zona B con Jugoslavia, provvedimento ha soprattutto carattere politico e come tale deve essere vietato. Ci si può chiedere perché annuncio venga dato in questo momento. Da varie parti pervengono segnalazioni circa tendenza jugoslava creare situazione che potrebbe forse sboccare, dopo elezioni indette pel 16 aprile nella Zona B, anche in forme più o meno aperte annessione politica. In queste condizioni dobbiamo sviluppare nostra reazione anche su terreno politico. Occorre far capire nettamente a Belgrado che non si riconosceranno fatti compiuti ma al tempo stesso mostrargli nostra buona volontà proponendo trattative economiche. Ciò renderà più difficili eventuali manovre annessionistiche che abbiamo varie ragioni per sospettare.

Comunque è evidente che situazione richiede chiaro linguaggio a Belgrado. Mentre memorandum viene portato formalmente a conoscenza anche del Governo sovietico, ci rivolgiamo ai Governi firmatari dichiarazione tripartita2 con preghiera voler prendere ferma posizione contro ultima arbitraria misura jugoslava e al tempo stesso far giungere a Belgrado parola ammonimento che non sarà riconosciuto fatto compiuto.

Prego V. E. svolgere [azione] in tal senso telegrafando3 .

ALLE< iATO

IL MINISTRO DEGLI ESTERI ALLA LEGAZIONE DI JUGOSLAVIA A ROMA

MEMORANDUM. Roma, 21 mar::o /950.

l. Da una trasmissione di radio Capodistria si è avuta notizia che l'Il marzo u.s., con ordinanza del capo dcii' Amministrazione militare jugoslava della Zona B del Territorio Libero di Trieste, sono stati aboliti i dazi doganali sul traffico con la Jugoslavia, mentre la tariffa doganale jugoslava è stata estesa alla Zona B. In altri termini, la zona del Territorio Libero di Trieste attualmente amministrata dalle Autorità militari jugoslave è stata conglobata, ai fini doganali, nel territorio jugoslavo.

2. Riferendosi a precedenti replicati passi sulla situazione nella Zona B, il Governo italiano richiama le dichiarazioni rese dal sottosegretario di Stato per gli affari esteri al Senato della Repubblica nella seduta del 9 marzo u.s.: «Su tutti gli aspetti della preoccupante situazione nella Zona B, il Governo ha di volta in volta intrattenuto tanto il Governo jugoslavo che

i Governi amici e continuerà a farlo fino a quando potrà sperare in una maggiore comprensione jugoslava del comune interesse di eliminare una fonte ricorrente di incidenti e malintesi. Ma sia ben chiaro che, se l'atteso risultato si farà troppo attendere, noi porteremo le nostre ragioni sostenute da ampia documentazione davanti ai competenti organi internazionali. Il Governo frattanto dichiara che non accetterà fatti compiuti di nessun genere che aggravino le dolorose conseguenze di un trattato già tanto ingiusto».

3. In tale ordine di idee il Governo italiano deve constatare che il recente provvedimento, aggiungendosi ad una lunga sere di misure c fatti arbitrari. si risolve in una vera e propria incorporazione economica della Zona B del T. L.T.

Ciò costituisce una flagrante violazione dci principi del diritto internazionale che regolano i poteri delle Amministrazioni militari su territori occupati, mentre è in aperto contrasto con le disposizioni del trattato di pace, che prevedono la continuazione dello stato giuridico preesistente tino alla effettiva costituzione del Territorio Libero di Trieste; alle quali disposizioni si unifonnarono il Governo italiano c il Governo militare alleato concludendo, per la Zona A, gli accordi del 9 marzo e 22 settembre 1948, come è stato a suo tempo validamente documentato dai rappresentanti nord-americano e britannico davanti al Consiglio di sicurezza dell'O.N.U.

4. Il Governo italiano. pur dichiarando di essere sempre disposto al fine di rimuovere uno stato di cose contrario al diritto. ad avviare con le Amministrazioni militari delle Zone A c B del T.L.T. una trattativa diretta a concordare le modalità per il ristabilimento dell'unità economica e doganale quale prevista dal trattato di pace. deve frattanto dichiarare nella maniera più formale e categorica che non riconosce il fatto compiuto creato dal nuovo provvedimento jugoslavo età al riguardo ogni più ampia riserva.

5. Di quanto precede viene data comunicazione anche agli altri Governi interessati.

64 1 Del 18 marzo, non pubblicato.

65 2 Vedi serie decima, vol. VIL DD. 468 c 469. 3 Per le risposte vedi DD. 70 c 75 (Londra), D. 73 (Parigi), D. 6R ( Washington) c DD. 77 e 85 (Belgrado). Non è stata rinvenuta una risposta telegratìca da Mosca.

66

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI ECONOMICI, GRAZZI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

APPUNTO. Roma, 22 marzo 1950.

La complessità dci problemi di indole economico-finanziaria esistenti fra Italia c Jugoslavia, la stretta connessione tra la soluzione di essi e la nostra politica generale intesa a trovare una onesta base d'intesa che guardi soprattutto al futuro, consigliano di fare il punto della situazione.

a) Questa ambasciata degli Stati Uniti ci ha recentemente informato che la Jugoslavia ha reitcrato i sondaggi presso la Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo. allo scopo di ottenere un prestito di 25 milioni di dollari. L'ambasciata ha fatto sapere che lo State Dcpartment è favorevole ali 'accoglimento di tale richiesta c ritiene che il prestito potrebbe essere ripartito nel modo seguente: 12 milioni di dollari in valuta statunitense. 5 milioni di dollari in lire, X milioni di dollari in valuta nazionale della Francia. Belgio. Olanda, Gran Bretagna. L'equivalente in lire italiane dci 5 milioni di dollari predetti dovrebbe servire alla Jugoslavia per acquisti in Italia.

b) Il Dipartimento di Stato e l 'E.C.A. di Washington hanno chiesto confidenzialmente l'opinione del Governo italiano su di una progettata operazione concernente l'Italia, Trieste, la Grecia e la Jugoslavia. Si tratta dell'acquisto per il valore di

1.200 mila dollari di legname jugoslavo da parte di Trieste che lo rivenderebbe alla Grecia, la quale pagherebbe usando parte dei suoi diritti di tiraggio sull'Italia, dato che il commercio fra Trieste e la Grecia rientra nell'Accordo generale di pagamento italo-greco. In altre parole, noi cederemmo ossia perderemmo 1.200 mila dollari di diritti di tiraggio a beneficio della Jugoslavia. Economicamente quindi l'affare è totalmente controproducente.

Nel determinare l'atteggiamento italiano appare opportuno tenere presente lo stato attuale dei rapporti fra i due paesi, l'andamento dei negoziati in corso, le principali questioni ancora sul tappeto e non soltanto per colpa jugoslava, i punti più delicati di frizione.

l) Pesca in Adriatico. L'accordo di Belgrado del 13 aprile 1949 è rimasto senza pratica applicazione in quanto non solo non è stato ratificato dal Parlamento italiano, ma non abbiamo neanche fatto fronte al pagamento del canone di 750 milioni di lire fissato dall'art. 12.

Le due date di scadenza-lo ottobre 1949/l o gennaio 1950-sono passate c la legazione di Jugoslavia a Roma ci ha invano più volte sollecitato. Nel frattempo la questione della pesca in Adriatico si è incancrenita e sono di tutti i giorni i fermi dei nostri pescherecci con le note conseguenze.

Belgrado ha pubblicato in questi giorni il testo della legge che regolamenta la pesca. Da esso si rileva che, o ve l'accordo del 13 aprile fosse posto in esecuzione, i nostri pescherecci potrebbero recarsi anche nella cosiddetta «banca esterna di protezione» e cioè fra le 6 c le l O miglia dalla costa. È quindi sempre più urgente che il Consiglio dei ministri adotti una definitiva decisione.

2) Restituzione navi e defìnizione reclami art. 78 del trattato di pace. In conformità all'accordo italo-jugoslavo del 6 agosto 1949 avremmo dovuto consegnare alla Jugoslavia nel termine di quattro mesi, cinque tra navi e battelli e 2 miliardi di lire. Abbiamo dati i 2 miliardi di cui l anticipato c restituite 2 navi, ma siamo in ritardo per le altre tre unità; una sarà pronta tra 15-20 giorni, le altre due presupponevano l 'approvazione di una legge da parte del Parlamento che è giunta in ritardo.

3) Riparazioni. La delegazione jugoslava, attualmente a Roma, ha mostrato negli ultimi tempi una sempre maggiore intransigenza nei confronti delle nostre proposte. Dopo avere inizialmente chiesto un primo pagamento di 53 milioni di dollari (in merci, equipaggiamenti e servizi) sul totale di 125 milioni, aveva ripiegato su una richiesta di 39 milioni per riparazioni c di 6 milioni quale anticipo sulle pensioni civili e militari da noi dovute, offrendo di dedurre da tali pagamento la somma di l O miliardi di lire (circa 15 milioni di dollari) quale acconto sugli indennizzi per i beni italiani in Jugoslavia. Alcuni giorno orsono, la delegazione ha fonnalmente ritirato tali proposte, sostituendole con altre più gravose e tornando così praticamente alle richieste iniziali.

4) Territorio Libero di Trieste. Con recente provvedimento la Zona B del

T.L.T. è stata unita doganalmcntc alla Jugoslavia. È stato così compiuto un ulteriore passo verso la progressiva rescissionc dci rapporti fra Zona A e Zona B c si sente nell'aria che Belgrado si prepara a restringere o addirittura sopprimere la libertà di movimento di persone tra le due Zone alla prima buona occasione.

In relazione a quanto sopra esposto, si sottopone a V.E. la convenienza di disporre, sotto la presidenza del sottosegretario Brusasca o del segretario generale, una riunione fra il direttore generale degli affari economici, quello degli affari politici e il capo servizio S.E.T. allo scopo di esaminare il complesso dei rapporti fra Italia c Jugoslavia e concordare una comune linea di azione anche per l'atteggiamento da assumere nei riguardi delle sollecitazioni americane sempre più in favore della Jugoslavia, mentre noi rischiamo di restare del tutto allo scoperto per i notevoli nostri interessi specialmente per quanto riguarda i beni italiani in Jugoslavia di cui all'accordo del 23 maggio 1949.

67

L'AMBASCIATORE PETRUCCI 1 AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 3105/20. Porto Principe, 23 mar::.o 1950, ore 9,27 (perv. ore 17).

Nella udienza di congedo fatta oggi questo presidente della Repubblica mi ha detto alla prossima riunione parlamentare (che avverrà fra due mesi) sottomettere ratifica del trattato di pace Italia al fine regolarizzare definitivamente relazioni amichevoli esistenti fra i due paesi. Come è noto codesto Ministero tale ratifica comporta restituzione beni a suo tempo sequestrati ai cittadini italiani.

Caduto il discorso sulla questione degli scambi commerciali itala-haitiani ho fatto presente necessità spingere importazione merci italiane per compensare squilibrio attuale esistente a causa nostri acquisti di caffè. Egli mi ha assicurato favorirà nel modo migliore bilancia commerciale fra i due paesi spingendo avanti intanto trattative per un nuovo trattato di commercio.

Ha aggiunto che nostra partecipazione questa esposizione faciliterà acquisti merci italiane dato enorme successo riportato da nostro padiglione presso pubblico haitiano.

Ho insistito perché Sidarme effettui in maniera regolare scalo Porto Principe che mi sembra necessario se si vuole avere risultati positivi per intercambio italohaitiano.

Sembra poi ormai assicurata concessione esercizio porto franco di questa città ad una società italiana. In generale riportata impressione migliore circa avvenire dei nostri rapporti con questo paese sia nel campo politico che economico.

Infine questo presidente ha nuovamente caldamente insistito (mc ne aveva parlato durante prima visita) di adoperarmi presso VE. affinché a capo di questa legazione sia posto un ministro plcnipotcnziario pregando appoggiare presso VE. accre

ditamento attuale incaricato d'affari Barbarich che egli considera avere incontrato generali simpatie oltre che suo favore. Questo presidente prenderebbe analogo [ ... ]2 alla legazione Haiti Roma.

67 1 Ambasciatore a Cittù del Messico. rappresentante del Governo italiano con qualitìca di ambasciatore straordinario all'inaugurazione del padiglione italiano alla Esposizione internazionale di Haiti.

68

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO 3127/232. Washington, 23 marzo 1950, ore 20,42 (perv. ore 7,30 del 24). Suo2241 1•

Dipartimento Stato studierà testo nostro memorandum non appena ricevutolo da ambasciata Roma o da noi e quindi inizierà consultazioni con Francia Inghilterra analogamente a quanto fatto estate scorsa dopo riforma monetaria.

Da parte nostra è stata sottolineata necessità di più efficace ed urgente reazione.

Manterrò stretto contatto con Dipartimento Stato che in via preliminare ha dimostrato comprensione per nostro punto di vista nonché con ambasciate Francia e Gran Bretagna.

69

IL MINISTRO A BELGRADO, MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T.3133/74. Belgrado, 23 marzo 1950, ore 22,35 (perv. ore 7,30 del 24).

Ministro aggiunto Veivoda mi ha consegnato stasera particolareggiato memorandum protesta situazione minoranza slovena in Italia. Memorandum premette che il Governo italiano non (dico non) ha rispettato disposizioni trattato di pace e Costituzione italiana circa protezione delle minoranze e diritti uomo e elenca diffusamente seguenti fatti: l) intimidazioni e maltrattamenti contro sloveni; uso lingua slovena tuttora ostacolato; decreto fascista su italianizzazione forzata nomi sloveni ancora in vigore; trasferimento o allontanamento funzionari sloveni; 2) discriminazioni economiche contro commercianti e contadini sloveni; 3) locale ex centro culturale Gorizia tuttora occupato sciovinisti Lega nazionale; insegnamento sloveno fortemente intral

ciato; manifestazioni slovene vietate o disturbate elementi locali con connivenza autorità italiane. Memorandum conclude che tale situazione è in contrasto con politica riavvicinamento due paesi.

Soluzione riconoscimento diritti fondamentali democratici minoranza slovena costituirebbe base per approfondire rapporti itala-jugoslavi. Governo jugoslavo spera che il Governo italiano comprenda necessità assicurare libera vita politica, economica e culturale minoranza slovena in Italia. In caso contrario «si vedrà costretto prendere misure analoghe per protezione diritti e interessi» suddetta mmoranza.

Invio memorandum 1•

67 2 Parola mancante. 68 1 Vedi D. 65.

70

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GALLARATI SCOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO 3155/318. Londra, 24 marzo 1950, ore 15,40 (perv. ore 20,30).

Ho compiuto stamane presso sottosegretario permanente Foreign Office passo nel senso indicato da V.E. con telegramma 2241/c. 1• Strang, al quale ho illustrato seria portata dei nuovi provvedimenti jugoslavi, mi ha fatto presente che Foreign Office non aveva ancora ricevuto da ambasciatore britannico Roma testo integrale nostro promemoria, e si è riservato di darmi una risposta dopo consultazioni che dovranno ovviamente aver luogo con Parigi e Washington. Comunque Strang poteva dirmi sin d'ora che si rendeva conto delle nostre legittime preoccupazioni e considerava «con simpatia e comprensione» interessante nostra offerta avviare trattative con amministrazioni militari Zone A e B dirette ristabilire unità economica e doganale T. L.T.

Strang ha rilevato che formulazione tale offerta appariva «abbastanza vaga e generica», suscettibile perciò di incomprensioni da parte di Belgrado; offerta poteva tuttavia dare lo spunto per eventuali negoziati di più vasta portata e servire comunque per il momento a guadagnare tempo.

Nel corso conversazione collaterale, capo Dipartimento politico Europa orientale ha posto quesito se misure jugoslave potessero, a nostro avviso, preludere a provvedimento formale di annessione Zona B. È stato ovviamente risposto che, pur trattandosi di ulteriore passo avanti verso annessione di fatto, si contava fermamente -specie in attuale delicata situazione internazionale -che essa non avesse anche ulteriori consacrazioni.

70 1 Vedi D. 65.

Annessione poi costituirebbe addirittura sovvertimento trattato di pace ed avrebbe ancor più gravi ripercussioni su opinione pubblica italiana, già dolorosamente colpita. Rumbold si è dichiarato perfettamente d'accordo ed ha confidenzialmente aggiunto che, personalmente, riteneva che nostra offerta trattative per assicurare unità economica doganale T.L.T. fosse saggia e costituisse opportuna valvola di sicurezza2 .

69 1 Non pubblicato.

71

L'AMBASCIATORE AD ATENE, ALESSANDRINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO 3168/33. Atene, 24 marzo 1950, ore 22,30 (perv. ore 24).

Manovre Palazzo e ambienti destra, segnalate con mio telegramma 25 1 , hanno portato ieri sera a formazione Governo presieduto da Venizelos che non corrisponde certo a volontà popolare espressa da elezioni. Dopo molte esitazioni e dopo aver sottoscritto impegno formare Governo con generale Plastiras quale presidente e con partecipazione social-democratico Papandreu e democratico progressivo Tsuderos, Venizelos ha finito per cedere a richiesta sovrano e ambienti destra che lo hanno convinto formare Governo esclusivamente composto di liberali basato su voto di fiducia dei populisti. Sarà Governo debole, prigioniero delle destre e accanitamente avversato da democratici e socialisti. Si prevede per esso corta vita, è appunto ciò che ambienti destra desiderano per giungere nuove elezioni e a candidatura, cioè semidittatura, maresciallo Papagos. Decisione sovrana, per cui le destre cacciate dalla porta rientrano dalla finestra, ha provocato in tutti ambienti moderati centro sinistra (compreso forte gruppo liberali guidati da Rendis che ha rifiutato partecipare Governo) disillusioni e malcontenti.

Ambienti diplomatici e stranieri commentano sfavorevolmente decisione sovrano mettendone in dubbio saggezza ed opportunità in quanto essa può spingere maggiormente a sinistra gruppi e partiti che erano pronti ad assumere in senso nettamente nazionale loro responsabilità di Governo.

Nuovo Governo appare tuttavia, sia per la sua composizione sia per dichiarazioni fattemi, favorevolmente orientato, almeno per ora, nei nostri riguardi.

Ho avuto lunga conversazione con Venizelos, il quale mi ha invitato a colazione stamane per parlarmi con tranquillità delle nostre relazioni. Erano presenti nuovo ministro Cassimatis e deputato Mavros. Venizelos mi ha detto egli ha dovuto accettare incarico da re Paolo poiché sovrano non ha in alcun modo voluto una presidenza Plastiras dopo dichiarazioni del generale affermanti intendimento annullare elezioni

71 1 Del 6 marzo, non pubblicato.

dei militari perché elettrizzati dai comandi. Ciò avrebbe prodotto grave malcontento nell'esercito e obbligato sovrano rinunziare formazione di un Governo PlastirasVenizelos-Papandreu.

Per quanto si riferisce rapporti italo-greci Venizelos mi ha affermato con molto calore suo intendimento approfondire al massimo amicizia fra i due paesi sbarazzando rapidamente terreno da ultime questioni note sopperendo a fiduciosa costruttiva collaborazione in ogni campo.

Egli mi ha pregato di far giungere a V.E. suo deferente amichevole saluto unitamente assicurazione che farà tutto il possibile per venire [in Italia] alla prima occasione favorevole.

70 2 Per il seguito vedi D. 75.

72

IL MINISTRO A STOCCOLMA, MIGONE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 3173118. Stoccolma, 24 marzo 1950, ore 21 (perv. ore 7,30 del 25).

Ho visto oggi Unden, il quale mi ha riferito che ritiene le principali difficoltà tra Assemblea e Comitato ministri Consiglio Europa dipendano in primo luogo dalla tendenza dell'Assemblea ad assumere competenza questioni devolute O.E.C.E. e da conseguenti tentativi di interferenze, nonché da brusche ed eccessive reazioni Comitato ministri. Tali difficoltà sono inevitabili, tuttavia tenderanno ad attenuarsi man mano che da parte dei componenti dell'Assemblea si acquisterà una più ampia familiarità coi problemi internazionali e coi più stretti contatti che il Comitato dei ministri dovrebbe essere incoraggiato a mantenere con l'Ufficio presidenza dell'Assemblea; nonché dando ampio sviluppo al criterio secondo il quale gli esperti non possono essere sostituiti dalle Commissioni dell'Assemblea.

Il coordinamento delle attività dei due enti sarà reso più agevole con la cessazione degli aiuti Marshall e potrebbe essere messo fin d'ora allo studio ed affidato sostituti prima di pensare ad importanti innovazioni. Unden contempla favorevolmente la fusione dei due enti dopo il 1952. Per ora il massimo risultato raggiungibile in un terreno strettamente politico potrebbe essere proprio uno studio del genere, includente ad esempio il futuro assorbimento, da parte del Consiglio, dell'O.E.C.E. e delle sue organizzazioni.

Per quanto concerne il mio riferimento al Consiglio Europa, troppo larghe attribuzioni rischierebbero invadere il campo delle Nazioni Unite che, secondo Unden, vanno mantenute bene in vita, tanto più che egli prevede prossima ammissione di paesi che ne sono stati finora tenuti fuori per noti motivi, come l 'Italia. Unden ritiene probabile che si giunga ad un accordo per l'ammissione di tutti i candidati in predicato e non esclude che in tal senso venga nuovamente presa l'iniziativa da parte della Svezia.

In generale ho trovato Unden animato da spirito ottimistico. Egli mi ha detto che il Consiglio Europa potrà raggiungere importanti sviluppi purché si proceda senza impazienza. Anche il telespresso ministeriale 31/250 del 4 corrente 1 trova risposta in quanto precede.

73

L'AMBASCIATORE A PARIGI, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO 3182/83. Parigi, 24 marzo 1950, ore 20,50 (perv. ore 7,30 del 25). Telegramma ministeriale n. 2241/c. 1•

Eseguito passo, attirando particolare attenzione direttore Europa su accelerazione provvedimenti jugoslavi in Zona B ed illustrando convenientemente. È stata contemporaneamente utilizzata documentazione di cui telespressi ministeriali 4981 del 9 e 5827 del20 corrente2 circa misure elettorali jugoslave stessa zona.

Questo Ministero esteri era già a conoscenza presentazione costì nostro memorandum e si riserva esaminarlo appena ne sarà in possesso. Ha mostrato consueta comprensione ma anche molto scetticismo circa possibilità successo eventuali passi a Belgrado.

Nel corso conversazione è stato accennato a insistenza inglese per dirette conversazioni italo-jugoslave, impazienza che non è condivisa da Quai d'Orsay.

74

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL CONSOLE GENERALE A WELLINGTON, DE REGE

T. 2470/3. Roma, 27 marzo 1950, ore 23.

Suo 190171 1 .

S.V. potrà comunicare in occasione scambio note per sblocco beni che Governo italiano ha deciso stabilire relazioni diplomatiche con codesto Dominio e che sono state iniziate pratiche presso organi competenti per istituzione legazione Wellington.

72 1 Non pubblicato. 73 1 Vedi D. 65. 2 Non pubblicati. 74 1 Vedi D. 29.

75

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GALLARATI SCOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO 3290/327. Londra, 27 marzo 1950, ore 19,40 (perv. ore l del 28).

A seguito tutte argomentazioni da me esposte, per incarico di V.E., a Strang il 24 corrente (mio telegramma 318) 1 , sottosegretario permanente mi ha testé comunicato, a nome di Bevin, che Governo britannico, completamente comprensivo situazione, ha impartito telegrafiche istruzioni a propria ambasciata Washington per proporre urgente passo congiunto anglo-franco-americano a Belgrado in relazione provvedimenti adottati da Tito per Zona B.

76

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO 3292/243. Washington, 27 marzo 1950, ore 20,34 (perv. ore 7,30 del 28). Mio 236 1 .

Odierna riunione Working Group rappresentante americano ha proposto sia indetta prossima sessione Consiglio nord-atlantico ed ha pregato altri rappresentanti far conoscere appena possibile se rispettivi Governi concordino e, nell'affermativa, quale data e località preferiscano. Ha aggiunto che Stati Uniti favorirebbero Londra e settimana tra 8 e 15 maggio.

Poiché più volte e da più parti era stata segnalata opportunità subordinare sessione straordinaria a possibilità assegnarle finalità politicamente importanti, rappresentante americano ha espresso avviso che durata sessione dovrebbe essere almeno due tre giorni onde consentire non solo approvazione documenti eventualmente elaborati in anticipo ma anche discussione su argomenti politici generali. Detto rappresentante, quantunque non ancora in grado proporre ordine del giorno dettagliato, ha indicato, per orientamento ed eventuali controproposte altri paesi, seguenti capisaldi:

l) esame progressi compiuti in esecuzione trattato in relazione a sviluppi situazione internazionale, in quanto sviluppi stessi si connettano con sicurezza paesi membri nonché con sforzi comunità atlantica mantenere pace mediante incremento forza («maintaining peace by building strength» );

2) mezzi intesi promuovere più vigorosamente obiettivi trattato, soprattutto in forma di più stretta cooperazione e aiuto reciproco; 3) eventuali nuovi sviluppi trattato.

Rappresentante britannico ha proposto a sua volta seguente ordine del giorno: l) approvazione piani strategici presentati a Consiglio da Comitato difesa; 2) sviluppo organizzazione («machinery») Trattato nord-atlantico; 3) possibile coordinamento della politica dei paesi membri; 4) possibili misure collettive contro minaccia comunista.

È stato convenuto che Working Group si riunirà lunedì venturo per raccogliere opinioni singoli paesi. Nel frattempo Dipartimento Stato elaborerà ulteriormente ordine del giorno.

Mentre prego inviarmi istruzioni e mentre mi riservo riferire anche per corriere segnalo che quanto sopra conferma tendenza americana (cui accennavo ultima parte rapporto 2257/1232 del2 marzo)2 a discutere collegialmente nel quadro Patto atlantico massimi problemi politica internazionale.

Domani Dipartimento Stato pubblicherà comunicato annunciante che, su suggerimento Bevin, segretario Stato in qualità presidente Consiglio nord-atlantico ha deciso proporre convocazione sessione Consiglio medesimo. A suo tempo altro comunicato darà notizia accoglimento proposta nonché data e località prescelte. Per contro Dipartimento Stato non (dico non) ritiene opportuno dare pubblicamente alcuna indicazione neppure sommaria circa ordine del giorno riunione.

Ho buon motivo ritenere che tale comunicato preliminare sia stato pressantemente richiesto da Bevin, desideroso annunziare avvenimento in suo imminente discorso politica estera Camera Comuni. Probabilmente a F.O. si deve anche affrettata convocazione Working Group prima che Dipartimento Stato abbia sufficientemente elaborato ordine del giorno3 .

75 1 Vedi D. 70.

76 1 Del25 marzo, con esso Tarchiani aveva reso nota l'intenzione di Acheson di proporre che il Consiglio atlantico si riunisse a Londra nel mese di maggio.

77

IL MINISTRO A BELGRADO, MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 3300/83. Belgrado, 27 marzo 1950, ore 20 (perv. ore 7,30 del 28).

Quotidiano Barba pubblica commento a memorandum italiano di cui al telegramma ministeriale 2241/c. 1 .

Dopo aver premesso pubblicità da parte italiana di tale memorandum, asserisce che presunta politica jugoslava del fatto compiuto non è che conseguenza procedimento unilaterale italiano e alleato in Zona A. Elenca tale procedimento accennando

3 Per la risposta vedi D. 83.

fra l'altro a uso lingue e scuole slovene, carta d'identità, soppressione visti tra l'Italia e Zona A, accordo economico finanziario del marzo 1948, convenzione trattato commerciale a Zona A, unione postale.

Zona A sarebbe stata trasformata economicamente, finanziariamente e anche sotto altri punti di vista in parte dell'Italia. Quindi creatasi frontiera tra Zona A e Zona B. Infine mancanza rifornimento lire a Zona B ne ha creato isolamento. Tale situazione ha generato cambio moneta e recentemente unione doganale Zona B con Jugoslavia. Governo italiano anche in tale modo cercato impedire sviluppo Zona B onde giustificare sue «richieste irredentistiche» su territorio non assegnato da trattato di pace. Governo italiano cercherebbe far ricadere su Jugoslavia «colpa» conseguenze derivate da propria politica. Jugoslavia adempierebbe in Zona B suoi impegni per assicurare sviluppo. Attuale campagna italiana costituirebbe manovra per realizzare segno oppressione nuova parte <mostra popolazione».

Commento conclude che soluzione problema T.L.T. può essere su base che tenga conto interessi Jugoslavia. Attuale atteggiamento italiano può soltanto danneggiare rapporti tra i due paesi e concorde soluzione problema.

Articolo Barba non contiene accenni a proposta italiana ristabilire unità economica T.L.T. Articolo costituisce assai presumibilmente punto di vista questo Governo. Invio testo per corriere.

76 2 Non pubblicato.

77 1 Vedi D. 65.

78

L'AMBASCIATORE A PARIGI, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

R. 355/1183. Parigi, 27 marzo 1950 (perv. il 30).

Parlandomi della prossima riunione dei ministri del Patto atlantico, Schuman mi ha detto che sarà necessario cominciare a dare alla comunità atlantica un contenuto veramente concreto. Sul che, gli ho risposto, anche noi eravamo perfettamente d'accordo.

Premettendo che parlavo a titolo personale, gli ho detto che mi sembrava opportuno cercare che da queste riunioni scaturisse una politica estera comune dei paesi del Patto atlantico, non soltanto per quello che riguardava i rapporti fra di loro ma soprattutto per i rapporti con il mondo non atlantico. In altra occasione gli avevo parlato della questione albanese: non era la sola: eravamo tutti pronti a riconoscere il leadership americano in fatto di politica estera; ma non si poteva ammettere di essere, come era il caso almeno per l'Italia e la Francia, lasciati completamente all'oscuro. La posizione presa dagli Stati Uniti in alcune questioni, anche se apparentemente secondaria, poteva aumentare o diminuire il pericolo di un conflitto armato: visto che un conflitto armato coinvolgeva tutti quanti noi, bisognava, sia pure con garbo e gradatamente, affermare il principio che anche noi avevamo il diritto di essere consultati e di avere la nostra parola da dire.

Schuman si è dichiarato d'accordo con me, ma, a questo stadio, questa non gli sembrava la questione di maggiore importanza. Secondo lui occorreva, in primo luogo, stabilire il principio della comunità finanziaria, ai fini della difesa comune, dei paesi atlantici. Richiesto di chiarire maggiormente il suo pensiero, mi ha detto che la questione era stata lungamente dibattuta in seno al Patto di Bruxelles: si trattava di stabilire il principio che ogni paese dovesse portare il suo contributo finanziario alla difesa comune non in termini di sole forze armate, ma anche in termini di possibilità economiche e finanziarie.

«In altri termini, il Belgio, oltre che mettere in piedi un certo numero di divisioni, dovrebbe anche contribuire, per esempio, alle spese militari della Francia», gli ho chiesto.

«Esattamente», mi ha risposto Schuman.

Come mi era noto -ha continuato -i paesi del Patto di Bruxelles avevano deciso la standardizzazione degli armamenti, e, nelle linee generali, distribuito fra di loro la produzione dei differenti tipi di armamenti. Il Belgio aveva per esempio possibilità di produrre certi tipi di armamenti in quantità molto superiori ai suoi bisogni: era necessario stabilire il principio che il Belgio dovesse contribuire, con questa sua produzione, non sulla base dello scambio, mettiamo colla Francia, di quello che produceva la Francia, ma anche in quantitativi maggiori.

Alla mia richiesta se il Belgio avesse accettato questo principio, Schuman mi ha detto che «esso non lo aveva escluso»; si trattava di trovare la chiave del funzionamento del sistema: questo era lo scopo della prossima riunione del Patto di Bruxelles, a cui per questo avrebbero partecipato anche i ministri delle finanze. Una volta trovata questa chiave in sede di Patto di Bruxelles, era sua intenzione proporre di allargare il principio al Patto atlantico.

Gli ho chiesto se, qualora si fosse effettivamente raggiunto un accordo su queste basi, egli avrebbe avuto difficoltà a farcelo conoscere: la sua proposta avrebbe potuto anche essere interessante, ma, se essa avesse dovuto essere base di una discussione in seno al Patto atlantico, sarebbe stato bene che noi si avesse il tempo di studiarla. Mi ha detto che non aveva difficoltà a farlo e che andassi a parlargliene dopo la riunione del Patto di Bruxelles.

Avendomi poi chiesto cosa ne pensavo, gli ho detto che in principio la sua idea era buona: se la comunità atlantica doveva diventare qualche cosa di reale ai fini della difesa contro le minacce orientali, era necessario che essa diventasse non una semplice giustapposizione di nazioni, ma una vera e propria comunità. All'atto pratico, siccome bisognava superare molte resistenze nazionali, non ritenevo sarebbe stato facile far accettare ad un paese il principio che esso dovesse, sia pure nell'interesse comune, pagare con il suo bilancio gli armamenti di un altro Stato. Era vero che gli Stati Uniti lo facevano, ma l'Europa non era,ancora gli Stati Uniti. Secondo me, sarebbe stato meglio partire da un'altra base: dare al futuro esercito, almeno europeo, che doveva nascere dal P.A.M., un carattere federale: una volta stabilito il carattere federale di questo esercito, sarebbe stato molto più facile passare al principio di federalizzare anche il finanziamento di questo esercito. (Non occorre ripeta che ho precisato che tutto questo erano soltanto le mie idee personali). Schuman mi ha risposto che all'esercito federale si doveva arrivare, ma che per il momento l'idea era ancora prematura. Gli ho risposto che non credevo fosse più facile fare accettare l'idea che un paese pagasse lui le spese dell'esercito nazionale di un altro.

Questa idea, espressami da Schuman, non è qui nuova: l'interessante è che essa sia diventata idea di Governo.

Abbiamo parlato del Belgio: anche questo non è nuovo, poiché era nota la riluttanza, nel quadro del Patto di Bruxelles, del Belgio a pagare di persona. Ma evidentemente l'idea francese è di stabilire un precedente che possa servire nel caso tedesco. È una risposta, avant la lettre, alla obiezione, sia interna che estera, che, lasciando fuori la Germania, il peso militare e quindi finanziario della difesa europea ricadrebbe sulla Francia: si tratterebbe quindi di far pagare alla Germania il riarmo della Francia.

Non penso che Schuman, e molti altri con lui, siano così ingenui da ritenere che questo piano possa essere accettato al l 00%: ma si vuole tentare di far pagare alla Germania molto, per un esercito piccolo, ed alla Francia poco per un esercito grande.

E, più o meno indirettamente, ci potrebbe anche rientrare l'idea di far pagare alla comunità atlantica la guerra d'Indocina: ed è, pare, anzi questo l'obiettivo numero uno.

Ritengo che sia opportuno che noi pensiamo seriamente a questa impostazione del problema, perché essa potrebbe, senza troppe difficoltà, rientrare nel concetto espresso da Harriman e di cui al suo telegramma n. 141 del 25 corrente 1• Dal concetto del costo assoluto del programma di difesa della comunità atlantica, al pool comune delle risorse finanziarie, la distanza non è grande. Anche se al l 00% la proposta francese non sarà accettata, e soprattutto se non sarà al 100% imperniata sulla Francia, essa rientra troppo nel concetto della «comunità» e del «selfhelp», per non piacere agli americani e per non diventare, in certa misura, una idea americana: essa ha anche una certa logica intrinseca -parlo della proposta in sé, non della sua interpretazione francese -che non si potrebbe negare.

Nei nostri riguardi la proposta è delicata: essa può giuocare a nostro favore, in quanto noi siamo un paese povero e lo sforzo militare che può venirci chiesto può essere superiore alle nostre forze. La cosa non si applica alla misura attuale del nostro sforzo finanziario che, quali siano le ottime ragioni che noi adduciamo, è, comparativamente, inferiore a quello dei nostri principali colleghi, ma può applicarsi un giorno. Tanto più facilmente esso può applicarsi a nostro favore nella eventualità, che non si può escludere a priori, che la Jugoslavia cada e che noi veniamo a trovarci in prima linea.

Essa può soprattutto interessarci qualora, applicandola poi a tutta la comunità atlantica, essa comprenda anche l'America, poiché essa potrebbe significare, un giorno, un contributo finanziario diretto americano alle nostre spese militari. (Schuman a mia richiesta mi ha detto di non averne parlato agli americani, ma di ritenere che, se il principio fosse applicato fra europei e ad iniziativa europea, avrebbe maggiori chances di essere accettato anche dagli Stati Uniti).

Può però anche giuocare contro di noi (non certo quanto nel caso della Germania da una parte, del Belgio e della Svizzera dall'altra) se, il fronte italiano restando marginale come esso è indubbiamente oggi, ci venisse chiesto un nostro contributo alla difesa del fronte centrale: è più probabile che nel caso nostro ci venga chiesto di contribuire con divisioni italiane alla difesa dell'Elba, che non con denari italiani: ma in certe circostanze i nostri crediti verso la maggior parte dei paesi europei, se continuiamo a non fame uso, potrebbero essere una tentazione.

Comunque, siccome non possiamo, né ci converrebbe, tutto sommato dire nettamente di no ad una proposta del genere, ci conviene di studiare, con tutta calma, quale linea di condotta è da adottare per meglio difendere i nostri interessi.

Visto che siamo già a questo punto, io penso ci converrebbe di prendere noi l'iniziativa di lanciare l'idea della federalizzazione delle forze armate europee nell'ambito Patto atlantico.

Come ho avuto occasione di esporre verbalmente a V.E., è indubbio che il problema della difesa dell'Europa di fronte alla Russia e satelliti non è concepibile in termini nazionali: è solo concepibile, e solvibile, in termini di Europa occidentale nel suo insieme. Dato questo, piuttosto che andare a cercare forme di unificazione europea sul campo economico, dove difficoltà reali politiche interne gravi non permetteranno per molto tempo di fare dei progressi sensibili, e piuttosto che cercare soluzioni intermedie, tutte più o meno deformate da ambizioni nazionali, è meglio affrontare il problema nel suo insieme. Ed è probabilmente meglio che questa iniziativa sia presa adesso, da noi: non mi faccio illusioni che essa possa essere accettata subito ma non mi sembra sia troppo presto per impostare il problema: impostazione, fra l'altro, che mi sembra la sola suscettibile di risolvere in una forma ragionevole il problema, in realtà già posto, del riarmo tedesco. Poiché mentre è evidente che l'idea di far pagare ai tedeschi il riarmo della Francia è assurda, l'idea di snazionalizzare, federalizzandolo, al pari degli altri, l'esercito tedesco, è una idea che può essere sostenuta.

Né credo che noi abbiamo molto da perderei.

Evidentemente, rebus sic stantibus, noi non possiamo nemmeno pensare a potere dare una impronta italiana al Comando federale, né ad avere un comandante italiano: per forza di cose la lotta per il Comando sarà fra francesi, inglesi e tedeschi. Ma noi abbiamo le riserve maggiori di uomini: e la nostra povertà mette dei limiti abbastanza stretti alla contribuzione che possiamo dare ed alla fine dei conti avremo più di quello che daremo. Per il resto molto dipenderà dalla affermazione qualitativa che a tutti i livelli saremo capaci di dare.

78 1 Ritrasmetteva il T. segreto 3177/320 del 24 marzo con il quale Gallarati Scotti riferiva di aver appreso che: «... a prossima riunione Comitato economico finanziario del 29 corrente, ambasciatore Harriman, nella sua qualità di delegato americano, farà dichiarazione per proporre che, al fine dare contenuto più concreto suo lavoro, Comitato economico finanziario chieda al Comitato difesa precisare costo totale per attuare piani strategici difesa zona atlantica».

79

L'AMBASCIATORE A PARIGI, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

R. 356/1184. Parigi, 27 marzo 1950 (perv. il 30).

Come d'accordo precedentemente con Alphand ho detto a Schuman quanto eravamo stati contenti dei risultati dei negoziati di Roma1 , ed ho insistito sulla necessità di trovare una soluzione alle questioni dei fosfati e degli accordi siderurgici, e di pro

cedere con una certa urgenza alla nomina temporanea di un funzionario che, in sostituzione di Drouin malato, potrebbe prendere, da parte francese, la direzione della nota Commissione. Il che mi ha promesso di fare.

Circa la ratifica del trattato di unione doganale, mi ha detto di avere conferito a lungo con Lenhard, presidente della Commissione economica della Camera, invitandolo a sollecitare la conclusione del suo rapporto. Lenhard gli aveva detto di avere invitato il Consiglio economico ad inviare alla Commissione degli esteri il suo avviso e suoi rappresentanti per spiegarlo. Dopo di che, esso dovrà passare ali' esame di alcune altre commissioni: dovrebbe essere possibile avere tutto pronto per il dibattito parlamentare dopo le ferie pasquali, probabilmente in maggio.

Mi ha aggiunto che, a sua opinione, l'ambiente parlamentare era considerevolmente migliore: l'insuccesso evidente del Finebel ed altre circostanze avevano fatto riprendere quota ali 'Unione doganale.

Questa conversazione aveva avuto luogo due giorni prima della presa di posizione del Consiglio economico, che ancora una volta è stata una sorpresa per Schuman: oggi essa ha un certo sapore ironico.

Per quello che concerne l'ambiente parlamentare, ho avuto in questi ultimi giorni una serie di contatti col gruppo socialista. Ho parlato soprattutto con la sinistra: Guy Mollet, Boutbien, Gazier, Pineau, ecc. che sono i più contrari, ma anche i più influenti. La loro posizione mi è stata così definita: niente di contrario al principio: massima prudenza nella sua realizzazione, sia nella sostanza che nel tempo: in qualsiasi caso, difficile che il testo di unione doganale possa essere accettato così come esso è, senza almeno alcune note esplicative.

Le note esplicative dovrebbero concernere specialmente la questione della mano d'opera. Il mercato francese, la piena occupazione francese, devono essere difesi: quindi niente libertà di circolazione: potrebbe essere accettato il principio della preferenza alla mano d'opera italiana, di fronte a qualsiasi mano d'opera straniera, se ed in quanto la Francia abbia bisogno di mano d'opera straniera. Si può forse fare qualche cosa di più in certi settori (agricoltura e costruzione) dove sembra esserci effettiva scarsità di mano d'opera nazionale.

Un altro punto da chiarire, secondo loro, sarebbe che la libera circolazione delle merci dev'essere controllata in modo che essa non sia suscettibile di aumentare la disoccupazione francese. Mi è stato tirato fuori il solito argomento del basso costo della mano d'opera italiana, del sistema francese di assicurazioni sociali ecc., tutte cose che il Partito socialista francese intendeva difendere fino ali 'ultimo: quando ho fatto loro osservare che i salari italiani erano superiori a quelli francesi, che il gravame delle assicurazioni sociali è superiore da noi che in Francia: che, in più, i nostri avevano anche sulle spalle l'imponibile di mano d'opera, cose tutte che sanno benissimo, hanno avuto l'aria di cadere dalle nuvole.

Pineau, più sincero, o più ingenuo degli altri, mi ha poi detto che bisognava vedere quale era l'attitudine degli inglesi nei riguardi di questo patto, e mi ha fatto qualche discreto accenno al carattere cattolico del Governo italiano.

Quindi, qui la situazione di prima.

Egualmente contrari i soliti agricoltori: egualmente contrario il noto Boussac: sembra solo che, in questo momento, abbia meno soldi a sua disposizione, il che sembra un vantaggio.

In sostanza, contrariamente a quello che dice Schuman la situazione parlamentare è più o meno quella di prima.

Per quello che concerne la risoluzione del Consiglio economico, formalmente essa è soltanto una messa a punto. La Commissione prevista dagli accordi AlphandGrazzi di Parigi e di Roma, utilissima come organo inteso a facilitare le intese dirette fra i grandi interessi dei due paesi, era un po' ingenua quando mirava a fare l'Unione doganale scavalcando il Parlamento francese. Il Comitato economico ha scoperto il gioco, e non era difficile. Più importante essa è quale manifestazione di stato d'animo: per cui è facile prevedere quale sarà il rapporto del Consiglio economico alla Commissione economica: sebbene il Consiglio economico non abbia che una funzione consultiva, un suo parere fondamentalmente contrario ha un peso che non conviene sottovalutare.

La situazione resta quale la ho esposta a V.E. Bidault è sempre dell'opinione di voler portare il Parlamento alla ratifica. Se Bidault resta al potere, se ha una situazione parlamentare che gli permetta di dare sul serio battaglia, e se, soprattutto, pone la questione di fiducia, e se noi in quanto possiamo l'aiutiamo, ci si può riuscire: ma

V.E. vede, ci sono molti se. La battaglia si può vincere, ma occorre che il Governo francese abbia il tempo materiale per ingaggiarla. E soprattutto Bidault avrà parecchio da fare per convincere i suoi colleghi di Gabinetto dell'opportunità di ingaggiare la vita del Governo su una questione di questo genere, tanto più che uno scacco su questo punto dovrebbe portare certo alle dimissioni di Schuman (firmatario degli accordi e quindi responsabile dell'errore di valutazione parlamentare) e forse anche alle dimissioni del Governo, il che, nelle circostanze attuali, significa andare alle nuove elezioni. Schuman certo non ha nessuna voglia di impegnare la battaglia.

Come V.E. vede, la via traversa ci è ormai preclusa dalla presa di posizione del Consiglio economico: quanto alla via maestra, ci sono moltissimi se.

Resta a vedere ora quale è la linea di condotta che ci conviene di scegliere.

Ripeto quanto ho detto tante volte: dal punto di vista economico, la ratifica dell'Unione doganale lascia il tempo che trova: anche dopo ratificata, se la si farà o no dipende da tante circostanze che sarebbe pazzesco fare delle previsioni: certo è che anche dopo la ratifica resta tutto da fare ed è più che dubbio se si farà qualche cosa oltre la tariffa postale interna. La sua importanza è politica ed è per questo che continuo ad avere molti dubbi sull'opportunità di forzare uno showdown.

Dal punto di vista francese, non è affatto da escludere che la fine dell'Unione doganale, tranquillizzando certi ambienti che si agitano, potrebbe anche avere un effetto benefico sui rapporti franco-italiani. Sarebbe comunque sempre possibile, con qualche opportuno accorgimento, far sì che al Parlamento si mettesse bene in chiaro che, votando contro l'Unione doganale, non si vota contro la politica di riavvicinamento fra i due paesi, ma soltanto contro un mezzo sbagliato di realizzarla. Dal punto di vista francese, è possibile regolare le cose in modo che la non ratifica non abbia ripercussioni negative sui rapporti franco-italiani.

Ma è possibile fare la stessa cosa dal punto di vista italiano? Personalmente mi permetto di dubitarne: ci vorrebbe per lo meno una accurata preparazione di opinione pubblica. Per cui, personalmente, resto sempre dell'opinione che se non si è ragionevolmente sicuri del successo, è meglio non rischiare: è meglio cioè lasciare insabbiare l'Unione doganale. Bisognerebbe soltanto, e questo credo sia possibile, lasciare in

vita le commissioni previste. Intese fra industriali sono utili, politicamente, anche se non si arriva ali 'Unione doganale. E se riusciamo a mettere insieme un numero sufficiente di intese può essere anche possibile un giorno di ritirarle fuori. Solo che, decisa questa linea, è necessario parlarne il minimo possibile.

I rapporti itala-francesi hanno l'importanza che hanno: credo di non essermi fatto e di non avere fatto a V.E. illusioni in proposito. Essi sono ancora delicati e quindi non è il caso di sottometterli a scosse: d'altra parte, nella nostra situazione, non credo ci guadagneremmo niente a rimetterli in crisi. Non credo che l'amicizia colla Francia ci dia molto: ma credo anche che l'ostilità della Francia ci potrebbe dare ancora non pochi fastidi: è bene quindi evitarla.

Basterebbe il vecchio argomento di mettere in chiaro le rispettive responsabilità di fronte ali'America, per cui si potrebbe dire che ci conviene far vedere che, se non si fa niente sul piano italo-francese, la colpa non è nostra. Francamente, al valore dell'Unione italo-francese, o della non unione, ai fini Italia sul mercato americano, ci credo poco: in certi momenti essa potrebbe servire all'E.C.A. sul piano interno americano, ma non credo ci serva ad ottenere più di quello che normalmente possiamo sperare di ottenere dall'America.

Sicuri al cento per cento di vincere la battaglia al Parlamento francese, non lo si sarà mai: il mio avviso personale resta però quello di non correre che un rischio ragionevole, e che se non si è ragionevolmente sicuri del successo, è preferibile cercare di evitare lo scacco. Comunque, gradirei in proposito di conoscere il pensiero di

V.E. e del Governo italiano, perché possa regolarmi nell'azione che dovrò svolgere nelle prossime settimane2 .

79 1 Con il T. 16931102 del 7 marzo Grazzi aveva comunicato l 'avvenuta firma di accordi economici destinati a facilitare l'attuazione dell'Unione doganale.

80

IL CAPO DELLA MISSIONE NELLA R.F. DI GERMANIA, BABUSCIO RIZZO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 3347/31. Francoforte, 28 marzo 1950, ore 21,25 (perv. ore 8 del 29).

Adenauer mi ha fatto comunicare stamane che tre noti punti da lui presentati Alti commissari per ingresso Germania Consiglio Europa e che telegrafo a parte con n. 321 nella loro traduzione qui testo ufficiale, rappresentano suo avviso condizioni minime indispensabili perché egli possa ottenere al Parlamento maggioranza necessaria.

Aggiuntami che caso contrario Governo resterà in minoranza poiché prevedensi defezioni anche in seno partito democristiano.

Questo Governo, come appare anche dalla stampa, non prevede alcuna obiezione ai due primi punti. Non altrettanto invece per il terzo, il quale nel mentre rinvia ammissione Repubblica federale quale membro ordinario soltanto al momento in cui ciò sarà possibile, intendendo con questo riferirsi evidentemente al diverso statuto internazionale dello Stato tedesco, richiede però che nel frattempo un osservatore della Repubblica federale sia ammesso a partecipare al Comitato dei ministri.

Adenauer mi ha pregato far conoscere quanto sopra V.E. con la speranza che il Governo italiano vorrà possibilmente appoggiare accettazione detti punti da parte del Comitato dei ministri, qualora come prevedesi verranno posti in discussione.

Non è risultato dalla conversazione avuta che Adenauer abbia fatto compiere, almeno finora, analoghi passi presso altri Governi. Mi è stato anzi fatto sapere che egli, ben conscio delle gravi conseguenze che potrebbe avere un rifiuto del Parlamento tedesco per la causa dell'Occidente, fa particolarmente appello in tale circostanza a V.E. quale alto patrocinatore della unità europea ed al presidente De Gasperi quale solo capo del Governo al quale egli possa personalmente indirizzarsi2 .

79 2 Non è stata rinvenuta una risposta a questo documento, ma vedi D. 160.

80 1 In pari data. La traduzione ufficiale dei tre punti era la seguente: «l) Le tre potenze occidentali alleate, Gran Bretagna, Francia e U.S.A. desiderano senza ritardo ingresso Repubblica federale tedesca nel Consiglio europeo. 2) L'appartenenza, quale membro, del territorio della Saar al Consiglio europeo vale salvo il regolamento dello status del territorio della Saar con il trattato di pace Germania. 3) La Repubblica federale tedesca diventerà appena possibile membro ordinario del Consiglio europeo. Nel frattempo un osservatore della Repubblica federale tedesca potrà partecipare alle sedute del Comitato dei ministri».

81

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ZOPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

APPUNTO. Roma, 28 marzo 1950.

Presente il ministro Vitetti ho ricevuto stamane il signor Sale dell'ambasciata americana. Egli mi ha detto:

a) il Governo americano teme che il progressivo deteriorarsi dei rapporti italo-etiopici con il passare del tempo possa portare l'Etiopia ad assumere nei riguardi dell'Italia una posizione talmente intransigente da impedire in seguito agli Stati Uniti d'America di raggiungere, malgrado i loro buoni uffici, una qualsiasi distensione nei rapporti fra i due paesi;

b) il Governo americano teme che tale intransigenza da parte etiopica possa portare a nuovi e più gravi incidenti in Eritrea nonché crearne dei simili in Somalia;

c) il Governo americano desidera far conoscere che «pending the report of the Commission» è tuttora convinto che la migliore soluzione capace di ristabilire la tranquillità e la pace in Eritrea perché accetta all'Etiopia ed alla Gran Bretagna sarebbe quella della spartizione;

d) il Governo americano ritiene che malgrado che da parte etiopica si sia lasciata cadere l'offerta italiana di un modus vivendi il Governo italiano dovrebbe

fare un gesto che serva a tranquillizzare l 'Etiopia e cioè assicurarla che non si servirà della sua influenza né nei riguardi della Commissione-quando quest'ultima verrà a Roma -né a Lake Success, in sede di Comitato interinale o di Assemblea, per raggiungere una soluzione del problema eritreo che sia contraria agli interessi etiopici e quindi inaccettabile da parte dell'Etiopia;

e) da parte americana si ritiene di far presente quanto precede data la preoccupazione che la anima che la Commissione in Eritrea non sia in grado di pronunciarsi in modo preciso sul futuro da darsi all'Eritrea. Il Governo americano teme infatti che il rapporto, od eventualmente i rapporti della Commissione dell'O.N.U. all'Interim Committee, lascino aperto il campo a qualsiasi speculazione con le gravi conseguenze sopra elencate che tale stato di cose comporta in sé.

Vitetti ha risposto:

l) che sarebbe ingenuo pensare di risolvere il complesso problema eritreo con un semplice accordo a tre italo-anglo-etiopico, sia pure con l'appoggio ed i buoni uffici degli Stati Uniti d'America, perché esso sarebbe sicuramente attaccato a Lake Success qualora non si ispirasse al rapporto della Commissione d'inchiesta e non tenesse soprattutto conto di quei principi di indipendenza, libertà e rispetto della volontà delle popolazioni che l'esperienza passata ha dimostrato essere così vivi e presenti nella mente della maggioranza dei delegati dei paesi rappresentati all'O.N.U.;

2) che conseguentemente qualsiasi accordo che tocchi la sostanza del problema eritreo formulato prima di conoscere il rapporto della Commissione d'inchiesta o che cerchi in qualche modo di forzarne le decisioni risulterebbe alla prova dei fatti non solo nullo, ma controproducente;

3) che se come risulta al Governo americano si era verificato in questi ultimi giorni un inasprimento dei rapporti fra Italia ed Etiopia (cosa che a noi non risulta) tale stato di cose non era certo da attribuirsi ali 'Italia, la quale, malgrado il rifiuto etiopico di accettare il modus vivendi, aveva ispirato e continuava ad ispirare la sua condotta nei riguardi del problema eritreo allo spirito ed alla lettera del modus vivendi stesso;

4) che il Governo italiano era pronto a dare ancora una volta in occasione della venuta della Commissione a Roma e più tardi a Lake Success prova della sua moderazione, ma che non avrebbe potuto mettersi dalla parte del torto di fronte alla Assemblea col perorare una soluzione del problema eritreo che fosse osteggiata dall'opinione pubblica italiana e da una gran parte della popolazione eritrea: a) perché era profondamente convinto che tale soluzione non avrebbe mai avuto la possibilità di ottenere i necessari due terzi dei voti dell'Assemblea; b) per l'impossibilità di presentare alla propria opinione pubblica una siffatta soluzione;

5) che l'Italia non ha nessun timore per gli interessi degli italiani in Eritrea perché è perfettamente convinta che qualsiasi soluzione la quale tenga effettivamente conto delle reali esigenze politiche ed economiche dell'Eritrea dovrà necessariamente salvaguardare gli interessi italiani i quali sono alla base della consistenza economica e della prosperità di quel territorio.

Ciò premesso il Governo italiano non appena a conoscenza del rapporto che la Commissione d'inchiesta dell'O.N.U. presenterà all'Interim Committee sarà lieto, sia attraverso contatti a Londra con i Governi inglese ed americano, sia in sede di Inte

rim Committee all'O.N.U., di prendere in esame qualsiasi proposta che ponga su basi reali la soluzione del problema eritreo purché essa sia in armonia con il rapporto della Commissione dell'O.N.U. e sia tale da poter ragionevolmente far ritenere che sarà accolta dalla maggioranza degli Stati presenti all'O.N.U.

L'Italia è profondamente convinta che qualora l'Etiopia e la Gran Bretagna desiderino realmente ricercare una soluzione al problema eritreo nello spirito di cui sopra non dovrebbe essere impossibile raggiungere un accordo al riguardo sempre che si tengano in ogni momento presenti i desideri ed i bisogni del popolo eritreo, le necessità dell'Etiopia e la giusta tutela degli acquisiti interessi italiani in quel territorio.

Conditio sine qua non però a tale soluzione dovrà essere da parte della Gran Bretagna e soprattutto da parte dell'Etiopia la rinuncia a porre il problema eritreo sulla base dell'ormai noto dilemma: o spartizione o il caos.

L'odierna comunicazione di Sale, come quella di Strang a Londra 1 , è da porsi in relazione con l'andamento dei lavori della Commissione dell'O.N.U. e con gli orientamenti che essa, esaminata sul posto la situazione, va prendendo.

Appare infatti abbastanza evidente che la tesi della spartizione -che fino a qualche giorno fa il Foreign Office riteneva o mostrava di ritenere rafforzata, e in questo senso Allen si era espresso con d'Ajeta2 -appare oggi, a dir poco, meno salda e le previsioni sui risultati dell'inchiesta e sulle conclusioni della Commissione molto meno tranquillanti di quelle che il Foreign Office fino a qualche giorno fa non facesse.

D'altronde il Governo britannico ha fatto conoscere ad Addis Abeba, dove andava prendendo piede la tesi dell'unità del territorio sostenuta dagli stessi unionisti, che esso è fermo nella tesi della spartizione. È da attendersi che nuove pressioni vengano esercitate su di noi da parte britannica in vista della venuta a Roma della Commissione.

Se, nelle indagini in loco, la Commissione si è orientata, a quanto sembra, contro la spartizione, questo orientamento potrebbe essere ancora mutato, in seguito alle consultazioni alle quali essa procederà ad Addis Abeba, a Roma ed a Londra.

Questo è il senso che si può ricavare da quanto Strang ha detto a Gallarati Scotti. Un altro elemento conforta questa interpretazione: la Commissione d'inchiesta che, in seguito all'atteggiamento del Governo etiopico, aveva annullato la sua visita ad Addis Abeba, pare sia stata ora sollecitata di recarsi colà. Non sappiamo se questo è dovuto a pressioni inglesi, sappiamo che l'Inghilterra ha insistito ad Addis Abeba perché il Governo etiopico si tenga ferma sul principio della spartizione. Qualunque altra soluzione è, per ora, non approvata dal Foreign Office.

La posizione del Governo americano è per ora analoga, ma non identica a quella britannica. Da quanto detto da Sale risulta infatti che esso è favorevole alla spartizione pending le conclusioni della Commissione. Ciò non esclude che possa modificarsi dopo conosciute quelle decisioni.

Quello quindi che verosimilmente il Governo britannico vorrebbe da noi è che si «faciliti» il lavoro della Commissione e si rafforzi la posizione americana nel senso della spartizione. Il Foreign Office si rende infatti benissimo conto che, ove la Com

81 1 T. s.n.d. 3232/324 del 25 marzo da Londra, non pubblicato. 2 T. s.n.d. 2708/291 dell5 marzo da Londra, non pubblicato.

missione si pronunci contro la spartizione, scarse possibilità vi sono di giungere ad una tale soluzione. A noi non conviene, d'altronde, assumere impegno alcuno fino a quando almeno venuta la Commissione a Roma, non sapremo quali effettivamente siano le sue disposizioni. Solo quando avremo accertato queste disposizioni noi sapremo in che condizioni potremo negoziare. Ad eventuali sollecitazioni britanniche, e americane, noi non possiamo rispondere che nel senso nel quale S.E. il ministro si è espresso con l'ambasciatore Mallet3•

I nostri interessi sono:

l) che la questione Eritrea venga risolta;

2) che prima che la discussione in seno all'O.N.U. abbia inizio -e cioè prima della riunione dell'Interim Committee-si possa addivenire ad un accordo, il quale eviti altre acerbe discussioni a Lake Success;

3) che tale accordo sia tale che noi possiamo sostenerlo, e quindi sia tale che presumibilmente venga accettato dali' Assemblea generale; 4) che Italia, Inghilterra ed Etiopia siano soddisfatte.

80 2 Per la risposta vedi D. 89.

82

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, GUIDOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

APPUNTO. Roma, 28 marzo 1950.

Nel verbale e nelle due lettere accluse 1 è stato formulato, e viene ora sottoposto all'approvazione di V.E., il risultato delle conversazioni svoltesi a Palazzo Chigi, dal 15 al 28 marzo, con la delegazione austriaca presieduta dal ministro Leitmaier.

L'obiettivo principale delle discussioni era di rimuovere gli ostacoli che per cause varie avevano finora intralciato l'esecuzione d eli' Accordo sulle opzioni e che avevano creato tra i due Governi, su un argomento suscettibile di appassionare, da una parte e dall'altra, notevoli settori delle rispettive opinioni pubbliche, una divergenza di vedute profonda.

Nel corso dei colloqui preliminari che avevano avuto luogo, nel mese di dicembre, con lo stesso ministro Leitmaier era stato convenuto di esaminare, e di tentare di risolvere, anche altre questioni sussidiarie e connesse alla prima; tra le quali principale in ordine di importanza quella dei rioptanti la cui domanda era già stata respinta dalla Commissione italiana per le opzioni. Successivamente, nel corso di questa trattativa, testé conclusasi, è stata riconosciuta l'opportunità di trattare anche di altre questioni minori, ma dello stesso argomento. Cosicché il protocollo che si dovrebbe oggi firmare mira in effetti a regolare tutti i problemi connessi con le opzioni, con la

sola eccezione di quelli a contenuto patrimoniale per i quali si è convenuto tuttavia che, dopo Pasqua, si riuniranno di nuovo a Roma una delegazione italiana e una austriaca, assistite dagli esperti di tutti i dipartimenti tecnici interessati.

L'accordo, nelle sue grandi linee, si presenta nel seguente modo:

l) il Governo austriaco emanerà un apposito provvedimento, e darà ad esso adeguata pubblicità, con il quale si consente a tutti gli alto-atesini rioptanti di far domanda per l'acquisto della cittadinanza austriaca. Il provvedimento ed il comunicato che dovrà annunciarlo dovranno essere concordati con il Governo italiano. Con ciò si ristabilisce quella libertà di scelta che era indubbiamente nello spirito, ma non era nella lettera, dell'Accordo di Parigi; il Governo austriaco un anno dopo la chiusura del temine per le domande di riopzione, verrà così incontro alle nostre domande costantemente reiterate;

2) il Governo di Vienna ci garantisce la concessione della cittadinanza austriaca ad un numero di optanti non inferiore al 25% del loro totale, pari a circa 13 mila persone; ma, per ammissione dello stesso Leitmaier, il numero prevedibile di concessioni potrà essere «notevolmente superiore»;

3) per quanto riguarda gli alto-atesini la cui domanda di riacquisto della cittadinanza italiana è stata respinta (si tratta di circa mille persone, tra cui primeggiano però Tinzl e altri dirigenti legati più o meno strettamente a Gruber da vincoli politici) è stata concordata una formula che prevede il riesame di ogni singolo caso, in base anche e sopra tutto al comportamento degli interessati dal punto di vista della «lealtà verso lo Stato italiano e le sue istituzioni». È una formula che dice ben poco e ci impegna a ben poco; ma sarà nostro interesse, e non soltanto austriaco, vegliare a che, una volta realizzate le premesse, vi si dia, da parte nostra, equa e generosa esecuzione;

4) altri paragrafi regolano in modo soddisfacente la questione dei sequestri sui beni situati in Italia e proprietà degli alto-atesini non riammessi alla cittadinanza italiana, la questione del riconoscimento dei titoli di studio e di abilitazione all'esercizio delle professioni (questione delle «levatrici») nonché varie altre questioni minori relative agli impieghi e alle pensioni dei rioptanti. Le lettere che dovrebbero essere scambiate tra il ministro Leitmaier e il sottoscritto trattano invece di argomenti (riammissione dei notai, e partecipazione di appartenenti al gruppo etnico tedesco nei pubblici impieghi) nei quali non era possibile per noi, e gli austriaci lo hanno riconosciuto, accogliere le richieste dell'altra parte. Le lettere si limitano perciò a precisare il punto di vista italiano e a fornire delucidazioni sugli aspetti amministrativi e giuridici delle questioni.

Tanto il protocollo che le lettere saranno firmate oggi stesso, se approvate da VE., dai delegati italiani e dagli austriaci; il ministro Leitmaier le sottoporrà, al ritorno a Vienna, al suo Governo «per l'accettazione e l'esecuzione». È questa la formula concordata per evitare il permanere a Roma della delegazione austriaca sino a che il Governo di Vienna avesse terminato l'esame delle intese concordate. Resta però inteso che gli accordi non potranno essere oggetto di modifica o di ulteriore negoziato, bensì dovranno essere accolti o respinti in blocco.

Con l'emanazione del provvedimento per l'acquisto della cittadinanza avrà inizio l'esecuzione di tutto il complesso degli accordi, e tale inizio, concessione importante che è stato possibile ottenere soltanto all'ultimo momento, sarà indipendente dalla conclusione degli accordi sulle questioni patrimoniali per i quali è da prevedersi una trattativa lunga e non agevole.

81 3 Sforza aveva dato notizia de li 'incontro con Mali et con il T. segreto 2438/171 del 27 marzo, non pubblicato.

82 1 Non pubblicati.

83

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI

T. SEGRETO 25141117. Roma, 29 marzo 1950, ore 12.

Suo 243 1•

D'accordo per data. Per quanto riguarda argomenti ritengo essenziale mirare sin da ora a fare gradatamente del Consiglio atlantico, più che supremo organo regolatore dell'Organizzazione, vero consesso politico mondo occidentale. Prego pertanto

V.E. appoggiare qualsiasi proposta diretta portare in discussione non soltanto questioni istituzionali ed organizzative del Patto ma anche di politica generale. Ella ricorderà che così mi espressi anche alla riunione di Washington.

Mi sembra che punti 3 e 4 ordine del giorno proposto da inglesi sono già potenzialmente inclusi in punto 3 proposta americana: ma è meglio specificarli2 .

84

L'INCARICATO D'AFFARI A GEDDA, GUILLET, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 3377116-17. Gedda, 29 marzo 1950, ore 13 (perv. ore 21,30).

Missione Turcato telegrafato in data 27 corrente da Taiz quanto segue:

«Urgentissimo per Zoppi. Conversazioni con i componenti Governo yemenita procedono atmosfera favorevole. Successo Missione sembra per altro subordinato accoglimento richieste presentate oggi ufficialmente come segue: in vista prossime offerte che attendonsi da parte Governi francese americano egiziano ed altri per importanti lavori pubblici, idroelettrici, ricerche minerarie, Governo yemenita richiede invio Taiz entro circa quindici giorni di un funzionario del Governo italiano avente grande capacità per assumere funzioni di proprio consigliere tecnico allo scopo esaminare varie offerte progetti. Questi lavori pubblici concernono costruzione strade, porto Hodeida, bacini montani, centrali elettriche.

Mi sembrerebbe particolarmente adatto ingegnere specializzato ruolo Ministero dei lavori pubblici oppure Africa con trattamento [ ... p che abbia qualche esperienza coloniale. In ogni caso non (dico non) consigliabile Società SANE.

2 Per la risposta vedi D. 103.

Durata incarico circa quattro mesi. Governo yemenita rifonderà spese viaggio e provvederà vitto alloggio mezzi trasporto. Sarà altresì accordata indennità di 400 talleri pari a circa 200 dollari. Faccio rilevare importanza richiesta la quale oltreché interesse politico, presenta possibilità facilitare enormemente nostra penetrazione, poiché analoghi progetti sono stati richiesti anche a noi e saranno da me dettagliatamente trasmessi prossimamente unitamente a richiesta personale vario, fornitura materiali ed istituzione agenzia commerciale. Comunicasi ad ogni buon fine che sono qui presenti a Gedda funzionari Governatorato Gibuti e fra qualche giorno verranno da Gedda ambasciatore

U.S.A. e ministro Olanda Karachi tutti accompagnati da esperti. Prego telegrafare tramite legazione Gedda nominativo e data arrivo Aden predetto funzionario» 2 .

83 1 Vedi D. 76.

84 1 Gruppo mancante.

85

IL MINISTRO A BELGRADO, MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO 3408-3409/85-86. Belgrado, 29 marzo 1950, ore 23,35 (perv. ore 7,30 del 30).

Ministro aggiunto Veivoda mi ha consegnato memorandum risposta nostro memorandum del 21 corr. 1 premettendo che il Governo jugoslavo respingeva nostre proposte.

Memorandum accusa Italia aver seguito sistematicamente politica destinata separare Zona A da Zona B ed isolare quest'ultima, tale politica riducendo Zona B in situazione economica gravissima e trasformando Zona A in pari tempo del tutto italiana «au point de vue économique financier et autre».

Vengono particolarmente lamentati nostri accordi con amministrazione Zona A del 9 marzo, 6 maggio e 22 settembre 1948 nonché nostro rifiuto eseguire articolo Allegato VIII trattato di pace.

Governo jugoslavo ripetutamente protestato invano per tale politica e portato questione davanti Consiglio sicurezza.

Introduzione in Zona B tariffa doganale jugoslava e precedenti misure per consolidare tra Jugoslavia e Zona B legami economici e «altri» è conseguenza politica italiana del «fatto compiuto» che ha costretto Zona B particolarmente verso Jugoslavia «au point de vue économique et autre», conformemente interessi ed opinione popolazione locale.

Memorandum italiano destinato mascherare politica italiana «fatto compiuto». Governo jugoslavo respinge energicamente tentativi appoggiare rivendicazioni irredentiste aventi scopo annettere ad Italia territori jugoslavi che non le sono stati accordati da trattato di pace.

Pretesa italiana regolare problema Trieste avanzando pretese ingiustificate su «zona jugoslava Territorio Libero» non può essere base accordo tra i due paesi.

Tale accordo può fondarsi solo su reciproco riconoscimento rispettivi interessi.

Tentativi che non tenessero conto legittimi interessi Jugoslavia in Territorio Libero non potrebbero che recare gravi pregiudizi rapporti due paesi e compromettere sforzi soluzione reciprocamente soddisfacente.

Invio testo memorandum primo corriere2 .

Ricevuto memorandum da Veivoda. Ho osservato a titolo personale a Veivoda:

l) che parallelismo circa «fatti compiuti» sembravami realmente quanto meno illogico, perché mentre Jugoslavia amministra Zona B Italia non (dico non) amministra Zona A;

2) che constatavo che risposta Jugoslavia non conteneva accenno alcuno alla proposta italiana circa ristabilimento unione doganale e finanziaria T.L.T.; 3) che era vano parlare di accordo circa T.L.T. su basi reciproco interesse dal momento che nota definisce ingiustificata richiesta italiana circa Zona B.

Ho ritenuto opportuno aggiungere che irrigidimento ed espressioni vaghe rendevano difficile comprensione pensiero jugoslavo su tale problema. Permettomi segnalare come particolarmente degne di attenzione frasi relative al consolidamento dei legami economici e «altri in senso largo» tra Jugoslavia e Zona B.

84 2 Con T. 2665/16 del l a aprile Vidau rispondeva che della questione era stato interessato il Ministero dell'Africa italiana, riservandosi ulteriori comunicazioni.

85 1 Vedi D. 65, Allegato.

86

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

R. SEGRETO 3372/1847. Washington, 29 marzo 1950 (perv. il 6 aprile).

Ho l'onore di far seguito al mio telegramma del 27 corrente1 , concernente la prossima riunione del Consiglio nordatlantico.

La convocazione del Working Group e l'annuncio dell'invito ai ministri degli esteri per una sessione straordinaria del Consiglio nordatlantico sono stati affrettati, come ho riferito, a richiesta di Bevin ed allo scopo di consentire che questi menzionasse l'avvenimento durante il dibattito di politica estera alla Camera dei Comuni.

Ciò ha fatto sì che il Dipartimento di Stato si è trovato solo parzialmente preparato a fornire un progetto di ordine del giorno. Lo studio di questo, infatti, è apparso essere in una fase preliminare.

Nella prossima riunione del Working Group (che avrà luogo probabilmente verso la metà della settimana prossima, per dare a Perkins, al suo ritorno da Roma, la possibilità di prepararvisi e di presiederla) gli Stati Uniti esporranno qualche idea più precisa.

86 1 Vedi D. 76.

Frattanto l'ambasciatore di Francia ha presentato anch'esso uno schema di ordine del giorno, di cui ha dato confidenzialmente il testo a questa ambasciata e di cui allego copia a V.E. insieme a quella degli schemi americano e britannico2 .

In tutti e tre gli schemi si nota un motivo comune: dare, questa volta, al Consiglio nordatlantico un più ampio respiro, mediante la discussione di problemi politici generali. Non mancherò di incoraggiare, sulla base delle istruzioni di V.E., questa tendenza. Affinché essa produca risultati concreti, e cioè non conduca ad un generico scambio di vedute (inconveniente opposto, ma non meno grave di quello verificatosi finora), occorre che alla prossima sessione siano assegnati obiettivi specifici.

Finora, dalle idee scambiate qui fra il Dipartimento di Stato e le principali rappresentanze interessate, sembra che emergano tre possibili obiettivi:

l) lo studio delle misure atte a combattere il comunismo;

2) un più stretto coordinamento della politica estera dei paesi membri;

3) l'organizzazione della collaborazione economica fra i paesi membri, in un quadro più vasto di quello inerente alla difesa militare (art. 2 del trattato).

Naturalmente, ciascuno di questi punti si presta ai più diversi sviluppi. Ad esempio, il primo può essere posto in relazione con le misure adottate o da adottarsi in seno a ciascuno Stato per la repressione dell'attività rivoluzionaria comunista oppure in relazione con le direttive generali della politica verso l'U.R.S.S.

Inoltre, è lecito attendersi che la sessione sia influenzata dai risultati, più o meno precisi, dell'incontro Acheson-Bevin-Schuman, destinato a precedere la sessione medesima.

Da parte nostra, mentre è necessario intraprendere al più presto il lavoro preparatorio per la futura discussione dei punti anzidetti (e degli altri eventuali, a mano a mano che fossero indicati) conviene anche domandarsi se vi sia la possibilità di aggiungere all'ordine del giorno qualche argomento, che, pur senza uscire dal quadro della politica generale, interessi particolarmente l'Italia. Per parte mia non riesco a vederne che uno: la Jugoslavia. Senonché, sono alquanto dubbioso sull'opportunità di una discussione generale in proposito. È bensì vero che la questione di Trieste potrebbe, a rigore, esserne esclusa, mettendosi, invece, l'accento sul problema generale dell'atteggiamento da consigliare ai membri del Patto atlantico nei riguardi del fenomeno titino; ma è ugualmente vero che, in pratica, ci troveremmo di fronte a molti paesi assai meno interessati di noi ad usare prudenza nei contatti con Belgrado3 .

85 2 Non pubblicato.

86 2 Non pubblicati. 3 Questo rapporto venne ritrasmesso (Telespr. 409/c. del 21 aprile) a Londra e Parigi insieme ai telespressi 3672/2047 del 6 aprile e 3789/2064 del 7 aprile. non pubblicati.

87

IL CAPO DELLA MISSIONE NELLA R.F. DI GERMANIA, BABUSCIO RIZZO, AL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, GUIDOTTI

L. 1112. Francoforte, 29 marzo 1950.

Grazie vivissime per avermi inviato copia del rapporto dell'ambasciatore Soragna e copia della lettera inviata a Quaroni a firma del ministro 1• Circa quest'ultima avrai visto da un mio telegramma di ieri2 gli ultimi sviluppi della situazione nei confronti dell'ingresso della Germania al Consiglio di Europa. Ti sarei grato, non appena ne sarai in condizioni, di telegrafarmi quanto da parte nostra sarà stato possibile fare per venire incontro alle imprescindibili esigenze parlamentari esposte da Adenauer.

Sul viaggio poi del cancelliere Adenauer in Italia mi pare che siamo in perfetto accordo con il Vaticano. Fin dalla prima visita fattagli, fui infatti io stesso a prendere la iniziativa, come ricordi, di assicurare Adenauer che il Governo italiano avrebbe fatto tutto il necessario per conservare al suo viaggio un carattere prevalentemente religioso.

Sono pienamente d'accordo con te che una mia gita in Italia sarebbe ora effettivamente sganciata da ogni connessione con il progettato viaggio di Adenauer. E ti ringrazio vivamente, come ti sono sempre molto grato per l'interessamento preso la volta precedente, della tua amichevole offerta di facilitarmi una mia eventuale gita in Italia.

Non dubito che, nonostante il tempo trascorso e la maggiore cautela che è chiaramente subentrata in Adenauer nel trattare i rapporti con l'Italia, se io dovessi venire a Roma, qualcosa egli mi direbbe dei suoi progetti.

Mi riservo di usufruire del mio congedo ordinario al momento in cui me ne sarà maturato il diritto e cioè nella prossima estate. Se tu credi che sia possibile intanto ottenere un «chiamata a conferire» o un viaggio di servizio nel corso delle prossime settimane, credo che ciò sarebbe effettivamente molto utile per cercare di precisare i progetti di Adenauer e potere a voce riferire ancora sui problemi più importanti. Lascio a te ogni decisione.

Credo anche utile aggiungerti che fra pochi giorni sarò in pieno trasferimento a Bonn e poi vi sarà un'interruzione di attività con le vacanze pasquali. Se tu credi che una mia corsa a Roma sia possibile essa potrebbe utilmente avvenire nella seconda quindicina di aprile.

P.S.: In caso positivo mi sarebbe necessario avere notizia del deciso mio breve viaggio a Roma prima di Pasqua per predisporre i contatti necessari. Grazie.

87 1 Vedi DD. 50 e 61. 2 Vedi D. 80.

88

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO 3467/253. Washington, 30 marzo 1950, ore 20,25 (perv. ore 7,30 del 31).

Suo 2483/c. 1• Nostro memorandum2 , non ancora pervenuto a Dipartimento da ambasciata Roma, gli è stato fornito da questa ambasciata che lo ha ricevuto ieri.

Dipartimento ha promesso pronunziarsi al più presto, confermando frattanto comprensione per nostro punto di vista. Tuttavia ho impressione che odierna risposta jugoslava (di cui ha dato notizia stamane New York Times e che ho opportunamente commentato) possa prolungare esame questione da parte americana. Proseguo interessamento.

89

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERJI

T. S.N.D. PRECEDENZA ASSOLUTA 3506/7. Strasburgo, 31 marzo 1950, ore 17,50 (perv. ore 22).

Segretario generale faccia sapere urgenza e modo riservatissimo a cancelliere germanico che sono lieto miei sforzi abbiano contribuito a rendere del tutto accettabile a mio avviso lettera invito Consiglio Europa (che gli sarà trasmessa da Alta Commissione alleata) eliminandone carattere discriminatorio o condizionale. Di fronte ferma opposizione maggioranza ho dovuto riconoscere impossibilità a tutt'oggi far accettare osservatore tedesco nel Comitato ministri esteri. Tuttavia difficoltà potranno essere superate in seguito sia attraverso inevitabile assunzione politica estera da parte Governo federale sia attraverso ulteriore azione in seno al Comitato allorché una delegazione tedesca parteciperà attivamente e fecondamente a lavori Assemblea consultiva.

Per me confido nell'interesse stesso Governo tedesco e della organizzazione dell'Europa che il Bundestag comprenderà necessità di una significativa adesione Consiglio Europa2 .

88 1 Del 28 marzo, con il quale Guidotti aveva ritrasmesso a Parigi, Mosca, Washington e Belgrado il D. 75. 2 Vedi D. 65. 89 1 Trasmesso anche a Zoppi che, seguendo le istruzioni, lo inoltrò a Babuscio Rizzo con T. segreto 2628/63 (Francoforte) 29 (Bonn) del l o aprile. 2 Per la risposta vedi D. Il O.

90

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

R. SEGRETO 3515/1940. Washington, 31 marzo 1950 (perv. i/12 aprile).

Il segretario di Stato è venuto iersera a pranzo all'ambasciata, in via eccezionalissima. È il primo pranzo del genere che egli abbia accettato. Mi aveva pregato che fosse una serata ristrettissima e assolutamente intima; perciò, oltre la coppia Acheson, avevo invitato soltanto la coppia Frankfurter (il giudice della Corte suprema e la signora) perché vecchi e fedeli amici degli Acheson fino da Harvard. Con le mie figlie eravamo otto in tutti.

Già prima di cena il segretario mi ha parlato della situazione in Italia compiacendosi molto della fermezza, dell'equilibrio e dell'onesto coraggio che De Gasperi e Sforza mettono in opera con tanta maestria nella politica interna ed estera.

Mi ha ricordato i suoi incontri con entrambi e lasciato intendere che considera fondamentale, per l'orientamento della politica italiana (specie dato il difficile momento: fine 1946-principio 194 7) il viaggio e l'esperienza del presidente del Consiglio in America 1• Sforza conosceva già perfettamente il paese, le sue manchevolezze, ma anche le sue possibilità ed il suo immenso buonvolere.

Mi ha domandato se non credevo che le polemiche, gli attacchi, la somma confusione parlamentare di questi giorni non nuocessero gravemente al buon nome e al prestigio americano in Italia.

Gli ho risposto che la massa non comunista seguiva poco e vagamente queste questioni. Le personalità responsabili, sia per il loro naturale intuito, sia per le informazioni eh 'io venivo loro inviando, erano certo spiacenti di questa arruffata logomachia, ma per certo valutavano tutto questo rumore come estremamente superficiale e non tale da intaccare la sostanza della salda compattezza e forza degli Stati Uniti.

Troppe volte nella storia di questo paese si sono avute crisi di questo genere: una specie di sfogatoio spontaneo per le maggiori e più serie preoccupazioni. Wilson e Roosevelt hanno subito di peggio. Ma la robustissima spina dorsale del paese non ha per questo risentito che piccole scosse. Sono convinto -gli ho detto -che in Italia ove si ha il senso delle proporzioni pochi danno importanza a questi fenomeni che sono propri della esuberanza americana e non hanno effetti in profondità.

E poiché siamo passati a parlare degli aiuti militari, Acheson mi ha detto di essersi più volte domandato, senza trovare in sé una sincera risposta, se l'invio di armi era veramente gradito alla maggioranza del popolo in Italia e in Francia, o se non creava uno stato di apprensione.

Gli ho risposto che, a proposito delle minacciate manifestazioni comuniste e dei tentativi di mobilitare, anche da noi, i lavoratori dei porti contro i carichi in arrivo, io avevo interrogato il ministro Sforza e ne avevo avuto la più ferma e schietta

risposta: il Governo può garantire lo scarico senza notevoli incidenti, perché ha forze sufficienti per assicurare l'ordine e ha con sé la stragrande maggioranza dell'opinione pubblica.

Ho aggiunto che, evidentemente, data la situazione mondiale e europea sempre più torbide, la parte sensata e ragionevole che dirige le sorti del paese intende in Italia facilmente che ogni nuova possibilità di difesa dei nostri interessi è benefica. Non v'è la minima velleità o volontà di provocare chicchessia, ma v'è la determinazione di difenderci se attaccati, e per questo ci vuole un minimo di forza, di fiducia, di preparazione tecnica. Perciò è estremamente utile che l'America ci aiuti con armi e mezzi e ci permetta di sviluppare la produzione degli strumenti che debbono assicurare -al massimo grado possibile -le necessarie condizioni di difendibilità del nostro territorio, dei nostri beni spirituali e dei nostri interessi.

Acheson è stato su ogni punto d'accordo. Dopo pranzo ho attaccato prudentemente il problema delle nostre relazioni con la Jugoslavia riallacciandolo ad un colloquio che avemmo allo State Department.

Acheson ha convenuto senz'altro che ogni iniziativa per la eliminazione della «spina» di Trieste era venuta da parte degli jugoslavi che sembravano allora animati da propositi conciliativi. Ho ricordato però i tentativi da essi fatti a Roma basati caparbiamente e inutilmente sulla speranza di ottenere un vantaggioso mercato quale quello proposto vagamente da Tito a Togliatti nel novembre '462 •

All'affermazione mia che abbiamo fatto e siamo pronti a fare ogni ragionevole sforzo di buona volontà e conciliazione, ma che ci troviamo di fronte a balzane proposte e ripetute prove di irresponsabilità da parte di Belgrado, Acheson ha riconosciuto che questo è perfettamente vero e che abbiamo ragione di lagnarcene. E, con un discorso un po' oscuro e contorto, mi ha lasciato intendere che egli stesso non riesce a capire il gioco jugoslavo nel suo insieme e ne è assai preoccupato. Mentre non è abitualmente un fedele del wait and see britannico, pure pensa che, rispetto a questo problema ed in questa situazione, convenga andare adagio e valutare via via gli eventi senza dare l'impressione di voler risolvere, per esempio, il problema di Trieste in fretta. Dopo tutto nel complesso la situazione è favorevole all'Italia. I successivi attentati nella Zona B e le successive proteste alleate non avvantaggiano lo «stato di fatto» che gli jugoslavi vorrebbero creare e che può derivare soltanto o da una cristallizzazione, improbabile, dello status qua, o da maggiori avvenimenti internazionali che è impossibile valutare ora in anticipo.

Quanto alle proteste alleate, naturalmente, sono da concordare con Londra e Parigi, per non parlare linguaggi diversi che nuocerebbero alla portata del gesto comune.

Acheson ha pure ammesso la sincerità e la continuità dei nostri sforzi per richiamare l 'Etiopia ad una più intelligente comprensione della realtà e del suo stesso interesse. Egli attribuisce lo stato d'animo abissino sia alle incertezze ed ai timori del negus, sia ai tristi ricordi del passato, sia al fondo barbarico estremamente difficile degli etiopici, sia infine alla loro scarsa capacità di comprensione dei problemi umani e politici dal punto di vista europeo e americano.

Ci esorta però a continuare con la massima pazienza i nostri sforzi di cui apprezza il reale valore; perché pensa che per quella via troveremo la soluzione dello spinoso problema. L'America ci aiuterà ogni qual volta se ne presenterà l'occasione o gliela indicheremo.

La conversazione non è stata mai «di affari»; ma come tutte quelle conviviali e post-conviviali, saltuaria e scucita, con frequenti ed arguti interventi del giudice Frankfurter. A proposito dell'Etiopia Frankfurter ha detto, ad un certo punto: «Già le vostre relazioni con l'Etiopia sono un po' come quelle degli inglesi con l'Irlanda: gli inglesi dovevano ricordare quello che gli irlandesi dovevano dimenticare».

Nonostante che Acheson sia considerato piuttosto anglofilo, Frankfurter gli ha fatto convenire che il Governo di Londra era stato pietoso e grottesco nel provocare «il caso Seretse».

Erano anche tutt'e due d'accordo nel considerare insana e disastrosa l'ostinazione di Leopoldo a voler tornare sul trono belga nelle attuali condizioni creando una così grave crisi nazionale. Mi ha domandato come il Vaticano potesse appoggiare un tale tentativo. Gli ho risposto credere che si tratti piuttosto e specialmente di azione del clero locale.

A proposito di ostinazioni, abbiamo parlato di quella infausta per la monarchia di Vittorio Emanuele III; e Acheson si è molto interessato a quello che faceva Umberto, lodandolo per mantenersi in una dignitosa posizione di riserbo.

Il segretario ci ha raccontato il suo scontro con la Commissione del Senato per il punto quarto avvenuto il giorno stesso. Tra gli altri il senatore Wiley del Wisconsin (in rinforzo del malconcio senatore McCarthy) insisteva per sapere perché mai l'America, che aveva tutto il necessario per assicurare il suo benessere e la sua difesa, dovesse interessarsi dei casi straordinari altrui.

Acheson gli ha domandato se lo Stato del Wisconsin avesse dei buoni pompieri, delle buone leggi contro gli incendi e un buon sistema di assicurazione. Wiley ha affermato che certo erano i migliori del mondo. Ciò nonostante avete incendi, gli ha risposto Acheson ed è proprio contro questi incendi inevitabili che nessuno può prevedere o vincere senza adeguata preparazione, che noi lavoriamo oggi, rinforzando l'Europa e studiando il modo di mettere in valore e in efficienza le forze depresse del mondo.

Ha aggiunto che non si illudeva di aver convinto il senatore Wiley o i colleghi del suo tipo perché sono decisi a sostenere che qualunque cosa faccia il Governo democratico è soltanto ai fini di sperpero o di losche speculazioni di amici dell' Amministrazione. Ma i più per fortuna sono altrimenti orientati.

Al senatore Connally che lo rimproverava amichevolmente di essere andato a parlare di politica estera in California anziché nel Texas (the biggest State in the Union) Acheson ha risposto che la California l'aveva invitato e il Texas no. Era pronto ad andarci se lo invitavano. Al che Connally non ha replicato.

Speriamo, se ci va, che non gli parlino della Church of Christ.

90 1 Per l'elenco dei documenti pubblicati sull'argomento vedi serie decima, vol. IV, Tavola Metodica, I. Questioni, Vìaggio di De Gasperi negli Stati Uniti.

90 2 Vedi serie decima, vol. IV, D. 478.

91

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ZOPPI, ALLE AMBASCIATE A LONDRA, PARIGI, MOSCA E WASHINGTON, ALLA LEGAZIONE A BELGRADO E ALLA RAPPRESENTANZA A TRIESTE

T. SEGRETO 2623/c. Roma, ] 0 aprile 1950, ore 13.

(Solo per Mosca, Belgrado, Trieste) Ha telegrafato a Washington Londra e a Parigi quanto segue:

(Per tutti) Da un primo esame risposta jugoslava', che attendiamo conoscere nel testo integrale, si desume che in sostanza Governo jugoslavo porta ora contro di noi stesse accuse che furono portate contro Governo militare alleato Zona A davanti Consiglio sicurezza O.N.U. il quale le respinse. Nota jugoslava non contiene invece nessun accenno nostra proposta avviare trattativa con G.M.A. e V.U.J.A. per ristabilimento unità economica e doganale del T.L.T.

In via di massima sarebbe perciò nostro intendimento replicare con argomenti più o meno analoghi a quelli fatti a suo tempo valere da rappresentanti nord-americano e britannico davanti Consiglio sicurezza e concludere invitando Governo jugoslavo far conoscere se aderisca o meno nostra proposta di trattare.

Poiché nostra nota non sarà pronta prima di una diecina di giorni, sarebbe opportuno che progettato passo congiunto anglo-franco-nordamericano a Belgrado agisse nel senso indurre Governo jugoslavo aderire proposta trattativa.

92

IL MINISTRO A BELGRADO, MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 3568/91. Belgrado, ]0 aprile 1950, ore 20,30 (perv. ore 8 del 2).

Ho rappresentanto a questo ambasciatore U.S.A. mie preoccupazioni circa ulteriori gesti jugoslavi tendenti incorporamento Zona B. Ne sono indice prossime elezioni e programmi partiti Zona B per acceleramento nazionalizzazione. Allen ne ha convenuto. Da parte sua Allen mi ha espresso suo pessimismo circa disposizioni jugoslave di abbandonare anche in parte Zona B. Tale pessimismo, derivato anche da sua conversazione con Kardelj, ha comunicato a Dipartimento Stato aggiungendo che egli ritiene per il momento non opportuno continuare approcci in materia con questo Governo. Tuttavia Dipartimento Stato non sembra di questo avviso. Ho

spiegato che probabilmente si pensa che tenere viva questione possa servire allontanare altri fatti compiuti da parte jugoslava. Allen mi ha chiesto consiglio circa opportunità proporre sondaggio qui a titolo personale. Ho risposto che per il momento essi potrebbero indebolire passi potenze alleate conseguenti a nostro memorandum1 .

Ho espresso opinione, qualora intervento tripartito non sia congiuntamente tempestivo ed energico, jugoslavi potrebbero essere incoraggiati proseguire loro azione ormai chiaramente tendente a sanzionare in tempo più o meno breve annessione di fatto Zona B già praticamente in atto: ciò che pure Allen paventa.

Ho aggiunto mia opinione che preoccupazione di porre condizioni a Tito contro aiuti economici devono cadere di fronte a palese violazione di trattati internazionali. Siamo rimasti d'accordo che per ora Allen attende istruzioni da Washington2 .

91 1 Vedi D. 85.

93

COLLOQUIO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, CON IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI GRAN BRETAGNA, BEVIN

APPUNTO. Strasburgo, JO aprile 1950.

Iniziai conversazione esprimendo a Bevin mio compiacimento che trapasso poteri in Somalia fosse avvenuto con tanta cordiale comprensione fra le due parti. «Questo conferma quanto vi dissi giorni fa a Roma 1 : che fra noi ci furon soprattutto sospetti e equivoci che è facile eliminare». Bevin aderì cordialmente.

Gli accennai poi agli ultimi selvaggi assassinii in Eritrea e gli raccomandai ordinare maggiore energia «perché questi incidenti nuocciono all'atmosfera che vorremmo, da parte nostra, creare».

Mi rispose, quasi seccato, che ignorava tutto di tali incidenti. Ciò mi obbligò a rispondergli che se la sua ignoranza provava scarso interesse del Foreign Office per quei crimini la cosa avrebbe un inquietante significato.

Bevin scusò la cosa col viaggio e col suo star poco bene, ciò che forse spingeva altri a mandargli solo l'essenziale. Avrei potuto osservare qualcosa su questo «essenziale» ma preferii venire allo scopo della mia visita. Dissi a Bevin che ero lieto d'una occasione di spiegargli chiaro, senza intermediari, il mio pensiero circa i nostri interessi africani:

a) che noi volevamo il nostro decennio somalo senza incidenti, che a ciò porremmo tutte le cure, ma che ben sapevamo chiave dei nostri rapporti con Etiopia, anche alla frontiera somala, trovarsi in Eritrea;

2 Ritrasmesso a Washington con T. segreto 2675/126 del 3 aprile.

Il O

b) che in Eritrea noi non potevamo, sotto pena di squalifica passata e futura, non attenerci strettamente a quanti saranno i dettami della Commissione d'inchiesta e dell'O.N.U.; ma che ben sapevamo che in certe distrette l'O.N.U. potrebbe essere di scarso aiuto ...

Bevin: Interrrompendo soddisfatto: Già, fate bene a ricordarvi della Palestina e di tanti altri casi.

/o: Faremo di tutto perché l'O.N.U. funzioni per noi, se occorra. Ma appunto perché devo tutto prevedere voglio dirvi, a titolo privato e personale, che poiché la chiave dei nostri rapporti coll'Etiopia è in Eritrea io non sarei alieno dal considerare-se ciò accada fuor di noi, e non contro l'O.N.U. -la possibilità di intenderei per una vostra posizione egemonica in Eritrea che togliesse a Addis Abeba ogni sospetto anti-italiano. Potremmo anche aiutarvi, forse, ma purché voi offriste a noi in Eritrea garanzie ben più vaste di quelle dell'accordo Bevin-Sforza.

Bevin: Perché?

/o: Perché i fatti han mostrato al mondo che l'Etiopia è proprio incapace di garantire l'ordine e la civiltà in Eritrea, dove ordine e civiltà e progresso son solo assicurati dagli italiani.

Bevin si mostrò interessatissimo alla suggestione, talché mi domandò come vedevo una permanenza inglese potesse verificarsi. Un trusteeship?

/o: Non so, non so; e aggiunsi ridendo: Perché non una indeterminata touristica residence come faceste in Egitto? Ricordatevi comunque che la mia è un'idea tutta personale, che deve essere maturata o no nel Gabinetto. Anche se non si realizzasse tenetela come una prova del nostro costante desiderio di trovare fra voi e noi un'intesa generale che valga ovunque.

Bevin: Me lo auguro. Anche ieri sera al Comitato ristretto fra quattro ministri e quattro deputati non vedeste come tutto marciò bene perché noi due fummo d'accordo e come ciò permise che tutte le vostre proposte fossero accolte?

92 1 Vedi D. 65, Allegato.

93 1 Vedi D. 7.

94

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI

T. 3581/9. Strasburgo, 2 aprile 1950, ore 19,15 (perv. ore 21).

Arrivo domani pomeriggio. Riunioni del Consiglio ebbero maggior dignità che alla sessione di Parigi e quindi non ho avuto altro dovere evitare un inutile sgarbo al Governo Bonn. Ieri sera e stamane ho avuto una conversazione con Bevin circa nostri interessi di Africa1 e con Schuman circa unione doganale. Riferirò su ciò a voce.

94 1 Vedi D. 93.

95

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI ECONOMICI, GRAZZI, ALL'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO

T. 2680/60. Roma, 3 aprile 1950, ore 16.

Mio23 1•

C.I.R. -ha esaminato questione concernente importazione note 200 mila tonnellate grano deliberando vengano riprese trattative per definire relativo acquisto allo scopo sopratutto consentire regolamento importanti forniture in corso. In relazione, però, mutate situazioni mercato e offerte assai più vantaggiose attualmente praticate C.I.R. -ha disposto partire da prezzo 80 dollari per tonnellata accettando, solo eccezionalmente, prezzo lievemente maggiore ma mai superiore a 85. Codesta ambasciata è pregata pertanto riaprire negoziati attenendosi istruzioni

anzidette e tenendo presente informazioni già pervenute le sul mercato granario. Si rimane attesa conoscere esito passo compiuto2 .

96

IL MINISTRO A BELGRADO, MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 3621/93. Belgrado, 3 aprile 1950, part. ore 0,20 del4 (perv. ore 7).

Ministro aggiunto Mates mi ha ieri invitato a casa sua, presente anche il ministro aggiunto Veivoda: sintetizzo quanto mi ha detto in lunga conversazione. Bisogna compiere opera storica risolvendo definitivamente questione Trieste. Questione pesa ormai come un'ombra su ogni nostra trattativa e sua soluzione servirà anche a risolvere ogni altra pendenza fra i due paesi. Governo jugoslavo, dopo aver esaminato problema sotto ogni aspetto compreso quello etnico, non vede altra soluzione che attribuire Zona A a Italia e Zona B a Jugoslavia. Se è vero che italiani resteranno in Jugoslavia d'altra parte sloveni restano in Italia. Si può anche fare accordo per scambio popolazioni. Governo jugoslavo rendendosi conto realtà situazione e nell'intento risolvere problema, è nella questione disposto a rinunziare definitivamente a Trieste e a ogni altra rivendicazione sfidando al momento opportuno impopolarità decisione. Accordo del genere potrebbe essere concluso immediatamente. Molto esplicitamente Mates ha aggiunto che, se Italia non accetta tale soluzione di fatto, Jugoslavia continuerà ad amministrare Zona B mentre Italia non amministrerà Zona A. Inoltre Jugoslavia non

2 Vedi DD. lO l e 106.

rinunzierà a rivendicazioni avanzate all'epoca del trattato pace. Anglo-americani non (dico non) faranno una guerra per la Zona B, ma nella presente situazione politica non (dico non) faranno nemmeno pressione su Jugoslavia.

Se in Italia si continuerà campagna per Zona B Jugoslavia risponderà con pari energia. Governo italiano deve rendersi conto determinazione Governo jugoslavo, che ha già osato fronteggiare potente Russia.

Governo jugoslavo attende quindi urgentemente che il Governo italiano si convinca che una simile soluzione è la sola possibile e conveniente e in tal senso indirizzi opinione pubblica.

È inutile aggiungere che conversazione si è ridotta sopratutto a monologo e che da parte mia ho dichiarato che punto di vista jugoslavo non offre la minima base di discussione.

Desiderio jugoslavo risolvere problema sembra essere unico lato positivo conversazione. Resta a vedere se non convenga fare proporre per vie non ufficiali altre possibili soluzioni 1•

95 1 Del 9 febbraio, non pubblicato.

97

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO 3627/2601 . Washington, 3 aprile 1950, ore 21,02 (perv. ore 8 de/4). Suo 1262 .

Stamane in apposita riunione presieduta da Perkins (rientrato sabato da Roma) Dipartimento Stato ha studiato atteggiamento da adottare in seguito a recente illegale iniziativa jugoslava Zona B. Sono state esaminate tanto considerazioni prospettate da Allen quanto argomentazioni e sollecitazioni questa ambasciata.

È stato constatato che iniziativa jugoslava richiede intervento congiunto anglo-franco-americano, ma, a causa delle note preoccupazioni, non (dico non) è stata ancora concretata forma di esso. Proposta italiana trattative con Governo alleato ed Amministrazione jugoslava per ristabilimento unità economica Territorio Libero è vista con favore da Stati Uniti a sarà certamente segnalata-seppure in forma generica -in nota tripartita a Belgrado.

Informazioni pervenute a Dipartimento di Stato concordano con quelle nostre nell'indicare che anche Governi britannico e francese ritengono necessario intervento. Ulteriori consultazioni in proposito avranno luogo prossimi giorni a Londra e Parigi.

Dipartimento di Stato ha promesso concretare sue decisioni con massima urgenza.

Questa ambasciata ha nuovamente prospettato necessità prendere posizione presto ed efficacemente per prevenire nuove iniziative jugoslave e per facilitare accoglimento costruttiva proposta italiana.

96 1 Per la risposta vedi D. 100. 97 1 Ritrasmesso a Londra, Mosca, Parigi, Belgrado e Trieste con T. 2728/c. del 4 aprile. 2 Vedi D. 92, nota 2.

98

IL MINISTRO A BELGRADO, MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO 3674/98. Belgrado, 4 aprile 1950, ore 20,50 (perv. ore 7,30 del 5).

Telegramma ministeriale 2623/c.'.

Questi ambasciatori U.S.A. e Francia, che ho visto ripetutamente in relazione situazione Zona B e nostro memorandum2 , concordano circa necessità loro Governi compiano passi energici presso Belgrado prima elezioni in detta Zona. Loro eventuale silenzio verrebbe infatti interpretato qui come abbandono dichiarazione 20 marzo3 e tratta in bianco a Governo jugoslavo su futuro Zona B.

Sono però incerti circa forma che potrebbe assumere passo tripartito.

Allen, dopo precipitosa concessione prestito americano a seguito aggressivo discorso Tito a Uzice4 appare restio a suggerire a suo Governo atteggiamento troppo rigido.

Payart, da parte sua, pur essendo persuaso opportunità passo assai fermo, è d'avviso che efficacia intervento tripartito sarebbe irrimediabilmente compromessa da eventuale successivo cedimento americano, analogamente a quello che ha seguito discorso Uzice.

Ho opportunamente illustrato nostro punto di vista e mi tengo in contatto anche con questa ambasciata di Gran Bretagna che però non ha ancora ricevuto nessuna comunicazione dal suo Governo e si trova provvisoriamente senza titolare.

2 Vedi D. 65, Allegato.

3 Vedi serie decima, vol. VII, DD. 468 e 469.

4 Sul quale Martino aveva riferito con T. 1872/36 del22 febbraio, non pubblicato.

98 1 Vedi D. 91.

99

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GALLARATI SCOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 3684/356. Londra, 4 aprile 1950, ore 22 (perv. ore 7,30 del 5).

Ho visto stamane nuovo ministro di Stato il quale ha voluto, in occasione questa mia prima visita, compiere con me rapido giro orizzonte situazione internazionale, toccando in particolare rapporti italo-britannici.

Younger, pur non drammatizzando momento politico generale, non mi ha nascosto serietà situazione e necessità quindi per tutti contribuire al massimo rafforzamento compagine occidentale. Nel quadro di tale assoluta esigenza Gran Bretagna intende dare il suo ponderato ma pieno contributo come del resto ne ha dato prova ora a Strasburgo ed intende darne in riunioni londinesi, di indubbia portata, previste

. .

per prossimo maggiO.

Ministro di Stato ha poi espresso soddisfazione per stadio raggiunto da rapporti italo-inglesi e, sempre nel quadro rafforzamento compagine occidentale, ha dichiarato quanto sia essenziale che questioni ancora in discussione -particolarmente quella Eritrea-siano da una parte e dall'altra affrontate su piano di serenità e realismo con esatta percezione delle loro proporzioni nei riguardi dei ben più vasti problemi sui quali già collimano le finalità delle nostre reciproche politiche.

Ho naturalmente concordato con tali premesse e le dichiarazioni di Younger mi hanno permesso, in armonia con le più recenti istruzioni di VE. -mi riferisco in particolare al telespresso ministeriale 3/5104 1 al quale mi riserbo di rispondere in dettaglio -di attirare, circa l 'Eritrea, tutta la più seria attenzione del ministro di Stato sull'indispensabilità di fare ogni sforzo per impedire che ripetersi sanguinosi incidenti locali possa gravemente incidere su relazioni nostri due paesi. Circa questo problema, che ancora ci divide, ho trovato poi modo di chiarire a Younger, con la giusta prudenza, che Governo italiano non intende, pur ovviamente salvaguardando tutti nostri interessi, di assumere posizioni estreme in occasione visita a Roma Commissione inchiesta O.N.U.

Younger ha voluto allora ripetere quanto si fosse dolenti a Londra per uccisioni italiani e, nell'assicurare che ulteriori misure sono state prese da parte inglese per migliorare difficilissima situazione, si è raccomandato «che tutto il possibile» fosse reciprocamente fatto per calmare tensione locale.

Di fronte anche a significativo silenzio etiopico e ben nota gravità complessa situazione locale Gran Bretagna -come del resto Stati Uniti -non poteva vedere che con preoccupazione eventualità di una soluzione che non tenesse conto di tutti attuali elementi problema e potesse divenire sempre più pericoloso focolaio instabilità e disordine in Africa orientale di cui principali minacciati sarebbero proprio italiani.

Governo britannico si preoccupava anche eventualità che conclusioni Commissione O.N.U. potessero mantenere aperto un dissidio che, portato alle più elevate istanze internazionali, potesse domani determinare inevitabili e sproporzionate incomprensioni nelle rispettive opinioni pubbliche nostri paesi.

Mio accenno a nostro atteggiamento nei prossimi contatti romani con Commissione inchiesta è stato apprezzato dal ministro di Stato quale auspicabile dimostrazione di quel sereno realismo di cui aveva parlato e a cui Inghilterra intendeva attenersi. Gli ho allora lasciato comprendere, come già a Strang (mio telegramma 324)2 che, a mio avviso, non si doveva perdere mai di vista possibilità di una qualche comprensiva intesa tra tutte parti interessate, in tempestiva armonia con l'O.N.U.

Non ho ritenuto si potesse oggi approfondire maggiormente la questione, tenuti anche presente i noti precedenti e le più recenti comunicazioni britanniche sull'argomento nonché punto di vista Dipartimento di Stato reso noto da codesta ambasciata americana3 .

99 1 Del 31 marzo, non pubblicato.

100

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALLE AMBASCIATE A LONDRA, MOSCA, PARIGI E WASHINGTON

T. 2756/c. Roma, 5 aprile 1950, ore 19,10.

(Solo per Mosca) Ho telegrafato a Washington Londra Parigi quanto segue:

(Per tutti) Legazione Belgrado telegrafa in data 4 corr. quanto segue:

[riproduzione del D. 96].

Ho risposto 1:

«Proposta jugoslava, spogliata oramai di ogni equivoco, dimostra da che parte stia intransigenza o voluta apparenza di intransigenza. Ella ha risposto nel modo migliore.

Mi rivolgo ai Governi dichiarazione tripartita mettendoli al corrente della comunicazione fattale e pregandoli di appoggiare e rinforzare noto passo per Zona B».

La prego di svolgere immediata azione costà ponendo anche in evidenza che tanto risposta jugoslava a nostro memorandum del 21 marzo2 , quanto attuale iniziativa ignorano, oltre tutto, nostro invito avviare trattative per ristabilimento unità economica e doganale del Territorio Libero.

Intera manovra potrebbe perfino sembrare preordinata a scopo porci innanzi a proposta chiaramente inaccettabile per trame poi giustificazione per procedere ad atti unilaterali.

3 Vedi D. 81. 100 1 Con T. segreto 2754/47, pari data, qui riprodotto. 2 Vedi DD. 65, Allegato, e 85.

(Per tutti ma non per Mosca) La prego aggiungere che la nostra volontà di leale e anche larga intesa con Belgrado rimane ferma ma che per raggiungere desiderato scopo bisogna essere in due3 .

99 2 Del 25 marzo, non pubblicato.

101

L'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 3699/71. Mosca, 5 aprile 1950, ore 16,50 (perv. ore 17).

Telegramma ministeriale 60 1 .

Uniformandomi istruzioni vedrò ministro Menshikov per comunicargli che trattative andranno riprese su nuove basi, dopo di che Mancini rinnoverà contatti con presidente Export-Kleb Feonov proponendo nuovo prezzo. Non mi nascondo tuttavia che, come spiegato mio telegramma 13 del20 gennaio2 , lungo tempo trascorso e spostamento basi trattative rendono ormai estremamente difficile loro successo. Riservami comunicare ulteriormente 3•

102

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GALLARATI SCOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. RISERVATO 3 728/361. Londra, 5 aprile 1950, ore 20,35 (perv. ore 7,30 del 6).

In relazione istruzioni V.E. di cui al telegramma 2623/c. del l o aprile1 , è stato nuovamente prospettato a F.O. necessità prendere ferma e tempestiva posizione a Belgrado per prevenire ulteriori iniziative jugoslave e per appoggiare nostre offerte trattative economiche e doganali per Territorio Libero.

Confermando quanto ebbe a dirmi Strang circa comprensivo appoggio britannico (mio 327)2, capo Dipartimento Europa orientale ha informato che si stanno svolgendo attualmente a Londra conversazioni anglo-franco-americane per concordare linea comune azione. Non era pertanto ancora in condizioni dare precise assicurazioni al riguardo ma poteva, a titolo per ora riservato, far presente:

2 Vedi serie undicesima, vol. III, D. 551.

3 Vedi D. 106.

2 Vedi D. 75.

l) notevole preoccupazione che in mancanza di una qualche pronta possibilità di distensione si venga a creare fra Italia e Jugoslavia, in questo delicato momento internazionale, una pericolosa frattura politica.

2) Intenzione di massima dei Governi francese ed americano di appoggiare iniziativa britannica.

3) Assicurazione che le decisioni concordate ci verranno comunicate (nonostante feste pasquali) prima della data approssimativamente indicata di una nostra risposta al memorandum jugoslavo, risposta che ad ogni modo F.O. consiglia sia consegnata solo dopo probabile intervento tre alleati.

Sviluppando quanto già rilevato da Strang (mio 318)3 , capo Dipartimento Europa orientale ha concluso che, a suo personale giudizio, generica formulazione nostra offerta per «ristabilimento unità economico-doganale» non appariva facilmente accettabile da parte di Belgrado (potendo essere interpretata come tentativo di rovesciare a nostro favore, con l'appoggio alleato, situazione Zona B) e comunque non sufficiente a intavolare utili trattative destinate, se non altro, a guadagnare tempo.

Riservomi riferire ulteriormente4 .

100 3 PerlerispostcvediDD.107, 109, 108e 104.

101 1 Vedi D. 95.

102 1 Vedi D. 91.

103

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO 3784/275. Washington, 6 aprile 1950, ore 21,41 (perv. ore 7,30 del 7).

Suo 1171•

Oggi in seno Working Group è stato ulterionnente discusso ordine del giorno Consiglio nord-atlantico, che al termine riunione è stato definito in seguenti tre punti principali:

l) revisione progressi effettuati in applicazione Patto atlantico; 2) discussione sviluppi politica mondiale; 3) provvedimenti tendenti rafforzare collaborazione fra membri.

Primo punto consisterà (oltre che in approvazione decisioni Comitato difesa e Comitato economico finanziario) in discussione su sviluppo sforzo economico finanziario occorrente per riarmo. Secondo punto comprenderà esposizione da parte del presidente osservazione dei singoli membri nonché eventuale discussione su argomenti specifici sollevati da qualche membro. Seguenti argomenti specifici sono stati oggi menzionati, primi due da rappresentante canadese e altri due da rappresentante

4 Vedi D. 107. 103 1 Vedi D. 83.

olandese: situazione tedesca, possibilità servirsi Nazioni Unite per facilitare raggiungimento scopi promossi da Patto atlantico, problema relazioni diplomatiche con paesi Cominform, cooperazione economica dopo 1952.

Terzo punto riguarderà più stretto coordinamento politica estera paesi membri, sviluppo articolo 2 in campo economico ed in campo informazioni, proposta creazione nuovo organo centrale di coordinamento. È altresì prevista discussione due altri punti minori: opportunità stabilire bilancio «Gruppo permanente» (in proposito da parte americana è stato già espresso parere sostanzialmente negativo); secondo creazione Ufficio pianificazione trasporti marittimi (da parte americana sarà presentato prossimamente apposito documento, secondo linee concordate in note discussioni).

E infine è stata proposta per riunione Consiglio data 15 maggio ed è stato previsto che sessione Consiglio medesimo termini 17.

È stato suggerito che ordine del giorno non (dico non) sia reso pubblico e che d'altra parte sessione Consiglio abbia inizio con breve seduta pubblica e termini con emissione comunicato.

Working Group si riunirà nuovamente martedì. Singoli paesi sono frattanto pregati pronunciarsi su tutto quanto precede.

l 02 3 Vedi D. 70.

104

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO 3782/278. Washington, 6 aprile 1950, ore 21,40 (perv. ore 7,30 del 7).

Suo 2756/c. 1•

Ho visto a lungo Perkins narrandogli conversazione Martino Mates illustrandogli inaccettabilità proposta jugoslava e ripetendogli diffusamente nostre argomentazioni in favore di una pronta ed esplicita reazione anglo-franco-americana.

Ho trovato Perkins convinto ambiguità jugoslava, esplicito nell'affermare che dichiarazione 20 marzo2 non deve essere indebolita, deciso richiamare attenzione Belgrado su illegalità sua azione in Zona B, ma ancora incerto su forma e tono di tale richiamo.

Gli ho spiegato che solo richiamo tempestivo ed accompagnato da chiara riaffermazionc dichiarazione 20 marzo può trattenere Belgrado da ritenersi incoraggiata ad insistere in sua condotta arbitraria c gli ho detto che attuale proposta jugoslava appare appunto frutto di errata interpretazione del silenzio americano. Perkins ne ha convenuto ricordando anche che stesso Beblcr in noto colloquio3 gli aveva

2 Vedi serie decima. vol. VII, DD. 468 e 469.

3 Vedi serie undicesima, vol. Ili, DD. 451 c 473.

accennato spartizione secondo linea etnica e non già fra Zona A e Zona B. Circa viaggio Allen a Roma, di cui stampa ha dato oggi notizia, Perkins mi ha assicurato che detto ambasciatore non (dico non) ha ricevuto istruzioni discutere con Dunn rapporto italo-jugoslavo.

Perkins ha promesso affrettare decisione su passi da intraprendersi a Belgrado.

104 1 Vedi D. 100.

105

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, GALLARATI SCOTTI, A PARIGI, QUARONI, E A WASHINGTON, TARCHIANI

T. SEGRETO PRECEDENZA ASSOLUTA 2821/c. Roma, 7 aprile 1950, ore 13,30.

Da varie fonti risulta che a prossima riunione Consiglio atlantico a Londra verrebbe proposta creazione di un vero e proprio Segretariato generale che dovrebbe assicurare coordinamento generale sostituendo Working Group di Washington.

Se notizia risulta esatta la prego accertare senza indugio se e quali idee siano già state concordate circa composizione futuro organo. Nel Comitato di Washington abbiamo avuto sinora parità assoluta con tutti gli altri; sarebbe inammissibile che in futuro Segretariato si perpetuasse situazione monopolistica Standing Group, tanto più che argomenti a suo tempo addotti per giustificarla non varrebbero per nuovo organo.

In questo caso dovrebbero invece valere in pieno precedenti O.E.C.E. e Consiglio d'Europa dove ottenni a Strasburgo per l'Italia un vice segretario generale. Prego V.E. intratteneme subito codesto Governo informandolo nella forma che riterrà più opportuna dal punto di vista più sopra espresso. Riferisca telegraficamente'.

l 05 1 Per la risposta di Gallarati Scotti vedi D. 114. Quaroni rispose con T. segreto 3833/105 del 7 aprile, non pubblicato, ma vedi DD. 124 e 129. Tarchiani, infine, nell'assicurare di aver chiarito la posizione italiana comunicò (T. segreto 3937/291 dell'Il aprile): «Dipartimento di Stato conferma non (dico non) aver ulteriormente approfondito studio proposta francese e non (dico non) considera possibilità istituire organo ristretto», vedi anche D. 170.

106

L'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 3812/74. Mosca, 7 aprile 1950, ore 19,30 (perv. ore 21).

Riferimento mio telegramma n. 71 1•

Ho parlato oggi con il ministro Menshikov spiegandogli le ragioni per le quali le trattative debbono riprendersi su nuove basi di prezzo senza fare offerta alcuna. Per quanto insistesse sul fatto che il prezzo sovietico sarebbe prezzo normale sia di vendita che di acquisto mentre il prezzo de li'Argentina sarebbe la conseguenza di dumping artificioso del NordAmerica, Menshikov ha aderito a che da parte di Mancini si riprendano le trattative con l 'Export-Kieb. Mi riservo ulteriori comunicazioni.

107

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GALLARATI SCOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO 3814/365. Londra, 7 aprile 1950, ore 15,15 (perv. ore 21).

Ieri sera stessa è stato possibile svolgere passo di cui a telegramma VE. 2756/c. 1 con capo Dipartimento Europa sudorientale il quale aveva poco prima conferito in proposito con segretario di Stato. Foreign Office era già dettagliatamente informato colloquio ministro Martino del 3 corr. 2 .

Alle argomentazioni di VE. ampiamente svolte da d'Ajeta, capo Dipartimento ha risposto:

l) complicazione accordarsi a tre su sua esatta portata, non aveva ancora consentito svolgimento azione a Belgrado proposta anche da F.O. (mio telegramma 327)3 : comunque si confermava che qualche cosa sarebbe fatto entro prossima settimana di cui tempestiva notizia verrebbe data al Governo italiano;

2) tuttavia discorso fatto a ministro Martino spostava decisamente termini della questione mettendola ora nella sua vera luce. F.O. considerava infatti come mossa Jugoslavia, sfrondata da indubbia rudezza e totale mancanza diplomazia,

2 Vedi D. 96.

3 Vedi D. 75.

caratteristiche degli esponenti quel regime nazionale comunista, confermava intenzione jugoslava negoziare, più volte lasciata intendere anche a Roma, e rappresentava «mettere le carte in tavola» notificando una sia pur brutale base di trattative;

3) conversazioni in corso anglo-franco-americane che, come promesso, indubbiamente avrebbero sfociato in un'azione concordata a Belgrado atta sopratutto ad impedire creazione fatti compiuti sembravano orientarsi, per quanto ci concerneva, anche nel senso cautelarci amichevolmente nel non lasciare completamente cadere proposta jugoslava; una presa di posizione poi assolutamente negativa oppure acutamente polemica, portata fuori dalle Cancellerie, indurrebbe con tutta probabilità Tito a misure definitive che sarebbe a tutti materialmente impossibile impedire.

D' Ajeta ha replicato, oltre a ovvie considerazioni derivanti da italianità Zona B e solenne dichiarazione tripartita 20 marzo 1948, impossibilità per Italia subire procedura ricattatoria facendo ovviamente da sola le spese della politica occidentale intesa a blandire «il fenomeno Tito» di cui anche l 'Italia non sottovalutava importanza. Del resto nostre offerte iniziare negoziati economici erano prova leale nostra volontà cercare una qualche regolamentazione italo-jugoslava.

D' Ajeta ha anche attirato attenzione suo interlocutore su pericolosità che un qualche «falso passo» a Belgrado possa indebolire dichiarazione 20 marzo che, in ogni caso, costituisce riconoscimento nostra posizione di diritto.

Capo Dipartimento ha concluso assicurando prendere nota tutte nostre osservazioni e riservandosi comunicarci al più presto possibile esito conversazioni a tre.

106 1 Vedi D. 101.

107 1 Vedi D. 100.

108

L'AMBASCIATORE A PARIGI, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO 3839-3845/106-1071 . Parigi, 8 aprile 1950, ore 12,25 (perv. ore 17).

Suo 2756/c. 2 .

Ho informato La Toumelle (nuovo direttore generale affari politici, Schuman e Parodi essendo in vacanza pasquale) proposte fatteci da jugoslavi e gli ho detto che, in queste circostanze, era più che mai necessario che passo in discussione fra Londra Parigi e Washington venisse fatto al più presto e nella forma più energica possibile.

La Toumelle (pur ritenendo tutt'altro che improbabile ipotesi di cui penultimo capoverso suo telegramma) si è dichiarato piuttosto scettico su possibilità che passo stesso possa impedire jugoslavi metterei di fronte fatto compiuto se ne hanno intenzione. Riteneva purtroppo corrispondente a realtà che inglesi e americani non avreb

bero fatta guerra per Zona B e nemmeno, per ragioni politiche, esercitate pressioni in nostro favore al di là di un certo limite. Riteneva comunque pericoloso che jugoslavi se ne rendessero così chiaramente conto.

Gli ho risposto che questo poteva anche essere esatto: doveva però rendersi conto importanza che questione Trieste ha per noi anche nei suoi riflessi politica interna. Agitazione comunisti intorno Patto atlantico metteva Governo italiano in condizione difficile: in queste circostanze era assolutamente indispensabile che passo dei Tre avesse luogo e nella forma più energica possibile se non altro per non dare impressione opinione pubblica italiana che in questione così vitale noi eravamo abbandonati da alleati occidentali. Lo pregavo quindi di prendere al più presto contatto con Schuman pregandolo insistentemente di voler intervenire Londra e Washington per accelerare passo e dargli forma più energica possibile. Oltre che su rapporti italo-francesi ritenevano poter contare su comprensione Governo francese che trovandosi lui stesso in posizione delicata, per esempio per quello che concerne Germania, poteva più facilmente comprendere nostra posizione.

La Tournelle mi ha assicurato che avrebbe subito informato Schuman e che istruzioni nel senso da noi desiderato sarebbero state certamente inviate rappresentanti francesi.

La Toumelle mi informa che, sentito Schuman, ha inviato a Washington istruzioni nel senso da noi desiderato. Belgrado ha già formula francese nota che è in discussione con altri rappresentanti e che -redatta secondo suggerimento Payart sarebbe, secondo La Tournelle, energica quale noi la desideriamo3 .

l 08 1 Ritrasmesso a Londra. Washington e Belgrado con T. segreto 2908/c. deli' Il aprile. 2 Vedi D. l 00.

109

L'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO 3842/76. Mosca, 8 aprile 1950, ore 15,56 (perv. ore 15,45).

Telegramma ministeriale n. 2857 /c. 1 e precedenti. Prime informazioni da noi raccolte in cautissimi sondaggi presso ambasciata

U.S.A. circa Trieste creano impressione che U.S.A. abbiano appoggiato almeno tacitamente iniziative jugoslave. Ministro consigliere Barbour mi ha detto chiaramente che secondo lui questo è momento favorevole per un accordo italo-jugoslavo e che uguale occasione non vi fu in passato né si presenterà facilmente in avvenire. Altro funzionario parlando come se echeggiasse comunicazione di Washington ha espresso più dettagliatamente uguale opinione adducendo ragioni a favore della soluzione proposta da Jugoslavia e aggiungendo che l'accordo dovrebbe esser premessa di intesa politica mediterranea più vasta. Naturalmente mi attengo strettamente linea indicata da V.E. Prego vivamente che in nessun modo sia fatto cenno fonte predette infonnazioni per non privarmi di ogni possibilità di ulteriori confidenziali scambi di idee.

1OR 3 Questo ultimo capoverso venne trasmesso alle ore 13,50. 109 1 Dell'R aprile, ritrasmetteva a Londra, Mosca, Parigi e Belgrado parte del D. 104.

110

IL CAPO DELLA MISSIONE NELLA R.F. DI GERMANIA, BABUSCIO RIZZO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO 3881/36. Bad Godesberg, IO aprile I950, ore I3,35 (perv. ore I9,40).

Il presente si riferisce al telegramma n. 29 di questo Ministero 1• Assicuro di aver fatto subito giungere le comunicazioni contenute nel telegramma succitato al cancelliere federale.

Adenauer ha espresso poi il desiderio di vedermi e stamane sono stato ricevuto da lui. Il cancelliere mi ha pregato di far pervenire alla E.V. l'espressione della sua riconoscenza per l'interessamento efficace svolto a Strasburgo.

Per corriere invio rapporto2 col quale riferisco sulla conversazione avuta e sullo orientamento personale di Adenauer verso la partecipazione al Consiglio dell'Europa che appare ora nuovamente favorevole, dopo le varie esitazione dei giorni scorsi.

Si prevedono per la seconda quindicina del corrente mese le discussioni al Bundestag, che non sono ancora state fissate.

111

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO 3900/286. Washington, IO aprile I950, ore 2I,20 (perv. ore 9,10 dell'Il).

Mio283 1•

Eccellente impressione Dipartimento Stato su discorso V.E. 2 stata stamane confermata da Thompson (sostituto di Perkins). È stato espresso altresì serio malcontento per violenta ingiustificata reazione Jugoslavia.

Da parte nostra nel prendere atto di ciò, è stata nuovamente e fermamente prospettata necessità agire subito in base a seguenti dati di fatto:

l) Jugoslavia ha per prima sollevato questione, con chiare aperture a Washington e a Roma3 .

2) Italia ha risposto con riservatezza necessaria per facilitare eventuale offerta trattative da parte Belgrado ed al tempo stesso indicando chiaramente unica possibile base trattative (annessione Territorio Libero, con lievi rettifiche frontiera lungo linea demarcazione etnica e con aggiunta generose intese economiche, culturali etc.).

3) Successive manifestazioni jugoslave (specialmente dichiarazioni Kardelj 4 , Unione doganale tra Zona B e Jugoslavia, colloqui Martino Mates5 e odierna nota Tanjug) dimostrano chiaramente che Belgrado non (dico non) cerca accordo bensì speciosi pretesti per ulteriori illegittime variazioni status qua.

4) Silenzio finora mantenuto da Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia rafforza in Belgrado falsa opinione che posizione potenze occidentali sia meno ferma che in passato ed incoraggia anzidetta illegale azione.

5) Soprattutto dopo discorso V.E. e replica jugoslava, manca ogni base per eventuale passo a Roma, sia pure diverso da quello destinato esser fatto a Belgrado.

Dipartimento Stato ha riconosciuto pienamente esattezza siffatta descrizione della situazione. Ha però aggiunto che escandescenze jugoslave, di cui Governo americano è spesso vittima, rispondono generalmente ad esigenze politica interna, cosicché non si può ancora escludere che Belgrado intenda effettivamente trattare con Italia e che sue illogiche rivendicazioni servano ad assumere posizione tattica vantaggiosa. Ha inoltre dichiarato che per tale motivo Stati Uniti, mentre riconoscono necessità pronta azione su Belgrado, non vogliono darle carattere esclusivamente negativo di protesta bensì anche contenuto costruttivo di incoraggiamento a trattare.

Da parte nostra si è quindi contestata validità tale ipotesi, osservandosi che manifestazioni pubbliche jugoslave appaiono gravi appunto perché, oltre a intorbidare atmosfera internazionale, compromettono possibilità preparare opinione pubblica jugoslava ad eventuale accordo. Inoltre si è osservato che qualunque incoraggiamento americano a trattare sul linee diverse da dichiarazione tripartita6 indebolirebbe valore dichiarazione medesima. Su questo punto Dipartimento Stato, pur facendo presente che termini progettato passo sono tuttora oggetto consultazioni con Londra e Parigi, ha assicurato che Stati Uniti non (dico non) si propongono suggerire alcuna specifica base trattative diverse da dichiarazione tripartita.

III 4 Vedi D. 48.

5 Vedi D. 96.

6 Vedi serie decima, vol. III, DD. 468 e 469.

110 1 Vedi D. 89, nota l. 2 Non rinvenuto. Ili 1 Dcl1'8 aprile, con il quale Tarchiani aveva comunicato le prime sommarie impressioni suscitate dal discorso di Sforza. 2 Si riferisce al discorso pronunciato da Sforza presso l'I.S.P.l. a Milano 1'8 aprile, in «Relazioni internazionali», a. XIV ( 1950), n. 15, pp. 216-218. 3 Vedi serie undicesima, vol. III, DD. 473 e 569.

112

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO

T. 2961/65. Roma, 12 aprile 1950, ore 22.

Suo 72 1•

Impressione da lei riportata costà circa forma cooperazione che autorità sovietiche da noi si aspetterebbero per forzare rimpatrio sudditi sovietici corrisponde a sensazione avuta qui nel corso contatti con missione e funzionari ambasciata. Trattasi cooperazione che per ovvì motivi non possiamo dare e che è in contrasto con spirito e lettera accordi costì intervenuti. In questo senso mi sono espresso anche con Kostilev al quale ho detto che allontanamento e isolamento rifugiati sovietici da Fraschette potrebbe dar luogo seri inconvenienti con ripercussione carattere internazionale che finirebbe rendere più difficile stessa cooperazione che siamo disposti continuare a dare.

Ho inoltre detto ambasciatore che preferiremmo allontanare da Fraschette elementi perturbatori. Pel resto seguiremo procedura suggerita da E.V.

113

IL CONSOLE GENERALE A WELLINGTON, DE REGE, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 3944/10. Wellington, 12 aprile 1950, ore 13 (perv. ore 8,30). Suo telegramma 3 1•

Questo Governo propone che l'annunzio decisioni stabilimento relazioni diplomatiche dirette tra Nuova Zelanda e Italia con riserva da parte quest'ultima istituire a suo tempo legazione Wellington avvenga contemporaneamente a Roma e Wellington mercoledì 19 corrente data finalmente fissata dopo definiti vari dettagli per scambio di note relative sblocco beni italiani sequestrati. Nel frattempo secondo le prassi interne Governo neozelandese deve provvedere a titolo cortesia informare della cosa il re.

Nel ricevermi ieri sera per comunicanni personalmente quanto precede ministro degli affari esteri signor Doidge mi ha pregato far conoscere V.E. che il Governo neozelandese ed egli personalmente sono sensibili a questo gesto cortesia Governo italiano e V.E.; che Governo neozelandese è animato da migliori e più amichevoli inten

zioni nei confronti Governo italiano; mi ha invitato quindi a prendere ulteriormente contatti con suo Ministero per studiare il modo sormontare ostacoli e «sciocchi animosi» pregiudizi che si oppongono alla immigrazione italiana. Mi ha pregato infine di far giungere VE. espressione suoi migliori sentimenti.

Trasmetterò tempestivamente progetto comunicato stampa di questo Governo.

112 1 Del 7 aprile. In esso Brosio, in seguito ad un colloquio con Lavrent'ev, riferiva del desiderio sovietico di una nostra collaborazione attiva per far rimpatriare i sudditi sovietici.

113 1 Vedi D. 74.

114

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GALLARATI SCOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO 3980/378. Londra, 12 aprile 1950, ore 21,20 (perv. ore 7,35 del13).

In relazione al telegramma V. E. n. 2821/c. 1 d'Ajeta ha oggi avuto un colloquio al

F.O. con il capo Dipartimento dell'organizzazione occidentale al F.O. Il signor Schuckburgh ha iniziato col dichiarare che nulla si sapeva al F.O. circa eventuale creazione Segretariato generale per organizzazione atlantica. Ad una osservazione di d' Ajeta che faceva notare come lo spezzamento dei vari comitati atlantici rischiasse di dare una certa superiorità, per lo meno agli inizi di una situazione di emergenza, al blocco degli Stati orientali, Schuckburgh ha replicato ammettendo che tale giusta preoccupazione potesse avere effettivamente indotto alcuni Stati membri del Patto atlantico, e particolarmente gli americani, ad avere in progetto una unificazione dei vari elementi, politici e militari, dell'alleanza difensiva in un organismo permanente burocraticamente più snello ed efficiente. Tuttavia, pur non essendo in grado di dire ufficialmente nulla, riteneva, a titolo strettamente personale, che allo stato attuale dello sviluppo organizzazione atlantica opinione britannica non considerava ancora giunto momento procedere predetta unificazione. Essa avrebbe infatti potuto costituire ostacolo ad eventuale allargamento Patto atlantico ad altri paesi che o per determinata impostazione politica neutrale (Svezia) o per reazioni da parte altri Stati già membri (Germania occidentale) potevano incontrare difficoltà aderire anche dispositivo militare previsto Patto. Tali difficoltà potrebbero invece in parte essere superate se adesione detti paesi avvenisse, almeno primo tempo, solo nei confronti organi puramente politici del Patto.

Nel nominare i quattro paesi eventualmente interessati, Schuckburgh ha ripetuto che lo faceva a titolo strettamente confidenziale e personale. È tuttavia interessante e significativo, anche se logicamente prevedibile, accenno a possibile candidatura germanica.

Ciò premesso il capo del Dipartimento organizzazione occidentale ha tenuto ad assicurare che se idea Segretariato generale venisse ordine del giorno prossimo Consiglio atlantico e si discutesse sua composizione, delegazione britannica non mancherebbe tenere presente e appoggiare nei limiti possibile nostri desiderata per adeguata partecipazione italiana a nuovo organismo.

Schuckburgh ha infine voluto amichevolmente informare d'Ajeta che egli era stato designato per la funzione di segretario generale delle due prossime riunioni internazionali di Londra: Consiglio atlantico e Consiglio d'Europa. In tale sua qualità egli avrebbe volentieri collaborato con noi per tutte quelle questioni sulle quali nostri due Governi ritenessero opportuno adottare linea comune2 .

114 1 Vedi D. 105.

115

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRET04017/297. Washington, 13 aprile 1950, ore 22,15 (perv. ore 9,15 del 14).

Mio 292 1•

Secondo informazioni confidenzialmente ottenute oggi presso Dipartimento Stato, sarebbe virtualmente raggiunto accordo anglo-franco-americano su passo da compiere a Belgrado. Esso consisterebbe in sostanza nel deplorare manifestazioni provocatorie e nell'auspicare che Italia e Jugoslavia trovino linea d'intesa nel comune interesse.

Altro passo sarebbe fatto a Roma per manifestare stesso auspicio. Tale secondo passo esprimerebbe anche vivo apprezzamento per costruttivo discorso V.E.2 . Tuttavia in esso si accennerebbe altresì (come esempio di atti suscettibili peggiorare situazione) a minacce che sarebbero state da noi fatte in relazione a mancato pagamento elettricità Zona B da parte jugoslava.

Entrambi i passi avrebbero carattere riservato.

Tre ambasciatori Roma avrebbero avuto facoltà concordare forma e dettagli del passo nonché stabilire se esso debba essere contemporaneo di quello a Belgrado oppure seguirlo e descriverlo come soddisfacimento nostra richiesta intervento. Accordo in proposito non risulterebbe essere stato ancora raggiunto sopratutto perché ambasciatore francese propenderebbe per prima soluzione.

Da parte nostra è stato chiesto se passo a Belgrado confermerebbe esplicitamente dichiarazione 20 marzo3 .

Dipartimento ha risposto negativamente, dichiarando peraltro che vi si menzionerebbe «mutato atteggiamento» americano e che, se da parte jugoslava si chiedesse interpretazione tale frase, da parte americana ci si richiamerebbe a detta dichiarazione.

Nell'intento del Dipartimento Stato, azione sopradescritta servirebbe a diminuire tensione italo-jugoslava ed a spingere Jugoslavia verso trattative.

I I 4 2 Per la risposta vedi D. I 28.

I 15 1 Dell'l I aprile, con esso Tarchiani, rispondendo al T. 2908/c. (vedi D. 108, nota I) aveva comunicato di aver nuovamente richiesto infonnazioni sulla prospettata azione !ripartita a Belgrado.

2 Vedi D. I l l, nota 2.

3 Vedi serie decima, vol. VII, DD. 468 e 469.

Da parte nostra si è nettamente diffusamente spiegato motivi pei quali azione medesima appare inadeguata (per non dire contrastante) scopo prefisso e si è ripetuto nei termini più precisi quale sia per noi unica possibile base discussione.

116

IL RAPPRESENTANTE A TRIESTE, CASTELLANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 1693/429. Trieste, 13 aprile 1950.

Com'era da attendersi, il discorso pronunciato domenica scorsa a Milano dal nostro ministro degli esteri 1 , ha avuto risonanza particolarmente profonda a Trieste, dove vivissima ed ansiosa era l'attesa di conoscere quale fosse il punto di vista del Governo italiano nei confronti della politica belgradese dei fatti compiuti. Ad acuire ancora di più l'interesse per il discorso che sarebbe stato pronunciato dal conte Sforza, era concorso il fatto che, facendo eco alla mozione votata una settimana prima dalle «assise giuliane», l'attenzione dell'opinione pubblica nazionale s'era ulteriormente polarizzata sul problema della Zona B, donde continuavano a pervenire notizie sempre più allarmanti sull'intenzione jugoslava di attribuire alle prossime elezioni carattere di plebiscito. Naturalmente questo risvegliarsi dell'interesse nazionale per un problema che, se pure a torto, sembrava da un po' di tempo essere stato posto nel dimenticatoio, non era sfuggito ai triestini e ancora di più agli istriani, i quali ne traevano buoni auspici per quello che sarebbero stati il contenuto ed il tono delle attese dichiarazioni.

Dato questo particolare clima che caratterizza l 'ambiente triestino, non apparirà strano che il discorso in questione non abbia trovato qui incondizionato consenso. Questo, sopra tutto, perché ci si attendeva che si facesse menzione della illegalità della situazione creata dagli jugoslavi in Zona B, e si sperava che l'appello lanciato dagli istriani perché la questione venisse portata all'esame del consiglio dei quattro ambasciatori e dell'O.N.U., trovasse presso il Governo italiano più esplicita e diretta risonanza. La mancanza di qualsiasi accenno al riguardo ha destato perciò una certa perplessità ed insoddisfazione che non sono mancate di trapelare in varie occasioni.

Significativo è al riguardo quanto si rileva in un articolo di fondo de Il Giornale di Trieste di oggi, a firma del prof. Dc Castro, uno dei principali esponenti del C.L.N. deli'Istria. Rendendosi interprete dello stato d'animo esistente oggi negli ambienti istriani, il prof. De Castro, premesso che il problema generale del T. L.T. non deve far dimenticare quello particolare della Zona B, osserva che «mettendo in luce le difficoltà della questione generale, sì è volontariamente dimenticata quella particolare, perché faceva comodo dimenticarla» e che pertanto «è sperabile che il Governo italiano agisca in questo senso senza lasciarsi fuorviare dal problema più grosso che si cerca di rimescolare nel frattempo dalla Jugoslavia e dalle altre potenze interessate».

Ciò premesso, si deve però aggiungere come anche a Trieste si sia riconosciuto che il discorso del conte Sforza costituisca una chiara e precisa messa a fuoco dei nostri rapporti con la Jugoslavia, e come con particolare soddisfazione sia stata accolta sopra tutto l'affermazione che l'Italia è sì disposta a regolare la questione di Trieste mediante un accordo diretto, ma che questo dove in ogni caso avere come punto di partenza l 'accoglimento sostanziale della dichiarazione tripartita2 .

L'importanza fondamentale di questa precisazione è stata messa in rilievo da tutti i locali giornali italiani che, su di essa, hanno imperniato la parte sostanziale dei loro commenti. Senza entrare in merito agli stessi, basterà accennare che Il Giornale di Trieste, premesso che il ritorno di Trieste e di tutto il T.L. all'Italia deve considerarsi presupposto indispensabile per ogni possibile trattativa con Tito, osserva che «teniamo finalmente fermo su alcuni punti senza cedere d'un millimetro: può darsi che ciò serva alla causa della conciliazione più di una soverchia arrendevolezza sulla quale forse contava il Governo di Tito, e non soltanto quello». Dal canto suo, il Messaggero Veneto, in un articolo intitolato «Discorso realistico», rileva che «quello di Sforza è un buon discorso, soprattutto quale sintomo concreto di rinnovamento di spiriti e di più premurosa tutela del nostro diritto». Significativo anche il commento del Lunedì, per il quale ha meritato particolare menzione il passo in cui il conte Sforza «con energia che non sempre abbiamo la possibilità di lodare, ha ribadito il diritto dell'Italia sulle terre della Giulia».

Per quanto riguarda poi i fogli di parte slavofila, sarà sufficiente rilevare che essi non hanno fatto altro che parafrasare i negativi commenti degli organi ufficiali jugoslavi. Eccezione ha fatto soltanto Il Corriere di Trieste che, fedele al suo carattere di titismo mascherato da obiettività, ha definito «conciliante» il discorso di Milano.

Apparirà infine quasi superfluo osservare come gli organi comunisti non abbiano visto nelle dichiarazioni del conte Sforza altro che un'ennesima prova «dell'infame baratto».

116 1 Vedi D. Ili, nota 2.

117

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL MINISTRO A KARACHI, ASSETTATI

T. S.N.D. 3028/14. Roma, 14 aprile 1950, ore 21.

Voglia accennare a codesto Governo che avendo presente posizione internazionale ormai assunta da Pakistan che è maggior Stato musulmano, sua presenza in Commissione Libia ed Eritrea, sua vicinanza con Somalia, e cordialità relazioni stabilite fra nostri due paesi e futura loro collaborazione, riterremmo desiderabile, in analogia quanto già fatto con India, elevare a rango ambasciata attuali legazioni Roma e Karachi. Ciò non obbligherebbe naturalmente codesto Governo

inviare subito ambasciatore a Roma dove potrebbe farsi rappresentare anche da incaricato d'affari quando, secondo suoi attuali progetti e disponibilità personale, potrà farlo.

Riferisca esito sua comunicazione che ha per ora carattere sondaggio 1•

116 2 Vedi serie decima, vol. VII, DD. 468 e 469.

118

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI

APPUNTO. Roma, 14 aprile 1950.

Ricevuto ambasciatore di Cina che riparte per l'America; egli mi ha chiesto, ansioso, a che punto sta il nostro riconoscimento o no del regime di Mao.

Gli ho risposto:

«Ricordate quello che vi dissi; che noi dovevamo dare l'impressione che non eravamo legati né dalla posizione negativa degli Stati Uniti né da quella positiva dell'Inghilterra; a ciò siamo riusciti; era per noi una necessità di dignità, avendo nostri specifici interessi, sia in Cina, sia internazionali, da tener presenti. Ma ciò non significa che noi stiamo per prendere una decisione diversa da quella che voi desiderate. Anche personalmente il presidente del Consiglio e io saremo lieti se l'attuale situazione continuerà».

L'ambasciatore rimase contentissimo.

119

IL MINISTRO A PRAGA, V ANNI D'ARCHIRAFI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 4120/57. Praga, 15 aprile 19 5O, ore 21,45 (perv. ore 23,45).

Seguito mio telespresso urgente 025 1 .

Polizia proceduto Praga altro arresto collettivo locale clero regolare chiudendo conventi. Sono stati prelevati tutti i Gesuiti cui sede Sant'Ignazio è stata chiusa; in chiesa annessa funzioni sarebbero da due giorni celebrate da sacerdote scomunicato. Analoga sorte hanno subito, sempre a Praga, Salesiani di Kobilisy, cui Casa occupata da associazione gioventù cecoslovacca, e Benedettini Strahov con abate Ieronismek.

119 1 Non rinvenuto.

Ho ragione di ritenere che analoghi provvedimenti vengano presi in tutto il paese. Attuale azione di polizia contro i conventi, che segue noto processo dieci ecclesiastici clero regolare (mio telespresso Il corrente n. 7/480)2 , fa ritenere che Governo intenda eliminare attività tale clero che stava sempre più divenendo nerbo principale resistenza Chiesa e che, a differenza clero secolare, poteva sottrarsi controllo autorità.

117 1 Vedi D. 169.

120

L'AMBASCIATORE A PARIGI, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO 4121/118. Parigi, 15 aprile 1950, ore 21,45 (perv. ore 24).

Mio 111 1•

Mi sono !agnato con Parodi che, a quanto risultava da stampa, passo compiuto a Belgrado non era stato, nella forma e nella sostanza, quale noi lo chiedevamo. Parodi mi ha letto telegramma da Belgrado secondo il quale rappresentanti potenze occidentali avevano:

l) espresso «regret» per misure doganali prese unilateralmente da Jugoslavia, circa Zona B;

2) invitato Governo jugoslavo ad astenersi da ulteriori misure unilaterali;

3) espresso desiderio che Governo jugoslavo cerchi soluzione ragionevole questione d'accordo con Italia.

Mi ha aggiunto che effettivamente istruzioni originali date a Payart erano più forti, ma che era stato necessario adattare punto di vista francese ad intenzioni degli altri per dare a passo carattere comune.

Ho ripetuto a Parodi con tutta chiarezza quanto già detto precedentemente a La Tournelle e cioè che era assolutamente necessario che da parte alleati occidentali si desse a nostra opinione pubblica chiara impressione che non eravamo abbandonati in questione per noi tanto sensibile.

Circa accordo con Jugoslavia gli ho detto che eravamo noi primi a desiderarlo però su condizioni corrispondenti nostri interessi e nostro sentimento nazionale: quindi su basi discorso VE. e non (ripeto non) su basi proposte jugoslave. In queste circostanze invitare Jugoslavia ed Italia ad intendersi direttamente poteva significare mettere su stesso piede nostra ragionevolezza e intransigenza jugoslava. Era comunque necessario, per considerazioni nostra politica interna e che non potevano non interessare anche Governo francese, evitare qualsiasi anche apparenza pressione su di

noi per grosse concessioni Jugoslavia. Noi ci aspettavamo non solo che Governo francese non si associasse ad eventuali pressioni su di noi in questo senso (Parodi mi ha detto che ciò era fuori questione) ma che anche facesse intendere, sopratutto a Londra, inopportunità qualsiasi forma pressione su di noi.

Mi ha risposto che comprendeva nostro punto di vista. In pratica non so quanto, in questo momento, Francia possa fare sia a Londra che a Washington.

119 2 Non pubblicato.

120 1 Con il T. segreto 4027/111 dell' 11 aprile Quaroni aveva fornito alcune notizie sulla preparazione della protesta tripartita a Belgrado.

121

IL MINISTRO A BELGRADO, MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO 4122/122. Belgrado, 15 aprile 1950, ore 21,42 (perv. ore 8 del16).

Faccio seguito al mio telegramma n. 120 del 14 corr. 1• Passo verbale tripartito ha avuto secondo quanto mi è stato comunicato da queste ambasciate americana francese inglese seguente concordato tenore:

l) Governi interessati hanno espresso speranza vengano evitate ulteriori dichiarazioni o azioni che potrebbero rendere più difficile accordo per Trieste ed anzi Allen ha sottolineato che tale speranza si riferisce anche a Governo italiano aggiungendo però che eventuale annessione Jugoslavia Zona B sarebbe vista dal Governo degli U.S.A. con massima «concern».

2) Governi interessati ritengono che Italia e Jugoslavia avrebbero interesse stabilizzare loro relazioni mediante accordo generale.

3) Governi U.S.A., Francia e Inghilterra sono interessati mantenimento buone relazioni Italia e Jugoslavia ma ritengono responsabilità a tale riguardo riposare esclusivamente su Italia e Jugoslavia. Suddetti Governi non intendono pertanto intervenire in negoziati Italia e Jugoslavia. Su tale ultima parte Allen e incaricato di affari ambasciata inglese hanno aggiunto riserve nei riguardi loro impegni quali potenze occupanti Zona A e che non potrebbero venire modificati senza loro consenso da eventuali intese Italia e Jugoslavia.

Allen inoltre ha dichiarato che Governo U.S.A. potrebbe intervenire in negoziati Italia e Jugoslavia se a ciò richiesto da ambo le parti e se a suo avviso opportuno.

4) Governi interessati notano con soddisfazione che tanto dalla parte jugoslava quanto dalla parte italiana si è riaffermato desiderio intesa.

A richiesta Popovic, Allen ha dichiarato tentativo analogo ritenere verrà effettuato dai Governi U.S.A. Francia e Inghilterra anche a Roma.

121 1 Non pubblicato.

122

L'AMBASCIATORE AD ATENE, ALESSANDRINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. URGENTE 746/033. Atene, 15 aprile 1950 (perv. i/19).

Ieri sera Venizelos è stato finalmente indotto a dar le dimissioni, ed il re è stato indotto ad accettarle, per far posto al generale Plastiras ed al gruppo di centro preconizzato, subito dopo le elezioni, come corretta interpretazione della volontà popolare.

Non è certo l'amore alla stretta osservanza delle buone regole del gioco democratico che ha indotto il re Paolo, Venizelos ed i militari ad accettare il vecchio generale Plastiras, tuttora sospettato di sentimenti repubblicani e di propositi riformatori, ma bensì la crescente pressione americana, cominciata con la nota lettera di Grady e continuata con dichiarazioni del capo dell'E.C.A., Pau! Porter, nonché con minacce di sospensione degli aiuti americani.

Gli inglesi, che avevano in sordina tentato di sostenere il tentativo di re Paolo diretto a tenere il solo Venizelos al potere, hanno dovuto cedere di fronte alle argomentazioni americane.

È indubbio che il principale obiettivo degli americani è quello di avere un Governo greco sufficientemente stabile e forte. E non si può negare che, a tal fine, la formula del Governo «di centro» da essi sostenuta sia la più corrispondente al significato delle elezioni e la più larga oggi possibile. Resta a vedere se essa sarà vitale, poiché la compagine «di centro» presenta sempre un inevitabile difetto di origine: quello di essere composta di troppi capi-partito, con tutte le debolezze che ciò comporta.

Le destre sostengono che scopo principale degli americani, nell'imporre un Governo Plastiras, è oggi quello di spianare la strada ad un accordo tra Atene e Belgrado. Vi è certo del vero in ciò ed anche del buono. Purché -dicono i greci, c non solo di destra -gli americani non esagerino nella loro crociata pro-Tito c non abbandonino sicuri vecchi amici per sollecitare dubbi amici nuovi.

Il generale Plastiras, con il quale ho avuto i giorni scorsi un lungo colloquio, mi ha fatto dichiarazioni di amicizia e sembra animato nei nostri riguardi dei migliori intendimenti. Ed altrettanto sembra esserlo Tsouderòs, compagno di équipe del Plastiras e preconizzato per l'importante posto di ministro del coordinamento. Quest'ultimo ha anzi già dichiarato, ieri, durante una intervista concessa ad un giornale greco, che «l'amicizia italo-greca deve essere mantenuta, ed anzi sviluppata, per raggiungere una più stretta intesa fra i due paesi. I rapporti commerciali possono contribuirvi. Prima della guerra i rapporti italo-greci erano molto vivi: bisogna ora lavorare affinché riprendano e si rinsaldino».

Venizelos non entrerà per ora personalmente nella combinazione ministeriale, pur partecipandovi il suo partito. Egli si recherà per qualche tempo a Johannesburg, presso una figlia colà residente.

Tale viaggio è evidentemente destinato, secondo la pratica locale, a salvare la faccia del Venizelos, dopo gli ostinati quanto inutili suoi tentativi di rimanere solo al potere. Dopo di che egli riprenderà probabilmente il portafoglio degli esteri, che gli viene riservato e che rimane pertanto provvisoriamente affidato allo stesso generale Plastiras.

123

L'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. SEGRETO URGENTE 857/011. Mosca, 15 aprile 19501•

Riferimento: Miei telegrammi n. 17 del 31 gennaio '50 e n. 77 dell' 11 corr.2 .

Come in essi riferii, il vice ministro Lavrent'ev mi chiamò la sera del 10 aprile alle ore 22 per consegnarmi la Nota che accludo in traduzione italiana (Allegato l).

Quale è lo scopo immediato di questa nota? Direttamente, essa mirerebbe a riprendere le conversazioni sulle riparazioni, dopo avere ridotto o smontato in via preventiva talune delle nostre valutazioni, in modo da ridurre di molto (a nostro sfavore) la differenza fra i due punti di partenza.

Nei tre punti sviluppati nella nota sovietica, si dice in sostanza che sulle richieste italiane, 5.880.000 dollari sono fantastici perché riguardano aziende passive,

47.154.000 dollari perché consistenti in valutazioni prive di ogni minima prova, e infine 32.985.000 dollari perché riguardanti beni non italiani.

In tal modo i sovietici vorrebbero scartare subito dalla discussione 86.019.000 dollari, e ridurre la differenza in discussione, confinandola fra dollari 91.741.000 e 11.500.000, per arrivare a un accordo più vantaggioso.

Noi non possiamo certo prestarci a questo gioco, e dobbiamo tenere fermo sulle nostre valutazioni di partenza, per scendeme metodicamente solo se ed in quanto i sovietici si decidano, essi per i primi, a salire.

Credo poi vi sia uno scopo indiretto nella nota sovietica. Come già previdi nel mio telespresso 23 gennaio 1950 n. 188/943 , non era escluso che a un certo punto noi dovessimo rifiutare ogni discussione (e in ogni caso ogni accordo) sulle riparazioni, fino alla completa esecuzione del noto accordo sui prigionieri.

Al contrario, sembra ormai possibile, per non dire certo, che i sovietici abbiano concepito il piano di valersi della questione prigionieri per premere sulla questione delle riparazioni.

A ciò ritenere concorrono due fatti:

a) la significativa domanda che mi pose al riguardo il ministro Zorin, alla fine di un colloquio riguardante i prigionieri, secondo il tipico modo che i sovietici hanno di porre un do ut des senza volerlo dire chiaramente (vedi mio telegramma 4 marzo 1950 n. 44)3;

b) il fatto che l'attuale nota sovietica sia sopraggiunta a pochi giorni di distanza dal mio colloquio (piuttosto duro) collo stesso vice ministro Lavrent'ev, relativo alla questione dei prigionieri (vedi mio telegramma n. 72 del 7 aprile u.s.)4•

2 Non pubblicati. 3 Non pubblicato. 4 Vedi D. 112, nota l.

Noi, naturalmente, non dobbiamo consentire ai sovietici di farci pagare due volte i prigionieri che ci hanno formalmente e solennemente promesso; anzi, dobbiamo far loro capire che -fermi al principio della correlatività delle obbligazioni del trattato di pace, già applicato riguardo al «Fuciliere» -noi non liquideremo le riparazioni fino a che l'accordo dei prigionieri non sia completamente eseguito.

In base a queste considerazioni, occorre desumere una linea di condotta opportuna.

Al riguardo osservo che se dovessimo adottare i sistemi sovietici, dovremmo temporeggiare: in un primo tempo non rispondere alla nota sovietica, in un secondo tempo accennare discretamente alla questione dei prigionieri, in un terzo tempo inviare una nota di risposta, e infine, ove i sovietici volessero riprendere in ogni modo le trattative, arenarle sulla questione pregiudiziale della determinazione dei beni da trasferire, sempre facendo capire che la mancata esecuzione dell'accordo sui prigionieri è di ostacolo ad ogni ulteriore accordo sulle riparazioni.

Bisogna tenere tuttavia conto del fatto che la nota sovietica è ora stata pubblicata e quindi esige una risposta relativamente sollecita, e tale da poter essere a sua volta pubblicata. Inoltre, le famiglie dei nostri prigionieri e la nostra opinione pubblica chiedono di sapere che cosa facciamo per difendere i loro legittimi interessi c le loro aspirazioni.

Ciò ci impone una linea di condotta un po' più esplicita, che pur non discostandosi dalla prudenza (ossia non creando una pubblica e clamorosa questione di prestigio, difficilmente risolubile poi) faccia comprendere anche alla pubblica opinione le nostre buone ragioni.

Di conseguenza, proporrei di agire come segue:

a) comunicare una nota di risposta nei termini approssimativi di cui alla bozza che accludo (Allegato 2)3 . Questa bozza contiene alla fine un accenno sufficientemente chiaro alla necessità del reciproco rispetto del trattato di pace e delle convenzioni ad esso connesse, senza porre in modo esplicito alcun do ut des fra questioni determinate;

b) far sentire verbalmente ai sovietici che noi non vogliamo creare punti morti né irrigidirei su questioni di prestigio, ma se essi vogliono che noi si arrivi a un ulteriore sacrificio e a un accordo sulle riparazioni bisogna pure che l'accordo già raggiunto sui prigionieri sia stato pienamente rispettato da entrambe le parti. Questo potrebbe essere da me fatto qui con Lavrent'ev al momento opportuno: gli farei pure sentire che se dal punto di vista umanitario noi abbiamo grande interesse a riavere i 25 prigionieri promessici, dal punto di vista politico, rifiutando li, essi fornirebbero alla fine una magnifica (e pienamente giustificata) arma alla propaganda anticomunista italiana.

Tale azione dovrebbe essere coordinata con quella da me suggerita col telegramma n. 72 ed approvata in linea di massima da S.E. Sforza col telegramma n. 65 5 , ossia nel frattempo si dovrebbero offrire, e strettamente negoziare, tutte le ulteriori facilitazioni possibili nei riguardi dei sovietici internati in Italia (se possibile, isola

mento, e se non possibile, almeno allontanamento dei più turbolenti, e rimpatrio eventuale dei condannati per delitti comuni, senza concedere più facilitazione alcuna che non trovi un compenso da parte sovietica nei rimpatrii).

Alla fine poi, se si dovesse arrivare veramente a una sospensione della esecuzione dell'accordo (non mai rottura), questa si cumulerebbe nel suo effetto con la sospensione delle trattative per le riparazioni, o col loro arenamento: noi dovremmo stare fermi ed attendere il rimpatrio dei nostri, prima di riaprire le visite a Fraschette, e così pure prima di iniziare, o di far proseguire, le trattative per le riparazioni.

Tutto questo dovrebbe essere, naturalmente, attentamente coordinato e graduato qui a Mosca, dove ritengo sia maggiormente possibile avere impressioni dirette attraverso i colloqui con persone maggiormente responsabili, come il vice ministro Lavrent'ev ed eventualmente il ministro Vyshinsky.

Attendo quindi definitive istruzioni, sia circa l'invio della nota di risposta sulle riparazioni ed il suo testo, sia circa le eventuali facilitazioni da offrire ancora ai sovietici circa i loro internati (se possibile l'isolamento, o definitivamente escluso), in modo da poter svolgere la mia azione qui nel modo più opportuno e nel quadro delle istruzioni ricevute, tenendo naturalmente informato codesto Ministero di ogni singolo passo6 .

ALLEGATO

IL MINISTERO DEGLI ESTERI DELL'UNIONE DELLE REPUBBLICHE SOCIALISTE SOVIETICHE ALL'AMBASCIATA D'ITALIAA MOSCA

NOTA VERBALE 83/1. Mosca, IO aprile 1950.

Il Governo dell'Unione delle Repubbliche Sovietiche Socialiste ritiene necessario dichiarare al Governo della Repubblica italiana quanto segue:

In conformità all'art. 74 del trattato di pace con l'Italia, entrato in vigore il 15 settembre 1947, ed all'accordo sovietico-italiano dell' 11 dicembre 1948 sul pagamento delle riparazioni ali 'Unione Sovietica, l 'Italia è obbligata a passare ali 'Unione Sovietica le riparazioni nella somma totale di 100 milioni di dollari. Il trattato di pace e l'accennato accordo sovietico-italiano stabiliscono che le riparazioni saranno pagate all'Unione Sovietica mediante forniture di produzione corrente dell'industria entro tennini ed a condizioni previste dall'accordo suaccennato, e a mezzo di trasferimento in proprietà dell'Unione Sovietica di attività italiane in Bulgaria, Ungheria e Romania.

Come il trattato di pace, così l'accordo sovietico-italiano prevedono che le forniture di produzione corrente in conto riparazioni saranno effettuate dali 'Italia cominciando dal 15 settembre 1949.

Sulla necessità di esecuzione da parte del Governo italiano delle sue obbligazioni di fornitura sulla produzione corrente industria il Governo sovietico già attirò l'attenzione del Governo italiano colla sua Nota del 22 settembre 1949.

Dal giorno iniziale del termine stabilito dal trattato di pace per l 'inizio delle forniture di produzione corrente è già decorso più di mezzo anno. Non di meno il Governo italiano, in contrasto con l'obbligo sopra accennato, finora non ha proceduto a forniture di produzione corrente in conto riparazioni, il che si riflette in modo negativo su tutto lo sviluppo delle relazioni economiche italo-sovietiche.

Il Governo italiano spiega l'inadempimento del suo obbligo di forniture di produzione corrente all'Unione Sovietica in conto riparazioni-come si rileva dal suo pro-memoria del 14 gennaio 1950 -col fatto di non essere ancora terminate le trattative per la determinazione del valore delle attività italiane in Bulgaria, Ungheria e Romania. Ciò tuttavia non può servire di giustificazione all'inadempimento da parte dell'Italia del suo obbligo di riparazioni sulla produzione corrente. il pagamento delle quali è previsto dal trattato di pace a tempo determinato.

Secondo il trattato di pace c l'accordo sovietico-italiano dell'Il dicembre, l'Italia deve pagare all'Unione Sovietica le riparazioni sia a mezzo di forniture sulla produzione corrente sia mediante trasferimento all'Unione Sovietica delle attività italiane trovantisi nei suaccennati paesi. Inoltre, dovranno fonnare oggetto di trasferimento all'Unione Sovietica quelle fra le attività accennate che fossero state incluse dalle Commissioni in una lista in conformità all'art. 3 dell'accordo dell'Il dicembre.

In corrispondenza a ciò deve essere stabilito sia il valore totale delle attività, sottoposte a trasferimento in proprietà dell'Unione Sovietica nel territorio della Bulgaria, dcii 'Ungheria e della Romania, sia la somma totale dei pagamenti da coprire mediante forniture sulla produzione corrente per cinque anni, cominciando dal 15 settembre 1949.

Il Governo sovietico non può non attirare l 'attenzione del Governo italiano sullo smoderato ritardo nella determinazione del valore delle attività italiane in Bulgaria, Ungheria e Romania, in conseguenza della posizione del tutto infondata assunta dal Governo italiano, il quale avanza pretese illogiche. sino all'assurdo, relativamente alla valutazione delle attività italiane in Bulgaria. Ungheria e Romania.

A titolo di esempi, attestanti la totale inconsistenza della posizione del Governo italiano sulla questione di valutazione delle accennate attività, è sufficiente addurre i seguenti tàtti:

l) Il Governo italiano vorrebbe ottenere l 'inclusione nel numero di attività di una serie di aziende i debiti delle quali superano il loro reale valore. Tali sono ad es. tre società di assicurazione in Ungheria: «Unione Adriatica», «Centro Europa» e «Unitas» le cui passività superano le attività di 40.606 dollari. Viceversa la pa1ie italiana include tali aziende nella sua lista di attività da trasferire all'Unione Sovietica, per un valore di 3.050.807 dollari. La valutazione italiana totale per tale categoria di imprese raggiunge la somma di 5.880.000 dollari. L'accettazione di tale proposta significherebbe che non soltanto l'U.R.S.S. non riceverebbe nulla a titolo di riparazioni, ma si obbligherebbe ancora a pagare i debiti delle imprese italiane. L'inconsistenza di tale pretesa è evidente.

2) Il Governo italiano aumenta arbitrariamente la valutazione delle attività, senza fornire prove tali da confermare in qualsiasi modo la misura delle sue valutazioni. Così, ad es., la partecipazione italiana nelle altre tre società di assicurazione in Ungheria, «Foncière», «Generali» e «Providcnza» valutate dal Governo italiano 12.643.769 dollari, effettivamente, in base a elementi contabili documentati, vale in tutto 347.735 dollari. La supervalutazione di attività di tale tipo da parte italiana raggiunge la somma totale di 47.154.000 dollari.

3) Il Governo italiano include infondatamente nell'elenco delle attività italiane anche imprese che, in base a dati ufficiali, appartengono non a proprietari italiani, ma a proprietari terzi paesi. Tali attività raggiungono l'importo di 32.985 mila dollari secondo le valutazioni da parte italiana.

Tale l'infondata posizione che il Governo italiano assume sia a riguardo della inclusione delle attività italiane di una serie di oggetti altrui, sia a riguardo della loro valutazione.

Come risultato di tale infondata posizione del Governo italiano a riguardo deJia determinazione deJia consistenza e del valore delle attività italiane in Bulgaria, Ungheria e Romania, la valutazione totale di tali attività fu elevata artificialmente alla somma palesemente irreale di 177.760.000 dollari, mentre il valore delle attività che potrebbero essere trasferite all'Unione Sovietica in conto riparazioni, calcolato sulla base di dati documentati esistenti a disposizione delle commissioni miste sovietico-italiane in Romania, Bulgaria ed Ungheria ammonta a 11,5 milioni di dollari.

Il Governo sovietico non può consentire con tale arbitraria valutazione da parte italiana delle sue attività in Bulgaria, Ungheria e Romania.

Il Governo sovietico ritiene necessario che ai rappresentanti di entrambe le parti siano date istruzioni di prendere misure immediate per il regolamento della questione del valore delle attività italiane nei suddetti tre paesi, al fine di conseguire con sforzi comuni una determinazione accettabile da ambo le parti della valutazione totale delle attività italiane non tollerando un ultimo ritardo in questo affare.

Il Governo sovietico ritiene pure necessario sia stabilito senza ritardo l'importo delle forniture sulla produzione corrente dell'industria italiana, incluso l'importo delle forniture di produzione corrente per il periodo 15 settembre 1949 -15 settembre 1950.

Il Governo sovietico esprime la certezza che il più rapido regolamento delle questioni sulle attività italiane in Bulgaria, Romania ed Ungheria sulle forniture al! 'Unione Sovietica in conto riparazioni sulla produzione corrente avrà una influenza positiva sullo sviluppo delle relazioni sovietico-italiane, e in primo luogo, nel campo del commercio e dell'industria.

123 1 Copia priva dell'indicazione della data di arrivo.

123 5 Vedi D. 112.

123 6 Per la risposta vedi D. 176.

124

L'AMBASCIATORE A PARIGI, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO 4138/121. Parigi, 16 aprile 1950, ore 13,35 (perv. ore 16,15). Suo 176 1•

Parodi mi ha confermato in linea generale informazioni di cui al mio 1152•

Gli ho detto che da parte nostra si riteneva utile che prima Conferenza Londra si avesse fra Francia ed Italia franco e esauriente scambio di vedute circa problemi in discussione a Conferenza stessa in modo da vedere se e fino a che punto potevamo considerarci d'accordo e quindi agire concordemente.

Con riserva solo formale approvazione Schuman (tuttora assente) Parodi si è dichiarato d'accordo. Gli ho detto che attendevo materiale da Roma e che appena avutolo avremmo potuto iniziare conversazioni. Tenevo intanto ad anticipargli che per quello che concerneva riforme di struttura noi potevamo in principio ritenere che costituzione Segretariato fosse necessaria, ma che intendevamo in questo Segretariato avere posto confacente nostra posizione analogamente a quanto era stato fatto per O.E.C.E., Consiglio Europa. Quanto a idea Gruppi di lavoro tenevo a dirgli francamente che per noi questione importante era quella di sapere se ne avremmo fatto parte o no: nessuno in Italia avrebbe potuto tollerare che si ripetesse scherzo fattoci in occasione Standing Group.

Sul piano rapporti franco-italiani gli ho aggiunto che, se si voleva evitare crisi non semplice rapporti stessi, era necessario che Francia appoggiasse apertamente e senza riserve nostra adeguata partecipazione a Segretariato e nostra partecipazione a titolo di parità ai gruppi di lavoro. Si trattava per noi di questione di principio su cui nessun Governo italiano avrebbe potuto transigere.

In fatto ritengo che francesi ora che sono sicuri loro posizione in sede Patto atlantico non avranno difficoltà di principio appoggiare nostra tesi. Calore con cui lo faranno dipenderà, fra l'altro, da impressione che potremo loro dare essere disposti appoggiare certi loro punti di vista. Questione che interessa soprattutto francesi è evidentemente questione tedesca ed è quindi nostro atteggiamento verso situazione Gennania che è chiave e misura atteggiamento francese verso di noi in questa determinata questione.

Va anche rilevato che, come è noto, riunione Londra sarà preceduta da riunione a tre nel corso della quale verranno decise molte se non tutte questioni, per cui Conferenza Londra sarà in pratica approvazione formale decisioni già prese a tre.

Francia ha molte questioni per lei di prima grandezza da difendere: se quindi inglesi ed americani sono contrari nostra partecipazione possibilità francesi sostenere nostro punto di vista sono limitate: ed una volta raggiunto accordo a tre sarà difficile per noi farlo modificare in sede Consiglio generale.

124 1 Del 14 aprile, con esso Sforza aveva autorizzato Quaroni ad uno scambio di idee con Schuman sulle questioni da discutere alla sessione del Consiglio nord-atlantico. 2 Del 14 aprile, non pubblicato.

125

L'AMBASCIATORE A VARSAVIA, DE ASTIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 4146/28. Varsavia, 16 aprile 1950, ore 22,57 (perv. ore 9,45 del 17).

Accordi per regolamento rapporti fra Stato e Chiesa hanno prodotto profonda impressione e senso perplessità. Primi commenti di fonte ufficiale sono piuttosto sobri e tendono sopratutto mettere in rilievo prevalenza punto di vista governativo, rafforzamento Polonia popolare e fronte della pace. È di particolare interesse che con tacito accordo lo Stato si assicura, fra l 'altro, implicito riconoscimento attuale frontiera con la Germania da parte Episcopato, il quale riconosce pure «ragioni di Stato» polacche e si impegna collaborare nel campo della collettivizzazione agraria e della lotta contro attività partigiane.

La Chiesa da parte sua si assicura insegnamento religioso nelle scuole, assistenza religiosa, garanzia esercizio culto, funzionamento associazioni religiose.

Prima impressione è che trattasi di una «tregua» che per Chiesa rappresenta un periodo più o meno lungo di respiro mentre Governo si varrà immediatamente della neutralità dello Episcopato e del clero per accelerare programma collettivizzazione.

Accordi, pur rivestendo grande importanza, hanno pertanto valore transitorio 1•

126

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GALLARATI SCOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

R. 2208/1351. Londra, 16 aprile 1950 (perv. il 20).

Ella avrà certamente rilevato come sia venuta gradualmente affiorando, particolarmente nel corso degli ultimi due mesi, la sensazione che stia per avere inizio una nuova fase nella politica del blocco occidentale nei riguardi del blocco slavo soprattutto in relazione alla progressiva estensione della main-mise comunista nel continente asiatico e ali 'improrogabile maturazione del problema tedesco. Le premesse a tale inizio del resto non mancano:

-il Patto atlantico sta ormai uscendo dalla fase che vorrei chiamare di incubazione per entrare in quella della pratica attuazione e di una probabile estensione;

-I'E.R.P., la cui fine non è ancora imminente, è divenuto poco a poco-di fronte alle difficoltà di ordine pratico-più una continuazione degli «aiuti-tampone» che non l'attuazione di quella viability dell'Europa occidentale che costituiva il concetto informatore del piano originario; gli elementi obbiettivi e subbiettivi che avevano determinato tale idea tuttavia permangono, magari in attesa di altre soluzioni (Patto atlantico economico, Punto Quarto ecc.);

-la Francia va svenandosi attraverso il logoramento delle sue migliori forze militari in Indocina dove difende -più che una sua appendice coloniale -una importante posizione del mondo occidentale in Estremo Oriente;

-le quinte colonne comuniste accentuano sempre più i loro sforzi, specie in Francia e in ftalia, per conquistare -attraverso un ininterrotto sabotaggio diretto o indiretto della vita economica e sociale nazionale -quelle posizioni che la lotta sul terreno politico non ha loro consentito di ottenere.

Sul terreno più propriamente diplomatico non mancano nemmeno i sintomi che la necessità della «nuova fase» sia vivamente sentita tanto a Washington che a Londra: i

ripetuti discorsi di Acheson, il concetto di «diplomazia totale» da lui enunciato e che non credo affatto risponda soltanto alla passione degli americani di lanciare nuovi slogans, il sia pur faticoso riavviamento ad una politica estera bipartisan da parte statunitense, già preceduta a Londra da una cauta intesa fra laburisti e conservatori in materia di politica estera, il suggerimento inglese agli Stati Uniti di convocare nel prossimo maggio una anticipata riunione nel Consiglio nord-atlantico preceduta da incontri dei tre ministri degli esteri, le previste conversazioni Acheson-Schuman a Parigi, ed oggi infine l'annuncio che le riunioni di cui sopra saranno precedute da conversazioni preparatorie londinesi di ben venti giorni e ad un livello indubbiamente elevato (capo della Planning division dello State Department, sottosegretario permanente al Foreign Office, ambasciatore di Francia a Londra), tutto sembra confermare che la nuova fase sta per iniziare e che essa sarà basata su un coordinamento sempre più stretto nella linea politica di Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia in ogni settore. Coordinamento questo che, in tempi recenti, era talora venuto a mancare: tra l'altro il riconoscimento del Governo di Mao Tse da parte britannica, le convenzioni franco-sarresi e i loro strascichi, i ripetuti contatti di esponenti statunitensi (non esclusi i militari) con il Governo di Madrid e, last but not least, alcune manifestazioni del tradizionale anti-colonialismo americano.

È questo inizio della <<total diplomacy», questo inevitabile sempre più stretto coordinamento-del quale abbiamo già forse avuto un primo esempio significativo nell'atteggiamento anglo-franco-americano sulla questione della Zona B -che mi sembra doverci indurre a riflettere molto. Più la linea politica anglo-franco-americana va fondendosi, più si restringe l'intesa fra Londra e Washington sulle questioni fondamentali, c meno terreno di manovra ci rimane, meno chances abbiamo di far valere le nostre necessità e le nostre ragioni andando a bussare ad un uscio perché ce ne venga aperto un altro: rischieremmo infatti di trovarci di fronte ad una linea concordata sulla base del minimo comune denominatore (diversamente presentata a seconda dei differenti temperamenti di chi se ne rende interprete) e di dover spesso subire l'iniziativa altrui.

Che tra Londra e Washington vi siano tuttora dei contrasti, e se ne ripetano anche in futuro, è un fatto positivo. Ma 1' esperienza insegna che, anche quando acquistano notevole rilievo sulla stampa mondiale, sono in genere dissidi di carattere più propriamente tecnico che -trasportati sul terreno politico -sono destinati a minimizzarsi o a dissolversi nei consueti compromessi anglo-sassoni.

Sulla progressiva e più stretta concordanza anglo-americana sul piano politico non credo che nessuno possa avere oramai più dubbi. Per quanto più direttamente ci concerne basti ricordare la comunicazione americana del 30 marzo relativa all'Eritrea, il concetto di Washington sulla preminenza degli interessi britannici in Libia, l'intensifieazione della partecipazione inglese al Consiglio d'Europa, la graduale revisione di talune vedute americane in materia economica (intese regionali, Finebel, accordo pagamenti, ccc.) in relazione ad una più esatta comprensione della particolare posizione Gran Bretagna-Commonwealth riguardo all'Europa e della funzione dell'area della sterlina nell'economia internazionale.

In questo pool di predominanti interessi anglo-sassoni la Francia, chiamata a parteciparvi come socio-fondatore per diritto acquisito, difficilmente -io credo potrà nel prossimo futuro far valere ragioni che non riguardino principalmente i suoi interessi c preoccupazioni più immediati che vertono ora suli'Indocina, la ripresa tedesca c la tranquillità del Nord-Africa.

Questo mi sembra essere, dagli elementi che ho potuto raccogliere a Londra nel corso di questi ultimi mesi e dalle informazioni che V.E. ha voluto farmi pervenire, lo schieramento delle tre principali potenze occidentali nell'imminenza degli incontri dei loro ministri degli esteri.

Le mie osservazioni mi sembrano fra l'altro confortate dalle sue conversazioni di Strasburgo1 e da taluni significativi accenni contenuti nel discorso tenuto a Milano da V.E.2 , che ha indubbiamente davanti a sé un quadro assai più completo di tutta la situazione.

Mi domando pertanto se non sia necessario, alla vigilia delle riunioni in cui dovrebbe cominciare a concretarsi la «diplomazia totale» (che per essere tale dovrà ovviamente abbracciare tutti i settori), che si considerino da noi in un quadro unitario le più vive e scottanti questioni che interessano la politica nazionale: dalla Libia all'Eritrea, dall'Etiopia alla Jugoslavia, dalla questione della mano d'opera a quella della nostra sicurezza militare. Ciò al fine di poter definire, considerando realisticamente le nostre effettive possibilità, da un lato, e, dall'altro, il nostro apporto attuale e potenziale alla comunità occidentale, un necessario elemento di do ut des globale anziché confinato a richieste e concessioni su ciascun singolo settore. E sarebbe a mio avviso indispensabile, anche alla luce delle più recenti esperienze, che questa impostazione unitaria di «dare e di avere» fosse -almeno nelle sue linee essenziali -presentata al più presto se non vogliamo che, una volta concordata unajoint policy anglo-franco-americana e proprio mentre aumentano i rischi connessi con la partecipazione al Patto atlantico, le nostre più legittime aspirazioni vengano poco a poco sacrificate al predominio dell'interesse generale su quelli particolari dei singoli paesi: interesse che, genericamente impostato sulla solidarietà anticomunista, si può identificare volta a volta con la tutela del «fenomeno Tito», con la necessità di non creare situazioni difficili nel continente africano, e così via. Questo mi sembra del resto corrispondere -sia pure in forma più estesa-al medesimo concetto cui si è ispirata V. E. nel 1949 nell'affrontare con Bevin tutto il complesso dei nostri problemi africani 3 : e se l'accordo non poté avere pratica attuazione per un complesso di circostanze e per le erronee interpretazioni di taluni, abbiamo dovuto purtroppo constatare che ben difficilmente le soluzioni per singoli settori raggiungeranno i limiti conseguiti allora.

Non sta certamente a me di indicare quali siano i vantaggi ed i sacrifici da prendere in considerazione nel comporre questo quadro unitario che potrebbe estendersi anche al problema dci nostri armamenti e di particolari garanzie militari qualora l'eventuale accordo diretto con la Jugoslavia (che costituirebbe comunque una deroga al disposto del trattato di pace) determinasse il ritiro del simbolico -ma pur così importante -velo di truppe anglo-americane alla nostra frontiera orientale: e su questo argomento si dovrebbe, da parte anglo-sassone, essere tanto più, moralmente e politicamente, preparati in quanto già i tedeschi e i giapponesi -sia pur totalmente anziché parzialmente disarmati -sempre più invocano specifiche garanzie militari di fronte all'incombente minaccia sovietica.

2 Vedi D. III, nota 2.

1 Vedi serie undicesima, vol. TI, D. 875.

Da un punto di vista interno, del quale non mi nascondo certo l'importanza, questa linea potrebbe facilitare l'arduo compito del Governo di superare-nella possibile contemporanea presentazione di un equo compenso di concreti vantaggi con qualche inevitabile sacrificio -molte umane resistenze cd incomprcnsioni di una opinione pubblica nuovamente attanagliata ad uno stesso tempo da un problema adriatico c da un problema africano.

Né, da un punto di vista internazionale, si potrebbe criticare una simile presentazione unitaria delle nostre questioni quando si pensi che, secondo indiscrezioni ufficiose pubblicizzatc anche dalla stampa mondiale, Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia intendono mettere proprio ora sul tappeto-in vista di raggiungere soluzioni coordinate -tutti i loro principali problemi: e a tale fine sono dedicate le riunioni preparatorie Jessup-Strang-Massigli ed i successivi incontri Acheson-Bevin-Schuman.

Gli Alleati, del resto, specie di fronte a richieste ed offerte improntate a senso di proporzione e di buona volontà, non possono non essere ben consci de li 'importanza per loro stessi di giungere alla composizione di questi contrasti (secondari nel quadro generale ma pur tutt'altro che trascurabili per noi) che riaffiorando continuamente potrebbero a poco a poco allontanare una considerevole parte de li'opinione pubblica italiana dalla piena comprensione della politica atlantica.

La venuta d eli' E. V. a Londra nel prossimo maggio potrebbe, a mio subordinato avviso, costituire un'occasione propizia-data la contemporanea presenza di Achcson e Bevin -per una simile impostazione per la quale i tempi mi sembrano oramai maturi dopo le incquivocabili prese di posizioni comuni anglo-americane sulle fondamentali questioni italiane e soprattutto dopo i colloqui di VE. con Bcvin a Strasburgo e il suo discorso di Milano4•

125 1 Con T. 4615/34 del 26 aprile De Astis segnalava ancora: «Mi risulta da fonte degna di fede che Episcopato polacco sarebbe stato costretto firmare accordi avendo avuto certezza che a Mosca (dico Mosca) stava prevalendo corrente intransigente favorevole adozione misure coercitive. Cardinale Sapieha si sarebbe recato Roma per informare Santa Sede. Voci violenze eventuali non rientrando in Polonia appaiono, per ora almeno, poco attendibili».

126 1 Vedi D. 93.

127

L'AMBASCIATORE AD OTTAWA, DI STEFANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO 4224/44-45. Ottawa. 17 aprile 1950, part. ore 1,54 del/8 (perv. ore 15).

Questo ministro affari esteri mi ha informato ieri (e cioè prima del discorso di Bidault Lione) confidenzialmente sua intenzione sollevare nella riunione atlantica di Londra questione applicazione concreta delle finalità economiche sociali articolo 2 Patto (di cui si sottolinea qui paternità canadese). Uffici d'urgenza stanno preparando varie proposte ed egli si riservava riparlarmene più dettagliatamente appena possibile.

Pearson contava comunque chiedere nella prossima conferenza l'immediata costituzione di un Comitato per concretare esame tale questione. Egli è convinto necessità azione sollecita:

l) per togliere al Patto suo attuale carattere esclusivamente militare;

2) per rafforzare alleanza estendendola al settore economico, ciò che dovrebbe offrire modo a tutti i membri di intensa compartecipazione, a differenza di quanto è avvenuto nel campo militare. A tale ultimo riguardo ha citato ultima insoddisfacente riunione L' Aja;

3) per aver pronta nuova efficiente organizzazione di scambievoli aiuti economici quando nel 1952 si esaurirà piano Mashall.

Egli dubita infatti che varie iniziative già sul tappeto giungano rapidamente a cospicui risultati stante egoistica supervalutazione propri interessi da parte qualche potenza occidentale, confermata nella riunione militare recente.

A mia volta ho esposto Pearson azione svolta da V.E. ed accennato suoi ultimi discorsi nello stesso senso.

Ministro degli affari esteri molto interessato mi ha detto sarebbe lieto maggiori consultazioni tra i due paesi in questa importante materia. Gradirebbe molto conoscere pensiero ed eventualmente suggerimenti V.E.

Scambio di vedute su problema generale più efficiente organizzazione alleanza ed estensione suoi scopi potrebbe presentare qualche vantaggio oltre che per nostre relazioni con Canada anche perché opinione Ottawa suole avere influenza all' Aja ed anche a Bruxelles. Qualora V.E. lo giudicasse utile sarei grato telegrafarmi elementi. Ministro degli affari esteri rientrerà Ottawa tra qualche giorno da un giro nel suo collegio elettorale.

Per quanto concerne eventuale accenno a questioni particolari su nostra emigrazione che possano essere qui interpretate come riferentisi al Canada sono da tener presente note idiosincrasie locali: otterremo qui esito più proficuo perseguendo azione pratica in sordina che non sottolineando questione teorica 1•

126 4 Per la risposta vedi D. 178.

128

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, GALLARATI SCOTTI

T. SEGRETO 3142/206. Roma, 18 aprile 1950, ore 19,30.

Suo 378 1•

Circa questione Segretariato generale, secondo informazioni ambasciata Washington si penserebbe piuttosto ad attribuire funzioni di organo permanente di coordinamento a Consiglio ambasciatori Washington oppure a Working Party di Washington, con creazione apposita Segreteria.

128 1 Vedi D. 114.

Da parte nostra idea sembra buona poiché riteniamo indispensabile che in organo cui dovrebbero essere devolute ampie funzioni coordinatrici anche in campo politico siano per evidenti motivi rappresentati tutti membri.

Ovviamente rimarrebbe aperta questione partecipazione Segreteria detto organo per la quale richiamo considerazioni mio 2821/c. 2 .

127 1 Per la risposta vedi D. 134, nota 2. Per il seguito della questione vedi D. 153.

129

L'AMBASCIATORE A PARIGI, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

R. 31011527. Parigi, 18 aprile 1950 (perv. il 20).

Al momento di iniziare i negoziati -se così si possono chiamare -per la nostra posizione in una eventuale nuova struttura del Patto atlantico, mi sembra necessario fare il punto della situazione -quale essa appare da Parigi -in modo da regolare la nostra azione in base alle nostre possibilità reali.

Il punto di vista francese -e a quanto mi risulta anche inglese -è che se si vuole effettivamente fare qualche cosa del Patto atlantico, bisogna escogitare un organo direttivo ristretto: è impossibile !asciarne la direzione a dodici ministri degli esteri, o della difesa o delle finanze, i quali si riuniscano solo una volta ogni tanto. Ciò poteva andare fin tanto che si trattava di discutere di linee generali dell'organizzazione: ma il giorno in cui ci sarà del lavoro effettivo da fare è evidente che questo sistema non può essere efficiente. Ed è parimenti evidente che questo organo direttivo non può essere un macchinoso gruppo di dodici ministri. Francesi ed inglesi sono arrivati a questa conclusione dopo l'esperienza negativa del Patto di Bruxelles, dove, pure, i membri non sono che cinque.

I casi sono due: o il Patto atlantico non sarà una cosa seria, e allora si può andare avanti con la direzione collettiva a dodici come è oggi, o deve diventare una cosa seria, ed allora bisogna inventare un Comitato direttivo, una specie di Gabinetto ristretto che faccia il lavoro sul serio. È come per il Consiglio d'Europa: chi ne vuoi fare una cosa seria è per un Comitato esecutivo ristretto e con certi poteri, delegati dagli altri: chi non ne vuole fare una cosa seria è per continuare ad andare avanti come adesso. Per cui può essere esatto -mi permetto di dubitarne -che realmente oggi il Dipartimento di Stato non consideri sia necessario istituire un organo ristretto: ma se non è convinto oggi, lo sarà certo domani.

Quali gli organi di questa direzione più ristretta?

Primo, il Segretariato. Che noi saremo rappresentati a questo Segretariato è fuori di dubbio: si tratta di sapere come. Dal suo telegramma n. 2821/c. 1 , direi che VE. ha in vista qualche cosa di analogo a quella che è la nostra situazione

129 1 Vedi D. 105.

all'O.E.C.E. o al Consiglio d'Europa. Ma qui la situazione è un po' differente: lì si trattava di due istituzioni europee: e quando si tratta di Europa, tutti sono d'accordo nel riconoscere che noi siamo la terza potenza europea, in attesa che, la Germania essendo rientrata nel giro, diventiamo la quarta. Quindi l'arrangiamento attuale di dividere un posto di segretario generale e due vice fra Francia, Inghilterra ed Italia, è accettato da tutti, come rispondente allo stato di fatto. Ma nel Patto atlantico le cose sono differenti, perché c'è anche l'America ed il Canada, quindi noi siamo il quinto. Siccome è difficile prevedere che si possa avere un segretario generale e quattro vice, la nostra situazione si presenta meno semplice: ci dovremo contentare di un posto minore, al più un posto di vice ma in rotazione: e anche questo non sarà così facile così come la vedono. Conviene a tutti che il segretario generale, se essi accettano, sia americano: logicamente, parlo della logica degli altri, non della nostra, il secondo sarà inglese ed il terzo francese. Noi possiamo essere convinti quanto vogliamo che fra noi e la Francia non c'è differenza, o poca: ma questa è solo una convinzione nostra. Se si stabilisce il principio che uno dei vice segretari deve essere un rappresentante dei piccoli paesi, nessuno sceglierà noi, sia perché non ci si considera in realtà un piccolo paese, sia perché si considera che non abbiamo la mentalità dei piccoli paesi, sia soprattutto perché ai piccoli paesi europei noi siamo antipatici, forse appunto per questa situazione di né carne né pesce che è la nostra. O si stabilisce che conviene che i posti siano divisi fra i paesi a maggiore responsabilità, allora tutti voteranno per Stati Uniti, Inghilterra, Francia (o Canada). Bisognerebbe che la Francia o l 'Inghilterra consentissero a cederci il loro posto: e a questo ci credo poco: per quello che riguarda la Francia vorrei sentire come la stampa francese commenterebbe il gesto di un ministro francese che lo facesse.

Tutto questo è purtroppo logica di fatti, e non c'è abilità diplomatica che valga a cambiarlo. Dobbiamo quindi essere rassegnati a contentarci di un posto che non sia quello di vice segretario generale: dipenderà poi dalla capacità personale del funzionario che designeremo a farsi una posizione per cui, dopo, eventualmente, non come italiano, ma come persona possa acquistarsi dell'influenza e fare, diciamo così, carriera.

Secondo: il Comitato ristretto. Cominciamo col vedere le cose come sono: il Comitato ristretto c'è già: ed è composto da Francia, Inghilterra c Stati Uniti. Cosa significa infatti la riunione di Acheson, Bevine Schuman, prima della riunione del I 5, se non appunto la riunione di un comitato ristretto per preparare la pappa e presentarla poi agli altri nove, per lo spolverino, tranne i dettagli? E nessuno ha pensato, nemmeno per un momento, a chiamare anche noi. Ognuno dei tre poi si incaricherà di distribuire il lavoro fra i propri clienti: e noi, fra l'altro, non siano i clienti di nessuno: starei per dire siamo i figli di nessuno: non è una boutade, è la realtà; siamo soli.

In sé, non è affatto impossibile che a questo Comitato ristretto ufficiale siamo chiamati anche noi a far parte. Potrebbe essere benissimo, per esempio, un comitato di cinque. Francia, Inghilterra, America (il Canada potrebbe benissimo farsi rappresentare dall'Inghilterra o dall'America), Italia ed un piccolo paese in rotazione: noi potremmo insistere sull'idea di avere due posti in rotazione e cercare di entrarci in rotazione alla prima mandata: dopo un anno, se avremo mostrato di portare un contributo non di chiacchiere o di interessi solo nostri, ma costruttivo e di cervello, avremo qualche chances di restare in rotazione anche la seconda volta: dopo di che la cosa andrebbe da sé.

Questo teoricamente: in pratica che questo sia o non sia possibile dipende da un solo paese, l'Inghilterra. Se gli inglesi vi sono contrari, gli americani non faranno un bel niente per imporci: i francesi, entro certe determinate circostanze, potrebbero appoggiarci, ma non sono in grado di mettersi di punta, a fondo, contro gli inglesi, come hanno fatto al momento della firma del Patto atlantico. Oggi la loro posizione è meno forte, hanno troppe questioni di primo grado per loro, per le quali l'atteggiamento inglese è per loro di primaria importanza (Germania, Sarre, Indocina ecc.) perché possano permettersi il lusso di mettersi contro gli inglesi per noi. Il nostro ingresso nel Consiglio ristretto è possibile se gli inglesi non vi si oppongono, praticamente certo se fossero gli inglesi a presentarlo ed appoggiarlo.

È possibile questo? Non sono certo io che posso dirlo: a occhio e croce non mi sembra tanto facile. Certo è uno dei punti di vista sotto cui va considerato anche, fra l'altro, il nostro problema coloniale: non è certo possibile essere in aperto contrasto con l'Inghilterra nella questione coloniale ed aspettarci che essa ci prenda sottobraccio per il Patto atlantico: tutto è connesso a questo mondo e talvolta è necessario scegliere.

Per quanto riguarda la Francia, con le riserve che ho fatte circa le sue possibilità, bisogna non dimenticare che la Francia può avere interesse a farci entrare nel Comitato ristretto solo se è sicura di quello che sarà il nostro atteggiamento nella sola questione che la interessa, ossia quella della Germania.

Ora, a questo riguardo, i francesi sono abbastanza sicuri del suo atteggiamento personale (meno di quanto lo fossero alcuni mesi orsono) ma, spero V. E. voglia scusare la mia franchezza, non sono affatto sicuri che il suo atteggiamento personale sia anche quello del Governo italiano. In Italia si chiacchiera di tutto -non meno di quanto si chiacchieri in Francia -per cui non è certo difficile per un ambasciatore straniero informare il suo Governo di quello che si pensa e si dice in moltissimi circoli italiani.

Quale sia il mio pensiero personale sulla nostra politica tedesca, l'ho già detto nel mio rapporto n. l 092/3695 del 24 settembre 19492 : non ci insisto, sia perché posso sbagliarmi, sia perché alla fine dei conti date le scarse possibilità nostre e dei tedeschi, poco bene e poco male reale tutto ciò può fare: quello che è certo però è che oggi non si può fare ad un tempo una politica francese ed una politica tedesca: sono termini antitetici. Le posizioni francesi di fronte alla Germania possono essere illogiche, antistoriche, idiote se si vuole: ma solo un Governo francese molto forte potrebbe imporre al paese una politica differente: e l'attuale, ed ogni altro prossimo Governo francese, non sono dei Governi forti. È per la Francia la stessa cosa che per noi è la questione di Trieste: individualmente si può essere anche convinti che non c'è niente da fare: ma nessun Governo italiano potrebbe fare, di fronte al paese, una politica differente da quella che facciamo, anche se fossimo convinti che è una bestialità. La situazione francese è identica. Per cui i francesi potranno avere interesse ad averci in un Comitato ristretto, se sono sicuri, e nella misura in cui lo sono, di avere un rappresentante che li appoggerà fedelmente nelle loro tesi tedesche: ne avranno nessuno, anzi tutto l'interesse a tenerci fuori, se saranno convinti del contrario.

Non voglio con questo suggerire che si faccia una piuttosto che l'altra politica: voglio solo dire che anche qui bisogna scegliere. Avere la botte piena e la moglie ubriaca è difficile per tutti: lo è più ancora per un paese nella situazione del nostro.

Ultimo elemento e sarà di gran lunga il più importante. Non è possibile fare ad un tempo una politica di prestigio, in seno al Patto atlantico e poi dire in altra sede che non possiamo aumentare di un centesimo le nostre spese militari, e che non possiamo contribuire per un centesimo al mutua! help . . . a meno che non riusciamo a vendere i terreni del Macao, operazione che certo non si potrebbe ripetere ogni anno.

Questo, mi permetto di dirlo, è la chiave di volta di tutta la nostra posizione e la nostra politica in seno al Patto atlantico: il resto sono esercitazioni diplomatiche a vuoto. Ci troviamo di fronte a due politiche differenti: una è quella del Ministero degli esteri e, credo, del Ministero della difesa che vuoi fare una politica di prestigio in seno al Patto atlantico: l'altra è quella del Ministero del tesoro che non vuole, o non può, tirar fuori dei soldi. Bisogna arrivare ad una decisione e che questa diventi la politica del Governo italiano. Se prevale il punto di vista del Ministero del tesoro, bisogna che Esteri e Difesa si rassegnino a rinunciare ad ogni politica di prestigio, o di parità che dir si voglia. Se prevale il punto di vista del Ministero degli esteri e della Difesa, bisogna che il Tesoro si rassegni a tirar fuori i soldi, nella quantità che è necessaria per appoggiare questa politica di prestigio. Volerle fare tutte e due ad un tempo, come facciamo oggi, non può non portare che a degli insuccessi, a delle cattive figure.

Stati Uniti, Canada, Gran Bretagna fanno tutti, nel campo militare uno sforzo grosso, non solo assolutamente -il che potrebbe essere una questione di ricchezzama anche proporzionalmente alle loro risorse; i paesi continentali, sia pure in varia misura sono in nobile gara a fare il meno possibile.

Vogliamo avere nel Patto atlantico una posizione di primo piano, in formato italiano si intende? Facciamo allora, sia nel campo del bilancio militare vero e proprio, che nel mutua! help, che in tutti gli altri campi connessi uno sforzo grande, fino al limite estremo -ma estremo reale non sulla carta-delle nostre forze: se lo faremo la nostra posizione organica ne verrà da sé. Ma se invece preferiamo spendere il minimo di soldi possibile, se non vogliamo che il Consiglio della difesa si riunisca a Roma e tante altre cose del genere, bisogna che ci rassegnamo ad avere nel Patto atlantico una posizione più che secondaria. Anche qui si tratta di scegliere ma bisogna scegliere: e una volta scelta una certa politica, farla tutti i Dicasteri interessati, d'accordo.

Personalmente, altrettanto sono stato favorevole -e V.E. lo sa bene -a che noi entrassimo nel Patto atlantico, altrettanto sono convinto che, almeno per ora, ci convenga di prendere il meno di impegni possibile entro il Patto atlantico: quindi fare una politica più che tranquilla. Per questo ero, e resto, dell'opinione che non dobbiamo chiedere la revisione delle clausole militari del trattato di pace, le quali, finché durano, sono una onesta, e difficilmente discutibile, salvaguardia degli interessi del Ministero del tesoro: che ci conviene di contentarci di fare onestamente e bene la nostra parte piccola, in maniera che siano poi gli altri, proprio da questa nostra serietà, spinti a chiederci di fare di più: e quindi negoziarlo invece di dover supplicare in ginocchio che ci sia concesso di avere certe posizioni più che altro di parata. Ossia la politica del passo non più lungo della gamba e la nostra gamba è attualmente piccola, molto piccola e non è con le parole che la possiamo far diventare più grande.

Riassumendo:

l) La tendenza verso una direzione ristretta del Patto atlantico è una tendenza logica, che finirà per trionfare: non siamo noi che potremo impedirle di trionfare.

2) È tutt'altro che facile per noi entrare de plein pied nel Comitato ristretto perché la maggior parte degli elementi di fatto, e quindi difficilmente mutabili, sono contro di noi.

Sul piano diplomatico l'azione può riuscire soltanto se possiamo avere l'appoggio ben deciso dell'Inghilterra. L'azione diplomatica può essere resa più facile, e in certe circostanze anzi solo formale se noi possiamo fare uno sforzo finanziario massimo -nel concetto degli altri non in quello nostro -e se in generale possiamo fare, soprattutto all'interno ma anche all'estero una politica aggressiva (per adoperare una espressione cara agli americani) di Patto atlantico. Se tutto questo non è possibile -o si ritiene che non sia nel nostro interesse -bisogna allora che ci rassegnamo ad una posizione assai più modesta.

La nostra posizione nel mondo noi la possiamo riguadagnare tenendo testa con coraggio alle agitazioni comuniste, facendo bene, economicamente e socialmente, la riforma agraria, con una buona riforma fiscale, con un buon programma di ristrutturazione della nostra economia, rimettendo in sesto il nostro sconquassato organismo amministrativo: e non coll'agitarci per chiedere certe posizioni ufficiali che ci vengono negate o discusse oggi, proprio perché non abbiamo fatto o non si dà fiducia che faremo sul serio c bene tutto questo: e che nessuno ci discuterà più se lo avremo fatto.

Noi sopravalutiamo troppo le possibilità della diplomazia: ogni paese conta e vale nel mondo per quello che è il suo reale peso specifico: una buona diplomazia potrà far valere 100 quello che vale 80: ma non c'è nessuna diplomazia al mondo che possa far valere l 00 quello che vale l 0: la politica estera, la diplomazia, checché se ne dica, non è vendere delle belle frasi o del fumo, il che è lo stesso.

Ho ritenuto mio dovere esporre francamente la situazione quale la vedo, prima che ci impegnamo, sia all'interno che all'estero, in una battaglia la quale rischia di essere, nelle circostanze attuali, in certa misura, già perduta in partenza, come quella che a suo tempo impegnammo per lo Standing Group3 .

128 2 Vedi D. 105.

129 2 Vedi serie undicesima, vol. III, D. 240.

129 3 Su questo documento Sforza ha annotato: «È in gran parte giusto, anzi ovvio. Esito a toccare Londra. Si prepari comunque un passo per Londra, e si vedrà se può divenire dignitoso e concreto». Per la risposta vedi D. 148.

130

IL MINISTRO A BELGRADO, MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

R. SEGRETO 1166. Belgrado, 18 aprile 1950 (perv. il 24).

Mi onoro riferire sul passo tripartito fatto presso questo Governo a seguito del memorandum italiano del 21 marzo1 , passo assai più blando di quello che doveva e poteva essere.

Se si mettono in relazione le opinioni iniziali di queste ambasciate di Francia e degli Stati Uniti, comunicate con i miei telegrammi n. 98 2 e n. 10 J3, con il tenore ed il contenuto del passo eseguito, credo che si possa concludere che la montagna ha partorito ... il topolino.

Ho l'impressione che i Governi delle tre potenze occidentali abbiano dato ali 'ultimo momento ai loro rappresentanti a Belgrado istruzioni generiche o troppo elastiche, per cui è evidente che il passo è stato intonato al punto di vista di Allen, da me riferito con telegramma n. 1033•

Se la mia impressione corrisponde alla realtà, ed ho qualche motivo per ritenere ciò, non mi sembra sia stato opportuno da parte dei Governi lasciare la decisione ad ambasciatori qui accreditati, che è naturale siano portati, per la loro stessa missione, ad attutire piuttosto che ad inasprire le relazioni tra i loro paesi e questo Governo. Si aggiunga che l'ambasciatore di America è qui giunto col preciso compito di avvicinare definitivamente Tito all'Occidente e quindi non è il più idoneo a concretare passi energici presso questo Governo.

Si aggiunga ancora che pare che sia lui stesso che ha suggerito al Dipartimento di Stato di accordare il prestito di 20 milioni di dollari a pochi giorni di distanza dal baldanzoso discorso di Tito a Uzice4 . Inoltre Alleo ha creduto, per conto suo, contrariamente a quanto si era convinto dopo la mia conversazione con lui (vedi mio telegramma n. 91 )5 , di fare un passo presso Mates (vedi mio telegramma n. l 03), che certamente ha pregiudicato le possibilità di un ulteriore passo più energico.

Questa legazione ha mantenuto continui contatti con le ambasciate delle grandi potenze occidentali, e da parte mia ho rappresentato direttamente a questi ambasciatori degli Stati Uniti e della Francia i motivi che, a mio parere, suggerivano la opportunità di un passo energico. Tali motivi ho anche creduto di riassumere loro in una mia lettera personale, di cui mi onoro allegare copia6 , inviata per conoscenza anche a questa ambasciata d'Inghilterra.

2 Vedi D. 9R.

3 Del 6 aprile, non pubblicato.

4 Vedi D. 98, nota 4.

5 Vedi D. 92.

" Non pubblicato.

Allen ha riferito a parecchi colleghi il tenore del passo, rilevandone egli stesso la voluta moderatezza. Ha ammesso che il passo non conteneva alcuna suggestion rivolta al Governo jugoslavo, tanto che l'ambasciatore di Turchia si domandava quale ne fosse stata allora l 'utilità, dato che non gli pareva che la tensione creatasi tra l 'Italia e la Jugoslavia fosse di tale gravità da giustificare un intervento da «paciere».

Sta di fatto che qui si è avuta l 'impressione che il passo sia stato piuttosto debole, tantoché la sera stessa dell'intervento è stata casualmente colta la seguente frase di questo direttore dell' Agence France Presse: «Les italiens n'ont pas gagné leur journée».

Se mi era doveroso riferire l'impressione di questi ambienti e qualche dettaglio di cronaca, debbo tuttavia aggiungere che non considererei il passo completamente negativo. Le grandi potenze hanno comunque notificato la loro preoccupazione per ulteriori azioni jugoslave che possono condurre ad una annessione della Zona B da parte della Jugoslavia e tanto Mates ad Allen (mio telegramma n. 103) quanto Prica a questo incaricato d'affari d'Inghilterra, hanno escluso tale intenzione da parte del Governo jugoslavo.

Esaminando il tenore del passo non si può tuttavia non rilevare:

l) che non contiene una esplicita protesta per la unione doganale tra Zona B e territorio jugoslavo. Solo Payart mi ha detto di averne accennato come punto di partenza delle sue dichiarazioni;

2) che non si è fatto cenno alla proposta italiana di riunificazione doganale ed economica delle due Zone del T.L.T., ritenuta da questi ambasciatori non pratica ed inattuabile. Non avevo tuttavia mancato di segnalare a questi ambasciatori la opportunità di una tale proposta che avrebbe messo in imbarazzo questo Governo, tantoché anche questa stampa ha preferito pressoché ignorare la proposta stessa;

3) che, da parte americana, l'invito a «evitare ulteriori dichiarazioni od azioni che potrebbero rendere più difficile l'accordo per Trieste» è stato rivolto tanto al Governo jugoslavo quanto a quello italiano, quasi che non si trattasse di reagire ad un arbitrio jugoslavo contro il trattato di pace, ma di dirimere un litigio tra due parti in contrasto.

Passo, in conclusione, «morbido», fatto soprattutto per non assumersi la responsabilità del silenzio in vista delle preoccupanti elezioni in Zona B.

Senonché, a mio sommesso avviso, il passo compiuto presenta altri aspetti deh>ni di considerazione. Al di là della questione delle violazioni jugoslave, esso ha posto l'accento sulla soluzione del problema del T.L.T. dando l'impressione di volersi liberare dal «peso» della dichiarazione tripartita7 . Il che potrebbe essere meno grave se si intravedesse una possibilità di soluzione in base all'atteggiamento preso sulla questione dai due paesi. Ma sono invece proprio questi ambasciatori di America e di Francia i meno convinti sulla possibilità che il Governo jugoslavo defletta dalla intransigenza assunta.

Merita infine particolare attenzione il punto in cui si dice che i Governi americano e inglese non intendono intervenire in eventuali negoziati tra Italia e Jugoslavia a meno che siano messi in causa i loro commitments di potenze occupanti della Zona A.

Allen ha spiegato, a titolo di esempio, che se un eventuale accordo italo-jugoslavo dovesse implicare l'evacuazione della Zona A da parte delle truppe alleate, tale

evacuazione dovrebbe essere concordata coi Governi americano ed inglese. La spiegazione è convincente, ma si tratta di un esempio; mentre induce a domandarci se il giorno in cui Italia e Jugoslavia raggiungessero un accordo sulla Zona B, sarebbe poi così facile ottenere l'evacuazione della Zona A da parte degli anglo-americani.

Opportunità di mantenere truppe alleate a Trieste, difficoltà che sorgessero sul piano internazionale con la Russia, la quale evidentemente reagirebbe ad un qualsiasi accordo modificante il trattato di pace senza il suo consenso, potrebbero, persino se si fossero avute preventive promesse, all'ultimo momento far disconoscere l'accordo,

o quantomeno ritardarne indefinitamente l'esecuzione. Mentre d'altra parte diventerebbero compromettenti eventuali nostre rinunce fatte in sede di accordo con il Governo jugoslavo.

Ho già accennato ad alcuni motivi della debolezza del passo compiuto, sia in relazione alle violazioni jugoslave del passato che a quelle del futuro. La ragione fondamentale resta però quella, da me segnalata, che i Governi delle grandi potenze occidentali non hanno l'intenzione di spingere la loro energia fino al punto di dover mutare politica nei confronti di Tito. Mentre d'altra parte tendono a spiegare le azioni compiute da Tito in Zona B come la risposta ad analoghe azioni avvenute in Zona A, e, quel che è peggio, a considerare come ineluttabile, se non già in atto, l'annessione di fatto della Zona B alla Jugoslavia, onde sono consci che una presa di posizione energica nei confronti della Jugoslavia li porterebbe altrettanto ineluttabilmente ad assumere nei suoi confronti atteggiamenti non ritenuti opportuni.

La posizione, quantomeno di questi ambasciatori delle grandi potenze occidentali, e purtroppo non soltanto di essi, è la stessa circa la soluzione del problema del T.L.T.

Non disconoscono le buone ragioni dell'Italia, ma di fronte all'intransigenza jugoslava, se non dicono, fanno comprendere che la Zona B non vale una rottura tra l'Italia e tutto l'Occidente da una parte e Tito dall'altra.

Per cui, pur riconoscendosi la validità della dichiarazione tripartita, si tende ad escludere che si sia trattato di una promessa, in quanto subordinata all'accettazione da parte della Russia e della Jugoslavia. Mentre ora si comincia a sottolineare che al tempo in cui la dichiarazione fu fatta, la Jugoslavia era o si riteneva che fosse un satellite della Russia, mentre ora la situazione è cambiata.

In sostanza, dalle campane occidentali si spande il suono sordo di alcune crude dichiarazioni fattemi da Mates nella mia conversazione del 26 marzd.

V.E. può immaginare quanto mi sia penoso il dovere riferire queste constatazioni e quanto sia tesa l'opera mia e dei miei collaboratori a correggere impressioni ed opinioni sbagliate.

Ho avuto lunghissime conversazioni con questo ministro del Brasile, Couto, che come ebbi in passato occasione di riferire, fu, nella delegazione brasiliana durante i lavori della Conferenza della pace, uno dei più ferventi sostenitori delle tesi italiane riguardo a Trieste.

Anch'egli però è pessimista. Non vede come possano essere estromessi gli jugoslavi dalla Zona B. Né ritiene opportuno, anche potendolo, estrometterli con la forza perché anch'egli ritiene che non convenga mettere in pericolo il prestigio di

Tito e tanto meno produrre una rottura tra Tito e le potenze occidentali. Anch'egli finisce per concludere che rapporti di amicizia tra Italia e Jugoslavia siano per l'Italia assai più vantaggiosi che non la Zona B.

È d'altra parte meravigliato che le tre grandi potenze occidentali poco tempo dopo la firma del trattato di pace lo abbiano in certo senso violato con la dichiarazione tripartita e che ora tentino di rimangiarsela.

È rimasto anche sorpreso che io, sempre «calmo» e «obiettivo», mi sia tanto «accaldato» per difendere un punto di vista proprio di «un istriano», ma, secondo lui non di «italiano», che dovrebbe vedere il problema su un piano più vasto.

Se lo hanno toccato meno gli argomenti etnici e storici (commisurandoli naturalmente al pericolo di arrivare sulla questione della Zona A ad una tensione con la Jugoslavia), lo ha toccato di più l'argomento della presenza degli jugoslavi nel grande golfo di Trieste, che date le loro concezioni in materia di acque territoriali e di polizia marittima potrebbero mettere in pericolo la stessa navigazione nel porto di Trieste.

So che questo argomento ha poi ripetuto, carta alla mano, a questo ambasciatore di America. Conclusione di Couto: che convenga ali 'Italia la nomina del governatore del

T.L.T. e cioè il ritorno al trattato di pace come unico mezzo per estromettere, senza diminuzione del loro prestigio, gli jugoslavi dalla Zona B. Potrebbe essere questo un primo passo per realizzare le nostre ultime aspirazioni, data la gran maggioranza degli italiani che abitano il T.L.T., che si troverebbero in condizioni di esprimere liberamente i loro desideri.

Ho riferito questo suo punto di vista, non soltanto perché egli lo ha comunicato al suo Governo, ma perché ne ha fatto oggetto di conversazioni con Allen e con Payart. Sembra che Allen sia molto interessato al suggerimento e che Payart abbia osservato che l'attuazione dell'autonomia del Territorio Libero non invalida il punto di vista espresso nella dichiarazione tripartita del 20 marzo 1948.

Ho creduto opportuno riferire questo «lavorìo» che si sta svolgendo a Belgrado perché non vi ha dubbio che i Governi possono essere influenzati dalle opinioni e dai suggerimenti dei loro rappresentanti qui accreditati.

Mi è doveroso, a conclusione, sintetizzare il mio modesto pensiero.

Ho sempre cercato di disilludere coloro che credevano che con le minacce o con un pugno di dollari Tito potesse indursi ad abbandonare la Zona B. Si tratta di un territorio occupato ed amministrato dalla Jugoslavia, a torto od a ragione considerato quindi già territorio jugoslavo, e un Governo, tanto più dittatoriale, e quindi bisognoso di prestigio, non può abbandonarlo né per minacce né per denaro.

A questo proposito gli jugoslavi richiamano la loro ribellione e la loro resistenza al Cremlino ed al Cominform, che resta tuttavia un fatto vero. Bisogna ricordare lo stupore del mondo quanto Tito osò tanto contro il potente Stalin.

La perseveranza di questa politica di ribellione, di resistenza e di baldanza contro tutti, potrà un giorno essere funesta al paese. Ma intanto gli uomini ed i Governi bisogna prenderli come sono. E noi di dittature abbiamo una certa esperienza.

D'altra parte non mi sembra che in questo momento ci si possa fidare troppo su un aiuto decisivo da parte degli anglo-americani. Ciò premesso non oserei dire che la situazione è definitivamente cristallizzata. È probabile che dopo le prime scomposte reazioni al discorso tenuto da V.E. a

Milano9 , questo Governo mediti sul suo contenuto, bilanciando i vantaggi e gli svantaggi delle proposte in esso formulate.

E poiché non credo del tutto insincero, perché utile, il desiderio precedentemente manifestato da questo Governo di stabilire buone relazioni con l'Italia, non posso escludere che questo Governo, di fronte alla fermezza dimostrata da VE. e dal Governo italiano, preoccupato di non poter risolvere tante altre questioni pendenti tra i due paesi, possa indursi a studiare qualche soluzione che, salvando il suo prestigio, possa venire incontro ai desideri del! 'Italia.

Ma mentre ritengo estremamente utile una politica di fermezza da parte del Governo italiano, vedo meno l'utilità di pubbliche manifestazioni di popolo e di stampa che, se costituiscono espressioni di sentimenti che sono a tutti noi comuni, producono altrettanto vivaci, se pur meno fondate, reazioni da questa parte, distruggendo in anticipo i frutti che potrebbero aversi dal fondamentale discorso di VE.

Lungi da me ogni illusione. Ma constato che al discorso di VE. non è stata ancora data alcuna risposta ufficiale. Che per ora non c'è stato che gran rumore sulla stampa, ma si sa che nei regimi totalitari le campagne di stampa cadono vittime del loro artificio, quando i Governi decidono altrimenti.

D'altra parte al discorso di VE. è succeduto l'invito ufficiale delle tre grandi potenze occidentali per un accordo tra i due paesi. Questo Governo non può senz'altro respingere questo invito, mentre oramai sa che un accordo diretto è possibile soltanto smuovendosi dalla sua intransigenza.

Penso quindi che in un futuro assai prossimo, se nel frattempo si ammorbidirà l'atmosfera, potremo avere qualche segno o in un senso o nell'altro delle vere intenzioni di questo Governo.

130 1 Vedi D. 65, Allegato.

130 7 Vedi serie decima, vol. VII, DD. 468 e 469.

130 8 Riferimento errato nella data, vedi D. 96.

131

L'INCARICATO D'AFFARI A GEDDA, GUILLET, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 4296/24. Gedda, 19 aprile 1950, ore 17 (perv. ore 23,30).

Ministro Turcato comunica quanto segue per Roma:

«Prego vivamente sollecitare arrivo consigliere tecnico Governo yemenita già richiesto d'urgenza. Occorre tenere presente che predetto funzionario dovrà giudicare progetti lavori pubblici che saranno presentati da tecnici anche stranieri, potrà quindi influenzare assegnazione lavori pubblici suddetti. Medesimo funzionario insieme agente commerciale pure richiesto costituirebbero base penetrazione che dalle mie richieste potrebbero entro breve tempo apportare a industria nazionale e lavoro italiano all'estero benefici di qualche miliardo di lire italiane».

130 9 Vedi D. 111, nota 2.

132

IL MINISTRO A PRAGA, VANNI D'ARCHIRAFI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 4318/59. Praga, 19 aprile 1950, ore 21 (perv. ore 7,30 del 20).

Stamane sono stato ricevuto da nuovo ministro degli affari esteri Siroky. Colloquio durato circa un'ora -cui ha assistito vice ministro degli affari esteri preposto nuova politica Europa occidentale -è stato da me indirizzato su argomenti manifestazioni stampa e uomini politici cecoslovacchi verso nostro paese e relazioni economiche italo-cecoslovacche (vedansi mio rapporto 779/485 dell' 11 aprile e telespresso urgente 024) 1 ed ha avuto impronta distensiva.

Riferisco dettagli per corriere.

133

IL CAPO DELL'UFFICIO VI DELLA DIREZIONE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, SIMONE, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ZOPPI

APPUNTO 2/0 1183/P. Roma, 19 aprile 1950.

Ho ricevuto stamane, su sua richiesta, l'ambasciatore di Cina Yu Tsune-Chi, il quale è venuto a chiedermi se sia vero che il Governo italiano ha deciso di riconoscere il Governo comunista di Mao Tse-tung, esprimendomi subito il suo doloroso rammarico per il fatto, se esso fosse vero.

Gli ho risposto che il Governo non ha preso questa decisione da lui temuta, pur non potendogli però dare alcuna assicurazione al riguardo per l'avvenire.

L'ambasciatore mi ha ricordato l'azione da lui svolta a Lake Success in difesa dei diritti dell'Italia ed ha espresso la speranza che il popolo italiano, tanto minacciato dal pericolo comunista, non vorrà dare la sua approvazione a coloro che in Cina hanno oppresso la libertà e la giustizia. Egli mi ha poi consegnato i documenti qui allegati 1 , pregando il Governo italiano di esaminarli prima d eli' eventuale venuta a Roma di Trygve Lie, che è un sostenitore del riconoscimento del Governo di Mao e che è notoriamente filosovietico.

Ho dichiarato all'ambasciatore Yu Tsune-Chi che il popolo italiano non dimentica le prove di amicizia ricevute dal popolo cinese e che le sue decisioni saranno ispirate sempre a sentimenti di giustizia.

133 1 Non pubblicati.

132 1 Non rinvenuti.

134

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI

T. SEGRETO 3185/145. Roma, 20aprile 1950, ore 12,15.

Suo 302 1•

Considero prossima riunione Consiglio occasione da non perdere per impostare cooperazione atlantica su basi più concrete ed unitarie. Perciò, oltre a breve discorso pubblico, conto intervenire in seguito per affermare necessità di raggiungere comunità di atteggiamenti e di azione nel campo politico ed economico oltre che in quello militare, anche se ciò dovrà comportare sacrificio taluni aspetti tradizionale concetto sovranità.

Non conterei sollevare specifici argomenti dato che quello che più a noi interessa in questo momento (Trieste) non sembra maturo per una trattazione in tale sede, ma porteremo attivo contributo a discussione problemi generali (Germania; rapporti tra Occidente ed Oriente) che hanno per noi non meno che per gli altri vitale importanza2 .

135

L'AMBASCIATORE AD ATENE, ALESSANDRINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 4358/46. Atene, 20 aprile 1950, ore 19,55 (perv. ore 22).

Incaricato d'affari jugoslavo ad Atene ha oggi, per la prima volta dopo tre anni, chiesto ed ottenuto udienza da questo ministro degli affari esteri Plastiras. Tutta stampa greca ha messo in grande rilievo l'avvenimento.

Ho interrogato in proposito questo segretario di Stato Politis, durante odierna colazione nostra ambasciata. Egli mi ha detto -e pregato informare V.E. -che incaricato d'affari jugoslavo ha proposto piena e normale ripresa relazioni diplomatiche tra Grecia e Jugoslavia con nomina due ministri nelle rispettive capitali. Politis ha aggiunto che, con tutta probabilità, domanda jugoslava, che verrà esaminata domani da Consiglio dei ministri, sarà accolta.

2 Con T. segreto 4368/312, pari data, Tarchiani rispose: «Fatte opportune comunicazioni a Dipartimento Stato, che le ha vivamente apprezzate». Il presente telegramma venne ritrasmesso a Londra, Parigi, Bruxelles ed Ottawa (T. segreto 3230/c. del21 aprile) con la seguente aggiunta: «Solo per Ottawa.

V.E. potrà avvalersi di quanto precede per i suoi utili contatti con Pearson».

Ho lungamente esposto a Politis nostra situazione nei riguardi Jugoslavia e nostre ragioni circa questione Trieste. Egli ha convenuto in tali ragioni e mi ha assicurato continuerà a tenerci confidenzialmente al corrente sviluppi situazione balcanica così come essa si presenterà ad Atene.

134 1 Del 17 aprile, con esso Tarchiani aveva confermato le notizie relative alla preparazione del Consiglio atlantico (vedi D. 103) e segnalato il desiderio statunitense di conoscere le eventuali proposte ed osservazioni dei Governi interessati.

136

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

R. SEGRETO 4351/2576. Washington, 20 aprile 1950 (perv. il 26).

Come ho segnalato in mie separate comunicazioni, sono apparsi in questi ultimi giorni vari riferimenti su questa stampa, sopratutto in corrispondenze da Parigi, in merito alle intenzioni da parte dei Governi europei e in particolare dei Governi francese e inglese in occasione del prossimo incontro dei tre ministri degli esteri, di far presenti le difficoltà da parte dei paesi europei membri del Patto atlantico, di finanziare un adeguato programma di riarmo, quale concepito dai Comitati militari. Poiché in alcune pubblicazioni di stampa è stato fatto anche riferimento alla possibilità che il Dipartimento di Stato presti un orecchio non del tutto sfavorevole a sollecitazioni del genere, ho ritenuto opportuno effettuare qualche sondaggio presso gli uffici competenti di detto Dipartimento. Il risultato di tali accertamenti mi sembra inquadrarsi esattamente in quelle reazioni alla nota proposta di Bidault segnalate con mio rapporto a parte, reazioni che mostrano come si voglia qui procedere con molta cautela prima di esaminare nuovi programmi di aiuto o anche soltanto ascoltare con atteggiamento benevolo ulteriori notevoli richieste di finanziamenti. È pur vero che, come precedentemente segnalato (mio rapporto n. 2025) 1 , il Governo americano sta disponendo lo studio del «se e come» provvedere alle necessità europee dopo la cessazione del programma E.R.P. Ma questa è una decisione liberamente assunta dal Governo americano, il quale, mentre si va sempre più convincendo della necessità di esaminare quali provvedimenti possono essere adottati per il periodo predetto, non vuole e non può -per mancanza di indicazioni da parte del Congresso -prestarsi a cuor leggero a sollecitazioni ufficiali e coordinate dei paesi europei.

Al riguardo si è da parte nostra chiesto al Dipartimento di Stato se la generale tendenza che si riscontrava anche nelle pubblicazioni di stampa, a considerare come ineluttabile un maggiore sforzo americano connesso anche con le necessità di finanziamento interno per il programma di riarmo, aveva indotto il Dipartimento stesso ad accettare o almeno a considerare eventuali sollecitazioni europee in tal senso. A questo riguardo si è anche accennato al Dipartimento alle persistenti gravi difficoltà che esistono per il Tesoro italiano per finanziare i costi interni di un incremento nel nostro

programma di riarmo. (Nelle conversazioni di cui trattasi non è stato possibile accennare ancora alle eventualità che sono oggetto dello scambio di corrispondenza tra V.E. e il ministro dell'industria, allegato al telespresso 371 dell'S aprile u.s. 2 , dato che questo è pervenuto soltanto dopo le conversazioni di cui trattasi. Le considerazioni in esso svolte faranno oggetto di passi da parte nostra nella prossima settimana).

In relazione alle domande poste da questa ambasciata, il Dipartimento ha chiaramente indicato che il Governo americano era per ora alieno dal considerare nuovi sviluppi nelle caratteristiche del piano degli aiuti militari o deviazioni dalla linea classica stabilita nelle discussioni parlamentari. Né sarebbe possibile al Dipartimento di Stato prendere comunque impegni o dare assicurazioni ai Governi europei senza avere previamente consultato il Congresso e accertato le sue reazioni in materia. Vi era infatti da tener presente il costante desiderio di economie, la perplessità di molti elementi parlamentari ad assumere ulteriori impegni, e il desiderio di molti di essi di avere qualche prova di risultati concreti da parte dell'organizzazione del Patto atlantico, prima di decidere nuove elargizioni per spese di nuovo genere e sopratutto per finanziamenti dei costi interni della produzione bellica europea.

In relazione a tale premessa, il Dipartimento ha anche tenuto a svolgere qualche considerazione in merito agli specifici problemi del programma italiano e alle difficoltà da noi manifestate per i finanziamenti di cui trattasi. Il Dipartimento ha mostrato di rendersi conto che la situazione economica italiana non consente incrementi di notevole mole nel programma di riarmo nel bilancio militare generale. Esso ha però fatto presente, evidentemente a seguito degli studi effettuati da parte della Missione competente costà, e dei rapporti da essa inviati, che ciò che sembrava possibile nel caso italiano era che il nostro Governo riuscisse ad effettuare riduzioni in tutto il complesso di spese non strettamente connesse con la produzione bellica, quali spese amministrative, mantenimento truppe, addestramenti ecc. A questo riguardo il Dipartimento di Stato si è riferito alla indagine compiuta tempo fa negli stessi Stati Uniti dal segretario per la difesa Johnson, in occasione della discussione del bilancio militare da parte del Congresso americano. Tale indagine, come noto, aveva dato come risultato la constatazione che su tale bilancio si potevano effettuare risparmi per molte centinaia di milioni di dollari. Il Dipartimento di Stato si rendeva naturalmente conto che vi erano ben maggiori difficoltà ad effettuare riduzioni del genere nel bilancio italiano, ma il problema appariva meritevole di esame nel seguente aspetto, che cioè, se è difficile per il Governo italiano mobilitare nuovi stanziamenti per l'incremento del programma di riarmo e di produzione bellica, dovrebbe manifestarsi più facile il ridurre le spese su altri capitoli e utilizzare i risparmi derivantine per il predetto incremento del programma di riarmo. Né andavano al riguardo sottovalutati i vantaggi che ne sarebbero conseguiti a tutti gli effetti, sia per l 'intrinseco potenziamento delle Forze armate e sia per le favorevoli ripercussioni nei confronti del Congresso americano. In altre parole ciò che il Dipartimento auspica è che venga effettuata possibilmente una riduzione nelle spese amministrative e un corrispondente aumento in quelle di produzione bellica atta a consentire la messa in moto del noto sistema stabilito dal Governo americano al momento della formulazione del piano di

aiuti militari secondo cui le elargizioni da parte degli Stati Uniti all'industria bellica europea debbono avvenire sotto forma di materie prime e soltanto in corrispondenza di un incremento di produzione finanziato con aumenti negli appositi capitoli del bilancio dei Ministeri militari.

Comunque, in relazione alle considerazioni svolte nello scambio di lettere con il Ministero dell'industria, di cui al telespresso sopra citato, non mancherò di intrattenere nuovamente i competenti elementi di questo Dipartimento, riferendo ulteriormente in merito.

Ho ritenuto approfittare intanto delle pubblicazioni di stampa sopra segnalate, per incoraggiare esponenti di questi ambienti giornalistici e colonnisti a porre in rilievo le difficoltà finanziarie per i paesi europei a potenziare un programma di riarmo e l'opportunità che il Congresso americano venga edotto sulla necessità che sempre più pressantemente si manifesta che il Governo americano decida di intervenire con concessioni finanziarie, atte a far fronte anche a certi costi interni della produzione bellica europea.

Non vi è dubbio comunque che una partecipazione di tal genere e i forti impegni ad essa connessi, troverebbe, almeno in questo momento, un Congresso molto poco ricettivo e che solo una opportuna e forte drammatizzazione del problema potrà creare qualche motivo di deviazione dal sistema finora seguito per il M.A.P. e rendere forse possibile un esame dei tipi di finanziamento del genere sopra descritto.

136 1 Non rinvenuto.

136 2 Non pubblicato.

137

IL MINISTRO A BELGRADO, MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 4400/132. Belgrado, 21 aprile 1950, ore 13,40 (perv. ore 21).

Apprendo da radio che Russia avrebbe inviato nota1 a potenze occidentali per nomina governatore T.L.T. Vista situazione da qui mi sembrerebbe opportuno evitare per il momento eventuali reazioni contrarie a proposta. Proposta russa preoccupa evidentemente questo Governo il quale, dopo recenti pubbliche dichiarazioni che «indietro non ritorna» si vedrebbe costretto a cassare amministrazione Zona B. Qualunque possa essere definitivo punto di vista Governo italiano riterrei in ogni caso opportuno che reazioni contrarie a proposta russa provenissero da Jugoslavia.

Non può escludersi che per intanto detta proposta induca questo Governo a cercare possibile soluzione problema. Ma deve avere però sensazione che Governo italiano potrebbe essere disposto aderire proposta nomina governatore2 .

2 Per la risposta vedi D. 139.

137 1 Vedi D. 138.

138

L'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. RISERVATISSIMO 911/368. Mosca, 21 aprile 1950 (perv. il 2 maggio).

Come ho telegrafato in data odierna (n. 86) 1 la nota sovietica ai Governi degli Stati Uniti, dell'Inghilterra e della Francia è stata consegnata da Gromyko separatamente ai rispettivi ambasciatori ieri sera, c in quest'ordine: alle ore 19 all'ambasciatore Kirk, alle ore 19,30 all'ambasciatore Chataigneau, alle ore 20 al signor Nicholls.

L'ambasciatore Kirk mi ha detto che non vi è stata alcuna discussione, Gromyko non ha nemmeno letto la nota, l'ha semplicemente consegnata accennando succintamente al suo contenuto. Kirk non ha fatto obiezioni e si è limitato a promettere di riferire, e così hanno fatto gli altri.

Parlando con Kirk e col suo ministro consigliere Barbour, essi hanno concordemente attribuito la mossa sovietica alla opportunità di mettere ostacoli a possibili trattative itala-jugoslave sotto l'egida americana. Le proteste del Governo italiano per i provvedimenti economici jugoslavi nella Zona B e per le elezioni, le dichiarazioni degli uomini politici jugoslavi circa la disposizione ad un accordo sarebbero più che sufficienti (anche in mancanza di altre indiscrezioni) a mettere i sovietici in allarme.

Attualmente, il loro primo interesse appare quello di ostacolare ed impedire in ogni modo possibile un accordo itala-jugoslavo: e la nota inviata corrisponde a questa linea di condotta.

Debbo tuttavia segnalare che la nota stessa non contiene né accuse né accenni di sorta alla politica dell'Italia nei riguardi di Trieste. È bensì vero che i responsabili diretti di ciò che avviene nei Territorio Libero sono gli anglo-franco-americani, ma è pur vero che essi hanno fiancheggiato in parecchie occasioni la politica italiana, né i sovietici lo ignorano.

Significa questo silenzio semplicemente che i sovietici vogliono ignorare l'Italia non attribuendole voce in capitolo né peso effettivo, oppure che essi hanno volutamente taciuto, quasi a lasciare intendere a una possibilità di modificare la loro linea di condotta a nostro favore, e a danno jugoslavo?

Questa ipotesi è molto azzardata, io credo, ma deve anch'essa essere considerata.

Nel suo contenuto, la nota sovietica non dice nulla di nuovo; essa ripete le solite argomentazioni fondate sul trattato di pace, e bisogna riconoscere che da questo punto di vista essa non manca di buone ragioni.

Due punti sono particolarmente da tenere presenti:

a) l'insistenza colla quale la nota si dilunga a dimostrare che la mancata nomina del governatore è da attribuire alla colpa degli Alleati: questa precisazione era indispensabile, altrimenti sarebbe venuta meno tutta la costruzione giuridica sovietica;

b) la forte sottolineatura della creazione di una base navale-militare a Trieste, in violazione del trattato di pace: i sovietici sembrano voler dire che la creazione di tale base non costituisce soltanto una violazione formale del trattato di pace, ma anche una violazione dell'equilibrio politico-militare del sud-est europeo. Questa ultima osservazione è più importante, e suscettibile di ulteriori sviluppi.

Finora io mi sono astenuto, e mi asterrò, salvo diverse istruzioni, dal fare cenno del problema coi sovietici: ciò sarebbe ancora più pericoloso che inutile. Si allega la traduzione della nota sovietica di cui si tratta1•

138 1 Non pubblicato.

139

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO, E AL MINISTRO A BELGRADO, MARTINO

T. 3280/72 (Mosca) 67 (Belgrado). Roma, 22 aprile 1950, ore 21,10.

(Per Belgrado) Suo telegramma 1321 .

(Per tutti) Circa nota russa2 ho detto nel mio discorso odierno alla Camera3 che non ne abbiamo ancora il testo ma che lo studieremo senza prevenzioni; e che intanto constatiamo che l'Unione Sovietica non accetterebbe un atto unilaterale della Jugoslavia sulla Zona B e che secondo Mosca il Territorio Libero è un tutto inscindibile.

140

L'AMBASCIATORE AD ATENE, ALESSANDRINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 4447/47. Atene, 22 aprile 1950. ore 13,30 (perv. ore 17).

Presidente del Consiglio Plastiras, che ho ricevuto ieri in ambasciata come da suo desiderio, mi ha incaricato fare pervenire a S.E. presidente De Gaspcri ed a V.E. un caloroso saluto unitamente assicurazione suo desiderio fare quanto possibile per

2 Vedi D. 138.

3 Vedi Atti parlamentari, Camera dei deputati, Discussioni, 1950, vol. X Il, seduta del 22 aprile, pp. 17405-17413. Con T. 3289/c. del 23 aprile Sforza telegrafò a Londra, Parigi, Washington e Belgrado la chiusa del suo discorso: «ma poiché in questa occasione solenne è necessario dir tutto, è lealtà dir tutto, aggiungerò che noi abbiamo molte armi da usare se occorre e fra queste una denunzia al mondo di una suprema ingiustizia, cioè perdita di nuove terre italiane, ingiustizia che non potremmo tollerare anche se impostaci sulle basi di un trattato che numerosi Stati dietro cortina ferro hanno finora impunemente violato nelle sue clausole più nobili c più alte».

ristabilire sincera amicizia e piena reciproca fiducia tra i due paesi. Ha confermato che ci terrà confidenzialmente al corrente sviluppo relazioni con Jugoslavia che ci sarà grato se da parte nostra si farà altrettanto. Mi ha inoltre comunicato di aver dato istruzioni affinché questioni pendenti (fra le quali valutazioni beni italiani Rodi e liberazione Ravallidi) siano rapidamente risolte 1 .

139 1 Vedi D. 137.

141

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALLE AMBASCIATE A LONDRA, PARIGI E WASHINGTON E ALLA LEGAZIONE A BELGRADO

T. S.N.D. 3290/c. Roma, 23 aprile 1950, ore 17.

(Per Belgrado) Ho telegrafato quanto segue alle tre ambasciate:

(Per Londra, Parigi, Washington) Durante sua visita iersera ministro di Jugoslavia protestò perché un deputato aveva detto avant'ieri che Tito aveva mani grondanti sangue e si lagno della campagna di «inaudite menzogne» della stampa italiana circa quanto avvenne il 16 Zona B. Continuò esprimere tuttavia speranza che si raggiunga una intesa fra i due paesi.

Circa pretese offese a Tito gli osservai che con la sconfinata libertà di stampa in Italia ove comunisti ci accusano perfino di essere degli assassini noi non potevamo niente anche perché Tito non è un capo di Stato.

Circa le violenze elettorali gli confermai che non solo noi ma tutto il mondo civile era scandalizzato e attristato. Gli ripetei che un'intesa era nostro supremo desiderio ma che sapevano che dall'intesa il suo paese guadagnerebbe molto più di noi nel campo internazionale.

Richiestogli se desiderava che un breve comunicato rendesse conto del suo passo egli comprese che la responsabilità ricadrebbe su lui e suo Governo e mi disse che si sarebbe tosto messo in rapporto col suo Governo per istruzioni.

La prego comunicare subito verbalmente quanto precede codesto Governo ma raccomandandogli stretto segreto in caso a Belgrado si desideri silenzio.

140 1 Per la risposta vedi D. 146.

142

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, GALLARATI SCOTTI, A PARIGI, QUARONI, E A WASHINGTON, TARCHIANI

T. S.N.D. 3291/c. Roma, 23 aprile 1950, ore 17,30.

Miei telegrammi odierni 3289 e 3290 1•

Prego V.E. comunicare subito a voce quante segue a codesto ministro degli affari esteri come mio messaggio personale che trasmetto contemporaneamente alle tre ambasciate:

Ritengo mio personale dovere assicurarvi che il grave tono della chiusa del mio discorso non intende essere una pressione di carattere psicologico. È invece un atto di doverosa allarmata lealtà cui mi sono riluttantemente deciso dopo convintomi che dovevamo ad ogni costo salvare al di sopra di tutto la risorgente preziosa unità spirituale del nostro paese che sarà pel Patto atlantico infinitamente più preziosa di certe dubbiose forze militari. Tanto più il mio è stato un atto di lealtà quanto più sono convinto che le scosse italiane che anche come europeo cerco di evitare assumerebbero presto carattere epidemico2 .

143

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, MELI LUPI DI SORAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 464/269. Roma, 23 aprile 1950 (perv. stesso giorno).

La notizia di un accordo fra l'Episcopato polacco e quel Governo 1 , anche se la Segreteria di Stato era ben a giorno del perdurare di contatti e discussioni intercedenti fra le parti, ha colto la Santa Sede di sorpresa, e vi ha creato uno sconcerto e un disappunto che nessuno cerca di celare. Quest'è, in sostanza, l'unica nozione certa che si può ricavare dalle primissime conversazioni, brevi, sfuggevoli, saltuarie.

Il testo stesso d eli' accordo è, da almeno ieri, in possesso degli uffici di m o ns. Tardini: testo polacco e traduzione francese. È giunto (almeno quest'ultimo) pel tramite dell'ambasciata di Francia presso la Santa Sede, che deve averlo avuto direttamente da Varsavia. Ne ho chiesto una copia, che mons. Tardini si è riservato mandarmi più tardi, perché egli dice che la traduzione francese è parecchio inesatta e si sta

2 Per le risposte di Quaroni e Tarchiani vedi rispettivamente DD. 150 e 151. Con i telegrammi segreti 4502/420 e 4574/424 del 24 e 25 aprile Gallarati Scotti comunicò di aver consegnato il messaggio e che la risposta di Bevin sarebbe stata trasmessa dall'ambasciatore Mallet (vedi D. 154).

ora ritraducendo l 'originale polacco. Il contenuto, a quanto mi è parso comprendere, non si allontana molto dal referto comparso qualche giorno fa sull'Unità, nel senso che vi si contemplano i diversi argomenti enumerati dal giornale comunista: giurisdizione ecclesiastica delle zone tedesche annesse, collaborazione col Governo sulla politica agraria, ecc. Ma, come si capisce, su un testo del genere, ove ognuno delle due parti ha certamente tirato a compromettere il meno possibile se stessa e il più possibile l'altra, non è il caso di esternare un giudizio, senza averlo ben studiato nei suoi particolari e sulla sua formulazione.

La coincidenza della venuta a Roma del cardinal Sapieha, coll'annuncio del raggiunto accordo, mi aveva indotto a pensare, e tanti altri con me, che i due fatti fossero in stretta relazione. Era facile supporre che il cardinale, noto come persona conciliante all'estremo, era incaricato di predisporre il Vaticano all'inevitabile, sia per mandato del Governo (che altrimenti non avrebbero permesso il viaggio), sia per mandato dei vescovi, a nome dei quali ultimi avrebbe dovuto spiegare le gravi ragioni di una sì grave decisione.

Mi sono fatto la convinzione che, sino a un certo punto, questa coincidenza c'è, ad onta delle negative oppostemi ieri da mons. Montini, e delle assicurazioni analoghe fornitemi dall'ambasciatore Papée. Stamane, mons. Tardini l'ammise. Credo tuttavia si possa, per il momento, fermarsi alla conclusione che il cardinale dovesse realmente intrattenere la Santa Sede in argomento, e vedere di persuaderla ad acconsentire, se pur tacitamente. In quel mentre, la conclusione affrettata, e la pubblicazione dell'accordo hanno colto Roma e lo stesso cardinale di sorpresa. L'imbarazzo e l'incertezza delle smentite o semi-smentite all'accordo, comparse sull'Osservatore Romano sono evidenti, e, a parer mio, non costituiscono uno dei più felici prodotti del redattore diplomatico del giornale. Il riserbo che fin qui mantiene la Segreteria, nei giudizi dell'avvenimento, e sul suo significato, e le sue conseguenze, e sull'attitudine della Santa Sede, è quindi pienamente giustificato dalle circostanze. Ci vorranno parecchi giorni, prima di vederci o saperne qualche cosa di chiaro.

Per il momento, mi limito alle seguenti osservazioni.

l) La Segreteria di Stato ha l'impressione che i vescovi polacchi abbiano senz'altro oltrepassato i limiti di quanto canonicamente fosse loro concesso, senza le direttive e il consenso della Santa Sede.

2) Lo studio del testo dell'accordo e la conoscenza delle condizioni in cui è stato redatto e subìto, possono però modificare il giudizio morale e disciplinare del Vaticano. Mons. Tardini, pur deplorando la debolezza di quei vescovi, a un certo punto la spiegò colla necessità di salvare il salvabile e di evitare defezioni su larga scala nel clero, il che avrebbe costituito un male ancor maggiore per la Chiesa polacca. Le notizie così gravi sullo stato d'animo del clero minore, stretto fra la persecuzione politica e lo spettro della miseria economica, debbono provenire dallo stesso cardinal Sapieha.

3) La Santa Sede non ha ancora scelto la propria via, ma, ad ogni modo, sembra fin d'ora da escludere ch'essa possa approvare l'accordo. Quanto a pubblicamente condannarlo, non è chi non veda i pericoli a cui tale attitudine potrebbe dar luogo: si ricordi, ad esempio, la quasi completa distruzione della religione cattolica in Francia durante la grande Rivoluzione e lo scisma fra clero giurato e clero fedele.

Il tacere, d'altra parte, avrebbe come conseguenza la creazione di un precedente, anch'esso pericoloso per la compagine della Chiesa mondiale e di immediata applicazione nei due paesi cattolici oltre la cortina di ferro, ove la Chiesa è sottoposta a pressione analoga a quella subita in Polonia. I dilemmi sono veramente angosciosi.

4) È interessante infine notare che i giornali romani di estrema sinistra, dopo due giorni di notizie sull'accordo, si sono improvvisamente taciuti. Ciò è senza dubbio da attribuirsi ad ordini dalla Centrale. A che risponde tale improvviso riserbo? Quali vantaggi ne vuoi ricavare il Governo polacco? In Segreteria di Stato, queste domande non hanno finora avuto risposta, ma credo che vi si supponga, o vi si sappia, che è diretto a non influenzare, con astiose polemiche e con aspre «messe di spalle al muro» l'attitudine della Santa Sede. Probabilmente, se si conoscesse la missione del cardinale Sapieha e quello che ha detto nell'udienza pontificia e in Segreteria, il fenomeno verrebbe più facilmente spiegato.

Non credo, per ora, di poterne dir di più, senza entrare nel campo della fantasia. Mi riservo, naturalmente, successive comunicazioni.

142 1 Vedi D. 139, nota 3 e D. 141.

143 1 Vedi D. 125.

144

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI

T. S.N.D. 3297/147. Roma, 24 aprile 1950, ore 13.

La prego di parlare personalmente con Acheson e di dirgli da parte mia quanto segue:

«Sono convinto che le conversazioni tripartite di Londra, che dovranno precedere la riunione del Consiglio atlantico, serviranno utilmente, nell'interesse di tutti e perciò anche di quelli che non (dico non) vi partecipano, a determinare quella politica atlantica che è lo scopo che tutti vogliamo raggiungere.

Sia ben chiaro inoltre che il Governo italiano non pensa neppure a mettere in discussione il diritto delle potenze cui spettano responsabilità mondiali di concertarsi previamente circa indirizzi di politica generale oppure di consultarsi circa problemi singoli nei quali abbiano specifici interessi e responsabilità.

Desidero soltanto far presente che per certi problemi anche l 'Italia ha un contributo specifico da apportare. Per esempio nelle relazioni tra Oriente e Occidente, un argomento che non può mancare di essere incluso nell'agenda delle conversazioni tripartite, l'Italia occupa una posizione decisiva quale paese confinante della Jugoslavia con tutte le delicate conseguenze politiche cui allusi ieri nel messaggio che le inviai1• Temo che escludere Italia da conversazioni su questo argomento, in un momento in cui il problema è stato reso ancora più complesso dalla nota russa su Trieste, sarebbe pericoloso.

Per queste ragioni tengo a che il segretario di Stato sappia subito che sarei pronto a venire un poco prima a Londra per quei contatti circa la forma dei quali io non sollevo alcuna questione di prestigio. È ben altro che mi preoccupa cioè la convinzione dell'utilità del nostro apporto e la necessità armonizzare sempre più politica singoli membri comunità atlantica».

Queste considerazioni e la loro naturale conclusione sono rivolte personalmente al segretario di Stato. È a lui non ad altri colleghi che mi rivolgo2 .

144 1 Vedi D. 142.

145

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GALLARATI SCOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

R. RISERVATISSIMO 2429/1519. Londra, 24 aprile 1950 (perv. il 27).

Otto giorni sono trascorsi da quando ho inoltrato all'E.V. il mio rapporto n. 2208/1351 1 e -nel frattempo -non poche informazioni e commenti sono intervenuti a sottolineare sempre più la fondamentale portata che-specialmente da parte anglo-americana-si intende attribuire all'incontro di maggio fra Acheson, Bevine Schuman e alle lunghe conversazioni preparatorie che hanno oggi inizio in questa capitale. E tali notizie e commenti trovano piena conferma nei contatti che ho potuto avere negli ultimi giorni in questi ambienti.

In questi giorni inoltre si sono avuti ulteriori sviluppi in alcuni dei problemi che più direttamente ci interessano: nota russa su Trieste, visita a Roma della Commissione d'inchiesta dell'O.N.U. sull'Eritrea, nota etiopica al segretario generale delle Nazioni Unite sulla responsabilità di eventuali incidenti determinati dalla presenza di truppe italiane lungo la frontiera somalo-abissina.

Mi permetto pertanto di attirare l'attenzione di V.E. sugli clementi dianzi citati anche in relazione alle altre considerazioni svolte nel detto rapporto:

l) colloquio dell'ambasciatore Quaroni con Schuman2;

2) discorso di Bidault del 16 corrente e proposta di creare un Alto consiglio atlantico per la pace con funzioni trascendenti il campo della difesa per estendersi alla sfera politica ed a quella economica;

3) il settimanale americano Newsweek del 17 corrente riporta il testo dell'ordine del giorno degli incontri londinesi di maggio, avuto per voluta «indiscrezione» del Foregn OtTice e che-per la parte relativa ai colloqui Acheson-Bevin-contempla

2 Vedi D. 78.

fra l'altro le questioni coloniali, i problemi politici asiatici, trattato di pace col Giappone, Cina, coordinamento politica nel Medio Oriente, Libia ed Eritrea, questioni che quasi tutte dovrebbero poi essere discusse anche nei colloqui Acheson-Bevin-Schuman;

4) nota dell' Associated Press in cui si attribuisce agli incontri londinesi e alle conversazioni preparatorie il compito di stabilire <~oint policies» in ogni settore mondiale, dai progetti di progresso dell'unità europea alla difesa atlantica, dalla posizione futura della Germania alle questioni relative al Medio Oriente, dal comunismo nella Asia sud-orientale al futuro di Berlino, dall'eventuale trattato di pace col Giappone alla politica nei riguardi della Cina nazional-comunista;

5) nuova corrispondenza diplomatica del Sunday Times in cui si preannuncia che nei colloqui Acheson-Bevin-Schuman verranno fra l'altro discussi i problemi di Berlino, Trieste, Dardanelli, Giappone, Cina, ecc.;

6) anche il corrispondente diplomatico del Times odierno include la questione coloniale fra quelle che saranno discusse per coordinare le politiche della comunità atlantica ove siano ora divergenti.

È chiaro insomma che si vuole, o almeno si spera, che le assise londinesi diano alla luce una nuova creatura (che gli inglesi la chiamino <~oin t policy» a meglio accentuare la loro partecipazione, o che gli americani la chiamino <<ìotal diplomacy» è cosa che ha poca importanza: il concetto e lo scopo sono sempre i medesimi): e cioè un chiaro «programma» che abbracci ogni settore della politica internazionale, che verta su ogni problema di importanza fondamentale e che risolva nel suo seno le divergenze eventualmente esistenti fra i membri della comunità atlantica. Ed una volta che sia stato fissato questo programma risultante da una comune volontà anglo-americana consacrata anche dall'avallo francese, mi domando francamente quale paese (a prescindere naturalmente dalla controparte sovietica) avrà modo di ottenere-per un lungo tempo a venire-una sia pur secondaria modifica del programma stesso nei punti nei quali esso non collimi con i suoi anche più sacrosanti diritti ed interessi.

Pur non avendone avuta per ora conferma di carattere ufficiale, mi sembra pressoché impossibile che, dopo la nota russa del 20 corrente3 , la questione di Trieste non rientri in qualche modo -direttamente o indirettamente -nel quadro che sarà esaminato dai ministri degli esteri (e, prima ancora, da Jessup, Strang e Massigli). Ciò anche perché la nota sovietica tende a togliere alla questione quel carattere bilaterale italo-jugoslavo che gli si conferiva recentemente da parte occidentale, e nello stesso tempo perché solleva -sia pure con argomenti insostenibili e con la grazia dell'elefante nel negozio di chincaglieria-il punctum dolens della permanenza di truppe anglo-americane nella Zona A. Quanto ali' Africa è assai dubbio che anche essa possa essere lasciata fuori da quel quadro di insieme: essa vi rientrerà forzosamente, se non nel dettaglio, sotto quel criterio generale di «tranquillità nel continente africano» al quale molte soluzioni e provvedimenti a noi ostici potrebbero adattarsi, sempre in base al principio della necessaria prevalenza dell'interesse collettivo su quello del singolo.

I nostri principali problemi sono alla ribalta ormai da anni: la logica deduzione potrebbe, a prima vista essere quella che -dati questi precedenti -tanto valga attendere, per la soluzione di ciascuno di essi, che si presenti il momento più propizio. Non vorrei però che, attenendoci a tale considerazione, ci trovassimo domani di fronte al muro insuperabile di una politica concordata al di fuori di noi e al di sopra di noi.

Nel momento in cui viene concordata la grande politica del mondo occidentale, della comunità atlantica, abbiamo -proprio su quel piano -argomenti di una certa solidità da far valere per chiedere una soluzione relativamente soddisfacente dei nostri vari problemi se essi vengono presentati in un quadro unitario: fra l'altro, la nostra posizione di sentinella orientale del blocco occidentale ( difficilmente Tito può entrare in considerazione quando si guardi al di là della fase «guerra fredda»), la reciproca influenza dei movimenti comunisti itala-francesi, la nostra posizione geografica, l 'impulso che una certa miopia anglo-sassone nei nostri riguardi e sui singoli problemi sta dando ad uno strano connubio fra opposti settori della nostra opinione pubblica (ed anche questa stampa, come ho segnalato, considera il fenomeno con una certa preoccupazione) sono tutti elementi che tanto più valore possono avere quando tutte le nostre questioni siano messe in crogiuolo. Mentre con assai meno efficacia possono essere invocati ad ogni piè sospinto quando si discuta di un problema alla volta: e ciò perché difficilmente si potrà convincere gente logica e business-like come gli uomini politici anglo-americani che la consacrazione della perdita di parte della Zona B, oppure la perdita dell'Eritrea, oppure il ritiro del velo di truppe anglo-americane da Trieste, presi singolarmente, possono influenzare l'opinione pubblica italiana a tal punto da rendere insostenibile la posizione del Governo, mettere in pericolo la serietà della nostra partecipazione al Patto atlantico, alimentare il sorgere di un nazional-comunismo italiano che-magari anche inconsapevolmente-farebbe il giuoco dei sovietici.

Non verrei, Eccellenza, essere frainteso nel senso che io intenda forzare la mano su una linea politica che, come tale, è di esclusiva competenza del Governo ed in modo particolare de Il 'E.V. e del presidente del Consiglio. Ma in coscienza riterrei di mancare al mio dovere di ambasciatore e di italiano se non prospettassi nel modo più esplicito al mio Governo tutti quegli elementi che in un osservatorio quale è Londra si possano raccogliere: a ciò sono tanto più indotto in quanto so come profondamente l 'E. V. sia convinta che la politica estera italiana -se non vuole limitarsi alla mera presentazione di proteste e rivendicazioni insoddisfatte che sono necessarie per ragioni di principio ma che prese a sé non approdano purtroppo a nulla di concreto -deve essere fondata sulla più stretta aderenza alla realtà, ispirata a senso delle proporzioni, e soprattutto deve impostare la soluzione dei nostri problemi più scottanti non soltanto su elementi storico-giuridico-sentimentali che non fanno presa al di fuori della nostra opinione pubblica, bensì principalmente su elementi e considerazioni che li colleghino il più strettamente possibile a quei più vasti problemi di interesse generale sui quali forzosamente si concentra l'attenzione della comunità atlantica in quell'urto fra i due blocchi che si cerca disperatamente, da parte occidentale, di rinviare nella speranza che non diventi inevitabile.

144 2 Con T. s.n.d. personale 4577/330 del 25 aprile Tarchiani, rispondendo anche al D. 142 comunicò: «Vedrò Acheson pomeriggio domani 26 corr. Segretario Stato desidera evitare che colloquio sia drammatizzato da stampa due paesi. Pertanto se interrogato da giornalisti, farei dichiarazioni generiche». Per il colloquio vedi D. 151, per la risposta di Acheson vedi D. 172.

145 1 Vedi D. 126.

145 3 Vedi D. 138.

146

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE AD ATENE, ALESSANDRINI

T. 3354/35. Roma, 25 aprile 1950, ore 22.

Suo 47 1 .

Prego V.S. comunicare a Plastiras che presidente del Consiglio ed io abbiamo molto gradito saluto e propositi amicizia e collaborazione sottolineati con visita in ambasciata, e siamo lieti ricambiarli con pari animo e intendimenti.

Ella può aggiungere che apprezziamo in modo particolare scambio informazioni su politica verso Jugoslavia. Malgrado presenti difficoltà sono lieto che Governi italiano ed ellenico cerchino insieme se possibile una politica distensione e buon vicinato con Belgrado ove ci auguriamo serie prove comprensione delle moderate esigenze italiane.

147

L'AMBASCIATORE A PARIGI, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 45581140-141. Parigi, 25 aprile 1950, ore 14,43 (perv. ore 17). Suo 189 1•

Francesi sono d'accordo riunione verso 15 maggio per:

l) esame comparativo tariffa doganale; 2) questione fosfati; 3) questione siderurgica (sui punti 2° e 3° riferisco in dettagli con rapporto); 4) sarebbero disposti iniziare congiuntamente studi per successive liberazioni.

Data definitiva incontro sarà comunicata ulteriormente.

Charpentier non solo è d'accordo circa venuta presidente ma è anche disposto incontrarsi previamente con lui, se questo può essere utile (come ritengo) per discutere insieme su direttive generali lavori.

Sia Charpentier che Quai d'Orsay che vari ministri interessati hanno però seriamente attirato mia attenzione su necessità che da tali incontri e riunioni, non (ripeto e sottolineo non) venga data alcuna pubblicità anche sotto forma semplice annuncio stampa. È stato a questo proposito attirata nostra attenzione anche su brevissimo annunzio apparso su Ventiquattro ore di sabato 22.

147 1 Del 20 aprile, non pubblicato.

Tutto quello che può fare Commissione è pura esercitazione accademica fino a che Parlamento francese non avrà ratificato protocollo Unione doganale. Azione che Governo francese sta svolgendo in proposito in Parlamento è già piena di difficoltà: posizione presa da Consiglio economico contro protocolli 7 marzo2 (impostata su principio che con firma detti protocolli Esecutivo francese ha oltrepassato suoi poteri) ha messo Governo francese una posizione estremamente delicata. Se si riesce a sapere che, nonostante questo, Governo francese continua a trattare con noi su basi stessi protocolli noi mettiamo in serio pericolo permanenza attuale Governo: il che non è nei nostri interessi in quanto qualsiasi Governo potrà succedergli sarà meno favorevole e meno disposto ingaggiare battaglia su Unione doganale.

In silenzio si possono fare tutte trattative che si vogliono: occorre poi tener presente che nell'attuale situazione qualsiasi discorso intervista articolo annuncio sui giornali non fa che compromettere ancora di più questione Unione doganale che già così come stanno le cose si presenta di fronte Parlamento in condizioni tutt'altro che favorevoli.

Sono stati francesi a suggerirei protocolli 7 marzo; quindi responsabilità di questa mossa che all'atto pratico si è mostrata estremamente controproducente non è nostra e non se ne può far cadere responsabilità su di noi: bisogna che adesso evitiamo con cura qualsiasi cosa che possa permettere a francesi di addossarci responsabilità ulteriori difficoltà: e questo vale sia per insistenza nel voler spingere esecuzione detti protocolli sia ancor più per pubblicità intorno eventuale continuazione trattative.

146 1 Vedi D. 140.

148

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, QUARONI

L. 2069. Roma, 25 aprile 1950.

Quanto V.E. mi espone col suo rapporto del 18 corr. (n. 1527) 1 è l'evidenza stessa -salvo, tuttavia, gli imponderabili e gli imprevedibili che sfidano e talvolta annullano le più sicure costruzioni logiche.

Ella è sul posto per sorvegliare e -se possibile -provocare anche codesti imponderabili. Ma è su un altro punto che debbo colla maggior serietà attirare l'attenzione di

V.E. Ella scrive: «l francesi sono abbastanza sicuri del suo atteggiamento personale (circa la questione della Germania), meno di quanto lo fossero alcuni mesi or sono, ma, spero V.E. voglia scusare la mia franchezza, non sono affatto sicuri che il suo atteggiamento personale sia anche quello del Governo italiano».

Se tale sentimento francese le consta in modo certo, debbo pregarla di trovare al più presto un'occasione di chiarire la situazione col presidente Bidault e col ministro Schuman e far loro comprendere

148 1 Vedi D. 129.

a) che niente è cambiato nel mio sentimento e, se ne occorresse una prova, basterebbe il fatto che nel mio discorso del 22 aprile alla Camera' indicai il pericolo di un nuovo Drang nach Osten come una delle ragioni profonde che dovrebbero far comprendere alla Jugoslavia la necessità di intendersi con noi; e che se ciò dissi per la Jugoslavia chiaro è quanto più profondamente lo sento circa la necessità di infrangibili intimi legami tra Francia e l'Italia;

b) che il Consiglio dei ministri, a cominciare dal presidente, è unanime m eco in questo sentimento; che anzi, se il presidente lo fu sin dali 'inizio, è confortevole constatare che è più recente e quindi ancor più significativa l'adesione completa di taluni un anno fa più tiepidi colleghi ai costanti concetti dell'on. De Gasperi e miei;

c) e che basterebbe del resto il fatto che io conservo il mio posto, per garantire a tutti che su un problema per me fondamentale l'accordo è completo in seno al Governo;

d) è tuttavia indubbio che le esitazioni francesi sul cammino delle intese economiche turbano non pochi spiriti fra noi; ma se turbano è appunto perché tanto qui si desidera una intesa politica che, lo si voglia o no, è inscindibile da un'intesa economica;

e) queste cose dissi brevemente ma fermamente al mio collega Schuman l'ultima volta che ci siamo visti a Strasburgo. Egli ne convenne pienamente meco, anzi mi assicurò che degli argomenti cui alludevo si varrebbe per far prevalere i concetti miei che -mi disse -erano i suoi.

Voglia infine dire a codesti signori che fino a che sarò a questo posto la situazione non cambierà; ma che essi si assumono una grave responsabilità storica verso la Francia se non vedono nell'avvenire; e che l'Italia può essere spinta suo malgrado, per necessità di vita, a cercare altre essenziali intese economiche con una risorgente Germania. Se ciò sarà fatto un giorno senza una previa sicura armatura franco-italiana, la colpa non sarà da cercarsi a Roma.

In vista di un pettegolezzo di ieri desidero aggiungerle che io ricevetti giorni fa il signor von Brentano ma che non feci con lui alcuna offerta di «mediazione» fra Bonn e Parigi, come ho letto con mia sorpresa in giornali di ieri. Il mio rispetto pel modo come intendo i rapporti franco-italiani mi avrebbe impedito di pensare ad alcunché del genere senza previa intesa con Parigi. Se occorre, lo dica al Quai d'Orsay.

Dopo aver agito nel senso indicato -ciò che, parmi, deve essere fatto costì con azione costante nelle più varie sfere, in modo da creare quasi uno scrupolo di coscienza -la prego di riferirmi sulle reazioni che ella avrà notato, reazioni di fronte alle quali ogni altro sia pur importante aspetto della sua missione in Francia appare secondario3 .

147 2 Vedi D. 79, nota l.

148 2 Vedi D. 139, nota 3. 3 Per la risposta vedi D. 168.

149

IL MINISTRO AD AMMAN, LA TERZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. URGENTE 824/012. Amman, 25 aprile 1950 1•

Rijèrimento: Mio telegramma odierno n. 122•

Stamane, come telegrafato, questo Ministero esteri ha inviato a questa legazione una Nota verbale in cui porta a conoscenza il testo ufficiale della decisione presa ieri in Parlamento e sanzionata subito dopo dal re, relativa ali 'unione fra le due zone del Giordano, orientale (ex Transgiordania) e occidentale (ex Palestina araba).

In tal nota si dice anche:

l) che l'Assemblea è costituita dalla Camera dei senatori e deputati, i quali rappresentano le due zone del Giordano;

2) che la decisione presa all'unanimità;

3) che essa è entrata in vigore non appena firmata dal re cioè alle ore 17 del 24 corr.

Infine si prega questa legazione di comunicare quanto sopra al Governo italiano.

Eguale nota hanno ricevuto le altre rappresentanze diplomatiche qui accreditate.

Nella decisione in parola, dopo aver ricordato il diritto dei popoli di disporre di loro stessi, la situazione de facto delle due zone, la loro unità nazionale fisica e geografica, le necessità dei loro interessi comuni relativi all'unione delle due zone, si approvano vari punti di cui è bene porne in evidenza due:

l) unione completa fra le due zone in un solo Stato, che è il Regno giordanico hascemita sotto il re Abdullah, dotato di un regime parlamentare c che garantisce l'eguaglianza di tutti i cittadini nei loro diritti e doveri.

2) Conferma della salvaguardia di tutti i diritti arabi in Palestina e della loro difesa con ogni mezzo legale, e cioè senza alcun pregiudizio per la soluzione definitiva.

È da sottolineare che nel punto n. 2 a proposito della difesa dei diritti degli arabi sulla Palestina, vi è anche la frase seguente: «È avente i pieni poteri per farlo». Il che è stato qui interpretata come un chiaro atteggiamento delle mire del re nei riguardi del futuro di tutta la Palestina.

Secondo notizie provenienti dal mio collega francese l'estrema rapidità con cui si è proceduto all'annessione avrebbe sorpreso financo gli stessi inglesi.

Certo è che tale rapidità ha dello straordinario. Infatti dopo il discorso del Trono, il pubblico ha lasciato il Parlamento, ed i deputati e senatori hanno prestato il giuramento di rito. Subito dopo il ministro degli esteri ha presentato il progetto di decisione per l'unione delle due zone. Messi di fronte alle loro responsabilità, un gruppo di sette otto deputati fra cui i due ex ministri Mussa Nasser e Kulusi bey

2 Riferiva circa la ricezione della nota verbale di cui al presente documento.

hanno cercato di protestare non sulla cosa in sé, ma sul modo col quale si voleva far votare la predetta unione. Ma la loro posizione non è servita a nulla, ed infatti tutti, compresi gli anzidetti deputati e dopo alcune ore di discussione, hanno finito per approvare il testo presentato dal Governo. Poi si sono recati tutti in corteo dal re per chiedere che sanzioni tale decisione.

lo ritengo che la grande rapidità con la quale si è proceduto ali 'unione, è stata un'altra abilissima mossa politica del re.

Ammaestrato dal clamore suscitato nei paesi arabi e nella stessa opinione pubblica giordanica allorché nello scorso marzo vi fu la crisi ministeriale per la questione della pace con Israele, e per non cadere nello stesso errore di tattica Abdullah ha voluto sorprendere tutti facendoli trovare di fronte al fatto compiuto. Ormai non è più possibile né per il Governo giordanico, e neanche per il re tornare indietro, e quindi gli Stati arabi dovranno, volenti o nolenti, accettare la realtà della situazione. Ed infatti già si dice in Amman, che l'Iraq ed il Libano saranno i primi a riconoscere l 'unione, tanto più che de facto durava da oltre un anno. Questo incaricato di affari d'Egitto mi ha detto che finora non ha ricevuto alcuna comunicazione dal suo Governo. Ha aggiunto di tenere probabile la convocazione del Comitato politico della Lega araba per discutere la questione, tanto più che il «così detto Governo di Gaza» non ha investito Azzam pascià. La sua impressione personale è che vi sarà una certa opposizione, ma poi si troverà una via d'intesa, specie se Abdallah promette di non fare una pace isolata con Israele. E se tale sarà la condizione degli arabi per riconoscere l'unione, ritengo, come già segnalato su n. 616/260 del 17 corr.3 , che Abdallah farà la sua promessa, sicuro che la pace con gli ebrei è comunque a breve scadenza.

Circa l'attitudine del Quay d'Orsay, il mio collega francese mi ha detto di ritenere che si finirà per dare il riconoscimento, facendo riserva per la questione di Gerusalemme. Parigi gli aveva giorni fa telegrafato chiedendogli se, a suo avviso, annessione Palestina rompesse equilibrio oggi esistente fra il blocco hascemita e blocco Siria-Egitto-Arabia Saudiana, c Dumarçai aveva risposto negativamente. Anzi il mio collega ha messo in evidenza a Parigi che con annessione si rafforza posizione del re di fronte a Londra, e quindi Abdullah diventa più indipendente nei riguardi dei voleri inglesi, il che è, in definitiva, un vantaggio per la politica francese nel Medio Oriente. Dumarçai vede poi n eli'odierno atteggiamento del re e soprattutto nella rapidità della decisione un atto diretto a forzare la mano all'Inghilterra, la quale, impegolata come è in Egitto, gli avrebbe forse potuto consigliare un po' di moderazione.

Ho rivisto il mio collega americano il quale mi ha detto che ha telegrafato a Washington e che aspetta istruzioni. Mi ha ripetuto come da me già riferito nel mio numero 622/264 del 18 corrente3 che lo State Department probabilmente si orienterà per un riconoscimento con delle riserve relative alla questione di Gerusalemme.

Non ho potuto vedere oggi il mio collega inglese: appena possibile riferirò a riguardo.

Per quanto concerne l'Italia, ritengo che l 'unione in parola giova ai nostri interessi.

In Giordania, anche se e quando si faranno le modifiche costituzionali, chi comanderà sempre, sarà il re, e noi con Abdullah siamo in ottimi rapporti.

Abbiamo davanti a noi un paese che si apre alla nostra collaborazione politica ed economica come ho segnalato varie volte e specialmente su n. 177/38 del 22 gennaio3 e n. 199/49 del 28 gennaio c.a. 3 .

Dal punto di vista della situazione dei nostri connazionali posso affermare in piena coscienza che il Governo giordanico è molto paterno. Egualmente posso affermare che qui si gode della più ampia libertà religiosa intesa nel più lato senso della parola.

Resta beninteso la questione di Gerusalemme.

Parlare oggi di internazionalizzazione specie dopo il cambiamento di Mosca mi sembra cosa fuor di posto. Noi dobbiamo orientarci invece-come vado scrivendo da tempo -verso forme più modeste, ma più reali, più concrete di garanzie dei Luoghi Santi. E forse si potrebbe anche tentare un accordo col re su questo punto; e noi, ove ne fossimo i promotori ce ne potremmo avvantaggiare per farci riconoscere una posizione di privilegio in base agli antichi diritti italiani su detti Luoghi Santi.

Quindi un nostro riconoscimento va, a mio avviso, sempre espresso con riserve non solo per Gerusalemme in senso stretto ma per tutta la zona circostante come è delimitata dalla decisione dell'O.N.U. del9 dicembre scorso.

Infine dovremmo anche in tale occasione far salvi i nostri interessi nella ex Palestina araba, in base a quanto io proposi a V.E. con mio rapporto n. 621/31 Odel 9 dicembre3, proposta che V. E. approvò con dispaccio n. 11100968 del 18 gennaio3 .

Comunque la migliore via da seguire mi sembra la presente: per il momento non dare alcuna risposta alla nota giordanica. Concedere invece il riconoscimento beninteso con le suaccennate riserve, dopo gli inglesi e gli americani, ma contemporaneamente o subito dopo i francesi. Non curarsi troppo di quanto faranno o diranno gli Stati arabi, in quanto detti paesi trattano e vedono queste loro questioni più come delle dispute familiari che come veri problemi internazionali. lo seguito a tenermi in stretto contatto con i miei colleghi e riferirò a V.E. Intanto mi sarebbe molto gradito poter ricevere per filo da V.E. le sue alte istruzioni a riguardo4 .

149 1 Copia priva dell'indicazione della data di arrivo.

149 1 Non pubblicato.

150

L'AMBASCIATORE A PARIGI, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 4608/]45. Parigi, 26 aprile 1950, ore 21,10 (perv. ore 7 del 27).

Suo 3291/c. 1•

Ho fatto oggi a Parodi comunicazione verbale prescrittami e gli ho rilasciato traduzione ultima frase suo discorso, dato che essa era stata riprodotta da stampa francese in forma non corrispondente realtà.

Ho di nuovo attirato attenzione Parodi su gravità ripercussioni politica interna ed estera italiana questione Trieste e in particolare su rapporti franco-italiani atteggiamento Governo francese.

Avendomi egli fatto accenno interesse generale a che si trovi fra Italia e Jugoslavia terreno intesa gli ho risposto che questo era anche nostro interesse e nostra intenzione ma che non ci si poteva per questo domandare di fare rinuncie territoriali al di là di quelle assai gravi che ci aveva imposto trattato pace sopratutto quando poi risultati questa politica nei riguardi jugoslavi apparivano come ancora molto problematici. Gli ho detto a titolo esempio che non meno interessante ai fini politica generale era soluzione rapporti franco-germanici e ciò nonostante noi non avevamo domandato Francia rinunciare sua politica nei riguardi Sarre.

Noi avevamo impressione che potenze occidentali con loro politica attuale nei riguardi Jugoslavia rendessero non più facile ma più difficile soluzione problema: aperta e non equivoca riaffermazione che dichiarazione marzo 19482 era tuttora ferma politica occidentali, riaffermazione che non era stata fatta, sarebbe stato meglio di quanto si cercava di fare oggi.

Opinione pubblica italiana riteneva che noi eravamo oggi, attraverso Patto atlantico alleati tre potenze e Jugoslavia no: non potevamo ammettere che Italia e Jugoslavia venissero in un certo senso messe sullo stesso piano: interessi di un alleato dovevano avere nettamente il passo su interessi terza potenza di orientamento per lo meno dubbio.

Riferendomi poi ad accenni apparsi su stampa ho detto a Parodi che Governo opinione pubblica italiana non avrebbero tollerato che di questione Trieste si discutesse fra i tre ministri degli esteri in assenza dell'Italia. Simile attitudine avrebbe troppo ricordato precedenti poco simpatici situazione trattato pace, situazione che era e doveva essere superata.

Parodi mi ha detto che questione non era ordine del giorno ma su mia insistenza ha aggiunto che essa avrebbe potuto essere discussa. Gli ho detto essere estrema importanza che da parte francese si facesse chiaramente presente fin da ora se necessario che di tale questione non (dico non) si poteva discutere in assenza Italia.

Gli ho marcatamente sottolineato che, a parte interesse generale questione, atteggiamento francese sia pubblico che in conversazioni internazionali su questione Zona B poteva avere influenza anche decisiva su rapporti itala-francesi.

149 4 Con Tclespr. 11/09866/c. del 13 maggio Zoppi dava istruzioni di «mantenere attitudine di benevolo riserbo» in attesa del riconoscimento da parte di Stati Uniti c Francia e di una pronuncia della Lega araba al riguardo.

150 1 Vedi D. 142.

150 2 Vedi serie decima, vol. VII, DD. 468 e 469.

151

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 4622/335. Washington, 26 aprile 1950, ore 22,18 (perv. ore 9 del 27).

Ho ampiamente illustrato a Acheson, conformemente a contenuto telegramma 3291/c.1 , frase finale discorso V.E. alla Camera.

Segretario di Stato ha mostrato apprezzare adeguatamente complessità situazione interna italiana creata da imprudenze jugoslave e da conseguenti attacchi di destra e di sinistra: indi mi ha chiesto se, indipendentemente da ovvia opportunità lasciar quietare le acque per riprendere contatti in migliore momento, vi fosse a mio avviso qualcosa da fare per risolvere relazioni fra due paesi.

Gli ho naturalmente confermato vivissimo interesse italiano a far cessare attuale situazione, dalla quale U.R.S.S. trae vantaggio per le relazioni tese tra Italia e Jugoslavia, per le difficoltà tra jugoslavi e Alleati e per propaganda di sospetto e di diffidenza circolante in Italia rispetto alle tre democrazie occidentali, nonostante gli sforzi del Governo per controbatteria. In pari tempo gli ho ricordato che, mentre egli stesso mi aveva comunicato volontà jugoslava di trattare (Bebler) e mentre Roma aveva subito agito per una soluzione etnica facilitata da altri importanti accordi (economici, culturali, protezione minoranze, ecc.) Jugoslavia aveva rovesciato situazione con discorsi Tito e Kardclf, con dichiarazioni Mates, ecc. e da ultimo con passo di Ivekovic3 (che qui qualcuno aveva interpretato falsamente come nuovo approccio jugoslavo per trattare). Ciò nonostante, gli ho detto, Italia è sempre pronta discutere sulla base precedenti dichiarazioni; ma, in attesa che ciò sia possibile, le conviene perfettamente status qua, con la garanzia 20 marzo 19484 e occupazione anglo-americana. Ho aggiunto che disposizione italiana a cercare ragionevole compromesso è alimentata da convincimento che amichevoli relazioni con Jugoslavia, assicurando efficiente cooperazione itala-jugoslava nel comune interesse, rafforzerebbero coalizione atlantica. Ciò mi ha offerto occasione affrontare questione dei colloqui di V.E. a Londra prima della riunione del Consiglio dei Dodici, nello spirito del suo telegramma 1475 . Acheson è rimasto molto perplesso di fronte a questa idea e possibilità, dicendo che non sapeva cosa avrebbe potuto aggiungere a quanto detto a me su rapporti italo-jugoslavi, e cioè che occorreva tentare di trattare appena se ne presentasse possibilità. Ha aggiunto di dubitare che, in mezzo a innumerevoli asperità suoi colloqui con Schuman e Bevin, gli riuscirebbe difficile innestare conversazioni con V.E. su una questione riconosciuta non matura e tale da non poter trovare soluzione a Londra.

!51 1 Vedi D. 142.

2 Vedi rispettivamente DD. 98, nota 4 e D. 48.

3 Vedi D. 141.

4 Vedi serie decima, vol. VII, DD. 468 e 469.

5 Vedi D. 144.

Ha precisato che problema Trieste non (dico non) sarebbe stato discusso nella riunione dei Dodici, a meno che Italia intendesse sollevarlo essa stessa, la qual cosa egli sconsigliava.

Gli ho spiegato che non era intenzione VE. (vedi telegramma 145)6 trattare questione Trieste in se stessa; ma che, nel quadro discussioni su rapporti Oriente-Occidente, problema jugoslavo mi sembrava da mettersi subito dopo quello tedesco, così che sarebbe stato opportuno trattarlo, come elemento importantissimo Patto atlantico, in amichevoli scambi idee prima della riunione formale Consiglio.

Ho ripetuto che per questo erano utili colloqui, giacché nessuno meglio di VE. avrebbe potuto spiegare punto di vista italiano e possibili soluzioni da prospettare.

Acheson ha domandato se vi erano allo studio idee e proposte nostre, nel qual caso sarebbe lieto conoscerle, esaminarle qui prima di andare a Londra e parlarne colà con Bevin, Schuman e VE. Ha aggiunto che desiderava essere informato su ciò al più presto perché attendeva mie comunicazioni in modo di paterne ancora parlare prima della sua partenza.

Al colloquio, molto serrato e durato trentacinque minuti, era presente Thompson, deputy di Perkins7 .

152

L'AMBASCIATORE PRESSO LA SANTA SEDE, MELI LUPI DI SORAGNA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 467/272. Roma, 26 aprile 1950 (perv. stesso giorno). Rifèrimento: Mio rapporto n. 464/269 del 23 corrente1 .

La Segreteria di Stato ha ispirato, sulla questione in oggetto, il seguente comunicato di carattere ufficioso, in data 25 corrente:

«Un giornale estero ha pubblicato una notizia secondo cui il cardinale Stefano Sapieha, arcivescovo di Cracovia, presente in Roma, non riceverebbe dal Governo polacco l'autorizzazione a tornare in patria se non riesca a varare un accordo tra la Santa Sede e il Governo comunista di Varsavia. La notizia appare gratuita. Il cardinale spera che gli sia possibile tornare in patria, così come gli è stato possibile venire a Roma. Anzi, a quanto si assicura, sarebbe sua intenzione di partire alla volta della Polonia nei primi giorni di maggio. Viene rilevato in ambienti degni di fiducia che il viaggio del cardinale Sapieha non ha nulla a che vedere con la conclusione di un

accordo tra la Santa Sede e il Governo polacco, accordo, d'altra parte, che allo stato attuale delle cose appare praticamente impossibile. Vero è che tre vescovi polacchi sono stati delegati dall'Episcopato di Polonia a trattare con rappresentanti governativi, ma le trattative, le cui conclusioni in un secondo tempo dovrebbero essere sottoposte all'approvazione dell'Episcopato e della Santa Sede, com'è ovvio, non promettono in realtà alcun esito positivo e vengono per lo più riguardate come un modo come un altro da parte dei vescovi polacchi di mantenere contatti con il Governo, onde aver la possibilità di discutere determinate situazioni e di valutare le intenzioni del Governo stesso».

Il comunicato è redatto con molta abilità, prendendo opportunamente lo spunto dalla smentita all'informazione sulle condizioni poste al rimpatrio del cardinal Sapieha. Sul valore dell'accordo fra Chiesa polacca e Stato, anzi, sulla stessa consistenza effettiva dell'accordo, il comunicato ondeggia alquanto fra ammissione e negativa, poi finisce per supporgli il semplice significato di una mossa tattica dell'Episcopato polacco-o dei tre vescovi firmatari, ch'erano delegati alle trattative-intesa a non rompere le conversazioni da tempo in corso con quel Governo. In tal modo, la Santa Sede esce dall'insostenibile posizione di ignorare o negare l'accordo, in cui si era messa in un primo tempo; ammette l'esistenza di una convenzione fra Stato e vescovi, ma l'interpreta in modo da non essere costretta a decidere fra l'approvazione e il ripudio, in quanto che gli conferisce il carattere passeggero di un momento del conflitto fra l'Episcopato e il Governo.

Ieri, conversando della cosa con un monsignore di Segreteria, questi, pur con ogni cautela, non mi nascose che la Santa Sede si studierà con ogni mezzo di stendere una nube di silenzio sull'accaduto, senza compromettersi in decisioni che (come già scrissi nel precedente rapporto) presentano, quali che siano, gravi pericoli. L'opportuna taciturnità della stampa di sinistra, favorisce, per ora almeno, tale politica.

È stata opinione della Segreteria di Stato, fin dalla prima occhiata gettata sul testo dell'accordo-e a parte le pregiudiziali di ordine canonico e gerarchico-che esso fosse inaccettabile per la vaghezza dei termini in cui son definiti gli impegni delle parti. E il pericolo della vaghezza è poi, nel caso attuale, aumentato dal fatto che molti termini, dalla mentalità comunista, sono intesi in modo assolutamente diverso da quanto lo può intendere la parte ecclesiastica contraente; l'accordo, secondo la Segreteria di Stato, potrà quindi essere violato ad ogni istante da parte del Governo polacco, a cui sarà facile presentare la rottura come colpa della Chiesa. Anzi, siccome è certo che il Governo pretenderà assai più di quanto la Chiesa di Polonia possa concedergli, (a meno ch'essa si riduca ai miseri passi delle Chiese ortodosse nazionali), nuovi pericolosi od umilianti contrasti sembrano inevitabili, provocando una situazione peggiore dell'attuale.

Ma siccome tutto il male non vien per nuocere, così quella impossibilità di funzionamento, ch'è cagione dell'avversione e delle critiche principali, sembra ora considerarsi come cosa augurabile, perché, naufragando il malvenuto accordo in rinnovate ostilità, si eliminerà di per sé un documento che alla Chiesa Romana è molesto (e a ragione) non solo per considerazioni particolari, ma anche in vista di principi generali che toccano troppo da vicino le basi dell'unità della Chiesa universale e del primato romano.

151 6 Vedi D. 134. 7 Per la risposta vedi D. 155. 152 1 Vedi D. 143.

153

L'AMBASCIATORE AD OTTAWA, DI STEFANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO 4658/49-50. Ottawa, 27 aprile 1950, ore 14,10 (perv. ore 7,30 del 28).

Mi riferisco al telegramma di VE. n. 3230/c. 1•

In colloquio ieri ho opportunamente informato questo ministro degli affari esteri notizie telegrafatemi da VE. e gli ho fatto anche cenno ad ogni buon fine ultime notizie Ansa circa previsioni romane conferenza Londra.

Da parte sua Pearson dopo avermi messo al corrente telegramma Desy circa concordanza vedute sfere diplomatiche Roma e Ottawa e pregando ringraziare VE. mi ha detto:

l) egli aveva attirato l'attenzione Acheson seriamente su grave errore Washington commetterebbe qualora discussione problemi politici importanti si esaurisse praticamente nella conferenza a tre e quella successiva coi nove si aprisse a cose fatte.

2) È quindi pieno accordo VE. circa necessità attivo contributo a discussione problemi generali (Germania, rapporti con l'Oriente ecc.). Al riguardo ove del caso VE. potrà contare su appoggio delegazione canadese perché tali questioni vitali siano dibattute.

3) Com'è noto, egli ha già ottenuto che un paio delle sedute siano pubbliche in modo che opinione pubblica specialmente della comunità Atlantico possa rendersi conto cosa facciano i dodici ministri e delle rispettive posizioni.

Pearson è quindi ritornato sull'argomento mio telegramma 442 . È suo proposito sollevare sin dal principio conferenza questione generica applicazione finalità economico-sociali Patto. Ove trovasse l'atmosfera propizia si riserverebbe presentare successivamente qualche proposta concreta attualmente qui ancora sotto esame.

L'essenziale è secondo lui che sia investito subito del problema un organo adatto. A questo dovranno partecipare su base effettiva parità tutti e dodici i membri della comunità atlantica, con l 'incarico procedere a seri studi e riferire proposte pratiche ad una successiva riunione del Consiglio. Da parte inglese non si sarebbe propensi costituzione apposito comitato ad hoc. Qualora conferenza ritenesse preferibile incaricarne attuale efficiente Working Group, ovvero il ventilato organo dipendente dal Consiglio dei ministri esteri, Pearson è disposto ad accettare l'una o l'altra soluzione, purché si cominci al più presto.

A suo ripetuto giudizio, sarebbe questa migliore via perché l'Europa non si trovi in difficoltà nel giugno 1952. Egli apprezza tutta importanza tentativo Europa organizzarsi nel settore economico (progressi unione doganale italo-francese ecc.): ritiene però indispensabile mantenere il più stretto collegamento con il Nord America.

2 Vedi D. 127.

Non ho mancato per parte mia rassicurarlo su questo punto.

Pearson partirà per Londra già sabato 29 per questioni anglo-canadesi e di Commonwealth.

Mi ha espresso desiderio mantenersi intanto in contatto con noi. Ove l'E.V. ritenesse fargli qualche altra comunicazione prego telegrafare3 .

153 1 Vedi D. 134, nota 2.

154

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, GALLARATI SCOTTI

T. SEGRETO 3418/213. Roma, 28 aprile 1950, ore 18,30.

Mallet venne iersera leggermi risposta di Bevin al mio messaggio 1• Egli era evidentemente imbarazzato avendo compreso quanto risposta era lontana dalla realtà. Se taluno al Foreign Office faccia cenno di tale infelice testo a codesta ambasciata sarà bene essa sappia per sua norma di linguaggio che mi sono limitato rispondere che tutte le argomentazioni di Bevin valevano la prima di esse, cioè il suo stupore che io abbia pronunciato un secondo discorso ignorando che vi ero stato forzato da una interpellanza di un capo dell'opposizione2• Aggiunsi a Mallet che le parole di Bevin provavano che questi non aveva letto una linea del mio discorso il che è provato dal fatto che Acheson e lo stesso Tito vi hanno invece sentito la mia ferma volontà di intese dirette con Belgrado. Mallet fu assai sollevato dalla ironica indifferenza con cui ricevetti un messaggio di cui non volli rilevare il tono decisamente poco cortese.

155

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI

T. S.N.D. PRECEDENZA ASSOLUTA 3428/153. Roma, 28 aprile 1950, ore 20,40.

Suo telegramma 335 1•

Confenni ad Acheson magari con lettera privata che non (dico non) è mia intenzione sollevare questione Trieste in seno Consiglio atlantico. Ragione è evidente, problema non è maturo per discussione a base così ampia in presenza numerosi interlocutori alcuni dei quali non hanno interesse questione.

!53 3 Per la risposta vedi D. 164. 154 1 Vedi D. 142. 2 Vedi D. 139, nota 3. 155 1 Vedi D. 151.

Scambio vedute tra noi quattro nel quadro questione generale rapporti tra Occidente ed Jugoslavia e su questione Trieste che è insieme delicatissimo problema nostro ed europeo, continua sembrarmi necessario. Non soltanto per evitare che nostro popolo abbia sensazione che l'Italia è tenuta fuori dalla porta come al tempo di Bymes per problemi di nostra vitale importanza ma anche perché mio contributo discussione può essere veramente costruttivo (proprio ieri mi è stato trasmesso messaggio Bevin che rivela singolare persistente misconoscenza aspetti fondamentali questione)2 .

Segretario di Stato mi chiede se abbia idee e proposte nuove da avanzare e quali. Direi piuttosto che dobbiamo intenderei direttamente sul come valorizzare le estreme proposte cordiali che siano pronti a fare c la necessità di realizzare una unità non di pressione ma di feconda azione a Belgrado. Ho impressione che recenti passi siano stati condotti senza quel concerto che sarebbe stato necessario; col risultato, certamente non intenzionale, di indebolime l'effetto a Belgrado e di creare qui sensazione che gli Alleati avevano avuto un momento intenzione porci quasi sullo stesso piede di un più che dubbio partner come Jugoslavia.

Faccia ancora comprendere quanto nostra posizione sia in realtà moderata e comprensiva. Ci rendiamo conto ad esempio che nei confronti di Belgrado possa essere preferibile evitare Italia e tre grandi potenze sembrino costituire un fronte unico; ciò che potrebbe anche irrigidire Governo Belgrado.

Consultazione e coordinamento mi sembrano però indispensabili; il che mi pare renda indispensabile che io esponga ai mie tre colleghi complessa situazione nostri rapporti politici ed economici con Jugoslavia senza cui conoscenza ogni discussione problema Trieste non può riuscire che manchevole. Ultimo discorso di Tito avrà provato costì le possibilità dei contatti diretti.

Rinnovi in questo senso richiesta e telegrafi 3•

156

L'AMBASCIATORE A PARIGI, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

R. 349/1746. Parigi, 28 aprile 1950 1•

Il generale Cherrière, nel corso di una conversazione mi ha esposto le sue idee, ossia quelle dei militari, sul problema della riorganizzazione del Patto atlantico.

Lo Standing Group è la sola cosa che abbia funzionato bene: conviene generalizzare il principio. Occorrerebbe quindi prevedere sia per Comitato armamenti che per quello economico e finanziario degli Standing Groups composti di tre persone, i quali siano incaricati di coordinare e preparare il lavoro concreto che sarà poi sotto

!55 2 Vedi D. !54. 3 Per la risposta vedi D. 163. !56 1 Copia priva dell'indicazione della data di arrivo.

posto ai Governi per diventare esecutivo. Per ragioni politiche, sarebbe opportuno che questi due Standing Groups non comprendessero dei rappresentanti degli stessi Stati che fanno parte dello Standing Group militare.

Gli ho obbiettato che in sé la sua idea circa la composizione dei due Standing Groups poteva anche essere buona, ma aveva un difetto: in larga misura le decisioni di questi Standing Groups dovevano diventare impegnative per i dodici Governi: uno Standing Group composto da rappresentanti di Stati minori, non avrebbe potuto avere l'autorità di uno Standing Group composto dai rappresentanti degli Stati di maggior peso: era evidente che uno Standing Group da cui fossero assenti gli americani, specialmente in questioni concernenti armamenti e finanze, avrebbe avuto una autorità molto relativa. Mi ha risposto che, per quanto concerneva gli americani, la mia osservazione era giusta, ma che per ragioni politiche si era ritenuto preferibile che Francia e Inghilterra cedessero il posto ad altri. Ne deduco che il generale Cherrière, parlando di Stati altri che quelli dello Standing Group militare, il che fra l'altro voleva dire noi, era sincero: e questo, dal nostro punto di vista, è senza dubbio un vantaggio.

Circa poi all'organo che, sostituendosi, fra le sessioni, al Consiglio dei ministri degli esteri, dovrebbe funzionare da organizzazione permanente, mi ha detto che esso non dovrebbe essere composto da ambasciatori, a meno che si tratti, nel caso singolo, di un ambasciatore che abbia nel suo paese una posizione assai forte ma di gros bonshommes aventi pratica di grossi affari e che abbiano nel loro paese e internazionalmente il peso necessario per fare accettare ai loro Governi i loro punti di vista. Mi ha citato, per l'America Eisenhower, per l 'Inghilterra Lord Huddleston, per la Francia Monnet o Dautry, aggiungendomi che non conosceva sufficientemente l 'Italia e gli italiani per poter suggerire una personalità italiana corrispondente. Circa la composizione di questo «Consiglio supremo» mi ha detto che, a suo avviso, esso dovrebbe essere così composto: Stati Uniti, Francia, Inghilterra, Italia e se possibile Canada a titolo permanente; in rotazione, un rappresentante del Benelux ed uno dei paesi scandinavi e degli altri minori. Anche su questo argomento mi ha detto chiaramente di rendersi conto come la non partecipazione permanente dell'Italia a questo Consiglio sia politicamente impensabile.

Como VE. vede, siamo più o meno sulle stesse linee di quanto mi ha detto Margerie: solo che le precisazioni Cherrière sono, in complesso, più favorevoli e precise per i nostri desideri. Dato che su questo punto, militari e Quai d'Orsay lavorano in stretta collaborazione, ciò vuol dire per lo meno che non sarà impossibile, da parte nostra, spingere perché le idee francesi si precisino in questo senso.

La prima cosa da fare, per noi è quindi presentare uno o dei nomi. Si tratta evidentemente di proporre delle persone di capacità organizzativa, e autorità, internazionalmente riconosciute: cosa non eccessivamente facile nel nostro caso, data la separazione dal mondo che abbiamo avuta. Tutto compreso, credo sarebbe meglio andarli e cercare nel mondo degli affari, poiché nel mondo politico le due o tre persone che potrebbero essere suggerite sono tutte in carica di ministri e, trattandosi di un lavoro che comporta praticamente esclusione di ogni altro, non credo sia possibile fare ad un tempo il rappresentante italiano a questo Comitato, e il ministro di Gabinetto. Nel mondo degli affari si potrebbe pensare a persone come Pirelli o Marinotti, m<> dubito che anche questa gente sia disposta ad abbandonare i loro affari per dedicarsi a questo lavoro: forse bisognerà pensare a personalità come Guamieri o Giordani. Comunque ritengo sia necessario che noi ci fissiamo al più presto su qualche nome e che Io facciamo senz'altro ai francesi, e se del caso anche agli altri.

Problema più delicato è quello degli altri Standing Groups: evidentemente, stando così le cose, non sarebbe affatto difficile metterei dentro un italiano: ma, dato che si tratta di dare una soddisfazione agli Stati minori, penso, sarebbe meglio assumere un atteggiamento analogo a quelli dell'Inghilterra e della Francia e ritirare i, noi stessi, di fronte a più piccoli: altrimenti ci riconosciamo, in un certo senso, noi stessi ufficialmente Stato minore; anche se in realtà Io siamo. D'altra parte siccome la cosa più importante per noi è di entrare nel Comitato che sta a capo di tutto (e non sarà una cosa che va da sé, perché, nonostante tutto, mantengo le mie riserve di cui al mio rapporto n. 31 011527 del 18 corrente )2 , lo Standing Group minore potrà servire di linea di ritirata per mascherare uno scacco sul fronte maggiore; credo ci convenga di concentrare tutti i nostri sforzi sul Comitato maggiore e mostrarci altruisti per i Comitati minori.

Circa nostre eventuali conversazioni preliminari colla Francia, continuo in principio a ritenerle utili. Ma temo che sia troppo tardi: le conversazioni con e fra i maggiori cominceranno qui 1'8: bisognerebbe quindi avere finito noi prima: pertanto bisognerebbe che il nostro punto di vista mi pervenisse prima di quella data, il che mi sembra difficile.

Nel complesso, al punto in cui siamo, mi sembra non ci sia ormai una grossa differenza fra il punto di vista francese e il nostro. Le proposta Bidault (che fra parentesi non ha avuto una ottima presse in Francia, anche e soprattutto nel suo partito) a tutt'oggi, al Quai d'Orsay ed anche alla sua cancelleria personale, nessuno sa cosa sia dal punto di vista concreto. Ma il concetto del pool finanziario, di cui mi aveva parlato, non mi sembra differire molto, nella sostanza, da quello proposto dal ministro Pella: il progetto di ristrutturazione del Patto atlantico, quale sembra delinearsi nella mente francese, mi sembra prospettare le possibilità massime di soddisfazione per le nostre aspirazioni di parità. Mi sembra quindi che, in linea generale, ci converrebbe di appoggiare le tesi francesi.

Resta il problema, esteriore ed estetico direi, se ci conviene di aderire, quasi passivamente alle tesi francesi. È questione più che altro di valutazione interna. Se noi intendiamo di mostrare, anche all'interno che la nostra partecipazione alla politica del Patto atlantico non è soltanto passiva, visto che non c'è ormai più il tempo di dare un carattere un po' spectacular alle conversazioni itala-francesi, mi permetterei di consigliare che V.E. esponga il punto di vista italiano in un pubblico discorso, che dovrebbe però essere fatto qualche giorno prima dell'8 maggio.

In questo discorso V. E. potrebbe, in forma generica, approvare I' iniziativa Bidault -gli farebbe piacere e non farebbe né a noi né a nessuno alcun male. Dovrebbe poi entrare nei dettagli di organizzazione e proporre quello che, in sede di cancellerie, propongono francesi e cioè: un pool finanziario, due Standing Groups per i due Comitati, finanze ed armamenti, ed un gruppo centrale composto di sei o sette membri, di cui alcuni permanenti, altri in rotazione, composto di personalità: in brevi parole il piano Cherrière.

Dopo di che non resterebbe a noi, qui, che di constatare la sostanziale unità di vedute fra i due paesi e cercare, entro certi limiti, di concordare una azione comune nel Comitato dei ministri, cosa che poi andrebbe in pratica realizzata come lavoro di corridoio a latere del Comitato. La stessa cosa che si otterrebbe in conversazioni: solo presentata in modo più autonomo.

Mi sembra che con questa procedura che mi permetto di suggerirle, si potrebbero ottenere alcuni vantaggi:

l) asserire, in un certo senso la nostra presenza, visto che non siano e non saremo chiamati al Consiglio dei Tre, nella sola maniera in cui ci sia possibile, ossia in pubblico;

2) cercare di impostare la discussione in seno al Comitato su di un progetto pratico che essendo, in parte, nostro dovrebbe rendere un poco più difficile l'escluderci poi dalla organizzazione effettiva.

Solo che, per raggiungere l'effetto, il suo discorso dovrebbe, al contrario di quello di Bidault, non essere una enunciazione di principi generali, ma un progetto pratico di realizzazione organizzativa.

E in questa sede, mi permetto di tornare sul mio chiodo: dovremmo essere noi a proporre che gli eserciti europei nascano fin da ora non come eserciti nazionali, ma come eserciti federali. In via di realizzazione l'idea è evidentemente ancora prematura: non credo invece lo sia affatto dal punto di vista maturazione dell'opinione pubblica, almeno fuori d'Italia: e siccome l'idea sta circolando e un giorno qualcuno la tirerà fuori, mi sembrerebbe, sotto tutti i punti di vista, vantaggioso che siamo noi a lanciare pubblicamente questa idea3 .

156 2 Vedi D. 129.

157

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI

T. SEGRETO 3476/154. Roma, 29 aprile 1950, ore 22.

Suo 341 1 .

Progetto americano sembra coincidere per quanto riguarda partecipazione tutti paesi membri con primitiva idea di affidare a Consiglio ambasciatori o a Working Group Washington compiti coordinazione permanente. Tuttavia se detto organo collegiale si dovesse veramente comporre di segretari generali o funzionari equivalenti, non potrebbe esplicare le sue mansioni con la continuità, sia pure relativa, che si richiede ad un organo permanente. Tali funzioni coordinatrici finirebbero inevitabilmente per ricadere su personale permanente, al quale nostra partecipazione si ripro

157 1 Del 28 aprile, con il quale Tarchiani aveva comunicato la proposta statunitense qui commentata.

porrebbe negli stessi termini di assoluta necessità. Se viceversa si vuoi mettere organo collegiale superiore in grado di funzionare effettivamente, occorrerebbe che a fame parte fossero chiamati funzionari a ciò esclusivamente designati. Per quanto riguarda alto funzionario che dovrebbe esercitare funzioni direttore o segretario generale se non (dico non) dovesse avere collaboratori naturalmente saremmo disposti accettare idea e a suggerire che sia un americano. Se però accanto a lui dovessero esservi altri funzionari di grado elevato con rango di vice-segretario generale manterremmo nostre riserve per partecipazione italiana, dovendosi evitare per quanto possibile ripetizione Standing Group.

Uguali considerazioni, e a maggior ragione, valgono naturalmente per quasi analoga proposta inglese. Ovviamente scelta sede dovrà essere messa in relazione con quella che sarà composizione organi stessi.

156 3 Per la risposta vedi D. 174, nota l.

158

IL MINISTRO A BELGRADO, MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 47591149. Belgrado, 29 aprile 1950, ore 20,02 (perv. ore 8 del 30).

Trasmetto ogni buon fine risposte da maresciallo Tito su questione di Trieste in conferenza stampa mattina 28 corrente:

l) sono sempre parere che questione Trieste non è oggi la più attuale. Sforza mi ha convinto ancora di più che questione non è attuale avendo posto condizioni sulla cui base non possiamo trattare direttamente con Governo italiano. Posso però dichiarare che Governo jugoslavo è sempre pronto trattative dirette con Governo italiano, purché esso lo desideri, su base ragionevole per soluzione problema territorio triestino.

2) Considero che Sforza ha commesso errore offrendoci trattati economici ed altri accordi in cambio di tutto Territorio Libero Trieste. Accordi economici e altri sono una cosa e questioni territoriali sono altra ben diversa. Non commerciamo in territori. Non ci siamo mai allontanati da accordo intercorso tra mc e Togliatti 1 e nel quadro di tale accordo ritengo che si possono iniziare discussioni.

3) Quando ho detto che da parte nostra consideriamo che accordo Togliatti ancora base per trattative non pensavo concretamente alla parte che verrà data a noi ed a quella che sarebbe data a Italia. Allora si era posta questione di Trieste e di Gorizia, che è anche una città importante. Si intende che non essendoci inoltrati allora in particolari non fu stabilito quali parti avrebbero appartenuto a Trieste c quali a Gorizia. Questa sarà più o meno base di accordo per ulteriori trattative, ma non possiamo

!58 1 Vedi serie decima, vol. IV, DD. 478 e 480.

determinare esattamente quello che richiederemo. Possiamo dire però che non accetteremo modo del ministro Sforza di porre questione avendo egli accennato soltanto alla Zona A ed alla Zona B senza avere fatto alcuna menzione di Gorizia.

4) Governo italiano non può fare altro che della propaganda. Può svolgere ovviamente una certa attività diplomatica presso alcuni paesi per assicurarsi loro appoggio proprie richieste.

5) Sinora non si è notato che Italia cerchi ostacolare commercio della Jugoslavia e penso che ciò non sarebbe ragionevole perché Italia ha bisogno di rapporti commerciali con Jugoslavia e viceversa. Penso che Italia in questo senso non prenderà via paesi orientali.

159

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GALLARATI SCOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO 4760/434. Londra, 29 aprile 1950, ore 19 (perv. ore 8 del 30).

Questa mattina a livello ministri consiglieri F.O. ha indetto una riunione informativa paesi partecipanti Patto atlantico. Ambasciata era rappresentata da d'Ajeta.

Hoyer Millar tornato appositamente da Washington e Shuckburgh, capo Dipartimento Organizzazione occidentale F.O. che, come già informato, sarà segretario generale prossima riunione Consiglio atlantico, hanno dato conoscenza progetto ordine giorno che qui riassumo:

l) approvazione verbale ultima seduta e ordine del giorno; 2) revisione progressi effettuati applicazione Patto atlantico e esame rapporti Comitati difesa e finanziario; 3) misure per rafforzare collaborazione Stati membri nei campi militari, economico e finanziario;

4) esame e discussione sviluppi politica mondiale;

5) dare maggiore impulso per raggiungere obiettivi Patto atlantico con particolare riguardo a: A) maggiore coordinamento politica estera Stati membri; B) allargare significato articolo due del Patto al fine comprendere più vasto e completo scambio informazioni tra Stati membri; C) maggiore sviluppo concetto cooperazione economica previsto predetto articolo due del Patto; D) eventuale istituzione di un organismo burocratico centrale al fine di elaborare i punti ora accennati;

6) relazioni dell'International Working Group sul bilancio dello Standing Group; 7) varie: eventuale relazione dell'International Working Group su istituzione di un Ocean Shipping Board.

Circa punto 5 lettera D è stato distribuito appunto segreto per sottolineare che occorre ricercare metodi più efficienti per coordinare lavoro vari organismi atlantici. In particolare appare necessario: A) coordinamento linea condotta nel campo questioni politiche concernenti problemi comune difesa area atlantica; B) coordinamento informazioni riguardanti questioni atlantiche; C) decidere per altri compiti o funzioni sui quali si sia formato accordo di massima.

Si propone pertanto che siano designati sostituti ministri esteri per questioni atlantiche che abbiano grado appropriato e che siano liberi dedicarsi completamente loro funzione. In altre parole tale nuovo Consiglio potrebbe essere chiamato sessione permanente.

I sostituti avrebbero limitato numero loro consiglieri al fine mettere Consiglio in grado poter costituire eventuali gruppi lavoro per particolari questioni.

Sarebbe inoltre prevista nomina su base internazionale di un segretario generale con relativo Segretariato. A tale proposito Hoyer Millar ha ufficiosamente fatto capire di essere già stato designato da Acheson quale futuro possibile segretario generale. Ha aggiunto che tale notizia ha solo carattere confidenzialmente infonnativo e non ha avuto ancora alcuna ufficiale conferma.

I lavori avranno inizio 15 mattina con breve seduta dedicata principalmente questioni procedurali e organizzative. Come è noto si prevede che essi dureranno tre giorni ma non si esclude possano essere prolungati se qualche Governo solleva questioni tali da rendere necessaria una proroga.

Secondo informazioni ufficiose raccolte in seduta di stamane risulterebbe che effettivo dibattito si inizierebbe su dichiarazioni programmatiche di Acheson.

160

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, QUARONI

T. 3493/207. Roma, 30 aprile 1950, ore 16.

Suoi 140, 141 1 e 1442•

D'accordo circa opportunità evitare comunque di porre codesto Governo in difficoltà nei confronti Parlamento e Consiglio economico, vista azione che esso intende sviluppare.

In questo intento tanto più sembra opportuno, come già indicato con mio

n. 31963 , che lavori si limitino a campo strettamente tecnico doganale e fiscale, giacché per loro carattere semplicemente preparatorio, essi non possono dar luogo ad alcuna reazione.

Giungerà pertanto costì 15 maggio per iniziare lavori ristretto numero funzionari tecnici di cui riservomi telegrafare nominativi4 .

2 Del 26 aprile, di conferma della data del 15 maggio per la riunione del sottocomitato per l'Unione doganale.

3 T. 3196/l89 del 20 aprile, non pubblicato.

4 Lo fece Zoppi con il T. 3849/238 del 12 maggio, non pubblicato.

Circa questione fosfatiera e siderurgica rappresentanti categorie interessate sono già a contatto per trattative dirette: conviene pertanto attendere esito e non includere tali questioni fra quelle da esaminare in questa riunione. Veda in proposito telegrammi nn. 203 e 2045 .

Circa liberazione, situazione italiana non essendosi modificata dall'ultima riunione italo-francese di marzo, dato che nuova tariffa doganale non è ancora entrata in vigore, non si vede utilità conversazioni.

Nella circostanza, contemporaneamente ma non necessariamente in connessione con lavori in argomento, Talamo potrà incontrarsi con Charpentier per utile presa contatto. Riservomi ulteriori comunicazioni in proposito.

160 1 Vedi D. 147.

161

L'AMBASCIATORE A PARIGI, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 357/1779. Parigi, 30 aprile 1950 (perv. il 5 maggio).

Mi riferisco ai telespressi ministeriali n. 406/c.' e 409/c. 2 del21 corrente.

l) Non posso che associarmi al parere espresso dall'ambasciatore Tarchiani circa la scarsa opportunità per noi di portare in discussione al Consiglio atlantico la questione di Trieste.

Per quanto possa essere doloroso per noi il constatarlo, dobbiamo riconoscere che il mondo esterno, in questo affare, non ci segue con molto entusiasmo. Il ragionamento straniero è, grosso modo, il seguente. Trieste è salva, poiché data la situazione di fatto, essa è fuori dalla Zona B e quindi, sia pure obtorto collo, quale che siano i termini d'accordo possibili fra noi e la Jugoslavia, essa resterà italiana. Per quello che concerne la Zona B, tutti si sono più o meno rassegnati all'idea del fatto compiuto jugoslavo: eccitare l'opinione pubblica mondiale-non parlo nemmeno dei Governi -su questioni come quella di Capodistria, è impossibile.

La reazione generale, quando noi parliamo della questione della Zona B è di «seccatura». La parola d'ordine, nei riguardi di Tito, è dell'ottimismo: saranno illusioni quanto si vuole, ma viviamo in un mondo in cui tutti, e noi per i primi in altri settori, ci si attacca a qualsiasi minima illusione per pensare che la situazione non è poi così critica e permetterei quindi di continuare a non fare quello che sarebbe necessario di fare. Si ritiene, e questo è giusto, che Tito sia una grossa spina nel fianco della Russia e (ed è qui che si sbagliano) che sia possibile di agganciare solidamente Tito al mondo occidentale. E la conclusione che se ne fa, è che sono soprattut

2 Vedi D. 86, nota 3.

to certe incomprensioni nazionalistiche italiane ad impedire di realizzare un vero accordo con la Jugoslavia. E purtroppo per noi, gli occidentali sono disposti a mandare giù molti rospi dalla parte di Tito e -il che è lo stesso -Tito sa molto bene manovrare le illusioni di molti ambasciatori a Belgrado per metterli nello stato d'animo favorevole a lui.

Il rischio, quindi, che una discussione sulla questione della Zona B o della Jugoslavia in genere si risolva in una pressione, perché da parte nostra si facciano dei sacrifici sull'altare della conversione di Tito, è molto forte: e dovremmo, mi sembra fare tutto il possibile per non provocarlo mai.

2) Capisco che inglesi ed americani non siano molto propensi ad avere una vera e propria discussione su problemi di politica estera atlantica. I francesi vi sono favorevoli; così pure, sembra, il Canada. Mi sembra che, come che sia, dovremmo insistere su questo punto. Anche se non si andrà al di là dello scambio di informazioni, scambio di informazioni che, fra le sessioni, potrebbe benissimo andare avanti per le normali vie diplomatiche, questo è tuttavia un principio che potrebbe permettere, gradatamente, di sviluppare e discutere una politica estera comune fra i firmatari del Patto. Il che è necessario.

3) Per lo meno da parte francese, non ho potuto constatare, fino ad ora, nessuna tendenza ad avere a Parigi la sede del Comitato ristretto del Patto atlantico. Per quanto possa essere solleticato l'amor proprio dei francesi all'idea di avere un Comitato così importante a Parigi, essi si rendono abbastanza conto del fatto che il centro di tutto questo è a Washington, e che, se si vuole fare del buon lavoro, è a Washington che bisogna stare.

Altrettanto decisi si è, da parte francese, a che questo Comitato non sia composto dagli ambasciatori.

160 5 Del 28 e 29 aprile, non pubblicati.

161 1 Non rinvenuto.

162

L'AMBASCIATORE A V ARSAVIA, DE ASTIS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 1615/640. Varsavia, 30 aprile 1950 (perv. il 5 maggio).

Confermo1 che, secondo informazioni avute da ottima fonte, l'Episcopato si sarebbe deciso a firmare il noto accordo con il Governo perché avrebbe avuto notizia che, in una riunione tenuta a Mosca, le autorità polacche avrebbero ricevuto pressioni nel senso di procedere più speditamente e più energicamente nei riguardi della Chiesa cattolica. Sembra accertato che il cardinale Sapieha non avrebbe ritardato la sua partenza per Roma, come si era detto in un primo tempo, bensì l'avrebbe affrettata, per informare subito il Vaticano della situazione creatasi e per evitare di essere presente quando

la firma è avvenuta. Il vescovo suffraganeo di Varsavia, Choromanski, ha tenuto, dal canto suo, una riunione di parroci, nella quale ha spiegato le ragioni che hanno indotto l'Episcopato a cedere. Inoltre sull'organo della Curia vescovile di Cracovia è apparso un comunicato in data 22 aprile, firmato da tutti i vescovi, nel quale si spiega in sostanza che l'accordo non è un concordato in quanto numerose questioni sono di esclusiva competenza della Santa Sede e che è stato determinato dalla necessità di risolvere, sulla base della realtà esistente, alcune questioni di grande importanza per la Chiesa.

Allego una traduzione francese di tale comunicato2

Per quanto riguarda il contenuto dell'accordo confermo le mie comunicazioni precedenti. Le gerarchie cattoliche, per paura di prossime misure coercitive, che avrebbero seriamente ostacolato le attività religiose (probabilmente la prima misura sarebbe stata la chiusura delle scuole cattoliche ancora esistenti e dell'Università cattolica di Lublino), hanno accettato un compromesso che dà loro garanzie di una certa importanza, ma nel tempo stesso impegna il clero a collaborare con il Governo sia nel campo della politica interna (lotta contro il sabotaggio e contro l'attività clandestina, lotta per la pace, collettivizzazione delle campagne) che nelle questioni internazionali che più interessano la Polonia, e cioè la frontiera con la Germania e la campagna revisionistica tedesca.

Le notizie qui pervenute circa la reazione che l'accordo avrebbe suscitato all'estero fanno ritenere che il Vaticano voglia per il momento ignorare l'accordo. È comprensibile che la Santa Sede non debba essere entusiasta dell'impegno preso dall'Episcopato di agire secondo «la ragion di Stato» polacca. Deve essere poi ancor meno soddisfatta dell'impegno di lottare conte il revisionismo tedesco. La questione della frontiera tedesco-polacca è uno di quegli scottanti argomenti che la Santa Sede ha sempre preferito non toccare ed invece ora dovrà prepararsi a ricevere le «preghiere» e le proteste più o meno volontarie dell'Episcopato polacco. Anche l'impegno di partecipare agli sforzi per «consolidare la pace» può condurre il clero molto più lontano di quanto non voglia andare. Già vi è stata una risoluzione del Consiglio superiore della «Caritas» nella quale l'Associazione dichiara di unirsi alla campagna internazionale per la pace mondiale «perché un'organizzazione cattolica creata per mettere in atto i principi della carità cristiana non può rimanere indifferente alla diffusione della campagna bellicosa degli imperialisti!».

I commenti apparsi sulla stampa polacca nell'ultima settimana sviluppano in generale il tema dell'ipocrisia e della germanofilia della Santa Sede per concludere che i circoli vaticani debbono essere molto imbarazzati dopo la firma dell'accordo, dato che l'Episcopato polacco non solo ha preso nei riguardi della frontiera un atteggiamento «patriottico», ma si è impegnato ad usare tutta la sua influenza per far abolire dalla Santa Sede l'attuale stato provvisorio dell'amministrazione ecclesiastica nelle diocesi dei «territori ricuperati». L'organo del partito Trybuna Ludu accenna inoltre all'importanza che avrà nei prossimi anni la trasformazione socialista delle campagne e lo sviluppo del sistema cooperativo e sottolinea che l'impegno dell'Episcopato di vincere la resistenza del clero contro tale sistema renderà difficile ai nemici del regime di usare il nome della Chiesa per sabotare il cooperativismo.

La massa cattolica, passato il primo momento di perplessità e di dubbio, è ricaduta nel!' atonia e nella rassegnazione in cui si trova da alcuni mesi. Gli unici soddisfatti sono quelli che appartengono allo sparuto gruppo dei «cattolici di sinistra» che, a mezzo del giornale Dzis i Jutro, hanno sempre sostenuto la collaborazione con il Governo.

L'unica osservazione degna di nota che ho potuto raccogliere è che l'accordo rappresenterebbe un segno di debolezza da ambo le parti. Da parte della Chiesa perché è evidente lo stato di costrizione in cui si è trovata al momento di decidersi per la firma. Da parte del Governo perché, constatando l'impossibilità di condurre ora una lotta a fondo contro la Chiesa, avrebbe ottenuto il rinvio delle misure coercitive chieste da Mosca ed ha tenuto a sottolineare che intende seguire una linea diversa da quella adottata da altri Governi delle «democrazie popolari».

162 1 Vedi D. 125, nota l.

162 2 Non pubblicato.

163

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 4805/347. Washington, ] 0 maggio 1950, ore 18,35 (perv. ore 7,30 del 2).

Suo 153 1•

Ho diretto a Acheson mia lettera personale, di cui invierò copia a VS. con prossimo corriere2 . In essa ho prospettato speciale posizione che Italia occupa nel quadro relazioni tra Jugoslavia ed Occidente e conseguente necessità coordinare azione potenze occidentali mediante ampio scambio vedute fra VE., Acheson, Bevin, Schuman a Londra prima del Consiglio nordatlantico.

Detta lettera è stata consegnata e ampiamente illustrata a Thompson. In particolare è stata fatta presente inopportunità perdere occasione offerta da incontro Londra per esauriente esame del problema al più alto «livello». È stato parimenti rilevato che azione potenze occidentali (compresa Italia) verso Jugoslavia può essere efficace soltanto se organicamente concertata fra potenze medesime.

Thompson si è naturalmente riservato rispondere in base a decisioni segretario di Stato cui sottoporrà mia lettera. Personalmente ha dato impressione valutare adeguatamente peso considerazioni svoltegli3 .

163 1 Vedi D. 155. 2 Pari data, non pubblicata. 3 Per il seguito vedi D. 172.

164

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ZOPPI,

ALL'AMBASCIATORE AD OTTAWA, DI STEFANO

T. SEGRETO 3510/25. Roma, 2 maggio 1950, ore 16,30.

Suo 49-50 1• Siamo di accordo opportunità discutere questione applicazione finalità economico-sociali del Patto che del resto è iscritta all'ordine del giorno. Riterremmo tuttavia preferibile non (dico non) creare apposito organo ma servirsi Working Group Washington oppure nuovo organo permanente coordinamento.

165

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GALLARATI SCOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO 4814/439. Londra, 2 maggio 1950, ore 13,15 (perv. ore 19,50).

Strang, che ho visto ieri, ha tenuto a farmi presente che, ad avviso del Governo britannico, sviluppi questione Trieste non avevano affatto determinato alcunché di irreparabile. Base giuridica restava per Inghilterra, così come per America, dichiarazione tripartita 20 marzo 1948 1 ma non ci si nascondeva che definitiva soluzione problema mediante accordo diretto poteva raggiungersi, pur partendo da tale base, soltanto se si tenesse conto anche di altri elementi di carattere etnico, economico e politico.

Strang personalmente era indotto considerare richiamo Tito ad accordo 1946 con Togliatti2 non (dico non) come espressione suo intendimento che eventuale futuro accordo con Italia partisse da tali basi, bensì semplicemente come indicazione che è sempre possibile intendersi su base bilaterale.

Sottosegretario permanente, che ha motivo ritenere che accordo sia più facilmente realizzabile ora che non in futuro, si rende peraltro perfettamente conto che prima di procedere più oltre è necessario attendere che opinioni pubbliche si acquietino, parlandone il meno possibile.

Egli ha chiaramente affermato che da parte britannica non si intende affatto esercitare pressioni su di noi. Si è fiduciosi peraltro che ci rendiamo conto di tutta l'importanza della questione sia nel suo aspetto bilaterale italo-jugoslavo che nel vasto e vitale quadro de li'organizzazione della difesa occidentale contro la minacciosa pressione sovietica.

165 1 Vedi serie decima, vol. VII, DD. 468 e 469. 2 lbid., vol. IV, DD. 478 e 480.

La sicurezza adriatica è considerata un elemento vitale per tutto il blocco occidentale, questo è un fatto di cui occorre tener conto.

Da insieme conversazione ho comunque tratto impressione che a Londra ci si rende pienamente conto, con spirito di comprensione, delle difficoltà nostra posizione riguardo problema Trieste. Sta anche a noi di inquadrarlo nel modo migliore, e prospettandolo insieme agli altri nostri più scottanti problemi cercare di far sì che -come non ho mancato di far rilevare a Strang -non sia l'Italia a dover pagare da sola lo scotto delle comuni necessità di difesa del blocco occidentale.

Permettomi attirare particolare attenzione V.E. su articolo Times di ieri (mio telegramma stampa 437 inoltrato per aereo con telespresso 2562/1617 del l o corrente )3 , che Strang mi ha lasciato capire, sia pure nelle caute forme caratteristiche del F.O., rispondere alle idee predominanti del F.O.

164 1 Vedi D. 153.

166

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GALLARATI SCOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. PERSONALE 4837/440. Londra, 2 maggio 1950, ore 22,50 (perv. ore 7,30 del 3).

Mio telegramma 434 1•

Ieri ho avuto importante conversazione con Strang2 e, successivamente, d'Ajeta è stato convocato al Foreign Office da Jebb che si è con lui intrattenuto nello stesso senso. Riassumo elementi essenziali suddette conversazioni. Bevin desidera sia portata a strettamente personale conoscenza E.V. e presiden

te del Consiglio che risultati prime conversazioni londinesi ovviamente ancora del tutto fluidi e assolutamente segreti verterebbero su seguenti principali punti:

l) problema militare è impellente e non è possibile credere poter accollare unicamente Stati Uniti onere materiale e morale urgente difesa Occidente. 2) Con avvicinarsi 1952 appare ormai chiaro che Europa occidentale non potrà in alcun modo bastare a se stessa.

3) Senza volere sottovalutare, né in alcun modo diminuire, nobili iniziative europeistiche che devono utilmente affiancare e integrare necessità mondo occidentale, esse non (dico non) rappresentano da sole di fronte coalizione avversaria, una forza materiale sufficiente e neutralizzarla.

Si rende quindi indispensabile, a parere Governo britannico, che lo ritiene di massima condiviso da Stati Uniti e Francia, una nuova organizzazione «of the free world» che integri intimamente le forze e le risorse di oltre Atlantico (Stati Uniti, Canada ed eventuali altri dominions) con il Regno Unito e l 'Europa occidentale.

166 1 Vedi D. 159. 2 Vedi D. 165.

Non mi dilungo su tale questione che è stata approfondita e sviluppata in articolo «Atlantic council» apparso su ultimo Economist che ho inoltrato oggi a codesto Ministero per corriere aereo con relative traduzioni (telespresso 2606/1653l Jebb ha confidenzialmente detto che contenuto suddetto articolo collima pienamente con parere Governo britannico.

Da parte britannica si è pronti ad ascoltare eventuali suggerimenti italiani e ci si ripromette di tenerci al massimo possibile informati ulteriori sviluppi conversazioni in corso: anche su questo punto viene raccomandato che questioni abbiano carattere assoluta segretezza.

Per riunione Consiglio atlantico ci si attende che ministri esteri siano anche autorizzati da rispettivi Governi, in linea di massima, ad assumere oneri finanziari: ciò appare necessario non solo per urgenza situazione generale ma anche per importanti riflessi nei riguardi Congresso e opinione pubblica americana che sarà chiamata a gravi sacrifici.

Riunioni previste inizialmente per 15-17 si prolungheranno inevitabilmente qualche giorno di più e non è affatto escluso che in ricerca politica coordinata si tocchino problemi più interessanti per i vari Stati partecipanti, se non altro per impostare soluzioni di massima.

Non vi è inoltre dubbio che nel corso riunioni londinesi dovranno essere gettate basi Patto atlantico economico destinato a sostituirsi gradualmente a piano Marshall.

È stato infine fatto presente che sarebbe a tutti i fini conveniente se V.E. si trovasse a Londra uno o possibilmente due giorni prima inizio lavori Consiglio atlantico. Ritengo superfluo sottolineare V. E. importanza possibilità contatti preliminari.

Permettomi ripetere a V.E. quanto valore viene attribuito ad assoluta segretezza argomenti qui trattati.

165 3 Non pubblicati.

167

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALLE AMBASCIATE A LONDRA, PARIGI E WASHINGTON E ALLA LEGAZIONE A BELGRADO

TELESPR. URGENTE 15/399/C. 1• Roma, 2 maggio 1950.

Riferimento: Tel. min. n. 15/395 del 22 aprile u.s. 2 •

Codesta rappresentanza è stata tenuta al corrente, per ultimo col telespresso citato in riferimento, sulla preparazione e sull'andamento delle elezioni amministrative nella Zona B del T.L.T.

A documentazione di quanto fondate fossero le nostre preoccupazioni e proteste per i metodi coercitivi e violenti adoperati contro le popolazioni istriane, si invia qui unito una raccolta di un primo gruppo di dichiarazioni rese davanti a notaio da italiani rifugiatisi negli scorsi giorni a Trieste o che, residenti a Trieste, ebbero occasione, per ragioni del loro ufficio, di ascoltare testimonianze oculari.

2 Non pubblicato.

Prego VE. di volere portare a conoscenza di codesto Ministero degli affari esteri -rimettendone copia in via riservata e senza nota di accompagnamento -tale grave documentazione che, al di là del fatto elettorale viene a confermare quanto è stato da noi di volta in volta denunciato sulla situazione nella Zona B del T.L.T.

Voglia VE. mettere in rilievo che il Governo italiano, pur partecipando all'unanime sentimento di indignazione che i fatti di cui trattasi hanno suscitato nel Parlamento e nel paese (richiamo al riguardo il discorso da me tenuto alla Camera dei deputati il 22 c.mY, intende per ora dare alla questione una trattazione riservata sperando che il Governo jugoslavo sentirà il dovere di aprire un'inchiesta sulle responsabilità delle Autorità locali.

La documentazione di cui trattasi non viene comunicata al Governo sovietico.

(Solo per Belgrado) nel dare corso alle presenti istruzioni, ella vorrà aggiungere che il Governo jugoslavo dovrebbe ormai rendersi conto che esso, avallando i procedimenti delle Autorità locali nella Zona B, non fa che ritardare il realizzarsi di un minimo di distensione necessario allo sviluppo dei rapporti italo-jugoslavi4•

166 3 Non pubblicato.

167 1 Diretto per conoscenza alla Presidenza del Consiglio dei ministri ed alla rappresentanza a Trieste.

168

L'AMBASCIATORE A PARIGI, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

R. 35411776. Parigi. 2 maggio 1950 1•

Sono ben lieto di apprendere (suo dispaccio n. 2069? che VE. concorda sul mio apprezzamento della nostra situazione nel Patto atlantico. D'accordo, per parte mia, sulla questione degli imponderabili: se non che questi imponderabili se possono, in certe determinate occasioni procurarci dei successi apparenti, non possono mutare l'aspetto sostanziale della questione. Nel caso in esame, gli imponderabili possono, forse, permetterei di avere, nella futura organizzazione del Patto atlantico questo o quel posto ma quello che noi possiamo contare nel Patto atlantico e quindi nella politica generale non dipende dagli imponderabili, ma dai fatti e quindi, in ultima analisi, da noi stessi.

Circa la questione di una certa sfiducia francese verso di noi nella questione tedesca, non solo la cosa mi consta in modo certo, ma VE. ricorderà che non ho mancato di segnalarglielo fin dal 16 gennaio 1950 (mio rapporto n. 52/200)3 e dopo quella data le ho ripetuto le mie segnalazioni sia per iscritto che verbalmente.

Spero che non dubiti che non ho mancato, e costantemente, di convincere i

4 Per la risposta di Martino vedi D. 181.

2 Vedi D. 148.

3 Vedi serie undicesima, vol. III, D. 543.

francesi che si sbagliavano: con successo? Con degli alti e con dei bassi. V.E. ha troppo lunga esperienza della diplomazia, sia come ministro degli esteri che come ambasciatore, perché debba dirle io che le parole hanno valore, alla lunga, solo in quanto trovano corrispondenza nei fatti.

Che il presidente del Consiglio condivida, al l 00% il suo sentimento, non ne ho il minimo dubbio e non manco di dirlo ad ogni occasione: quanto all'unanimità dei consensi degli altri ministri: conosciamo troppo bene tutti e due la situazione.

Non voglio personalmente prendere troppo sul serio quella specie di frenesia che ha preso gli italiani, in moltissimi ambienti, di vedere la Germania risorgere, forse con la segreta speranza che essa, con la sua presunta potenza, possa dare ai nostri cari amici ed alleati quei fastidi che noi stessi vorremmo dar loro se potessimo. Ma non possiamo impedire ad un ambasciatore straniero a Roma di constatarlo e di riferirlo al suo Governo e a questi di tenerne conto.

Ma anche se si vuoi far astrazione di questo -e non è facile farlo -è certo che in Italia siamo tutti persuasi -e mi metto anch'io fra questi -che la miopia francese mette in serio pericolo, se non peggio, la possibilità che oggi esiste di organizzare seriamente l'Europa occidentale di fronte all'Est. E questo basta per insospettire i francesi. Si sbagliano ma sono fatti così.

È una situazione non nuova per lei. Ella ha detto molte volte cose che gli avvenimenti hanno provato essere profetiche, ma che al momento in cui sono state dette non le hanno certo suscitato dei consensi né in Italia né fuori. Non c'è nulla che irriti tanto chi non capisce, o non vuoi capire, che sentirsi dire delle cose sensate.

V.E. vuole una idea dello stato d'animo dei francesi? Qualche giorno addietro, parlandomi dell'ultima riunione del Consiglio di Strasburgo, Schuman mi ha detto che esso era stato un bel successo dal punto di vista europeo, perché aveva sancito l'ammissione della Sarre e rifiutava le «pretese» tedesche facendo loro comprendere in che spirito dovevano accedere al Consiglio di Europa.

Dato questo, V.E. comprende facilmente che la sola cosa che potrebbe sopprimere le diffidenze francesi, per qualche tempo, sarebbe un suo statement pubblico, fatto a nome del Governo davanti al Parlamento italiano, che il Governo italiano sposa incondizionatamente tutte le tesi francesi sulla Germania. Ora uno statement di questo genere V.E., per la situazione interna italiana, non lo può fare: non voglio del resto nemmeno esaminare se sarebbe comunque nel nostro interesse di farlo.

Non c'è quindi che constatare che, dato lo stato di fatto, tranquillizzare completamente la Francia non possiamo: bisogna cercare di non andare oltre un certo limite. Quello che, in certi momenti, rende più acuta la diffidenza francese nei nostri riguardi è la connessione che si fà spesso da noi fra Unione doganale colla Francia e i nostri rapporti colla Germania. Vediamo un poco i fatti.

L'Unione doganale è ferma non per volontà del Governo francese ma perché il Parlamento francese non ne vuole sapere.

V.E. è generalmente d'avviso che la quintessenza della bestialità umana è concentrata nei funzionari, di qualsiasi paese essi siano. Non che in generale ella abbia sempre torto: ma in questo caso specifico, una volta tanto, non è il caso: i funzionari, dalle due parti, hanno perfettamente capito: la bestialità è da parte dei parlamentari francesi i quali, per ragioni più o meno confessabili, non vogliono capire.

Quando noi accusavamo Queuille e Schuman di una certa mollezza avevamo forse anche un po' ragione: ma attualmente non è il caso. Bidault e due dei suoi ministri, senza contare i loro subalterni, se ne occupano a fondo.

Ma Bidault si trova in una situazione difficile: è impegnato in una lotta a fondo per rimettere a posto il suo paese, il suo partito e se stesso: ha in vista le elezioni che potrebbero anche essere non troppo distanti. È in mezzo a trappole, intrighi ed attacchi da tutte le parti. In queste condizioni, è possibile, ed è politico, per noi quasi obbligarlo ad impegnare una battaglia a fondo sull'Unione doganale, quando uno scacco, attualmente probabile, significherebbe per lui le dimissioni, e con le dimissioni la fine di tutto quello che si propone di fare? E mi domando in più: che interesse abbiamo a farlo?

VE. dice nella sua lettera, in nuce: se la Francia non si affretta a fare l'Unione doganale con noi, non ci rivolgeremo verso la Germania. La lettera beninteso è diretta a me, e se è poi lei a dirlo, o piuttosto ad accennarlo ai francesi, non c'è niente di male, perché sa come dirlo. Ma purtroppo non è solo lei a dirlo: e soprattutto lo dice la nostra stampa. Le segnalai a suo tempo l'impressione che fece qui un articolo del Messaggero: e nessuna smentita è valsa a convincere i francesi che esso non era ispirato.

Una cosa è dire che noi vogliamo l'Unione doganale colla Francia per rafforzare le nostre posizioni reciproche di fronte, ossia contro la Germania: ma una cosa del tutto differente è dire che, se la Francia non farà l'Unione doganale con noi, saremo obbligati ad intenderei con la Germania. È un terreno sul quale si scivola facilmente verso lo chantage, e VE. sa che con i francesi poco si ottiene con lo chantage: ne hanno fatto l'esperienza Crispi, Tittoni e Musso lini.

Cosa otteniamo con un atteggiamento simile? Turbiamo Bidault che sta facendo del suo meglio ma che non può comprendere che noi non vediamo la sua situazione: e diamo alla Francia l'impressione di tentare di fare con la Germania una certa determinata politica per forzarle la mano.

Ora e purtroppo questa impressione qui c'è ed è in questa luce che vengono sorvegliate tutte le nostre mosse nei riguardi della Germania, anche le più piccole. Né bisogna dimenticare che abbiamo in Francia dei nuclei attivi i quali non perdono una occasione per dir male dell'Italia (cito ad esempio la campagna fatta contro di noi per la pretesa restituzione di profughi russi) e di metter male fra noi ed i francesi.

Sulla questione dell'Unione doganale mi riprometto di riferirle in dettaglio: in questa sede mi limiterò ad osservare che è una mossa che è stata fatta per migliorare le nostre relazioni con la Francia. Ma siccome essa può anche non riuscire, bisognerebbe, secondo me, cercare di evitare le ripercussioni di un fallimento, non di renderle più gravi.

Riassumendo: la sfiducia c'è: essa è in certa misura inevitabile: essa ha degli alti e dei bassi: diminuisce, quasi a zero quando, in importanti discussioni internazionali noi appoggiamo i francesi: aumenta quando da parte nostra si fa o si dice qualche cosa che, sospettosi come essi sono, si presta ad essere interpretata da loro come una deviazione del Governo italiano verso uno stato d'animo esistente in Italia.

È un problema estremamente delicato, come delicati sono, in tutti i campi, i rapporti fra l'Italia e la Francia. V.E. può credere che da parte mia faccio il possibile per chiarire ogni possibile malinteso: se ritengo di segnalargliene l'esistenza, è perché è indispensabile che V.E. sappia che essi ci sono.

167 3 Vedi D. 139,nota3.

168 1 Copia priva dell'indicazione della data di arrivo.

169

IL MINISTRO A KARACHI, ASSETTATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. RISERVATO 1767/294. Karachi, 2 maggio 1950 (perv. il 5).

Dopo più di sette mesi di assenza, il ministro degli esteri Zafrulla Khan ha fatto qui ritorno il 24 corrente, proprio alla vigilia dell'arrivo di Pandit Nehru e della partenza per l'America del primo ministro.

Ciò non rendeva agevole il poter conferire con lui, dato anche che lo stesso Zafrulla Khan intendeva recarsi in provincia per un breve periodo di riposo subito dopo la partenza di Liaquat.

Senonché, non essendo riuscito ad avere dal ministro ulteriori notizie circa l'azione da me a suo tempo sollecitata a Rangoon in merito alla Commissione O.N.U. per l'Eritrea e considerando urgente definire tale questione, ho potuto egualmente ottenere di avere un colloquio con Zafrulla, il quale dopo avermi dichiarato di essere lieto di rivedermi essendo ora con me «on the same side», mi ha riassunto la storia, che d'altra parte già conoscevo, di quanto svoltasi a Lake Success ed al riguardo ho avuto l'impressione che l'inclusione del Pakistan, ottenuta per azione italiana, nelle Commissioni per le nostre colonie, gli abbia fatto molto piacere.

A questo punto ho ritenuto rinnovare a lui quanto già a suo tempo avevo fatto col primo ministro, e cioè l'espressione del vivo apprezzamento italiano, oltre che della mia personale soddisfazione, per l'azione da lui svolta a nostro fianco e per la perfetta intesa venutasi a creare tra i nostri due paesi ecc. E qui Zafrulla, con quella bruschezza direi simpaticamente maleducata che è propria del suo temperamento, mi ha interrotto per rilevare che l'atteggiamento da lui preso non doveva essere considerato né come un piacere fatto all'Italia, né come un qualche cosa in contrasto con altri, ad esempio l'Etiopia. Per quanto riguardava l'Eritrea, egli si era formato l'assoluto convincimento che il 65% della popolazione (tra mussulmani e cristiani) volesse l'indipendenza e come diretta conseguenza di ciò il Pakistan si sarebbe battuto sino in fondo per il raggiungimento di tal fine.

Tale precisa rigidità di concezioni risponde perfettamente allo spirito dell 'uomo, nonché è caratteristica dei principi informatori della setta mussulmana cui egli stesso appartiene.

Ciò premesso, Zafrulla mi ha informato di quanto comunicatogli dal suo ambasciatore a Rangoon (v. mio telegramma n. 26) 1 , aggiungendomi ritenere che la condotta ondeggiante del delegato binnano fosse da attribuirsi piuttosto che a direttive del suo Governo, a sue personali tendenze di «to nibble»; comunque mi ha assicurato che, a seconda di quanto rifcritogli dal rappresentante a Rangoon, opportune istruzioni erano state trasmesse al delegato birmano a Ginevra, del che era stata data opportuna notizia a Ziauddin.

Inoltre, Zafrulla mi ha confermato quanto già dettomi dal segretario generale (v. mio rapporto n. 1653/272 del 19 aprile u.s. )2 che, cioè, la nomina di un ministro a Roma era stata decisa e che erano solo in corso alcune pratiche (quali l'approvazione del re d'Inghilterra etc.) per la sua definizione formale che non poteva tardare oltre la metà di maggio. A questo punto, soffermandosi ad illustrarmi la sua conoscenza ed ammirazione di Roma e di altre città italiane, ha concluso dicendomi di invidiare sinceramente questo suo rappresentante, al posto del quale avrebbe molto desiderato essere egli stesso.

Dopo quanto fattomi presente appena pochi giorni prima, circa il progetto di un'elevazione ad ambasciata delle rappresentanze a Roma e a Karachi, dal segretario generale, le cui proposte su questioni del genere vengono praticamente avallate dal ministro, non ho ritenuto del caso riaccennare a quest'ultimo della cosa. E ciò tanto più che il tono della conversazione con Zafrulla Khan ha valso a confermare in me l'opinione che mi sono andato facendo e che mi permetto qui esprimere su quanto riguarda i nostri rapporti sostanziali e formali con questo paese.

Premesso che le questioni essenziali tra l 'Italia e il Pakistan sono al momento presente limitate a quella degli scambi commerciali e, in altra forma, del futuro assetto delle nostre colonie e ciò in considerazione anche di quella specie di vaga nebulosa che, in questo paese, assai più primitivo e tuttora circoscritto nella sua vita internazionale di quanto non sia l'India, nella mente dei più avvolge l 'insieme degli Stati del continente europeo, ritengo che, per quanto il problema coloniale, occorra qui continuare per il momento a procedere con estrema cautela c circospezione, soprattutto per non dare esca a troppo forti reazioni britanniche che in questo paese, tuttora legatissimo all'U.K., avrebbero certo non difficile gioco. In altre parole sono d'avviso che raggiunta con il Pakistan un'identità di vedute nel settore che tanto ci interessa, ci convenga continuare a lavorare un po' dietro le quinte, facendo opportunamente agire soltanto un'ideologia islamica e quella di principi democratici, di autodecisione di popoli etc. e non insistere troppo, per lo meno ostensibilmente, su di una intensificazione di rapporti di amicizia italo-pakistana, che tìnirebbe con l'esserci controproducente, soprattutto col creare imbarazzi a questo Governo che, e ciò non va trascurato, è presieduto da un uomo assai legato agli inglesi.

E quanto sopra, a mio subordinato giudizio, vale prima di tutto per la ventilata iniziativa della conclusione di un patto di amicizia (v. telespresso ministeriale

n. 11106655)3 che, come riferisco con separato rapporto, mi sembra ancora prematura, anche in quanto non ancora qui sentita, sia anche per quella di un'elevazione di rango delle rappresentanze diplomatiche, che potrebbe facilmente apparire, o per lo meno essere sfruttata, come la risultante di un'azione da noi sin qui svolta per ottenere l'appoggio pakistano nella realizzazione dei nostri punti di vista in materia coloniale. E troppe diffidenze, più o meno manifeste e più o meno volutamente fomentate, qui esistono ancora verso l'Italia, paese coloniale, perché si abbia a rischiare di compromettere quello che in definitiva siamo riusciti a realizzare, di avere cioè in pratica questo paese, non già per i nostri begli occhi, ma per opportune coincidenze di vedute, decisamente al nostro fianco nella lotta ingaggiata per l'assetto futuro delle nostre colonie.

3 Non rinvenuto.

In conclusione, secondo il giudizio ch'io mi son potuto fare da qui della situazione e che considero pertanto mio dovere esporre a codesto Ministero, sarei del subordinato avviso di continuare ad agire qui, direi sotto ogni aspetto un po' dietro le quinte e senza alcun «show off» di un'amicizia italo-pakistana, che per il momento mi sembra non ci convenga di conclamare troppo sul terreno politico, !imitandola solo ad un aperto sviluppo in quello economico; ciò, beninteso, sin quando non si siano raggiunti dei risultati definiti e concreti nelle questioni delle colonie.

A conclusioni raggiunte, e quando cioè non vi siano più rischi da correre, tutte le possibili forme, nessuna esclusa, di rinsaldamento dei legami tra Italia e Pakistan potranno esserci senza dubbio utili e rappresentare un punto di partenza per ulteriori auspicabili realizzazioni.

169 1 Del 28 aprile, con il quale Assettati aveva informato dell'appoggio che il Governo birmano aveva deciso di dare, in sede di Commissione O.N.U., alla tesi dell'indipendenza dell'Eritrea.

169 2 N o n pubblicato.

170

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO 4881/354. Washington, 3 maggio 1950, ore 20,46 (perv. ore 7,30 de/4).

Mio 341 1•

In odierna riunione Working Group, è stato chiesto a rappresentante americano se fosse in grado precisare suo pensiero in merito ad eventuale nuovo organo centrale Patto atlantico. Egli ha risposto negativamente.

Rappresentante francese si è limitato esporre idea generale: essendo riconosciuta necessità coordinamento (sopratutto fra organi militari ed organi economici) e data impossibilità che tale funzione sia esercitata continuativamente da Consiglio, conviene creare organo investito autorità Consiglio stesso. Circa struttura tale organo, rappresentante francese, non (dico non) essendo in grado precisare suo pensiero, si è limitato sottolineare opportunità che ciascun paese scelga liberamente forma migliore farsi rappresentare in seno ad organo in questione ed ha aggiunto che, se questo fosse a Washington, Governo francese sarebbe incline designare suo ambasciatore qui.

Rappresentante britannico ha manifestato preferenza per organo composto da rappresentanti ad hoc, liberi da ogni altra carica.

Mentre riferirò dettagliatamente per corriere complesso degli elementi raccolti su questa questione, assicuro che seguo attentamente problema Segretariato nuovo organo.

170 1 Vedi D. 157, nota l.

171

IL RAPPRESENTANTE A TRIESTE, CASTELLANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 2015/511. Trieste, 3 maggio 1950 (perv. il 6). Mio telespresso 1849/4 78 del 22 c.m. 1 .

l) Attenuatosi il tono delle discussioni internazionali sul problema di Trieste e rientrato l'esame di questo in un clima più discreto, non è forse inopportuno, nell'attuale fase di relativa distensione, fare il punto della situazione politica locale.

Un'osservazione preliminare è anzitutto necessaria: ed è che la «crisi» del 16 aprile, se pure, da un punto di vista formale, non ha sminuito il valore morale c giuridico della dichiarazione tripartita2 ne ha però messo a nudo, nel giudizio anche dei triestini, la difficoltà di essere praticamente attuata in un futuro più o meno prossimo. Si può dire, senza false reticenze, che un mito è caduto, e con esso le premesse di tutto un orientamento per due anni perseguito e che si riassumeva nella convinzione dell'essere Trieste già parte integrante d'Italia.

Naturalmente, non è affatto caduta, con ciò, l'aspirazione alla reintegrazione dell'intiero territorio nella madrepatria, sentimento nettamente predominante nella maggior parte della popolazione: ma è diffusa altresì l'impressione che la mèta si sia allontanata, e che, comunque, per raggiungerla occorra rifarsi a principio e servirsi eventualmente di nuovi strumenti.

A punto di partenza per un'esatta interpretazione della situazione odierna possono senz'altro venire assunte le Assise giuliane del 2 aprile, in cui il pensiero politico locale ha avuto modo di manifestarsi in una ampia confluenza di idee e che, anticipando le conseguenze delle scontatissime elezioni in Zona B, bene ha avvertito come esse potessero rappresentare una svolta e costituire il banco di prova per la effettività della dichiarazione tripartita, la cui validità, rimasta finora nel campo di una pura affermazione di principio e di un impegno in bianco, non aveva mai avuto modo di essere confrontata con la realtà.

Se è vero, pertanto, come è stato giustamente affermato, che il problema di Trieste, unitario nella sostanza, si sdoppia in due distinte questioni, quella generale del T.L.T. c quella particolare della Zona B, è pur vero che la situazione verificatasi in Zona B, per effetto delle manovre annessionistiche jugoslave prima, c della tragica farsa elettorale dopo, ha posto il dito nella piaga della situazione dell'intero Territorio Libero e, mettendo alla prova l'effettività della dichiarazione tripartita, ha rivelato l'esistenza di una condizione di «crisi» per quanto riguarda la posizione politica e giuridica dcii 'intiero Territorio Libero.

Aderente alla realtà positiva dei fatti è quindi l'assunto principale delle Assise giuliane, quale risulta dal testo della mozione votata il 2 aprile (mio telespresso

1583/402 del6 aprile u.s.) 1 , l'essere cioè la dichiarazione tripartita rimasta inoperante anche ai soli effetti di impedire all'amministrazione jugoslava la snazionalizzazione della Zona B: con tale affermazione si imputa alle potenze firmatarie della dichiarazione, una culpa in non faciendo, e considerandole impegnate ad agire nel senso di non permettere alla V.U.J.A. alcuna alterazione dello statu quo della Zona B come parte integrante del T.L.T. al quale la dichiarazione senza limiti né riserve si riferisce, assume per ciò stesso il problema particolare nel quadro del problema generale e logicamente vede la soluzione del primo come inseparabile dalla soluzione del secondo, anche se il primo presenta aspetti contingenti, e vorrei dire umani e civili, che possono e debbono ricevere una soluzione immediata quale premessa ad una soluzione integrale e definitiva.

2) La mozione votata dalle Assise giuliane, col chiedere l 'intervento dell'O.N.U. per porre fine alle manovre annessionistiche della Jugoslavia e per ristabilire tutti i diritti e le libertà delle popolazioni della Zona B, quale unica condizione per poter esercitare il diritto di voto e, se necessario, manifestare la volontà di decidere il destino della propria terra, ha posto, per altro, la questione se per risolvere il problema della Zona B l'unico mezzo non sia quello di un plebiscito che, logicamente, non potrebbe non abbracciare anche la Zona A.

Ed è proprio su questo punto, se cioè un plebiscito sia o meno il mezzo più idoneo per risolvere alla base e definitivamente l'intero problema del T.L.T., che il pensiero politico locale, snodandosi dalla precedente posizione di serena attesa dell'entrata in vigore della dichiarazione tripartita, è venuto articolandosi in diverse tendenze, la cui concordanza o discordanza costituisce la caratteristica del momento e può segnare il principio di una nuova realtà di cui tener conto nel trattare internazionalmente il problema di Trieste.

Il contrasto si riduce sostanzialmente a due tesi: quella favorevole all'idea del plebiscito e quella contraria. Ed è sorto nel momento stesso della convocazione delle Assise giuliane, proponendosi il C.L.N. dell'Istria di perorare presso il Governo italiano, e di includere nella mozione finale del convegno, oltre la proposta del ricorso ai quattro ambasciatori, anche la proposta di plebiscito, ed opponendosi a quest'ultima la Democrazia cristiana.

Nel pensiero del C.L.N. il plebiscito avrebbe dovuto essere proposto non in contraddizione ma come riconferma della dichiarazione tripartita, e non come atto puro e semplice, bensì circondato di tutte le garanzie possibili e in condizioni di massima normalità, previo ritiro cioè delle truppe jugoslave quanto di quelle anglo-americane, con l'intervento quanto meno di altra potenza neutrale e col concorso di provvedimenti adeguati, quali l'effettivo controllo, da parte di funzionari civili di detta potenza, di tutte le operazioni di voto e delle liste elettorali, limitate ai residenti nell 'attuale Territorio Libero al l Ogiugno 1940.

A tale proposta obbiettavano i democratici cristiani la difficoltà estrema di fare accettare dal Governo jugoslavo la proposta stessa, nonché il timore che nella Zona B, per le alterazioni già intervenute del suo carattere italiano e per il clima di violenze che si è venuto a creare, e nella Zona A per le tendenze indipendentistiche già notevolmente affermatesi nelle elezioni del 1949 e oggi probabilmente rafforzatesi, i risultati di un plebiscito potrebbero implicare una sconfitta, anche soltanto morale, per la causa italiana.

Le obbiezioni democristiane, seguite dalla minaccia di ritirare l'adesione già data al convegno, avevano valore determinante e pertanto, nel testo della mozione, la proposta di plebiscito non è stata formalmente avanzata, se pure non può negarsi, come già ho osservato, che essa sia stata sostanzialmente circoscritta in una circonlocuzione assai intelligibile e tale da essere, alla occorrenza, legittimamente ripresa.

Le obbiezioni democristiane, ad un 'analisi critica del tutto imparziale, non appaiono certo prive di fondamento: la difficoltà, per non dire l'impossibilità fisica di ottenere un allontanamento delle truppe di Tito dalla Zona B, o per lo meno un loro accantonamento accompagnato dalla presenza temporanea di truppe neutrali, è un argomento non controvertibile nell'attuale fase dei rapporti tra le potenze occidentali e la Jugoslavia di Tito, per cui l'appoggio di dette potenze all'idea di un plebiscito può apparire ipotetico quanto almeno un loro intervento per l'applicazione della dichiarazione tripartita. È anche vero, altresì, come più appresso verrò specificando, che nella Zona A, per il prolungarsi dell'attuale stato di cose, si è venuto fonnando intorno al G.M.A. un conglomerato di interessi locali, in alcuni strati della stessa borghesia, che favorisce un'affermazione graduale dell'idea indipendentista, non tanto nel senso di un «indipendentismo puro», quanto in quello di un mantenimento indefinito dello statu qua e di una sua, diciamo così, legittimazione.

3) Qual'è infatti, la posizione indipendentista nel!' attuale fase della situazione?

a) Ufficialmente, l'indipendentismo cosidetto puro non è sostenuto che dal «Fronte per l'indipendenza del Libero Stato giuliano», cioè dal gruppo Sporer, che, nonostante le sue note collusioni con la parte slava, in occasione delle artefatte elezioni in Zona B, non ha potuto fare a meno di assumere un atteggiamento di riprovazione, sia pure prudenziale.

b) Più pericoloso, dopo la pubblicazione della nota russa, è l'indipendentismo dei comunisti vidaliani, per i quali il conseguimento dell'indipendenza del Territorio non sarebbe che un mezzo per ottenere l'allontanamento dalla Zona A delle truppe angloamericane, mentre la pregiudiziale affermata da Vidali, e nel Parlamento italiano dall'on. Pajetta, che la costituzione effettiva del Territorio Libero potrebbe essere la premessa a soluzioni più integrali e definitive, si presta ad una doppia interpretazione, potendo giuocare tanto nel senso di un plebiscito (pure accennato da Vidali), con conseguente reincorporazione del Territorio nella Repubblica italiana, quanto nel senso di un'adesione in bianco a quei diversi piani che la Russia in un secondo tempo potrebbe trovare vantaggio ad imporre, tra i quali anche l'annessione ad una Jugoslavia ritornata cominformista. E che tale possa essere l'interpretazione più facile della nota russa risulta chiaro dal fatto che l'anticipazione vidaliana dei concetti che poi la nota stessa ha espresso non è stata punto ricalcata da quella, la quale, come si sa, si è espressa nel senso di un'applicazione del trattato senza riserve (quindi fuori di ogni provvisorietà) e non sembra aver fatto menzione di un ritiro delle truppe jugoslave dalla Zona B. Ne deriva che o Vidali ha forzato il pensiero di Mosca, o Mosca non ha tenuto in minimo conto il pensiero di Vidali, col risultato, comunque, di un notevole imbarazzo per i cominformisti locali.

Per altro, l'incidenza dell'indipendentismo cominformista sull'opinione politica triestina, è già scontata nei risultati delle elezioni amministrative dello scorso anno, e, come in genere per il comunismo in Italia, non può dirsi che esso possa contare su ulteriori margini di assorbimento, per quanto forte, qui come in Italia, appaia l'organizzazione del partito.

c) Insidioso, invece, e tale da richiedere la maggiore attenzione, sembra lo sviluppo dell 'indipendentismo che vorrei dire spurio, quello cioè che, ricollegandosi più o meno direttamente al «Blocco triestino» dell'avv. Stocca, in realtà, se pur non a parole, opera discretamente quale sostenitore dello statu qua, e pone a sua non confessata meta il raggiungimento di un autogoverno, limitato magari alla sola Zona A, in collaborazione con il Governo militare anglo-americano.

È una forma di indipendentismo, codesta, particolarmente pericolosa, perché ha la sua base in una realtà che supera la situazione locale e cioè nella durata dell'occupazione alleata di Trieste come elemento del sistema di sicurezza rappresentato dalla occupazione alleata della Germania e dell'Austria e condizionato, forse, addirittura, dali' allontanamento della Russia dagli Stati satelliti.

Altra base, assunta da questo tipo di indipendentismo è, come ho detto in principio, l'allontanarsi nel tempo della possibilità di dare effetto positivo alla dichiarazione tripartita, donde l'opportunità, per non dire l'opportunismo, di consolidare in una più intima collaborazione col G.M.A., che per conto suo è tutt'altro che retrivo al riguardo, gli interessi economici e finanziari connessi con lo statu qua.

È, tuttavia, un pericolo ancora allo stato fluido, corrispondendo all'inizio di un processo di adattamento più che alla sua conclusione, e tale, quindi, da poter essere ancora contenuto e, in avvenire, eliminato, se efficacemente controbattuto da soluzioni adatte ad annullarne gli effetti.

Le correnti indipendentistiche qui sopra descritte non potrebbero quindi considerarsi, in definitiva, determinanti, nell'ipotesi di consultazione plebiscitaria, tanto vero che, a parte l'atteggiamento assunto finora dai comunisti vidaliani (che però pongono il plebiscito come una soluzione alternativa, da realizzarsi a costituzione del

T.L.T. avvenuta ma anche nel caso in cui tale costituzione si avverasse impossibile), esse non ne fanno un caposaldo dei loro programmi, rimanendo piuttosto in una posizione di prudente riserbo.

Cosicché, fatta eccezione della Democrazia cristiana, tutti i partiti nazionali minori, come il Partito socialista della Venezia Giulia, il Partito repubblicano italiano, il Partito liberale italiano e il Movimento sociale italiano, sembrano in via di massima non essere sfavorevoli all'idea del plebiscito, intesa se non altro come opportuna manovra tattica destinata a tener vivo il problema ed a creare, comunque, le premesse per uno sblocco della presente situazione

Sopratutto il C.L.N. dell'Istria, ritiene, infatti, che una proposta di plebiscito dovrebbe trovare molto credito, specialmente presso l'opinione pubblica nordamericana, in quanto, rimettendo la questione alla diretta decisione delle popolazioni interessate, sarebbe tale «da salvare la faccia a tutti», secondo un'arguta espressione di uno degli esponenti di tale raggruppamento, pur assicurando una soluzione nettamente e integralmente italiana del problema di Trieste.

Il documento, nel quale il pensiero del C.L.N. sull'opportunità del plebiscito è stato espresso in tutti i suoi particolari, è già in possesso di codesto Ministero, cui è stato consegnato dallo stesso estensore di esso, il prof. Diego De Castro: non mi dilungherò, quindi, ne li'analizzarlo, !imitandomi a rilevare come le previsioni in esso contenute siano state fatte tenendo costantemente presente le ipotesi peggiori e non quelle per noi più favorevoli, assumendo come base di calcolo i risultati delle elezioni dell'aprile 1949 in Zona A e quelli delle elezioni dell'aprile 1950 in Zona B, e computando un coefficiente maggiore a favore degli indipendentisti di qualsiasi tendenza.

Per altro, a differenza di quanto è proposto a pag. 2 di detto documento, riterrei che se l 'idea del plebiscito fosse accettata, il plebiscito stesso non dovrebbe svolgersi su tre alternative contemporaneamente (Italia, Stato Libero, Jugoslavia) bensì su una duplice alternativa in due tempi successivi: l) La popolazione del T. L. T. vuole lo Stato Libero o lo respinge? Vuole, cioè, l'applicazione del trattato di pace o la sua revisione? 2) In caso di risposta negativa alla prima domanda, la popolazione del

T.L.T. vuole il ritorno del Territorio all'Italia o la sua annessione alla Jugoslavia?

Proposto il plebiscito secondo questo schema (che mi sembra più facilmente accettabile da tutte le potenze interessate), è evidente che, esclusa senz'altro una risposta affermativa alla prima domanda da parte della maggioranza della popolazione (c ciò anche ammettendo una percentuale di voti indipendentisti più forte, per le ragioni suesposte, che nelle elezioni del 1949), la maggioranza a favore dell'Italia nella seconda votazione segnerebbe una percentuale più elevata di quella calcolata dal prof. De Castro, perché non v'e dubbio che posta di fronte alla scelta tra l'Italia e la Jugoslavia, buona parte degli indipendentisti di qualsiasi tendenza darebbe il suo voto all'Italia.

Va anche considerata, a sfavore di una prevalenza indipendentista nel caso di un plebiscito, la reazione in atto, nei vari circoli politici della Zona A, di fronte all 'atteggiamento russo: reazione che può senz'altro dirsi negativa, ove si escludano, come ho già accennato, gli ambienti cominformisti.

Infatti, se è vero che, più specialmente nei circoli istriani, come ho già riferito (mio telegramma n. 24 del 23 aprile u.s.) 1 , la soluzione conforme al trattato di pace può essere vista come un pis aller in mancanza di meglio, e ciò per considerazioni puramente umane e contingenti, è anche vero che in quei stessi circoli la nota di Mosca è stata accolta con estrema diffidenza per gli innummerevoli rischi che essa coinvolge, e pertanto può dirsi che non appena una diversa via di uscita dalla presente impasse fosse trovata, ogni esitazione anche negli istriani cesserebbe del tutto.

4) In conclusione, e riassumendo, i recenti avvenimenti politici hanno portato i triestini a ripensare la loro situazione partendo dalla premessa dell'inefficienza pratica della dichiarazione tripartita, anche se riconfermata in via di principio, ed a porsi il problema della opportunità o meno di un plebiscito: a questo è favorevole, col C.L.N. dell'Istria, la maggior parte dci partiti nazionali con esclusione della sola Democrazia cristiana; favorevole, ma per ragioni che nulla hanno da vedere con gli interessi del paese, sembra esservi anche il comunismo cominformista; indifferente, ove non ostile (sentendovi implicito il pericolo di una sua condanna) l'indipendentismo del «fronte» e quello del «Blocco». Accolta, eventualmente, l'idea del plebiscito, si pensa altresì, nei circoli ad essa favorevoli, che la sua attuazione non potrebbe dare che un risultato nettamente a vantaggio dell'Italia: negli ambienti della Democrazia cristiana si pensa invece, per le ragioni già esposte, che esso potrebbe essere una carta pericolosa.

Ciò posto, e mentre si può condividere, in via di massima, la tesi del C.L.N. come quella che potrebbe aprire una via all'applicazione della dichiarazione tripartita, (allo stato delle cose, qui non se ne vedrebbe alcun'altra), si deve anche tener conto delle obiezioni non meno fondate formulate da parte democristiana.

Ne consegue, a mio subordinato avviso, che l'idea del plebiscito, specie se correttamente formulata, andrebbe assunta piuttosto come punto finale di un' evoluzione politica che occorre ancora promuovere, che non come un immediato punto di partenza, in questo momento forse anche difficilmente accettabile da Washington e da Londra.

Un fatto mi preme, per altro, di rilevare: ed è che qualsiasi soluzione, provvisoria o permanente, possa essere data alla questione, mai questa popolazione darebbe il suo consenso a spartizioni ed a compromessi che implicassero perdite sostanziali di territorio nazionale.

171 1 Non pubblicato. 2 Vedi serie decima, vol. VII, DD. 468 e 469.

172

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 4948/358. Washington, 4 maggio 1950, ore 20,52 (perv. ore 7,30 del5).

Mio 347 1 . Risposta Acheson a mia lettera è stata oggi consegnata ed illustrata da Dipartimento di Stato a questa ambasciata. Ne trasmetto testo per corriere 2 .

In sostanza, segretario Stato si dichiara lieto accogliere desiderio di VE. approfittare convegno Londra per discutere con lui «questione generale relazioni con Jugoslavia e possibilità coordinare vedute Governo italiano con quelle Governi americano britannico e francese». Egli pensa che VE. e lui, quando saranno entrambi Londra, potranno prendere precisi accordi per incontro.

Dipartimento Stato ha precisato che: l) Perkins (attualmente a Londra per lavori preparatori Convegno tripartito) sarà subito avvertito che segretario Stato intende includere nel suo programma londinese discussione con V.E. su problema anzidetto; 2) Governi francese e britannico saranno subito informati del desiderio manifestato da VE. e del suo accoglimento da parte segretario Stato; 3) segretario Stato non (dico non) è contrario in principio a che discussione avvenga a quattro anziché in tre incontri bilaterali.

Ciò stante, possibilità effettuare Londra approfondito esame itala-americano delle relazioni fra Jugoslavia ed Occidente mi sembra assicurata (consiglio tuttavia contatti con delegazione americana Londra soprattutto per accertare se vi sia possibilità concordare data colloquio prima della riunione Consiglio nord-atlantico).

Possibilità estendere esame, collegiale o separato, a Francia e Gran Bretagna sembra ormai dipendere da Governi Londra e Parigi.

2 ~on pubblicata.

172 1 Vedi D. 163.

173

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO 4949/359. Washington, 4 maggio 1950, ore 20,52 (perv. ore 7,30 del 5).

Mio 3541•

Punto di vista italiano su questione Segretariato è stato confermato oggi da questa ambasciata a Dipartimento di Stato. In sostanza si è detto che non solo nuovo Consiglio permanente ma neppure eventuale suo Segretariato dovrebbero essere formati su base ristretta. Si è aggiunto che naturalmente non formuleremo obiezioni se personalità americana assumesse direzione Segretariato senza peraltro effettuare discriminazione fra suoi collaboratori.

Dipartimento Stato ha confermato non avere per ora idee definite. Secondo ultimi studi effettuati da uffici, persona destinata ad esercitare funzioni direttive in auspicata più stretta collaborazione atlantica dovrebbe contemporaneamente essere vice presidente permanente Consiglio nord-atlantico, presidente permanente nuovo organo e capo del Segretariato di quest'ultimo.

Per siffatta funzione Stati Uniti pensano a personalità politica di indiscussa autorità internazionale, quale sarebbe Spaak se questi non destasse troppo forti reazioni britanniche.

Nulla è qui trapelato circa notizia di cui a ultima parte telegramma V.E. 1582 .

174

L'AMBASCIATORE A PARIGI, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO PER TELEFONO 4975/156. Parigi, 5 maggio 1950, ore 22.

Suo2171• Ecco ultima formulazione progetto francese corretto in base conversazioni avute con Londra Washington, secondo quanto mi ha detto adesso Schuman:

l) Comitato supplenti, avente sede in capitale europea, rango ambasciatori e composto tutti partecipanti Patto atlantico. Questo Comitato permanente potreb

2 Del 2 maggio, ritrasmetteva D. 159.

be fare tutto il lavoro necessario fra le riunioni ministri esteri. Avrebbe anche compito dare istruzioni Gruppi ristretti da costituire. Accordo completo fra i Tre su questo punto.

2) Comitato ristretto composto di personalità designate ad hoc da singoli Governi: non più cinque persone. Questa idea originalmente franco-americana era stata fino stamane osteggiata da inglesi i quali soltanto adesso sotto decisa pressione americana dato consenso.

3) È ancora sotto discussione se questo Comitato ristretto dovrebbe funzionare da Standing Group per tutte le questioni politiche, economico-finanziarie, produzione armamento o dovrebbe invece avere solo scopo coordinare azione due Standing Groups speciali per due ultimi gruppi questioni. Francesi sono favorevoli Standing Groups speciali: c'è una certa opposizione americana ed inglese: probabilmente si finirà per lasciare questione studio e decisione Comitato supplementi di cui al numero l.

4) Segretariato generale composto di funzionari internazionali.

Ho informato Schuman mia intenzione fare pubblica dichiarazione circa idee Governo italiano cosa di cui si è felicitato. L'ho informato che noi condividiamo punto di vista francese circa pool risorse finanziarie e che quindi possiamo appoggiare tesi francese del che Schuman si è mostrato molto soddisfatto.

Da parte sua mi ha assicurato che Governo francese si rende conto ragioni per cui Italia desidera non rischiare esclusioni e mi ha detto nella maniera più formale che possiamo contare su appoggio francese per nostra inclusione Comitato ristretto, e per adeguata nostra rappresentanza nel Segretariato. Francia considera questo come compenso cui abbiamo diritto in vista quello che non abbiamo potuto ottenere anno scorso: e è decisa appoggiarci.

Il Governo francese desidera massima possibile collaborazione franco-italiana nel corso prossima riunione Londra. Mi ha detto che se nel corso conversazioni a tre emergeranno questioni che possono interessarci ci terrà informati tramite nostra ambasciata Londra.

Desidera incontrarsi con VE. prima riunione generale: le propone come data incontro sera domenica 14 ore 21. Verrà lui da VE. ad ambasciata Italia Londra.

Ha perfettamente compreso nostre difficoltà vario genere, e mi sembra abbia anche compreso necessità da parte francese darci loro appoggio: il che non ho mancato di fargli rilevare con estrema chiarezza.

173 1 Vedi D. 170.

174 1 Pari data, con esso Sforza aveva comunicato: «Non solo condivido le osservazioni di cui al suo rapporto del 28 ma circa l'esercito ho preparato da tempo una dichiarazione per Londra. Se le constino nuovi clementi mi telegrafi subito».

175

L'AMBASCIATORE A PARIGI, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO 4982/157. Parigi, 5 maggio 1950, ore 21,40 (perv. ore 7 de/6).

Circa questione Trieste Schuman mi ha detto:

l) Governo francese intende restare fedele dichiarazione marzo 1948 1•

2) questione Trieste non (dico non) è ordine del giorno riunione a tre. Qualora essa dovesse essere messa in discussione egli prenderà ferma posizione che questione non (dico non) può essere discussa in assenza Italia. Lo può fare tanto più facilmente in quanto è stato in principio deciso che rappresenti Benelux parteciperanno discussione concernenti Germania.

3) Governo francese si opporrà a che eventuale discussione prenda forma pressione su Italia per accordo diretto con Jugoslavia.

Anche qui Schuman mi è sembrato aver perfettamente compreso importanza che atteggiamento francese può avere su insieme rapporti franco-italiani.

176

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE A MOSCA, BR OSIO

TELESPR. 45/317. Roma, 5 maggio 1950.

Riferimento: Telespresso urgente di V. E. n. 857/011 del 15 aprile u.s. 1 . Questo Ministero ha attentamente esaminato il testo della nota sovietica del l O aprile u.s. 2 ed il progetto di risposta trasmessi da V.E. col telespresso urgente suindicato.

Per quanto riguarda quest'ultimo, questo Ministero ritiene che non convenga creare o prolungare per iscritto polemiche circa le origini dell'accordo di Mosca dell'l l dicembre 1948 3 o punti di vista discordanti ormai già consacrati sia circa la lista dei beni da cedere, sia circa il valore dei medesimi, ma convenga, invece, limitarci a richiamare il nostro promemoria del 14 gennaio4 ed il proposito già manifestato di essere pronti a cercare di risolvere la situazione sorta al termine dei lavori delle Commissioni miste di Budapest, Bucarest e Sofia, in conformità dell'art. 13 dell'accordo innanzi detto.

2 Vedi D. 123, Allegato.

3 Vedi D. 45, nota 3.

4 Non pubblicato.

È nostro interesse inoltre non fare alcun cenno al compito dei quattro ambasciatori di fissare il valore e quindi innanzitutto la lista dei beni (art. 74 lettera A), ma ribadire invece chiaramente che fino a quando il valore dei beni e la lista dei beni stessi non saranno determinati, non sappiamo se ed in quale misura siamo tenuti a corrispondere forniture industriali e non possiamo quindi essere accusati di inadempienza sia sul capitolo generale delle riparazioni, sia in quello particolare delle forniture.

Ci conviene, infine, dato che la nota russa ha ingiustamente accennato a nostre inadempienze, porre, sia pure genericamente, sul tappeto le inadempienze russe al trattato di pace.

In vista di quanto precede questo Ministero ha predisposto l'accluso testo di nota di risposta a quella russa del lO aprile u.s. 5•

V.E. è pregata di rimetterla personalmente subito (ad evitare l'accusa di voler trascinare la questione di proposito) aggiungendo a voce le considerazioni relative alla genesi dell'accordo dell'Il dicembre 1948 che l'E.V. proponeva di includere nel testo e lasciando comprendere che, mentre siamo più che pronti ad iniziare le necessarie trattative per cercare di uscire di comune intesa dalla situazione in cui entrambi i Governi sono venuti a trovarsi per le riparazioni, inizieremo tale trattative quando abbia avuto luogo la concordata restituzione dei noti prigionieri.

Non appena presentata la nota l'E.V. vorrà telegrafaré dando l'indicazione del numero e della data, anche perché questo Ministero si riserva di esaminare l'opportunità di dame il testo alla stampa.

175 1 Vedi serie decima, vol. VII, DD. 468 e 469.

176 1 Vedi D. 123.

177

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

R. SEGRETO 4914/2889. Washington, 5 maggio 1950

(perv./'8).

Desidero far seguire un commento al mio telegramma di ieri 1 in merito al prossimo incontro fra V.E. ed il segretario di Stato a Londra.

Sull'atteggiamento americano nei confronti del problema di Trieste e di quello più generale dei rapporti itala-jugoslavi VE. è troppo bene informata perché convenga ch'io mi dilunghi a descriverlo. Mi limiterò, pertanto, a qualche constatazione, relativa agli avvenimenti più recenti.

In sostanza, il problema anzidetto è stato riportato alla ribalta da un'iniziativa jugoslava, composta di due aspetti contraddittori: l 'uno consistente nel manifestare, direttamente e per il tramite del Governo americano, l'intenzione di risolvere la que

6 Vedi D. 188.

stione di Trieste; l'altro consistente nel reagire ostilmente alla conciliante accoglienza fatta dall'Italia a quell'intenzione, riaffermando pretese territoriali assurde e alterando ulteriormente lo status qua nella Zona B.

La reazione americana a questa iniziativa è stata, anche essa, contraddittoria: da un lato, infatti, gli Stati Uniti hanno riconfermato la loro fedeltà alla dichiarazione del 20 marzo 19482 ; dall'altro, preoccupati di non turbare il processo d'avvicinamento della Jugoslavia all'Occidente e desiderosi di favorire un'intesa diretta tra Roma e Belgrado, hanno messo tale e tanta cautela nelle dichiarazioni pubbliche del Dipartimento di Stato e nella protesta a Belgrado per l 'unione doganale fra la Zona B e la Jugoslavia, da ingenerare in una parte dell'opinione pubblica italiana l'errata sensazione di un parziale o totale «abbandono». La stampa americana, male informata e malconsigliata (sopratutto dall'ambasciata americana a Belgrado) ha aggravato tale sensazione.

Ciò stante, V.E. ha avvertito la necessità che la politica americana (e, in generale, delle potenze occidentali) verso la Jugoslavia sia oggetto di un approfondito scambio di vedute, destinato a renderla coerente e concorde, col contributo attivo dell'Italia. Di qui la proposta di un incontro a Londra, in occasione della prossima sessione del Consiglio nord-atlantico.

Gli ostacoli che si frappongono ad un incontro siffatto sono evidenti. Si tratta innanzi tutto di ostacoli materiali, per il tempo limitatissimo, di cui Acheson, Bevin e Schuman disporranno a Londra e nel corso del quale dovranno affrontare i più gravi problemi della politica mondiale. Si tratta inoltre di ostacoli politici, di vario genere. Un incontro quadripartito, se presentato e sottolineato come tale, darebbe troppo apertamente l'impressione di un fronte comune delle potenze occidentali verso (se non addirittura contro) la Jugoslavia ed urterebbe, pertanto, contro le ben note preoccupazioni americane nei riguardi di Belgrado. Inoltre è lecito domandarsi se la Francia non si opporrebbe ad un incontro a quattro in quanto tale, cioè per l'implicita ammissione, ch'esso conterrebbe, di un innalzamento dell'Italia sul piano dei «Grandi».

Non fa meraviglia, dunque, che la proposta di V.E. abbia fatto riflettere a lungo il segretario di Stato.

Tuttavia, il contenuto sostanziale della proposta medesima era inoppugnabile. In pratica, V.E. riconosceva il comune interesse ad armonizzare la politica delle potenze occidentali verso la Jugoslavia, affermava la necessità che, a tal fine, si procedesse ad un approfondito scambio di vedute e constatava che l'imminente riunione di Londra offre un'occasione preziosa per effettuarlo.

Con la risposta data oggi al mio duplice passo (dapprima verbale e poi scritto) presso Acheson, mi sembra che l'essenziale sia conseguito: indipendentemente da ogni questione di date o di procedura, è certo che il segretario di Stato prenderà occasione dalla riunione di Londra per esaminare a fondo con V. E. il problema jugoslavo. Se ciò potrà avvenire prima della riunione del Consiglio nord-atlantico, tanto meglio (in proposito, la decisione sembra dipendere dal tempo che risulterà disponibile durante l'incontro tripartito e, sopratutto, dal desiderio del Governo ospitante). In caso contrario, quell'esame avverrà durante o dopo la sessione del Consiglio nordatlantico (ma, naturalmente, non in seno al Consiglio medesimo).

Un punto essenziale, ancora incerto, è se, malgrado gli ostacoli accennati più sopra, convenga che l'esame del problema sia fatto «a quattro» o fra V.E. e i suoi tre colleghi separatamente. Da parte mia, ho fatto rilevare qui che la discussione «a quattro», sia pure con le cautele necessarie per evitare dannose speculazioni di stampa, sarebbe di gran lunga più pratica e più efficace. Il segretario di Stato, in linea di massima, non vi si oppone. Tuttavia, com'è naturale, una decisione in tal senso non può essere presa che di concerto coi ministri degli esteri britannico e francese.

176 5 11 testo definitivo di tale nota è pubblicato in allegato al D. 188.

177 1 Vedi D. 172.

177 2 Vedi serie decima, vol. VII, DD. 468 e 469.

178

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, GALLARATI SCOTTI

TELESPR. RISERVATISSIMO URGENTE 467 SEGR. POL. Roma, 6 maggio 1950.

Ho letto con interesse il suo rapporto n. 2208/1351 del 16 aprile1•

Concordo pienamente con il giudizio di V.E. circa l'indirizzo che le grandi potenze occidentali, specie in questi ultimi tempi, hanno mostrato di voler dare alla loro politica. Non è dubbio che i tre Governi siano in procinto in queste settimane di rivedere tutti i grandi e meno grandi problemi internazionali tra i quali sicuramente anche quelli che ci interessano, e di concordare un sistema di periodici riesami e discussioni di tali problemi, allo scopo di stabilire per ognuno di essi e per l'insieme una linea comune. Si vuol dar vita alla comunità atlantica, si vuole attuare una «diplomazia totale»; ma si considera evidentemente che per assicurare un trattamento unitario degli affari internazionali sia necessaria premessa la formazione e il funzionamento pratico di un triunvirato politico composto di Inghilterra, Francia e Stati Uniti.

Sono anche largamente d'accordo con V.E. nel suo giudizio sui pericoli inerenti a un tale sistema. Rendendomene ben conto, mi sono rivolto personalmente, nei giorni scorsi, ad Acheson 2 (la prego di tenere questa notizia per sua riservatissima conoscenza) per pregarlo di darmi modo di esporre ai miei tre colleghi delle grandi potenze il punto di vista italiano sui rapporti tra la Jugoslavia e l 'Occidente, che costituiscono, per la loro connessione con Trieste, un delicatissimo problema che è insieme italiano ed europeo. Ho incontrato delle resistenze che non so ancora se potranno essere superate, e che confermano del resto le posizioni cui accennavo più sopra.

Se si arriverà, in una forma o nell'altra, a queste conversazioni a quattro non escludo affatto che si possa quanto meno tentare una discussione globale di tutti i nostri problemi. Tuttavia dobbiamo sempre ricordarci che le nostre particolari questioni mal si prestano ad una trattativa generale. La Francia è presente in Ger

2 Vedi DD. 144 e 172.

mania, in Africa, in Estremo Oriente; e vi è presente non soltanto con le sue posizioni tradizionali, che tuttora conservano qualcosa dell'antica forza, ma anche, e si potrebbe dire sopratutto, con le sue debolezze, le quali però concorrono ad accentuare il peso con il quale la Francia gravita sull'economia generale della politica internazionale. Non ho bisogno di indicare a V.E. quanto diversa sia la nostra posizione. Noi aspiriamo a rientrare in Africa, a Trieste e nell'Istria occidentale; e i nostri Alleati possono anche scorgere in questa aspirazione una fonte di future debolezze per noi, e complicazioni per loro, che dal loro punto di vista è bene evitare.

Di fatto la nostra situazione è tale che tanto in Africa quanto a Trieste ci si domandano rinuncie che la nostra opinione pubblica troverebbe ben difficile di accettare, e alle quali ancor più difficile sarebbe andare incontro con una proposta di trattative che, a fronte di tali rinuncie, offrirebbe soltanto delle contropartite per le quali la situazione generale non è ancora matura, quale l'emigrazione, oppure delle garanzie militari sulla cui validità pratica è lecito, oggi, avere ancora qualche dubbio.

Naturalmente non ignoro il pericolo che, evitandosi la discussione generale, e con ciò di sottostare consapevolmente a quei sacrifici che ne sarebbero la premessa indispensabile, si possa poi dover subire la perdita delle nostre posizioni, successivamente, ed una per una, e senza alcun compenso. A ciò non si può opporre altro che, accanto alla ferma, costante, coraggiosa tutela dei nostri interessi, l 'indicazione ben chiara che da parte nostra non c'è intenzione di irrigidirsi su tesi irreali, c'è anzi ogni più onesta disposizione a discutere qualsiasi onesta forma di accordo.

Come già feci con Bevin, allorché passò da Roma3 , per il problema dell'Eritrea e dei nostri rapporti con l'Etiopia; come ho fatto recentemente per Trieste nel mio discorso di Milano4 .

178 1 Vedi D. 126.

179

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GALLARATI SCOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 5036/451. Londra, 6 maggio 1950, ore 22,55 (perv. ore 7,30 del 7).

Ho subito eseguito istruzioni di cui a telegramma 228 1 pervenuto stamane. Da parte americana è stato stasera risposto che Acheson sarà lieto incontrare V.E. ma, tenuto conto gravosi impegni conversazioni a tre, non è ancora possibile precisare data esatta.

4 Vedi D. Ili, nota 2.

D. 172 e dava istruzioni di prendere contatti con la delegazione americana a Londra per concordare la data del colloquio con Acheson cd eventualmente con Bevin c Schuman.

Quanto a Bevin (mio telegramma 440) 2 , Jebb -nuovamente interessato anche alla luce istruzioni di V.E. -ha testé telefonato che segretario di Stato sarà felice incontrarsi con V.E. prima che abbiano inizio riunioni Consiglio atlantico. Jebb ha esplicitamente aggiunto, a titolo personale, che non (dico non) sarebbe possibile combinare incontro che sabato o domenica: più probabilmente sabato pomeriggio.

Dalle conversazioni avute oggi ho tratto precisa impressione che questione prospettata nel citato telegramma 228 è stata oggetto di scambio vedute in seduta stamane note conversazioni preparatorie.

Risposte pressocché identiche, chiara quella inglese e conforme a quanto precedentemente indicatoci, più vaga quella americana circa la data (probabilmente anche in quanto Acheson non è ancora a Londra), danno netta sensazione che momento più opportuno per arrivo V.E. a Londra possa essere venerdì sera e che scambi di vedute dei ministri con V.E. saranno bilaterali.

178 3 Vedi D. 7.

179 1 Del 5 maggio, indirizzato anche a Parigi (prot. n. 218), con il quale Sforza trasmetteva il

180

L'AMBASCIATORE A PARIGI, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO URGENTISSIMO 5113/164-165. Parigi, 9 maggio 1950, ore 21,45 (perv. ore 1,30 dellO).

Schuman mi ha fatto chiamare per comunicarmi testo dichiarazione che accingevasi a fare e che è stato telefonato a codesto Ministero. Mi ha detto che della dichiarazione era stata data comunicazione preventiva ad americani ieri ed oggi a Inghilterra Belgio Lussemburgo Italia.

Per quanto concerneva noi teneva a che non ci fossero equivoci: Unione doganale con Italia era e restava fermo obiettivo politica francese. Non si trattava quindi di tradire l 'Italia per appoggiarsi alla Germania: si trattava di tentativo risolvere su basi realistiche uno degli elementi di conflitto fra Francia e Germania e trasformarlo in elemento di collaborazione a cui Italia doveva essere associata.

Gli ho subito detto che sarebbe stato bene, in questo caso, e per evitare commenti spiacevoli in Italia e fuori, che Italia fosse specificatamente menzionata in sua dichiarazione.

Schuman mi ha obiettato che egli aveva menzionato solo la Germania sia perché trattavasi maggiore produttore europeo, sia perché nell'attuale atmosfera precedente conversazioni Londra erano rapporti franco-tedeschi e non rapporti franco-italiani che costituivano ostacolo collaborazione europea. D'altra parte menzionare Italia non sarebbe stato possibile senza menzionare Benelux ed Inghilterra e questo avrebbe dato alla comunicazione carattere del tutto differente.

Avendo io insistito su mio punto di vista Schuman mi ha detto che avrebbe menzionato Italia nei suoi commenti. Il che ha fatto nelle forma seguente: «Spero vivamente che Italia aderirà a questa nostra proposta: un accordo di questo genere eliminando possibile elemento concorrenza dovrebbe facilitare realizzazione Unione doganale: del resto conversazioni per accordo fra le due siderurgie sono, lo spero, già a buon punto».

Gli ho inoltre fatto osservare che da parte nostra si era sempre guardato con certa diffidenza tutte queste intese siderurgiche poiché ne temevamo una offensiva contro nostra siderurgia. Accuse che si facevano a nostra siderurgia di antieconomicità potevano anche essere giustificate ma nessun Governo italiano avrebbe potuto per ragioni politiche consentire a chiudere nostra siderurgia: dovevasi quindi porgli questione precisa: era Governo francese in caso nostra adesione a sua proposta disposto difendere a fondo nostra siderurgia? Schuman mi ha risposto categoricamente che non c'era dubbio in proposito.

Ho poi chiesto a Schuman, scusandomi mia indiscrezione, se trattavasi mossa propagandistica fatta nella speranza che Germania rispondesse di no oppure se si fosse in certa misura d'accordo con Germania. Mi ha risposto che Germania ne era stata informata, e su mia insistenza, che aveva ragione di ritenere che risposta tedesca non sarebbe stata negativa.

Circa atteggiamento americano mi ha detto che esso era in principio favorevole a condizione che accordo in questione non potesse essere interpretato in America come costituzione di un cartello: gli è stato spiegato come trattasi proprio del contrario di un cartello ed è stata attirata sua attenzione su rinunzia a sovranità nazionale che esso significa in quanto in caso controversia Governi partecipanti accetterebbero sottomettersi decisione di un arbitro.

Circa Inghilterra è stato riservato aggiungendomi che sarebbe contento se Inghilterra anche non aderendovi accettasse di non ostacolarlo. Tutto compreso a mia impressione si tratta piuttosto da [parte] francese di un gesto spettacolare lanciato abilmente prima riunione di Londra: sue ripercussioni sia su questione tedesca sia su questione produzione militare sono fin troppo evidenti. Dovrei ritenere che ne hanno già parlato con i tedeschi (è del resto vecchia idea François-Poncet). Fino a che punto ci sia accordo preliminare fra i due non mi sento in grado pronunciarmi.

Opposizione inglese ci sarà e certo accordo preliminare con lei non c'è stato.

Per quello che ci concerne è evidente che qualsiasi accordo di questo genere mette in serio pericolo nostra siderurgia almeno fino al giorno in cui essa non sia legata saldamente con quella francese in modo da considerarla come parte di essa: non ultima delle ragioni per le quali ho tanto insistito su accordo siderurgico con scarsa comprensione da parte nostri interessati. Non saremo certo noi che potremo evitare che questo accordo si faccia: d'altra parte, dati umori generali, se non proprio subito ed in questa forma, a qualche accordo del genere si dovrà finire per arrivare.

Per cui, avuta assicurazione che ci importava da parte francese, mi permetterei consigliare rispondere rapidamente con nostra adesione. E ciò per seguenti ragioni:

l) trattasi senza alcun dubbio gesto europeo e gesto riavvicinamento fra Francia e Germania: associarvisi è coerente con tutta nostra politica; 2) se offerta sarà respinta da Germania avremo fatto buona figura e basta: ma è improbabile che Germania risponda puramente e semplicemente di no. Se si

arriverà a studiare formula realizzazione: nostra pronta adesione ci dà diritto partecipare fin dall'inizio a negoziati: se titubiamo rischiamo che contatti si inizino senza di noi ed è sempre più difficile riacquistare dopo posto che si è perduto all'inizio;

3) è soltanto entrando nelle discussioni attraverso pronta adesione che noi possiamo [salvaguardare] nella misura del possibile nostri interessi.

È inutile che aggiunga che con l'aria che tira converrebbe da parte nostra sollecitare conclusione accordo siderurgico con Francia. Comunico oggi per corriere su quali basi esso sarebbe possibile 1•

179 2 Vedi D. 166.

181

IL MINISTRO A BELGRADO, MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 1322/642. Belgrado, 9 maggio 1950 1•

Riferimento: Telespresso ministeriale n. 15/399/c. del 2 maggio c.a. Telegramma questa legazione n. 1562 .

Nel confermare di aver rimesso al ministro aggiunto Vejvoda la documentazione raccolta sulle violenze perpetrate a danno degli italiani della Zona B del T.L.T. il 16 aprile, accompagnandone la consegna con le considerazioni che V.E. mi ha dato istruzioni di far presenti a questo Governo, prego voler inviarmi ancora qualche altra copia di tale documentazione.

Pur osservando scrupolosamente quelle regole di riservatezza a cui si ispirano le istruzioni di V.E. riterrei infatti utile dame comunicazione, in via riservata, anche a questi ambasciatori di America, di Gran Bretagna e di Francia, ad evitare che essi non ne siano al corrente qualora i rispettivi Ministeri degli affari esteri non provvedessero ad inviare loro copia della documentazione da noi raccolta: cosa che non mi pare di poter escludere a priori.

Data la tendenza oggi qui indubbiamente prevalente presso queste rappresentanze diplomatiche, ed in particolare presso l'ambasciata di America, di voler dare più peso alle argomentazioni jugoslave che a quelle italiane, mi parrebbe opportuno correggere, seppure limitatamente alle rappresentanze delle tre grandi potenze occidentali, le errate conseguenze della propaganda jugoslava ai nostri danni.

ISO 1 Non pubblicato. Per la risposta vedi D. 182. !SI 1 Copia priva de li'indicazione della data di arrivo. 2 Vedi rispettivamente DD. 167 e 189, nota l.

182

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, QUARONI

T. SEGRETO 3786/228. Roma, IO maggio I950, ore I5.

Suo 164-165 1•

Constato con piacere che quanto espresso suo telegramma corrisponde ad atteggiamento da me assunto e che ho illustrato in intervista a France Presse sulla quale attiro sua attenzione.

V.E. potrà esprimersi con Schuman in senso analogo sottolineando:

l) adesione italiana sin dal primo momento a nuova intesa economica e a organizzazione che ne risulta, ne faciliterà fondazione ed applicazione;

2) approvazione Unione doganale porrà ambedue paesi situazione migliore di resistenza e di direzione nell'organismo stesso2 .

183

IL MINISTRO A VIENNA, COSMELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 5136/88. Vienna, IO maggio I950, ore 13,IO (perv. ore 15,45).

Mio 84 1•

Notizia viaggio cancelliere Figi era ormai trapelata. Viene pertanto oggi pubblicato da giornali in forma concisa e non appariscente che cancelliere in occasione Anno Santo visiterà Roma. Egli mi ha detto che regime occupazione non gli consente libertà movimenti, ma che è felice che Anno Santo possa giustificare e coprire sua prima visita estero. Nessun occupante può obiettare che egli cattolico visiti quest'anno Roma. Egli compie così anche voto poter esprimere di viva voce a V.E. e presidente De Gasperi e con precedenza su qualsiasi altro Governo riconoscenza per così cordiale appoggio che Italia ha costantemente dato ad Austria in quest'ultimi anni, e riaffermare che nulla divide i due paesi e necessità storica e politica anzi strettamente li avvicina.

D. 184).

182 1 Vedi D. 180. 2 Questo telegramma venne redatto in base all'appunto di Grazzi dello stesso l Omaggio (vedi

183 1 Del 5 maggio, con il quale Cosmelli confermava la visita privata del cancelliere Figi a Roma per i giorni dal 13 al 18 maggio e chiedeva in proposito la discrezione della stampa.

184

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI ECONOMICI, GRAZZI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

APPUNTO. Roma, 10 maggio 1950.

l) La proposta avanzata dal signor Schuman tiene, come è logico, conto quasi esclusivamente dell'interesse francese. Porre in comune, e quindi controllare, la produzione del carbone e dell'acciaio significa non soltanto avere in mano la direzione e la sorveglianza della politica, scomposta nei suoi elementi militare ed economica, della Germania, ma anche porre a disposizione della invecchiata industria francese un potenziale di produzione di primissimo piano. Non potendo la Francia annettersi territorialmente la Renania, né potendo creare uno Stato vassallo delle regioni industriali tedesche, essa tenta di annettersi il loro potenziale di produzione.

2) È perciò da dubitare circa l'accoglienza che la Germania farà a tali proposte, nonché circa l'atteggiamento britannico al riguardo. Tuttavia la mossa del Governo francese è certamente destinata ad assicurarsi una carta, specie nei confronti dell'America, che può essere giocata o tenuta in mano per qualsiasi evenienza.

3) Quali conseguenze ciò può avere per il nostro paese? In linea di assoluta teoria, per noi, paese povero e tributario di tali materie prime, che produrrà al massimo tre milioni e mezzo di tonnellate di acciaio sempre più care dell'acciaio estero, l'unione dei due maggiori produttori europei e l'eliminazione della rispettiva concorrenza, è certamente dannosa. In linea pratica questo ragionamento peraltro perde molto del suo valore se si considera da un lato la necessità di atteggiamenti nuovi che tengano conto della pericolosa situazione dell'Europa occidentale, e dall'altro i nostri rapporti, certamente migliorati, con la Francia.

4) Non è dato oggi comprendere appieno che cosa il signor Schuman intende quando afferma che l'organizzazione sarebbe «aperta alla partecipazione degli altri Stati europei». Si tratta di ammettere gli altri Stati europei su di un piede di parità agli acquisti, alla sorveglianza della produzione, od alla produzione stessa? In tutte e tre le ipotesi l 'interesse de li'Italia sembra essere quello di dichiararsi:

a) favorevole in linea politica alla idea del signor Schuman; anzitutto perché l'integrazione europea corrisponde alla politica praticata dal Governo della Repubblica, ed in secondo luogo perché, sia che il piano vada in fondo o sia che non vada, è sempre miglior gioco quello di dichiararvisi favorevoli;

b) disposta, in linea di principio ed in attesa delle necessarie precisazioni, a partecipare sino dal primo momento alla organizzazione. A tal proposito è da rilevarsi che l'optimum sarebbe per noi quello di inserirsi anche nella produzione, sia offrendo l'apporto della nostra produzione di acciaio (formando cioè una intesa siderurgica non più franco-italiana bensì franco-italo-tedesca) sia partecipando in loco allo sfruttamento carbonifero della Germania. Rammento una vecchia ma interessante idea dell'ing. Sinigaglia, di exploiter con le nostre maestranze qualche miniera di minor rendimento. È ovvio infatti che porre i piedi in Germania costituirebbe per noi la miglior garanzia per non essere estromessi dalla politica europea e anche nei riguardi dell'Unione doganale itala-francese, la quale, altrimenti, rischia di diventare in mano dei francesi un'arma di continua pressione contro di noi.

Per questi motivi mi permetto suggerire che VE., sia attraverso la stampa, sia con comunicazioni dirette al Governo francese, dichiari che l 'Italia applaude a tale nuovo atto di collaborazione europea: che essa è pronta ad accedere, anzi ad apportare ogni contributo, sin daii'inizio aiia nuova organizzazione la quale da un lato più vasta sarà più sarà vitale, e dall'altro risveglierà nei due paesi, nell'interesse francoitaliano, l'interesse aiia Unione doganale.

185

IL CAPO DELLA MISSIONE NELLA R.F. DI GERMANIA, BABUSCIO RIZZO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 5229/54. Bonn, 11 maggio 1950, ore 21,40 (perv. ore 8 de/12).

Vice alto commissario francese ministro Berard ha desiderato ieri vedermi evidentemente per conoscere mie impressioni dopo recente viaggio Roma. Dopo avergli riconfermato che nostra politica è tuttora fermamente diretta verso intesa con la Francia, non gli ho per ultimo nascosto che in alcuni ambienti politici italiani, anche tra i più favorevoli, stavano determinandosi sentimenti disillusione per ritardo concreta attuazione Unione doganale. Berard confidatomi che era già a conoscenza tale stato di cose in base telegramma Fouques-Duparc ritrasmessogli proprio ieri da Parigi. Tale dispaccio sarebbe anzi redatto termini particolarmente energici prospettando necessità conseguire al più presto serio progresso. Berard che condivide pienamente tale pensiero e che mi ha ricordato essere stato proprio egli durante sua permanenza in America fra principali sostenitori ingresso Italia Patto atlantico, mi ha lasciato intendere che si sarebbe anche egli fatto eco Parigi tale necessità. Circa iniziativa Schuman confermatomi che tra concetti ispiratori è fondamentale queiio concernente adesione altri paesi Europa e convenuto con me che appunto neiia maniera con cui questo principio verrà realizzato sta il segreto del successo.

Aggiunto che proposta Schuman sta acquistando in Germania sempre più carattere personale successo Adenauer per analoghe idee da lui più volte propugnate in passato.

Impressione questi ambienti governativi è che iniziativa ha già appoggio americani e che nonostante esitazioni britanniche finirà certamente con entrare in una fase concreta.

186

L'AMBASCIATORE A BRUXELLES, DIANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 5248/52. Bruxelles, 11 maggio 1950, part. ore 1,50 de/12 (perv. ore 16).

Van Zeeland mi ha detto avere appreso con favore l'interessante proposta Schuman per una intesa franco-tedesca circa produzione carbone ed acciai.

Essa rappresenta concreta iniziativa che può avere per davvero grande importanza per la pacificazione politica in Europa; circa sviluppi e ripercussioni che iniziativa potrà avere nel campo economico questione deve naturalmente essere esaminata con attenzione specie per quanto concerne modalità di applicazione ed auspicasi adesione degli altri paesi. Il Belgio che come è noto è grande produttore di acciai e di carbone seguirà con particolare interesse lo sviluppo della iniziativa. Van Zeeland si propone dimostrare nell'occasione il più largo spirito comprensione e di solidarietà europea, pur tenendo naturalmente presente la tutela dei legittimi interessi belgi.

Circoli finanziari e industriali non hanno ancora manifestato loro pensiero ma sembrano tuttavia nutrire qualche preoccupazione per probabile difficoltà in cui a causa dei suoi alti costi di produzione verrebbero a trovarsi industriali locali. Primi commenti della stampa pur esprimendo riservo per quanto riguarda aspetti proposta non ancora conosciuti, sono in genere favorevolmente intonati.

187

L'AMBASCIATORE A PARIGI, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 388/1940. Parigi, 11 maggio 19501•

Sul! 'argomento in oggetto2 non sembra ancora possibile giungere a definitivi giudizi ed occorre qualche giorno di maturazione soprattutto «londinese» per apprezzarne portata e probabilità.

Comunque, per quanto riguarda la minor cronaca e la genesi della proposta Schuman per l'accordo internazionale siderurgico, si può dire che essa è uscita improvvisamente alla pubblica luce. Risulta infatti che al gruppo americano che accompagnava Acheson l'annuncio venne dato mezz'ora prima della sua partenza da Parigi. E sta di fatto che nelle riunioni franco-americane, cui assistevano i principali

funzionari, non ne venne fatto alcun cenno. Forse Schuman ne ha parlato ad Acheson nell'ultimo colloquio a due. Gli uffici francesi competenti hanno dovuto lavorare febbrilmente per una messa a punto che permettesse la presentazione del progetto al Consiglio dei ministri del giorno 9 corrente.

Com'è ovvio, si trattava di idea da lungo tempo maturata, ma che l'imminente Conferenza di Londra aveva fatto maturare a gran velocità. Da tempo avevano luogo a Bruxelles delle riunioni tra siderurgici francesi, tedeschi e del Benelux, ma esse non avevano portato a positivi risultati che conciliassero i diversi punti di vista. Del resto è del 5 maggio la lettera di Schuman al Consiglio d'Europa chiedente di iscrivere ali' ordine del giorno dell'Assemblea la creazione di «Compagnie» europee. Tali Compagnie, poste sotto il controllo dell'organizzazione europea, raggrupperebbero società europee affini e produrrebbero in coordinata attività certe merci indispensabili (la formula è vaga sulla loro qualità). La formula francese, oggi escogitata, apre le porte all'accessione di altre potenze e come tale sembra favorevolmente accolta dai principali Governi (escluso quello inglese), se non dalle categorie più egoisticamente interessate in questo settore. Ma soprattutto essa fa sperare ai francesi di superare delle «posizioni morte» in Germania e specialmente di cautelarsi di fronte a quella «restituzione» delle grosse aziende della Ruhr, restituzione alla quale François-Poncet ha posto un veto che non può indefinitamente essere mantenuto. Nelle suddette riunioni di Bruxelles, pressioni ed interventi inglesi avevano fatto fallire il tutto ed è quindi logico che oggi, proprio a Londra, non vi sia affatto della buona stampa per il nuovo progetto Schuman, che è poi un progetto Alphand-François-Poncet, allargato per evidenti ragioni politiche collegate alle riunioni di Londra. Pare che ali' origine vi sia il desiderio di compensare il pratico fallimento della proposta «atlantica» di Bidault ed a Schuman non deve essere dispiaciuto il fatto di compensarlo con un'iniziativa tutta sua che dia alle riunioni di Londra anche un impulso francese.

Indice delle prime perplessità degli «interessi» francesi sembra essere l 'immediata interpellanza del deputato Aumeran e la sua richiesta alla Commissione parlamentare degli affari esteri che nulla venga fatto in tema siderurgico senza l'approvazione del Parlamento. La richiesta implicava, in relazione alle riunioni di Londra, un atto di sfiducia nel Governo e come tale è stata respinta, ma soltanto a 18 voti contro

17. La Commissione ha comunque sollecitato spiegazioni dal Governo.

Per quanto ci riguarda, debbo aggiungere che oltre alla frase introdotta nelle stesse dichiarazioni, Schuman ha affermato in conferenza-stampa, su domanda dei giornalisti italiani, che l'Unione doganale franco-italiana non concerne soltanto acciaio e carbone, che pertanto essa supera in superficie la formula siderurgica e che di essa si servirà con molto vantaggio. È in sostanza un riconoscimento puramente verbale e di cortesia, ma ugualmente interessante della «primogenitura» dell'Unione doganale.

187 1 Copia priva de li'indicazione della data di arrivo. 2 Il documento reca il seguente oggetto: «Proposta francese per l'accordo siderurgico».

188

L'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 5269/101. Mosca, 12 maggio 1950, ore 21,06 (perv. ore 21,30).

Ricevo ora telespresso ministeriale 45/317 1 del 5 corrente relativo riparazioni. Pur continuando ritenere che, specialmente in vista eventuale pubblicazione nostra nota, sarebbe stato utile spiegare chiaramente opinione pubblica la vera origine dell'accordo 11 dicembre 1948 senza del quale nostra attuale valutazione sarebbe difficilmente comprensibile, mi dispongo senz'altro consegnare questo Governo nota nel testo inviatomi raccomandando caldamente che in caso di pubblicazione siano ben chiariti con commento ufficioso leciti motivi e termini politici della questione. Ritengo tuttavia che punto sesto della nota inviatami, precisando dettagliatamente inadempienza sovietici trattato di pace, possa essere pericoloso perché fa capire chiaramente sovietici che raggiunto accordo riparazioni faremo valere nostre ragioni su nostri beni e proprietà in Germania ecc. Volendo farlo allora sarebbe più prudente tacerlo ora per non rendere un accordo su valutazione senz'altro impossibile. Inoltre anche esplicito accenno scritto questione prigionieri di guerra mi pare prematuro. Proporrei quindi chiudere nota col punto cinque incluso, aggiungendo soltanto genericamente che Governo italiano si augura possa essere trovato accordo soddisfacente al fine sistemare questioni trattato di pace in uno spirito reciproco rispetto delle rispettive obbligazioni o altra formula generica che codesto Ministero voglia suggerire.

Prego cortesemente telegrafare2•

ALLEGATO

L'AMBASCIATA D'ITALIAA MOSCA AL MINISTERO DEGLI ESTERI DELL'UNIONE DELLE REPUBBLICHE SOCIALISTE SOVIETICHE

NOTA VERBALE 1164/190. Mosca. 17maggio 1950.

L'ambasciata d'Italia, dopo aver portato a conoscenza del proprio Governo il contenuto della nota del ministro degli affari esteri dell'U.R.S.S. n. 83/l del lO aprile u.s. 3 , ha l'onore di dichiarare al Governo sovietico a nome del Governo della Repubblica italiana quanto segue:

l) Con promemoria rimesso il 14 gennaio u.s. al Ministero degli affari esteri dell'U.R.S.S. il Governo italiano precisò con ogni dettaglio al Governo sovietico quale fosse il suo pensiero circa la situazione che si era venuta a creare al termine dei lavori delle Commissioni miste itala-sovietiche incaricate di valutare a Bucarest, Budapest e Sofia il valore dei beni italiani in Romania, Ungheria e Bulgaria, da cedersi all'U.R.S.S. a titolo di riparazioni, in conformità dell'art. 74 lettera A del trattato di pace e dell'accordo itala-sovietico dell'Il dicembre 1948 per il pagamento di dette riparazioni.

2) Il Governo italiano non può che confermare quanto ebbe a far presente con detto promemoria, rilevando che sia la durata dei lavori di dette Commissioni, sia la opportunità di chiudere detti lavori con verbali in cui fossero fissati i discordanti punti di vista dei rappresentanti sovietico e italiano nelle rispettive Commissioni, vennero determinati di comune intesa fra i due Governi.

Tale circostanza esclude, a parere del Governo italiano, qualsiasi responsabilità dell'uno e dell'altro Governo, sia circa il prolungamento dei lavori di dette Commissioni, sia circa il risultato al quale le Commissioni stesse dovettero giungere, concludendo tali lavori con valutazioni profondamente diverse.

3) Il Governo italiano non può d'altra parte se non confermare le conclusioni del promemoria del 14 gennaio u.s. nel senso che esso «si trova nell'impossibilità di assolvere l'obbligo assunto verso l'U.R.S.S. di pagare 100 milioni di dollari a titolo di riparazioni fino a quando il valore dei beni italiani nei tre paesi non sarà stabilito».

Tale impossibilità risulta evidente in quanto che, fino a quando il valore non sarà fissato, in conformità degli accordi in vigore, non è praticamente possibile stabilire se il Governo italiano, per assolvere i suoi obblighi per le riparazioni, deve:

(a) -cedere detti beni fino all'importo di 100 milioni di dollari, conservando la libera disponibilità del resto, qualora detto valore risultasse superiore a l 00 milioni di dollari; (b) -cedere solo tutti i beni italiani in Romania, Ungheria e Bulgaria, qualora il valore di essi risultasse di l 00 milioni di dollari; (c) -cedere tutti i detti beni e corrispondere anche una certa differenza in forniture di produzione corrente, qualora il valore di cui trattasi risultasse inferiore ai l 00 milioni di dollari.

4) Il Governo italiano ritiene che non si possa parlare di mancata corresponsione di una eventuale differenza in forniture di produzione corrente, chiamandone responsabile l'Italia, fino a quando non sarà stato accertato quale delle tre ipotesi, rispettivamente indicate sotto le lettere (a), (b), e (c) sia quella esatta.

L'Italia non può che respingere da parte sua una tale responsabilità. A tal fine il Governo della Repubblica ha già fatto presente nelle conclusioni del suo promemoria del 14 gennaio u.s., riscontrato soltanto il IO aprile u.s., di confidare che un'intesa possa essere raggiunta fra i due Governi conformemente all'art. 13 dell'accordo di Mosca sull'elenco dei beni da cedere all'U.R.S.S. e sul valore da attribuire a detti beni.

5) Il Governo italiano, mentre confida tuttora di poter conseguire col Governo sovietico una intesa del genere, non può esimersi dal rigettare:

(a) -ogni considerazione contenuta nella nota sovietica del lO aprile u.s. su casi specifici di beni italiani da cedere all'U.R.S.S. richiamandosi in proposito alle considerazioni esposte il 14 gennaio u.s. (b) -ogni presunta responsabilità per mancate forniture di produzione corrente che il Governo sovietico unilateralmente presuma essere dovute all'U.R.S.S.

Di conseguenza il Governo italiano, che ritiene di aver sempre scrupolosamente osservati per quanto dipende dalla sua volontà gli obblighi impostigli dal trattato di pace verso l'U.R.S.S., si augura che analogo rispetto del trattato di pace e dell'accordo 11 dicembre 1948 da parte del Governo sovietico consenta di giungere ad un'equa valutazione consensuale delle attività italiane in discussione.

L'ambasciata d'Italia coglie l'occasione per rinnovare al Ministero degli affari esteri dell'U.R.S.S. i sensi della sua più alta considerazione.

188 1 Vedi D. 176. 2 Con T. 3934/84 del 14 maggio Zoppi autorizzava Brosio a presentare la nota con le modifiche qui suggerite. Il testo definitivo della nota è in Allegato. 3 Vedi D. 123, Allegato.

189

IL MINISTRO A BELGRADO, MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO 5289/163. Belgrado, 12 maggio 1950, ore 22 (perv. ore lO del 13).

Seguito mio telegramma 156 1•

Stamane mi ha convocato questo ministro aggiunto Vejvoda per comunicarmi che il Governo jugoslavo non può prendere in considerazione pubblicazione trasmessagli e che non ritiene vi sia motivo eseguire inchieste. Governo e autorità jugoslave hanno seguito svolgimento elezioni in Zona B e sono in grado escludere essersi verificata massa dei fatti indicati in detta pubblicazione. Essa -definita da Vejvoda «libro bianco» -avrebbe scopo propagandistico al fine svalorizzare elezioni in Zona B dove ciascuno avrebbe invece potuto esprimere liberamente e democraticamente proprio voto. Vejvoda ha aggiunto che anche se Governo jugoslavo avesse voluto svolgere inchiesta ne sarebbe stato impossibilitato da anonimità dichiarazione e da mancata specificazione luoghi.

Governo jugoslavo ha considerato inoltre ingiuriosa per autorità jugoslave dichiarazione che le notizie venivano taciute per ragioni sicurezza. Ho risposto a Vejvoda che tenore risposta Governo jugoslavo dimostrava che questo non aveva apprezzato forma riservata distensiva e leale seguita dal Governo italiano in questione così grave. Forma e richiesta passo Governo italiano erano state infatti tali da consentire a Governo jugoslavo risposta dignitosa e nello stesso tempo soddisfacente per Governo italiano.

Ho fatto perciò ogni riserva per ulteriore corso che il Governo italiano intendesse dare alla questione.

189 1 Deli'8 maggio, con il quale Martino aveva assicurato circa la consegna al ministro Vejvoda della documentazione inviatagli con il D. 167.

190

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI

T. S.N.D. URGENTE 5332/480. Londra, 13 maggio 1950, ore 21,40 (perv. ore 7,30 de/14).

Stamane lunga conversazione con Bevin cui assiste nostro ambasciatore.

Eritrea. Gli confermai che era nostro dovere anche di fronte O.N.U. e Stati che ci aiutarono di mantenere tesi della indipendenza ma che ero pronto propugnare una stretta unione economica con Etiopia anche nell'interesse dei nostri italiani. Bevin dal canto suo sostenne partizione spiegandomi che la sua necessità proveniva dal fatto che se copti e musulmani erano andati finora d'accordo era solo per la presenza di una grande potenza come l'Italia. Insistè sul nostro interesse di intenderei al più presto con l 'Etiopia assicurando che sarebbe stato lieto di favorire tale intesa che presto costituirebbe nostro migliore affare in Africa. Gli dissi che in ciò consentivo con lui ma che avevamo un obbligo d'onore di attendere verdetto O.N.U. Non escludemmo tuttavia future confidenziali comunicazioni per tramite del nostro ambasciatore perché (gli dissi) in qualsiasi da noi non prevista evenienza era nostro supremo dovere tutelare comunque gli interessi e sicurezza degli italiani in Eritrea.

Tripolitania. Gli confermai la nostra volontà favorire sviluppo di compagnie e altri organismi italo-inglesi ma che non capivo da parte mia come non si veniva incontro al nostro buon volere autorizzando al più presto riapertura banche italiane che sole possono salvare certe aziende italiane dal fallimento.

Bevin rispose che non conosceva questione ma riconosceva prosperità italiani Tripolitania era interesse comune e che agirebbe. Trieste. Gli mostrai quanto egli aveva avuto torto pretendendo che mio discorso Camera non seguiva linea discorso Milano 1 .

Se discorso Roma ebbe tono differente fu perché erano sopravvenuti gli orribili eccessi delle elezioni Zona B e perché ci si era fatto temere una sua annessione. A questo punto Bevin spontaneamente mi dichiarò che Inghilterra manteneva con piena lealtà la dichiarazione tripartita. Gli spiegai lungamente con le carte alla mano come noi intendiamo applicare in tutta equità la linea etnica e egli mi assicurò che ci avrebbe seguito con viva simpatia nei negoziati diretti con Jugoslavia pei quali osservò giustamente che occorreva un previo periodo di relativo silenzio.

Egli stesso mi propose una nuova conversazione a due prima della mia partenza che accettai2 . Stasera vedo Acheson e domani sera Schuman3 .

2 VediD.203.

3 Vedi D. 194. Per la risposta al presente documento vedi D. 193.

190 1 Vedi D. 139, nota 3 e D. 111, nota 2.

191

L'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. SEGRETO 1138/457. Mosca, 14 maggio 1950 (perv. i/19).

Riferimento: Miei telegrammi n. 98 del6 corr. e n. 100 dell'8 corr. 1 .

Unisco per documentazione la traduzione italiana del comunicato sovietico sulla riunione dei sostituti per il trattato austriaco svoltasi a Londra il 4 maggio, con le dichiarazioni del rappresentante sovietico Zarubin su Trieste (Allegato l )2 nonché la traduzione dell'articolo non firmato, di tono evidentemente ufficioso, pubblicato sulla Pravda dell'8 maggio sotto il titolo «La questione di Trieste e il trattato con l'Austria» (Allegato 2)2 .

Un fatto è ora ben stabilito: i sovietici hanno voluto complicare le trattative per il trattato austriaco sottoponendo le alla condizione che il T.L. T. entri in funzione; in tal modo essi hanno praticamente rinviato sine di e il trattato con l'Austria.

Ma per quel che riguarda Trieste, quali sono effettivamente le loro intenzioni? In che rapporto sta il collegamento fra le questioni di Trieste e dell'Austria, colla precedente nota del 20 aprile3 dell'U.R.S.S. ai tre Governi occidentali, ove la questione di Trieste sembrava essere posta in modo indipendente?

La risposta non è così semplice, perché in realtà le due successive mosse sovietiche, per quel che riguarda Trieste, hanno rivelato la possibilità di interpretazioni contraddittorie.

Dopo la nota del 20 aprile, la prima comune interpretazione, adottata qui dall'ambasciata nord-americana, e subito dopo da Acheson, nonché dallo stesso Governo italiano, fu che i sovietici volessero ostacolare un accordo diretto itala-jugoslavo (mio telegramma n. 98 del6 maggio 1950).

Ma successivamente, quando i sovietici insistettero sulla instaurazione del T.L. facendone addirittura una condizione per la conclusione del trattato austriaco, si è meglio compreso che la linea di condotta sovietica ostacolava fino a un certo punto gli accordi diretti itala-jugoslavi, anzi in un certo senso li agevolava. Giacché la soluzione del T.L. si può considerare praticamente impossibile; quindi la insistenza sovietica su di essa non fa che impedire ogni possibilità di assegnare Trieste ali 'Italia mediante adesione sovietica alla dichiarazione tripartita del 20 marzo 19484; per ulteriore conseguenza, non lascia che una sola via d'uscita obbligata, quella dell'accordo diretto itala-jugoslavo, in un modo, per di più, che favorisce gli jugoslavi, indebolendo la carta che l'Italia possiede nella dichiarazione tripartita (mio telegramma n. 100 dell'8 maggio 1950).

2 Non pubblicato.

3 Vedi D. 138.

4 Vedi serie decima, vol. VII, DD. 468 e 469.

Si rendono conto i sovietici di tutto ciò, oppure svolgono una politica contraddittoria, finendo col facilitare involontariamente l'accordo italo-jugoslavo a favore degli jugoslavi, nella loro ostinata e inutile insistenza sulla formula del T.L.?

Io non credo che i sovietici, in questo caso, siano tanto inconsiderati e non sappiano misurare, questi calcolatori e scacchisti emeriti, le conseguenze logiche delle loro mosse. Sembra a me che la loro linea di condotta sia abbastanza logica e conforme ai loro essenziali interessi, per le seguenti considerazioni:

l) i sovietici in sostanza hanno, rispetto a Trieste, due interessi fondamentali:

a) impedire un solido e duraturo accordo fra l'Italia e Jugoslavia, non solo e non tanto su Trieste, quanto in linea generale, perché tale accordo, appoggiato dagli Stati Uniti, creerebbe una più solida barriera contro di loro nella Europa sud-orientale;

b) allontanare da Trieste e dal relativo territorio le truppe di occupazione alleate.

Dei due interessi, forse il più importante è il primo, perché più generale e riguardante tutto il rapporto di forze nel settore europeo del sud: ma anche il secondo, specialmente se si considera il timore e la fobia dei sovietici per la rete di basi militari americane stesa attorno a loro, è notevole.

2) Naturalmente, la soluzione del T.L. è per i sovietici la soluzione ideale, perché soddisfa contemporaneamente entrambi gli interessi sovietici: da un lato crea un focolare permanente di conflitti interni fra italiani comunisti e non comunisti da un lato, e fra italiani e slavi dall'altro a Trieste; dall'altro importa, nella sua fase definitiva, la demilitarizzazione di Trieste, e nella fase provvisoria, la riduzione delle forze miste a 15 mila uomini, sotto il controllo del Consiglio di sicurezza del quale l'U.R.S.S. fa parte.

Viceversa, un accordo italo-jugoslavo compromette l'interesse permanente sovietico a dividere italiani e jugoslavi, e potrebbe anche rafforzare Tito rendendone sempre più difficile il rovesciamento da parte dei cominformisti; ma, quantomeno, soddisfa l'altro interesse, di allontanare le truppe alleate, suddividendo il Territorio di Trieste ed assorbendolo entro due Stati ugualmente liberi da occupazione straniera.

3) Perciò, i sovietici non sono probabilmente così contrari alla eventualità di un accordo diretto italo-jugoslavo, come potrebbe parere. Essi lo accetterebbero forse come un pis-aller che darebbe loro qualche svantaggio, ma anche qualche vantaggio. D'altro lato, essi non sono così ingenui da pensare che la loro insistenza a far funzionare il T.L. possa avere un qualche effetto: né da non vedere che, bloccando ogni soluzione a favore dell'Italia sulla base della dichiarazione tripartita, essi inevitabilmente lasciano l'accordo diretto come unica via di uscita.

Come al solito, essi battono sulla loro tesi massima, giuridica e rigida, e vi batteranno fino all'ultimo minuto: ma se poi si arrivasse a un accordo diretto, forse continuerebbero a sconfessarlo soltanto proforma, forse addirittura lo riconoscerebbero. Questo dipenderebbe essenzialmente dalle condizioni del!' accordo, specialmente in riguardo allo sgombro delle truppe alleate.

Se per caso il gioco degli interessi rendesse ancora possibile l'attuazione del trattato, sarebbe per loro un optimum; ma non vi fanno affidamento, e probabilmente si dispongono a contentarsi del meno peggio.

4) In questa loro posizione, naturalmente, la complicazione del trattato per l'Austria non influisce sull'intrinseco della questione triestina: questa ultima viene utilizzata per sabotare il trattato austriaco, non viceversa. Se per caso domani, al fine

di conchiudere il trattato austriaco o per altri motivi, gli Alleati si rimangiassero (anche formalmente) la dichiarazione del 20 marzo 1948 e ritornassero alla soluzione del T.L., i sovietici ne sarebbero ben contenti, salvo eventualmente continuare a ostacolare il trattato austriaco per altri motivi.

Ma anche su questo essi non si fanno illusioni: perché sanno che gli Alleati, non solo non vogliono il T.L., ma certo non sono entusiasti per la conclusione del trattato austriaco. Questo è certo, almeno per i militari: l'addetto militare degli Stati Uniti a Mosca, generale O'Daniel, affermava nel modo più reciso ancora l 'altro giorno a funzionario di questa ambasciata che in nessun caso e per nessun motivo essi avrebbero fatto la pazzia di sgomberare l'Austria.

5) Può una soluzione provvisoria sulla formula del T.L. essere utile al fine di giungere poi a un accordo italo-jugoslavo, e troverebbe essa nell'atteggiamento sovietico una qualche giustificazione? A me sembra di no, perché costituire il T.L., sia pure secondo lo Statuto provvisorio, significa far cessare senz'altro la sovranità italiana, e fare intervenire senz'altro il potere del Consiglio di sicurezza, o, in altri termini, il diritto di veto dell'Unione Sovietica. Ogni ulteriore soluzione sarebbe subordinata ben più di ora al beneplacito sovietico, il quale certo sarebbe rifiutato, perché i sovietici hanno, come ho detto, troppo interesse a che il T.L. sussista.

Di conseguenza, mi pare che la ipotesi suggerita dali' ambasciatore del Brasile a Belgrado, di utilizzare il T. L. per togliere la Zona B agli jugoslavi, possa valere solo se si è decisi a vedere il T.L. come istituzione permanente; quantomeno, il venirne fuori dopo sarebbe una complicazione più grave di quella attuale.

6) In conclusione: è mia impressione che i sovietici non siano così assolutamente contrari a un diretto accordo italo-jugoslavo, come potrebbe sembrare. Preferirebbero la nomina del governatore, ma non ritengo ci contino affatto. Forse una cauta interrogazione loro diretta, sul come essi vedrebbero un eventuale accordo diretto, potrebbe anche dare qualche indicazione (pur essendovi maggiori probabilità che incontri una risposta strettamente limitata alla tesi ufficiale). Ma l'argomento è tanto delicato che mi astengo dal toccarlo col Minindel senza particolare autorizzazione, ed al riguardo non prenderò iniziative senza speciali istruzioni di codesto Ministero.

191 1 Non pubblicati.

192

IL MINISTRO AD AMMAN, LA TERZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

R. SEGRETO 765/330. Amman, 14 maggio 1950 (perv. il 26).

Re Abdallah mi ha oggi lungamente parlato dell'attuale sessione del Comitato politico della Lega araba. Egli è ottimista sui risultati finali, nonostante l'atteggiamento assunto nelle prime riunioni dalla delegazione egiziana secondata da quella saudiana.

«Non tornerò mai indietro sulla decisione presa» ha aggiunto il re con tono fermo, «tutto al più potrò abbandonare la Lega». E-come del resto è sua abitudine-si è violentemente scagliato contro l'istituzione cairina, che secondo lui non ha più alcuna ragione d'essere, dato che alla prima prova, e cioè alla guerra di Palestina, ha completamente fallito il suo scopo.

Devo notare al riguardo che Abdallah si può permettere tale atteggiamento, perché sa che in definitiva sia gli arabi e sia gli anglo-americani faranno di tutto per impedirgli un gesto simile, che avrebbe come conseguenza un aumento considerevole dell'instabilità del Medio Oriente, favorirebbe il gioco e gli intrighi di Mosca che si interessa sempre più a questo settore, e getterebbe la Giordania nelle braccia di Israele, eventualità questa da tener sempre presente e di cui mi parlò recentemente con la sua abituale schiettezza il mio collega britannico (vedi mio telespresso urgente n. 08 del28 marzo pag. 3)1•

Il re mi ha poi detto con evidente soddisfazione di aver ricevuto conferma ufficiale dalla sua legazione in Bagdad, che il Parlamento iracheno voterà fra breve un indirizzo di saluto e di felicitazioni alla Giordania per l'avvenuta annessione della Palestina.

La conversazione ha assunto poi -come accade talora col re -un carattere più intimo e più proclive alle confidenze. Abdallah mi ha detto fra l'altro due cose che ritengo interessante riferire a V.E.:

l) Circa la recente intervista pubblicata dall' al-Misri (vedi mio n. 713/306 del 2 corr.) 1 mi ha confidato che essa riproduceva esattamente parola per parola quanto egli aveva effettivamente dichiarato al corrispondente del giornale. «L'ho smentita -ha concluso ridendo -ma era invece esattissima, gli egiziani sono degli africani: basta guardare le loro labbra e il colore della pelle».

Del resto-conoscendo ormai bene il pensiero e il linguaggio del re-io avevo già scritto a VE. che detta intervista -la quale è di una grande importanza doveva essere esatta (vedi mio citato telespresso ).

2) Circa poi la dichiarazione fatta anche all' al-Misri, essere cioè per lui indifferente se la Grande Siria si costituirebbe sotto il regime monarchico o repubblicano, il re ha voluto precisarmi il suo pensiero.

Giordania, Iraq e Siria costituiscono per il sovrano la cosiddetta «area hascemita», e detta regione deve rimanere sotto il governo di tale Casa. «Quando nell'intervista -ha continuato Abdallah -ho parlato di repubblica, non mi riferivo certamente alla repubblica di Sciukri El Kuatli o di Besciara El-Khouri, bensì ad una repubblica il cui capo sia scelto da una famiglia reale, da una tribù guerriera, o da una nobile stirpe. In breve, intendevo alludere ad una monarchia elettiva come era nei tempi antichi, di modo che il popolo possa scegliere il più degno fra i vari discendenti o parenti di un re».

E così ho avuto la conferma per la bocca stessa del sovrano di quanto io avevo riferito a V.E. con mio n. 734/318 dell'8 corr. 1 a proposito dell'ardita e geniale manovra politica iniziata da Abdallah per rimuovere il vero grande ostacolo opposto

dai siriani per la formazione della «Grande Siria»: il regime monarchico. Il re, se non un regime repubblicano al l 00 per l 00, offrirà loro un regime che darà ai siriani la possibilità di scelta fra i vari membri della Casa hascemita, e con tale manovra, finirà per assicurarsi anche l'appoggio dell'Iraq, la cui cricca politica (Nuri pascià e compagni) avrà così la speranza di veder salire fra qualche anno sul trono della Grande Siria il giovane Feisal II e di poter prendere poi la direzione del timone, mentre Abdallah sogna come è noto la stessa cosa per il suo secondogenito Naiev.

Il ministro della Corte, alla fine dell'udienza, mi ha detto che mentre fino ad un paio di mesi or sono egli riteneva che la pace con gli ebrei fosse per il re il problema da risolvere prima della costituzione della Grande Siria, oggi, dopo l'estensione della garanzia militare britannica ai territori palestinesi annessi, gli sembra che le due questioni siano ~nel tempo ~sullo stesso piano. E non esclude che la realizzazione della Grande Siria possa ora anche precedere un accordo di pace con Israele.

192 1 Non pubblicato.

193

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, A LONDRA

T. S.N.D. 3956/261. Roma, 15 maggio 1950, ore 19,25.

Ringrazio tue comunicazioni 1• Circa Trieste, a parte dichiarazioni di principio e prospettive di soluzione ti prego d'insistere con molta fermezza su alcuni provvedimenti immediati che Alleati con pressione su Tito e istruzioni comandi Trieste possono ottenere e precisamente:

l) Ripristino della libertà di traffico per le persone e le cose fra la Zona B e Trieste e ciò per evidenti motivi di carattere economico, sociale e psicologico. Il

T.L.T. è giuridicamente una unica entità territoriale seppure soggetta a due differenti amministrazioni fiduciarie.

2) Assicurare la libertà di culto lasciando alle autorità ecclesiastiche competenti di provvedere, a loro criterio, ai mezzi occorrenti (invio e sostituzione di sacerdoti in Zona A) ali' esercizio del loro ministero.

3) Ottenere che siano date istruzioni ai rappresentanti britannici nel G.M.A. di adoperarsi perché l'azione del detto Governo si ispiri alla dichiarazione tripartita riconoscendo e tutelando le buone ragioni de li 'Italia in rapporto a tutti quei problemi di carattere politico ed amministrativo la cui soluzione è di sua competenza2 .

193 1 Vedi D. 190. 2 Con il T. s.n.d. urgente 5428/490 del 16 maggio Sforza rimandava al D. 195, incrociatosi con il presente telegramma.

194

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI

T. S.N.D. 5351/481. Londra, 15 maggio 1950, ore 11,30 (perv. ore 14,45).

Non ti avevo parlato finora del mio colloquio avant'ieri con Acheson perché seguito da conversazioni visite di altri autorevoli americani facentigli eco. Del tutto io dovevo pesare la portata. Sui maggiori problemi Acheson mi intrattenne colla più schietta piena fiducia mentre circa Jugoslavia egli quanto gli altri mi hanno fatto nettamente sentire che Italia non è più giudicata solo da quanto essi chiamano atmosfera del discorso di Milano 1 ma purtroppo anche dagli isterismi di certi discorsi Parlamento e dalle espressioni vere o artificiose dell'opinione pubblica.

Ti scriverò oggi2 con ogni dettaglio ma sicuro ormai della mia impressione dovevo subito comunicartela.

Impressioni americane sono condivise, seppure con minore vivacità, dagli inglesi. Resta però il fatto che, come dai due lati mi si è detto, i Tre non hanno pronunziato verbo nelle loro riunioni su Trieste e ciò per riguardo a noi. Alle loro riunioni segue stamani la Sessione atlantica. Può darsi che io trovi modo di parlarvi di Trieste ma comunque lascerò ai Tre una ferma dichiarazione scritta circa le nostre ragioni che rimangono gravissime anche se da troppi lati si fa di tutto in Italia per sminuirle.

Con Schuman ebbi stanotte lunga cordiale conversazione confermante piena comune intesa. Egli mi dichiarò spontaneamente che il suo progettato consorzio con la Germania lo impegnava ancor più a condurre in porto unione con l 'Italia.

195

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI

T. S.N.D. 5371/486. Londra, 15 maggio 1950, part. ore 1,06 de/16 (perv. ore 9,30).

Nelle prime due sedute, mattina e pomeriggio 1 , dopo un brevissimo discorso di Acheson, uno incolore di Schuman ed una lunga ma disordinata improvvisazione di Bevin, si sono succeduti gli altri ministri in una esposizione loro punti di vista circa situazione politica generale.

2 Vedi D. 197.

La maggior parte si è tenuta a vaghissime generalità più adatte cerimonia pubblica che a riunione di lavoro.

Io ho parlato piuttosto a lungo; ma non potevo !asciarmi sfuggire occasione ribadire punto di vista italiano. Dopo aver accennato a questioni organizzative del Patto secondo linee che tu condividi e sulle quali mi riservo naturalmente di intervenire di nuovo nel corso dell'ordine del giorno ho abbordato con estrema franchezza questione nostri rapporti con Jugoslavia.

Ho detto in sostanza che nostra volontà di accordo con Belgrado rimane inalterata, che il Governo italiano farà ogni sforzo per raggiungerlo sulla base linea etnica che rappresenta unica soluzione giustizia internazionale, ma che si doveva prima creare una condizione indispensabile: cessazione immediata e completa crudeli persecuzioni autorità Zona B contro italiani.

Rivolgendomi ad Acheson che mi siedeva di fronte ho concluso: «Ricordatevi che là dove è potere è anche responsabilità».

Era questo il primo discorso che abbordava problemi al tempo stesso concreti, nazionali, e di vasto interesse generale. È stato seguito con estrema attenzione. Ha avuto almeno il merito, credo, di far sentire con forza e nell'Assemblea più autorevole la nostra voce.

Ho accennato brevemente, visto che era un tema sul quale ricamavano tutti gli altri, anche al comunismo. Ho detto che nulla era più errato che di pensare che il comunismo fosse ancora un vero pericolo in Italia. Dissi che la tua politica di fermezza da un lato e di larghe riforme sociali dall'altro aveva rovesciato la situazione. Ciò che mi fa credere che toccai la nota giusta è che dopo la seduta fui felicitato con calore tanto da Acheson quanto da Schuman che contrariamente agli americani detesta lo stile esclusivamente anticomunista.

Sulle discussioni nella presente sessione abbiamo deciso di non dare particolari. Usa dunque notizie con estrema riserva.

194 1 Vedi D. 111, nota 2.

195 1 Si riferisce alla prima e alla seconda seduta della quarta sessione del Consiglio nord-atlantico. Un più ampio resoconto in Foreign Relations oj' the United States, 1950, vol. III, Western Europe, Washington, United States Govemment Printing Office, 1977, pp. l 00-103 e 105-108.

196

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ZOPPI, ALLE AMBASCIATE A LONDRA, MOSCA, PARIGI E WASHINGTON E ALLA LEGAZIONE A BELGRADO

TELESPR. URGENTE l 0062/c.1 . Roma, 15 maggio 1950.

Riferimento: Telegrammi nn. 85 e 862 e telegramma min. n. 2623 del l o aprile u.s.3 .

(Per Belgrado) Si invia qui unito il testo di un memorandum che la S.V. è pregata di presentare a codesto Ministero degli affari esteri in risposta al memorandum che le fu costì consegnato il 29 marzo u.s. 2 . Voglia telegrafare a consegna effettuata.

2 Vedi D. 85.

3 Vedi D. 91.

(Per Washington, Londra, Parigi, Mosca) Si prega V.E. di voler portare a conoscenza di codesto Ministero degli affari esteri il contenuto del memorandum che viene rimesso al Governo jugoslavo, illustrando in opportuni termini che esso nella sostanza ribadisce quello rimesso il 21 marzo4 a questo ministro di Jugoslavia e nella forma costituisce la necessaria confutazione delle infondate argomentazioni del memorandum jugoslavo in data 29 marzo u.s., di cui si unisce copia a titolo di documentazione.

ALLEGATO

LA LEGAZIONE A BELGRADO AL MINISTERO DEGLI ESTERI DI JUGOSLAVIA

MEMORANDUM. Belgrado, 24 maggio 1950.

La legazione d'Italia ha l'onore di riferirsi al memorandum in data 29 marzo u.s. rimesso dal Ministero degli affari esteri della Repubblica federale popolare di Jugoslavia al ministro d'Italia in Belgrado in risposta al memorandum consegnato il 21 marzo u.s. al ministro di Jugoslavia, signor Ivekovic.

Nella sua risposta al memorandum italiano, il Governo della R.F.P.J. mostra di ritenere che l'incorporazione doganale della Zona B del T.L.T. da parte jugoslava, come le varie altre misure unilaterali che l 'hanno preceduta, sia la conseguenza della situazione creata dagli accordi finanziari conclusi fra il Governo italiano e l'Amministrazione militare anglo-americana della Zona A il 9 marzo, il 6 maggio cd il 22 settembre 1948.

Nel memorandum italiano era stato accennato che tali accordi sono in annonia tanto coi principi di diritto internazionale che regolano i poteri delle Amministrazioni militari su territori occupati, quanto con le disposizioni del trattato di pace che prevedono la continuazione dello stato giuridico preesistente fino alla effettiva costituzione del Territorio Libero di Trieste. Del resto il Governo italiano fu invitato a concluderli con espresso richiamo all'art. Il dell'Allegato VII del trattato di pace, il quale appunto prevede, nell'ultima alinea, la stipulazione di accordi per dare effetto alla disposizione secondo cui, fino allo stabilimento di un regime monetario separato, la lira italiana continuerà ad essere la moneta legale nel Territorio Libero. Né può essere omesso di rilevare che il memorandum jugoslavo ha ritenuto di menzionare l'«insistenza» con cui il Governo jugoslavo chiese al Governo italiano l'osservanza dell'impegno di cui al citato art. 11; ciò che se si fosse allora potuto realizzare, avrebbe portato alla conclusione con la V.U.J.A. di accordi dello stesso genere di quelli conclusi col G.M.A. Ma l'arbitraria introduzione della <0ugolira» nella Zona B vi frappose un impedimento tecnico e giuridico che il Governo jugoslavo, anziché rimuovere, ha aggravato con la sostituzione del dinaro alla «jugolira». È veramente singolare che il Governo jugoslavo ricordi l 'impegno derivante per l'Italia dalla stessa disposizione che la Jugoslavia ha violato con misure che hanno introdotto una moneta nuova in un territorio nel quale, secondo la disposizione stessa, la lira avrebbe dovuto continuare ad essere la moneta legale. Ed è ancora più singolare che, nel memorandum jugoslavo, si pretenda di presentare come

politica italiana del «fatto compiuto» quella che fu ed è osservanza per la Zona A degli stessi impegni di cui il Governo jugoslavo lamenta l'inosservanza per la Zona B. Analoghe accuse furono dal Governo jugoslavo, con Nota del 28 luglio 1948, portate al Consiglio di sicurezza dell'O.N.U. contro i Governi nord-americano e britannico, i quali poterono dimostrare chiaramente ed esaurientemente tanto il fondamento giuridico degli accordi stipulati dal G.M.A. con il Governo italiano quanto l'illegittimità dei procedimenti jugoslavi nella Zona B. La discussione davanti al Consiglio di sicurezza dell'O.N.U. si concluse con un voto che respinse la richiesta jugoslava di dichiarare gli accordi di cui trattasi in contrasto con il trattato di pace.

Comunque non è questa la sede per approfondire una discussione in materia, ma si è ritenuto di accennarvi nei limiti in cui era necessario per dimostrare l'inconsistenza delle argomentazioni jugoslave che pretendono di presentare e giustificare l 'unilateralità e arbitrarietà delle misure della V.U.J.A. come una conseguenza degli accordi del 9 marzo, 6 maggio e 22 settembre 1948 conclusi per la Zona A del T.L.T.

Il Governo italiano deve infine rilevare che il Governo jugoslavo non ha risposto al punto del memorandum italiano del21 marzo u.s. in cui si propone che, nell'intento di rimuovere uno stato di cose che -comunque esso si sia venuto a creare -è contrario al diritto, fosse avviata una trattativa per il ristabilimento dell'unità economica e doganale del T.L.T. quale prevista dal trattato di pace.

È appena il caso di aggiungere che tale proposta basta da sola a provare l'infondatezza e inammissibilità di supposizioni ed insinuazioni come quelle contenute nell'ultima parte del memorandum jugoslavo.

196 1 Diretto per conoscenza alla rappresentanza a Trieste.

196 4 Vedi D. 65.

197

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI1

L. Londra, 15 maggio 1950, sera.

Giacché un corriere parte domattina presto, fo seguito stanotte al mio telegramma di stamattina2 , tanto più che, come telegraferò più tardi se ho tempo, qualcosa di concreto è accaduto nella odierna seduta pomeridiana3 . Richiesto di formulare uno statement sulla situazione, ne ho approfittato per dire che la posizione dell'Italia è di straordinaria importanza nel P.[atto] a.[tlantico] perché siamo noi che costituiamo il chiavistello verso il mondo slavo, che noi siamo consci dei nostri doveri ma che li potremo esercitare con pieno vantaggio di tutti solo se si pon fine alla situazione intollerabile fatta agli italiani nella Zona B. Ho aggiunto che noi eravamo disposti a ogni intesa sulla base della linea etnica ma che se Tito fosse stato intrattabile o irragionevole ricordavo a quelli fra i presenti che avevano maggiore autorità su lui che «where is power there is responsibility» e che quindi la responsabilità sarebbe loro e

2 Vedi D. 194. 3 Vedi D. 195, nota l.

non nostra. Il mio dire, anche perché inquadrato in sincere espressioni di lealtà europea, anzi western, fece grande impressione, almeno a quanto mi dissero Schuman, Stikker, Acheson e Zeeland. Parve anche a me.

Facendo seguito alle mie parole d'oggi manderò domani o posdomani una nota ai Tre della dichiarazione del 20 marzo '48 esponendo loro i fatti e chiedendo loro formalmente -non perché sono i Tre ma perché sono i firmatari del trattato -di far cessare le persecuzioni agli italiani della Zona B; aggiungendo che io lo chiedo loro per ragioni italiane e umane ma che essi debbon farlo se voglion rendere possibile una rapida presa di contatto pei negoziati diretti.

(Ho ricevuto in proposito stasera una nota di mons. Santin, nella quale tutto è vero ma non tutto il vero vi è; egli descrive con giustezza le angherie e i soprusi dei titini ma dimentica che quasi uguali persecuzioni compierono per anni i fascisti contro gli slavi; né io ricorderei la cosa se non sapessi -perché me lo han detto anche qui -che gli Alleati ben lo sanno. Pensa che un amico di Acheson mi ha portato anche dei Giornale d'Italia di giorni fa con una serie di lettere «da Trieste» con le ingiurie più atroci e più sciocche contro tutti gli uomini e donne di nazione slovena; come si fa dopo ciò a passar da popolo superiore?).

Ma ho poco tempo e voglio dirti tutto il mio pensiero. Circa la linea di condotta che sento di dovere in coscienza seguire fra una politica di fermezza da un lato e una attitudine di mano tesa dall'altro, te la illustrerò con un esempio: la sera prima della mia partenza per Londra Brusasca mi chiese definitive istruzioni circa la prosecuzione

o no dei suoi contatti con Brilej. Gli dissi: «Se è vero che han rimesso il blocco fra le due Zone gli dica che avrebbe desiderato proseguire a trattare ma poiché i suoi compatrioti agiscono in modo sì illegale è colpa loro se lei deve dirgli che è meglio sospendere, e che parte; se invece non c'è blocco tratti ancora ma gli faccia sentire che per una soluzione economica, magari anche migliore di quella eh'egli spera, bisogna ormai aspettare una soluzione collettiva degli altri nostri ben più gravi problemi».

È vano illudersi come fa Santin che dice: «Dovete trattar colle Potenze e imporre (?) loro ... Non dovete trattare con quei comunisti». Il brav'uomo non sa che quei comunisti sono adorati dai capi dell'anti-comunismo.

Il paradosso è questo, caro De Gasperi: che v'è una sola politica che si può fare; la chiamo per comodo la politica Sforza; è la sola che può portare a qualche successo, compreso forse un iniziale avviso alleato a Belgrado di cambiar metro nella Zona B, per cominciare. Ma la politica Sforza è resa difficile dalla combinata cospirazione di triestini ignari, di fascisti, di neo-fascisti, di monarchici (incluso Umberto), tutta gente che sotto finta veste di patriottismo giuoca sul peggio. Sforza quindi avrebbe ogni interesse a andarsene e la lezione che costoro si meriterebbero sarebbe

a) una successione Orlando a me o simili;

b) dei giorni di pazza gioia italica;

c) poi il risveglio con una serie di scacchi disonorevoli quali solo Orlando (oppure l'amico che sai) sarebber capaci di combinare.

Di fronte a tale orribile sicuro bilancio il mio dovere è di cercare di restare fino a che lo posso fare con onore, anche a parte la mia solidarietà teco; ma ben posso dirti che se avessi meno forte il sentimento del dovere troverei che lo spettacolo e la lezione sarebbero divertenti.

Certo, anche in tal caso avrei una pietà profonda, fraterna, per quei poveri istriani tanto buoni quanto tutto il nostro piccolo popolo è, popolo che sarebbe degno di non essere tradito, di guerra in guerra, e di scacco in scacco, da una miseranda media e piccola borghesia nazionalista quale la peggiore non esiste neppure in Jugoslavia. Strana comica gente che a quattr'occhi sa e confessa quali sono i limiti del possibile e in pubblico dannunzianeggia come una prostituta. Vili tutti, come quel professore triestino che mi disse: «Lei ha mille volte ragione ma c'è la Pasquinelli».

Non dubitare però -tu sai che non fo nulla per plausi -che qui farò tutto quanto sarà possibile per svegliare gli Alleati a nostro favore. Ma !asciami dire che se qualcosa potrà accadere sarà perché oggi in blocco, e nei giorni scorsi in privato, ho parlato loro il solo linguaggio che poteva colpirli. Com'è che perfino fra i nostri amici quasi nessuno sa usare quel linguaggio? Ti ricordi dei linguaggi che furono usati nell'ultimo Consiglio cui assistetti?

P.S.: Dovrò rimaner qui fino a tutto il 20. Dico a Zoppi di rimetterti questa mia. Se credi, faresti bene a fargliela scorrere. Malgrado l'eccesso di lavoro risponderò a mons. Santin. Te ne scriverò.

197 1 Autografo in ISTITUTO UNIVERSITARIO EUROPEO, firenze, Archivi storici del/ 'Unione Europea, Archivio Alcide De Gasperi.

198

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, A LONDRA 1

T. S.N.D. PRECEDENZA ASSOLUTA 3991/267. Roma, 16 maggio 1950, ore 21.

Ringraziati per intervento circa Zona B2 . Nel frattempo ho avuto nuove conferme delle minacce e bastonature elettorali in massa. Istriani tuttavia sono disposti attendere pazientemente una soluzione concordata purché ora siano ristabilite comunicazioni normali entro territorio e cessino rappresaglie in Zona B. Temo che, se alleati a Belgrado e Airey a Trieste non intervengono, saremo costretti a chiedere intervento O.N.U. o rompere con Jugoslavia, perché non si può sperare che cessi agitazione Trieste e stillicidio persecuzioni quotidiane permetta una qualsiasi distensione. Il responsabile più immediato come autorità occupante è Bevin e, se giova, ti prego di avvertirlo dei miei fondati timori3 .

2 Vedi D. 195. 3 Per la risposta vedi DD. 203 c 204.

198 1 Autografo in ISTITUTO UNIVERSITARIO EUROPEO, Firenze, Archivi storici del/ 'Unione Europea, Archivio Alcide De Gasperi.

199

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ZOPPI, ALL'AMBASCIATORE A IL CAIRO, FRACASSI

T. SEGRETO 4012/c. 1 . Roma, 17 maggio 1950, ore 16,15.

È per noi molto importante che almeno quegli italiani che risiedevano in Libia al l Ogiugno 1940 partecipino sullo stesso piano degli altri abitanti delle tre regioni a tutto il processo elettorale che attraverso vari gradi porterà alla formazione dell'Assemblea costituente. Tengasi presente che essi hanno già preso parte a elezioni amministrative.

Confalonieri2 che ha avuto parecchie conversazioni con delegato egiziano al riguardo riferisce che Selim Kamel bey ha avanzato dubbi su possibilità che delegati paesi musulmani appoggino nostra tesi dato che ritengono che la direzione e la partecipazione alla vita pubblica in Libia spetti agli arabi. Nostro parere è che al momento costituzione di un nuovo Stato ad opera O.N.U., dovunque esso sorga, abitanti territorio hanno uguali diritti incolato e cittadinanza senza distinzione razza, religione ecc. Ciò è del resto conforme concezioni moderne e spirito Nazioni Unite. Sarebbe opportuno che VS. svolgesse opera presso codesto Governo al fine vengano date istruzioni a Selim Kamel bey di venire incontro a nostra tesi che è corroborata da spirito risoluzione O.N.U. la quale parla sempre di «abitanti della Libia» senza discriminazione di sorta; è per tale ragione che minoranze sono rappresentate in Consiglio.

Per opportuna norma di VS. informola che questione verrà trattata in Consiglio in serie di riunioni che inizieranno 12 giugno a Tripoli3 .

200

IL MINISTRO A BELGRADO, MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 5498/172. Belgrado, 17 maggio 1950, part. ore 0,45 de/18 (perv. ore 8).

Comunico sommariamente dichiarazioni Kardelj a Commissione esteri Assemblea popolare: ricordato sacrificio e ingiustizia trattato di pace riguardo frontiera con l'Italia, Kardelj ha aggiunto che esistente situazione è tuttavia base per inizio creazione buoni rapporti tra i due paesi anche interesse pace. Jugoslavia ha desiderato accordo per

T.L.T. che dovrebbe basarsi «su reciproca reale comprensione attuale stato cose consi

derato in tutti suoi aspetti: politica estera, politica interna, rapporti etnici, economici e culturali». Accordo, a condizione parità, rappresenterebbe pure sempre sacrificio per Jugoslavia ma costituirebbe notevole contributo a consolidamento pace e sviluppo collaborazione tra Jugoslavia e Italia che solo guerrafondai potrebbero non (dico non) desiderare. Segue attacco contro cominformisti che tre anni fa patrocinavano accordo.

Senonché richieste italiane hanno reso più difficile accordo perché non basi accettabili. Governo italiano chiede quello che Jugoslavia ha già respinto durante la conferenza Parigi. Italia chiede infatti annessione più o meno di tutto T.L.T., anche parte essenziale Zona B sotto amministrazione jugoslava cui popolazione è in maggioranza slovena o croata. Mancano quindi condizioni per soluzione della questione. Tuttavia situazione non deve ostacolare sviluppo rapporti che potranno in seguito facilitare tale soluzione. Kardelj ha confermato regolarità elezioni Zona B contro asserzione propaganda «fascista e cominformista» che ha anche creato versione che Jugoslavia preparerebbe annessione Zona B. Ha deplorato che nostro Governo abbia prestato fede a «dichiarazioni» indegne di fede. Governo jugoslavo respinge ogni discussione su rivedibilità elezioni Zona B. Ha ricordato scoperta armi su «Vettor Pisani», fatto che tuttavia Governo jugoslavo non vuole sopravalutare. Kardelj ha concluso che tuttavia corso politica verso Italia non è alterato. «Siamo profondamente convinti che amicizia tra due popoli è possibile e necessaria, che nulla vi è di insolubile e che amicizia sarebbe forte pegno pace per i due paesi».

199 1 Indirizzato per conoscenza alle ambasciate a Parigi e Washington e alla legazione a Karachi. 2 Giuseppe Vitaliano Confalonieri, ambasciatore, capo della rappresentanza italiana al Consiglio delle Nazioni Unite per la Libia a Ginevra. 3 Per la risposta vedi D. 207.

201

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI

T. S.N.D. URGENTE 5517/495. Londra, 18 maggio 1950, ore 14,47 (perv. ore 17,1 5).

Nelle sedute di ieri 1 molto lavoro al quale partecipai spesso anche nell'interesse di nostra eventuale difesa militare. In ciò agii sempre d'accordo col collega francese.

Malgrado tutte le ore siano costantemente prese dalle nostre sedute riuscii iersera ad un ricevimento da Bevin a parlare francamente circa problema adriatico con Acheson e col suo sottosegretario Perkins. Malgrado gravità ragioni ed anche gravità di possibili atteggiamenti nostri che io feci intravedere, il punto di vista americano rimane quale ti ho descritto: cordiale e anzi intimo in ogni più serio problema ma distante e gelido appena si parla di Jugoslavia. Ciò ci deve far seriamente riflettere. Mi domando persino se non siamo di fronte a segreti accordi militari che Bevin stesso potrebbe ignorare visto che circa problema adriatico egli si mostra più comprensivo delle nostre ragioni.

Poiché Acheson si imbarca per New York subito dopo la nostra ultima riunione atlantica di stasera gli ho scritto stanotte una lunga molto seria lettera sulla quale riflet

tere in mare. Mio più adatto argomento è stato che facendo silenzio con Tito egli può danneggiarlo perché Tito essendo prigioniero della sua qualità di dittatore ha più di altri bisogno di un franco amichevole avviso. Mando a Tarchiani copia della mia lettera2 .

Resto domani e dopodomani qui pel Consiglio d'Europa e per ultimi colloqui con Bevin e Schuman e parto domenica mattina per Roma senza arresto a Parigi.

20 l 1 Si riferisce alla quarta e alla quinta seduta del Consiglio nord-atlantico. Per i relativi resoconti: Foreign Relations of'the United States, 1950, vol. III, cit., pp. 114-118 e 118-121. Né Sforza, né i suoi collaboratori inviarono informazioni a Roma sulla terza seduta ( 16 maggio, pomeriggio) e sulla sesta seduta ( 18 maggio, pomeriggio). Sono riferite ibidem, pp. l 08-112 e 121-122.

202

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI

T. S.N.D. 5528/496. Londra, 18 maggio 1950, ore 18 (perv. ore 20,30).

Ieri da varie parti e oggi stesso a una colazione offertami alla Camera dei Comuni mi si è chiesto con preoccupazione se è vero che rendiamo difficile studio della lingua slovena ai nostri cittadini di nazione slava. Non ha molto soddisfatto il mio replicare che si tratta dei figli di coloro che hanno optato cittadinanza italiana dichiarando loro lingua di uso essere italiano.

Su questo punto previdi mesi fa i pericoli e ne scrissi nettamente al Ministero dell'istruzione.

Può darsi che esso abbia tutte le ragioni amministrative e giuridiche ma il fatto rimane che la cosa ci danneggia molto sulle nostre discussioni attuali.

Siccome sarebbe estremamente pericoloso non continuare a sperare in negoziati diretti (speranza che potrebbe rimanere viva anche se ci appellassimo all'O.N.U.) mi sembra necessario prendere delle misure pratiche su quel punto.

203

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GAS PERI

T. S.N.D. 5558/500. Londra, 19 maggio 1950, ore 18 (perv. ore 21,30).

Oggi mia ultima conversazione con Bevin. Circa Jugoslavia e Zona B mi ripete con estrema forza se pure con tono ultra amichevole: «Non c'è che una via: intese dirette fra voi e Tito. Il nostro ambasciatore a Belgrado ha istruzioni di parlare così».

Scambiammo nuove idee circa Tripolitania ed Eritrea ma di ciò a voce. Parto posdomani mattina.

Autografo di De Gasperi del D. 198.

n~

r ~...___ ~~c ;3~·

/2. 4.-.c-~~,.,..._.. "'.._/" ...

c <-...

/""'-.......-.... ~?~·..:.. / -~...:.,.&.~ .Jl--~

/·..-c -, :z:.·r z::-. -• ~~ ~/D .:..;r-·.... ~.:: ~~~ '.L.P"G.. < ~

~/·.,__~ ~ a,A.....c.~ · é-~...~ ~~·-J!!.-~ ~---...f'----a.. ~

Autografo di Sforza del D. 204.

~·~A:,

~---z: ,_)'4_,~

~--e4 --.·----.,,. ~A.~~..?..---.4-

~-~-z;;;:: ~~--.:;~ ,.·c__.e""'--«"r L.._ ~r-----;) ~-A.l'-s•<.._.·.:..c:....,.,.~_, C7S--z:;;.~/--.... --/~~'"·--~ ~~ / ,__ ..::> a...-_~ .h <2! ""· cY,...,.. ~.

""-CoC •

/":/?.c. ~ a--------~ ..:t.-.-c.~ ~-~ toto"".<-c_..._,,_.._.. Jl.o ~· t::2.,.. ~,-::---.G.~--:"~_::_~,.

~·.

~4.~~~,~-~

---,.u--;;-~}1-::., 4 LA. -...::;:!)~ 'c. ... ..,.

~y_?r·-~ ~ ~/:----

~/---·r---=~ ~-E.,../~A----~ /._~--~ ~~ '--·~, ~-.Jl,-..:z.-. ~ ....... --~é --Le.-~.)l.,6---o-~ h· ~_r.,_ ~

~,...'% .. _ ,)?-*« <~~ a ...~H"~-.......7.. Aa--.~

#Il# -;r-..., c --. c:..c....._.~ ~ ""--«. ~t><c ... t0 ...; ~·_a_"

/_c....y-..::::-~-/.;; ; ~ ..s""-C... > '-> "'---""""" q....._

~:J~ -'c. ....._,. ~of?at:/t;z Cfm/'aJJt· .::. --..A'""'"--._-/-e__ "'Cf?>'< -(y/

i;/ )-;:JlV"./lO?' J'/"'-N7/"'-t-: )j//

/ --r:?..?.·e-.-._/ A"· A·-z.. .._...,.;-"-.. "'---......

L;7~ ..:.~ 4-:z..·~-~~~ ~--.-.t:.~A--~

~/... -·/..c..-.-«-<....·/~... , __ r<--~

.:l .:.... <!._ /~. ~c--~

~

a,.,... .t~?~-~

~·.....a..·~-./ fiZ "~ ..... e._.__ ~-

c;?4 / A.-c.-, ~..& .-:C-•

q_. ..a:; .A-e ~Z-~ ~-~ M..:.~.z:.' .a.,. /:~-<.,:; ~-·----···"··---------~---····-·--·-

~--"-A-c.. "-. ~.h-./'"' > ~~~..~-~ ••• ~~c.A.-·~ ~.::::~ /Y-...L·....___ -/~ ...... , ~·· ., La 7 lZc L..,

~ ~--c. -.,.:_e_ ·--

~:?--~~

20 l 2 Vedi D. 204, Allegato. Per la risposta di Acheson vedi D. 258.

204

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI 1

L. Londra, 19 maggio 1950, sera.

Segreta per te solo.

Poiché Calef, preoccupato per la moglie, mi precede di un giorno, ti fo tenere per suo mezzo copia della lettera che feci giunger ieri a Acheson2• Con poche varianti ne mandai una a Bevin e una a Schuman.

Oggi, nella mia ultima conversazione con Bevin, ebbi la sua risposta. Te l'ho detta con telegramma, or ora: «Non c'è altra via; negoziati diretti»3 . Se aggiunse che darebbe istruzioni al suo ambasciatore a Belgrado fu in parte per la vividezza con cui gli rappresentai le miserande condizioni degli italiani nella Zona B. Ma il bravo Acheson si mostrò gelido anche di fronte a tali mie descrizioni; non per malanimo, ma perché è evidente ormai che i calcoli (o le illusioni) degli americani su Tito fanno integrale parte del loro arsenale strategico. Me Io ammise anche Bevin secondo cui Acheson teme la guerra vicina molto più che non la temiamo lui, Bevin, e noi.

La conversazione con Bevin fu molto cordiale. Del come migliorare le cose in Tripolitania e Eritrea parlammo per la prima volta come fra due amici che son dolenti di essere su due punti in contrasto mason decisi a che l'amicizia non ne soffra.

Non so se i giornali han detto che il comitato del Partito conservatore mi offerse ieri una colazione alla Camera dei Comuni. in the chair era Eden che pronunziò poi un brindisi così pindarico per me che non so come non si ricordò degli attacchi che mi fece nel '45 ai Comuni. Nell'orecchio mi disse: «l convitati saran tutti membri del prossimo Gabinetto; noi contiamo avere stretti contatti con voi e correggere molti piccoli errori commessi dai laburisti».

Dal canto mio io fui cordialissimo ma non commita/4 . Certo, la cerimonia fu significativa.

Circa questa ambasciata tu puoi esser certo che non sono i miei legami di famiglia con Scotti che mi fanno travedere. È abbastanza persona grata, e questo conta. Quello che intendo cambiare è il consigliere; ti dirò perché. Quel che è risibilc è che molti colleghi della democrazia cristiana (Piccioni, Fanfani, ecc. ecc.) vadan troppo a cena dall'addetto commerciale britannico che è un fanatico agente socialista e che predica che a Londra ci vorrebbe un ambasciatore socialista! e che allora tutto, sì, andrebbe bene.

Qui sta il tarlo roditore della politica inglese. Ma che i nostri poi abbocchino ... Povero machiavcllismo italiano! Se un forestiero parla loro so n così onorati ...

P.S.: Rendimi a Roma, ti prego, la lettera a Acheson. È la sola copia, c non ho tempo di fame fare un'altra.

2 Vedi Allegato. 3 Vedi D. 203. 4 Così nel testo.

ALLEGATO

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL SEGRETARIO DI STATO DEGLI STATI UNITI D'AMERICA, ACHESON

L. Londra, 18 maggio 1950.

Nobody deserves a rest more tban you, after our strenuous London days and tbe exceptional services you bave rendered to our common cause.

But I feel it is my duty to repeat to you, before you leave, wbat our position is concerning our relations witb Yugoslavia, tbe bopeful prospects still existing as well as tbe dangers impending on us, almost in spite ofus.

It is still our firm desire to seize tbe first opportunity to attempt a solution of our Adriatic problems tbrougb a direct negotiation witb our neigbbours. W e are decided to go as far as possible on tbe line of equity, wbich is tbe application of tbe etbnic line between us and tbe Yugoslavs -and tbis in spite of the fact tbat our nation deeply resents tbat tbe ctbnic line bas been already violated witb tbe seizure of purely Italian citi es like P o la, and many otber p laces whicb tbe Wilson line offered to us in 1919. (As you remember President Wilson in drawing tbis line went far to meet tbe wisbes and expectations of the Yugoslavs as against tbe boundary line contemplated by the London Treaty of 1915).

But ready as I am to face any amount of unpopularity (I am sure you remember what I said on tbis subject at tbe Atlantic Conferencc during tbe meeting of May 15) wbat is most necessary now is to prevent tbe situation in zone B ofthe Free Territory ofTrieste from growing every day more unbearable.

Unfortunately, since I spoke with you and since I made my statement at the Conference, tbe situation has dangerously dcteriorated. l bave just received on tbe subject fresb and alarming information, and appeals, from Prime Minister De Gasperi.

The measures taken by the Yugoslav authorities, sue h as tbe holding of Italian sbips and thc interruption of land and maritime traffic, havc practically brought about a blockade between the two zones of the Free Territory. This is to be added to a seri es of oId and new violences, of some of whicb w e ha ve produced ampie evidence; I refer to the recent elections in zone B. To show you wby tbe situation is dangerous, I will add that, when I protested with a prominent Yugoslav on the recent violences, his reply was: «But why such fuss? After all, nobody has been murdered»; this will show you, I think, how widely different are the conceptions on tbe opposi te sides of tbe boundary.

Public opinion in Italy is deeply impressed and tbe Italians of zone 8 are terrified.

In the ligbt of our intention to avoid tbat our efforts to seek a detente, and further on an entente, be hampered by tbe intolerable bchaviour of tbe communist brigades in the 8 zone, w e believe it necessary tbat appropriate action sbould be taken by the Allied Governments botb in Belgrade and tbrough tbe Military Allied Government in Trieste. Tbis action sbould aim, first of ali, a t obtaining tbe restorations of freedom of traffic for persons an d goods between zone 8 and zone A as w eli as tbe guarantee of freedom of worsbip. (Many cburcbes bave been closed and a stupid propaganda of atheism is going on in truly Russian style). Moreover, instructions should be sent to the Representatives in the A.M. G. in Trieste to the effect that their action not only be inspircd by tbe T ripartite declaration but by necessity of unity of the Free Territory.

You know my loyalty and my affection towards America.

I would ask you, therefore, to believe that in writing to you I am actuated only by my deep conviction that any influence which you and your colleagues would feel able to exert in Belgrade would go a long way towards bringing the situation back to norma!. And by doing this i t would also, of course, greatly facilitate my task and the task of the Italian Govemment in pursuing our course, which, in spite of present difficulties stili aims at clearing up the atmosphere between Rome and Belgrade and bringing the two countries into close and fruitful cooperation5 .

204 1 Autografo in ISTITUTO UNIVERSITARIO EUROPEO, Firenze, Archivi storici dell'Unione Europea, Archivio Alcide De Gasperi.

205

IL CAPO DELLA MISSIONE NELLA R.F. DI GERMANIA, BABUSCIO RIZZO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 5614-5612/59-61-62-63. Bonn, 20 maggio 1950, ore 16,20 (perv. ore 7,15 de/21).

Ho visto ieri capo di Gabinetto Adenauer Blankenhorn il quale mi ha informato che è in via costituzione Comitato tedesco esperti sei-otto membri per esame piano Schuman. Esso sarà composto esclusivamente industriali nota esperienza internazionale ad esclusione uomini politici o funzionari. Entreranno a fare parte riservatamente anche due rappresentanti sindacati. Questo Comitato si incontrerà con Monnet che giungerà qui prossima settimana 1 e con esperti francesi, per primi contatti ed accordo inizio lavori in data ancora imprecisata.

Dopo conclusasi questa prima parte lavori e sulla base di essa si inizieranno trattative intergovernamentali. Ho avuto assicurazione che sarò tenuto in via confidenziale al corrente andamento lavori.

Nella mia conversazione di ieri ho pure accennato a Blankenhorn che dopo prima generale reazione favorevole si erano manifestate anche in Italia, come altrove, riserve e preoccupazioni per conseguenze che dall'attuazione piano Schuman potrebbero derivare economia nazionale. Aggiuntagli che se inizialmente trattative esclusivamente bilaterali sarebbero certo apparse a tutti come solo processo logico capace condurre iniziativa su terreno realizzazioni concrete, non sarebbe stata tuttavia inutile riaffermazione concetto fondamentale funzione europea. Riferendomi pertanto due successivi tempi già da me segnalati e cioè prima fase costituita riunioni esperti e seconda da veri e propri negoziati tra Governi, gli ho detto, come mia idea strettamente personale, che momento migliore per tale riaffermazione sembrami proprio inizio atti secondo momento. Gli stessi tedeschi avrebbero potuto prendere l'iniziativa per dichiarazione comune franco-tedesca intesa da un lato acquietare legittime

205 1 Vedi D. 217.

apprensioni e dall'altro a togliere di mano elementi contrari ogni possibile speculazione politica e sfruttamento opinione pubblica. Tale dichiarazione ho aggiunto avrebbe potuto assumere a mio avviso quasi figura preambolo ad effettivi lavori, e contenere solenne assicurazio,ne che trattative franco-tedesche venivano iniziate e condotte sotto insegna idea europea e che in questo spirito sue conclusioni non sarebbero state considerate definitive ma sottoposte successivamente all'esame ed all'approvazione delle altre potenze aderenti.

Blankenhorn reagito favorevolmente e dettomi ne avrebbe parlato subito cancelliere federale. Stamane informatomi che Adenauer dichiaratosi pienamente d'accordo in linea di massima. Sempre a titolo personale ho anche fatto presente a Blankenhorn che partecipazione effettiva Italia nel nuovo Ente internazionale sembravami corrispondere interessi altrettanto tedeschi che francesi.

Infatti, nelle serie ed inevitabili difficoltà cui tedeschi e francesi andavano incontro anche in sede di funzionamento del nuovo Ente, dovendosi escludere diretto intervento America in quanto potenza non europea e quello Gran Bretagna e Benelux in quanto potenze concorrenti, soltanto Italia, che deve considerarsi già acquisito mantenimento propria industria siderurgica secondo piani già affermatisi internazionalmente, poteva rappresentare elemento equilibratore.

Permettomi far presente mia impressione che sarebbe gradito cancelliere federale venisse su quanto precede conservato per ora riserbo onde non pregiudicare sua libertà e possibilità iniziativa nel senso prospettato2 .

204 5 Per la risposta vedi D. 258.

206

IL CAPO DELLA MISSIONE NELLA R.F. DI GERMANIA, BABUSCIO RIZZO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. URGENTE 986/017. Bad Godesberg, 21 maggio 1950 (perv. il 23).

Arrivo Monnet a Francoforte preannunziato per martedì onde iniziare conversazioni che, come ho già segnalato, saranno limitate puramente Comitato esperti. Si spera che seconda fase, quella dei negoziati intergovernamentali, potrà iniziarsi primi giugno.

Circa l'atteggiamento di Adenauer, secondo impressioni raccolte negli ambienti politici e giornalistici alleati e tedeschi, non sembra esistano dubbi. Il cancelliere federale appare fermamente deciso ad impegnarsi a fondo per la realizzazione dell'iniziativa francese che egli valuta soprattutto in funzione del raggiungimento di un accordo sostanziale tra Francia e Germania. Il suo pensiero e la sua linea d'azione appaiono nettamente ispirati agli imperativi di una solidarietà europea continentale e democristiana. L'atteggiamento che la Gran Bretagna possa assumere nei

confronti del piano Schuman non sembra pertanto possa avere per lui peso decisivo. Questo suo orientamento politico e spirituale può costituire una garanzia che anche da parte tedesca nelle trattative che stanno per iniziarsi possano ottenersi opportune assicurazioni circa la nostra industria quali sono già state date da Schuman al nostro ambasciatore a Parigi.

Atteggiamento Adenauer manifestasi oggi tanto più risoluto nel perseguire attuazione piano Schuman in quanto egli appare riconfortato da favorevoli decisioni Conferenza di Londra e da ampio consenso che delineasi chiaramente nella opinione pubblica anche per effetto della parte che si ritiene verrebbe inevitabilmente riservata alla Germania nello sviluppo in comune del Continente africano. (Osservo a quest'ultimo riguardo che, pur venendo considerato fattore decisivo il «peso demografico», per ora dell'Italia qui non si parla).

Per quanto concerne gli industriali tedeschi può affermarsi che anche nei gruppi più potenti non sono mancate manifestazioni concrete di consenso. Essi considerano che se combinazione industriale franco-tedesca da un lato comporta inevitabilmente limitazioni per un futuro eventuale sviluppo dell'industria tedesca, dall'altro essa rende immediatamente possibile un allargamento della produzione e una compartecipazione su base di parità nella direzione di importanti settori de !l'economia europea.

Poiché è prevedibile che se l'Italia non si troverà di fronte a condizioni veramente inaccettabili, finirà con l'aderire al piano Schuman, ho ritenuto opportuno prendere qualche contatto in questo settore -e istruzioni nello stesso senso ho dato ai miei collaboratori ed ali 'addetto commerciale -onde porre nel dovuto rilievo anche presso i grossi industriali della Ruhr l'interesse tanto tedesco quanto francese ad un'operante partecipazione italiana al piano Schuman.

Sull'atteggiamento dei gruppi industriali credo interessante segnalare intanto alcune dichiarazioni -su cui riferisco più estesamente a parte -fatte dal signor Kost, direttore generale delle miniere carbonifere tedesche, il quale, proprio in occasione della visita di Pau! Reynaud nella Ruhr, ha dichiarato esplicitamente che nelle prossime trattative sarà necessario tener conto, accanto al carbone ed al ferro, anche dell'industria dell'energia elettrica e che pertanto ad evitare erronei investimenti bisognerebbe includere nel piano generale di questo settore la Svizzera, l'Italia e l'Austria.

Circa l'atteggiamento francese occorre riconoscere, per quanto si è appreso negli ambienti dell'Alto Commissario che, nel mentre non si nascondono le varie difficoltà da superare, si sottolinea l'esigenza che onde evitare sia l'insabbiamento della proposta che la formazione di un gigantesco cartello con fini egoistici l'opera dei tecnici e degli industriali sia costantemente inquadrata in una cornice politica e che non si perda mai di vista il carattere soprattutto politico della proposta Schuman.

Sulla questione poi della partecipazione di altri Stati europei al piano Schuman persona vicina a François-Poncet ha dichiarato che in un primo tempo si era pensato di realizzare detto piano inizialmente su una base franco-tedesca, avendo l'esperienza di questi ultimi anni dimostrato che i problemi sono tanto più facili a risolvere quanto più vengono circoscritti e separatamente affrontati. In una seconda fase il piano avrebbe dovuto svilupparsi in una duplice direzione: cioè da un lato lasciando una porta aperta per quanto riguarda il binomio carbone e acciaio agli altri Stati europei interessati; da un altro estendendo progressivamente la collaborazione franco-tedesca alle altre industrie chiave. Sarebbe tuttavia successivamente prevalso dietro invito americano l'orientamento di invitare a partecipare al piano Schuman, fin dalla fase iniziale, altre potenze produttrici di materie prime, in particolare la Gran Bretagna e il Belgio. Gli altri Stati non produttori o scarsamente produttori sarebbero considerati al margine e fra questi naturalmente anche l'Italia.

Mi è stato riferito tuttavia che l'adesione del conte Sforza, pronunciatosi per primo fra gli uomini di Stato europei, in favore della proposta Schuman, sarebbe giunta particolarmente gradita a Parigi e che il piano di collaborazione economica franco-tedesca non importerebbe affatto un ripudio della politica d'intesa con l'Italia e con il Benelux, specialmente per quanto riguarda l 'unione doganale.

L'unica voce discordante in questo momento di euforia viene proprio da fonte americana: qualcuno si domanda infatti che cosa intenda la Francia quando parla di parità di diritti con la Germania.

205 2 Con T. 4164/49 del 23 maggio Zoppi approvava il linguaggio tenuto da Babuscio Rizzo riconoscendo l'opportunità di uno scambio di vedute con i tedeschi sulla questione.

207

L'AMBASCIATORE A IL CAIRO, FRACASSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO 5655/79. Il Cairo, 22 maggio 1950, ore 23,18 (perv. ore 8 del 23). Telegramma di V.E. 40 12/c. 1•

Questo sottosegretario di Stato per gli affari esteri non ha ricevuto alcun rapporto da Kamel Selim sull'argomento. Tuttavia arguisce che delegato egiziano basa suo punto di vista su circostanza che popolazione araba è sola che appartenga veramente al [territorio], mentre cittadini altri paesi vi sono immigrati successivamente. Di conseguenza soltanto futura legge nazionalità, da essere emanata da organi legislativi nuovo Stato, stabilirà quali stranieri ed a quali condizioni potranno essere cittadini libici.

Ho vivacemente controbattuto tale tesi che, interpretando ristrettivamente decisioni O.N.U., varrebbe a dare fin dall'inizio, con l'adozione di simili criteri discriminatori, impressione di intransigenza araba e mussulmana. Mi sono richiamato principi diritto internazionale nonché spirito intese intervenute tra noi e Stati arabi e azione concertata svolta all'O.N.U., che ha determinato decisione favorevole indipendenza Libia. Ho sottolineato mio Governo attribuisce grande importanza atteggiamento egiziano in merito.

Vedrò in settimana questo ministro degli affari esteri sollecitando risposta2•

207 1 Vedi D. 199. 2 Vedi DD. 209 e 212.

208

L'INCARICATO D'AFFARI A PORTO PRINCIPE, BARBARICH, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 5695/30. Porto Principe, 23 maggio 1950, ore 15,03 (perv. ore 23,45).

Riferendomi al telegramma di V.E. n. 16 1•

Riconoscimento del Governo francese e spagnolo; in seguito colloqui privati con questo ambasciatore degli Stati Uniti il quale mi ha detto avere consigliato suo Governo esprimere parere favorevole riconoscimento durante prossima consultazione panamericana che si terrà Rio de Janeiro per iniziativa Brasile; salvo contrarie disposizioni dell'E.V., lunedì 29 corrente provvederò notifica Giunta Governo Haiti riconoscimento ufficiale italiano.

209

L'AMBASCIATORE A IL CAIRO, FRACASSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO 5742/83. Il Cairo, 24 maggio 1950, ore 21,20 (perv. ore 24).

Mio telegramma n. 79 1•

Azzam pascià, al quale ho chiesto ieri di svolgere opera persuasiva presso questo Governo in favore nostra tesi, mi informa di aver parlato sia a ministro che a sottosegretario di Stato per gli affari esteri. È sua impressione che Governo egiziano manterrà suo avviso contrario possibilità per stranieri di partecipare fin dall'inizio a processo elettorale. Poiché peraltro Azzam è tuttora favorevole a concedere agli italiani diritto elettorato, si è adoperato per studiare formula che nel futuro Costituzione assicuri loro piena parità di diritti politici.

Insisterà su nostro punto di vista con questo ministro esteri che vedrò domani 2 .

2 Con T. segreto 4228/81 del 25 maggio Zoppi rispondeva: «È appunto concetto "c;tranicri" che deve essere avversato. Italiani devono intàtti essere considerati pertinenti a territorio al pari di ogni altro abitante. Stranieri saranno invece quelli che vi arriveranno dopo costituzione nuovo Stato».

208 1 Del 22 maggio, con il quale Zoppi aveva dato le seguenti istruzioni: «Circa riconoscimento e rapporti con codesto Governo si regoli in modo analogo rappresentanze Stati Uniti e principali paesi europem.

209 1 Vedi D. 207.

210

IL MINISTRO A BELGRADO, MARTINO,

AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 57611183. Belgrado, 24 maggio 1950, ore 20,30 (perv. ore 7,45 de/25).

Stamane ministro aggiunto Vejvoda mi ha convocato per comunicarmi che traffico tra Zona A e B sarebbe normalizzato. Venuto poi a conoscenza telegramma circolare 4187 1 mi sono affrettato a segnalare a Vejvoda reale situazione contrastante con sua comumcaz10ne.

Durante conversazione Vejvoda ha lamentato mancata conclusione accordo Roma. Secondo Vejvoda, questo Governo interpreta atteggiamento Governo italiano quale tentativo pressione per far cedere Governo jugoslavo su questioni più importanti. Ho accennato a Vejvoda che, secondo mia impressione, pur ignorando motivi sospensione conversazioni Roma, ripetuti fatti compiuti in Zona B e successivo comportamento jugoslavo non (dico non) hanno creato l'atmosfera più favorevole per concludere accordi tra due paesi.

Permettomi segnalare che quanto meno a fine nonna di linguaggio manco assolutamente notizie circa nostro attuale atteggiamento nei rapporti verso Jugoslavia2•

211

L'AMBASCIATORE A PARIGI, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 5785/209. Parigi, 25 maggio 1950, ore 14,52 (perv. ore 16,50).

Secondo spiegazioni fornitemi Alphand conferenza di cui al mio telegramma 207 1 ha per scopo definire trattato, che dopo ratificato Parlamenti, darà vita «Autorità internazionale del carbone e dell'acciaio».

Questo organo dovrà avere autorità propria costituisce quindi rinuncia sovranità da parte Governi partecipanti. Sarà costituito da personalità designate da singoli Governi ma che, una volta nominate, diventerebbero indipendenti cd inamovibili per durata loro mandato.

21 O1 Del 23 maggio, con il quale Guidotti aveva ritrasmesso a Londra, Washington, Parigi e Belgrado una comunicazione della rappresentanza a Trieste relativa alla restrizione dei traffici marittimo e terrestre tra le due Zone.

2 Per la risposta vedi D. 221. 211 1 Pari data, con esso Quaroni aveva comunicato le prime infonnazioni fomite da Alphand sul progetto di comunicato e sulle consultazioni relativi al piano Schuman.

Circa contenuto trattato, dopo avermi confermato che non si tratta di piano ma solo di idee francesi, mi ha detto che esso dovrebbe contenere seguenti principi: l) Autorità internazionale indipendente da Stati; 2) modernizzazione della produzione; 3) perequazione dei prezzi durante periodo transitorio; 4) cassa di riconversione per le industrie che dovrebbero essere limitate; 5) parificazione verso alto dei salari e cariche sociali; 6) piano di produzione e di investimenti durante periodo transitorio; 7) libertà circolazione carbone acciaio e minerali; 8) abolizione ogni pratica discriminatoria e soprattutto prezzi differenziali carbone e minerali.

Durante periodo transitorio che, secondo lui, dovrebbe essere previsto per cinque anni, sono da prevedere una serie di accordi di applicazione tecnica che dovranno essere negoziati a mano a mano che se ne presenti necessità.

Decisioni dell'Autorità internazionale dovranno essere prese a maggioranza e saranno obbligatorie per tutti partecipanti. Sarà però prevista possibilità ricorso da parte di uno Stato che si senta ingiustamente leso: francesi non hanno in proposito idee precise: ricorso potrebbe essere al Tribunale Aja od a O.E.C.E. o a Consiglio Europa magari ad enti differenti secondo carattere questione controversa.

Durante il periodo transitorio e principalmente per la parte che concerne accordi applicazione dovrebbe essere previsto un arbitro, rappresentante di uno Stato neutro le cui funzioni dovrebbero essere prima conciliare poi decidere punti controversi.

A mia richiesta e circa punto 6 mi ha detto che da parte francese si ritiene che piani già adottati da O.E.C.E. dovrebbero essere considerati come base.

Negoziatore francese sarà Monnet. Da parte francese si raccomanda particolarmente che incaricato negoziati per conto Governo italiano non (ripeto non) sia un industriale. Accordo pur tenendo conto interessi industrie vari paesi deve essere un accordo fra Governi: questo viene considerato qui particolarmente interessante per evitare accuse americane trust.

Alphand sembrava abbastanza ottimista circa atteggiamento inglese almeno sua fase iniziale: mi ha comunque detto che è intenzione francese se necessario procedere anche senza Inghilterra.

Francesi sembrano sicuri appoggio senza riserve da parte americana.

212

L'AMBASCIATORE A IL CAIRO, FRACASSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO 5806/85-86. Il Cairo, 25 maggio 1950, part. ore 3,43 del 26 (perv. ore 7,30).

Miei telegrammi 79 e 83 e suo telegramma 81 1• Ho stamane ripetuto a questo ministro degli affari esteri che soltanto pieno riconoscimento diritti italiani Libia partecipare fin da ora ad elezioni per Assemblea

costituente era in armonia a spirito e lettera risoluzione O.N.U. Per parte mia mi richiamavo altresì alle conversazioni scorso autunno con esponenti Governo egiziano e con Azzam pascià, nelle quali mi erano stati dati affidamenti circa piena parità diritti italiani con libici. Dovevo quindi sottolineare che risposta Governo egiziano avrebbe necessariamente determinato nostro orientamento circa possibilità effettiva collaborazione italo-araba in Libia.

Ministro degli affari esteri mi ha risposto che avendo ieri ricevuto visita Azzam pascià il quale gli aveva confermato nostre passate conversazioni, egli era pronto ad avallarle pienamente. Era quindi pronto ad accogliere nostra richiesta, impartire istruzioni a delegato egiziano di riconoscere diritti italiani partecipare elezioni per Assemblea legislativa con l'intesa tuttavia che tale diritto sia accordato soltanto agli italiani «attualmente» residenti in Libia, ad esclusione di coloro che se ne sono allontanati allo scoppio della guerra o successivamente. Non potrebbe infatti contemplarsi ad esempio ammissione a diritti elettorato dei 31 mila italiani evacuati dalla Cirenaica.

Il ministro degli affari esteri ha aggiunto che l'accoglimento da parte sua della nostra tesi era condizionato allo stabilimento di una più stretta collaborazione tra delegato italiano e delegato egiziano in seno al Consiglio della Libia.

Richiesto da me di chiarire suo pensiero, ministro esteri ha osservato che, mentre delegato egiziano e pakistano collaborano strettamente, ha creduto di notare qualche reticenza da parte nostro delegato. Egli chiede quindi che il Governo italiano dia istruzioni ai propri rappresentanti di cooperare lealmente per integrare applicazione decisioni O.N.U. dirette a conseguire sia indipendenza che unità Libia. Ministro non mi ha nascosto suoi timori e diffidenza che ltalia possa nuovamente accordarsi con Inghilterra al fine di fare rivivere sotto altra forma piano Bevin-Sforza che consacrerebbe spartizione Libia. Egli ha deciso di appoggiare senusso perché non ravvede altra via per salvaguardare unità. Indipendenza effettiva del paese, che corrisponde anche agli interessi reali de li'Italia, potrà essere ugualmente raggiunta se arabi ed italiani, che con pakistano dispongono di cinque voti nel Consiglio, indirizzeranno loro sforzi comuni ad istituzione di un Governo effettivamente democratico, il quale potrà neutralizzare l'azione senusso, sottoposto ad influenze straniere che mirano a fini particolaristici.

Ho risposto mio Governo ha la ferma e leale intenzione di rispettare le decisioni dell'O.N.U., pure intendendo tutelare propri ingenti interessi in Libia. Collaborazione con Egitto era quindi non solo possibile ma auspicabile.

Di comune accordo abbiamo quindi riconosciuto opportunità che Kamel Selim bey intensifichi suoi contatti con il ministro Confalonieri, del quale riuscirebbe anzi qui gradita una visita al Cairo, affinché possa abboccarsi direttamente con dirigenti egiziani.

Sarei personalmente favorevole a tale visita, che dovrebbe anzi avvenire prima del 12 giugno, affinché Governo egiziano impartisca al suo rappresentante tempestive istruzioni nel senso da noi desiderato.

212 1 Vedi DD. 207 e 209.

213

L'AMBASCIATORE A BRUXELLES, DIANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 1645/77 4. Bruxelles, 25 maggio 1950 (perv. il 9 giugno).

Telegramma di V. E. n. 4064/c. del 18 maggio u.s. 1 .

Ho riferito, per ultimo con te l espresso 1519/702 del 18 corrente 2 , circa le impressioni qui suscitate dal piano Schuman e le prime reazioni di questi ambienti politici ed economici. Esperti belgi sono oggi partiti per Parigi per una prima presa di contatto ed un primo esame del progetto con i colleghi francesi. Intanto, ad una iniziale e relativamente calorosa approvazione di principio hanno fatto seguito numerose riserve sui diversi aspetti economici dell'iniziativa francese e sui numerosi problemi che la sua attuazione comporta.

Questo atteggiamento è certo ispirato dal fatto che fino a questo momento ben poco si è saputo a Bruxelles sui dettagli del progetto e che quindi una posizione di approvazione condizionata è apparsa necessaria finché gli esperti belgi non saranno in grado di avere un'idea chiara del progetto e dei criteri con i quali ci si propone di attuarlo.

A questo riguardo, il direttore generale degli Affari politici di questo Ministero degli esteri ha detto ieri al consigliere dell'ambasciata che a parte la generica comunicazione ufficiale e qualche contatto occasionale successivamente avuto da esponenti belgi con esponenti francesi, non vi sono stati ancora veri e propri colloqui franco-belgi sull'argomento. Qualche sporadico contatto di esponenti della siderurgia francese con esponenti della siderurgia belga, intervenuti tempo addietro su particolari questioni e su un piano privo di qualunque carattere ufficiale o ufficioso, non potevano in nessun modo far prevedere una iniziativa che, come quella del ministro Schuman, trasforma radicalmente, nelle sue istanze, l'ordinamento economico attuale della siderurgia europea. E altrettanto ha oggi confermato questo capo Gabinetto del Ministero degli esteri, non senza aggiungere qualche commento che ha consentito di rilevare ancora una volta (come già nelle dichiarazioni del primo ministro Eyskens, cfr. mio tel espresso 1519/702 del 18 maggio c.a. )2 una certa punta di irritazione da parte belga per la mancata preventiva discussione su un problema che tocca così da vicino alcuni degli interessi fondamentali di questo paese.

Che il Belgio non intenda, per ora, andare al di là di una approvazione molto generica e largamente limitata da criteri prudenziali ha confermato lo stesso ministro degli esteri con le dichiarazioni fatte ieri all'Agenzia economica e finanziaria, e il cui testo integrale trasmetto in allegato2 .

Il signor van Zeeland, dopo aver confermato che il progetto francese si basa su principi che non possono essere che approvati e la cui applicazione è suscettibile di dare all'Europa occidentale un migliore equilibrio, ha aggiunto che le possibilità

2 Non rinvenuto.

della produzione, in Belgio come in Francia e in Germania, sono tali che qualunque progetto che miri ad un coordinamento produttivo richiede, a priori, uno studio approfondito ed è nella sua pratica applicazione che possono presentarsi le difficoltà.

La scelta dei metodi -ha specificato il ministro -ha una importanza primordiale. Occorrerà tener conto delle condizioni di produzione proprie di ogni paese e che sono funzione, esse stesse, dei salari e degli oneri sociali. Un primo sforzo dovrebbe dunque essere fatto per rendere le differenze meno sensibili in questo campo. D'altra parte il ritmo della produzione dovrà tener conto delle possibilità di assorbimento, ciò che comporta un'armonizzazione della espansione industriale. Infine, affinché questo accordo possa essere efficace, è necessario raggiungere una normalizzazione progressiva dei prezzi.

Dopo avere così elencato i problemi indiscutibilmente più appariscenti che l'iniziativa francese comporta, van Zecland si è affrettato ad esprimere l'altra fondamentale preoccupazione di questi ambienti siderurgici, cioè quella relativa alla natura fondamentale della progettata intesa. Sarà essa creata sul modello liberale o sul modello «dirigista»? «L'iniziativa privata-ha affermato il ministro-deve essere pienamente rassicurata su questo punto poiché occorre assolutamente evitare che attraverso un piano lodevole si finisca col ricadere negli eccessi del dirigismo o che si crei una situazione che non sarebbe altro che una socializzazione larvata delle imprese. I Governi rispettivi dovranno applicare questa intesa nello spirito più liberale e gli accordi di produzione, di vendita c di distribuzione dovranno avere come corollario impegni relativi ai diritti di dogana c licenze, nonché ad ogni altro provvedimento di questo genere».

«Stabiliti questi principi-ha conchiuso van Zeeland-io penso che il Belgio, ove la siderurgia e le miniere occupano una posizione considerevole, apporterà una collaborazione leale allo studio del progetto previsto dal ministro degli affari esteri di Francia e alla sua eventuale realizzazione, poiché, se questo progetto si concretizza nello spirito anzidetto, sarà di natura a recare numerosi vantaggi ai consumatori come ai produttori. Peraltro, l'intesa diventerebbe inefficace se, parallelamente, la circolazione dei capitali non fosse resa normale. Ho buone speranze a questo riguardo e spero che alle prossime riunione de li'O.E.C.E. a Parigi un grande passo sarà fatto in questo senso con la collaborazione di tutti, Inghilterra compresa».

Questa dettagliata dichiarazione di van Zeeland conferma che, il Belgio, pur idealmente sensibile agli obiettivi politici del piano Schuman, non si lascia per ora distogliere da una visione prevalentemente economica del problema. È evidente tuttavia che le conversazioni franco-belghe in corso, gli sviluppi dell'azione francese, l'atteggiamento della Gran Bretagna, e, in particolare, quello degli Stati Uniti, eserciteranno sull'atteggiamento del Belgio una diretta influenza. Mi riservo pertanto di seguime gli sviluppi e di riferire.

213 1 Inviato anche a Parigi, Londra e Bad Godsberg con istruzioni di «seguire dappresso anche in sede tecnica sviluppo proposta intesa franco tedesca materia siderurgica per fornire ogni utile elemento ai fini decisione italiana per partecipazione intesa stessa».

214

L'AMBASCIATORE A IL CAIRO, FRACASSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. SEGRETO 1677/501. Il Cairo, 25 maggio 1950 1•

Riferimento: Telespresso ministeriale n. 90/311/c. del27 aprile 19502 .

Ho avuto con Azzam pascià un lungo colloquio sulla situazione politica in Libia. Azzam mi ha ricevuto dicendo: «Attendo che mi paghiate tutto il denaro che i miei detrattori asseriscono io abbia ricevuto da voi!» Ha aggiunto che forse queste voci sono messe in circolazione dallo stesso Boshir Es-Saadawi e dai suoi accoliti, dato che egli persiste nel considerare il senusso e Boshir Es-Saadawi come degli istrumenti britannici. Non è però riuscito a convincere il Governo egiziano dell'errore in cui incorre, dando il suo appoggio a Boshir ed al senusso. Esso, purtroppo, non comprende che la sola forza degli arabi è di mantenersi fedeli ai loro principi ideali, respingendo ogni compromesso con gli oppressori.

A suo avviso, il presidente del Consiglio Nahas pascià e Mohamed Salaheddine bey, ministro degli esteri, si sono adattati a dare il loro appoggio al Senusso non sapendo in fondo quale altra politica seguire, e si aggrappano ora alla speranza di riuscire a conseguire l'indipendenza attraverso la salvaguardia dell'unità. Gli stessi nutrono ancora verso l'Italia qualche diffidenza, temendo di veder riemergere all'improvviso il piano Bevin-Sforza. Egli invece ha sempre fiducia nell'Italia perché è convinto che noi abbiamo compreso come l'unica possibilità di salvaguardare gli interessi italiani in Libia, sia nel sostenere lealmente il nuovo Stato libico indipendente ed unitario.

La sola raccomandazione da lui fatta a Kamel Selim bey, prima della sua partenza per la Libia, è stata di tenersi in stretto contatto e di collaborare con il rappresentante italiano nel Consiglio, ministro Confalonieri. Ed anche ricevendo le sue numerose visite e parlando ai pellegrini che si recano alla Mecca, ripete continuamente che mentre i veri avversari degli arabi sono gli inglesi ed i francesi, gli arabi possono ora fidarsi degli italiani con i quali devono affratellarsi.

Avendogli obiettato che occorreva tradurre questi principi ideali in pratica, e che mi domandavo se gli egiziani non avessero delle mire di espansione in Libia, Azzam mi ha risposto che essi non sono neppure capaci di ciò. Egli è convinto d'altra parte che gli egiziani siano disinteressati, per quanto, appoggiando il senusso e Boshir Es-Saadawi, stiano seguendo una politica sbagliata, di cui avranno certo a pentirsi. Il ministro degli esteri, che è un suo intimo amico, lascia a lui, in genere, libertà di giudizio e di azione in Libia, per rispetto al suo passato di combattente e per la sua conoscenza dei problemi libici. Spesso però agisce di sua testa, e marcia diritto per la sua strada, dando origine così, nella politica interna libica, agli stiracchiamenti ed alle contraddizioni registrati dai nostri osservatori sul posto.

1 Non rinvenuto.

Ad avviso di Azzam, la linea di condotta adottata da V.E. e delineata nel telespresso cui mi riferisco, è la più efficace e la più saggia. Dare cioè agli arabi l 'impressione che noi siamo lealmente favorevoli all'indipendenza, dissipare i loro sospetti, appoggiare tutte le correnti nazionali che sono sinceramente orientate in tale senso, ed attendere fiduciosi lo sviluppo degli avvenimenti. Azzam ha ripetuto che la Libia «ha bisogno dell'Italia e degli italiani» e che quindi non dobbiamo preoccuparci eccessivamente di talune situazioni che, a prima vista, sembrano cristallizzarsi in senso a noi sfavorevole.

Questi i discorsi di Azzam, della cui sincerità io non dubito; discorsi che tuttavia avvalorano le mie precedenti segnalazioni sulla estrema debolezza della attuale posizione del leader della politica araba, che deve per ora accontentarsi, dato il diminuito prestigio della Lega, di riaffermare dei principi generali, senza poteme poi ottenere l'attuazione pratica. Azzam pascià è l'esponente della lotta per l'indipendenza dei popoli arabi, la cui importanza non va sottovalutata; ma non può allo stato attuale realizzare risultati immediati e concreti.

Alla fine del colloquio, ho intrattenuto Azzam sulla questione della partecipazione degli italiani alle elezioni in Libia, circa la quale ho riferito ieri con mio telegramma n. 833•

214 1 Copia priva dell'indicazione della data di arrivo.

215

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA 1

R. SEGRETO 5717/3342. Washington, 25 maggio 1950 (perv. il r giugno).

Ho ricevuto la copia della lettera che V.E. ha inviato al segretario di Stato2 , mentre questi stava per lasciare Londra.

Essa sarà certamente oggetto di attento studio da parte di Acheson e dei suoi collaboratori, che vi troveranno un'esposizione, franca e leale, dell'atteggiamento italiano sulla questione dei rapporti itala-jugoslavi nonché un 'efficace dimostrazione della necessità che gli Stati Uniti assumano in proposito un atteggiamento più energico.

Fin da ora, mi son servito degli argomenti contenuti nella lettera per interessare il Dipartimento di Stato in merito ai nuovi sviluppi della situazione nella Zona B del Territorio Libero (ostacoli al traffico con la Zona A, fermo del <<Vettor Pisani» ecc.).

È stato ancora una volta spiegato al Dipartimento di Stato quanto sia errata l 'impressione di taluni circoli giornalistici, anche vicini al Dipartimento di Stato,

2 Vedi D. 204, Allegato.

secondo i quali l 'Italia, per ragioni sentimentali e nazionalistiche, si attenderebbe che gli Stati Uniti assumessero iniziative tali da compromettere l'«agganciamento» della Jugoslavia ali 'Occidente.

È stato ripetuto che, per contro, l 'Italia è più interessata di qualsiasi altro paese ali 'arretramento della «cortina di ferro».

D'altra parte, si è detto, occorre evitare che, nella questione dei rapporti italojugoslavi, l'iniziativa sfugga dalle mani delle potenze occidentali e passi nelle mani di Belgrado. Purtroppo, questo inconveniente si è già in parte verificato. La Jugoslavia, dopo aver esplorato il terreno con vaghe proposte di conciliazione, ha creduto di potere respingere la base di discussione indicata dali 'Italia e di potere riaffermare aspirazioni assurde; e, dietro la cortina fumogena creata da queste schermaglie e dalle conseguenti speculazioni giornalistiche, ha proceduto speditamente verso l'annessione (di fatto quantunque non ancora di diritto) della Zona B.

Ristabilire l'equilibrio (si è concluso) rappresenta una necessità, non solo per l'Italia, ma anche per le potenze occidentali in generale. Ciò non significa che si debba suonare trombe guerresche o ricorrere a minacce dirette: significa, invece, che i rapporti fra potenze occidentali e la Jugoslavia debbono svolgersi su linee concordate, in modo tale da dare alla Jugoslavia l'impressione ch'essa, anziché avanzare indisturbata sulla via della illegalità, deve, nel suo stesso interesse, cercare un'intesa con l'Italia, non solo e non tanto nella questione dei confini, ma anche e sopratutto nei rapporti generali fra i due paesi.

Queste ed altre consimili argomentazioni non mancano di impressionare il Dipartimento di Stato. Tuttavia non riescono (almeno per il momento) ad alterare le linee essenziali dell'atteggiamento americano verso la Jugoslavia, le quali, per imprudenti che siano, corrispondono a convincimenti ben radicati e già da me più volte segnalati.

La riluttanza americana a subordinare gli aiuti economici all'adempimento di condizioni politiche da parte della Jugoslavia è di vecchia data ed ha giocato non solo nel caso nostro, ma anche in quello dei rapporti fra la Jugoslavia e la Grecia. Nell'uno e nell'altro caso, gli Stati Uniti hanno fatto assegnamento sulla pressione indiretta, costituita dali' esiguità degli aiuti e dalla lentezza nel concederli, nonché sul naturale sviluppo degli eventi, che, discostando sempre più la Jugoslavia dall'U.R.S.S., doveva indurla a rasserenare l'atmosfera dei suoi rapporti coi vicini occidentali. Il gioco è riuscito, almeno in parte, per la Grecia; e gli Stati Uniti hanno creduto che stesse per riuscire anche per l'Italia. Viceversa, nel primo caso, il successo era dovuto principalmente al fatto che ivi si chiedeva alla Jugoslavia di rinunciare ad una determinata azione politica (intrapresa, del resto, nell'interesse dell'U.R.S.S., assai più che nell'interesse diretto della Jugoslavia) mentre nel secondo caso le si domandava la rinuncia, totale o parziale, ad un territorio già di fatto posseduto.

Malgrado questa delusione, l'importanza che gli Stati Uniti annettono al fattore jugoslavo nell'insieme dei rapporti fra Occidente e Oriente è tale da non consentire loro bruschi mutamenti di «tono» nei riguardi di Belgrado.

Si aggiunga, infine, che la personalità di Allen e sopratutto la sua ricerca di un rapido successo nella capitale jugoslava, non esercitano un'influenza a noi favorevole. A causa di tutto ciò il Dipartimento di Stato ha l 'impressione che la presentazione a Belgrado di proteste pure e semplici sarebbe sterile; e, d'altra parte, non riesce a vedere che cosa potrebbe utilmente accompagnarle.

In queste condizioni, quantunque io mi proponga di insistere sulle linee ben note e quantunque la nostra insistenza costringa indubbiamente il Dipartimento di Stato a tener presente l'«altro lato della medaglia», non mi faccio illusioni sull'efficacia dei passi che gli Stati Uniti potranno intraprendere a Belgrado in relazione alle illegalità verificatesi nella Zona B.

La situazione sarebbe, pertanto, poco confortante, se non contenesse un altro elemento, indubbiamente a noi favorevole: la fermezza degli Stati Uniti sulla dichiarazione del 20 marzo 19483 .

L'importanza di questo elemento non può essere sottovalutata. Esso infatti significa non solo che gli Stati Uniti non infirmano il valore (moralmente grande quantunque praticamente scarso) di quella dichiarazione, ma anche che l 'Italia non deve temere accordi né intese né compromessi, fatti alle sue spalle. In altri termini, mentre la Jugoslavia continua purtroppo ad usare e ad abusare dei vantaggi derivanti dalla sua presenza nella Zona B, il Governo italiano resta il solo arbitro della convenienza di trattare con la Jugoslavia, nonché delle basi di un'eventuale trattativa e del momento di iniziarla.

214 3 Vedi D. 209.

215 1 In ISTITUTO UNIVERSITARIO EUROPEO, firenze, Archivi storici del/ 'Unione Europea, Archivio Alcide De Ga.speri.

216

L'AMBASCIATORE A PARIGI, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 5848/213. Parigi, 26 maggio 1950, ore 18,21 (perv. ore 20,30). Mio telegramma 209 1 .

Monnet mi ha detto che è necessario che Governi aderenti Autorità si rendano ben conto che essa rappresenta rinuncia parziale sovranità. Singoli Parlamenti, ratificando atto relativo, dovranno delegare Autorità stessa poteri assoluti in materia (salvo diritto ricorso) e sue decisioni dovranno automaticamente essere esecutive in tutta l'area dei paesi aderenti. Trattasi punto capitale proposta Schuman ed occorre sia assolutamente chiaro: iniziativa può riuscire o non riuscire, ma questa delegazione sovranità è suo elemento essenziale, e, se non si è d'accordo su questo principio, tutto cade.

Scopo riunione dovendo essere quello formulare costituzione Autorità, non è da meravigliarsi che parte francese non si sia entrati in maggiori dettagli e ci si sia limitati esporre punti essenziali accordo: dettagli dovranno poi fare oggetto accordi di applicazione tecnica da negoziarsi di fronte differenti casi concreti. Dato questo non è necessario che delegato singoli Governi a questa riunione sia un tecnico specializzato ed è invece molto importante che esso non (dico non) sia un industriale.

Circa punto 4 (mio 209) mi ha spiegato non trattarsi di compenso per fabbriche che dovranno essere chiuse ma di aiuto per sistemazione altrove mano d'opera che verrebbe licenziata a causa chiusura fabbriche, miniere od altro.

Circa punto 7 Ente internazionale dovrebbe avere poteri per sorvegliare non solo che carbone, acciaio, minerali siano liberamente accessibili a tutti a condizioni assolutamente uguali, ma che anche venissero represse tutte forme discriminazioni quali tariffe differenziali trasporti od anche combinazioni più o meno nascoste fra produttori e consumatori.

Circa punto 5 non è necessario, ad esempio, che tutti i paesi adottino sistemi uguali assistenze sociali. Basta che il complesso salari assistenze sociali, misure fiscali od altro che incide su costo di produzione sia equiparato fra paesi intervenuti livellando nel suo complesso verso l'alto potere acquisto complessivo operai impegnati industria siderurgica.

Con riferimento a mio telegramma 2082 Alphand mi informa in questo momento che la data proposta per inizio conversazioni sarebbe 15 giugno.

Con telegrammi successivi riferirò circa altri punti interessanti nostra conversazione con Monnet. Mi rendo conto difficoltà ed effettive e legittime preoccupazioni da parte nostra; mi permetto tuttavia consigliare dare nostra adesione di principio a negoziati: è soltanto da questi che chiarendo situazione effettiva si potrà vedere come essa possa essere conciliabile con nostri interessi.

Partecipare riunione non significa firmare: non è ancora detto che si arriverà realmente a piano ambizioso che si propongono francesi: finalmente in ultima analisi resta come salvaguardia ratifica da parte Parlamento che potrebbe essere negata.

D'altra parte non per ragioni prestigio ma per ragioni reali mi sembra di massima importanza essere in tutto questo negoziato fin dall'inizio.

215 1 Vedi serie decima, vol. VIL DD. 468 e 469. 216 1 Vedi D. 211.

217

IL CAPO DELLA MISSIONE NELLA R.F. DI GERMANIA, BABUSCIO RIZZO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 5866/69-70. Bonn, 26 maggio 1950, ore 22 (perv. il 2 7jl.

Visita Monnet risultata pienamente soddisfacente per ambedue parti secondo le notizie concordanti avute dal vice ministro delle finanze francese Berard e da Blankenhorn.

Monnet illustrato Adenaucr in dettaglio piano Schuman secondo nota dichiarazione 9 corr. che Berard mi ha detto deve esser pesata in ogni sua parola data estrema ponderatezza con cui venne redatta. Confermato in via privata che Francia non desi

217 1 Manca l'indicazione dell'ora di arrivo.

dera tete à tete con Germania e che posizione Italia stata tenuta presente da Monnet anche qui tanto da aver fatto conoscere che nostri nuovi piani industria siderurgica stati da noi posti in sospeso in attesa sviluppi iniziativa Schuman.

Credo utile segnalare accentuazione data più volte da Berard nel corso della conversazione al fatto che Monnet recatosi da Adenauer solo dopo incontro con Alta Commissione alleata ed esplicito permesso di questa e che iniziativa Schuman non importava alcuna modificazione presente Statuto internazionale Germania. Da contatti avuti qui mi è sembrato esistere divergenza opinioni su procedura da seguire desiderandosi da parte tedesca trattative (manca) inizialmente procedura e da parte francese conversazioni immediate su più larga base.

Da parte tedesca ho appreso che prime conversazioni avranno luogo a Parigi primi di giugno e che esse saranno condotte personalmente da Schuman da un lato coadiuvato da Monnet e da Adenauer dall'altro attraverso proprio delegato non ancora designato ma che sarà probabilmente un noto finanziere di Colonia. Obiettivo primi contatti sarebbero reazione Alta Commissione e relazioni con Carta costitutiva. Vice alto commissario francese dettomi che Monnet pur avendo su sviluppi iniziative piani precisi intenderebbe mantenere su di essi stretto segreto onde poter ancora sfruttare fattore sorpresa che ha giocato così favorevolmente nella suindicata fase. Aggiunto pure che peso trattative spostatosi ormai completamente Parigi dichiarandosene sicuro.

216 2 Del 25 maggio, non pubblicato.

218

l L SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BRUSASCA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 5868/47. Mogadiscio, 26 maggio 1950, ore 23,40 (perv. ore 8 del 27).

Giorno 25, dopo sosta Asmara ove provveduto rasserenare animi quei connazionali, sono giunto Mogadiscio ove sono stato ricevuto aeroporto da tutte autorità civili, militari, religiose e rappresentanti O.N.U. nonché da esponenti comunità italiana e tutte popolazioni Somalia.

Popolazioni native Mogadiscio, spontaneamente accorse gruppi imponenti lungo percorso autocolonna, hanno improvvisato entusiastica disciplinata manifestazione inneggiando Italia e impressionando vivamente osservatori stranieri.

Oggi 26, ha avuto luogo alla residenza amministratore grande ricevimento cui partecipato; oltre tutte predette autorità, largo numero notabili capi e rappresentanze popolazioni italiane e nativi e di tutti partiti locali. Sono stati letti, da esponenti partiti e gruppi numerosi indirizzi esprimenti viva soddisfazione per incarico affidato Italia da O.N.U. e professanti volontà collaborazione soddisfazione opera già svolta e fiducia nostra amministrazione. Particolarmente degne di nota sono state dichiarazioni rappresentante Lega, improntate spirito democratico leale cooperazione e confidenza nostra futura opera.

Ho risposto confermando nostra precisa volontà mantenere impegni internazionali assunti ed ho ricordato che l 'Italia è presente in Somalia non solo in veste nazionale bensì quale rappresentante Nazioni Unite con cooperazione Consiglio consultivo di cui ho citato presidente ad interim, ministro Castello.

Ho ricordato, accomunandoli spiritualmente, italiani caduti 11 gennaio 1948 e somali caduti per avvenire loro paese. Ho precisato che, mentre Italia non dimenticherà coloro che si sono dimostrati amici durante ore difficili, essa non serba rancore verso chi, democraticamente, aveva auspicato altra soluzione.

Ho soggiunto che è ora soprattutto necessario mirare al futuro e lavorare seriamente nell'interesse dei somali, che debbono essere tutti uniti per il bene del loro paese.

Ho concluso esprimendo certezza che, mercé questa unione tra somali e collaborazione sincera con amministrazione, Italia è certa di poter guidare Somalia a meta prefissa offrendo chiaro esempio al mondo di perfetta, efficiente cooperazione tra paese amministrazione e popolazioni amministrate.

219

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GALLARATI SCOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. URGENTE 091. Londra, 26 maggio 1950 (perv. il 29). Riferimento: Mio telegramma odierno 1 .

Nei commenti ufficiosi, all'annunzio che il Governo britannico è pronto a partecipare con la Francia e la Germania a discussioni esplorative sulla proposta Schuman, viene qui messo in rilievo che l'esame preliminare eseguito da parte britannica delle proposte stesse ha condotto alla conclusione che un ulteriore e più approfondito studio si rende necessario prima che il Governo britannico e gli altri Governi interessati possano decidere il proprio atteggiamento.

Dopo consultazioni con Parigi sulla maniera migliore per procedere con maggiore rapidità, da parte britannica si ritiene che la via più spedita sia costituita da conversazioni dirette franco-tedesche, alle quali il Governo britannico è desideroso di prendere parte.

Viene sottolineata l'importanza che qui si annette ad un pronto inizio delle conversazioni esplorative.

Le riserve britanniche sulla possibilità di adesione vengono indicate soprattutto nelle conseguenze che una pianificazione centrale della produzione del carbone e dell'acciaio -esercitata da una autorità internazionale che per essere efficiente

dovrebbe avere vasti poteri -potrebbe avere sulla struttura economica dei paesi aderenti; viene rilevata in particolare l'eventualità che le decisioni d eli' Autorità internazionale possano contrastare con la politica di pieno impiego perseguita da parte britannica. Soltanto un approfondito scambio di vedute come quello ora proposto da Londra consente di vedere se esista la possibilità di elaborare uno schema politicamente ed economicamente attuabile da tutti i paesi interessati, od anche soltanto da alcuni.

Nel suo editoriale, il Times, nel rilevare che il Governo britannico sembra assumere che le conversazioni vengano ristrette a Germania, Francia e Regno Unito, osserva peraltro che vi è ampio motivo perché vengano invitati alla conferenza anche gli altri paesi dell'Europa occidentale interessati al progetto.

Questa ambasciata ha già preso gli opportuni contatti per seguire in sede tecnica gli sviluppi della proposta, come da istruzioni di codesto Ministero; si fa pertanto riserva di riferire in proposito con il prossimo corriere.

219 1 T. 5844/513, con il quale Gallarati Scotti aveva reso nota la disponibilità britannica a discutere con Francia e Germania la proposta Schuman.

220

L'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

R. 1256/503. Mosca, 26 maggio 1950 (perv. il 6 giugno).

Un ampio articolo di Marinin su Pravda «La diplomazia totale in azione» (24 maggio) ripete e riassume con maggiore autorità i commenti ed argomenti che sulle due conferenze di Londra dei tre ministri e del Patto atlantico -sono stati largamente pubblicati a Mosca durante e dopo i loro lavori.

Credo quindi utile aecluderne la traduzione integrale, la quale esprime il punto di vista ufficiale -non certo originale né inaspettato -dei circoli sovietici sul!' argomento.

Gli argomenti di Marinin sono stati adottati e diffusi, tali e quali, dagli oratori di propaganda, costituiscono cioè il testo base sul quale si diffonderanno tutti i propagandisti minori nel lavorare la opinione pubblica sovietica a questo riguardo.

La tesi sovietica, ripresentata da Marinin, è nota e basterà riassumerla brevemente.

Secondo tale tesi, per quel che riguarda l'Europa, le proposte e deliberazioni essenziali dei tre ministri e del Consiglio atlantico sono state suggerite e imposte dagli Stati Uniti. Un rappresentante del Dipartimento di Stato, l'ex senatore Cooper, prima di partire per Londra con Acheson avrebbe detto «è giunta l'ora decisiva della guerra fredda: politicamente, è necessaria una più stretta organizzazione dell'Europa, includendovi la Germania occidentale, gli Stati Uniti e il Canada; militarmente, occorre liquidare la base nazionale nella struttura delle forze armate dell'Europa occidentale, e creare una forza armata comune con gli Stati Uniti; economicamente bisogna realizzare una unione di pagamenti, abolire le barriere doganali, elevare il livello della produzione industriale tedesca».

La sensazionale proposta Schuman circa l'unione dell'acciaio e del carbone franco-germanici sotto una comune Autorità, e la proposta Bidault per la creazione di una Unione atlantica, non sarebbero che formulazioni di queste esigenze americane: non per nulla Schuman avrebbe lanciato il suo piano di unione industriale subito dopo essersi incontrato con Acheson a Parigi.

Ma non tutti i progetti americani avrebbero avuto successo: non lo ebbe anzitutto il piano Schuman, a causa della fredda accoglienza inglese. Gli inglesi furono posti nell'alternativa, o di subire la direzione dell'industria tedesco-americana, accettando il piano: o di subire una pericolosissima concorrenza rifiutandolo. Al riguardo, le ipocrite dichiarazioni di approvazione in linea di principio mascherano gravissimi contrasti.

Ma taluni risultati sarebbero stati raggiunti. La Germania entrerà nel Consiglio di Europa; a loro volta gli Stati Uniti e il Canada parteciperanno direttamente, e non più dal di fuori, alle riunioni dell'O.E.C.E. Ciò significa che mentre la Germania rimarrà disunita e subirà per un tempo indefinito un regime di occupazione e uno stato semicoloniale, i suoi grandi industriali del ferro e del carbone diventeranno, grazie ai loro colleghi nord-americani, importanti esponenti della grande industria bellica europea; e che dall'altro, l'O.E.C.E. perde il suo carattere europeo, dimentica la finalità di dare ali 'Europa una autonomia economica entro il 1952 e si sottopone al diretto controllo nord-americano.

Ma il più importante e grave risultato delle recenti riunioni nel campo europeo, consiste, secondo i sovietici, nella creazione del Consiglio del Patto atlantico, un organismo politico e militare che sarà presieduto e dominato da un nord-americano, e che avrà per scopo essenziale il coordinamento di tutta la economia, la politica e la preparazione militare dell'Europa in vista di una possibile guerra. La creazione del Consiglio si collega alla espansione di armamenti e di spese militari, che in linea di massima è stata deliberata a Londra: questa deliberazione impone ai paesi europei gravi e insopportabili sacrifici finanziari, che non si sa come potranno essere sopportati, e in ogni caso implicheranno un ulteriore abbassamento del livello di vita delle masse. Tale espansione ed unificazione di armamenti è inoltre collegata al progettato riarmo della Germania occidentale, che dovrebbe fornire anch'essa, secondo i sovietici, agli eserciti europei una buona parte della loro carne da cannone.

Si tratta, in sostanza, del solito attacco demolitore sovietico, ove tutto ciò che proviene da parte occidentale è condannato senza distinzioni e a costo di qualsiasi contraddizione: secondo la curiosa logica sovietica, l'accordo per l'acciaio non gioverebbe né ai francesi, né ai tedeschi, né agli inglesi, benché i loro interessi siano contrastanti; l'unificazione degli armamenti non rinforzerebbe ma comprometterebbe la difesa nazionale, e così via.

Tutte queste abituali assurdità polemiche contano fino a un certo punto: l'impressione essenziale che si ricava dal complesso delle manifestazioni di stampa sovietiche è che i sovietici sono essenzialmente preoccupati di un fatto, la creazione di una solida organizzazione politico-militare in Europa, e la inserzione della Germania occidentale in tale organizzazione. Come già ebbi occasione di segnalare ripetutamente in passati rapporti, è sopratutto al riarmo tedesco che i sovietici guardano con attenzione e con sospetto: e benché la costituzione della Repubblica democratica tedesca, nonché l 'azione disgregatrice del Fronte nazionale democratico nella Germania occidentale, ristabiliscano alquanto l'equilibrio e tendano a diminuire la gravità del pericolo per i sovietici, questi non cessano di essere al riguardo sommamente vigilanti.

In una recente conferenza di propaganda (25 maggio) il noto giornalista Kudriavzev non esitava a riconoscere, dopo aver ripetuto a proposito delle riunioni di Londra gli stessi concetti di Marinin, che la situazione internazionale in generale era divenuta più tesa e il pericolo di guerra più serio di quel che non fosse sei mesi o un anno fa. Questo apprezzamento egli attribuiva essenzialmente alla preparazione bellica americana, e sopratutto alla preparazione bellica americana in Europa e in Germania. Qui sta il succo delle preoccupazioni sovietiche: qui rimane il punto critico ove a un certo punto i sovietici potrebbero vedere sorgere una imminente minaccia. E si sa, che l'apprezzamento di una minaccia imminente di aggressione, la quale decide all'azione preventiva, è quanto mai soggettivo, e dipende dalla situazione psicologica, nonché dalla situazione di forza, di colui che l'apprezza.

Malgrado ciò, non si può dire che i sovietici siano in realtà talmente preoccupati dai preparativi militari europei, né talmente convinti della prossima creazione di una seria armata germanica, da vedere in tutto ciò una minaccia imminente. A questo riguardo l' impressione che si ha qui coincide coll'importante apprezzamento espresso da Trygve Lie, nel senso che secondo lui, i sovietici non vedono la seria possibilità di una guerra nel corso dei prossimi anni (vedi mio telespresso 1154/472 dell5 maggio scorso)1•

Ed è una impressione che viene confermata dal ragionamento, considerando il crescente ottimismo col quale i sovietici vedono lo spostarsi in loro favore della bilancia generale delle forze internazionali. Questo apprezzamento sarà più o meno giusto od errato (esso non manca in realtà di un certo fondamento) ma è in ogni caso un fatto, che consente di valutare con una certa probabilità di non errare la loro linea generale di condotta. Mi riferisco al riguardo nuovamente alla recente conferenza del signor Kudriavzev, la quale, oltre alla solita rassegna delle crescenti forze comuniste (Cina, Germania orientale, satelliti, movimenti di liberazione nell'Asia sud-orientale, etc.) aggiungeva alcuni altri e più recenti fatti ed apprezzamenti non indegni di rilievo:

a) movimento di liberazione nazionale in India. Malgrado l'atteggiamento neutralista e pacifista del Governo di Nehru, i sovietici non esitano a considerarlo come un'espressione di un regime equivalente a quello di Chiang Kai-Shek, ed a salutare con gioia l'inizio di un movimento insurrezionale anche nel nuovo stato indiano. Kudriavzev ha parlato delle recenti sommosse nella regione di Madras come di un vero e proprio primo focolare di lotta armata. Come si sa, la tattica comunista è ora orientata nettamente nel senso di sottovalutare la lotta clandestina nelle città e nelle zone occupate dal Governo nemico, c di tentare invece ad ogni costo la creazione di una zona territoriale libera e di una armata insurrezionale regolare, da e mediante le quali irradiare combattendo la rivoluzione.

Secondo i sovietici, questo sarebbe ora avvenuto nella regione di Madras: può darsi che essi pecchino di ottimismo o siano male informati, ma certo essi lo dicono apertamente e vi fondano speranze;

b) esito delle elezioni turche. Come mai, ha chiesto a Kudriavzev uno stupefatto auditore, il partito kemalista di Inonu, avendo il potere in mano, ha consentito a un nuovo partito di opporglisi e di rovesciarlo? L'oratore ha risposto che non l'avrebbe certo fatto, se avesse creduto di poter essere rovesciato; ha aggiunto poi (e questa è l'opinione sovietica confermata dalla stampa) che il regime di Bayar vale esattamente né più né meno di quello di Inonu. Quest'ultimo era un Governo di grandi proprietari, di industriali e di finanzieri; il cosiddetto partito democratico è invece un partito borghese e reazionario, esponente specialmente del grande commercio: in un certo senso anche più reazionario, perché più !iberista, del precedente, e tale da consentire anche più facilmente la infiltrazione del capitale privato americano. Ma se il Governo nuovo non vale più del vecchio, le elezioni in se stesse sono state secondo i sovietici (ed anche qui essi non hanno tutti i torti) una inaspettata ed impressionante manifestazione di diffuso malcontento per la corruzione dei governanti e la miseria dei governati, malcontento che non potrà non influire sulla politica generale del Governo e forse anche sulla sua politica militare, obbligandolo forse a ridurre le spese militari per alleviare un poco la insoddisfazione e il malessere generali. I sovietici vedono qui, insomma, i germi di una crisi interna più ampia, che non può, non incoraggiarli;

c) situazione paesi arabi. La stampa e i propagandisti sovietici non hanno mancato di sottolineare le dichiarazioni del ministro siriano dell'economia Maaruf Davali bi circa la necessità di un patto di non aggressione dei paesi arabi con l 'Unione Sovietica. Se ne occupa, ad es. Tempi Nuovi del 24 maggio, citando la stampa araba che ha fatto eco alle affermazioni del ministro. Ai sovietici non sfugge l'esasperazione nazionalista e anti-israelita di certi ceti arabi, che si converte a poco a poco in esasperazione anti-anglo-americana. D'altra parte decresce sempre più la fiducia dei sovietici negli ebrei: notevole eco ha avuto verso la metà di maggio la notizia del ritiro dei sindacati di Israele dalla Confederazione internazionale dei sindacati. Toccando questo tasto delicatissimo per i sovietici, gli ebrei hanno dato loro una nuova prova di essere «asserviti al capitalismo americano».

Nel contrasto arabo-ebraico, i sovietici potrebbero benissimo (dopo il loro recente mutamento di indirizzo circa Gerusalemme) fare un voltafaccia più ampio: certo è che essi contano molto sulla crescente debolezza e sullo scontento di quei paesi.

Tutti questi motivi nuovi di ottimismo, aggiunti ai vecchi, fanno sì che i sovietici guardino all'avvenire con una certa tranquillità e fiducia nelle loro forze: il che è un elemento indispensabile per distrarli dalla china sdrucciolevole delle contromisure, dettate da un supposto imminente stato di pericolo.

In sostanza, i piani di rafforzamento dell'Occidente e il possibile riarmo della Germania li inquietano seriamente; ma la coscienza dell'aumento delle forze proprie dà loro il senso che bisogna guadagnare tempo, perché il tempo lavora per loro.

Non bisogna poi mai dimenticare che essi attribuiscono al movimento per la pace un effettivo valore politico e pratico, valutandolo come mezzo distruttivo della capacita di lotta e della volontà di resistenza dei popoli occidentali.

Sempre Kudriavzev spiegava l'altra sera molto bene ai suoi ascoltatori sovietici il collegamento stretto fra la difesa della pace e la difesa delle posizioni rivoluzionarie della classe lavoratrice. «Noi convinciamo i lavoratori, egli diceva, che per avere pane bisogna ridurre gli armamenti, ossia volere la pace; noi li convinciamo pure che per godere delle loro elementari libertà, di lotta sindacale e politica, essi debbono battersi per la pace, in quanto nello stadio pre-bellico i capitalisti adottano misure sempre più rigorose, di natura autoritaria.

In sostanza, noi sbocchiamo attraverso tali ed altri argomenti alla formula sostanziale che ci interessa: o il socialismo, o la guerra».

E per confermare la propria fiducia nell'effetto già raggiunto dai movimenti comunisti nell'Europa occidentale, l'oratore rilesse interamente alcuni brani di un discorso di Togliatti al Comitato centrale del P.C.I. (26 aprile, se non erro), nel quale il duce del popolo italiano ~così lo hanno definito qui quando ne portarono in giro il ritratto nella sfilata del l o maggio ~disse pressappoco: «le condizioni obiettive per il trionfo del comunismo nell'Europa occidentale esistono già attualmente; soltanto l'intervento dal di fuori riesce ancora a conservarvi artificiosamente in vita il capitalismo e i Governi borghesi».

Anche nell'Europa occidentale i sovietici si sentono dunque forti; e questo loro crescente ottimismo è certo una delle migliori garanzie contro i possibili colpi di testa dettati dalla paura. La tesi che attaccherà primo chi per primo sentirà di star perdendo la partita, è fortemente radicata nella dottrina comunista: essa non manca di influenzare anche la condotta politica dei sovietici.

220 1 Non pubblicato.

221

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL MINISTRO A BELGRADO, MARTINO

T. 4308/105. Roma, 27 maggio 1950, ore 16,30.

Suo 183 1•

Confermo che traffico Zone A e B continua a essere quasi completamente interrotto. Ultime notizie segnalano inoltre che servizio lavoro Zona B recluta forzosamente elementi che vengono trasferiti in territorio jugoslavo e che V.U.J.A. applica norme beni degli assenti (telespresso 2337 del 17 maggio da Trieste)2 in maniera da rendere praticamente impossibili nomine mandatari, preparando così espropriazione in massa. È in corso raccolta documentazioni su tali nuove misure vessatorie.

Quanto a sospensione conversazioni Roma, ella è stata informata con telegramma n. 4033 3 che essa unicamente dovuta a intransigente atteggiamento delegazione jugoslava. Non può quindi parlarsi di nostri tentativi pressione. È tuttavia vero che situazione Zona B e sua ripercussione su nostra opinione pubblica ha creato atmosfera che si riflette anche su questioni in trattazione, senza dire che rende impossibili contatti per accordi di più vasta portata. In tal senso mi sono espresso con Acheson, Bevin e Schuman. Al riguardo mi riservo inviarle altre comunicazioni.

2 Non pubblicato.

3 Del 17 maggio, non pubblicato.

221 1 Vedi D. 210.

222

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALLE AMBASCIATE A LONDRA, PARIGI E WASHINGTON E ALLA LEGAZIONE A BELGRADO

T. SEGRETO 4332/c. Roma, 27 maggio 1950, ore 22,30.

(Per Londra Washington e Parigi) Mi riferisco alla lettera che da Londra ho diretto codesto ministro esteri 1 (Per Washington) e che V.E. conosce traverso invio lettera aereo da Londra del 18 u.s.

(Per Belgrado) Ho telegrafato Londra Parigi Washington quanto segue:

(Per tutti) Nel discorso pronunciato ieri Senato (mio 4303) 2 ho nuovamente ribadito nostro punto di vista circa desiderabile soluzione questione Zona B secondo linea etnica che lasci a Jugoslavia località situate in detta zona e abitate da slavi. Tale linea potrebbe risultare da negoziati diretti quali ci sono stati anche amichevolmente suggeriti da codesto Governo ma che tuttavia non potrebbero iniziarsi né svolgersi con prospettive successo se non saranno condotti in atmosfera fiducia e preceduti da un periodo di distensione quale solo può attenersi ripristinando normali condizioni vita Zona B. È infatti impossibile ottenere o pretendere che opinione pubblica italiana non reagisca dinanzi quotidiano susseguirsi misure vessatorie che essenzialmente si identificano in un punto centrale: difficoltà frapposte comunicazioni Zona A. Da parte nostra siamo intenzionati fare possibile per promuovere atmosfera che possa consentire a momento opportuno contatti diretti, ma ripeto, è indispensabile che da parte Belgrado non (dico non) vengano assunte o mantenute iniziative che renderebbero infruttuosi tali nostri sforzi.

Prospetti quanto precede a codesto Governo e riepilogo comunicazioni da me fatte a Londra prospettando necessità considerare questione anche sotto questo aspetto. Non chiediamo con ciò un passo a Belgrado, ma che i Governi amici, nella responsabilità che è loro propria anche in questa questione, si rendano conto situazione e ne traggano urgenti conseguenze. Conto in modo speciale su lei per fare capire costì che tutta la soluzione può dipendere da questo legittimo naturale spiraglio.

2 Del 26 maggio, diretto a Londra, Parigi, Washington c Belgrado, non pubblicato. Il discorso di Sforza è in Atti parlamentari, Senato della Repubblica, Discussioni, 1950, vol. XIII, seduta pomeridiana del26 maggio, pp. 16653-16669.

222 1 Vedi D. 204.

223

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALLE AMBASCIATE A LONDRA, PARIGI E WASHINGTON E ALLA LEGAZIONE A BELGRADO

T. SEGRETO 4336/c. Roma, 27 maggio 1950, ore 23,50.

(Per tutti) Mio telegramma n. 4332/c. 1 .

(Per Londra Parigi e Washington) Seguente mio telegramma a Belgrado può costituire nuovo elemento per il pressante appello da fare ai tre ministri degli affari esteri ne Il 'interesse generale:

(Per tutti) Ricevuto oggi ministro di Jugoslavia venuto perorare ripresa e conclusione rapidissima delle intese commerciali che quantunque avanzate furono dovute sospendere giorni fa per taluni dissensi finali.

Parlandogli con estrema franchezza gli ho detto che io avevo sempre desiderato quella intesa come primo passo a intese maggiori ma che ora mi trovavo con le mani legate. Non ponevo nessuna condizione anzi prospettavo solo una situazione evidente. Anche se le intese economiche fossero completate io non avrei oggi la possibilità di firmarle se prima non si ristabilisca la normale libera circolazione fra le due Zone. Era il minimo da attenderci.

Alle sue proteste che le nostre osservazioni sulle vessatorie illegali misure frontiera erano esagerazioni gli osservai: «Sono qui da tre anni e mezzo e come è per quasi tre anni non udii mai cotali lagni? Vuoi dire che la situazione era normale come è nel vostro interesse che ridiventi».

Gli domandai se aveva meditato il mio discorso di ieri sera2 e constatato non solo il nostro desiderio di intesa ma la mia convinzione che se Jugoslavia non comprende essa favorirà pericolosi piani segreti del Comintern.

Egli annuì e mi promise di comunicare Belgrado le mie parole.

Congedandolo gli ripetei facesse capire che la mia non era una condizione ma il più benevolo se pur più urgente consiglio.

223 1 Vedi D. 222. 2 Vedi D. 222, nota 2.

224

IL CAPO DELLA MISSIONE NELLA R.F. DI GERMANIA, BABUSCIO RIZZO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 6015/71. Bonn, 27 maggio 1950, ore 17,30 (perv. ore 24).

Berard non appena di ritorno stamane da breve corsa a Parigi ha voluto subito vedermi per informarmi anche personalmente nonché felicitarsi invito rivolto Italia e nostra accettazione.

Aggiuntami avere ieri lungamente conferito con Monnet e capo di Gabinetto Schuman e mi ha confermato decisione francese non procedere ad alcuna negoziazione con Germania senza intervento altri paesi partecipanti. Dettomi pure che prevedonsi a Parigi serie difficoltà col Parlamento il quale come per Unione doganale è in ritardo su opinione pubblica che avrebbe invece accolto molto favorevolmente iniziativa Schuman.

Per opportuna informazione credo anche utile segnalare preoccupazioni espressemi ieri mio collega brasiliano circa conseguenze punto piano Schuman relativo sviluppo territori africani. Ambasciatore Pimentel Brandao dettomi che messa in valore questi territori potrebbe aver gravi conseguenze per economia brasiliana e altri paesi America latina di analoga struttura economica e produttiva.

225

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA 1

L. Roma, 27 maggio 1950.

Cingolani mi aveva iersera autorizzato a sunteggiare o a ridurre la sua finale dichiarazione. Sono intervenuto, come avrai visto.

Per la storia, ecco il testo come fu pronunciato2 . Considerato a sangue freddo, non offre nessuna ragione di turbamento. Anzi il «riunire i propri figli» è una dizione diplomatica piuttosto accorta.

Ti so d'accordo del resto neiia considerazione che il punto di partenza in confronto dei Tre e di Tito deve essere: «la dichiarazione del 20 marzo3 diceva esplicitamente che tutto il territorio (cioè Zona A e Zona B) spetta ali 'Italia».

Sta poi a noi di facilitarne la pratica applicazione col fare deile concessioni di carattere etnico.

Non credo che si possa dare ora alla dichiarazione alleata una postuma interpretazione nel senso che essi avrebbero semplicemente aderito ad una soluzione di compromesso da ricercarsi con gli slavi.

Senza dubbio sarà questo un fatale corollario della mutata situazione politica; ma non il punto di partenza. Nessuno può prevedere l'avvenire, quindi inchiodiamoli nel loro impegno morale.

Partendo da questa premessa bisognerà agire per una soluzione italo-slava transattiva, attenendosi alla tua prudente formula di Milano4 : Territorio Libero con eventuali rettifiche interne di carattere etnico («adattamenti di frontiere»).

Questa prudenza è necessaria, affinché quando fossimo costretti a concludere un negoziato più largo, ogni concessione debba apparire come sacrifizio dovuto alla causa della pace e non uno scivolare da una premessa troppo generosa.

Questa non è meschineria tattica, ma doverosa preoccupazione verso il sentimento così morboso di certe categorie. Intanto, mentre mi felicito per il tuo successo senatoriale, ti prego di insistere perché si ristabilisca la situazione. Hoc primum. Poi si vedrà5 .

225 1 Minuta autografa in ISTITUTO UNIVERSITARIO EUROPEO, Firenze, Archivi storici dell'Unione Europea, Archivio Alcide De Gas peri. 2 Vedi Atti parlamentari, Senato della Repubblica, Discussioni, 1950, vol. XIII. seduta pomeridiana del26 maggio, p. 16674. 3 Vedi serie decima, vol. VII, DD. 468 e 469.

226

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO 6064/415. Washington, 29 maggio 1950, ore 20,05 (perv. ore 7,30 del 30).

Suoi 4332 e 4336 1•

Ho visto Perkins appena tornato da Londra.

L'ho messo minutamente al corrente ultimi sviluppi situazione (discorso VE. al Senato2 , udienza Ivekovic, e confidenzialmente conversazione Gallarati-Cicmil di cui a telespresso ministeriale 15/40520/c. del 23 corrente )3 .

5 Sforza rispose con il seguente post-scriptum ad una sua lettera a De Gaspcri del 28 maggio, non rinvenuta: «Domenica, ore 13. P.S. Ricevo ora la tua di ieri: D'accordissimo sull'essenziale urgente ---cioè far ristabilire libera circolazione; ecco una formula felice perché è di stampo generale, non di ristretto patriottismo. Avrai visto quanto l'ho usata nei miei due telegrammi di ieri sera [vedi DD. 222 e 223]. Non obietto affatto neppure al resto, ma credo che il problema ha anche altri lati-e di questo ti vorrei parlare a fondo al più presto, anche per dirti quanto mi pare di scorgere di torbidi intrighi politici dietro i "sentimenti così morbosi" di cui mi scrivi. Ma di questo non potremo parlare domani; però vorrei dirti dopodomani; son cose che tu non devi ignorare. Ed è urgente. Grazie di quanto facesti per le frasi dubbie. La attuale frase ufficiale è anzi meglio della mia. Io avevo detto gli italiani; è più etlicace i proprifigli. Ma io non la sentii; e l'allarme di Tessitori corso da me prova che non era colpa di mia sordità. In ogni modo il pericolo di mia scopribile divergenza musicale essendo stato eliminato da te, non val più la pena di parlame. Io dovevo evitare le prove stampate di divergenza. Ma che esse ci siano, chi non lo sa?».

2 Vedi D. 222, nota 2.

3 Non pubblicato.

Gli ho spiegato non richiedersi da parte nostra passo specifico a Belgrado bensì amichevole ferma continuata azione fiancheggiamento, basata su seguenti inoppugnabili constatazioni:

l) Problema Trieste, costituendo aspetto essenziale dei rapporti tra Jugoslavia e Occidente, interessa non solo Italia ma in genere potenze Patto atlantico e particolarmente Stati Uniti.

2) Nuove dichiarazioni jugoslave a V.E. c a Gaiiarati Scotti dimostrano desiderio, che occorre sfruttare, di uscire da punto morto.

3) Basi conciliative eventuale accordo sono state ormai chiaramente indicate da V.E. a Belgrado non solo confidenzialmente in occasione noti sondaggi ma ormai anche pubblicamente in discorso Senato.

4) Atteggiamento jugoslavo in loco contrasta con desiderio trattare e rende vana buona volontà costantemente dimostrata da parte italiana.

Ho detto Perkins che azione americana dovrebbe proporsi spiegare Belgrado necessità rimuovere anzidetto ostacolo a trattative nonché completa inutilità riproporre come base discussione concetti ispirati da accordo Togliatti-Tito4 . Ho aggiunto che idee Cicmil (linea etnica) offrono ad Allen ottimo spunto per sollevare questione con lui (senza mostrarsi informato) appena sarà giunto a Belgrado.

Perkins, pur prospettando noti dubbi su efficacia azione americana a Belgrado, è parso impressionato e mi ha promesso studiare attentamente in qual modo potrebbe meglio esplicarsi intervento Stati Uniti.

225 4 Vedi D. 111, nota 2.

226 1 Vedi DD. 222 e 223.

227

IL CONSOLE SMOQUINA 1 AL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, GUIDOTTI

APPUNTO. Roma, 29 maggio 1950.

Le conversazioni della delegazione italiana guidata dal prefetto Catenacci hanno avuto luogo a Vienna dal 22 al 26 maggio.

L'invio di tale delegazione era motivato, come è noto, dalla necessità di concordare rapidamente con i tecnici austriaci i testi deiia notificazione e del provvedimento che il Governo di Vienna è tenuto ad emanare ai sensi del verbale 28 marzo 19502 . I testi in questione, sottoposti per via diplomatica all'approvazione italiana, erano stati restituiti per lo stesso tramite con alcune esplicite modifiche di dettaglio e con due riserve di indole generale. Esaminare cioè l'opportunità di snellire se possibile la procedura proposta dal Governo austriaco e chiarire la portata dei richiami fatti dalla stessa procedura alla normale legislazione austriaca in materia di cittadinanza nonché al precedente provvedimento del l Omaggio 19493 .

2 Vedi D. 82

3 Vedi serie undicesima, vol. II, D. 879.

Le conversazioni si sono svolte al Ballhaus in atmosfera cordiale ed hanno portato, sia pure attraverso discussioni animate e minuziosc, ai seguenti risultati:

l) Le modifiche di dettaglio proposte da parte italiana sono state accolte quasi integralmente. 2) Le riserve italiane d'indole generale sono state pienamente soddisfatte, infatti:

a) dalle conversazioni stesse non è risultato necessario apportare alcuno snellimento alla procedura prevista; b) la delegazione italiana si è dichiarata soddisfatta dei chiarimenti ricevuti circa i richiami alla legislazione vigente fatti dalla procedura in questione.

Circa i particolari del lavoro attraverso il quale si è giunti a tale risultato si allegano i testi definitivi della notificazione e del provvedimento, nonché i verbali del 22 e del 24 maggio (3 verbali)4•

Per quanto si riferisce alle intese raggiunte in merito ai futuri sviluppi della materia si allega il verbale del 25 maggio.

Infine va segnalata la cordiale accoglienza riservata alla delegazione italiana dal Governo austriaco. Il ministro dell'interno Helmer ha offerto un pranzo ed il segretario generale degli affari esteri una colazione. Al primo ha preso parte anche il ministro Gruber.

La richiesta di Radio Vienna d'intervistare la delegazione italiana è stata cortesemente declinata, concordemente al parere espresso al riguardo dalla legazione in Vienna e dal Ballhaus.

La predetta legazione è stata tenuta costantemente al corrente dell'andamento delle conversazioni ed è stata alla fine ampiamente informata dei risultati raggiunti.

226 4 Vedi serie decima, vol. IV, DD. 478 e 480.

227 1 Segretario dell'Ufficio V della Direzione generale degli affari politici.

228

L'AMBASCIATORE A PARIGI, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

R. 440/2097. Parigi, 29 maggio 1950 (perv. il 1° giugno).

Non so se i miei telegrammi sull'argomento1 sono riusciti a rendere veramente chiaro quello che è il pensiero chiave del piano Schuman. Si tratta di sottrarre tutto quello che concerne la siderurgia dalla sovranità nazionale per porlo alle dipendenze di una Autorità supernazionale a cui sarebbero, dai singoli Governi, delegati poteri sovrani.

Ossia, in parole povere, se il piano francese viene accettato, l'Autorità internazionale potrebbe dare ordine di chiudere una officina od una miniera, potrebbe statui

228 1 Vedi DD. 180, 211 e 216.

re in materia di salari, assistenza sociale, regime fiscale, ecc. concernenti la siderurgia, e le sue decisioni dovrebbero essere esecutive, nei singoli paesi aderenti, senza che il Governo locale, od il Parlamento locale (che avrà espressamente delegati i suoi poteri sovrani alla Autorità colla ratifica de li'Atto) possano opporvisi. Ai singoli Governi resta la possibilità di far valere il proprio caso, di fronte alla Autorità internazionale e, in caso si ritenga ingiustamente leso, il ricorso a quell'ente superiore che sarà ali 'uopo indicato nell'Atto.

Per essere ancora più preciso, il giorno in cui noi avremo aderito a questo atto, tutto quello che concerne la siderurgia italiana, inclusi per esempio i salari, non dipende più dal Governo italiano, ma da questo ente internazionale.

È indiscusso che si tratta di una proposta rivoluzionaria: il piano è impropriamente chiamato Schuman: in realtà i suoi autori sono Monnet e Alphand (più il primo che il secondo): Schuman si è limitato a metterei la sua firma.

È indubbio che è la prima cosa seria che sia stata proposta in materia di unificazione, non solo economica, ma anche politica dell'Europa. È parimenti indubbio che in tema di Patto atlantico, è la prima proposta realmente seria che venga avanzata: poiché una produzione abbondante e a buon mercato di acciaio è la base prima di qualsiasi programma effettivo di riarmo.

Pur marcando il carattere europeo della mossa francese, bisogna riconoscere che essa è anche abilmente congegnata dal punto di vista dell'interesse francese. Era fin troppo evidente che il controllo internazionale della sola Ruhr non avrebbe potuto durare all'infinito e i francesi, pur di poter continuare a controllare la Ruhr, sono disposti a far controllare se stessi. Inoltre, essi eliminano due punti neri per la siderurgia francese: il doppio prezzo del carbone tedesco, il vantaggio che i bassi salari e le più basse assicurazioni sociali tedesche costituivano per la siderurgia germanica. In tema di politica generale, oltre ad essere un punto importante nella soluzione del conflitto franco-tedesco, essa costituisce un biais attraverso il quale sarà possibile far passare sia il reinserimento completo della Germania in Europa ed anche il riarmo tedesco, salvando la faccia francese.

È pure abile in quanto vantaggi e svantaggi sono abbastanza equilibrati: i francesi, da parte loro sono disposti a sacrificare il vantaggio che viene loro dal tàtto di avere in mano il minerale della Lorena e dell'Africa del Nord: e, più ancora, a sacrificare una buona parte delle miniere francesi di carbone. Più ancora dei francesi saranno sacrificate le miniere belghe ma, anche loro, sembrano disposti ad accettare questo sacrificio. Tutto questo a vantaggio dei tedeschi.

Se ed in quanto noi vogliamo realmente essere europei, non c'è dubbio che dovremmo non solo aderire al piano Schuman, come abbiamo fatto, ma desiderare che esso giunga in porto.

Se, invece, ed in quanto vogliamo ragionare da italiani e non da europei, la questione si pone in termini un po' differenti. Poiché è inutile nascondercelo; il piano Schuman costituisce una seria minaccia per la nostra siderurgia, dopo che essa, Dio sa con quante difficoltà, aveva superato lo scoglio dell'O.E.C.E.

Schuman, come è noto a V.E., mi ha promesso che i francesi difenderanno la siderurgia italiana: ma questa assicurazione francese, anche con le logiche riserve di Monnet, va presa cum granu salis: e spero che da parte nostra non ci si sia fatto, su questo punto, più illusioni di quante non me ne sia fatte io.

Poiché nel!' ambito del piano Schuman la difesa della nostra siderurgia la potranno in realtà fare solo i fatti . Argomenti strategici: non c'è da parlame: è evidente che il giorno in cui fosse caduta la Ruhr e la Lorena, cade anche l'Italia.

Argomenti politici: anche essi difficili. Dal momento che la Francia è rassegnata a chiudere dal 50 al 60% delle sue miniere di carbone sacrificando circa 11 miliardi di franchi già investiti per la modernizzazione degli impianti di queste stesse miniere, e mettendo sulla strada 180 mila minatori (fra cui non pochi italiani); quando il Belgio si dispone a fare un sacrificio ancora più grande, non è agitando il problema dei nostri operai metallurgici, o reclamando la difesa delle spese già tàtte per la rimodernizzazione della nostra industria siderurgica, che noi potremo difenderla.

Potremo difenderla solo sul terreno dei fatti. Se il piano Schuman sarà adottato, la nostra siderurgia avrà accesso, libero, alla pari di tutti gli altri, ed allo stesso prezzo, al minerale, al rottame ed al carbone: si realizzeranno cioè delle circostanze che non si sono mai realizzate fino ad ora per noi. Resta solo la differenza delle spese di trasporto con abolizione delle tariffe differenziali: si tratta quindi di dimostrare che, a queste condizioni, una volta rinnovati gli impianti, realmente noi siamo in grado di produrre acciaio e ghisa più o meno ai prezzi internazionali: dico più o meno, perché evidentemente non è una differenza dell' 1, l e l /2 per cento che conterebbe. Se questo non è possibile, allora è impossibile la difesa della nostra siderurgia quali che siano le promesse francesi: c'è anche da domandarsi se, in questo caso, ci conviene, ed è nel nostro interesse, di mettere la nostra industria meccanica in stato di inferiorità obbligandola a pagare l'acciaio più caro dci suoi concorrenti europei.

Bisogna quindi che noi riesaminiamo seriamente tutti i nostri piani: e li ricsaminiamo non con quell'occhio benevolo con cui noi guardiamo molti piani nostri, ma con occhio severo, da stranieri. E che li guardiamo anche sotto un punto di vista nuovo. Quando noi parlavamo di prezzi internazionali, avevamo in vista soprattutto i prezzi francesi, prima che cominciasse a farsi sentire una possibile concorrenza tedesca: dato il regime attuale di pratico monopoli o, che l'Autorità internazionale si propone di rompere, bisognerebbe tenere conto del prezzo a cui questi grossi industriali potrebbero realmente vendere il loro acciaio. Poiché il piano Schuman vorrebbe essere esattamente il contrario di un cartello: il cartello è una intesa al fine di vendere un prodotto x al massimo prezzo possibile: qui si tratterebbe invece di vendere lo stesso prodotto al prezzo più basso possibile.

Sottolineo questo, perché mi sono giunte da Roma delle voci secondo le quali noi intenderemmo, in occasione del piano Schuman, riavanzare la nostra antica idea di avere, in proprio, la gestione di una miniera di carbone nella Ruhr e di una miniera di ferro nell'Africa del Nord. Se questo è esatto, è proprio il contrario dell'idea base del piano Schuman. Se esso sarà accettato, tutte le miniere di carbone della Ruhr e tutte le miniere di ferro francesi, diventerebbero comuni, quindi anche nostre: chiedere in riserva esclusiva delle miniere di ferro e di carbone sarebbe chiedere proprio il contrario di dove si vorrebbe arrivare.

Dunque l'appoggio francese su cui si può contare (dico si può, ricordando che bisognerà dedicare ogni cura, con tutti i mezzi che le circostanze sempre cangianti potranno suggerire, perché esso non ci venga meno) ha i suoi limiti: si può contare su di loro, perché i nostri programmi siderurgici vengano esaminati spassionatamente, senza una pregiudiziale di principio, pregiudiziale che è, bisogna ammetterlo, generale. Si può egualmente contare su di loro, perché, una volta ammesso che una siderurgia italiana non è economicamente contro natura, si trovi una soluzione che ci permetta di superare il periodo transitorio da oggi al giorno in cui i nuovi impianti nostri saranno in grado di funzionare. Ma su più di questo non si può contare: altrimenti sarebbe domandare ai francesi di falsare, a nostro favore, e senza reali contropartite da parte nostra, tutto lo spirito del loro piano.

Inizialmente, quando non avevo ben capito il piano Schuman e lo avevo interpretato anche io come un cartello, avevo ritenuto che la soluzione migliore per noi fosse quella di condurre a termine, al più presto e comunque prima dell'inizio dei negoziati, l'accordo siderurgico franco-italiano. Poi, capito meglio lo spirito del piano, ho dovuto riconoscere che è superato dagli avvenimenti. Esso infatti si basa su tre elementi: fissazione di un plafond, autoritario, per la produzione italiana; riserva a noi di un x di minerale francese; riserva ai francesi di un % x di preferenza per i nostri acquisti all'estero. Ossia tre elementi che sono, oggi, in contraddizione coll'idea chiave del piano Schuman. Inoltre, per ragioni tattiche, adesso il Governo francese, e me lo hanno detto chiaramente, non potrebbe farlo.

Essi sono impegnati in una lotta contro gli inglesi, che vorrebbero invece dare al piano il carattere di una fabbrica di accordi limitati fra Governi. Se l'accordo fosse già stato concluso, passi: ma fare adesso, fra l'invito e la riunione della Conferenza, un accordo che contraddice ai principi della proposta Schuman, sarebbe un errore tattico che i francesi non consentiranno mai a fare. Sto quindi cercando di battere la sola via possibile, quella cioè di una intesa di mutuo appoggio da parte dei due Governi.

Ma anche questa possibilità ha delle limitazioni che non è dato oggi prevedere.

Noi non sappiamo, a tutt'oggi, fin dove vi sia accordo con il Governo tedesco. A mia impressione, sull'idea fondamentale del piano Schuman, Bonn è perfettamente d'accordo con Parigi: resta a vedere quale sia l'accordo su tutti gli altri punti di cui al mio telegramma n. 2092 . Siccome, nel suo complesso, parlo dal punto di vista francotedesco, l'insieme della proposta è ragionevole nel senso che sacrifici e vantaggi

sono abbastanza bilanciati, l'accordo non dovrebbe essere troppo difficile. Poiché, se francesi e tedeschi sono realmente d'accordo, il peso complessivo della loro produzione, i vantaggi che hanno in mano sono tali, che le possibilità di giuoco per i piccoli terzi, e quindi il vantaggio per i francesi di accordi particolari, sono minimi. Ma tutto questo non lo si potrà vedere chiaramente che seguendo il corso dei negoziati.

Riuscirà il piano Schuman in tutta la sua ampiezza? Difficile a dire: anche questo dipende dalla misura dell'accordo realizzabile fra Francia e Germania: se questo c'è, questa volta temo che anche le più sottili arti inglesi non riusciranno ad impedire che si faccia. Ed allora, comunque, gli altri europei bisognerà più o meno che seguano.

Come che sia, alla stato attuale delle cose, l'unica cosa che si poteva chiedere, per noi, era quella di essere dentro i negoziati fin dall'inizio, in condizioni di parità, almeno giuridica. Per il resto bisognerà stare a vedere, ed essere pronti a regolarci secondo le circostanze per dare alla nostra siderurgia il massimo di chances di sopravvivere.

Quanto precede ha anche importanza dal punto di vista della scelta del nostro delegato alla futura Conferenza. Ne deriva, mi sembra, abbastanza chiaramente che esso non può essere un tecnico puro e semplice: si tratta di tener testa, per quello che riguarda i francesi, ad un uomo come Jean Monnet, che, le assicuro, non è il primo venuto.

Quale dovrebbe essere l'atteggiamento generale del nostro rappresentante? Si tratta di decidere, per prima cosa, un punto. Vogliamo abbordare questo problema da europei o da italiani? Se lo vogliamo abbordare da europei, quali che siano i sacrifici che ci possa costare (senza però perdere di vista anche i vantaggi) bisogna che facciamo il possibile, perché esso riesca. Se lo vogliamo abbordare da italiani, bisogna invece che facciamo il possibile, con garbo si intende, perché esso non riesca. Siccome, una volta lanciata l'idea, non si può rientrarla del tutto, fallito il piano Schuman, come esso è adesso, bisognerebbe, secondo ogni probabilità, ripiegare sul progetto inglese, di una specie di camera sindacale europea, funzionante in base ad accordi fra delegati dei Governi.

Questa soluzione sarebbe la fine della prima cosa seria che sia stata tentata per fare l 'Europa: e probabilmente la fine di qualsiasi altra cosa di serio che si potesse tentare. Ma indubitamente da un punto di vista strettamente nazionale, su questo piano, la vendita del nostro voto nazionale, potrebbe, entro certi limiti, assicurarci certi vantaggi.

Perché non ci siano equivoci, per quello che mi riguarda, tengo a dire che, personalmente, sono per la soluzione europea convinto che, in realtà, essa è anche, economicamente, la migliore soluzione per noi. Ma siccome, su questo ultimo punto, posso anche sbagliarmi, ho ritenuto mio dovere segnalare l'alternativa e la necessità per noi di scegliere se vogliamo evitare, nel corso dei negoziati, confusione d'idee e di azione, col risultato pratico, per noi, di finire col farci prendere sul naso da tutti.

Per ultimo, e contrariamente, a quanto mi ha detto Schuman, non sono sicuro che il piano Schuman faciliti l'Unione doganale. Schuman è stato probabilmente sincero nel dirmelo: ma è una questione di fatti. Il Governo francese avrà l'ira di Dio da superare per fare accettare al Parlamento francese le sue idee e la loro attuazione. Sarà relativamente più facile che per l'Unione doganale, perché l'accordo Schuman ha l'appoggio americano-che manca per l'Unione doganale-per il suo carattere più marcatamente europeo, a cui è difficile mettersi contro, e perché infine il problema dei rapporti franco-tedeschi è un problema che pesa colla sua dura realtà su tutta la vita francese: in parole più brutali, i francesi hanno una paura maledetta della Germania, mentre non hanno nessuna paura di noi -parlo in termini militari. Comunque mi sembra improbabile che il Governo francese abbia il tempo materiale di affrontare, in questa sessione, due grosse battaglie parlamentari: una per l'accordo siderurgico e l'altra per l'Unione doganale: e dovendo scegliere, temo finirà per scegliere il primo, anche se, oggi, è probabilmente convinto del contrario. Mi auguro sinceramente di sbagliarmi, ma preferisco avvertire3 .

227 4 Gli allegati non si pubblicano.

228 2 Vedi D. 21!.

228 3 Per la risposta vedi D. 231.

229

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GALLARATI SCOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 6109/523. Londra, 30 maggio 1950, ore 21 (perv. ore 2 del 31).

Suo 4378/c. 1•

In contatti ufficiosi avuti con Foreign Office, questi, pur affermando interesse britannico a piano Schuman, ha precisato che Governo britannico non può fare dichiarazione preliminare di principio desiderata da Governo francese, forse perché le attribuisce un carattere altamente impegnativo. Ciò tanto più che favorevole accoglienza a proposta Schuman, specie per loro portata politica, era già stata espressa da primo ministro Attlee, in dichiarazione a Camera Comuni (vedasi telespresso urgente 081 dell' 11 maggio )2 . Partecipazione britannica a prossima conferenza Parigi potrebbe quindi avere luogo solo se da parte francese non si insistesse su dichiarazione predetta.

Questione è tuttavia ancora sotto esame e sono in corso in proposito diretti scambi di vedute tra Londra e Parigi. Foreign Office spontaneamente manifestato desiderio partecipare conferenza (vedasi mio 513)3 , si augura ora che suddetti contatti preliminari con Parigi possano effettivamente condurre a partecipazione stessa, che considera tanto più auspicabile in quanto, se conferenza suindicata giungesse, in assenza delegati britannici, a decisioni che non tenessero conto situazione inglese, potrebbe essere compromessa anche per avvenire adesione Regno Unito ad intero piano Schuman.

230

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GALLARATI SCOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO 6155/531. Londra, 31 maggio 1950, ore 21 (perv. ore 8 de/1° giugno).

Ho colto occasione mio colloquio di ieri con Strang per attirare sua attenzione su quanto comunicato da V.E. con telegrammi 4332/c. e 4336/c. 1• Sottosegretario permanente ha tenuto a dirmi che è stata molto apprezzata a Londra linea conciliante

2 Non pubblicato.

3 Vedi D. 219, nota l.

discorso V.E. al Senato2 , conforme a quanto espresso a Be v in nei due colloqui del 13 e 20 corrente3 , nonché fatto che concetto linea etnica sia così stata portato a conoscenza opinione pubblica italiana.

A Londra ci si rende perfettamente conto necessità che, per avviarsi verso accordi diretti itala-jugoslavi sulla questione, è necessario che si crei quell'atmosfera fiducia invocata da V.E. in suo discorso Senato. E si spera che tale fine possa essere conseguito, da un lato attraverso acquietamento opinioni pubbliche ed un certo periodo «silenzio» da ogni parte sulla questione, e dall'altro attraverso rimozione ostacoli a circolazione interzona. A tale proposito Strang ha confermato essere in corso opportuna azione da parte ambasciata britannica a Belgrado: per il momento non poteva ancora indicarrni dati positivi, ed era anzi convinto che non se ne potessero attendere in breve tempo; ma comunque teneva a manifestarrni impressione che azione stessa non (dico non) aveva incontrato terreno sfavorevole.

229 1 Del 29 maggio, relativo alla posizione inglese nei confronti della proposta Schuman.

230 1 Vedi DD. 222 e 223.

231

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, QUARONI

T. 4487/277. Roma, ! 0 giugno 1950, ore 22.

Suo 2097 1• Idee e preoccupazioni espresse suo rapporto erano già presenti nostre autorità le quali ne terranno conto in relazione situazione attuale e futura nostra siderurgia.

Nelle riunioni recentemente tenutesi presso ministro Togni piano Shuman è stato considerato nel suo reale valore e portata. È stato riconosciuto, prima da me e subito dopo dai nostri Ministeri tecnici, che Italia non può rimanervi estranea, qualunque saranno suoi sviluppi; tanto per ovvii motivi politici europei, quanto dal punto di vista economico perché una siderurgia italiana al di fuori intesa franco-tedesca non avrebbe più possibilità di vita rimanendo preclusa o gravemente ostacolata da rifornimenti di materie prime. Nostra presenza dovrebbe permetterei di ridurre minimo eventuali danni.

Quanto ad accordi siderurgici itala-francesi ci conviene portarli in fondo attraverso relazioni dirette tra interessati e se ciò riuscirà sarà di vantaggio per noi in sede di trattative generali.

230 2 Vedi D. 222, nota 2. 3 Vedi DD. 190 e 203. 231 1 Vedi D. 228.

232

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA 1

L. Roma, 1° giugno 1950.

Il cons. Innocenti, rientrato ieri da Trieste, comunica che le cose sono rimaste come prima. I circoli di Trieste sono accorati per l'atteggiamento indifferente e gelato di quel Comando militare. Se ne deduce che o non hanno ricevute istruzioni o sono stati autorizzati a contenersi in tal maniera.

Certo è che tale contegno ci danneggia assai, perché dimostra in modo offensivo la nostra presunta impotenza. Airey è sempre in congedo. Avrai del resto già vista la documentazione circa il servizio obbligatorio fuori del Territorio.

233

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE DI GRAN BRETAGNAA ROMA, MALLET

L. 3/2371• Roma, 1° giugno 1950.

Nel mio recente discorso al Senato (26 maggio u.s.)2 , come del resto nei miei colloqui londinesi in occasione della ultima riunione del Consiglio nord atlantico, io ebbi a dire che per poter addivenire ad un inizio di negoziati diretti italo-jugoslavi sulla delicata questione della Zona B è indispensabile un periodo di «aspettativa silenziosa», che plachi le polemiche e tolga loro ogni carattere di asprezza in modo da creare una atmosfera idonea ad un sereno studio del problema.

Da parte del Governo italiano sarà naturalmente fatto il necessario a questo fine; occorre però che da parte jugoslava non si dia motivo a lamentele e a inevitabili e giustificabili reazioni col promuovere o mantenere provvedimenti vessatori nei confronti di italiani c tali che ledono i diritti fondamentali. In primo luogo questa considerazione riguarda la questione del traffico fra Zona A c Zona B, traffico secolare, al quale sino a qualche mese fa non era stato frapposto alcun ostacolo e che da alcun tempo, pur non venendo formalmente impedito, viene in pratica reso assai difficile. E ciò con misure di polizia dirette a ostacolarlo sia via mare sia via terra, come anche gli osservatori inglesi, francesi e americani a Trieste possono quotidianamente rilevare. A ciò si deve aggiungere da qualche giorno anche il reclutamento obbligato

2 Vedi D. 222, nota 2.

rio di cittadini per presunti scopi di pubblica utilità. Gli sviluppi di questa situazione vengono seguiti a Trieste, e di riflesso in Italia, con preoccupazione in quanto si osserva che ove la situazione non dovesse migliorare, i lavoratori della Zona B occupati presso le aziende triestine si troveranno di fronte alla alternativa o di rimanere senza lavoro o di trasferirsi, insieme alla famiglia, in Zona A. La continua distribuzione fatta dalle autorità jugoslave in Zona B, di moduli per richieste di trasferimento in Zona A, tende ad avvalorare questa ipotesi.

Tutte queste iniziative jugoslave, che hanno suscitato così profonda eco n eli'opinione pubblica italiana, sono di data relativamente recente e sono venute a turbare i rapporti fra i due paesi, rapporti che daJia fine della guerra erano andati gradualmente migliorando anche prima del distacco di Belgrado dal Cominform, sino a consentire l'inizio di negoziati su numerose questioni pendenti talune delle quali sono state anche soddisfacentemente risolte.

Ella vorrà convenire con me che il ristabilimento e il mantenimento di tale atmosfera è indispensabile per l'inizio di qualsiasi genere di negoziati diretti con sufficienti prospettive di riuscita. Se da parte nostra non verranno assunte iniziative che possano rendere difficile il ristabilimento di tale atmosfera è anche necessario, ripeto, che il suo ripristino sia perseguito con fattiva volontà da parte jugoslava.

232 1 In ISTITUTO UNIVERSITARIO EUROPEO, Firenze, Archivi storici de!l"Unione Europea. Archivio Alcide De Gasperi.

233 1 Questa lettera fu inviata anche agli ambasciatori di Francia e degli Stati Uniti.

234

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI1

L. Roma, 2 giugno 1950, ore 7.

Prima di partire, pel caso tu parli aJia rivista con MaJiet (e con Dunn) e un incontro ne segua poi, ti mando:

a) copia di lettera che ho mandato stanotte ai tre ambasciatori2 , b) l'originale di un rapporto di Tarchiani ricevuto iersera3 .

Tornerò a Roma spero lunedì, al più tardi martedì. Le ragioni di tornare son più forti deJJc possibili mie prolungate conversazioni con Bidault e Schuman.

P.S.: Visto che Mallet vedrà subito Airey sarebbe bene tu gli parlassi. La fine del rapporto di Tarchiani mi pare volutamente ottimista.

2 Vedi D. 233. 3 Vedi D. 215.

234 1 Autografo, in ISTITUTO UNIVERSITARIO EUROPEO, Firenze, Archivi storici del/ 'Unione Europea, Archivio Alcide De Gasperi.

235

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

R. 6059/3534. Washington, 2 giugno 1950 (perv. il 13).

Mentre mi riservo di riferire con rapporto a parte in merito alle reazioni di questi ambienti a seguito delle segnalate dichiarazioni di Acheson al suo ritorno a Washington, mi sembra opportuno esporre a V.E. alcuni dei commenti che vengono qui formulati circa il piano Schuman ed i risultati in generale conseguiti nella conferenza di Londra sul piano economico.

Da un punto di vista generale l'Amministrazione guarda con notevole soddisfazione a tali risultati, dato che essi sembrano potere incoraggiare ben migliori speranze che non nel recente passato per l'effettivo realizzarsi di un progressivo processo di integrazione in Europa. In realtà, i due elementi che alimentano tale ottimismo sono costituiti dalla più netta adesione inglese al Piano dei pagamenti europei e da quello che passa ormai sotto il nome di progetto Schuman.

Sul primo di tali argomenti ho già riferito giorni fa ponendo in rilievo la viva soddisfazione degli uffici competenti americani per il notevolissimo passo compiuto verso la realizzazione dell'U.P.E. Vi è naturalmente ancora un certo senso di attesa per conoscere quelli che saranno i risultati dei contatti tra gli europei a Parigi sui problemi di dettaglio tecnico attualmente in discussione.

È però diffusa qui ormai la sicurezza che, alla fine de li'anno finanziario, il nuovo organismo vedrà la luce e che in tal modo si sarà compiuto il tanto auspicato passo per una normalizzazione dei rapporti monetari in Europa.

Sul piano Schuman, ho riferito con te lespresso 3496 del lo giugno1 alcuni commenti apparsi su questa stampa. Mi sembra opportuno integrare tali commenti con quelli che si sono ottenuti nei contatti che ho avuto con Thorp e con altri elementi d eli' Amministrazione in questi ultimi giorni. Le dichiarazioni fatte da tali elementi mi sembra anzi modifichino alquanto le impressioni che fanno oggetto dell'articolo di Reston che ho segnalato con il mio telespresso citato. II Governo americano ha visto indubbiamente con estremo favore e soddisfazione l'iniziativa di Schuman: ne ha dato atto con dichiarazioni pubbliche e ufficiali quali quelle fatte il 19 maggio u.s. dal sottosegretario Webb che trasmetto qui unite 1 c negli accenni, intonati a viva soddistàzione, formulati dallo stesso presidente nella sua conferenza stampa e nel messaggio per il rinnovo del P.A.M. che trasmetto a parte 1•

I commenti che negli ambienti de li'Amministrazione si fanno, sono in pratica i seguenti: la proposta Schuman mostra innanzitutto che la Francia ha saputo superare l'eterno «complesso» di paura e di avversione ad associazioni con la Germania. Mostra anche che si ritiene più importante oggi da parte francese facilitare una simile associazione che perpetuare un secolare dissidio, non più comprensibile nell'attuale

struttura europea. Tale intenzione francese è stata tanto più apprezzata per il modo con cui essa è stata attuata. Al Dipartimento mi fu infatti confidato che il Governo americano fu posto vagamente a conoscenza dell'iniziativa da una conversazione svoltasi tra Monnet e un alto funzionario americano a Parigi il giorno stesso dell'annuncio fatto da Schuman. Anche se il Governo americano ravvisa nell'azione francese certi elementi di imbarazzo, per lo meno per quanto concerne i rapporti con la Gran Bretagna, non può non rilevare che Schuman ha desiderato seguire un metodo tale da fare emergere che l'iniziativa era francese, soltanto francese e che non era derivata né da pressioni né da suggerimenti di terze parti.

I motivi ispiratori dell'iniziativa e la loro portata politica sono quindi guardati con piena soddisfazione e incondizionata approvazione da parte americana. Una maggiore cautela viene invece espressa per quanto concerne i dettagli tecnici della proposta, tanto più che essi sono ancora ben !ungi da una formulazione specifica e soddisfacente. Premesso che il Governo americano approva l 'idea, questi elementi responsabili si affrettano però a dire che per il momento si tratta di un affare europeo e che quindi gli Stati Uniti debbono astenersi dal prendere posizione. È quindi da prevedersi che essi non chiederanno di essere rappresentati da un osservatore nelle riunioni previste per la metà di questo mese, a meno che nel frattempo il lavoro preparatorio della conferenza non consigli una revisione di tale atteggiamento. Ciò non toglie, dicono questi funzionari, che il Governo americano che ha preso posizione nel modo più ampio ed elogiativo sui motivi ideali e sulle caratteristiche politiche dell'iniziativa, non debba presto prendere posizione anche sugli aspetti tecnici dell'attuazione del progetto. In ogni caso ciò potrà avvenire quando l'Alto commissario McCloy sarà richiesto di dare il suo consenso alle decisioni che eventualmente Adenauer gli dovrà sottoporre dopo i risultati delle imminenti riunioni. D'altro canto, si può fin d'ora prevedere che tali decisioni potranno avere implicazioni di ordine tariffario che dovranno essere attentamente studiate dal Governo americano. La proposta comunque viene considerata, anche dal punto di vista tecnico, del tutto approvabile se essa varrà a favorire l'espansione della produttività in Europa e non comporterà restrizioni o discipline di ordine cartellistico, impedendo il gioco della libera concorrenza nei mercati dell'acciaio e del carbone. Tanto più la proposta verrà qui acclamata se essa comporterà anche l'abolizione della pratica dei doppi prezzi che da tempo è oggetto delle esortazioni di questo Governo. Su tali aspetti cartellistici del piano mi sembra anzi opportuno rilevare che l'Amministrazione americana non sembra essere eccessivamente preoccupata, evidentemente a seguito anche di ampie assicurazioni date da questa ambasciata di Francia, la quale, secondo quanto dettomi ieri sera da Monnet, lamenta soltanto che il suo Governo al momento dell'annuncio di Schuman non abbia accompagnato tale annuncio, soprattutto nei riguardi del pubblico americano, con opportune illustrazioni delle intenzioni liberistiche alla base della proposta stessa.

Circa l'atteggiamento inglese vi sono, naturalmente, opinioni alquanto contrastanti. Prevale comunque la netta sensazione dell'opportunità che l'Inghilterra non venga incoraggiata nelle sue tergiversazioni, ma invece indotta a prendere più attiva parte nell'attuazione del progetto. Vi sono, come ovvio, alcuni che giustificano l'atteggiamento inglese come determinato dalla necessità di conoscere qualcosa di più del piano prima di allinearsi o meno con la proposta. Ma in generale si auspica vivamente che anche in tale occasione l'Inghilterra non abbia da funzionare come rallentatore, secondo quanto è avvenuto purtroppo negli ultimi mesi in relazione ai problemi dei pagamenti europei. Si tratta di vedere se nel panorama composito di questa Amministrazione prevarranno, in relazione allo sviluppo dei contatti tra Parigi e Londra che hanno luogo in questi giorni, coloro che trovano sempre opportune giustificazioni alle recalcitranze inglesi o se questo Governo deciderà di esporsi maggiormente per incitare la Gran Bretagna a prendere una parte più attiva nella proposta. Per ora mi sembra si possa dire che, per quanto riguarda l'atteggiamento inglese, siamo a una fase di «wait and see» da parte del Governo americano.

Desidero anche assicurare V.E. che nel corso dei vari contatti avuti con il Dipartimento di Stato in argomento non ho mancato naturalmente di esporre la posizione italiana di adesione alla proposta, quale risulta dai telegrammi n. 4271/c.2 e 4378/c. 3 , ponendo in rilievo naturalmente che tale adesione italiana è condizionata al riconoscimento del mantenimento dell'industria siderurgica in Italia secondo gli accordi raggiunti con Io stesso Governo americano attraverso le lunghe e dettagliate discussioni avutesi in argomento, in relazione ai finanziamenti E.R.P.

Per concludere le mie osservazioni sulla proposta in questione, desidero ancora aggiungere che se a Parigi la nostra delegazione saprà portare un contributo per far sì che gli organismi eventualmente costituendi abbiano come scopo una dilatazione dei mercati e della produttività che rifuggano da ogni concezione rcstrittiva, tale opera riceverà certamente una incondizionata approvazione da questo Governo.

235 1 Non pubblicato.

236

IL MINISTRO A BELGRADO, MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 6687/210. Belgrado, 3 giugno 1950, ore 14,30 (perv. ore 19).

Ieri davanti Commissione affari esteri Assemblea popolare Kardelj rispondendo a domande deputati su rapporti jugoslavo-italiani, questione Trieste, situazione minoranza jugoslava in Italia, trattative in corso per riparazioni, indennizzo beni italiani nazionalizzati ed altri rapporti economici, ha dichiarato:

«È comprensibile agitazione nostra opinione pubblica in merito procedimenti antidemocratici verso nostra minoranza nazionale in Italia, non conforn1i disposizioni trattato pace cd in merito ripugnanti eccessi vari gruppi sciovinisti politid'nei riguardi singoli rappresentanti di questa minoranza. Per nascondere questi fatti gran•parte stampa italiana si occupa con molto chiasso di persecuzione della minoranza italiana in Zona B, sebbene

1 Del 29 maggio, vedi D. 229, nota l.

sia noto che tutte minoranze nazionali da noi -e quindi anche in Zona B e anche minoranza nazionale italiana -godano specifici diritti di cui si possono vantare minoranze in pochissimi paesi e niente affatto in Italia. Adesso in Italia vi sono innegabilmente circoli nazionalisti e sciovinisti destra e sinistra pieni di odio verso nostri popoli. Questi circoli sono principali promotori campagna anti-jugoslava in Italia, ma vi sono certamente in Italia alcuni ambienti politici che capiscono importanza buoni rapporti e collaborazione tra due paesi vicini, per pace degli uni e degli altri. Noi consideriamo che essi non possono non accorgersi che tali procedimenti verso nostra minoranza, che preoccupano nostra opinione pubblica, non conducono a nessuna meta ma alimentano soltanto varie agenzie straniere interessate a mantenere tensione nel mondo.

Questo vale per campagna circa T.L.T. cui vengono date sempre nuove iniezioni perché possa mantenersi in vita. Negli ultimi tempi per esempio si avanzano argomenti veramente ridicoli come cosiddetto blocco della Zona B e reclutamento da parte nostra dei giovani del T.L.T. per lavori forzati nelle brigate di lavoro giovanili. Circa blocco è chiaro di che si tratta. Essi vogliono evidentemente influire su certi provvedimenti delle nostre autorità che vengono a rafforzare vigilanza contro attività anti-jugoslava di fuori, intensificatasi in questi ultimi tempi, cd a proteggere interessi economici jugoslavi. Zona B è in unione doganale con Jugoslavia? Vi circola nostro dinaro. È chiaro che nessuno può pretendere che Jugoslavia lasci mani libere a vari contrabbandieri e speculatori finanziari. Certo misure di controllo più severe hanno naturalmente reso più difficile ad organizzatori azioni anti-jugoslave di crearci difficoltà in Zona B mentre persone oneste che per ragioni di servizio o di interesse personale circolano tra Zona A c B possono oggi come prima circolare liberamente. È fuori dubbio che se organizzatori azioni anti-jugoslave all'estero smettessero questa loro sterile attività, misure di controllo diverrebbero superflue.

Infondatezza e carattere ridicolo di simili argomenti è migliore prova che campagna circa T.L.T. è stata artifìcialmentc montata e appoggiata per premere su Jugoslavia e mascherare reale situazione nostra minoranza in Italia c in Zona A.

Vorrei confermare, rispondendo a domande postemi da alcuni deputati, che trattative tra la Jugoslavia e Italia sono giunte punto morto--evidentemente per ragioni prettamente politiche.

In linea generale accordo è stato raggiunto-sia per quanto riguarda riparazioni che in questione indennizzo beni italiani nazionalizzati e principio acquisto beni optanti italiani nei territori liberati. Però da parte italiana si trascina tìnna in modo che praticamente trattative sono state sospese.

Circa opinione espressa nel corso discussioni che si tratta mezzo pressione su Jugoslavia per questione T.L.T. -ed io penso che si tratti proprio di questo-posso assicurarvi risolutamente che tali mezzi e tali metodi non fanno assolutamente nessun effetto su Governo jugoslavo. Voi stessi sapete che Governo non è mai stato disposto commerciare né con interessi nazionali né con nostri principi democratici c politici in generale. È chiaro che buoni rapporti di vicinato non si creano in atmosfera di minacce e di pressioni. Se qualcuno in Italia conta su questi famigerati metodi caratteristici della politica imperialista, dimostra non soltanto di non aver nulla in comune con democrazia di cui invece gli piace parlare, ma di non aver nulla in comune con odierna realtà nei rapporti jugoslavo-italiani. Noi siamo del parere che nostri rapporti economici con Italia non hanno, non possono e non devono avere nessuna relazione con questione del T. L. T.,

ma che essi, se si sviluppano (manca qualche gruppo) indispensabili per soluzione questioni pendenti, in una atmosfera di reciproca comprensione. Tale è stato nostro atteggiamento di principio in tutte questioni politiche internazionali ed è tale in questo caso in cui si tratta della scontata questione dei diritti nazionali dei nostri popoli».

235 2 Del 26 maggio, con esso Zoppi aveva comunicato alle rappresentanze a Washington, Bruxelles, Londra e Bonn: «La informo che Governo italiano ha dato benestare a progetto francese di comunicato comune sottoposto a Londra Benelux e noi in base al quale si aderisce in principio alle intese per acciaio e carbone e ci si dichiara essere pronti a dare inizio conversazioni per la stipulazione di un comune trattato».

237

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ZOPPI, ALLE AMBASCIATE A LONDRA, MOSCA, PARIGI E WASHINGTON

TELESPR. 11341/c. 1 . Roma, 3 giugno 1950.

Si trasmette, qui unito, copia del documentato memorandum di risposta che viene oggi trasmesso alla legazione in Belgrado perché lo rimetta al Governo jugoslavo in risposta al suo memorandum del 23 marzo u.s. 2 .

Come V.E. rileverà, la nostra risposta, tanto nella forma che nella sostanza, costituisce la necessaria replica alle infondate accuse ed argomentazioni jugoslave.

Il contenuto e la forma del memorandum jugoslavo, di cui si unisce pure copia a titolo di documentazione, non danno, d'altra parte, l 'impressione di un documento basato su serie e comprovate indagini, ma di essere, invece, frutto dell'opera di modesti e parziali informatori locali, messa insieme da compilatori non meno parziali.

Dato il credito che purtroppo le accuse jugoslave contro di noi trovano sovente presso certi ambienti politici e parlamentari, V.E. ritrarrà dal nostro memorandum ampia materia per ribattere le ingiuste argomentazioni jugoslave che sembrano sopratutto rispondere a un piano preordinato per distogliere l'attenzione mondiale da quanto sta invece avvenendo in Zona Be nelle terre cedute alla Jugoslavia.

ALLEGATO

LA LEGAZIONE A BELGRADO AL MINISTERO DEGLI ESTERI DI JUGOSLAVIA

MEMORANDUM. Belgrado, 3 giugno 1950.

La legazione d'Italia ha l 'onore di riferirsi al «Memorandum sulla situazione della minoranza slovena in Italia» consegnato il23 marzo u.s. al ministro d'Italia in Belgrado. l) Vi è anzitutto una questione di forma che va messa in chiaro. Il Ministero degli affari esteri non ha ritenuto di poter dare risposta ad altri interventi ufficiali in materia, perché essi

2 Vedi D. 69.

furono t'atti in termini non consentiti dagli usi diplomatici. Non è infatti ammissibile che un Governo accusi le Autorità di un altro Governo -con note ufficiali pubblicate contemporaneamente alla consegna -di tolleranza o addirittura connivenza in atti delittuosi, c ciò senza veruna documentazione di tanto gravi asserzioni. Per le stesse ragioni il Governo italiano deve respingere il tono del memorandum del 23 marzo, che è stato in più diffuso dalla Tanjug del 25 successivo. Con siffatti procedimenti non si giova ali 'avvicinamento tra i due popoli che il Governo jugoslavo asserisce di voler perseguire.

2) Quanto alle questioni di principio sollevate nelle parti introduttiva e conclusiva del memorandum jugoslavo, il Governo italiano deve rilevare che gli articoli 15-17 del trattato di pace danno diritto agli italiani di origine slovena di non essere discriminati rispetto ai loro connazionali, ma non certo di godere di uno statuto speciale di minoranza nazionale come parrebbe di dedurre da alcune rivendicazioni: ciò che, oltre tutto, non gioverebbe agli interessati né sarebbe giustificato, alle stato attuale di cose, dalla consistenza numerica dei nuclei etnici in questione. Durante la quasi secolare durata in Italia di Governi liberali e democratici, l'Italia si conformò sempre alle tradizioni di libertà che fonnano la vera essenza della sua cultura. Proclamata la Repubblica italiana, lo Stato -nella sua sovranità-sarà lieto di dare sistemazione giuridica alle misure, in gran parte già praticate, che concretino equamente le aspirazioni dei suoi cittadini di origine slovena, espresse democraticamente e lealmente, e non agitate artificialmente da pochi elementi che sembrano proporsi scopi faziosi.

Al riguardo il Governo italiano desidera informare il Governo jugoslavo che è nei suoi intendimenti di proporre-una volta definita la questione delle opzioni -la conclusione di un accordo che stabilisca le modalità di esecuzione da parte italiana degli articoli 15-17 a favore dei cittadini italiani di origine slovena, e da parte jugoslava del par. 4 dell'articolo 19 del trattato di pace a favore degli jugoslavi di origine italiana.

3) Quanto alla «serie di fatti» citati, e non documentati, nel memorandum jugoslavo per comprovare la «gravità della situazione politica, economica e culturale della minoranza slovena» che sarebbe minacciata di «snazionalizzazione», il Governo italiano ha disposto le più accurate e rigorose indagini. Nel qui unito appunto3 sono raccolte le risultanze emerse su ogni singolo punto. Da esse il Governo jugoslavo rileverà per una parte l 'in fondatezza e per un 'altra l'esagerazione dei fatti lamentati. Se vi è stato qualche episodio di insofferenza, per fortuna non grave, a danno di singoli elementi sloveni, mai si è trattato di azioni organizzate contro i nuclei slovcni. Tali episodi sono semmai indicativi di quanto resta ancora da fare per pacificare gli spiriti delle popolazioni di frontiera ancora straziate dalle violenze e deportazioni subite durante l'occupazione jugoslava. Gli sforzi che non cessano di fare le Autorità italiane nel senso della pacificazione non sono facilitati dalla tuttora insut1ìciente applicazione dell'accordo per il condono dell'aprile 1948 e dali 'incertezza e ansietà in cui molte famiglie sono ancora tenute sul destino dei loro congiunti.

Il Governo italiano ritiene che, se il Governo jugoslavo vorrà dare il suo pieno concorso, non sarà difficile conseguire un più sereno svolgimento della vita politica, economica e culturale degli italiani di origine slovena come degli jugoslavi di origine italiana, e arrivare anche alla stipulazione di un apposito accordo di cui molto si gioverebbero le relazioni italojugoslave.

237 1 Diretto per conoscenza anche all'Ufficio Zone di confine della Presidenza del Consiglio dei ministri.

237 3 Non pubblicato.

238

IL CAPO DELL'UFFICIO PER LE ZONE DI CONFINE DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, INNOCENTI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI1

APPUNTO. Roma, 3 giugno 1950.

Secondo l'ordine di VE. oggi ho conferito con l 'ambasciatore di Gran Bretagna sir Mali et dalle 12,30 alle 13. La conversazione si è svolta quasi interamente in inglese. Ad essa l'ambasciatore ha dato un tono cordiale. Era presente un segretario dell'ambasciata. L'ambasciatore riferendosi ad un breve colloquio avuto precedentemente con

S.E. De Gasperi mi ha invitato a dargli aggiornati ragguagli sugli aspetti più attuali delle questioni interessanti la Zona B e di riflesso Trieste.

Gli ho fatto presente subito la necessità, nell'interesse di tutti, che soprattutto siano accordate alle popolazioni della Zona B possibili condizioni di vita col rispetto delle libertà civili fondamentali. Il che era in aperto contrasto con i provvedimenti adottati dalle Autorità jugoslave in merito al traffico tra le due Zone, al servizio obbligatorio di recente introdotto nella Zona B, al trattamento vessatorio usato verso il clero. Ho illustrato brevemente i singoli argomenti.

L'ambasciatore ha fatto venire un fascicolo di atti che ha consultato me presente. Dopo di che si è mostrato non perfettamente aggiornato circa la questione del traffico; ragione per cui gli ho lasciato il prospetto di cui allego copia2•

Nel consultare il fascicolo egli, scorrendo un certo rapporto che credo fosse del

G.M.A. di Trieste, ha sottolineato con un certo senso di contrarietà che da parte delle Autorità locali e soprattutto da parte del sindaco di Trieste, anziché fare un'azione di distensione si mantiene viva in ogni modo l'agitazione degli animi. Al che ho fatto rilevare come sia molto difficile da parte anche delle Autorità centrali di far opera tranquillizzante di fronte al quotidiano inasprimento causato dal comportamento delle Autorità jugoslave che ormai si protrae da tanto tempo.

E questo mi ha dato modo di accennare anche al noto problema relativo all'ordine dato dal G.M.A. per l'uso della bandiera marittima triestina in luogo di quella italiana da parte delle navi iscritte al dipartimento triestino che si recano nelle acque jugoslave o della Zona B. L'ambasciatore Mallet aveva l'aria di non conoscere il problema che si è riservato di approfondire.

Ho fatto inoltre presente -pur dando atto dei benevoli intendimenti sempre dimostrati, personalmente, dal gen. Airey -l'opportunità, sempre a scopo di miglioramento della situazione, che gli organi del G.M.A. di Trieste cerchino di mostrare maggiore comprensione specialmente verso i sodalizi istriani in Trieste (ho citato I' esempio del C.L.N. de li 'Istria) che si rivolgono a loro per esporre problemi che li riguardano da vicino.

2 Non pubblicato.

Ho riassunto, infine, come quanto venivo sommariamente esponendo avesse il solo scopo di mostrare la necessità, nell'interesse di tutti, di risolvere equamente almeno alcuni di questi problemi al fine di creare quella atmosfera indispensabile per affrontare, a suo tempo, il problema generale di Trieste e della Zona B.

Ho insistito, nelle forme dovute, sull'urgenza che si faccia presto qualche cosa. Al che l'ambasciatore mi ha risposto che il suo Governo ed il G.M.A. stanno da tempo adoperandosi. Garbatamente ho replicato che in queste faccende raggiungono un effetto psicologico apprezzabile, con relative conseguenze politiche, non tanto l'azione che si svolge e l'intenzione con cui la si svolge, quanto i risultati ottenuti.

L'ambasciatore ha convenuto sull'opportunità di ripristinare una situazione normale e mi ha dichiarato che di alcuni di questi problemi parlerà personalmente al gen. Airey, mentre su altri attirerà l'attenzione del suo Governo il quale per altro -mi ha detto -ha già fatto opportuni passi a Belgrado.

P.S.: Ne ho mandato copia a Zoppi.

238 1 In ISTITUTO UNIVERSITARIO EUROPEO, Firenze, Archivi storici dell'Unione Europea, Archivio Alcide De Gasperi.

239

L'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. SEGRETO URGENTE 1330/015. Mosca, 5 giugno 1950 1•

Riferimento: Miei telegrammi nn. 108 e 1092 . Come indicato con telegrammi in riferimento, ho consegnato il 17 maggio

u.s. al vice-ministro Bogomolov la nostra nota di risposta circa le riparazioni, nel testo predisposto da codesto Ministero, con la frase conclusiva indicata nel telegramma stesso3 .

Riferendomi poi al telegramma n. l 08 ritengo utile chiarire ancora perché io riterrei opportuno menzionare, nel caso di pubblicazione della nostra nota, le origini c il significato concreto dell'accordo di Mosca 11 dicembre 19484 nel riguardo della valutazione beni italiani in conto riparazioni. Ho infatti la netta impressione che negli stessi ambienti diplomatici a noi favorevoli la nostra posizione non sia capita. L'enorme differenza di valutazione dei beni è commentata con certi sorrisetti i quali lasciano sottintendere che noi giocheremmo la parte del debitore furbo anche troppo. La Nota sovietica del 10 aprile u.s. 5 ha l'abilità di presentare con apparenza seria una versione deformata dei patti e dei fatti, e di farci apparire come dei mercanti di anime morte, come disse a me un giorno Zorin. Effettivamente, noi diamo oggi ai beni italiani valutazioni non corrispondenti al loro valore attuale. Abbiamo però il diritto di fare ciò unicamente in base all'accordo di Mosca, il quale è stato da noi ottenuto dai

2 Del 18 maggio, non pubblicati. 3 Vedi D. \88, Allegato. 4 Vedi serie undicesima. vol. I, D. 751. ' Vedi D. 123.

sovietici (vorrei quasi dire imposto) durante dure negoziazioni per le riparazioni e val endoci dell'enorme interesse dei sovietici per le nostre navi, che gli stessi Alleati ci obbligarono a consegnare.

Senza ritornare a questa origine dei patti la nostra posizione appare incomprensibile e cavillosa. Me ne accorgo qui quando mi sforzo di far capire ai miei colleghi, sia occidentali, sia satelliti, la giustizia morale e giuridica della nostra posizione: dopo la spiegazione il loro sorrisetto scompare ed essi capiscono che la nostra posizione è seria e fondata.

Mi permetto quindi di insistere affinché, alla occorrenza, essa sia spiegata chiaramente anche alla opinione pubblica, e non ci si limiti ad addurre «difficoltà tecniche o di conteggio» che in se stesse non sono affatto convincenti.

239 1 Copia priva dell'indicazione della data di arrivo.

240

IL MINISTRO A CIUDAD TRUJILLO, G. ROSSI LONGHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 0262/l67. Ciudad Trujillo, 5 giugno 1950 (perv. i/15).

Predisponendomi ad iniziare il viaggio di congedo, autorizzato da codesto Ministero con il telegramma n. 2 del 28 gennaio u.s. 1 , ho chiesto d'incontrarmi, sia pure brevemente, con questo presidente della Repubblica.

Il generalissimo Rafael Leonidas Trujillo Molina mi ha concesso l'udienza con inusitata sollecitudine. Il colloquio, che è durato oltre un quarto d'ora, è stato improntato alla più viva cordialità.

Il presidente, dopo avermi chiesto minuziosamente l'itinerario del mio viaggio e la data approssimativa del mio ritorno in questa residenza, ha tenuto ad esprimermi la sua viva soddisfazione per la meravigliosa recuperazione dell'Italia ed i suoi sentimenti di simpatia per il Governo del signor Alcide De Gasperi, per il conte Sforza ed in particolare per l'on. Brusasca, della cui breve visita in questa capitale egli mi ha detto conserva il migliore ricordo.

A tale riguardo il presidente mi ha chiesto che nelle conversazioni che avrò a Roma rinnovi il desiderio che egli ebbe ad esprimere verbalmente ali' on. Brusasca circa la viva soddisfazione che egli ed il Governo dominicano avrebbero qualora i due Governi convengano ad elevare le rispettive rappresentanze nelle due capitali ad ambasciate.

Egli ha aggiunto che essendo già stata effettuata tale determinazione fra il Governo di Parigi e quello di Ciudad Trujillo, ritiene che a maggior ragione si dovrebbe effettuare con l 'Italia, che in questo paese ha tanti vincoli di tradizione, tanti interessi culturali, commerciali e di immigrazione e che gode di tanta simpatia e stima.

Avendomi fatto notare i progressi effettuati specialmente negli scambi commerciali in questi ultimi tempi, il presidente si è mostrato disposto ad appoggiare ogni iniziativa intesa a svilupparli maggiormente così come ogni altra diretta allo sviluppo dei reciproci rapporti culturali, nonché ogni altra contemplata nel quadro di una effettiva collaborazione pacifica.

Ho ritenuto esprimere al mio interlocutore i miei rallegramenti per la nomina dell'ambasciatore Max Henriques Urcfia, capo della delegazione dominicana presso la O.N.U., quale presidente del Consiglio dei fidecommessi e, ricordandogli il prezioso appoggio dato dalla delegazione dominicana sia a Lake Success che a Ginevra per la questione della Somalia, gli ho rinnovato i miei ringraziamenti dichiarandomi sicuro che tale benevolo atteggiamento nei nostri riguardi continuerà a manifestarsi per l'avvenire in tutte le questioni che ci interesseranno, ed in particolare per la questione che prossimamente verrà discussa dalla O.N.U. circa l'assetto dell'Eritrea.

Nel darmi al riguardo le più ampie assicurazioni, il generalissimo Trujillo mi ha autorizzato a comunicare quanto precede al conte Sforza.

Nel prendere congedo dal presidente della Repubblica ho ritenuto opportuno esprimergli il mio vivo apprezzamento ed i sentimenti di gratitudine del Governo italiano.

240 1 Non pubblicato.

241

IL MINISTRO A OSLO, RULLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

R. 868/353. Osio, 5 giugno 1950 (perv. il l 0).

Solamente in questi giorni -a distanza cioè di circa tre settimane dalla prima enunciazione da parte del signor Schuman del suo noto piano di collaborazione con la Germania -la stampa norvegese si è accorta editorialmente dell'avvenimento. Sino ad ora essa non aveva fatto altro che pubblicare, senza commento, le notizie che la riguardavano, ed aveva evitato accuratamente di prendere posizione. Il fatto è facilmente spiegabile se si tien conto da una parte della scarsa eco che hanno finora qui tutti i progetti di collaborazione europea su un piano politico, e dall'altra la speciale situazione in cui si trova questo paese sia di fronte alla Gran Bretagna che di fronte alla Germania.

Il commento editoriale è venuto ora da fonte ufficiosa ed è contenuto in due articoli di fondo dell'Arbeiderbladet del l o e del 2 giugno, uno dovuto al suo redattore economico e l'altro al suo redattore di politica estera.

Il collaboratore economico del giornale si è limitato ad esporre i dati della quistionc, ha accennato che si tratta del primo tentativo di far diventare «europea» la industria pesante tedesca, cd ha messo in rilievo che il piano francese ha il difetto di non aver incluso nei materiali da sottoporre a controllo internazionale anche il minerale di ferro. Il che si spiega quando si ricorda che tale minerale è qui abbondante e che per la lavorazione di esso, specie a Mo i Rana, questo Governo ha in atto un grosso piano di investimenti e di sviluppo su cui si sono appuntate critiche anche in campo internazionale.

Molto più interessante è invece l'articolo del redattore di politica estera del giornale che, come noto, è il deputato Finn Moe, sino all'anno scorso delegato permanente norvegese all'O.N.U. Per la prima volta infatti viene preso atto qui in tutte lettere di una delle principali ragioni per cui la collaborazione europea sta andando avanti a passi molto lenti e molto limitati, l'atteggiamento, cioè, incerto ed esitante del Governo di Londra. «Il piano-aggiunge l'articolo-potrebbe essere la base di un blocco europeo continentale destinato a lanciarsi nell'avventura di fare una politica indipendente sia dall'Inghilterra che dagli Stati Uniti. Di qui le preoccupazioni britanniche, di qui la necessità di giungere ad una collaborazione inglese». Fatto questo notevole passo avanti -di riconoscere, cioè, che la politica attuale inglese può portare anche ad una aperta «ribellione» della Francia e ad una «coalizione continentale» contro Londra-il Moe non si pronuncia però in materia, non prende partito per la tesi francese, e nemmeno stigmatizza quella inglese, e si limita a concludere che, «ove il piano Schuman dovesse fallire, la collaborazione internazionale fra le democrazie occidentali ne avrebbe un contraccolpo più forte di qualsiasi altro riportato prima».

L'articolo sopra riportato rispecchia esattamente la situazione attuale di questo paese di fronte ai problemi che si dibattono attualmente in Europa. Entrata nel Patto atlantico più in funzione inglese che in funzione americana; avendo aderito al Consiglio di Europa non per un reale sentimento di solidarietà continentale, ma perché il restarne fuori avrebbe potuto aver un significato ben diverso dalle sue intenzioni; avendo finora collaborato ali'O.E.C.E. col solo intento-qualche volta nemmeno ben dissimulato -di ricavare da quella organizzazione tutti i dollari Marshall possibili andando incontro al minimo di sacrifici possibili, la Norvegia si va accorgendo in questi ultimi tempi che la necessità di una collaborazione europea vera e propria va diventando ogni giorno più impellente, e che, per raggiungerla, occorre anche dare qualche cosa, e che questo qualche cosa in campo politico si chiama rinuncia a una parte della propria sovranità nazionale e in campo economico rinuncia a una parte del programma quasi autarchico che il Governo di Osio ha perseguito nel periodo immediatamente postbellico. L'Inghilterra è stata sinora un buon paravento. Quid, però -ci si incomincia a domandare qui -se l 'Inghilterra è costretta, suo malgrado, ad uno showdown? Nel piano Schuman si vede qui appunto un tentativo -e forse anche più che un tentativo --di forzare la mano al Governo di Londra e di porlo dinnanzi a una necessità di decisione. Ed è questa la ragione perché, dopo aver tentato nei primi giorni di non commentare la portata di quel piano, e di assumere la parte di semplice spettatore disinteressato, oggi il Governo di Osio incomincia a porsi il problema di quel che avverrebbe ove il piano Sehuman dovesse o fallire, o essere realizzato fuori della Gran Bretagna. Ipotesi, ambedue, che qui -come del resto altrove -fa certo poco piacere considerare, e che molto piacere farebbe invece di vedere eliminate.

Che la Norvegia faccia, o si ponga il problema di poter fare una politica indipendente dalla Gran Bretagna è cosa che deve essere oggi esclusa a priori. Può essere però interessante notare-ed è per questo che ho creduto segnalarlo a VE. -come anche in questo piccolo paese che, a causa però della sua posizione geografica, ha importanza non di secondo piano nella difesa strategica dell'Europa, e che finora è stato un satellite devoto e convinto del sistema politico inglese, si vada facendo strada per lo meno un certo senso di disagio di fronte all'attuale atteggiamento «europeo» del Governo britannico.

Un simile disagio non mancherà certo di essere notato a Londra. Se di esso poi dovesse -in un tempo più o meno lontano -farsi interprete colà un uomo come l'attuale ministro degli esteri Lange, che ha-come socialista e come uomo di Governo-tutto l'orecchio del Foreign Office, potrebbe anche determinarsi una possibilità, più o meno vaga, di vederlo preso persino in considerazione e messo nella bilancia dell'attivo e del passivo dell'atteggiamento generale inglese di fronte al problema europeo'.

242

IL CAPO DELLA DELEGAZIONE PRESSO L'O.E.C.E., CATTANl, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. RISERVATO URGENTE 1850/1187. Parigi, 5 giugno 1950 (perv. il/2).

Credo opportuno riassumere brevemente le grandi linee di politica estera ed economica che emergono dai lavori di queste ultime settimane, culminati nel Consiglio e negli incontri dei ministri dell'O.E.C.E. il 2 c 3 giugno corrente. Sui singoli punti è stato riferito o viene riferito a parte, con la trasmissione dei relativi documenti.

La decisione principale è stata quella presa dal Consiglio dell'O.E.C.E., di iniziare immediatamente la preparazione di un «Terzo Rapporto» che l'Organizzazione presenterà al Governo americano nell'autunno prossimo e che dovrà essere una delle basi fondamentali per le proposte che il Governo americano farà a sua volta al Congresso al principio del 1951.

Il «Terzo Rapporto» dovrà esaminare la situazione, le necessità e le possibilità dei paesi europei nel corso dei prossimi cinque anni, così come lo fece il rapporto dell'estate 1947, che servì poi di base per la votazione dell'E.R.P.

Il rapporto del 194 7 si preoccupava principalmente di indicare l'aiuto americano in materie prime, alimenti ed attrezzature di base, che era necessario per permettere una ripresa della produzione europea e la chiusura, o almeno la riduzione a proporzioni meno spaventose della falla del dollaro.

Questo tema è stato in buona parte svolto nei primi due anni dell'E.R.P. e dovrà essere portato verso il suo compimento nei due anni che ancora ci rimangono. Ma, man mano che si risolvono i problemi del 1947, ne emergono altri, forse meno urgenti a breve scadenza, ma di soluzione più lenta e più difficile, e non meno vitali per la sopravvivenza dell'Europa. In primo luogo appare chiaro che nel 1952 la falla del dollaro sarà ancora molto considerevole. In secondo luogo appare anche chiaro che la soluzione definitiva del problema della falla del dollaro esige un reinserimento dell'Europa in una economia mondiale in espansione. Ciò richiede, a sua volta, che anche l'economia europea prosegua ed accentui la sua espansione, attraverso un aumento di produzione ed una riduzione di costi.

D'altra parte, tale espansione della produzione e riduzione di costi appaiono anche indispensabili per profonde ragioni di ordine sociale e politico. Il rafforzamento della struttura dei paesi europei non è possibile se ai popoli laboriosi non viene assicurato un alto e stabile livello di impiego ed un tenore di vita in graduale progresso. Solo a tale condizione è possibile per l'economia europea sopportare l'indubbia necessità di un aumento nelle misure di difesa esterna.

I lavori per la preparazione del questionario sul «Terzo Rapporto» si iniziano domani stesso con un incontro degli esperti economici delle maggiori delegazioni.

I ministri si sono occupati in secondo luogo del problema dei pagamenti e degli scambi intraeuropei. Il raggiungimento di un accordo che appare ormai possibile, è una condizione indispensabile per poter proseguire nel cammino verso una economia europea più libera e più efficiente. La riunione del Comitato scambi al livello alti funzionari, che si inizia post-domani, e la nuova riunione dei ministri dei paesi principali, che avrà luogo la settimana prossima, indicano la estrema importanza che si annette tanto da parte europea, quanto da parte americana a questo insieme di questioni.

In terzo luogo i ministri dcll'O.E.C.E. hanno dato la loro approvazione di massima al rapporto presentato loro circa l'armonizzazione delle politiche economiche dei paesi partecipanti. Al Comitato esecutivo è stato demandato il compito di mettere a fuoco le procedure, ma i concetti sono ormai chiari. Conformemente a quella che è stata la tesi della delegazione italiana, si prevede un confronto permanente delle politiche economiche dei partecipanti, tanto nel loro insieme, quanto nei loro settori principali (stabilità finanziaria, investimenti, politica di impiego, politica commerciale, ecc.). Tale confronto che si è già iniziato praticamente in materia di stabilità finanziaria e di scambi commerciali, dovrà permettere che ciascuno tenga conto delle necessità altrui e domandi agli altri di tener conto delle proprie.

Le deliberazioni precedenti prendono naturalmente un rilievo ancora maggiore per il fatto che il Consiglio ha approvato definitivamente, in presenza dell'ambasciatore Harriman, la proposta della Conferenza di Londra, secondo la quale i rappresentanti degli Stati Uniti e del Canada saranno d'ora in poi associati direttamente, se pure su una base giuridicamente non ancora definita, a tutti i lavori dell 'O.E.C.E. In conseguenza, ad es., il «Terzo Rapporto» non sarà frutto soltanto del pensiero europeo, ma anche del pensiero americano e canadese, ed avrà perciò un peso politico e tecnico ancora maggiore nel determinare la ulteriore linea di condotta degli Stati Uniti.

Sotto questo profilo appaiono evidenti le connessioni tra l'attività dell'O.E.C.E. e l 'attività del nuovo Comitato atlantico. Questo si preoccuperà di coordinare gli sforzi per la difesa e di tenere la bilancia tra le necessità militari e le necessità economiche. Queste ultime verranno misurate dall'O.E.C.E. È evidente che né questa Organizzazione né quel Comitato potranno efficacemente adempiere alle loro funzione senza tener conto l'uno del lavoro dell'altro.

Riflessioni del tutto analoghe si applicano ad altre iniziative internazionali che, senza rientrare direttamente, almeno per il momento, nella responsabilità dell'O.E.C.E., sono strettamente connesse con il lavoro di questa e non possono neppure svilupparsi senza che da una parte e dall'altra si tenga conto del lavoro fatto ed in fieri. Alludo con ciò alla proposta francese per il pool carbone-acciaio, circa la quale si prevede già, del resto, una possibilità di ricorso finale, in materia economica, al Consiglio dell'O.E.C.E.

Alludo pure alla riunione che dovrà aver luogo prossimamente tra gli esperti americani, inglesi e francesi, e quelli nostri, tedeschi o forse olandesi, per esaminare la possibilità di dare un più concreto impulso allo sviluppo della nostra emigrazione, sopratutto fuori dell'Europa.

Se cerco ora di riassumere il significato politico di tutto questo insieme di deliberazioni e di iniziative, direi che in primo luogo vi si nota un ulteriore progresso verso rapporti politico-economici più stretti, tanto fra il gruppo dei paesi europei partecipanti, quanto fra questi e l'America del Nord. Il problema, da strettamente europeo, diviene di più in più atlantico, e in tal modo mondiale. Le iniziative americane per una riduzione delle loro proprie tariffe, per facilitare l'investimento di loro capitali all'estero, per accordare l'assistenza tecnica e sviluppare l'economia dei paesi più arretrati, dall'Asia sud-orientale all'Africa, passando per l'America latina, tutte queste iniziative vengono infatti ricondotte in questo modo entro il quadro atlantico e diventano più che mai l'interesse diretto dell'Europa. Ciò significa, beninteso, che oltre ad essere a beneficio dell'Europa richiedono una partecipazione e quindi uno sforzo addizionale europeo, non ultima ragione dell'accento messo nella proposta di un «Terzo Rapporto» sulle necessità di una espansione dell'economia europea.

In secondo luogo si nota un crescente riconoscimento del fatto che i problemi dell'Europa ed anzi del mondo libero, richiedono una azione globale ed a lunga scadenza. Questo non significa che l'E.R.P. come tale possa durare oltre il 30 giugno 1952. È indubbio che bisogna trovare fonne di aiuto differenti e che queste si sposteranno di più in più dalla concessione di grants verso il finanziamento di iniziative specificamente utili per gli scopi comuni e verso la «messa in palio» di dollari che i paesi europei si dovranno andar guadagnando in giro per il mondo.

In terzo luogo l'insieme dei lavori e delle deliberazioni di queste settimane si risolve in una conferma ed in un approfondimento del concetto che l'azione a lungo termine necessaria deve svolgersi attaccando i problemi essenziali su una linea sostanzialmente di maggiore libertà di scambi, e quindi di maggiore efficienza di produzione e riduzione di costi. Si riconosce ampliamente la necessità di ammortizzare le scosse nel periodo di passaggio e di far intervenire gli Stati per quelle iniziative anche di investimento che si rivelassero necessarie. Ma il tema fondamentale è, ripeto, quello di una maggiore libertà e quindi di una maggiore responsabilità e di una maggiore iniziativa.

Alla luce di ciò, per es., vanno considerate le prossime trattative per il pool carbone-acciaio, erroneamente interpretate da taluno come una semplice rinascita di un cartello vecchio stile (mi riferisco a questo proposito alla breve analisi trasmessa con mio telespresso n. 1824/1169 del 3 giugno 1950) 1•

Mi permetta infine, V.E., nel concludere questa breve rassegna di attirare la sua attenzione sulla complessità e sul peso dei lavori preparatori e delle trattative di fronte a cui ci troviamo e più ci troveremo nei prossimi mesi. «Terzo Rapporto», pagamenti, liberazione degli scambi, tariffe «eccessive», G.A.T.T., pool carbone-acciaio, emigrazione, Comitato atlantico -tutte queste sono cose strettamente collegate fra loro e vanno considerate con spirito unitario e mantenendo un intimo collegamento tra le Amministrazioni e le persone che ne saranno incaricate.

241 1 Questo rapporto era accompagnato dalla seguente lettera, in pari data, a Zoppi: «Vorrei attirare la tua attenzione sul mio rapporto odierno n. 868/353 avente per oggetto: "Politica estera norvegese e piano Schuman", di cui ti accludo ad ogni buon tìne copia, e specialmente sull'ultima parte di esso in cui parlo di un primo accenno qui di un certo senso di disagio norvegese di fronte alla politica estera britannica. A mc consta di certo che il ministro degli esteri Lange ha per il conte Sforza grande ammirazione c profondo rispetto. Potrebbe forse non essere disutile che il nostro ministro tenesse presente quanto io ho esposto in quel mio rapporto nelle conversazioni che gli capita di avere frequentemente in giro con il signor Lange. Non certo per contribuire ad aumentare il disagio a cui ho accennato, ma per servirsi forse di esso allo scopo di far meglio presente a Londra, attraverso un satellite leggermente in dubbio, quello che mi sembra essere alla base della politica svolta dal nostro ministro degli esteri. La necessità cioè che, nell'interesse di tutti, la Gran Bretagna acceleri al massimo un suo "reale" inserimento negli affari europei».

243

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, GALLARATI SCOTTI, A PARIGI, QUARONI, E A WASHINGTON, TARCHIANI

T. SEGRETO 4611/c. Roma, 6 giugno 1950, ore 13,40.

Non dubitiamo dei termini cui verrà risposto a nota russa circa Trieste 1• Mi sembra tuttavia che l'atteggiamento negativo per costituzione Territorio Libero sarebbe notevolmente rafforzato da una chiara conferma della dichiarazione tripartita2• Di tal conferma noi non abbiamo alcun bisogno ma sarebbe necessaria per gli altri che potrebbero immaginare una situazione incerta mentre tanto a noi quanto agli Alleati conviene sostenere fermamente unica alternativa alla non applicazione trattato pace. Agire altrimenti darebbe corpo attuali accuse sovietiche.

Comunque V.E. nel far presente quanto precede sottolineerà interesse italiano ad essere preventivamente tenuti al corrente tenore risposta alla nota russa3 .

2 Vedi serie decima, vol. VII, DD. 468 e 469.

3 Gallarati Scotti e Quaroni comunicarono (rispettivamente con T. segreto 6603/552 del 7 giugno e T. segreto 6466/238 dell'8 giugno) di aver eseguito le presenti istruzioni e che la questione era ancora allo studio dei rispettivi Governi di accreditamento. Con T. segreto 6441/436 del 7 giugno Tarchiani comunicò di aver ricevuto da Perkins l'assicurazione che nella nota all'U.R.S.S. sarebbe stata menzionata esplicitamente la dichiarazione del 20 marzo 1948.

242 1 Non pubblicato.

243 1 Vedi D. 138.

244

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, GALLARATI SCOTTI

T. SEGRETO 4612/304. Roma, 6 giugno 1950, ore 14,30.

Mi consta che l'ambasciatore etiopico è rientrato costì dopo un congedo che poteva parere una sconfessione. Ne sono lieto. Veda VE. di confidargli che nella mia ultima conversazione con Bevin 1 gli dissi che benché noi ci trovassimo obbligati a obiettare tesi spartizione desideravamo vivamente buone relazioni rinnovando al più presto rapporti diplomatici con l'imperatore di Etiopia. Ella ricorderà come Bevin approvò.

245

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GALLARATI SCOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO 6425-6420/545-546. Londra, 7 giugno 1950, ore 13 (perv. ore 18,30).

Iersera è venuto a trovarmi questo ambasciatore di Svezia, Hagglof, il quale aveva ricevuto in giornata visita ambasciatore d'Etiopia Rettà, ufficialmente giustificata da necessità prendere accordi per presentazione credenziali essendo stato Rettà recentemente accreditato anche a Stoccolma.

Scopo effettivo visita Rettà era peraltro il seguente. Egli è tornato da una settimana da Addis Abeba ed ha riferito che impressione imperatore e Governo etiopico è che «agenti degli italiani» nelle diverse capitali stiano lavorando in vario senso, probabilmente allo scopo di giungere all'Assemblea del! 'O.N.U. con due o tre soluzioni sostenute da diversi gruppi e forze da manovrare poi per farle convergere verso quella che al momento sembrasse avere maggiori probabilità di riuscita. Etiopia si rendeva perfettamente conto che tale giuoco politico poteva anche presentare dei vantaggi, ma si domandava se non fosse reciprocamente più conveniente intavolare serie trattative su base concreta allo scopo giungere possibilmente ad Assemblea O.N.U. con soluzione di comune gradimento su cui si potrebbero tempestivamente attrarre i suffragi delle potenze amiche.

Imperatore, che Rettà aveva visto a lungo, si era compiaciuto per suoi rapporti con Hagglof e per contatti avuti con sottoscritto. Egli aveva manifestato particolare fiducia in concezione politica VE. e, rinviando Rettà a Londra, lo aveva autorizzato, qualora Governo italiano concordasse, ad entrare senz'altro in conversazioni con

crete con me -presente ambasciatore Hagglof-circa problema eritreo. Rettà, nel comunicare quanto precede a Hagglof, non si nascondeva complessità problemi che, dopo abbozzo di quella che potrebbe essere eventuale base d'intesa, dovrebbero essere affrontati su terreno tecnico; comunque problemi natura tecnica emergerebbero eventualmente solo in un secondo tempo. Quello che era da decidere ora era se Italia sia disposta o meno raccogliere offerta etiopica di negoziati a Londra nel senso suindicato.

Da visita Commissione inchiesta, Addis Abeba aveva tratto impressione che i cinque delegati avessero tutti idee radicalmente diverse uno dall'altro (naturalmente Etiopia si sentiva più vicina a idee rappresentanti norvegese e sud-africano); ritiene pertanto che da Commissione possano emergere tante diverse correnti da condurre eventualmente-a Lake Success -ad ulteriore rinvio questione.

Ambasciatore Hagglof, pur manifestando massima cautela nell'interpretare parole Rettà, ha creduto comprendere dal colloquio con lui avuto che Etiopia, decisamente contraria a spartizione e desiderosa invece annessione con guarentigie per Italia, non sarebbe però aliena da considerare possibilità federazione purché Italia desse ogni garanzia di rinunzia a ritorni dominazione territoriale quelle regioni.

Rettà era stato autorizzato da imperatore anche ad avere qui conversazioni generiche preliminari, ma non (dico non) riteneva che potessero essere comunque utili in quanto -a suo avviso -di generalità se ne erano già dette abbastanza da una parte e dall'altra. Rettà ha particolarmente insistito con Hagglofsu necessità che, se Italia è disposta raccogliere offerta lanciata da Etiopia, cessi ovviamente attività internazionale e locale volta a propugnare soluzioni che non siano quelle di comune gradimento.

Egli ha dichiarato essere stato fornito poteri per condurre eventuale trattativa a compimento; ed essere comunque disposto a recarsi in qualsiasi momento ad Addis Abeba ove potesse tornare utile.

Per parte mia ho dichiarato che avrei sottoposto proposte in questione a Roma. Resto pertanto in attesa di conoscere avviso Governo italiano in merito a quanto precede e faccio presente, ad ogni utile fine, che è prevista fra otto giorni sosta a Londra del ministro degli affari esteri etiopico in viaggio per Lake Succcss. Comunque, anche prima decisione del Governo in argomento, ogni comunicazione in proposito mi sarebbe particolarmente utile per norma di linguaggio, anche eventualmente nei riguardi autorità britanniche che non escludo possano essere al corrente della questione 1•

244 1 Vedi D. 190.

245 1 Per la risposta vedi D. 248.

246

L'AMBASCIATORE A IL CAIRO, FRACASSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO 6492/100. Il Cairo, 8 giugno 1950, part. ore 0,50 del 9 (perv. ore 8).

Telespresso di VE. 90/343/c. del 3 giugno 1 e telegrammi di VE. 91 e 922 .

Nel comunicare a questo sottosegretario di Stato per gli affari esteri ritardo arrivo Confalonieri in vista imminente riunione del Consiglio Libia, gli ho detto che scambio di vedute poteva nel frattempo proseguire con me al Cairo. Ne ho tratto occasione per riconfermare nostra ferma intenzione ottenere riconoscimento interessi italiani in Libia e parità diritti connazionali con mussulmani, riservandomi trattare più a fondo questione. Sottosegretario di Stato per gli affari esteri mi ha confermato tenore dichiarazioni fattemi da ministro degli affari esteri (miei telegrammi 85 e 86)3 aggiungendo che suggerirà delegato egiziano cercare coincidere suo viaggio in Egitto con quello Confalonieri. Quanto al progetto Pelt, sottosegretario di Stato per gli affari esteri ne era completamente all'oscuro, data lentezza comunicazioni con Kamel Selim Bey, il quale è sprovvisto cifrario. L'ho pregato comunicarmi punto di vista egiziano in argomento non appena avrà preso conoscenza del progetto.

Sarò grato VE. se vorrà informanni appena possibile circa nostro atteggiamento in merito progetto stesso, e ciò per mia norma di linguaggio in vista temute reazioni opinione pubblica araba4 .

247

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI

T. SEGRETO 4731/199. Roma, 9 giugno 1950, ore 15.

Suo 436 1•

Per sua personale riservatissima conoscenza la informo che sono stato messo al corrente in via strettamente confidenziale progetto americano di risposta a nota russa, che è tuttora in corso discussione tra i tre Governi nell'intento di arrivare a formulazione unica o molto simile.

2 Rispettivamente del 6 e 7 giugno: con il primo Zoppi incaricava Fracassi di proseguire lui stesso le conversazioni con il Governo egiziano in attesa dell'arrivo di Confalonieri; il secondo trasmetteva le istruzioni impartite a Confalonieri a Tripoli.

3 Vedi D. 212.

4 Per la risposta vedi D. 253.

Questo progetto fa riferimento alla dichiarazione tripartita2 , per aggiungere poi che migliore soluzione sembra possa realizzarsi mediante un accordo diretto tra parti interessate. Mi risulta anche che francesi hanno proposto una variante. Là dove si parla di «proposta fatta dai tre Governi a Governo sovietico in data 20 marzo 1948» francesi vorrebbero aggiungere: «alla quale Governo ... tuttora aderisce».

Dipartimento sarebbe invece contrario. Ho fatto rispondere per lo stesso tramite confidenziale che tono generale progetto mi sembrava soddisfacente. Né io personalmente o Governo italiano sentivamo bisogno di farci riconfermare ciò che sappiamo bene e di cui non abbiamo mai dubitato, e cioè che Governi firmatari aderiscono oggi come ieri a dichiarazione tripartita.

Tuttavia variante francese, a parte le ripercussioni vantaggiose sull'opinione pubblica italiana, ne avrebbe Belgrado come stimolo opportuno per indurre Tito a trattare con spirito aperto.

Io e Governo italiano non abbiamo certo bisogno di alcuno stimolo, ma Tito, paralizzato com'è dalla sua posizione dittatoria, ne ha certamente bisogno. Si esprima in tal senso presso codesto Governo senza tuttavia lasciar capire che siamo già a conoscenza progetto americano e variante francese3 .

246 1 Non rinvenuto.

247 1 Vedi D. 243, nota 3.

248

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, GALLARATI SCOTTI

T. SEGRETO 4 739/311. Roma, 9 giugno 1950, ore 18,30.

Suoi 545-546 1• Con mio telegramma successivo2 invio a VE. istruzioni specifiche sulla comunicazione che prego VE. di voler fare a Rettà.

D'altra parte, come a esempio, sudafricana, ci sono giunte sollecitazioni a riprendere le conversazioni italo-etiopiche, con l'assicurazione che esse sarebbero gradite ad Addis Abeba. Ci attendevamo queste sollecitazioni visto che il rapporto della Commissione d'inchiesta ha gravemente indebolito e forse compromessa la tesi della spartizione. La nostra posizione è quindi notevolmente migliorata rispetto al gennaio scorso. Noi non intendiamo tuttavia abusare di questo vantaggio, perché consideriamo l 'intesa e la pacifica convivenza con l'Etiopia (c beninteso con l 'Inghilterra) essenziale elemento della nostra politica nell'Africa Orientale. Il fatto è tuttavia che la tesi della indipendenza verrà strenuamente sostenuta in seno all'Interim

3 Tarchiani rispose con T. segreto 6572/453 del l O giugno: «Da sondaggi fatti ieri (con discrezione necessaria per non rivelare confidenze fatte a V.E. a Roma) sembra potcrsi dedurre che variante francese è stata sostanzialmente accettata da Dipartimento di Stato».

2 Vedi D. 252.

Committee da alcuni Stati e raccoglierà numerosi e convinti consensi. Bisogna dunque che anche l'Etiopia si renda conto della situazione e sia disposta ad esaminare il problema con senso di realtà.

Nel dare a Rettà comunicazione verbale del mio telegramma successivo ella vorrà mettere in rilievo buona volontà e moderazione nostra ma anche difficoltà obiettive che dovremo affrontare.

247 2 Vedi serie decima, vol. VII, DD. 468 e 469.

248 1 Vedi D. 245.

249

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BRUSASCA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO URGENTISSIMO 6582/104-105. Il Cairo, 9 giugno 1950, part. ore 1,17 dellO (perv. ore 24).

In colloquio ier sera questo ministro degli affari esteri mi ha dichiarato che Governo egiziano confida che il Governo italiano vorrà dare istruzioni suo delegato Consiglio Libia per collaborare con delegato egiziano allo scopo assicurare piena applicazione dei principi della risoluzione dell'O.N.U. per l'indipendenza e l'unità della Libia, nei confronti delle quali si verifica invece azione contraria anglo-francoamericana. Tenendomi sulle linee generali ho rinnovato nostro intendimento dare leale esecuzione decisioni O.N.U. per indipendenza Libia e sviluppare nostra collaborazione con paesi arabi cd in particolare con Egitto. Ho però riafferrnato imprescindibile necessità che da parte dei popoli arabi vengano riconosciuti pienamente i nostri fondamentali interessi in Libia ed in particolare il diritto degli italiani colà residenti a partecipare alla creazione del nuovo Stato indipendente. Il ministro ha risposto che concordava pienamente. Egli ha però insistito aftìnché da parte nostra vengano sostenute l'indipendenza e la unità dei popoli libici e si è augurato che la prossima visita di Confalonieri al Cairo possa far sorgere delle basi per una più stretta intesa fra nostri due paesi in seno al Comitato per la Libia. Non abbiamo per nulla parlato del progetto Pelt, che questo sottosegretario di Stato per gli affari esteri ha dichiarato a Fracassi di non conoscere, ma che la stampa locale di ieri combatte vivacemente.

Circa l'Eritrea il ministro degli affari esteri mi ha comunicato che il suo atteggiamento contrario alla spartizione gli procurò delle vive reazioni da parte Etiopia con la quale l'Egitto deve mantenere dei rapporti di buon vicinato specialmente per il problema antagonistico del Lago Tana.

Ciò nonostante questo Governo mantiene la linea di condotta decisa.

Circa il miglioramento dei rapporti fra l'Italia e l'Etiopia questo ministro degli affari esteri mi ha dichiarato che avrà molta influenza l'assetto dei rapporti fra l'Italia e paesi arabi per quanto riguarda la Libia perché cordiale e feconda collaborazione che egli si augura e spera potrà rapidamente svilupparsi [farà] cadere molte prevenzioni e la paura che a suo avviso l'Etiopia conserva nei nostri riguardi.

Dopo colloquio col ministro degli affari esteri ne ho avuto un altro con Azzam pascià che mi ha manifestato le sue apprensioni per le recenti proposte anglo-francoamericane ai paesi della Lega araba per la loro difesa. Egli mi chiese quale era il pensiero in proposito del Governo italiano. Gli ho risposto che la mia visita in Somalia non mi ha permesso di seguire questo awenimento. Azzam pascià mi ha confermato che per parte sua e da parte del Governo egiziano darà pieno appoggio al diritto degli italiani di partecipare alle eventuali elezioni per la creazione del nuovo Stato libico. Egli mi ha inoltre espressamente dichiarato che considera non solo necessaria ma indispensabile la continuazione della collaborazione degli italiani allo sviluppo dell'economia della Libia.

Ho approfittato del!' occasione per esprimere al ministro degli affari esteri il nostro apprezzamento per l'opera di distensione svolta da Rustom bey a Mogadiscio. Il ministro a sua volta mi ha espresso la sua soddisfazione per la cordiale collaborazione che si è subito stabilita in Somalia traA.F.I.S. e Comitato consultivo dell'O.N.U.

250

L'AMBASCIATORE A PARIGI, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

R. 470/2325. Parigi, 9 giugno 1950 (perv. il 16).

Passato l'entusiasmo dei primi giorni, si dovrebbe dire che questi ambienti francesi (tranne naturalmente Schuman e Monnet) sono quasi spaventati dei problemi, anche francesi, che essi hanno sollevato con il piano Schuman.

L'opposizione inglese, il passar oltre alle osservazioni britanniche, se hanno in un certo senso dato soddisfazione ali'orgoglio francese, hanno anche destate non poche preoccupazioni, e non solo negli ambienti professionalmente anglofili. Anche in seno allo stesso Gabinetto non mancano quelli che osservano essere pericoloso il téte-à-téte con la Germania con il solo appoggio dei continentali, c che è necessaria la presenza inglese: si arriva a dire -è un ministro in carica che mc lo ha detto che il piano che, a quanto si dice, stanno preparando gli inglesi, e che probabilmente sarà sulle lince già a suo tempo accennate, Commissione di delegati governativi, funzionante alla unanimità come i comitati O.E.C.E., è probabilmente una cosa più saggia dell'ambizioso piano Schuman. ln dettaglio si critica la maniera brusca ed autoritaria con cui sono stati condotti i negoziati con gli inglesi. C'è senza dubbio, checché si dica, una crisi nei rapporti franco-inglesi e questo, a Parigi, spaventa un po' tutti.

Gli ambienti padronali sono, come era d'attenderselo, contrari: essi sarebbero stati favorevoli, come sempre, ad un cartello franco-tedesco, magari ad un cartello europeo dell'acciaio, ma non vedono di buon occhio un piano che, se dovesse riuscire, sarebbe il contrario di un cartello, e permetterebbe all'organo da costituire di andare a mettere il naso nel campo strettamente riservato dei prezzi e dei profitti. Si teme anche che la lotta contro l'economia diretta, praticamente vinta nei settori liberi del Grand Patronat, ritorni oggi attraverso questo organo internazionale. Da parte del Governo francese si ha un bel ripetere a tutti quelli che vogliono sentire che questo non è vero: ma le cose hanno la loro logica.

Si delinea intanto una interessante manovra: sono adesso gli agricoltori francesi che domandano anche essi un accordo con la Germania, e magari europeo, sulle stesse basi del pool dell'acciaio e del carbone. Si tratta effettivamente di un interesse dell'agricoltura francese, la quale, altrettanto ritiene di essere rovinata da un accordo stretto con l 'Italia, altrettanto ritiene invece di essere favorita da un accordo con la Germania: punto questo tanto più sensibile in quanto si annuncia per questo anno un raccolto eccezionale e se non si trovano dei vasti mercati di esportazione si minaccia un crollo disastroso dei prezzi agricoli, con tutte le sue conseguenze. Ma questo interesse vero, manovrato da chi è contrario al piano Schuman, serve alla solita tattica, allargare il campo di azione, in modo da non far niente.

Come che sia, ed a parte le difficoltà stesse inerenti al negoziato che sta per aprirsi, è già fin da adesso necessario porsi una domanda: ratificherebbe il Parlamento francese il piano Schuman, qualora in sede internazionale esso dovesse arrivare in porto? Oggi come oggi una risposta positiva sarebbe assai arrischiata. Come nella questione dell'Unione doganale franco-italiana il Governo non può realmente contare che sui voti dell'M.R.P.: e siccome il piano Schuman non potrà essere concluso in pochi giorni, è da temere che questo darà tutto il tempo all'opposizione di organizzarsi: senza contare l'azione inglese: solo un intervento massiccio degli americani potrebbe mettere a posto l'opposizione. Ma ci sarà quest'intervento?

Francesi ed americani qui non nascondono il loro entusiasmo e la loro decisione di andare in fondo: ma qual'è il vero pensiero di Washington? O per essere più esatti: gli americani vogliono veramente il massimo Schuman, che non potrà essere realizzato che senza l'Inghilterra, o preferiscono il meno che accetterebbero gli inglesi? È difficile giudicare degli americani a distanza, ma non sarei sorpreso che, in ultima analisi, essi finiscano per propendere per il meno accettato anche dall'Inghilterra. A mia impressione, una volta lanciata l 'idea qualche cosa si farà, questo qualche cosa sarà anche qualche cosa di una certa importanza effettiva: ma non sono altrettanto sicuro che si riuscirà a realizzare il piano Schuman quale esso è stato proposto.

A parte il fatto, che ho già segnalato, che questo qualche altra cosa toglierebbe al piano Schuman il suo carattere rivoluzionario e sopratutto europeo, la questione si presenta come grave dal punto di vista interno francese.

Con il piano Schuman, la Francia ha tentato di prendere in mano, in certa misura, il leadership della politica di integrazione europea: ha anche lanciato un piano ardito per cercare di risolvere il problema secolare dei rapporti franco-tedeschi. Se tutto questo non riesce, lo scacco francese è grave: e quella stessa parte dell'opinione pubblica che oggi applaude all'iniziativa francese che, per qualche giorno, ha dato alla Francia l'illusione di essere di nuovo al primo piano, criticherà domani chi si è lanciato in un'iniziativa senza sufficientemente riflettere alle sue possibilità vere di realizzazione.

Sul piano internazionale lo scacco sarà anche più grave se, come non è del resto da escludere, saranno i francesi stessi a dovere avanzare nei negoziati con molta riserva, in vista di questo crescere dell'opposizione interna. Il Governo francese sta già avendo uno scacco sulla questione dell'Unione doganale franco-italiana; se a questo si aggiunge un altro scacco sul piano Schuman, scacco molto più clamoroso per l'importanza e la réclame che è stata fatta intorno alla cosa, il meno che si può attendere è che Schuman sia obbligato a dare le sue dimissioni il che potrebbe non dispiacere a Bidault, ma le cui conseguenze potrebbero anche essere più gravi. In fondo, niente sarebbe più gradito agli altri partiti francesi, non solo di far cadere il Gabinetto Bidault ma almeno di rompere il monopolio della politica estera che dalla liberazione in poi è stato stabilito a favore dell'M.R.P. Del resto già adesso per il piano Schuman, come in occasione dell'Unione doganale, si sente con molta insistenza parlare in Francia in termini di internazionale nera.

Comunque, se il piano Schuman non riesce ad opera degli stessi francesi, bisognerà trame la conclusione filosofica che l'Unione europea tranne che a parole, i francesi non la vogliono molto più degli inglesi.

251

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

R. 6376/3701. Washington, 9 giugno 1950 (perv. il 19).

A complemento di quanto segnalato col mio rapporto n. 6059/3534 del 2 giugno1, ritengo opportuno recare all'attenzione di V.E. ulteriori indicazioni dell'atteggiamento americano sull'argomento in oggetto2 che è stato possibile cogliere attraverso dichiarazioni fatte dallo stesso segretario di Stato e da Averell Harriman. Esse confermano in sostanza quanto ho avuto occasione di segnalare col precedente rapporto a codesto Ministero in merito al notevolissimo interesse suscitato dal piano in questi ambienti, al desiderio di mantenere un atteggiamento di «favorevole attesa» c allo stesso tempo di giustificare alquanto le esitazioni inglesi pur cercando di svolgere opera di incitamento e di persuasione sul Governo di Londra affinché esso, se non subito, in un secondo tempo partecipi attivamente al piano predetto.

Acheson ha espresso la sua opinione in argomento quando, in occasione di un hearing sul piano degli aiuti militari del Comitato degli affari esteri della Camera gli è stato richiesto di esprimere i suoi commenti in merito ali' atteggiamento britannico, e di precisare «se egli non ritenesse che era ormai necessario per l'Inghilterra riconoscere finalmente che essa è parte dell'Europa occidentale».

Acheson si è limitato rispondere che non stimava opportuno esprimere commenti su ciò che gli inglesi dovrebbero fare c che d'altro canto il recente scambio di note tra inglesi e francesi in argomento non rifletteva opposizione o freddezza britannica al piano, ma soltanto prendeva in esame il problema del momento in cui gli inglesi avrebbero potuto cominciare a prendere parte alle discussioni. Sul piano in sé Acheson ha anche dichiarato che esso sembrava basato su propositi di enorme importanza i quali in pratica dovrebbero tradursi nell'abolizione di tariffe, di restrizioni quantitative e di pratiche discriminatorie per i traffici di carbone e acciaio nell'Europa occidentale.

251 1 Vedi D. 235. 2 Il documento reca l'indicazione del seguente oggetto: «Piano Schuman».

Acheson ha anche dichiarato che egli riteneva che il piano avrebbe notevolmente contribuito alla creazione in Europa occidentale di quella unica area commerciale che il Governo americano è tuttora convinto debba costituire l'obiettivo degli europei nel campo della politica economica. Egli a tale riguardo ha anzi tracciato alcuni confronti tra le intenzioni implicite nel piano e la situazione se non uguale comunque simile che si è venuta e creare negli Stati Uniti nel 1787 quando fu costituita un'autorità federale incaricata di vigilare sul commercio interstatale.

Non meno interessanti mi sembrano le dichiarazioni fatte da Harriman in occasione di una conferenza stampa che ha avuto luogo ieri all'arrivo del predetto negli Stati Uniti per testimoniare di fronte ai Comitati parlamentari sull'argomento del piano degli aiuti militari. In tale conferenza Harriman ha innanzi tutto difeso piano Schuman dalle accuse di cartellizzazione, dichiarando che il concetto alla base del piano era quello di favorire l'aumento della produttività, di abolire i produttori non efficienti, di far sì che, ove necessario, si possa mobilitare il capitale richiesto per la modernizzazione degli impianti, e infine di promuovere il libero traffico di carbone e acciaio attraverso le frontiere nazionali dando ai consumatori ogni possibile accesso a tali prodotti su una base di uguali prezzi. Harriman ha anche accennato a tale riguardo al fatto che gli stessi francesi riconoscono che essi potranno trovarsi nella situazione di dover chiudere alcune delle loro miniere. Anch'egli ha marcato la tremenda importanza del piano in quanto esso mostra una nuova fondamentale comprensione tra la Francia e la Germania di larga portata storica e non ha mancato neppure di esprimere la sua opinione nei riguardi dell'atteggiamento del Governo inglese dichiarando di essere personalmente convinto che la Gran Bretagna parteciperà ai negoziati a una data avvenire.

In sostanza dalle dichiarazioni di ambedue i predetti uomini di Stato americani risulta confermato l'estremo interesse con cui qui il piano Schuman viene seguito.

Non vi è dubbio peraltro che se, nella valutazione del piano, si vuoi prescindere dal valore politico di esso, una certa divergenza di opinioni si è manifestata negli ambienti tecnici americani. Malgrado la fiducia espressa da Harriman e gli sforzi che qui vanno facendo i francesi per persuadere per il contrario gli americani, la controversia verte, com'è ovvio, sulla possibilità che il piano Schuman conduca a una definitiva cartellizzazionc di due industrie-base, come il carbone e l'acciaio, che vi sono già inclini per tradizione e temperamento.

Anche gli elementi tecnici, e più timorosi de li'aspetto monopolistico del piano, riconoscono però la enorme importanza politica del progetto c, nella loro maggioranza, la necessità di subordinare le considerazioni di carattere strettamente economico e tecnico a quelle politiche. A quest'ultimo riguardo, si riconosce che ove il programma venisse attuato, l 'Europa occidentale avrebbe compiuto il passo forse più importante, ed insperato, verso l'integrazione.

Si tiene anche conto poi della circostanza che le tendenze cartellistiche e monopolistiche delle industrie siderurgiche e carboniere del continente hanno trovato storicamente radice nella relativa povertà del mercato europeo, e nel conseguente basso livello di consumi «pro capite» di prodotti del ferro e d eli' acciaio. Si osserva quindi, sulla traccia di ciò che lo stesso segretario di Stato ha osservato, che, ove il piano Schuman fornisse impulso a un effettivo principio di creazione di un unico mercato europeo, la capacità di consumo di prodotti siderurgici del mercato stesso verrebbe ad aumentare, e si verrebbero a determinare i presupposti di una politica siderurgica ispirata dall'interesse di aumentare la produzione a costi bassi, sulla base di un mercato di massa, come accade negli Stati Uniti. Di conseguenza si potrebbe determinare una effettiva situazione di concorrenza tra le diverse industrie siderurgiche, anche se pur sempre di «concorrenza monopolistica» dato che le grandi unità produttrici saranno relativamente poche in numero e caratterizzate da una preponderanza di costi fissi.

Sempre per quanto concerne gli ambienti tecnici predetti, aggiungo che le preoccupazioni che sussistono in essi circa le tendenze monopolistiche del piano Schuman attenuano il disappunto, che è evidente nelle sfere più strettamente politiche, per l'atteggiamento inglese. Si fa notare infatti da qualcuno che, ove l'industria inglese restasse fuori del piano, il mercato internazionale dei prodotti del ferro e dell'acciaio sarebbe caratterizzato da una sana concorrenza fra industria continentale ed industria inglese. Tuttavia, in generale, considerazioni di portata più vasta fanno ritenere opportuno, e necessario, l'inserimento dell'Inghilterra nel piano, anche perché esso potrebbe fornire il necessario contrappeso alla forza del nucleo tedesco. Come detto da Harriman, è comunque opinione qui diffusa che, come avvenne per l'E.P.U., presto o tardi, l 'Inghilterra finirà per dare la sua attiva partecipazione.

La necessità di avere dei contrappesi a un eventuale prevalere tedesco in seno al costituendo organismo sembra d'altra parte essere pienamente valutata al Dipartimento di Stato, ove si sono ascoltati con molta attenzione e chiari consensi gli accenni fatti da questa ambasciata, sulla scorta delle comunicazioni telegrafiche di V.E., all'opportunità che a fianco del piano Schuman si manifesti una più netta possibilità di realizzazione di unione doganale italo-francese. Si riconosce infatti nel Dipartimento e nell'E.C.A. che un raggiungimento di un simile nucleo nell'Europa occidentale nel momento in cui ci si avvia a un'alleanza economica in cui la Germania entrerà con piena parità di diritti e con notevolissimo impulso d'azione potrà essere necessario, tanto quanto un eventuale inserimento britannico, a scopi di bilanciamento. Anche per tale motivo, mi sembra si possa contare su un interessamento sempre maggiore di questo Governo alla pratica realizzazione della predetta unione doganale.

252

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, GALLARATI SCOTTI

T. SEGRETO 4792/313. Roma, IO giugno 1950, ore 19,30.

Mio 311 1•

Dica a Rettà che Governo italiano ha sempre desiderato e sinceramente desidera un 'intesa con l 'Etiopia. L'Italia non ha alcuna mira ristabilire, direttamente o indirettamente, suo dominio sull'Eritrea, e di questo come Rettà sa, essa era pronta a dare formale assicurazione scritta all'Etiopia. Il Governo etiopico può considerare questa nostra assicurazione come permanente e fermissima.

Dopo che Rettà ebbe a Ginevra colloqui con il sottosegretario Brusasca e poi a Londra con V.E. noi ci siamo astenuti da qualunque azione diplomatica che fosse contraria allo spirito di quelle amichevoli conversazioni. Non è vero che nostri agenti abbiano prospettato nelle varie capitali soluzioni diverse. Le informazioni che possono essere giunte al Governo etiopico in merito a ciò sono erronee. Del resto la sola azione che avremmo dovuto logicamente svolgere sarebbe stata in sostegno tesi indipendenza. Non lo abbiamo fatto e abbiamo lasciato aperte le vie ad ogni ragionevole compromesso e quando ci è stato possibile e con chi ci è stato possibile abbiamo agito in senso moderato.

Il nostro memorandum sulla questione eritrea è stato infatti considerato da qualche Governo fin troppo conciliante.

Comunque siamo adesso entrati in una fase nella quale il problema eritreo deve essere studiato e risolto nella sua sostanza. La presentazione del rapporto della Commissione di inchiesta è imminente, e siamo informati che esso ci verrà comunicato con la massima urgenza. Dopo di che sarà possibile, come abbiamo da tempo suggerito, riprendere le conversazioni italo-ctiopiche stabilendo di comune accordo la maniera di procedere.

Rettà sa bene che si tratta di un problema molto complesso, che tanto l'Etiopia che noi dobbiamo tener conto delle tendenze che si rileveranno neii'Interim Committee, c che sarà necessario molto senso di realtà per intendersi e un lavoro accurato e paziente tanto tra l'Etiopia e noi quanto nei confronti Stati O.N.U. V.E. può assicurarlo che a questo lavoro ci dedicheremo con spirito comprensivo ed amichevole e che è nelle nostre intenzioni giungere entro quest'anno alla soluzione del problema eritreo2 .

252 1 Vedi D. 248.

253

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ZOPPI, ALL'AMBASCIATORE A IL CAIRO, FRACASSI

T. SEGRETO 4794/99. Roma, IO giugno 1950, ore 23.

Suo n. l 00 1 c telegramma di questo Ministero n. 922•

Per opportuna norma V.S. informola che nei contatti con ambasciata inglese è stato particolarmente sottolineato punto di vista italiano circa necessità adottare metodi più democratici nell'evoluzione costituzionale della Tripolitania. È stato per

2 Vedi D. 246, nota 2.

ciò raccomandato che, qualora non si possa far luogo ad elezioni in Tripolitania, si costituisca almeno una Assemblea regionale con tutti gli attuali membri dei Consigli municipali; che i rappresentanti tripolitani nel Comitato preparatorio siano tutti eletti da tale Assemblea; che nel Comitato preparatorio le regioni siano rappresentate in proporzione alla popolazione; che se si ravvisa la necessità di affiancare i lavori del Comitato preparatorio con elementi tecnici si facciano designare esperti dall'O.N.U. e non si attribuisca loro diritto di voto.

Si è anche naturalmente richiesta maggiore garanzia per protezione interessi italiani, indicata ultima parte telegramma a Confalonieri del 7 corrente2 .

Per quanto del nuovo progetto Pelt e delle successive conversazioni non si sia parlato a Kamel Bey, nostro punto di vista resta fermo su concetto fedele esecuzione disposizioni O.N.U., adozione metodi democratici e protezione nostri interessi.

Se quindi riusciremo a convincere Pelt e inglesi necessità tener in maggior conto aspirazioni abitanti Libia, compito Confalonieri che dovrebbe mirare a riavvicinare differenti punti di vista sarebbe facilitato.

252 2 Con successivo T. 4820-4821/315-316 del 12 giugno Sforza. tàcendo riferimento ad una intervista dell'imperatore d 'Etiopia pubblicata sul Nell' York Timcs, telegratàva: «Nella sua eventuale conversazione con Rettà gli chieda se esatto quanto pubblicato Ncu· York Timcs e quale significato si debba dare alle parole dell'imperatore. In particolare alla sua dichiarazione che non sono possibili relazioni diplomatiche con l'Italia perché l'Italia mantiene interessi in zone contìnanti con l'Etiopia. Per correttezza verso Governo britannico è utile che Y.E. informi il Foreign Otlice della iniziativa etiopica e degli esatti tennini della nostra risposta. Può aggiungere che, beninteso, lo terremo al corrente ulteriori sviluppi iniziativa. Ci terremo naturalmente in contatto anche con il Dipartimento di Stato».

253 1 Vedi D. 246.

254

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'ONOREVOLE TAVIANJ, A PARIGI 1

L. Roma, IO giugno 1950.

Se qui desidero confermarle e chiarirle le ragioni che han deciso il Governo della Repubblica a dar tosto la sua adesione al piano Schuman è per linea di condotta e di linguaggio dei delegati che la accompagneranno a Parigi. Infatti, dai colloqui che mi condussero alla convinzione che ella, colla sua preparazione economica, presiederebbe degnamente la delegazione ben sentii quanto ella condivideva il nostro punto di vista.

Tutti i suoi collaboratori dovranno sentire che nel piano Schuman noi ravvisiamo il primo serio tentativo di avere nell'Europa moderna un'autorità supemazionale. Ciò, in un colla possibilità di eliminare una volta per sempre quel dissidio franco-tedesco che fu causa di tante guerre, costituisce una delle maggiori speranze del momento attuale. L'Italia che ha tutto da guadagnare dalla pace e tutto da rischiare colla guerra deve favorire quanto più può il piano Schuman; naturalmente ella e i suoi collaboratori dovranno difendere gli specifici interessi italiani, ciò che tanto meglio si farà quanto più chiaro apparirà che non siamo guidati da pregiudizi autarchici.

Il piano Schuman è oggi e deve restare in avvenire il contrario di un cartello: infatti il suo scopo è e deve rimanere quello di mettere a disposizione dell'Europa acciaio carbone minerali al minimo prezzo possibile.

Non possiamo sapere ora se il piano Schuman, così come esso oggi è concepito, sarà accettato o non finirà per derivare verso forme di commissioni di delegati governativi, tipo O.E.C.E., come vorrebbesi a Londra, il che sarebbe tutt'altra cosa. È tuttavia di importanza capitale che la delegazione italiana non si assuma nemmeno la apparenza di essere essa responsabile di questa deviazione; le ripercussioni sarebbero troppo gravi sull'opinione pubblica europea e americana, e anche per legittimo egoismo noi non dobbiamo assumerci responsabilità di tal sorta.

Noi dobbiamo assumere un atteggiamento lealmente europeo; certo, se saranno gli altri a deformare il piano in senso nazionale il nostro atteggiamento dovrà cambiare; ma è essenziale che su questa via non siamo noi a prendere iniziative.

Ella e i suoi collaboratori dovranno curare i migliori rapporti colle altre delegazioni e favorire sempre contatti a porte aperte cogli inglesi. È nostro interesse politico ed economico che l'Inghilterra finisca per far parte dell'accordo. Quando sarà evidente che l'accordo arriva in porto essa aderirà: il fatto, l'esistenza di un fatto, ha valore supremo per gli inglesi. Ma gioverà a noi ch'essi sentano che fummo sempre ultra-favorevoli alloro ingresso.

Circa la siderurgica italiana le notifico che l'appoggio francese ci è assicurato per difenderne i giustificati interessi. Mantenere a noi il promesso appoggio francese sarà uno dei compiti essenziali della delegazione. Del resto, scopo della Conferenza-e della prima sessione di essa-sarà di definire la carta costituzionale del nuovo ente supernazionale: gli accordi e le considerazioni tecniche verranno probabilmente dopo; e solo allora gli esperti dovranno entrare in giuoco. Il problema politico di carattere europeo dovrà rimanere essenzialmente, onorevole presidente, nelle sue mani.

Data la novità del concetto ispiratore del piano Schuman -novità che non potrà non turbare le menti di taluni tecnici e non provocare contrasti nazionali -è supponibile che almeno al suo inizio la Conferenza sarà politicamente assai fluida.

È quindi evidente quanto sia ora impossibile dare alla delegazione da lei presieduta istruzioni di dettaglio: nelle linee generali delle presenti istruzioni massima larghezza è lasciata a lei, primo delegato, di adattare il suo atteggiamento alle mutevoli circostanze. Dato l'aspetto essenzialmente politico della questione, ho dato istruzioni all'ambasciatore italiano a Parigi di mantenere il più stretto contatto con lei; sarà desiderabile che questi contatti siano frequentissimi.

254 1 Presidente della delegazione italiana alla Conferenza per il piano Schuman. Il documento è edito in C. SFORZA, Cinque anni a Palazzo Chigi, cit., pp. 303-306.

255

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A KARACHI, ROMANELLI

T. SEGRETO 4822/30. Roma, 12 giugno 1950, ore 16,30.

Chieda di vedere personalmente ministro degli esteri e gli dica quanto segue: «Il Governo italiano ha molto apprezzato l'atteggiamento amichevole del Pakistan nella questione Eritrea, e l'opera che il delegato pakistano in conformità con le istruzioni del suo Governo ha svolto in seno alla Commissione d'inchiesta. Lo spirito di giustizia, l'equilibrio e imparzialità del delegato pakistano hanno avuto grande importanza nella impostazione del problema eritreo. Il Governo italiano tiene a far conoscere al Governo pakistano che l'atteggiamento del Pakistan in tale questione ha rafforzato i vincoli di amicizia tra i due paesi».

Dopo fatta tale comunicazione S. V. può chiedere, a titolo personale, se il Governo del Pakistan ha intenzione di far partecipare ai lavori della Piccola Assemblea lo stesso suo delegato in seno alla Commissione d'inchiesta. Come lei comprende, a noi questo farebbe piacere, ma pur facendo i maggiori elogi del delegato predetto, abbia la massima cura di non far apparire che noi vogliamo influenzare la scelta e le decisioni di codesto Governo 1 .

256

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, GALLARATI SCOTTI, E A WASHINGTON, TARCHIANI

T. SEGRETO 4853/318 (Londra) 205 (Washington). Roma, 12 giugno 1950, ore 23.

Rappresentanti britannico e nordamericano ci hanno oggi chiesto ufficialmente (come ci era già noto che sarebbe stato fatto) se siamo disposti riprendere conversazioni dirette con Etiopia. Mallet ci ha anche offerto interessamento Governo britannico per premere a questo fine su Governo etiopico. Ad entrambi il segretario generale ha risposto in senso affermativo informandoli del passo già compiuto da Rettà1 e delle istruzioni impartite a V.E. 2 . Mallet ha sottolineato che tali conversazioni dovrebbero avere scopo trovare soluzione compromesso questione eritrea in quanto Governo britannico, pur sempre convinto che soluzione migliore sarebbe spartizione, ritiene difficile Assemblea N.U. possa approvarla dopo rapporto Commissione inchiesta. Da parte nostra è stato espresso parere che uniche proposte su cui Assemblea fisserà sua attenzione saranno quella indipendenza e quella federativa e che pertanto riteniamo soluzione sia da ricercarsi conciliando queste due tesi nell'ambito Assemblea e tenendo conto umori e tendenze che si rivelano colà. Non solo siamo quindi disposti a riprendere conversazioni con etiopici, ma riteniamo utile esse vengano condotte a Lake Success durante imminenti lavori Piccola Assemblea. E ciò anche per non dare a varie delegazioni impressione volerle mettere dinanzi fatti compiuti il che sarebbe dannoso anche perché impedirebbe qualsiasi accordo.

È stato aggiunto che tuttavia, se come pare, ministro affari esteri etiopico sarà a Londra per qualche giorno prima riunioni Assemblea, saremmo lieti di prendere con

2 Vedi D. 252.

tatto con lui per concordare modalità conversazioni e per confermarci reciproco desiderio condurle con cordiale volontà trovare soluzione soddisfacente per entrambi i paesi e per Nazioni Unite.

255 1 Per la risposta vedi D. 262.

256 1 Vedi D. 245.

257

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GALLARATI SCOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO 6636/565. Londra, 12 giugno 1950, ore 21,15 (perv. ore 7,30 del 13).

Ho parlato con ambasciatore Svezia, pregandolo portare a conoscenza Rettà quanto comunicato da V.E. con telegramma 313 1 . Non ho ritenuto opportuno prendere io, per il momento, iniziativa diretto contatto con Rettà, per ovvie ragioni tattiche: e non ho mancato illustrare a Hagglof, anche alla luce di quanto segnalatomi dalla

E.V. su nostra posizione dopo prime risultanze Commissione inchiesta (suo 3 Il )2 , delicatezza per nostro Governo -anche nei confronti opinione pubblica -incamminarsi sulla via di negoziati diretti che non possono non condurre ad abbandono tesi indipendenza da noi ufficialmente sostenuta e recentemente ribadita da sottosegretario Brusasca durante sua sosta ad Asmara.

Ho pertanto sottolineato con mio collega svedese necessità che Governo etiopico studi al più presto risultati Commissione inchiesta così da essere in grado, quando abbiano inizio eventuali negoziati, avere idee precise su estremi limiti cui è disposto a giungere: ho tenuto a dire che, da parte nostra, non possiamo abbandonare tesi indipendenza se non vediamo possibile raggiungere soddisfacente intesa diretta poiché, se conversazioni dovessero fallire, ci troveremmo così in posizione indebolita quando questione giunga a Lake Success.

Hagglof si è perfettamente reso conto nostro punto di vista e, nell'assicurarmi che provvederebbe a fare subito a Rettà comunicazione richiesta, ha tenuto a manifestarmi suo personale amichevole avviso che questo sia psicologicamente e politicamente il momento opportuno per trattare con l 'Etiopia. Intervista negus, cui testo completo mi sembra meno preoccupante di quanto possa apparire a prima vista, era da lui considerata come semplice mossa tattica.

Abbiamo concordato con Hagglof di non far parola, per il momento, con il Foreign Office della questione: essendo partita iniziativa da parte etiopica sembrerebbe preferibile che fosse Rettà ad informare eventualmente le Autorità inglesi circa avances da lui fatte 3•

2 Vedi D. 248.

3 Con T. segreto 4880/320 del 13 giugno Sforza rispose: «Approvo linguaggio da lei tenuto con codesto ambasciatore Svezia che collima con contenuto mio 316». Vedi D. 252, nota 2.

257 1 Vedi D. 252.

258

IL SEGRETARIO DJ STATO DEGLI STATI UNITI D'AMERICA, ACHESON, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

L. Washington, 12 giugno 1950.

Your letter of May 18 1 reached me just before I left London. I appreciate the spirit in which you wrote.

lt is gratifying to me and my Government to know that it continues to be your firm desire to seize the first opportunity to attempt a solution of Italy's Adriatic problems through direct negotiation with ltaly's neighbors. I am fully mindful ofthe difficulties which you describe in your letter. You may be sure that the United States Government continucs to desire to do what it appropriately can to remove obstacles to constructive agreements resolving international problems. The United States Ambassador at Belgrade has in the last few days reminded the Yugoslav Foreign Office of our hope that actions which would render an understanding more difficult might be avoided. In this connection the Ambassador alluded to the recent restrictions on travel from the Yugoslav-administered Zone of the Free Territory to the United State-United Kingdom Zone, and inquired as to their purpose and the feasibility of lifting them.

It is a pleasure to have the opportunity to see you in London. Unti! our next meeting, please accept my best wishes for your good health and success.

259

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GALLARATI SCOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO 6688/567. Londra, 13 giugno 1950, ore 13,30 (perv. ore 19,30).

Mio 565 1•

Foreign Office ha fatto conoscere essere state impartite istruzioni ad ambasciatore Gran Bretagna a Roma informare Governo italiano avviso Governo britannico che miglior soluzione problema eritreo potrebbe attenersi attraverso dirette intese itala-etiopiche verso le quali far poi convergere, in un secondo tempo, opinioni paesi membri O.N.U.

Questo Governo aveva visto con favore precedenti conversazioni itala-etiopiche e tanto più le riterrebbe utili ora che Commissione inchiesta non ha raggiunto risultati concordi da cui possa emergere soluzione effettivamente attuabile. Secondo Foreign

259 1 Vedi D. 257.

Office nessuna delle tesi che risulteranno da rapporto Commissione inchiesta sarebbe comunque suscettibile ottenere, salvo accordo fra le parti interessate, necessaria maggioranza due terzi; e si riterrebbe qui quanto mai opportuno evitare che questione eritrea rimanga, anche dopo prossima Assemblea O.N.U., ad un punto morto.

Nel far presente quanto precede, capo Dipartimento africano Foreign Office ha dichiarato che Governo britannico, qualora nostro Governo concordasse su opportunità conversazioni, sarebbe pronto interporre suoi buoni uffici. Egli ritiene che momento più propizio per inizio conversazioni sarebbe quello attuale, tanto più che prima di riunione Interi m Committee a Lake Success (prevista verso metà luglio) si potrebbe far venire appositamente a Londra ministro affari esteri etiopico che troverebbesi attualmente Parigi.

Allen, nell'esprimere speranza che Governo italiano possa avviarsi verso intese dirette con Etiopia, si è anche richiamato a dichiarazioni fatte da presidente del Consiglio e da V.E. a Bevin2 nel senso che nostro appoggio a tesi indipendenza non esclude che siamo eventualmente disposti considerare soluzione di compromesso.

Dall'insieme conversazioni, ed anche dal fatto che Allen non ha menzionato Rettà, si è tratta impressione che Foreign Office non (dico non) sia al corrente passo ambasciatore etiopico presso Hagglof e che tutto al più possa essere stato genericamente informato da Rettà circa desiderio suo Governo intendersi direttamente con Italia per soluzione problema eritreo.

258 1 Vedi D. 204, Allegato.

260

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GALLARATI SCOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO 6801/579-580. Londra, 15 giugno 1950, ore 13,45 (perv. ore 17,30).

Ho avuto iersera lunga conversazione con sottosegretario permanente presso il quale trovavasi anche assistant undersecretary Wright.

Ho confermato a Strang quanto già era stato fatto presente il 13 mattina ad Allen (mio 568) 1 circa passo Rettà [ ...f

F.O. aveva ricevuto da Mallet comunicazioni circa colloqui rappresentante americano e suo il 12 corr. con segretario generale 3 e, dall'insieme, ha sensazione che, da parte italiana, timore «urtare» delegazioni altri paesi nella ricerca dirette intese con Etiopia sia talmente radicato da far escludere utile inizio conversazioni carattere esplorativo (e non semplicemente teorico) nell'epoca che viene qui considerata più propizia, e cioè prima di riunione Interim Committee a Lake Success. In telegrammi

2 Gruppi mancanti.

3 Vedi D. 256.

Mallet si specificava peraltro essere stato detto da parte italiana, in relazione probabilità venuta qui ministro esteri Aklilou, «che nulla si aveva in contrario a nostre conversazioni preliminari con lui a Londra».

Strang e Wright hanno espresso punto di vista britannico in argomento nel senso seguente.

Conversazioni con Etiopia potrebbero assai utilmente avere inizio qui al più presto: mancano infatti almeno tre settimane a riunione Interim Committee e si dovrebbe approfittarne perché le parti principalmente interessate prendano in esame tesi divergenti emerse da rapporto Commissione inchiesta per studiare se si trovi possibilità avviarsi verso un compromesso comunemente accettabile e sulla cui convenienza si dovrebbe poi tempestivamente attirare attenzione paesi membri O.N.U. cosicché iniziandosi lavori Interim Committee, conversazioni possano «spostarsi» a Lake Success dove si potrebbe giungere ad intese definitive tenendo nel debito conto tendenze paesi colà rappresentati.

Scelta Londra sarebbe la più opportuna secondo F. O. non solo per fattore tempo ma anche perché qui trovansi Rcttà, ritornato da Addis Abeba con istruzioni imperatore, Aklilou, giunto ieri per poi andare a Lake Succcss, ed infine Governo potenza responsabile amministrazione Eritrea. Strang considera momento attuale tanto più opportuno per inizio conversazioni anche in relazione gravità situazione in Eritrea, situazione suscettibile risentire benefico influsso da conversazioni stesse. F.O., convinto che sarebbe dannoso per buon esito, anche tenendo conto precedenti, che conversazioni fra le tre parti interessate avessero luogo contemporaneamente in luoghi diversi, pensa che quelle di Londra aventi carattere preliminare e di approccio potrebbero essere condotte parallelamente (Italia-Etiopia, Italia-Inghilterra, Inghilterra-Etiopia) anche per dar loro carattere meno ufficiale e per non urtare suscettibilità Stati membri O.N.U. Ciò naturalmente tenendo stretti contatti con Stati Uniti che, insieme a questo paese, concordarono passo costì svolto 12 corrente.

A quest'ultimo proposito ho avuto sensazione che passo sia stato concordato tra inglesi e americani a Washington in base forse a qualche segnalazione da Addis Abeba, mentre solo in un secondo tempo F.O. ha avuto notizie su istruzioni date da imperatore a Rettà (vedasi anche mio 567)4 .

Per parte mia non posso che confennare quanto ho precedentemente comunicato: e cioè che non (dico non) credo che incontri con Aklilou e con Rettà possano avere utilità alcuna (ed anzi possono essere controproducenti, specie tenendo conto ampiezza portata istruzioni date da imperatore a Rettà) se, anziché avere carattere conversazioni esplorative per accertare effettiva buona volontà anglo-etiopica e aprire la via a intese dirette per soluzione problema eritreo, debbano limitarsi a volgere su procedura eventuali conversazioni Lake Success e rinnovate generiche affermazioni buona volontà reciproca (telegramma ministeriale 3 I 8)3 . In una parola: io credo che una decisione sia necessaria: o riteniamo che ci convenga approfittare del primo momento di inquietudine della controparte dinanzi alla sensazione che nell'insieme la Commissione inchiesta ha funzionato più a favore della tesi nostra che di quella etiopica o inglese: ed allora è bene iniziare subito a Londra conversazioni da cui emergano le linee generali per ulte

riori discussioni ed eventuali conclusioni a Lake Success: oppure siamo convinti che gli Stati membri dell'O.N.U. si inalbererebbero dinanzi a qualsiasi contatto italo-angloetiopico di carattere non generico: ed allora meglio varrebbe forse non pensare per ora ad intese dirette astenendoci per il momento da ulteriori contatti.

259 2 Vedi DD. 6 c 93.

260 1 Del 13 giugno, non pubblicato ma vedi D. 259.

260 4 Vedi D. 259.

261

IL CAPO DELLA MISSIONE NELLA R.F. DI GERMANIA, BABUSCIO RIZZO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 6828/87. Bad Godesberg, 15 giugno 1950, ore 20 (perv. ore 24).

Governo federale pregatomi comunicare ufficialmente Governo italiano che Bundestag votato oggi ingresso Germania Consiglio Europa. Maggioranza superiore stesse aspettative Adenauer. Mi è stato fatto presente che riuscirebbe particolarmente gradito cancelliere telegramma felicitazioni Governo italiano.

Pur non escludendo che analoghi messaggi pervengano da altri, non risultami che simili richieste siano state espresse altre rappresentanze qui accreditate.

262

L'INCARICATO D'AFFARI A KARACHI, ROMANELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. SEGRETO 2279/387. Karachi, 15 giugno 1950 (perv. il 24).

Rifèrimento: Mio telegramma n. 38 1• A seguito del mio telegramma citato informo di aver conferito stamani con questo ministro degli esteri, rientrato in Karachi solo ieri 14.

Sir Zafrullah Khan, accogliendomi con inusitata cordialità, ha ascoltato le parole del telegramma n. 302 con visibile compiacimento e nel pregarmi poi di farmi interprete della sua profonda soddisfazione, ha tenuto a manifestarmi i sensi della sua viva ammirazione per il ministro degli esteri d'Italia, esprimendosi in termini molto elogiativi.

Venuto il discorso sul signor Mian Ziauddin, ho chiesto se lo stesso avrebbe partecipato ai lavori della Piccola assemblea, ricevendone conferma limitata alla attività di «referee» data anche la recente nomina del prof. Bokhari, concittadino di sir

Zafrullah e da questi tenuto in gran considerazione, a rappresentante permanente presso l'O.N.U. Era evidente che il ministro desiderava tagliar corto per venire ad altro argomento e non ho ritenuto opportuno insistere negli elogi. Difatti, assunto un atteggiamento più confidenziale e resomi avvertito che egli riteneva di dovermi parlare con molta franchezza, ha iniziato un discorso durato oltre venti minuti.

Sir Zafrullah non ha fatto mistero della sua delusione circa gli ultimi avvenimenti della Commissione per l'Eritrea; è stato fatto-ha tenuto a dinni con insistenza-tutto il possibile per guadagnare il voto birmano e se, nonostante le assicurazioni avute da quel Governo, non si è sortito l'effetto desiderato ciò, a suo dire, deve imputarsi principalmente al fatto che, in simili circostanze, non potrebbe non lasciarsi ai delegati una assai lata facoltà di apprezzamento personale. Circa la persona del delegato birmano sir Zafrullah non ha fatto più di un discreto, non favorevole accenno, ma ho saputo dal sostituto segretario generale che, in altra occasione, egli si è espresso molto severamente.

Ha tenuto a dirmi espressamente di non ritenere la questione come disperata; il Pakistan farà ancora tutto il possibile per la tesi sostenuta. Tuttavia, sia da sir Zafrullah sia -più chiaramente -nel corso di un precedente colloquio con il sostituto segretario generale, mi è stato fatto comprendere che si sta esaminando la possibilità di ripiegare su una tesi che-nella formulazione prospcttatami-considera l'annessione dcii' Eritrea ali' Etiopia, alla condizione che a quel territorio venga internazionalmente garantita una sostanziale e latissima autonomia.

Su questo punto il ministro s'è espresso in modo molto fermo e mi ha detto di ritenere che, senza tale autonomia, la sorte dei mussulmani eritrei non sarebbe alla lunga dissimile da quella degli italiani là stabiliti, viste le insoddisfacenti condizioni che la «amharo-copt ruling cast» impone alla minoranza mussulmana etiopica. Questi sono i motivi per i quali il Pakistan intende insistere nella tesi sostenuta dal signor Mian Ziauddin, sebbene si renda conto che la soluzione auspicata presenta, nella fase attuale della questione, delle notevoli difficoltà.

A questo punto sir Zafrullah, anziché concludere, si è fatto più confidenziale ed ha preso a parlarmi della sua esperienza alle N.U., con una lunga digressione circa gli accorgimenti che sovente consentono di appianare difficoltà per arrivare a delle decisioni, per altre vie quasi impossibili.

Ritornando spesso sull'argomento che i futuri sviluppi della questione eritrea richiederanno, in modo particolare, una abilità addirittura tecnica, sir Zafrullah mi ha detto di aver ormai ottenuto il consenso del primo ministro alla propria candidatura all'O.N.U. ove a suo giudizio-seguendosi un criterio per grandi settori geograficinon dovrebbe incontrare come avversaria che la candidatura del rappresentante iraniano, sir Nasrollah Entezam. Ometto per brevità le considerazioni sul signor Entezam, di cui sir Zafrullah si dichiara molto amico, ma che non ritiene, pur stimandolo moltissimo, persona particolannente adatta -nel momento attuale -a ricoprire cariche, in quanto dotato di carattere troppo ligio al regolamento e sprovvisto di qualità «manovriere».

Continuando nella sua digressione, sir Zafrullah è passato a parlare della importanza, talvolta decisiva, del voto delle nazioni sud-americane e finalmente è venuto al sodo. Pur non essendo l'Italia membro dell'O.N.U.-ha detto sir Zafrullah-è ben noto che l'opinione del Governo italiano e quella del suo ministro degli esteri è molto ascoltata nel mondo sud-americano.

Senza più ambagi né circonlocuzioni il ministro mi ha pregato di far sapere che egli sollecita i buoni uffici del Governo italiano per assicurarsi i voti sud-americani alla sua candidatura; la richiesta, chiara e precisa, ha posto fine al lungo monologo di perfetto stile orientale.

Ho risposto che avrei prontamente riferito e -ad una sua richiesta più precisaho soggiunto che trovandomi ad esser latore di un messaggio con il quale il mio Governo teneva a far conoscere che i vincoli di amicizia fra i due paesi si erano rafforzati, non potevo non sperare che la sua richiesta sarebbe stata accolta con simpatia.

Ritengo mio dovere segnalare che dalle parole del ministro, il cui tono era marcatamente confidenziale, ho tratto l'impressione che egli tenga in modo veramente particolare al successo della sua candidatura. Era evidentemente soddisfatto che la mia visita gli abbia offerto un'occasione per la sua richiesta ed era palese che, dando valore -se così può dirsi -di costituzione di debito all'apprezzamento che gli recavo, la formulazione gli appariva più facile.

La richiesta in questione non mi è giunta nuova poiché da un collega spagnolo avevo saputo che il ministro, nel parlargli della sua candidatura, si era mostrato preoccupato dei voti sud-americani (ignoro, pur ritenendolo probabile, se una richiesta del genere sia stata fatta anche alla Spagna); nella stessa occasione avevo saputo che sir Zafrullah contava molto sul successo della sua candidatura per superare alcuni punti morti della questione del Kashmir.

Mi sia infine consentito esprimere l 'impressione che-ove si intenda mettere in valore i rapporti con questo paese -sir Zafrullah ha tutta l'aria di attenderci al suo banco di prova personale, dato il peso che questi orientali attribuiscono alle parole, che essi sono abituati a spendere con prodigalità veramente munifica3 .

262 1 Dcll5 giugno, con il quale Romanelli comunicava di aver eseguito le istruzioni di cui al D. 255. 2 Vedi D. 255.

263

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, GALLARATl SCOTTI

T. SEGRETO 4989/329. Roma, /6 giugno 1950, ore 24.

Suoi telegrammi segreti n. 579 e 580 1• Mi rendo conto delle osservazioni del Foreign Office e delle giuste considerazioni di V.E.

Pur avendo in animo condurre conversazioni con Etiopia per trovare soddisfacente soluzione, non è conveniente contrarre impegni prima che le riunioni dell'Interim Committee abbiano inizio. Solo a Lake Success infatti potremo renderei conto della situazione e regolarci in conseguenza. Questo ci sembra essere anche il pensiero del Governo americano.

Per evitare ogni possibile equivoco il problema eritreo va ormai affrontato nella sua sostanza e non più sul puro terreno esplorativo o generico. Genericamente noi siamo d'accordo nel cercare un compromesso che concili le due soluzioni proposte dalla Commissione d'inchiesta. Ma per uscire dal campo generico e procedere ad un esame di merito dei singoli problemi sono necessarie discussioni approfondite che vanno condotte con molta cura e con piena conoscenza tanto delle conseguenze che ogni soluzione importa quanto degli umori che prevarranno in Assemblea.

Ma avendo a cuore di venire incontro al desiderio del Governo britannico non escludo che conversazioni possano avere inizio a Londra e proseguire a Lake Success. In questo caso disporrei che nostra delegazione prima di recarsi a Lake Success si fermasse costà per qualche giorno.

Informato Washington.

262 3 Con T. segreto 5370/34 del 2R giugno Zoppi dava istruzioni di assicurare a Zafrullah l'appoggio italiano.

263 1 Vedi D. 260.

264

L'INCARICATO D'AFFARI A NANCHINO, MIZZAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 6839/33-34. Nanchino, 16giugno 1950, ore 12,10 (perv. ore 12,45).

Sotto ragione di controllo osservanza provvedimenti riguardo stranieri Polizia fatto in altri Uffici senza preavviso visite alquanto somiglianti a perquisizioni e interrogatori circa precedenti personale.

Contegno Polizia sempre cortese ed inteso evitare incidenti. Ma tutto ciò costituisce progressivo giro di vite tendente costringere Governi affrettare decisione per il sì o per il no. Comunque è ovvio che presenza a Nanchino «ex» diplomatici dà fastidio.

Colleghi che tutelano qui proprietà demaniali sono stati informati che queste Autorità esigeranno pagamento imposta fondiaria per 1949 anche da parte Governi che hanno riconosciuto ma non ancora stabilito relazioni diplomatiche.

Codesto Ministero forse già informato che qualche Governo desidererebbe conseguire stabilimento relazioni diplomatiche mediante negoziati non pubblici in modo di poter annunziare contemporaneamente riconoscimento e stabilimento relazioni diplomatiche, ciò per evitare note lunghe anticamere.

Sembra tuttavia ben difficile che Governo popolare consenta inizio senza previo gesto impegnativo circa riconoscimento. Perdura silenzio questa stampa e radio Pechino circa dichiarazioni nostro ministro esteri.

Permettomi subordinatamente far presente taluni punti di vista: nostro noto riconoscimento dovrà contenere molte esplicite assicurazioni avvenuta rottura rapporti con Kuomintang. Compito nostro negoziatore sarebbe facilitato se egli fosse in grado subito citare serie fatti a prova di ciò, dar assicurazione circa nostro appoggio per accoglimento delegato Governo popolare consesso internazionale e, se non riveste qualità incaricato d'affari con lettera, fare subito nome nostro futuro ambasciatore.

È poi da tenere presente che fino conclusione negoziati, incaricati d'affari ad interim stranieri sono considerati non come provvisori capi di una missione ma come «rappresentanti per negoziati preliminari e procedurali per le questioni riguardanti stabilimento relazioni diplomatiche», cioè come agenti a competenza limitata; e che al resto del personale e a uffici, pendenti negoziati non è riconosciuta qualità diplomatica.

Consolati dovranno essere negoziati uno ad uno. A mio subordinato parere circa Hankaw converrebbe chiederlo ma non coprirlo se non se e quando si fossero ricostituiti colà nostri interessi commerciali.

Circa problema missionari segnalo periodici attacchi stampa locale (agenti imperialismo latifondismo falsi benefattori). Missionari cattolici presi di mira più che protestanti (non è possibile costituire Chiesa nazionale cinese cattolica come forse potrebbe essere possibile fare con protestantesimo). Probabilmente si eviterà attaccare problemi di fronte in omaggio politica realista e gradualista che qui si segue. Ma sarà bene nostro negoziatore abbia qualche orientamento in proposito per il caso problema venisse toccato nelle conversazioni preliminari. È da tener presente che qui si insinua uffici italiani cercano rimanere Cina non tanto per difesa modesti interessi italiani quanto difendere interessi Vaticano e imperialismo. Sarò grato V.E. se Ministero vorrà tenere al corrente Strigari, con cui non posso riservatamente corrispondere, di questo e successivi 1•

265

L'AMBASCIATORE A BRUXELLES, DIANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 6858/73. Bruxelles, 16 giugno 1950, ore 15,40 (perv. ore 18,45).

Ho potuto vedere un momento van Zeeland in procinto di partire per Parigi per la riunione dell'O.E.C.E. di domani. Ha espresso amarezza per le proposte presentate all'ultima riunione preparatoria ma ha detto che non bisogna drammatizzare la situazione come hanno fatto alcuni giornali. Belgio ha consentito in passato molti sacrifici sull'altare della cooperazione internazionale ma è evidente che ciò non può continuare all'infinito. Egli si reca tuttavia a Parigi animato dal maggior spirito di conciliazione ed è pronto a consentire apertura di credito in misura anche elevata ma a condizione tuttavia che essa sia corrispondente alle effettive possibilità del Belgio e che anche gli altri si dimostrino disposti ad assumere carico analogo in proporzione adeguata alle loro rispettive possibilità. Van Zeeland insisterà anche nella richiesta di beneficiare dell'aiuto diretto Marshall facendo presente che nel momento attuale Belgio ne ha assolutamente bisogno e che in queste strettezze esso non ha ricevuto nulla, mentre altri Stati sono stati generosamente trattati, ad esempio la Francia che ha avuto oltre due miliardi e mezzo di dollari.

Il ministro si è dichiarato grato per l'atteggiamento della delegazione italiana che è stata una delle poche a dimostrare comprensione per il punto di vista belga in contrasto con l'indifferenze delle altre fra cui ha particolarmente deluso l'atteggiamento olandese.

264 1 Per la risposta di Zoppi vedi D. 277.

266

IL MINISTRO A VIENNA, COSMELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 68651118. Vienna, 16 giugno 1950, ore 20 (perv. ore 23,30).

Mio 115 1• In giornale ufficiale di domenica prossima saranno pubblicati entrambi testi due noti documenti in redazione qui concordata.

In comunicato Consiglio dei ministri 14 corr. diramato stampa e pubblicato alcuni giornali, per un equivoco Ufficio stampa e Segreteria Consiglio stesso sono apparsi dati e alcune indicazioni di merito che oltre che inesatte potrebbero indurre in qualche errore circa portata accordo intervenuto Roma2 .

Questo ministro esteri, al quale ho fatto subito rilevare inesattezza e impressione inesatta che ne può risultare, ha con me deplorato vivamente accaduto e mi ha offerto pubblicare comunicato rettifica.

Dopo riflessione, mi sono espresso in senso negativo, ritenendo preferibile non tornare su argomento tanto più che domenica appariranno testi autentici, disposizioni e circolari che soli fanno fede, e in base quali non vi è possibilità equivoco. Ho profittato occasione per fare nuovamente risultare reciproca verbale intesa circa significato elastico da attribuire sia a percentuale sia a termini 31 dicembre, secondo linee da me già prospettate anche costì.

Cifra di 12 mila optanti che acquisteranno cittadinanza austriaca ad esempio citata in comunicato Consiglio ministri ha valore presumibile approssimazione induttiva ma non significa limite plafond né alcuna portata giuridica.

Anche in questo quadro va completato mio telegramma 1173 a ministro Guidotti4 .

2 Vedi D. 82.

3 Del 15 giugno, non pubblicato.

4 Per la risposta di Guidotti vedi D. 270.

266 1 Del 14 giugno, con esso Cosmelli aveva comunicato: «Consiglio nazionale ieri ha approvato disposizioni per optanti c autorizzato ministro dell'interno emanare due previsti conseguenti testi».

267

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GALLARATI SCOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 3410/2212. Londra, 16 giugno 1950 1•

A seguito della comunicazione telefonica odierna al direttore generale degli affari politici si trasmette qui accluso il testo (consegnatoci dal capo del Dipartimento politico Europa Meridionale del Foreign Office) della nota che l'ambasciatore britannico a Mosca rimetterà oggi al Governo sovietico.

ALLEGATO

L'AMBASCIATA DI GRAN BRETAGNA A MOSCA AL MINISTERO DEGLI ESTERI DELL'UNIONE DELLE REPUBBLICHE SOCIALISTE SOVIETICHE

NOTA. Mosca, 16 giugno 1950.

His Majesty's Embassy present their compliments to the Ministry of Foreign Affairs of the U.S.S.R. and have the honour to inform them that His Majesty's Govemment have considered the Soviet Govemment's note of the 20th ApriJ2 about Trieste and have the following observations to make thereon.

His Majesty's Govemment reject categorically the allegation that they together with the United States and French Govemments have violated the Treaty ofPeace with Italy in respect to Trieste.

Inso far as i t has no t been possible to implement the provisions of that treaty, the responsibility lies squarely upon the Soviet Govemment whose conduct following the conclusion of the treaty rendered it impossible to execute the settlement envisaged therein. The continued administration of a part of the territory of Trieste by the United Kingdom and the United States and the maintenance there of small allied military contingents to assist in that administration is pursuant to the obligations assumed by the United Kingdom and the United States under Article l of Annex VII ofthe Treaty. The United Kingdom and United States have never had a naval base or naval installations of any kind at Trieste.

The impossibility of executing the treaty was at the basis of the proposal addressed by thc three governments to thc Soviet Government on march 20th, 1948, which proposal has continued to reflcct the attitudc of His Majesty's Government. Far from representing an attempt to violate thc Peace Treaty, as the Soviet Govemment furthcr alleges, this proposal was an invitation to the Soviet Govcmment to join in amcnding thc Peacc Treaty to achicve a permanent, pcaceful settlcment of the Trieste question based on consideration for thc welfare and wishcs of the inhabitants of the area. His Majesty's Govemment are convinced that such a

' Vedi D. l3R.

settlement can best be achieved by agreement among the parties directly concemed. The Soviet Govemment's latest intervention on this question was obviously designed to sow confusion, to impede such a mutually satisfactory agreement and hence to injure the cause of peace.

267 1 Copia priva dell'indicazione della data di arrivo.

268

L'AMBASCIATORE A PARIGI, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. SEGRETO URGENTE 0122. Parigi, 16 giugno 1950 (perv. il 17).

Riferimento: Seguito miei telegrammi n. 245 e 246 del 14 e 15 corr. 1•

Ho potuto avere notizia, in via riservata, delle discussioni svoltesi in seno alle Commissioni parlamentari riunite, davanti alle quali il ministro Schuman ha fatto le sue dichiarazioni in merito all'Unione doganale franco-italiana.

Il Governo francese era rappresentato dai ministri Schuman e Buron.

Assistevano circa cinquanta deputati.

Nel corso della sua esposizione, durata più di due ore, Schuman, prendendo spunto dalle ragioni storiche che consigliano i due paesi a sviluppare concordemente le loro economie, ha rifatto la genesi delle trattative che hanno portato alla compilazione dei noti testi stipulati tra i due Governi.

Ha fatto poi un quadro delle considerazioni politiche che consigliano la Francia a non adottare un isolazionismo economico, mettendo in rilievo che l'Unione tra i due paesi non avrebbe significato una somma di due autarchie ma una coordinazione delle rispettive capacità produttive.

Dopo aver accennato alla necessità di far in modo che l'Unione doganale tra i due paesi non significhi l'impoverimento di una parte nei confronti dell'altra, Schuman, ritornando sui testi finora concordati, ha rilevato che le critiche mosse da una parte dell'opinione parlamentare c pubblica francese non avevano mancato di preoccupare seriamente il Governo, che, allo scopo di eliminare delle contraddizioni esistenti nei testi stessi, aveva deciso di conglobare in un unico nuovo testo gli accordi finora presi tra i due paesi; testo che, pur essendo improntato allo stesso spirito dei precedenti accordi, avrebbe eliminato le contraddizioni di cui sopra.

(Faccio osservare, come già comunicato con il telegramma n. 245, che la mossa di Schuman ha rappresentato la botta segreta nel duello tra Governo e opposizione parlamentare, evitando una discussione sui testi precedenti sui quali la Commissione degli affari economici aveva già espresso il suo parere sostanzialmente negativo).

Schuman ha aggiunto che il Governo francese ha bene in mente le necessità della sua industria e della sua agricoltura, e che un accordo italo-francese dovrà chiaramente evitare il pericolo che la disoccupazione italiana si riversi sul mercato fran

cese. A tale riguardo, ha aggiunto, la soluzione del problema non potrà essere trovata in un accordo bilaterale tra i due paesi, ma su un piano internazionale, con la partecipazione anche di altri Governi.

Ha insistito sulla necessità di definire il problema nel suo complesso: il conte Sforza, ha rilevato Schuman, avrebbe fatto chiaramente intendere che l'Italia potrebbe unirsi in Unione doganale con altri paesi diversi dalla Francia. Il nuovo testo elaborato dal Governo francese ha tenuto conto delle necessità dell'economia metropolitana e dei territori d'Oltremare e il Parlamento ne avrebbe preso conoscenza entro breve tempo in quanto il testo stesso sarebbe stato immediatamente sottoposto all'esame ed approvazione del Governo italiano.

Dopo la lunga esposizione di Schuman, che, a quanto mi si dice, è stata particolarmente brillante, vari deputati hanno preso la parola per specifiche interrogazioni ed osservazioni alle quali hanno risposto, per la parte politica Schuman, e per la parte tecnica Buron.

Il deputato Leenhardt, del S.F.l.O., ha dichiarato che le intese industriali tra i due paesi rappresentano un pericolo ed ha chiesto se il Governo francese avesse in mente tale questione. Schuman ha risposto che i due Governi avevano già studiato il problema nel protocollo del 7 marzo u.s.

Chambeiron, del U.R.R., ha dichiarato che la Carta della Avana era stata violata nei suoi principi. Ha sostenuto che il Governo francese mirava a fare l'Unione tripartita: Francia-Italia-Germania. Schuman ha replicato separando le due questioni: quella delpool dell'acciaio e quella dell'Unione doganale franco-italiana.

Lespes, del M.R.P., si è addentrato in questioni tecniche osservando che se è vero che si è giunti ad una complessiva liberazione del 75% dei contingenti, è altrettanto vero che la bilancia dei pagamenti era deficitaria nel 1949 ed ancor più deficitaria nei primi mesi del 1950: pericolo grave e sintomo pericoloso. Gli ha risposto Buron.

F. Chevalier, deputato d'Algeri, ha parlato delle tasse compensatorie ed ha affermato che i territori d 'Oltremare verrebbero ad essere sacrificati nelle loro possibilità produttive. Ha toccato il tasto dell'eccedente demografico italiano.

Bergas del P. E. L. ha addirittura affermato che l 'Italia ha ripreso le sue mire espansioniste alla ricerca d eli' espace vi tal.

Theetten, rep. ind., ha espresso i suoi timori per l'industria cotoniera francese.

Un deputato algerino ha espresso quelli che sarebbero i danni per l'agricoltura algerina.

Henri Philip ha chiesto che l 'Istituto di statistica francese e quello italiano inizino, senza indugi, degli studi approfonditi sulla reale portata degli oneri fiscali e sociali nei due paesi.

Infine, ha parlato Hugues che era il relatore della precedente mozione contraria. A quanto pare, Hugues non ha apportato elementi costruttori alla sua tesi negativa, basando più che altro il suo dire sul pericolo della disoccupazione italiana. L'Italia non avrebbe altro scopo che di scaricare in Francia milioni di disoccupati. Ha citato un articolo del giornale La Stampa di Torino a suffragio della sua tesi. Ha affermato che con l'Unione doganale la Francia lederebbe la sua sovranità nazionale.

Codesto Ministero, all'arrivo di questo telcspresso, ha già preso in esame il nuovo testo unico di elaborazione francese, costì portato dal ministro Charpentier, e giudicherà in merito nel modo che riterrà più opportuno. Mi limito, pertanto, a segna!are le difficoltà che il Quai d'Orsay considera di maggiore importanza e che vorrebbe veder risolte sulla carta al momento della approvazione da parte del Governo italiano del nuovo testo unico:

l) disoccupazione italiana: come precedentemente accennato, il Governo francese vorrebbe risolvere questo problema su un piano internazionale. Lo considera di importanza capitale;

2) intese industriali: si esprime il timore che l'industria francese possa essere sacrificata a vantaggio di quella italiana; 3) settore agricolo ed in particolare vitivinicolo: i francesi vorrebbero armonizzare, prima dell'Unione doganale, le rispettive legislazioni in materia.

Segnalo, a titolo di informazione, che l'ostilità del partito socialista alla ratifica del trattato di Unione doganale è dovuta alla politica contraria da tale partito svolta nei confronti de li 'O.E.C.E. Poiché gli accordi internazionali in merito appunto ali'O.E.C.E. non sono ancora stati ratificati dal Parlamento francese, i socialisti osservano che ratificare un trattato di Unione doganale italo-francese significherebbe implicitamente ratificare il più vasto quadro degli accordi O.E.C.E.

268 1 Con tali comunicazioni Quaroni aveva riferito circa l'invio a Roma del nuovo testo di accordo per l'Unione doganale itala-francese.

269

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

R. SEGRETO 6504/3839. Washington, 16 giugno 1950 (perv. il 21).

A seguito del mio telegramma odierno 1 , ho l'onore di trasmettere qui unito il testo della risposta americana2 alla nota sovietica su Trieste3 .

Mi sembra che il documento possa considerarsi rispondente ai nostri interessi. Infatti esso, malgrado le ben note preoccupazioni ed esitazioni nei riguardi della Jugoslavia, contiene la riaffcrmazione esplicita dci principi ai quali vorremmo che la politica americana si ispirasse: l) inapplicabilità del trattato di pace; 2) piena validità della dichiarazione del 20 marzo 19484; 3) completa rispondenza fra la soluzione indicata in detta dichiarazione e gli interessi della popolazione; 4) invito a trattative dirette, basate sui concetti precedenti.

È quindi lecito sperare che la nota eserciterà un'influenza benefica sulla Jugoslavia (alla quale, in fondo, è diretta più che all'U.R.S.S.). Naturalmente, sotto questo aspetto, si tratta sempre di azione indiretta, sui cui effetti pratici è difficile fare previsioni. Tuttavia essa dimostra che le considerazioni ripetutamente prospettate dal Governo italiano a quello americano non sono cadute nel vuoto.

2 Sull'argomento vedi Foreign Relations ofthe United States, /950, vol. III, ci t., pp. 1325-1326.

3 Vedi D. 138.

4 Vedi serie decima, vol. VII, DD. 468 e 469.

Confido che la traduzione italiana della nota renda pienamente il significato del testo inglese. Mi riferisco in particolare alla frase «... has continued to reflect the attitude of the United States», la quale, a giudizio dei funzionari del Dipartimento di Stato, non lascia dubbi sulla continuità e quindi sulla attualità dell'atteggiamento assunto dagli Stati Uniti nel marzo 1948.

269 1 T. segreto urgentissimo 6864/463, non pubblicato.

270

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, GUIDOTTI, AL MINISTRO A VIENNA, COSMELLI

T. SEGRETO URGENTISSIMO PRECEDENZA ASSOLUTA 4998/ l 03. Roma, 17 giugno 19 50, ore 15.

Suo 1181•

ln riunione Vienna era stato chiaramente convenuto che norme esecutive non, dico non, sarebbero state pubblicate, bensì dirette unicamente uffici interessati. Soltanto notificazione avrebbe dovuto essere pubblicata.

Pregasi S. V. interessarsi immediatamente per richiamare osservanza impegni. Norme esecutive se rese pubbliche potrebbero essere interpretate in senso limitativo della facoltà di chiedere cittadinanza austriaca.

In egual senso agisce del resto pubblicazione purtroppo già avvenuta in comunicato 14 corrente della cifra di dodicimila optanti ammessi ad acquisto cittadinanza austriaca. Come è noto accordi Roma indicavano percentuale c non cifra assoluta; questa avrebbe potuto oscillare tra dodici e quattordici mila e non si vede perciò perché in ogni caso debba essere stata prescelta cifra minore.

Ciò potrebbe essere pregiudizievole sia all'integrale applicazione accordi di Roma come anche a quelle più lontane e ampie prospettive che potrebbero aprirsi qualora numero di domande per acquisto cittadinanza austriaca dovesse rivelarsi molto superiore2 .

2 Per la risposta vedi D. 271.

270 1 Vedi D. 266.

271

IL MINISTRO A VIENNA, COSMELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO 6925/120. Vienna, 17 giugno 1950, part. ore 2,30 de/18 (perv. ore 6,30).

Suo 103 1•

Notizia pubblicazione entrambi (dico entrambi) noti documenti mi era stata data ieri incidentalmente da Leitmaier. Discussioni avevano viceversa portato su questioni di fondo principali e connesse di cui in parte anche a mio 1182•

In relazione telegramma di V.E. sopracitato ho subito parlato con Leitmaier. Egli non ricordava desiderio espresso su tale punto da Catenacci e Vigliardi. D'altra parte non interpretava paragrafo l di cui a verbale finale riunione Vienna del 25 maggio come escludente pubblicazione secondo documento né vi aveva visto particolari inconvenienti. Comunque malgrado giornata sabato e ora tarda ho potuto accertare che quanto dettomi da Leitmaier era assolutamente un suo personale errore.

Sentito anche Fritzer mi è stato testé assicurato che a Wiener Zeitung era stato passato, come convenuto, soltanto (dico soltanto) testo notificazione a quest'ora del resto già composto e impaginato e che apparirà domani mattina.

Ciò in conformità a quanto detto sotto lettera C) del testo norme esecutive qui a Vienna contemporaneamente concordato.

272

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL MINISTRO A BELGRADO, MARTINO

L. RISERVATISSIMA URGENTE 15/440. Roma, 19 giugno 1950.

Rispondo al suo rapporto n. 1568 del 30 maggio u.s. 1 .

Concordo con lei nel ritenere che potrebbe essere utile una sua conversazione con codesto ministro degli affari esteri. Ella ha una visione chiara dell'insieme dei rapporti italo-jugoslavi, ed è al corrente dello stato delle singole questioni aperte e riacutizzate negli ultimi mesi dalle varie iniziative jugoslave. Quanto alla situazione nella Zona B, che continua ad essere grave e preoccupante, la rappresentanza in Trieste ha comunicato anche a codesta legazione le ultime informazioni (telespressi n. 021 e n. 661 rispettivamente del 7 e 9 c.m.f.

2 Vedi D. 266. 272 1 Non pubblicato. 2 Non pubblicati.

Checché ne dica il signor Kardelj, il quale nel suo discorso del 2 c.m.3 davanti alla Commissione degli affari esteri ha spinto l'inversione delle parti fino ad attribuire a noi il proposito di creare un'«atmosfera di minaccia e pressione», è risaputo che, se la questione del T.L.T. è stata riportata al primo piano dei rapporti con codesto Governo, turbando e in parte compromettendo il difficile lavoro di distensione compiuto negli ultimi tempi, ciò è dipeso unicamente dall'iniziativa jugoslava che si è manifestata in due sensi: sollecitando trattative dirette e adottando nella Zona B una serie di misure preordinate a creare una situazione di fatto compiuto.

Se quindi anche il Governo jugoslavo, come noi, fosse ora giunto alla conclusione che il terreno non è maturo per una discussione diretta, non avremmo che da prenderne atto. Resterebbe tuttavia da concretare, come ella giustamente rileva, una adeguata normalizzazione della situazione nella Zona B, e in primo luogo del traffico con la Zona A, che consenta di riprendere con serenità la politica di assestamento e sviluppo delle relazioni italo-jugoslave che è sempre stata nei nostri sinceri intendimenti.

Al riguardo la autorizzo ad esprimersi col signor Kardelj, in via riservata e personale, nel senso che da parte nostra, pur mantenendosi ferme le riserve e proteste fatte al momento de li'unione doganale e delle altre violazioni del trattato di pace che l'hanno preceduta e seguita, non si spingerebbero le richieste fino ad una restitutio in pristinum, ma potremmo essere disposti a considerare la possibilità di un modus vivendi sui seguenti punti: l) ripresa del libero movimento delle persone e dei servizi marittimi fra le due Zone, nonché liquidazione dell'incidente del «Vector Pisani»; 2) sospensione o mitigazione nell'applicazione di quelle misure jugoslave che più incidono sui diritti e libertà personali (sfratti, lavoro obbligatorio, ecc.); 3) garanzie per l'amministrazione dei beni degli assenti.

C'è infine da chiedersi-e in tal senso ella potrà esprimersi col signor Kardelj -se non potrebbe riuscire di comune utilità l'apertura a Capodistria di un ufficio distaccato della missione italiana di Trieste. Le è noto che da parte jugoslava si lamenta che il Governo italiano dia credito ad informazioni provenienti da fonti istriane interessate. Può darsi che alle volte le tribolazioni patite portino quei nostri connazionali a drammatizzare episodi e situazioni proprio quando il comune interesse italiano e jugoslavo richiede un esame calmo ed obiettivo. A tali inconvenienti ovvierebbe certo la presenza di nostri elementi responsabili che fossero posti in grado di riferire alla missione italiana in Trieste. Del resto il Governo jugoslavo, che amministra la Zona B e tiene una missione nella Zona A del T. L. T., non dovrebbe avere obiezioni di forma o di sostanza ali 'accreditamento presso la

V. U.J .A. di una missione italiana come quella accreditata presso il G.M.A.

Credo che le indicazioni e considerazioni suaccennate le siano sufficienti per dare alla conversazione con il signor Kardelj un contenuto concreto e moderato che avvii la situazione alla desiderata distensione.

Mi riservo di chiamarla a conferire dopo che ella mi avrà telegrafato le sue prime impressioni4•

4 Per la risposta vedi D. 309.

P.S.: Ella giudicherà se e quanto confidare di ciò che precede ai suoi colleghi americano britannico francese. Occorre che essi sentano che non siamo noi a rendere difficile un'intesa.

271 1 Vedi D. 270.

272 3 Vedi D. 236.

273

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, GUIDOTTI, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ZOPPI

APPUNTO RISERVATO ll/335/c. 1 . Roma, 19 giugno 1950.

Ad iniziativa del direttore generale degli affari politici ha avuto luogo in data 13 corr. presso il segretario generale una riunione dei vari servizi interessati con l'intervento del ministro a Te! Aviv Anzilotti, per esaminare l'indirizzo da dare alla nostra azione politica nel Vicino Oriente in rapporto alla presente situazione caratterizzata, da un lato, dal sorgere dello Stato di Israele e dal suo contrasto con i paesi arabi e, dall'altro, dalla tendenza di questi ultimi verso forme associative che peraltro non hanno contribuito notevolmente, per io meno sino ad oggi, ad attenuare le rivalità esistenti tra di loro.

Nei Vicino Oriente l'U.R.S.S., l'Inghilterra, gli Stati Uniti e la Francia conducono, per ragioni strategiche ed economiche, una attiva politica che presenta, grosso modo, le seguenti caratteristiche. L'U.R.S.S. si sforza, come dovunque, di promuovere l'infiltrazione del verbo comunista approfittando della miseria delle popolazioni arabe, acuendo le rivalità esistenti tra gli Stati e tra i partiti, promuovendo agitazioni, toccando la corda del nazionalismo e della xenofobia per suscitare ed accrescere l'ostilità contro le potenze occidentali. Gran Bretagna e Stati Uniti sono naturalmente preoccupati entrambi di fronteggiare i pericoli della penetrazione comunista, ma reagiscono in modi diversi che sono conformi alle loro diverse mentalità ed ai loro diversi interessi; mentre infatti la Gran Bretagna tenta di difendere ciò che le rimane della propria posizione tradizionale di predominio nei paesi arabi valendosi dell'antico gioco di appoggi alterni a dinastie, a clan e a personalità politiche locali, gli Stati Uniti, giunti più recentemente sulla scena del Vicino Oriente ave la loro intraprendenza economica entra spesso in concorrenza con gli interessi britannici, ritengono che il solo modo di salvare i popoli arabi dal comunismo sia quello di sviluppare nei loro paesi un maggiore benessere economico (piano Clap ecc.) promuovendo parallelamente la formazione di una più moderna e democratica struttura politico-sociale. Quanto alla Francia essa cerca soprattutto di sfruttare i resti del suo prestigio di un tempo per tentare di riconquistare almeno in parte il terreno perduto.

Per noi, invece, quegli stessi fattori negativi che consistono nel fatto di non appartenere alle Nazioni Unite e di non essere più una nazione coloniale né comunque sospettabile di condurre una politica di espansione imperialistica ci consentono più grande libertà d'azione per puntare verso quelle affermazioni nei campo econo

mico e culturale, suscettibili del resto di sviluppi politici, che sono conformi alla nostra tradizione mediterranea. La politica dell'Italia democratica, l ungi dal prendere partito nelle ostilità e rivalità intestine dei paesi del settore e fra le stesse grandi potenze, deve ovviamente puntare sull'incremento dei traffici, sull'assistenza tecnico-professionale dei paesi in esame mediante una emigrazione qualitativa, sulla creazione di elementi a noi favorevoli fra le classi colte dei singoli paesi mediante la concessione di un adeguato numero di borse di studio specie per le materie tecniche. Questa, per sommi capi, la nostra politica del momento.

Impostato così nelle sue grandi linee il problema, sia dal segretario generale che dal direttore generale degli affari politici, è stato deciso che:

l) quanto alla internazionalizzazione di Gerusalemme e dei Luoghi Santi converrà seguire la questione senza prendere iniziative e ciò soprattutto perché, in vista della nostra peculiare situazione nei riguardi della Santa Sede, non è possibile differire apertamente dal suo rigido e difficilmente realizzabile punto di vista; beninteso qualora dovesse essere realizzata qualsiasi forma di internazionalizzazione e di controllo dovremmo cercare di non essere esclusi;

2) in seguito alla dichiarazione tripartita anglo-franco-americana per la fornitura di armi ai paesi del Vicino Oriente sarà necessario riesaminare, nell'interesse dell'industria italiana, la nostra posizione in un 'apposita riunione che sarà promossa dalla Direzione generale degli affari politici;

3) il nostro riconoscimento dell'annessione della Palestina araba da parte della Giordania verrà concesso non appena intervenuto un accordo al riguardo da parte dei paesi arabi più interessati, per il momento quindi manterremo un'attitudine di benevola attesa;

4) sull'argomento della conclusione di accordi di amicizia, commercio e navigazione con l'Iran, l'Arabia saudiana, Israele e Giordania è stato convenuto che, per quanto riguarda quest'ultimo paese, sarà opportuno predisporre un progetto più semplice e meno articolato dell'accordo intervenuto l'anno scorso con il Libano; il ministro Anzilotti ha quindi ricevuto istruzione di rispondere al Governo di Tel Aviv che, per parte nostra, non vi sono obiezioni di principio alla conclusione di un accordo di amicizia, commercio e navigazione con Israele e che pertanto restiamo in attesa di ricevere il progetto che esso Governo ci vorrà sottoporre.

Hanno quindi preso parte alle discussioni i rappresentanti dei varii servizi convenuti alla riunione.

Per la Direzione generale affari economici il vice direttore Notarangeli ha dichiarato che, pur rendendosi conto della opportunità di intensificare i commerci con i paesi del Vicino Oriente, la remora maggiore a tale incremento è costituita dalla penuria dei mezzi di pagamento pregiati di cui dispongono detti paesi. Se, come è probabile, la sterlina migliorerà prossimamente la sua posizione vi sarà un conseguente ampliamento della nostra bilancia commerciale. L'operazione di compensazione testé conclusasi con il Libano, malgrado sia per noi poco interessante, è indice del nostro desiderio di sviluppare i traffici con il Levante.

Per la Direzione generale relazioni culturali il console generale Orlandini ha dichiarato di essere convinto dell'utilità di moltiplicare, anche non su basi di reciprocità, il numero di borse di studio specie nelle discipline tecnico-scientifiche. La Direzione generale studierà in conseguenza il modo migliore per approntare i fondi occorrenti, tenendo in mente che bisognerebbe poter concedere annualmente parecchie diecine di borse per ogni paese. Nel frattempo saranno interpellate le ditte più interessate ai traffici con i paesi in esame, per conoscere se sarebbero disposte a concedere per conto loro delle borse di perfezionamento professionale.

Per la Direzione generale dell'emigrazione il direttore generale Giusti del Giardino ha convenuto n eli 'utilità deli'emigrazione qualitativa, finanziata durante il periodo di avviamento iniziale specie nei paesi poveri ed arretrati. La stessa Direzione generale metterà allo studio un piano per poter disporre di fondi necessari e per essere in grado di reperire più rapidamente i tecnici che di volta in volta venissero richiesti (albi professionali, ricorso alle banche, inserzioni sui giornali).

AI termine della seduta, a constatare l'utilità di simili scambi di idee, è stato deciso di ripetere periodicamente riunioni del genere.

273 1 Indirizzato anche ai direttori generali degli aftàri economici, dell'emigrazione e delle relazioni culturali. Trasmesso al!' ambasciata al Cairo e alle legazioni ad Amman, Baghdad, Beirut, Damasco, Gedda e Te! Aviv con Telespr. l 1/12909/c. del27 giugno.

274

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, R. PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

R. l I I 8/534. Ankara, 19 giugno 1950 (perv. i/26).

Ho visto il ministro Ki:ipriilii di ritorno da Parigi. Mi dice di essere stato dolente di non aver avuto occasione di parlare più a lungo con V.E., come sarebbe stato suo vivo desiderio. Ha ricordato l'opera da lei svolta in Turchia1 , con parole di gratitudine. «Nessuno, nei momenti più oscuri della nostra storia, ci è stato più vicino e con maggiore comprensione e intelligenza».

Abbiamo constatato insieme che i rapporti fra i nostri due paesi sono eccellenti. Egli farà di tutto per rafforzarli e rassodarli. Possiamo dunque -mi dice -contare sulla sua collaborazione senza riserve. Gli ho parlato deli 'accordo culturale che dovremmo negoziare fra breve, a termini dello scambio di note dello scorso marzo. Passate queste prime settimane in cui il nuovo Governo è completamente preso dalla preparazione delle misure interne necessarie a dare nuovo e più democratico impulso al paese, egli è senz'altro pronto a discuterlo e a concluderlo. Si rende, anche come studioso, perfettamente conto dcii' opportunità ed anzi della necessità che i paesi di cultura mediterranea si accostino e si comprendano.

Ha preso atto con vivo compiacimento delle mie assicurazioni sul progressivo approfondimento della nostra amicizia con la Grecia e mi ha chiesto con interesse quali esattamente fossero oggi le nostre relazioni con la Jugoslavia, che gli ho riassunto. Si è mostrato d'accordo con me nel constatare che nessun Governo avrebbe

potuto procedere in proposito con maggiore onesta lealtà del nostro. Gli ho fatto d'altra parte osservare che se è vero che l'atteggiamento di Tito nei confronti della Russia costituisce per l 'Occidente un vantaggio, transeunte o permanente che sia, non sarebbe tuttavia né giusto né ragionevole che le spese di codesto generale beneficio debbano per avventura essere accollate soltanto all'Italia, attraverso l'imposizione di ulteriori sacrifizi oltre a quelli innumerevoli del trattato di pace. Si è dichiarato d'accordo. Ha in proposito rilevato-e mi pare osservazione giusta-che Mosca ha già preso del resto le sue precauzioni, in seguito alle quali qualunque ripetizione del fenomeno jugoslavo fra i satelliti è ormai praticamente molto malagevole e probabilmente impossibile. Sicché il vantaggio che la dissidenza di Tito apporta all'Occidente è in ogni caso vantaggio strettamente limitato al puro fatto jugoslavo. Ciò che ne diminuisce evidentemente il peso e la portata. Ha concluso osservando essere d'altro canto estremamente controverso predire da quale parte della barricata potrà l'esercito jugoslavo schierarsi, se le cose dovessero volgere al peggio. «Ciò che sappiamo con certezza è-ha aggiunto-che Tito non ha messo ancora una sola goccia d'acqua nel suo vino comunista. E mi pare che basti a raffreddare ogni entusiasma>>.

Il ministro ha quindi lungamente insistito -ma senza alcun particolare accenno ad intese mediterranee o ad un'eventuale inclusione della Turchia e della Grecia nel Patto atlantico -sulla assoluta necessità di estendere le misure e gli impegni difensivi anche al Mediterraneo orientale, se veramente si vuole, c non soltanto a parole, porre l'Europa in condizioni di tener duro e di difendersi. È questo, mi pare, il punto centrale della politica estera del nuovo Governo democratico turco, come lo fu del precedente. Ho avuto riconfermata l'impressione che il Kopriilii tenda sopra tutto ad una estensione del Patto atlantico, piuttosto che a una intesa regionale mediterranea da allacciarsi a quel patto. E che si proponga dunque di insistervi, insieme e d'accordo con la Grecia, sostenuto, non so con quanta convinzione c vigore, dalla Francia. Mi ha infatti parlato della saggezza politica di Schuman in termini convinti e caldi, come per solito si parla soltanto di coloro che condividono le nostre idee e le appoggiano.

Non direi che, in questo primo colloquio, il Kèipriilii abbia dato prova di particolare acume o di larghezza e novità di idee, ma, certo, di molto e cordiale buon volere nei nostri confronti e di un vivo sentimento di amicizia, della cui sincerità non ho ragione alcuna di dubitare.

274 1 Nel primo dopoguerra Sforza, allora ministro plenipotenziario, era stato alto commissario a Costantinopoli: vedi serie sesta, voli. I-III.

275

IL CAPO DELLA MISSIONE NELLA R.F. DI GERMANIA, BABUSCIO RIZZO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 2238/1029. Bonn, 20 giugno 1950 (perv. il 4 luglio).

La notizia, pubblicata con un certo rilievo dalla stampa tedesca, che rappresentanti delle organizzazioni agricole tedesche e francesi in occasione di un convegno presso Stoccolma della Federazione internazionale dei produttori agricoli hanno !an

ciato l'iniziativa di un pool agricolo franco-tedesco, è stata accolta con interesse dagli ambienti economici e giornalistici locali. Era previsto che il piano Schuman si sarebbe man mano esteso ad altri prodotti nel quadro di una progressiva integrazione economica dell'Europa occidentale, ma prevaleva il convincimento che presupposto cronologico e logico di tale estensione avrebbe dovuto essere l'effettiva entrata in funzione del piano stesso. Si pensa quindi che il motivo per cui l'iniziativa è stata presa, in un momento in cui il piano è ancora nella fase di elaborazione e di discussione, andrebbe ricercato nelle preoccupazioni francesi che il graduale riassestamento delle correnti di scambio europeo perturbate dalla crisi postbellica e una possibile intcnsificazione degli scambi italo-tcdeschi possano pregiudicare la posizione privilegiata acquistata in questi ultimi anni dalla Francia, grazie anche alla sua posizione di potenza occupante, nelle forniture alla Germania occidentale di prodotti ortofrutticoli, e compromettere l'acquisizione della Francia stessa della quota di importazioni tedesche ortofrutticole perduta dall'Italia. Non si manca però di far notare come, a differenza del piano Schuman avente in sé gli elementi per una completa e piena autonomia di sviluppo, un pool agricolo, per la netta prevalenza delle esportazioni dei prodotti francesi ortofrutticoli in Germania sulle analoghe correnti di importazioni in Francia, riveste caratteri di unilateralità suscettibili di essere compensati solo attraverso il concorso di altri settori economici. In ragione di qucst'interdipendenza da altri fattori si reputa possibile valutare esattamente la portata del proposto pool solo una volta assodato su quali contropartite commerciali di esportazioni tedesche in Francia esso poggi.

Non ho naturalmente mancato di saggiare in materia le reazioni degli ambienti governativi tedeschi. Questi ultimi hanno ammesso che un progetto è stato presentato dalle categorie economiche interessate al competente Ministero federale dell'agricoltura, ma hanno precisato trattasi per ora di una iniziativa puramente privata. Mi riservo ad ogni modo di aver al più presto un colloquio col ministro federale dell'agricoltura dr. Niklas, in cui avrò agio di sottolineare l'importanza che le correnti di scambi agricoli rivestono nei rapporti economici itala-tedeschi c la conseguente esigenza che l 'Italia sia tenuta al corrente c se nel caso sentita in qualsiasi iniziativa suscettibile di aver dci riflessi su tali correnti.

Mi sembra altresì il caso di rilevare come in taluni circoli non si nasconde un certo larvato compiacimento per il fatto che il lancio dell'iniziativa ha coinciso coll'inizio a Roma delle trattative per il rinnovo dei rapporti commerciali itala-tedeschi. Si tratti o no di una concomitanza puramente casuale, si è diffusa l'opinione che la posizione dei negoziatori tedeschi ne riuscirà notevolmente rafforzata e che essi potranno, con maggior efficacia e probabilità di successo, contrattare eventuali richieste italiane per l'aumento dci contingenti di esportazioni ortofrutticole in Germania.

276

L'INCARICATO D'AFFARI A TIRANA, PAOLINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 756/434. Tirana. 20 giugno 1950 (perv. il 7 luglio).

Le notizie provenienti dali' estero continuano a suscitare in Albania la più viva apprensione per i possibili sviluppi del riavvicinamento tra la Grecia e la Jugoslavia. I locali organi d'informazione attirano con frequenza l'attenzione dell'opinione pubblica sulle vicende di questo graduale riavvicinamento, e ne commentano i presunti effetti con delle affermazioni che denotano nervosismo ed una smania veramente sorprendente di anticipare gli eventi e di vedere delle minacce dovunque.

Ciò che può colpire in modo particolare chi non si sia assuefatto alla forma mentis di questi commentatori ufficiali è il tono che essi assumono nel riferire alcune manifestazioni che sono sempre state un semplice indice di graduale normalizzazione dei rapporti fra gli Stati. È curioso infatti che chi si proclama amante della pace ed assertore della collaborazione tra i popoli finisca poi con il condannare certe forme di distensione internazionale come sono, ad esempio, la ripresa delle relazioni diplomatiche fra i Governi di Atene e Belgrado o il ritorno dei bambini greci alle proprie famiglie. Trascurando di salvare almeno le apparenze, si commentano qui con asprezza anche avvenimenti di questo genere, catalogandoli nella casistica di un preteso atteggiamento anti-albanese diretto a creare una atmosfera di guerra nel settore balcanico.

Altri avvenimenti, come la concessione di una zona franca a Salonicco, la ripresa degli scambi commerciali greco-jugoslavi, il ristabilimento delle comunicazioni fra i due paesi offrono occasioni di più per la formulazione di accuse ed il lancio di invettive. Altri ancora, come gli incontri fra alti esponenti della diplomazia americana nei Balcani, ed il viaggio in Grecia del capo di Stato maggiore Collins, sono addotti come le prove delle macchinazioni che gli americani starebbero compiendo al fine di legare fra di loro i due Stati e creare in tal modo un blocco dal quale far partire l'offensiva contro l'ordine costituito nei Balcani. La collaborazione fra Atene e Belgrado è anche vista sotto l'aspetto militare; e su questo punto, per l'evidente carenza di elementi probatori, ci si limita a riferire alcune frasi che sarebbero state pronunciate dal generale Papagos e dal maresciallo Tito. Il primo avrebbe dichiarato alla fine di aprile che un avvicinamento fra i due paesi costituirà un vantaggio militare per ognuno dei due; il secondo avrebbe da parte sua affermato che «la Jugoslavia e la Grecia debbono collaborare contro i nemici comuni».

Tutte queste apprensioni finiscono fàtalmente per confluire ne !l'atteggiamento ostile verso i tre vicini dell'Albania, che costituisce ormai la nota dominante della politica estera seguita da questo Governo. Ogni occasione sembra buona per riesumare i fatti emersi durante il recente processo contro i paracadutisti. Si continua a ripetere che fra Grecia, Jugoslavia ed Italia esiste una misteriosa collaborazione diretta, fra l'altro, a minacciare l'Albania. Delle intese sarebbero in corso, secondo il Bashkimi, fra Italia e Jugoslavia; e la visita di Allen a Roma ne costituirebbe un indice sicuro. È interessante notare, a questo proposito, come questa stampa abbia intenzionalmente evitato, anche nel periodo in cui il problema era maggiormente dibattuto, qualsiasi allusione alla questione di Trieste allo scopo evidente di non fare apparire un punto di attrito fra i due paesi, che avrebbe clamorosamente smentito l'affermata concordia e comunità di intenti fra Belgrado e Roma.

Sostanzialmente non vi è nulla di veramente nuovo in questi atteggiamenti. È tuttavia interessante rilevare come gli echi del processo di Tirana non si siano ancora spenti, e come la tendenza sempre più palese di questa propaganda sia quella di gettare l'uno nella braccia dell'altro i propri supposti avversari allo scopo di presentare la loro concordia come un pericolo grave per la sicurezza dell'Albania.

277

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ZOPPI, ALL'INCARICATO D'AFFARI A NANCHINO, MIZZAN

T. 5126/18. Roma, 21 giugno 1950, ore 20,30.

Suo 33-34 1•

Si provvede informare Strigari di quanto da lei comunicato.

Questo Ministero si rende conto inconvenienti situazione rappresentanti paesi che non hanno ancora allacciato relazioni normali con codesto Governo.

Questione riconoscimento è tuttora oggetto costante attenzione. Principale motivo perplessità, come S.V. può bene immaginare, è esperienza scoraggiante fatta da inglesi.

Si fa riserva di informare S.V. degli ulteriori sviluppi del nostro atteggiamento.

278

L'ONOREVOLE TAVIANI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 7034/255. Parigi, 21 giugno 1950, ore 13,45 (perv. ore 16,30).

V.E. avrà già preso visione testo discorso Schuman. Secondo desiderio francese capi altre delegazioni non hanno interloquito prima seduta; praticamente soltanto oggi pomeriggio avrà inizio conferenza con esposizione Monnet piano di lavoro.

In discorso, Schuman si è limitato confermare genericamente principi inspiratori suo progetto. Affermazione degna rilievo è quella circa proposta Stikker definita «contribuzione importante e feconda» per giungere risanamento economia euro

pea. Egli ha peraltro specificato che «essa si situa su di un altro piano» e che fra i due obiettivi perseguiti dalle rispettive proposte non esiste «una sovrapposizione né contraddizione».

Da primi contatti avuti con ambienti francesi ed altre delegazioni appare che questione su cui inizierannosi prese di posizione sarà quella procedura lavori. Francesi vorrebbero discutere subito principi generali su poteri da attribuire Autorità supernazionale; Belgio e sopratutto Olanda sembra abbiano intenzione di voler abbordare simultaneamente se non prima problemi concernenti portata pratica pool. Comunque Schuman e Monnet mi hanno detto che Governo francese intende proporre ad esame testo base per discussione soltanto fine questa settimana, ciò per tener presente nella sua formulazione osservazioni paesi partecipanti nei colloqui informa! che Monnet avrà nei prossimi giorni con singole delegazioni. Anche per il seguito, Monnet ha insistito in colloquio privato su metodo procedura, sottolineando suo punto di vista, secondo cui trattative dovrebbero avere «carattere di costruzione comune piuttosto che rigida negoziazione».

277 1 Vedi D. 264.

279

L'INCARICATO D'AFFARI A MADRID, CAPOMAZZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 7055/60. Madrid, 21 giugno 1950, ore 22,05 (perv. ore 8 del 22).

Franco ha concesso intervista, che verrà pubblicata prossimi giorni, al corrispondente settimanale Tempo. La risposta del Generalissimo non si scosta da quello che è il tono onnai noto delle sue dichiarazioni politiche. Si è espresso in maniera molto amichevole nei riguardi dell'Italia dichiarando che il mondo ha l'obbligo risolvere problema demografico del popolo italiano e concedergli mezzi territoriali per il suo sviluppo. Ha affermato che l 'Italia e la Spagna come popoli mediterranei che hanno vissuto tanti anni uniti e che hanno preso parte imprese comuni condividendo in molte occasioni sofferenze e glorie non hanno nessuna ragione né storica né attuale di opposizione. Una prova di questa cordialità di relazioni fra i due popoli si è avuta durante visita in Italia della signora Franco che è rimasta molto impressionata dalle attenzioni a lei rivolte da parte autorità e dalle dimostrazioni affetto della popolazione.

Richiesto se avesse ritenuto una sua visita a Roma possibile durante l'Anno Santo ha risposto che avrebbe molto desiderato che le condizioni del mondo avessero permesso questo viaggio ma che data attuale situazione internazionale una sua visita in Italia in questo momento non sarebbe stata indicata.

Interrogato dal corrispondente se la continuata presenza di un ambasciatore spagnolo a Roma si doveva considerare come prova del desiderio tornare a normali relazioni tra i due paesi ha risposto che la situazione anormale nella quale l'Italia si è trovata nella fine guerra, fece sì che la Spagna non prendesse in considerazione quelle misure che l'Italia fu costretta prendere (ritiro dell'ambasciatore) e che non turbarono minimamente la simpatia e l'affetto fra i due popoli. Il Governo spagnolo decise che fino a tanto che il suo ambasciatore a Roma fosse trattato e considerato secondo proprio rango esso non sarebbe stato richiamato. Il Governo spagnolo considerò che il richiamo degli ambasciatori dai principali paesi che avevano partecipato alla congiura contro la Spagna fosse misura sufficiente per soddisfare dignità popolo spagnolo.

Trasmesso per corriere testo intervista stessa.

280

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MIINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

R. SEGRETO 6844/3919. Washington, 21 giugno 1950 (perv. il 5 luglio).

La nomina del signor Charles M. Spofford (appartenente alla ditta legale «Davis, Polk, Wardwell, Sunderland e Kiendl» di New York) a rappresentante degli Stati Uniti in seno al Consiglio dei supplenti del Patto atlantico attende ancora d'essere confermata ufficialmente, mancandole l'accettazione definitiva dell'interessato. Non è ben chiaro, inoltre, in qual modo la notizia della nomina è divenuta di pubblico dominio. Come ho telegrafato 1 la sua pubblicazione su li' Evening Star nel pomeriggio di ieri ha colto completamente di sorpresa le principali agenzie giornalistiche, molte ambasciate interessate (fra cui quella di Francia) e perfino i funzionari del Dipartimento di Stato. Ciò ha qui creato l'impressione che si sia trattato di una «fuga»: in altri termini, la designazione, che Acheson intendeva tenere segreta fino a quando gli fosse possibile annunciarla ufficialmente, sarebbe stata prematuramente rivelata ali' Evening Star.

Inoltre la nomina ha destato sorpresa, trattandosi di persona pressocché sconosciuta, che, per questo fatto c per avere scarsissima esperienza di affari internazionali, si dubita sia qualificata a ricoprire una carica per la quale si erano fatti i nomi di Eisenhower, di Marshall, di Lovett e di Harriman.

Comunque, poiché la designazione del rappresentante americano affretterà l'insediamento del Consiglio dei supplenti, desidero sottoporre a VE. alcune considerazioni, che mi sembrano rilevanti per gli interessi italiani sugli sviluppi recenti e sui possibili sviluppi futuri de il'organizzazione atlantica.

La Conferenza di Londra si è svolta, nel complesso, secondo le linee previste. Ha consentito una discussione, per la prima volta ampia, della situazione internazionale in seno al Consiglio nord-atlantico. Ha stabilito, almeno in via di massima, indirizzi fondamentali della cooperazione atlantica (ad esempio quello della «forza militare collettiva»). Infine ha creato o, almeno, rivelato un'atmosfera di solidarietà, della quale il Governo di Washington si compiace vivamente.

Anche per quanto concerne le sue decisioni concrete, la Conferenza di Londra non ha dato luogo a sorprese e, tanto meno, a sorprese spiacevoli per l'Italia. I progetti francesi, relativi alla creazione di organi destinati ad abbracciare anche taluni Stati non membri del Patto atlantico, sono rimasti (come il Dipartimento di Stato ci aveva sempre detto) allo stadio di semplici idee, meritevoli di studio, ma non mature per la realizzazione. Le voci concernenti la creazione di organi ristretti in seno al Patto atlantico sono risultate infondate. Per contro, è stato creato il Consiglio dei supplenti, destinato (conformemente ai propositi indicati a suo tempo dal Dipartimento di Stato) a fornire una guida costante alla collaborazione atlantica.

Gli sviluppi di questa decisione e degli anzidetti indirizzi meritano di essere seguiti molto attentamente.

Il Consiglio dei supplenti richiederà, secondo le decisioni di Londra, l'ausilio di «esperti» per lo studio di problemi particolari, e soprattutto di quelli inerenti ad uno dei compiti principali del Consiglio stesso, cioè al compito di coordinare i piani militari coi relativi programmi finanziari. Il Dipartimento di Stato è del parere che la scelta di tali esperti debba prescindere da questioni di nazionalità e debba, per contro, essere fatta in base alla competenza personale di essi.

Il Consiglio dei supplenti avrà altresì bisogno di una segreteria che il Dipartimento di Stato aspira a mantenere in limiti assai ristretti.

In entrambe le questioni (esperti c segreteria) la maggiore garanzia di tutela dei nostri interessi sta nel fatto che la soluzione di esse spetta al Consiglio, di cui l 'Italia è membro su piede di parità con ogni altro paese. Inoltre, dato il carattere permanente del Consiglio né gli esperti né la segreteria potranno assumere un'importanza paragonabile a quella di organi analoghi, esistenti in seno all'O.N.U., all'O.E.C.E. e ad altri istituti internazionali. Queste due circostanze vengono rilevate amichevolmente dal Dipartimento di Stato ogni qualvolta quest'ambasciata tiene desta la questione della partecipazione italiana agli organi ausiliari del Consiglio. Tuttavia è superfluo rilevare il pericolo che, al momento della formazione di tali organi, il concetto dell'oligarchia, cacciato a Londra dalla porta, rientri dalla finestra.

Tale eventualità, a mio avviso, è preoccupante non solo c non tanto per la diminuzione di prestigio o per la minore tutela dei propri interessi, che ne deriverebbe ali' Italia, quanto piuttosto per l'accresciuto peso che conferirebbe ali' Inghi !terra in confronto a tutti i paesi continentali.

È questa, una situazione nella quale ci siamo dibattuti fin dall'anno scorso, quando furono costituiti i primi organi del Patto atlantico. Certamente quando ci battevamo per entrare nel Gruppo permanente e nel Gruppo regionale dell'Europa occidentale ci battevamo per difendere interessi italiani; ma, ciò facendo, difendevamo anche una concezione continentale dalla difesa del mondo occidentale, contrapposta a quella britannica.

In sostanza la Gran Bretagna si sforzava di conferire un vantaggio iniziale alla sua impostazione della difesa del mondo occidentale: difesa che poneva le isole britanniche al centro del sistema e che includeva il continente soltanto nella misura ed ai fini interessanti dette isole. Di qui la tenacia nel far sopravvivere l'organizzazione del Patto di Bruxelles (fortemente controllata dalla Gran Bretagna ed impostata in vista di un attacco attraverso il Reno); di qui la pretesa di identificare il Gruppo de !l'Europa occidentale con gli organi strategici del Patto di Bruxelles; di qui la tendenza a relegare l'Italia nel Gruppo dell'Europa meridionale, inteso come strumento di difesa dell'Italia peninsulare ed insulare, ai fini della sicurezza delle comunicazioni marittime.

Da parte nostra, patrocinandosi le tesi opposte, si tendeva invece a spostare l'orientamento d eli'organizzazione verso una concezione, la quale, mentre conferiva all'Italia una posizione migliore, appariva più vasta e realistica anche dal punto di vista generale.

La posta in gioco era, insomma, molto grossa perché non si trattava di far valere considerazioni italiane di prestigio, bensì di attrarre verso di noi il fattore decisivo, cioè gli Stati Uniti, su cui premeva in senso contrario la Gran Bretagna. Ciò stante, non faceva meraviglia che incontrassimo una resistenza assai forte; e possiamo, credo, chiamarci fortunati per essere riusciti a raggiungere il nostro scopo almeno in parte, attraverso l 'assicurato collegamento fra il Gruppo regionale d eli 'Europa occidentale e quello d eli'Europa meridionale e, sopratutto, attraverso la non più discussa inclusione deli 'Italia settentrionale nel sistema difensivo del Patto atlantico.

Da allora lo sforzo inglese è continuato, non senza successo. La Gran Bretagna, è riuscita a collocare a Londra il Gruppo regionale dell'Europa occidentale, l'Ufficio produzione e rifornimenti e il Comitato economico-finanziario. Poi quando si è trattato di creare un organo supremo di coordinazione, ha avuto buon gioco a dimostrare che, la maggior parte degli organi da coordinare trovandosi a Londra, ivi doveva risiedere anche quello coordinatore.

Vien fatto, ora, di domandarsi quale sia per essere l'effetto di quest'ultima circostanza, sopratutto nei riguardi del Gruppo permanente di Washington.

La presenza a Washington del più importante organo militare è valsa fin dal principio a garantire che l'impostazione dei piani strategici sarebbe stata sottratta ali 'influenza di tendenze particolaristiche (cioè, in pratica, britanniche); e difatti, come mi è stato recentemente confermato da persona che è in grado di saperlo, lo Stato maggiore americano e con esso il Gruppo permanente hanno ormai definitivamente assimilato il concetto unitario della difesa europea. Senonché, mi si dice che la tendenza inglese si fa notare con crescente insistenza ogni qualvolta si parla dei mezzi occorrenti per rendere effettiva quella difesa. In altri termini, gli interessi britannici, pur cedendo il posto ad altri più generali quando si tratta di formulare i piani strategici, tornano alla ribalta nel gioco della priorità. Di ciò è perfettamente conscia la missione militare francese a Washington, a giudizio della quale il fenomeno è facilitato appunto del fatto che il Comitato economico-finanziario e l'Ufficio produzione e rifornimenti si trovano a Londra.

È noto inoltre che da parte britannica si sta patrocinando il concentramento a Londra di tutti i Gruppi regionali europei (compreso, quindi, quello dell'Europa meridionale) nonché la trasformazione dei Gruppi regionali in «teatri di operazioni». La quale ultima innovazione comporterebbe al tempo stesso l'istituzione di veri e propri Comandi ed una più netta separazione fra un gruppo e l'altro, con grave danno della tesi unitaria da noi sostenuta.

Ora, il Consiglio dei supplenti essendo preminente su tutti gli altri organi, c'è motivo di temere che la «voce di Londra» si faccia sentire più forte anche sul Gruppo permanente.

Mi risulta in modo certo che il Gruppo permanente ha già avvertito questo pericolo. In generale, lo ha avvertito sopratutto nella questione della «forza collettiva», in cui esso ritiene che gli elementi «politici» siano spinti più in là di quanto la tecnica non consenta per il momento; ma, per quanto riguarda la Francia, lo ha avvertito anche nel senso da me descritto più sopra. ·

La nomina del signor Spofford a rappresentante americano nel Consiglio dei supplenti e, pertanto (salvo sorprese!), a presidente del Consiglio medesimo aggrava, a mio avviso, il pericolo. Infatti attraverso una personalità di grande prestigio internazionale e di molta esperienza di affari esteri (quale Eisenhower o Marshall o anche Lovett o Harriman) gli Stati Uniti avrebbero fatto sentire nel consesso londinese tutto il loro peso. Per contro, è facile prevedere che una persona come Spofford, la quale, anche se risultasse fornita di grandi qualità personali, è certamente inesperta e completamente sconosciuta, potrà facilmente essere dominata dall'ambiente.

La questione merita tanta maggiore considerazione in quanto stiamo entrando in una fase assai delicata della preparazione economico-finanziaria del riarmo e più precisamente in una fase in cui tutti i problemi della cooperazione economica stanno per essere riesaminati alla luce delle esigenze belliche; e, quando si pensi alle asperità dci rapporti Stati Uniti-Gran Bretagna-continente in materia di cooperazione economica pura c semplice, è facile immaginare quanti dispiaceri possa dare il trasferimento di esse sul terreno politico-militare.

Se il quadro tratteggiato più sopra è esatto, quali vie si offrono all'azione dell'Italia?

È facile, naturalmente, constatare che le tendenze in gioco coinvolgono problemi d'impostazione della politica mondiale, c sono quindi tali da escludere che l'azione diplomatica dell'Italia possa rovesciarle o evitarne completamente la ripercussione sugli interessi italiani. Ciononostante è necessario vigilare, per ottenere la massima possibile tutela di questi interessi.

Da parte mia, sia nel seguire l'organizzazione del Consiglio dei supplenti sia in ogni altra favorevole occasione, non mancherò di interessare il Dipartimento di Stato ad una più larga visione dei problemi, che unirebbe ali 'utile nostro quello generale. Al tempo stesso mi preme menzionare qui due altri aspetti essenziali della nostra azione: la nostra rappresentanza in seno al Consiglio dei supplenti e la nostra collaborazione con la Francia.

La nomina del nostro rappresentante in seno al Consiglio dei supplenti e dei suoi collaboratori riveste, a mio avviso, un'enorme importanza perché in quel consesso, assai più che altrove, ci sarà dato di vigilare c di agire.

La nostra collaborazione con la Francia riveste un'importanza anche più grande. Infatti soltanto attraverso essa, la nostra azione in seno al Patto atlantico può perdere quel carattere di sforzo isolato, ispirato da motivi particolaristici e prevalentemente di prestigio, che la condannano all'insuccesso, almeno parziale.

Tale collaborazione dovrebbe presentarsi oggi sotto auspici favorevoli, per una serie di circostanze diverse ma concomitanti.

La Francia ha ormai ottenuto, in seno al Patto atlantico, tutte le soddisfazioni morali e i vantaggi concreti, cui poteva aspirare compresa una posizione di preminenza sull'Italia. Non dovrebbe, dunque, riuscirle difficile lavorare di concerto con noi, nel comune interesse. Ciò, al contrario, dovrebbe riuscirle tanto più facile in quanto (come mi viene detto da più parti) essa non è sempre appoggiata dall'Olanda e dal Belgio, piuttosto inclini a seguire la Gran Bretagna.

Inoltre il piano Schuman e la relativa «defezione» almeno momentanea delia Gran Bretagna pongono questa in una posizione difficile nei riguardi degli Stati Uniti, i quali possono essere indotti ad essere più prudenti nel seguire le tesi britanniche.

Beninteso, non si tratterebbe mai di collaborazione itaio-francese in senso antibritannico; ma si tratterebbe di lavorare d'accordo su singoli problemi onde conferire alla voce continentale un tono più forte nei consesso nordatiantico.

Con un mio rapporto nel mese di dicembre2 segnalavo il più pericoloso elemento d'incertezza esistente nella politica estera americana e lo indicavo nelle alternate spinte verso la «integration» europea e verso una sempre più stretta collaborazione con la Gran Bretagna, cioè coi paese meno incline alla «integration». Da allora, quell'incertezza è rimasta insoluta. Tuttavia resta il fatto che ogni prova di compattezza dei paesi continentali è destinata ad aumentare il peso di questi, rispetto al peso delia Gran Bretagna, sulla bilancia della politica americana.

280 1 T. 7057/476, pari data, non pubblicato.

281

IL MINISTRO A BELGRADO, MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 1824/875. Belgrado, 21 giugno 1950 (perv. il 24).

La risposta dei Governi americano, inglese e francese alla nota sovietica del 20 aprile 1 ha indubbiamente segnato un punto attivo dell'Italia nella questione per il

T.L.T. Se la riaffermazione della dichiarazione tripartita del 20 marzo 19482 non basta da sola a far conseguire quanto è nei desideri dei popolo italiano, rappresenta tuttavia una conferma del buon diritto dell'Italia. Dire che la soluzione prospettata nella dichiarazione è quella corrispondente alla prosperità ed ai voti degli abitanti dei Territorio Libero, significa riconoscere non solo il buon diritto dell'Italia su quel territorio, ma che una diversa soluzione sarebbe ingiusta.

Qualcuno, nel tenore e dal tono della nota delle potenze occidentali, vuole vedere ancora aperta la via all'adesione della Russia alla dichiarazione del 20 marzo. Opinione che potrebbe non essere dei tutto avventata se la Russia, interessata a vedere allontanarsi da Trieste le truppe anglo-americane, constatasse la impossibilità dell 'applicazione del trattato e di un accordo diretto italo-jugosiavo.

Le note delle potenze occidentali hanno costituito comunque un duro colpo per questo Governo che considerava oramai la dichiarazione del 20 marzo completamente archiviata, confortato in tale opinione dall'incerto comportamento di questi ultimi tempi delle stesse potenze occidentali in relazione a tale dichiarazione.

28! 1 Vedi D. 138. 2 Vedi serie decima, vol. VII, DD. 468 e 469.

La reazione jugoslava, l'unica fino ad oggi, è stata il commento del Barba (mio telegramma n. 217)3 di cui invio il testo a parte (telespresso 1788/841 del 21 corrente )3 . Reazione quindi abbastanza pronta, senza che peraltro sino ad oggi sia stato espresso l'atteggiamento ufficiale del Governo di Belgrado. Una reazione indiretta alle note occidentali, come forse agli interventi degli occidentali per la situazione della Zona B, può forse considerarsi la campagna di stampa di questi giorni sulla pretesa snazionalizzazione degli sloveni in Zona A (mio te l espresso 1813/865 del 16 corrente )3 .

Il contrasto tra il richiamo della dichiarazione del 20 marzo 1948 ed il desiderio, pure contenuto nella nota delle potenze occidentali, di un accordo diretto tra Italia e Jugoslavia (che peraltro non so se sia contenuto nella nota francese) è più apparente che reale.

Constatata infatti la impossibilità pratica, almeno per il momento, di mettere in esecuzione la dichiarazione tripartita, non è in contrasto con la dichiarazione stessa il desiderio e l'invito che la soluzione della questione avvenga a mezzo di un accordo diretto.

Tuttavia la reazione jugoslava è sembrata piuttosto moderata a questi ambasciatori di Francia e di Gran Bretagna.

Spero invece di essere lontano dal vero insinuando che le note delle potenze occidentali hanno costituito una non troppo gradita sorpresa per questo ambasciatore d'America, che ha tentato una interpretazione del testo nel senso che la fedeltà alla dichiarazione tripartita si riferisce piuttosto ad un prossimo passato che al momento attuale e che mi pareva preoccupato della reazione jugoslava, secondo lui piuttosto forte.

Detta nota e l'attuale polemica con il Governo greco sulla minoranza macedone sono venute a turbare il suo apprezzabile ma troppo roseo programma di un rapido e facile componimento delle questioni tra Jugoslavia da una parte e Italia e Grecia dall'altra.

280 2 Non pubblicato.

282

L'ONOREVOLE TAVIANI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO 7104/258. Parigi, 22 giugno 1950, ore 14,50 (perv. ore 24).

Come preannunciato mio precedente telegramma1 , in riunione ieri pomeriggio Monnet ha ampiamente illustrato contenuto piano Schuman.

Dopo largo preambolo su necessità assoluta accelerare processo cooperazione europea non soltanto per motivi carattere politico ed economico ma anche psicologici, Monnet è entrato vivo del problema: quello istituzione e poteri Alta Autorità alla quale partecipanti dovranno devolvere parte rispettiva sovranità nazionale:

282 1 Vedi D. 278.

l) Secondo idea francese, Alta Autorità deve divenire simbolo unità europea; non deve essere comitato intergovernativo regolante determinati problemi. Pertanto membri Alta Autorità non dovranno rappresentare singoli Governi ma essere nominati collegialmente ed avere responsabilità collettiva.

2) Circa numero membri Alta Autorità, Monnet propone !imitarlo da sei a nove; vi sarà un presidente, decisioni saranno prese maggioranza semplice o due terzi. È anche ammesso principio arbitrato questioni particolarmente gravi.

3) Alta Autorità essendo espressione paesi democratici, dovrà porsi sotto controllo democratico. Essa risponde proprio operato ad Assemblea comune formata da membri designati in seno Parlamenti paesi partecipanti. Questo nuovo istituto sarà complessivamente formato da quaranta-sessanta persone.

4) Alta Autorità presenterà suoi rapporti all'Assemblea che li discuterà. Se maggioranza giudicherà che attività svolta non è stata soddisfacente, potrà essere ammesso voto censura che implicherà automaticamente scioglimento Alta Autorità e nomina di altra Alta Autorità con stessa procedura iniziale.

5) Impegni che paesi partecipanti dovranno assumere verso Alta Autorità consistono nell'obbligo realizzare mercato comune carbone ed acciaio, restando intesi che in tale dizione sono inclusi minerali di ferro e rottami, secondo esplicita dizione Monnet.

6) Per arrivare mercato comune occorrerà periodo transizione durante il quale imprese antieconomiche dovranno sparire, se non potranno convertirsi in economiche. Per facilitare tali necessarie trasformazioni, si fa cenno a sistema perequazioni decrescenti e limitate nel tempo. Un fondo comune verrà formato prelevando diritti su carbone ed acciaio. Conferendo in tal modo ad Alta Autorità contenuto finanziario, autorizzandola ricevere fondi, emettere prestiti ecc. essa sommerà prestigio pratico con quello morale.

7) Circa problemi prezzi, aumento produzione, adeguamento salari, Monnet si è limitato ad esprimere concetti orientativi senza avanzare proposte concrete, precisando peraltro che di tutto ciò si parlerà nei prossimi giorni prima presentare schema progetto trattato da discutersi.

8) Monnet ha infine proposto che delegato O.N.U. deleghi suo rappresentante a prendere parte attività Alta Autorità e presenti annualmente a O.N.U. rapporto.

Per quanto riguarda atteggiamento seguito da Governo francese nei confronti Inghilterra onde convincerla entrare nel pool, Monnet ha specificato che concetti essenziali piano Schuman sono stati successivamente portati conoscenza Londra, eccetto concetto recentemente maturato creare controllo parlamentare di cui punto tre. Peraltro ha soggiunto che tale punto non (dico non) avrebbe modificato attuale atteggiamento inglese.

Monnet ha terminato sua lunga esposizione auspicando partecipazione Inghilterra e facendo stesso ragionamento V.E. circa importanza suprema per empirismo britannico esistenza di un fatto. Pertanto se paesi partecipanti giungeranno accordo su basi proposte, è probabile, anche secondo Monnet, che Gran Bretagna si associerà in una o altra forma. Ha concluso riprendendo tesi italiana per cui interpretazione neutralistica iniziativa Schuman è assolutamente infondata.

Per accordo intervenuto con partecipanti a riunione è stato deciso di non informare stampa su dettagliato contenuto esposto. Oggi verrà creato gruppo ristretto per

mettere collegialmente di volta in volta al corrente opinione pubblica andamento lavori. Pregherei quindi non lasciare filtrare troppe indiscrezioni. Trasmetto per corriere aereo che parte domani ampio sunto dichiarazioni Monnet2 .

281 3 Non pubblicato.

283

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GALLARATI SCOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO 7113/596-597. Londra, 22 giugno 1950, ore 23,30 (perv. ore 7,30 del 23).

Ho avuto colloquio con Superintending Undersecretary Wrigt il quale, per incarico di Bevin (tuttora convalescente in clinica), desiderava espormi «informally» punto di vista britannico in merito questione lavori Commissione inchiesta O.N.U.; Bevin riteneva ciò tanto più utile dopo colloqui avuti da autorità britanniche con Aklilou durante recente permanenza di quest'ultimo a Londra, colloqui dai quali F.O. aveva potuto farsi un'idea disposizioni etiopiche sul problema.

Wright ha affermato che, secondo quanto risulta a F.O., di fronte a varietà tesi emergenti da Commissione inchiesta, Addis Abeba sente che soluzione non si può raggiungere se non attraverso preliminare intesa fra Italia Stati Uniti Inghilterra ed Etiopia. Etiopia non sarebbe favorevole alla federazione. Se Italia accettasse in via di massima tesi annessione, Etiopia sarebbe disposta alle più larghe concessioni di autonomia per le città della Asmara e Massaua (speciali consigli municipali con ampi poteri locali, ecc.: a tale proposito Wright mi ha accennato che potremmo chiedere quello che vogliamo), libera opzione per italiani in Eritrea conservare loro cittadinanza, con garanzia poter continuare indisturbati loro attività e partecipazione elezioni municipali oppure acquistare con pieni diritti cittadinanza etiopica, sistemazione frontiera con Somalia, ripresa immediata relazioni italo-etiopiche, trattato di amicizia e commercio, accordi per ulteriori sbocchi italiani in Etiopia, ecc. Etiopia riserverebbesi chiedere sistemazione questione riparazioni.

Foreign Office teme che, qualora si addivenisse a soluzione federativa, Etiopia non sarebbe disposta né a concessione «status» speciale Asmara e Massaua diverso da quello rimanente territorio eritreo, e forse nemmeno (per quanto su questo punto inglesi abbiano più dubbi) a ripresa relazioni diplomatiche e delimitazioni frontiera Somalia.

Quanto all'Inghilterra, il sottosegretario ha soprattutto insistito sul fatto che ogni soluzione isolata e parziale del problema eritreo sarebbe inutile e pericolosa (soprattutto per noi) qualora non fosse inquadrata nel più vasto aspetto della pacificazione italo-etiopica, che sarebbe particolarmente importante non solo per interessi italiani in Africa ma anche nel panorama politico europeo; Inghilterra è pronta ad

aiutarci in tutti i modi in quest'opera di pacificazione. Essa è nettamente favorevole a tesi etiopica annessione (Wright non ha però precisato se in tale concetto comprenda o meno cessioni territoriali al Sudan). Qualora tuttavia fosse a noi possibile accordarci con Etiopia su soluzione federativa, Inghilterra appoggerebbe -secondo Wright -tale soluzione.

Il mio interlocutore ha particolarmente insistito che Inghilterra si opporrà a trusteeship collettivo che, fra l'altro, ritiene particolarmente pericoloso anche in quanto offrirebbe occasione all'U.R.S.S. per inserirsi nel continente africano.

Intesa e pacificazione italo-etiopica sono tanto più auspicate a Londra -ha continuato sottosegretario -in quanto si ha sensazione sempre più precisa che, sia in Parlamento che nel paese, sacrifici richiesti ad Inghilterra da attuale situazione in Eritrea vengano considerati con notevole preoccupazione, talché il protrarsi a lungo di Amministrazione britannica in Eritrea specie se Assemblea O.N.U. non raggiungesse decisioni, non troverebbe giustificazione di fronte ad opinione pubblica: egli ha velatamente accennato a decisione che Governo britannico aveva a suo tempo dovuto adottare, su pressione opinione pubblica, per ritirarsi da Palestina.

Wright mi ha confermato nettamente quanto già dettomi in precedenza da Strang, e cioè che su questione Eritrea e rapporti italo-etiopici Governo britannico procede di pari passo e in pieno accordo con quello americano. Egli ha concluso che Governo britannico è pronto ad agire da intermediario per ulteriore «esplorazione» della questione a Londra tra Italia ed Etiopia, ma preferirebbe associarsi anche rappresentanti americani e gli risulterebbe che Governo Stati Uniti concorda al riguardo.

Per parte mia, ho ripetuto a Wright stesse considerazioni che avevo esposte ad Hagglof(mio 565) 1• Gli ho ricordato che, se l'anno scorso ci eravamo avviati decisamente verso indipendenza, orientando in tal senso paesi amici membri O.N.U. ed assicurando nostro appoggio ad eritrei sostenitori tale tesi, era anche perché inglesi non avevano inteso mantenere lo spirito dell'accordo Bevin-Sforza.

Oggi opinione pubblica italiana, particolarmente sensibile a quanto riguarda questa colonia che rappresenta immensi sacrifici lavoro e capitale italiano, è orientata verso indipendenza. Tenuto conto anche recenti comunicazioni ministeriali, ho fatto presente a Wright che non potremmo tradire aspettazione opinione pubblica accordandosi su soluzioni che, discostandosi profondamente in spirito e sostanza da indipendenza, possano essere giudicate come imperdonabile rinuncia. Foreign Office, ho aggiunto, dove rendersi conto nel formulare orientamento britannico in materia, che questione Eritrea non costituisce per noi soltanto un problema di politica estera ma è suscettibile avere importanti riflessi di politica interna.

Ho infine fatto presente mio interlocutore che V.E. desiderava miei contatti con etiopici scopo rasserenamento atmosfera e conferma assicurazione che Italia non ha alcuna intenzione riprendere posizioni politicamente e militarmente minacciose contro Etiopia. Dato che Aklilou è ritornato a Parigi per curarsi (Wright mi ha però confermato quanto detto da Alle n il 12 corr.2 sulla possibilità di farlo tornare qui in qual

2 Vedi D. 259.

siasi momento se apparisse utile e necessario) mi incontrerò perciò nei prossimi giorni con Rettà. Wright ha tenuto ad assicurarsi che F.O. riteneva assai utile tale incontro ai fini auspicata chiarificazione e distensione3 .

282 2 Non pubblicato.

283 1 Vedi D. 257.

284

L'AMBASCIATORE A PARIGI, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 512/261 7. Parigi, 22 giugno 1950 (perv. iliO luglio).

Mi riferisco al dispaccio di VE. n. 8428/c. del 16 corr. 1 .

Come V.E. probabilmente si aspettava, non ho atteso le istruzioni di cui al dispaccio di V.E. al quale mi riferisco per attirare l'attenzione dei francesi su quanto stampa, personalità politiche ed economiche francesi sono venute dicendo in questi giorni sul problema di una intesa agricola franco-germanica. Da parte francese (Monnet e Alphand) mi è stato escluso nella forma più categorica che possa trattarsi di una intesa bilaterale.

È noto a V.E. come la Confederazione generale degli agricoltori già qualche tempo addietro ebbe ad esprimere la sua opposizione all'Unione doganale franco-italiana e invece il suo favore per un accordo agricolo di vasta portata tra la Francia e la Germania.

L'eco suscitata in Francia dal piano Schuman ha, come del resto era da aspettarselo, provocato delle reazioni di analogia in altri settori: è stata per esempio ventilata anche l'idea di un pool internazionale della lana. È in questo quadro che va considerato quanto è stato detto qui sulle intese agricole. Da parte francese non si esclude che tutto quanto concerne l'agricoltura non possa ad un certo momento venire internazionalizzato. Mi è stato invece escluso, nella maniera più formale:

l) che possa trattarsi di una cosa limitata alla Germania ed alla Francia: qualora l'idea dovesse prendere forma più concreta, essa assumerebbe delle forme analoghe a quelle del piano Schuman per il carbone e l'acciaio e l'eventuale invito sarebbe esteso a quanti possano essere interessati, primo fra questi l'Italia;

2) che la questione di un eventuale combinato agricolo possa essere gettata sul tavolo dalla Commissione internazionale qui riunita per il piano carbone e acciaio.

I francesi sono stati molto preoccupati dal piano Stikker, il quale -questo è il loro apprezzamento -tende a silurare il piano Schuman con la classica tattica dell'allargamento. Interessati come essi sono al successo del piano Schuman e quanto meno a che il suo insuccesso non sia imputabile proprio ai francesi, ritengo di poter escludere che siano essi stessi a gettare sul tavolo della Commissione carbone e acciaio questo piano agricolo.

284 1 Non pubblicato.

A mia impressione, se in questo momento il Governo francese non solo lascia dire gli agricoltori ma, entro certa misura, li incoraggia con dichiarazioni del genere di quella del segretario di stato Buron, questo è dovuto a tattica parlamentare.

Come ho già segnalato a V.E., le opposizioni parlamentari al piano Schuman si delineano già sufficientemente forti da far dubitare che esso possa essere approvato dal Parlamento francese. E incoraggiare gli agricoltori con la speranza di ulteriori accordi che aprano all'agricoltura francese l'ambito mercato tedesco può servire a orientare in senso favorevole al piano Schuman gli agricoltori francesi e quindi quei deputati che del voto agricolo particolarmente si interessano.

Premesso questo, oggi come oggi sarei piuttosto d'opinione che un piano Schuman per l'agricoltura ce lo vedremo uscir fuori, con molta probabilità e con molta sollecitudine, se il piano Schuman per il carbone e per l'acciaio dovesse realizzarsi. Anzi, sempre in caso di successo del piano Schuman, tenderei a credere che ne vedremo rapidamente scappar fuori parecchi, anche se non perfettamente identici, in vari settori.

Che questi accordi siano franco-tedeschi o invece più generali (parlo specialmente dell'inclusione dell'Italia), questo dipendente in gran parte da come si svolgeranno i lavori del piano Schuman.

Una delle ragioni, non l 'ultima, per la quale da parte di questa ambasciata è stato tanto insistito perché, nonostante le nostre giuste gravi preoccupazioni noi si aderisca senz'altro all'idea, è stata che non mi sentivo affatto sicuro che, gli altri rifiutandosi, il piano Schuman non si sarebbe realizzato su piano franco-tedesco.

A tutt'oggi, non mi sento ancora in grado di dire se francesi e tedeschi sono comunque decisi ad andare in fondo anche da soli. Ma se dovessero andare avanti da soli sul piano carbone e acciaio, è più che sicuro che al combinato siderurgico succederebbe a breve scadenza anche un combinato agricolo.

È bene tener presente che la possibilità di una crisi di sovrapproduzione dell'agricoltura nazionale è oggi in prima linea tra le preoccupazioni del Governo francese. La Francia ha avuto tre ottimi raccolti consecutivi: la meccanizzazione dell'agricoltura francese ha indiscutibilmente aumentato la produzione e quest'anno, se fenomeni meteorologici imprevisti non interverranno, l'impressione generale è che si avrà un ottimo raccolto e quindi una larga eccedenza di prodotti agricoli sui bisogni del consumo locale. Ad evitare un crollo dei prezzi agricoli, con le conseguenze che esso potrebbe avere fra l'altro anche sulle entrate del bilancio, non resta altra alternativa che l'esportazione. E l'esportazione non la si vede che in Germania.

Questo è oggi, parlamentarmente parlando, uno degli ostacoli più considerevoli al nostro progetto di Unione doganale: l'Italia viene considerata come concorrente, la Germania come un mercato di assorbimento.

Non so se sarebbe possibile da parte nostra prendere eventualmente in considerazione acquisti nostri di grano di una certa importanza sul mercato francese. Se questo fosse possibile, e possibile con una certa rapidità, sarebbe certamente utile a due scopi:

l) scindere in due gli agricoltori francesi: separare cioè gli interessi dei coltivatori di grano i quali comincerebbero a comprendere di poter trovare in Italia un mercato di assorbimento, da quelli dei produttori orto-vino-frutticoli per cui siamo irrimediabilmente concorrenti;

2) dissipare il miraggio tedesco.

Per questo -ripeto -se il piano Schuman si realizzerà insieme con noi, possiamo stare ragionevolmente tranquilli che anche una eventuale combinazione agricola sarà organizzata in modo da comprendere anche noi. I francesi si rendono perfettamente conto delle difficoltà che solleverebbe a loro nell'O.E.C.E. un accordo preferenziale a due tra la Francia e la Germania.

Non voglio però nascondere a V.E. che questo movimento verso combinazioni economiche internazionali di settore, movimento che il successo dell'attuale piano Schuman renderebbe inevitabile, non può non avere le sue ripercussioni sull'Unione doganale italo-francese. Questo indipendentemente da quella che potrà esserne la sua sorte di fronte al Parlamento francese, sorte che a tutt'oggi mi sembra ancora estremamente incerta. Ma anche ammettendo che essa fosse ratificata, essa verrebbe fatalmente ad essere diluita nella sua essenza e nei suoi sviluppi da questa internazionalizzazione più ampia di alcuni importanti settori.

L'idea dell'Unione doganale italo-francese conserva tuttavia la sua utilità. Se la nostra partecipazione su piede di perfetta parità giuridica alle conversazioni carboneacciaio è stata possibile senza nessuna difficoltà, ciò lo si deve, per quello che concerne i francesi, al fatto che nonostante le difficoltà incontrate presso gli ambienti parlamentari essi si sentono moralmente legati nei nostri riguardi dalla volontà politica che ne è la base. Lo stesso elemento confido potrà giocare in caso di un eventuale piano Schuman dell'agricoltura.

Per questo continuo a considerare della massima importanza che, quali che siano le nostre personali reazioni a questa specie di doccia scozzese a cui siamo continuamente sottoposti nei riguardi dell'Unione doganale, noi ci asteniamo dal manifestare, soprattutto in dimostrazioni pubbliche, il nostro malumore. Finché l'accordo esiste, finché non sia stato respinto dal Parlamento francese e finché noi mostreremo di crederci e di continuare a volerlo, per lo meno nel suo significato politico, sarà estremamente difficile ai francesi di concludere delle intese con la Germania, estese o limitate secondo i casi, senza per lo meno offrirei di entrarci anche noi.

Si tratta di salvare il salvabile. Quanto sta succedendo oggi e quanto può succedere domani nel campo franco-tedesco dimostra quanto sia stata saggia e preveggente l'iniziativa presa da V.E. quasi tre anni fa. Anche se sul terreno della sua realizzazione concreta oggi già ne rimane meno di quanto si sperava e forse ne resterà ancora di meno domani, essa è tuttora un prezioso strumento il quale ci permette di chiedere alla Francia, in forma del tutto onorevole, di prenderei come terzo nel loro duetto con la Germania.

Cosa ne accadrà di questi entusiasmi franco-tedeschi nel campo economico non mi sento oggi di prevederlo, ma finché tira quest'aria mi sembra sempre più necessario che noi facciamo finta di non avvederci delle difficoltà che incontra l'Unione franco-italiana e di non dare importanza alle mutilazioni a cui essa potrà ancora dover andare incontro, pur di salvare l'idea politica che ne è alla base e che oggi costituisce per noi una certa garanzia. Questo naturalmente nei limiti in cui l'inclusione nel circuito della Germania non lede in modo irreparabile i nostri interessi economici. Ma anche su questo punto è bene tener presente che oggi, quali che siano le dichiarazioni che ci vengono giornalmente fatte, quali che siano le considerazioni di ordine politico e anche sentimentale che possano giocare da una parte e l'altra, se i francesi dovessero essere posti da noi nell'alternativa di scegliere fra ltalia e Germania essi non esiteranno un momento a scegliere la Germania. Se ne potranno pentire forse un giorno, ma questa è l'atmosfera di oggi. I francesi sono e saranno ben contenti di averci al loro fianco per non essere soli di fronte alla Germania: è questo un valore nostro, che se non va sopravalutato non va nemmeno sottovalutato. Ma se questo dovesse essere loro impossibile -ripeto -essi preferiranno la Germania a noi.

283 1 Per la risposta vedi D. 285.

285

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, GALLARATI SCOTTI

T. SEGRETO 5224/346. Roma, 24 giugno 1950, ore 15.

Suoi telegrammi n. 596 e 597 1•

Approvo suo linguaggio con Wright, e considerazioni che V.E. ha svolte.

Da quanto Wright ha detto appare chiaramente che Governo etiopico non si rende ancora conto dei termini nei quali questione eritrea si pone. Parlare oggi di annessione dopo rapporto Commissione d'inchiesta, e quando numerosi Stati sono decisi a sostenere indipendenza, è infatti fuori della realtà. Discuterla sarebbe pura perdita di tempo. Un eventuale compromesso del problema eritreo non può essere cercato partendo da una programma massimo etiopico e da un programma massimo italiano, ma dallo studio di quelle soluzioni che abbiano la possibilità di essere accettate dall'O.N.U. e che noi possiamo adoperarci perché vengano accettate. Alla ricerca di questa soluzione noi porteremo ogni possibile spirito di conciliazione. Ma, come le ho già telegrafato, è necessario che gli etiopici vi portino almeno il senso della realtà. Questo senso non si riscontra nel loro atteggiamento presente, che appare tutt'altro che incoraggiante, quando consideriamo che Etiopia accoglierebbe con sfavore una soluzione federativa, che sarà già molto difficile far accettare dali' Assemblea dell'O.N.U.

In un suo eventuale colloquio con Rettà tenga presenti le istruzioni impartite con il telegramma n. 3132• Nello stesso senso del presente telegramma ci siamo espressi con questa ambasciata d'Inghilterra e con questa ambasciata degli Stati Uniti.

285 1 Vedi D. 283. 2 Vedi D. 252.

286

IL MINISTRO A OSLO, RULLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

R. RISERVATO 970/398. Oslo, 26 giugno 1950 (perv. il 30).

Con i miei rapporti n. 915/374 e n. 920/378 del 12 corrente mese 1 ho informato

V.E. delle ripercussioni in questo paese dello svolgimento attuale della politica britannica nei riguardi del piano Schuman, in particolare, e della collaborazione europea in generale, e col mio rapporto n. 939/384 del 16 c.m. 1 ho riferito in merito ad una conversazione da me avuta al riguardo con questo ministro degli affari esteri.

Mi risulta ora che, su quegli argomenti, la locale ambasciata degli Stati Uniti avrebbe recentemente -a seguito di istruzioni di Washington -attirato la speciale attenzione del Governo norvegese. Se le mie informazioni sono esatte -e non ho ragione di dubitarne -il Dipartimento di Stato avrebbe fatto dire qui che gli sviluppi ultimi della politica inglese nei riguardi della fase attuale della collaborazione europea, sono seguiti a Washington con una certa preoccupazione, poiché si teme colà che l'atteggiamento del partito labourista, quale espresso nel noto recente documento dell' esecutivo nazionale, e i dubbi risultanti dalle dichiarazioni ufficiali britanniche, possano risolversi, per lo meno, in una battuta di arresto nel già lento processo di solidificazione dei rapporti politici ed economici fra i partecipanti europei del Patto atlantico.

Il passo di cui si tratta -se di passo vero e proprio si può parlare -sarebbe stato fatto non in forma ufficiale, ma nel corso di una conversazione di carattere generale fra il consigliere dell'ambasciata degli Stati Uniti e il segretario generale del Ministero degli esteri.

Quale sia stata la reazione norvegese a me non risulta. Non v'è dubbio però che la preoccupazione di Washington nei riguardi della attuale politica inglese, non può che aver accentuato le preoccupazioni già qui esistenti e su cui ho riferito a V.E. nei rapporti sopra indicati.

Il fatto stesso che la Norvegia sia legata a filo doppio alla Gran Bretagna, e che, nelle proprie attuali difficoltà di carattere economico, dalla Gran Bretagna si aspetti aiuto e collaborazione economica specialmente nel campo degli investimenti, ha sempre creato ad Osio una atmosfera per cui quello che accade a Londra viene seguito qui con grande attenzione e con nervoso interesse. È più che naturale, in conseguenza, che tale interesse si sia, nelle recenti settimane, trasformato in una certa ansia e in una tal quale preoccupazione. Qui si è avuta netta l'impressione che, mentre due anni fa tanto Attlee quanto Bevin avevano pubblicamente mostrato la loro preferenza verso una terza forza europea mediatrice fra l'America capitalistica e la Russia sovietica, essi ora, basandosi su argomenti di strategia di politica e di ideologia, abbiano invece scelto quello che qui si ritiene l'altro como del dilemma e cioè l'Unione atlantica. Invece di rafforzare una debole e reazionaria Europa occidentale accettandone le

richieste di un sacrificio volontario e rivoluzionario della propria sovranità, i governanti inglesi -secondo Oslo -hanno deciso oggi di giocare le loro carte esclusivamente sulle relazioni con gli Stati Uniti e di accantonare l'integrazione europea sino al momento in cui essa non si dimostri uno strumento utile ai fini britannici.

La soluzione britannica ha, certo, molte attrattive per un paese come la Norvegia che di solidarietà europea ben poco mastica ed ancora meno comprende, e per dei socialisti come quelli norvegesi che sono anche essi disposti, a simiglianza dei loro colleghi labouristi, a trovare gli americani più «progressivi» dei francesi o degli italiani. Ma qui ci si rende conto, allo stesso tempo, ed in maniera forse più concreta che in Gran Bretagna, che la Norvegia, in termini di guerra moderna, fa parte integrante dell'Europa occidentale, e, in termini di strategia americana, è, come l'Inghilterra, poco più di una base aerea. Ne viene di conseguenza che quella stessa soluzione britannica che, in linea generale, attrae e piace, venga trovata, alla discussione pratica, troppo esageratamente unilaterale e poco passibile di compromessi.

È mia impressione, in conseguenza, che l'eco delle preoccupazioni di Washington convogliata qui dalla locale ambasciata statunitense, e l 'indiretto invito a considerare tutte le conseguenze di una troppo passiva adesione alle idee espresse dall'esecutivo nazionale labourista, abbia trovato e troverà ad Oslo orecchi molto attenti.

Di qui a immaginare un possibile mutamento della politica norvegese il passo è non solo molto lungo, ma anche da escludersi che possa venire concepito. I rapporti fra Londra ed Oslo sono tali che -allo stato attuale delle cose-mi parrebbe difficile pensare ad un mutamento di rotta norvegese persino nel caso -del resto poco probabile -che Washington prendesse apertamente ed ufficialmente una posizione contraria alla politica del Governo labourista inglese. Ma mi pare che possa avere un certo interesse conoscere e seguire le reazioni e le preoccupazioni di un paese come la Norvegia che è membro del Patto atlantico e che del Governo labourista è «cliente» fedele e convinto.

286 1 Non pubblicati.

287

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GALLARATI SCOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO 7326/609. Londra, 27 giugno 1950, ore 17,30 (perv. ore 20).

Mio 608 1•

Nel colloquio di ieri sottosegretario permanente ha colto lo spunto da gravi avvenimenti Corea per sottolineare opportunità e necessità che -di fronte a situazione generale in continuo peggioramento -paesi che si trovano dalla stessa parte

della barricata cerchino di raggiungere, dove possibile, tempestive soluzioni concordate sulle questioni che li separano. In un momento in cui O.N.U. trovasi di fronte a conflitto che potrebbe assumere ben più vaste proporzioni, ha rilevato Strang, sarebbe quanto mai opportuno che si evitassero -in seno ad organizzazione stessa-profonde divisioni fra Stati membri che, nel conflitto principale, militano nello stesso campo.

Ho risposto a Strang che tale volontà non mancava certo da parte nostra e mi sono con lui espresso nel senso di cui al telegramma di VE. 3462 . Sottosegretario permanente si è reso particolarmente conto della fondatezza affermazione che eventuale compromesso sul problema eritreo non può raggiungersi col partire da un programma massimo etiopico e da un programma massimo italiano bensì studiando quelle soluzioni che abbiano possibilità di essere accettate dall'O.N.U. e che noi possiamo adoperarci perché siano accettate. Egli ha pertanto incaricato Superintending Undersecretary Wright, che partecipava al colloquio, di continuare con me in questi giorni processo chiarificazione iniziato in precedente colloquio3 .

Avevo chiesto a Hagglof combinarmi incontro con Rettà per esprimermi con quest'ultimo secondo le indicazioni di VE.2: dato che ambasciatore Svezia ha peraltro dovuto assentarsi per una decina di giorni, colloquio stesso avrà luogo altrove prima di suo ritorno. Strang mi ha detto che ambasciatore etiopico si era espresso col Foreign Office-in merito a possibilità incontrarsi con me-come di cosa che considerava augurabilissima4 .

Ho colto occasione conversazione con Strang per fargli presente quanto segnalato da VE. con telegramma 3425: comunicazione è stata indubbiamente apprezzata.

287 1 Del 26 giugno, con il quale Gallarati Scotti aveva riferito la prima parte del colloquio con Strang sulla questione coreana.

288

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO URGENTISSIMO 7335/496. Washington, 27 giugno 1950, ore 15,06 (perv. ore 23,45).

Mio 4921• Perkins ha convocato stamane «informally» rappresentanti Patto atlantico ed ha esposto situazione come segue:

3 Vedi D. 283.

4 Vedi D. 289.

5 Del 22 giugno, il cui testo era il seguente: «Faccia sapere al Foreign Office che articoli del Giornale d'Italia nei quali si insiste perché Italia rinnovi richiesta amministrazione fiduciaria italiana per Eritrea non (dico non) sono ispirati da noi. Lo stesso si dica per articoli contrari permanenza amministrazione britannica. Questi articoli riflettono tuttavia correnti di opinione pubblica e Governo britannico comprenderà come Governo italiano debba agire con molta prudenza in una questione che suscita tanto interesse nel paese».

l) aggravarsi situazione militare in loco ha costretto stanotte Governo americano autorizzare Mac Arthur accordare protezione aeronavale a truppe coreane senza attendere ulteriori deliberazioni O.N.U.;

2) stamane in riunione Casa Bianca è stata concordata linea di condotta indicata più tardi in comunicato che riassumo in telegramma in chiaro2;

3) oggi Consiglio sicurezza Nazioni Unite sarà invitato approvare risoluzione, la quale, constatato che azione Corea settentrionale costituisce rottura pace e che invito cessare il fuoco non è stato accolto, raccomanderà a tutte Nazioni Unite accordare Corea meridionale assistenza occorrente per respingere aggressione.

Perkins ha altresì rilevato che azione intrapresa da Mac Arthur può considerarsi applicazione ultimo paragrafo risoluzione domenica Consiglio sicurezza e sarà comunque coperta da previste decisioni di questo pomeriggio.

Ambasciatore britannico ha rilevato opportunità che risoluzione Consiglio sicurezza sia redatta in modo da limitare strettamente ad esame situazione coreana senza menzionare comunismo o possibili ripercussioni in altri settori. Perkins ha allora letto testo predisposto da uffici, il quale è brevissimo e tale da soddisfare raccomandazione britannica.

Stesso ambasciatore ha chiesto chi comanderà operazioni se forze di diverse nazioni appoggeranno truppe coreane. Perkins, a titolo preliminare e personale, ha espresso avviso che tale compito spetti Mac Arthur, quale comandante Forze alleate Estremo Oriente.

287 2 Vedi D. 285.

288 1 Del 26 giugno, non pubblicato.

289

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GALLARATI SCOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO URGENTISSIMO 7397/614-615. Londra, 28 giugno 1950, ore 22,35 (perv. ore 7,30 del 29).

Stamane ha avuto luogo da Wright mio colloquio con Rettà di cui a ultimo paragrafo mio telegramma 609 1• Ambasciatore etiopico appariva inizialmente alquanto riservato ma, nel prosieguo conversazione, ha lasciato chiaramente intendere importanza che attribuiva a tale presa di contatto.

Rettà ha cominciato col far presente che:

l) ragione per cui conversazioni ginevrine non hanno approdato a risultati concreti dovrebbe ricercarsi anche nel fatto che Spencer sarebbe andato oltre effettivo pensiero Governo etiopico;

2) Etiopia, che ha piena fiducia nel presidente del Consiglio e nell'E.V., è sempre pronta a riprendere conversazioni su basi concrete pur di avere la sicurezza di trattare secondo una direttiva unica del Governo italiano;

289 1 Vedi D. 287.

3) Addis Abeba vorrebbe che Italia si rendesse conto che essa non desidera prendere posizione specificatamente contro di noi ma che identica posizione assumerebbe verso qualsiasi altra potenza che dovesse pretendere di tenere posizioni strategiche di accerchiamento nei riguardi etiopici.

Per parte mia, attenendomi ad istruzioni di V.E. di cui ai telegrammi 304, 313, 318, 3462 , ho dato le più ampie assicurazioni per quanto riguardava inesistenza nostre intenzioni assumere-oggi ed in futuro-posizioni minacciose verso l'Etiopia. Essendomi successivamente espresso nel senso in cui avevo precedentemente parlato a Hagglof e a Wright (miei telegrammi 565 e 5963 e lettera del segretario generale 3/5423 del 16 corr.4) ed avendo esposto concetto V.E. che un eventuale compromesso non può raggiungersi col partire da un programma massimo etiopico ed un programma massimo italiano, sottosegretario Wright è intervenuto dichiarandosi pienamente concorde su tale concetto e ponendo preciso quesito se sia Etiopia che Italia -la quale ultima ha evidentemente vasti interessi da salvaguardare in Eritrea nonché posizione morale da tutelare verso propria opinione pubblica di fronte alla quale ha sostenuto tesi indipendenza-siano disposte a considerare la tesi federativa come base accettabile di discussione. Egli non si nascondeva che soluzione federativa presenterebbe difficoltà tecniche non lievi e richiedenti trattative prolungate ed approfondite, ma gli sembrava indispensabile di esaminare anzitutto se -in linea di massima-tale tesi sarebbe considerata accettabile come punto di partenza da entrambi i paesi interessati.

Sia io che Rettà ci siamo naturalmente riservati di prendere tempo e -da parte mia -di sentire V.E. prima di poter dare una risposta al quesito. Colloquio è stato quindi interrotto per essere ripreso nel pomeriggio onde mettere maggiormente in luce alcuni punti.

Intera conversazione aveva carattere strettamente confidenziale e non impegnativa, essendo intesa da tutti come una semplice presa di contatto a scopo di distensione. Al termine della medesima Rettà ha lasciato intendere che, ove vi fosse qualche spiraglio di più sul giungere ad una base di partenza per trattative più concrete, conversazione dovrebbe essere portata a livello ministro Aklilou.

Questo pomeriggio sono tornato da Wright dal quale però, contrariamente alle intese di stamane, non ho trovato Rettà. Ambasciatore etiopico aveva fatto sapere a sottosegretario che riteneva dover riflettere (e piuttosto, io ritengo, avvertire ministro esteri).

Impressioni di Wright, concordate con quelle da me riportate sul colloquio di stamane, possono compendiarsi come segue:

a) Rettà ha accolto con vivo piacere le espressioni ed assicurazioni da me trasmessogli su istruzioni di V.E. e ritiene che esse possano costituire ottimo inizio per una distensione;

b) Etiopia non ritiene peraltro poterle affidare a sole dichiarazioni poiché, pur nutrendo piena fiducia nel Governo da cui promanano, considera che esse di fatto non possono legare Governi italiani del futuro; dopo ripetuti conflitti con Italia,

3 Vedi DD. 257 e 283.

4 Non rinvenuto.

Addis Abeba ritiene indispensabile perciò -guardando a un futuro lontano -che si crei una situazione di fatto tale da non rendere possibile il ripetersi di minacce accerchiamento da parte nostra; e considera che il crearsi di tale situazione le consentirà di ristabilire con nostro paese quei rapporti di cordiale fattiva collaborazione che anch'essa auspica anche nel proprio interesse;

c) questo sarebbe momento più opportuno per trattative concrete con Aklilou e con Rettà, su base federativa, ma da parte etiopica sussiste ancora timore che basi di partenza che eventualmente si raggiungessero in tali trattative possano essere poi sovvertite con nostre manovre a Lake Success;

d) unico modo di dissipare tale sensazione sarebbe perciò se Governo italiano si impegnasse a trattare su base federativa, assicurando che non appoggerà altre tesi in opposizione Etiopia.

Wright mi ha aggiunto risultargli che dopodomani giungerebbe qui nostra delegazione per imbarcarsi poi martedì prossimo per New York.

288 2 T. 7341/495 del 27 giugno, non pubblicato.

289 2 Vedi DD. 244, 252, 256 e 285.

290

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GALLARATI SCOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO URGENTE 7445/618. Londra, 29 giugno 1950, ore 18,30 (perv. ore 23).

Stamane Superintendent Undersecretary Wright ha espresso desiderio vedermi nuovamente, per incarico Strang, onde fare il punto su conversazioni di ieri circa le quali ho riferito col mio telegramma 614-615 1• N el riandare su dette conversazioni egli ha tenuto a precisare che quesito da lui posto a me ed a Rettà andava inteso nel senso che eventuale riconoscimento, da una parte e dall'altra, di tesi federativa come base accettabile di discussione doveva implicare rinuncia a sostenere altre tesi contrastanti.

Wright, insomma, insisteva -non solo per quanto riguarda noi ma anche per quanto riguarda Etiopia-su quanto indicato al punto d) nell'ultima parte citato telegramma.

Principale ragione colloquio stamane era peraltro per comunicarmi che, in seguito a suddette conversazioni confidenziali, affatto «informai» e non impegnative, pensiero Foreign Office è il seguente:

l) sarebbe forse possibile per Governo britannico indurre Governo etiopico ad accettare il principio della federazione (con riserva di fissarne i dettagli successivamente) e a «non lavorare» per alcuna altra soluzione, qualora Governo italiano assumesse identici impegni;

2) dopo accettazione principio federativo da parte O.N.U., Governo etiopico sarebbe pronto a ristabilire relazioni diplomatiche con Italia, concludere trattato ami

cizia e commercio, delimitare frontiere Somalia, discutere sbocchi ( «outlets») per Italia sia in Eritrea che in Etiopia; Governo etiopico richiederebbe, per parte sua, che ci si accordasse per liquidazione riparazioni;

3) se Governo italiano potesse, ovviamente senza pubblicità, concordare, magari tramite i Governi degli Stati Uniti e di Gran Bretagna, di agire secondo tali linee a Lake Success, si potrebbe indurre il Governo etiopico a concordare esso pure;

4) con ciò verrebbero gettate le basi di una soluzione da raggiungere a Lake Success, soluzione che avrebbe ottime probabilità di essere approvata dall' Assemblea; si aprirebbe così un nuovo capitolo nelle relazioni itala-etiopiche, e ciò rappresenterebbe un notevole contributo non solo per la futura posizione dell'Italia in Africa ma anche nel quadro politico europeo in genere.

Sottosegretario Wright ha concluso sulle stesse linee in cui si era espresso con me Strang tre giorni or sono2: e cioè che le minaccie alla pace attualmente manifestatesi nell'Estremo Oriente ma che potrebbero estendersi da un momento all'altro ad altri settori, rendono tanto più auspicabile il conseguimento di una soluzione concorde di questo problema.

Ciò che ha esposto Wright stamane mi appare tanto più importante in quanto risultami che Bevin, tuttora convalescente, continua a seguire da presso i nostri principali problemi (vedasi anche mio telegramma 556) 3 ed in quanto Wright stesso aveva avuto in precedenza lunga conversazione con Rettà. Precise proposte avanzate oggi per la prima volta da Foreign Office, e che aprono la strada a possibili proficue trattative con nostra delegazione, mi sembrano rappresentare un passo avanti molto notevole, rispetto a ciò che era emerso da colloquio del 22 corrente4 , in quel processo di chiarificazione e di scongelamento della situazione desiderato da V.E.

290 1 Vedi D. 289.

291

IL MINISTRO A VIENNA, COSMELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 2243/528. Vienna, 29 giugno 1950 (perv. il 5 luglio).

Facendo seguito al mio rapporto 22 corr. n. 2169/503 1 e da ultimo al mio telegramma n. 125 del 23 giugno2 , informo che il ministro Gruber mi ha oggi detto che, salvo imprevisti di carattere generale e salvo quello che potesse eventualmente venire inaspettatamente fuori dalla riunione dei quattro sostituti dei ministri degli esteri per il trattato austriaco fissata a Londra per il lO luglio, egli intenderebbe ormai partire

3 Dell'8 giugno, non pubblicato.

4 Vedi D. 283.

2 Relativo a indiscrezioni di stampa sulla visita di Gruber a Roma.

da Vi enna l' 11 sera, giungendo a Roma il 12 sera tardi: il 13 e al massimo il 14 si tratterrebbe a Roma per una visita al Santo Padre nel quadro dell'Anno Santo e le preannunciate visite di cortesia a S.E. il presidente del Consiglio e a V.E. Mi ha ripetuto ancora una volta che la sua visita è puramente di cortesia, ma a lui graditissima come ogni occasione di poter avvicinare uomini di Stato italiani di primo piano.

Egli ha aggiunto di desiderare che intorno alla visita si faccia il meno rumore possibile, dato appunto il suo carattere: proseguirebbe subito dopo per Positano, dove si tratterrebbe una diecina di giorni per essere quindi prima della fine di luglio di ritorno a Vienna.

Come è noto, tra l'altro col l 0 agosto dovrebbe intervenire la sostituzione, almeno da parte delle tre potenze occidentali, degli attuali Alti commissari militari con Alti commissari civili, che probabilmente potrebbero anche essere i rispettivi ministri plenipotenziari qui accreditati: ad ogni modo tale insediamento comporterà almeno delle formalità ufficiali.

Circa le questioni che potrebbero essere comunque toccate dal ministro Gruber nel suo incontro con il presidente del Consiglio e con V.E., potrei supporre che per quanto riguarda l'accordo di ParigP e i problemi dell'Alto Adige che vi si riconnettono, la parola del ministro Gruber non dovrebbe essere che di soddisfazione, in quanto che con gli ultimi accordi del marzo scorso, quelli successivi del maggio e da ultimo quelli degli ultimi giorni4 , ne è risultata una situazione di progressiva distensione e chiarificazione, al punto che non solo ho avuto a più riprese occasione di constatare un rasserenamento quasi completo di animi e di spiriti, ma un certo tal quale sempre minore interesse personale del ministro, come di questione ormai avviata a sostanziale soluzione, almeno, permettomi aggiungere, nel quadro dell'accordo di Parigi e degli attuali amichevoli rapporti itala-austriaci e con la riserva delle sempre potenzialmente risorgenti suscettibilità e velleità di certi ambienti e di certe persone. Ma molta acqua è passata sotto i ponti e la questione, mediante la nostra azione prudente e temporeggiatrice e sostanzialmente assolutamente leale, è stata, per intanto, se così posso esprimermi, notevolmente denicotinizzata.

Non posso non dire che in occasione della recentissima pubblicazione del comunicato officioso sui risultati delle conversazioni romane e viennesi in materia di optanti, i ministri di Inghilterra e degli Stati Uniti si sono con me espressi nei termini più calorosi e compiaciuti per i risultati raggiunti e per l'atmosfera generale che si era potuto e saputo creare e consolidare tra Italia e Austria in tale così sensibile e delicato settore. Essi mi hanno assicurato di averne riferito dettagliatamente in proposito rispettivamente a Londra e Washington, nonché averne scritto a Mallet e Duno.

Superfluo dire che da parte mia ho curato a sempre tenere più o meno al corrente e opportunamente i miei due colleghi circa lo stato di tali questioni e la posizione rispettiva italiana e austriaca, specie quando questa sembrava irrigidirsi in direzioni non eque o assolutamente arbitrarie.

Un argomento che sta poi particolarmente a cuore in questo momento al Governo austriaco e in primo luogo al ministro Gru ber (dovrei dare la precedenza assoluta

4 Vedi DD. 82, 227, 266 e 271.

al trattato di pace, ma questa è una questione più grande di loro) è l'eventuale adesione del!' Austria al Consiglio europeo. N e ho fatto già sommaria menzione nel mio rapporto del 16 corr. n. 2171/505 1 in relazione alla recente visita del Gru ber a Bema. È tanto più probabile che il Gruber ne parli a V.E. in quanto così grande è la parte che ella ha avuto e ha in questo grande movimento di unificazione continentale europea.

Il pensiero austriaco è che l'Austria è interamente nel!' ambito ideale e politico di tale movimento; anche se la disgraziata situazione fattale in sede di trattative pel trattato di pace, forse rimesso sine die, non le consente adesioni formali e anzi le impone riservatezza di parola e di atteggiamento. Ogni mossa può essere presa a pretesto dalla Russia per creare difficoltà ulteriori in sede di trattative per la pace austriaca o per proteste in via diplomatica o giornalistica, e la posizione austriaca è tanto più legata quanto più perdurantemente assente dal movimento sia ufficialmente la Svizzera, la cui assenza rompe l'unità assoluta di tutti i paesi occidentali democratici: e se è assente, infatti, la Svizzera, possono argomentare i sovietici, perché non può esserlo l'Austria?

Gli alleati occidentali finora si sono astenuti dal chiedere una adesione austriaca, rendendosi evidentemente conto della singolare posizione attuale di questo paese, ma ciò non toglie che, forse anche per ragioni di un certo prestigio interno, e la adesione di ieri dei socialisti germanici occidentali a Strasburgo ha accentuato le velleità austriache, è certo che quando che essa divenisse fattibile, senza il timore di reazioni perniciose, l'ingresso ufficiale, e per la porta d'onore, dell'Austria nella organizzazione europea sarebbe qui salutata con grande soddisfazione. Non è improbabile che il ministro Gruber ne intrattenga in argomento VE., anche per un consiglio e una direttiva personale.

290 2 Vedi D. 287.

291 1 Non pubblicato.

291 3 Vedi serie decima, vol. IV, D. 258.

292

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AGLI AMBASCIATORI A WASHINGTON, TARCHIANI, E A LONDRA, GALLARATI SCOTTI

T. 5396/226 (Washington) 356 (Londra). Roma, 30 giugno 1950, ore 17.

Malgrado Italia non faccia ancora parte Nazioni Unite auspichiamo fervidamente che azione decisa da Consiglio di sicurezza valga a respingere aggressioni coreani del Nord e a salvare la pace.

V.E. potrà inoltre far conoscere a codesto Governo nostra solidarietà nell'azione da esso intrapresa in conformità decisioni Consiglio di sicurezza.

Ho trasmesso questo telegramma anche a seguenti capitali membri Consiglio di sicurezza (nonché Canberra): Parigi, New Delhi, Cairo, Oslo, Avana, Quito, Belgrado1 .

292 1 Questo telegramma venne redatto su suggerimento di Tarchiani che con il T. segreto 7409/503 del 28 giugno aveva telegrafato: «Poiché Italia non è membro Nazioni Unite e pertanto non partecipa a formulazione sue decisioni né è destinataria sue raccomandazioni, penso converrebbe Governo italiano facesse ufficialmente conoscere a quello americano sua solidarietà circa atteggiamento adottato in crisi coreana. Sarò grato V.E. se vorrà considerare possibilità assumere questa iniziativa e modo migliore realizzarla». Per la risposta di Tarchiani vedi D. 299.

293

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, GALLARATI SCOTTI

T. SEGRETO 5414/358. Roma, 30 giugno 1950, ore 21,15.

Suoi 614, 615, 618 1•

Approvo impostazione di massima conversazioni, quale risulta da contatti avuti da V.E. con Wright e Rettà. Partendo da premesse così poste dovrebbe ormai riuscire agevole proseguimento conversazioni in sede tecnica come ci proponiamo di fare a Lake Success. Apprezziamo anche chiarimenti datile da Rettà e comprendiamo necessità sua presa contatto con proprio ministro affari esteri. Converrà chiarire loro, ed anche ad inglesi (punti c) e d) suo 615) che appunto per evitare malintesi abbiano proposto che conversazioni si concretino a Lake Success dove, per motivi già esposti, non (dico non) possiamo ufficialmente presentare tesi diversa da quella indipendenza come spiegai io stesso a Bevin nel nostro ultimo colloquio2 . Troviamo anche naturale che la delegazione etiopica inizi colà sua impostazione su base annessione. Conversazioni Londra debbono servire chiarirci reciprocamente, e ritengo abbiano già condotto a ciò, che pur partendo da propria iniziale impostazione, nessuna delle quali ha probabilità ottenere prescritta maggioranza, entrambe le parti sono sin da ora disposte ricercare soluzione compromesso anche su base federativa. Trattasi in sostanza di un «gentleman agreement» che avrà a Lake Success suoi sicuri sviluppi nell'interesse anche dei rapporti italo-inglesi.

Ho espresso questi pensieri al sottosegretario Brusasca cui la prego mostrare presente telegramma.

294

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI ECONOMICI, GRAZZI, ALL'AMBASCIATORE A V ARSA VIA, DE ASTIS

T. 5422/44. Roma, 30 giugno 1950, ore 21,30.

Ho consegnato a incaricato affari Polonia nota in cui proponesi proroga accordo commerciale 15 giugno 1949 per tre mesi a partire l o luglio. Nota propone altresì che i due Governi concorderanno successivamente data modalità e contenuto prossime trattative. Ho aggiunto che trattative economiche e finanziarie dovranno svolgersi contemporaneamente, con previa intesa che non saranno avanzate pretese e riparazioni da parte polacca e pretese ai crediti diretti del Tesoro verso Stato polacco da parte

2 Vedi D. 190.

italiana. Circa sede si è chiesto che polacchi vengano negoziare a Roma primi settembre o che nostra delegazione si rechi costà fine ottobre. Incaricato affari si è riservato rispondere quanto prima.

293 1 Vedi DD. 289 e 290.

295

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'INCARICATO D'AFFARI A KARACHI, ROMANELLI

TELESPR. 3/5485. Roma, 30 giugno 1950.

Riferimento: Suo telespresso 2279/387 data 15 corrente 1 e telegramma ministeriale n. 34 data 28 corr. 2•

I risultati cui è pervenuta la Commissione d'inchiesta delle N.U. per l'Eritrea (vedi telespressi circolari n. 3/5460/c. e 3/5462/c. del 22 c.mY non hanno indebolito la tesi dell'indipendenza dell'Eritrea, la quale anzi risulta rafforzata, specialmente se si tien conto che le tesi direttamente opposte, quella della spartizione e quella dell'annessione integrale n eli 'Etiopia, possono considerarsi cadute.

A questo risultato molto ha contribuito il Governo del Pakistan con la posizione assunta, prima ali' Assemblea generale mediante l'opera personale del suo ministro degli esteri, e poi in seno alla Commissione d'inchiesta. Tanto più influente ed apprezzato sarà ora, in conseguenza, l'atteggiamento che il Pakistan adotterà avanti alla Piccola Assemblea.

Il Governo del Pakistan conosce perfettamente quale sia la situazione dei musulmani nell'Impero etiopico e si rende certamente conto che le formule e le garanzie politico-costituzionali che potessero venire stabilite in una risoluzione dell'Assemblea generale non avrebbero praticamente nessuna efficacia protettiva per le minoranze eritree, musulmane e italiane, a meno che non trovassero localmente rispondenza in una salda e già costituita organizzazione autonoma di quel territorio. È motivo di soddisfazione per il Governo italiano apprendere che il Governo pakistano, rendendosi conto di tali considerazioni, intende insistere nella tesi sostenuta dal signor Mian Ziaud Din. Tale tesi, si ripete, può essere validamente sostenuta di fronte ai vari paesi dell'O.N.U., sia in ragione delle risultanze cui è giunta la Commissione dell'O.N.U., sia per l'equità e la giustizia intrinseca della tesi dell'indipendenza, la quale non può non incontrare largo favore nell'O.N.U.

Naturalmente, noi abbiamo più volte riconosciuto lo speciale interesse etiopico alla soluzione che verrà data alla questione eritrea ed abbiamo ammesso i molteplici vincoli, economici ed altro, che corrono fra i due paesi. Un riconoscimento dei legami economici fra tali paesi si trova pure nel memorandum che i delegati nella Commissione d'inchiesta del Pakistan e del Guatemala hanno congiuntamente presentato all'O.N.U.

2 Vedi D. 262, nota 3.

3 Non pubblicati.

Questi legami potranno eventualmente condurre ad una forma di associazione politica dell'Eritrea con l'Etiopia, ma-com'è detto nel telespresso ministeriale 3/5462/c. sopra ricordato -sempre partendo dal punto di vista degli interessi eritrei e tenendo poi conto di quelli etiopici, e non viceversa.

Tali interessi eritrei si concretano in una autonomia istituzionale dell'Eritrea che sia precedente all'eventuale associazione e che sia di fatto costituita e funzionante. È in questa autonomia eritrea, che deve garantirne l'indipendenza, che si concentra l 'unica possibilità di reale difesa dei musulmani e degli italiani dell'Eritrea, i cui interessi sono comuni e solidali, come è stato giustamente rilevato dal ministro Zafrullah Khan.

Per questa difesa dell'integrità e dell'indipendenza eritrea, il Governo italiano fa molto conto sull'azione del Governo pakistano, ed è pertanto lieto -come già comunicato alla V.S. col telegramma citato in riferimento-di assicurare tutto il suo appoggio alla candidatura alla presidenza della V Assemblea generale di sir Zafrullah Khan, la cui esperienza ed autorità sono ovunque riconosciute e riuscirebbero di certo utilissime durante la discussione.

295 1 Vedi D. 262.

296

L'AMBASCIATORE A IL CAIRO, FRACASSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO 7555/116. Alessandria, 1° luglio 1950, ore 16,03 (perv. ore 18,10).

Telespresso di V.E. 90/607le. del 26 maggio 1 .

Ho già ottenuto adesione di questi esponenti tripolitani e Lega araba a nostro punto di vista circa principio rappresentanza proporzionale Comitato preparatorio.

Stamane ho intrattenuto sull'argomento questo ministro esteri, domandandogli adesione Governo egiziano alla nostra tesi. Ministro mi ha assicurato di essere pronto a dare suo appoggio a principio rappresentanza proporzionale. Nel manifestare sua soddisfazione per collaborazione stabilitasi a Tripoli tra rappresentanti italiano ed egiziano Consiglio O.N.U., ministro ha tenuto tuttavia sottolineare necessità che essa proceda anche in avvenire, evitando ostacoli che terzi interessati potranno tentare di frapporvi.

Analogo passo ho fatto anche con questo sottosegretario di Stato affari esteri, il quale mi ha assicurato che telegraferà in tal senso ambasciatore Kamel Selim, il quale è stato ora munito cifrario.

296 1 Non rinvenuto.

297

IL CAPO DELLA MISSIONE NELLA R. F. DI GERMANIA, BABUSCIO RIZZO,

AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 7559/101-102-103. Bad Godesberg, 1° luglio 1950, ore 21,30 (perv. ore 12, l O del 2).

Ho visto stamane Adenauer che aveva convocato presso di sé anche ministro economia Erhard. Non ho mancato prospettargli incresciosa situazione determinatasi Roma della quale era già perfettamente al corrente. Ricordatogli ripetute dichiarazioni fattemi tanto da lui che da Erhard sul desiderio tedesco conseguire progressivo miglioramento relazioni anche economiche con l'Italia, cui faceva riscontro costante nostro atteggiamento favorevole dimostrato anche nel corso trattative, non ultimo nostro proponimento abrogare leggi di guerra su cittadini e beni tedeschi.

In tale atmosfera di legittima aspettativa proposte tedesche e mancato accordo provvisorio non potevano non determinare tanto maggior sorpresa e disappunto da parte del Governo italiano. Lo pregavo pertanto a parte ogni considerazione tecnica di voler considerare la questione sotto l'aspetto dei suoi vari riflessi politici.

Adenauer dichiaratomi subito che si rendeva pienamente conto e che anzi le condivideva. Dettomi che da esame già compiuto con Erhard sembravagli che difficoltà su prodotti frutticoli potevano essere superate. Non altrettanto, o almeno non altrettanto facilmente, doveva dirsi per quelli orticoli data forte opposizione ceti tedeschi interessati nell'attuale momento di punta.

Credo anzi che a ciò si debba peggioramento della situazione dopo mia conversazione Sondermann il quale si era appunto riservato, come ebbi a comunicare, contestare con esponenti di essi.

Erhard da parte sua dettomi che questione sarà esaminata lunedì dopo arrivo von Maltzan. Dichiaratomi cha sarà certamente risolto problema accordo provvisorio e confidava trovare soluzione anche per quanto riguardava settore ortaggi. Erhard ha espresso il desiderio rivedermi dopo suo incontro con von Maltzan.

Aggiungo mio colloquio stamane svoltosi in atmosfera particolarmente cordiale tanto da rendermi convinto fermo proposito cancelliere federale ed Erhard superare punto morto al quale negoziazioni sono giunte.

Adenauer alla fine conversazione mi ha pregato far presente V.E. che linea politica Governo federale rimane impostata su basi stretta collaborazione e amicizia con l'Italia dichiarandomi anzi essere stato particolarmente lieto rapporti instauratisi Parigi fra on. Taviani e delegazione tedesca e di aver impartito istruzioni quest'ultima continuare mantenersi stretto contatto con noi.

Riservomi ritelegrafare lunedì 1•

297 1 Vedi D. 301.

298

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GALLARATI SCOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO 7574/623. Londra, 1° luglio 1950, ore 22 (perv. ore 8,15 del 2).

Ieri mattina sono stato con Vitetti al Foreign Office per riunione a cui hanno partecipato sottosegretario Wright, capo dipartimento Allen e ministro Stati Uniti Holmes.

Wright si è espresso negli stessi precisi termini di cui ai punti l, 2, 3 e 4 del mio telegramma 618 1•

Holmes si è pienamente associato all'esposizione di Wright sottolineando l'importanza di sistemazione rapida ed amichevole, particolarmente data gravità presente situazione internazionale.

Vitetti, per parte sua, ha fatto una franca, dettagliata esposizione dei punti di vista del Governo italiano sul problema.

Nel pomeriggio Vitetti ha avuto una riunione con Allen e rappresentante americano per esaminare quali siano le principali difficoltà che occorrerà affrontare per una risoluzione della questione.

Altra riunione come quella di ieri si è avuta stamane: da parte britannica e americana si è molto apprezzato quanto telegrafato da V.E. (suo 358)2 in merito risultati mie conversazioni con Wright e Rettà, nonché linea condotta delineata in telegramma stesso e collimante con esposizione fatta ieri da Vitetti.

Una ulteriore riunione è prevista lunedì con la partecipazione di S.E. Brusasca3 .

299

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 7575/521. Washington, 1° luglio 1950, part. ore 1,06 del 2 (perv. ore 8,15).

Suo 226 1•

Ho fatto comunicazione con lettera a segretario di Stato da me personalmente consegnata a nuovo Deputy Under Secretary Matthews. Questi mi ha espresso vivo compiacimento Governo americano per solidarietà Governo italiano. Ha inoltre sug

2 Vedi D. 293.

Vedi D. 303. 299 1 Vedi D. 292.

gerito che, onde lasciar traccia nostro atteggiamento negli atti Nazioni Unite, osservatore O.N.U. informi quel segretario generale della comunicazione da noi fatta a membri Consiglio sicurezza. Prego pertanto farmi conoscere se posso invitare Mascia agire in tal senso2 .

298 1 Vedi D. 290.

300

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI

T. 5454/230. Roma, 3 luglio 1950, ore 15.

Suo telegramma n. 521 1•

Non fu fatta comunicazione a Segretariato Nazioni Unite appunto perché Italia non è membro Organizzazione. Atteggiamento italiano, come è noto, fu notificato a tutti i membri del Consiglio di sicurezza eccetto Unione Sovietica e Cina.

Tuttavia autorizzi Mascia da parte mia nel senso da lei suggerito.

301

IL CAPO DELLA MISSIONE NELLA R.F. DI GERMANIA, BABUSCIO RIZZO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 7651/105. Bad Godesberg, 3 luglio 1950, ore 21 (perv. ore 7,30 del 4).

Miei telegrammi l Ol , l 02 e l 03 1•

Von Maltzan informatomi stasera, a nome Erhard, che a conclusione laboriose riunioni interministeriali è stato approvato stasera accordo provvisorio per un volume tre (dico 3) milioni di dollari esportazione frutta. Modalità stabilita è che consegne avvengano in principio entro 31 luglio. Ritengo questa decisione dovuta prevalentemente intervento cancelliere federale. Nessuna concessione mi ha detto von Maltzan stata possibile ottenere in favore settore ortaggi. A mia richiesta promessomi però compiere stasera ultimo tentativo sul cui esito riferirà direttamente a Roma ove giungerà dopo domani mercoledì.

300 1 Vedi D. 299. 301 1 Vedi D. 297.

299 2 Per la risposta vedi D. 300.

302

L'ONOREVOLE TAVIANI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 7680/282-283. Parigi, 3 luglio 1950, part. ore 10,25 del4 (perv. ore 13,45).

Oggi riprese conversazioni per esame piano Schuman.

Riassumo punti di vista singoli paesi:

l) Germania insiste su aspetto politico; si dichiara pienamente d'accordo con punto di vista francese. Per quanto concerne lato tecnico, è d'avviso che non esistono difficoltà insormontabili se paesi sono veramente concordi su carattere supernazionale Alta Autorità e su necessità risolvere problema europeo su basi unitarie. Delegazione propone di fissare subito obiettivi da assegnare Alta Autorità in materia economica e sociale. In altre parole di iniziare esame poteri da attribuire Alta Autorità. Circa aspetto economico del progetto francese Germania insiste su impostazione !iberista non escludendo periodo transitorio.

2) Belgio, dopo premessa teorica adesione principi piano, fa presente che limitazione sovranità nazionale potrà essere accettata solo se obiettivi Alta Autorità saranno chiaramente e preventivamente definiti. Accenna a limitazione nel tempo e negli scopi dei poteri Alta Autorità e pone in rilievo necessità approfondire studio rapporti commerciali tra zona preferenziale pool e terzi paesi.

3) Lussemburgo ribadisce che regolamento produzione acciaio investe tutta economia proprio paese, quindi necessità bene determinare sostanza trattato.

4) Olanda sottolinea alcune idee già espresse da delegato Belgio per quanto concerne aspetti economici. Circa questione Alta Autorità posizione Olanda è particolarmente circospetta. Olanda non esclude rinuncia parziale sovranità, ma sottolinea che azione Alta Autorità influirà su intera politica economica paesi partecipanti e che responsabilità di essa incombe a rispettivi Governi. Perciò Olanda propone costituzione accanto Alta Autorità di organo composto ministri responsabili al quale in seconda lettura dovrebbero passare decisioni dell'Alta Autorità nel caso di ricorso Governi interessati. Dopo tale seconda lettura decisione Alta Autorità sarebbe valida se approvata con maggioranza due terzi. Ciò significa che delegazione olandese, pur non arrivando a postulare principio unanimità o veto, intende portare notevole limitazione poteri Alta Autorità. Su questo punto presidente delegazione olandese si è mostrato molto fermo. Egli ha inoltre ripreso tesi circa necessità collegare piano Schuman con organismi già esistenti nel campo cooperazione economica internazionale e per quanto riguarda «Assemblea comune» si è dichiarato scettico che si possa creare nuovo Parlamento accanto a quello già esistente di Strasburgo.

Per parte mia ho confermato che Italia dà sua adesione al piano in via politica e anche su linee generali tecniche, prospettando peraltro nostre essenziali e vitali esigenze economiche e riservandomi di proporre aggiunte o modificazioni.

In particolare, richiamandomi articolo 11 Costituzione italiana ho messo in rilievo necessità per Italia non poter rinunciare a parte sua sovranità se non su base pariteticità e equilibrio fra vari paesi partecipanti.

Ho inoltre esposto in tre punti quali siano interessi fondamentali nostro paese e cioè:

a) determinare sufficientemente periodo transizione per permettere siderurgia italiana di assestare gradualmente suoi costi sul livello di quelli Europa occidentale in base a rinnovamento e modernizzazione di impianti secondo programmi già internazionalmente approvati;

b) adeguare misure provvisorie di perequazione previste dal progetto francese alle necessità del suddetto assestamento italiano; c) precisare i territori ai quali sarà esteso il piano con particolare riguardo a quelli Africa settentrionale.

A seguito dell'esposizione fatta dalle singole delegazioni si è aperta un'ampia discussione dalla quale è nuovamente apparsa discordanza dei punti di vista fra delegati Benelux da un lato e tedeschi, francesi e italiani dall'altro.

Monnet ha allora ripreso proposta nostra delegazione di costituire ristretti gruppi di lavoro per definire soluzione singoli problemi concreti. Egli ha ritenuto opportuno rinviare ai giorni successivi discussione di fondo Alta Autorità. Non è improbabile che ciò abbia lo scopo di lasciare al Governo francese la possibilità di agire, anche per altri tramiti, su atteggiamento Governi Benelux.

Pomeriggio domani 4 vi sarà altra riunione nella quale verranno fissati e elencati argomenti da mettere immediatamente allo studio dei gruppi di lavoro e verranno formati gruppi stessi 1 .

303

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BRUSASCA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO 7689/626. Londra, 4 luglio 19 5O, ore 14, 18 (perv. ore 18.30).

Ieri mattina ha avuto luogo riunione al F.O. nella quale ho esposto con perfetta lealtà il nostro atteggiamento, ribadendo concetto che -mantenendo nostra posizione -eravamo, ove conveniente, disposti giungere a compromesso su basi federative, nell'intento di trovare una soluzione che potesse pacificare l'Eritrea ed essere accettabile anche all'Inghilterra e all'Etiopia.

Tale soluzione doveva prevedere pieno autogoverno dello Stato eritreo, il quale sarebbe entrato in una unione personale con lo Stato etiopico, e al quale sarebbe stato legato da un patto federale limitato agli affari esteri, alla difesa contro le aggressioni esterne e al regolamento del commercio con l'estero. Ho messo particolarmente in chiaro che dovevano comunque evitarsi truppe etiopiche e funzionari etiopici in territorio eritreo. Da parte inglese è stato presentato punto di vista etiopico, naturalmente

favorevole a federazione di tipo più rigido con allargamento poteri federali anche a tassazione e finanze per i servizi della federazione.

Mi sono rifiutato di fissare in un documento questo scambio di idee. Inglesi ed americani hanno proposto di farmi vedere istruzioni che essi avrebbero mandato alle loro delegazioni a Lake Success. Nel tardo pomeriggio mi hanno rimesso testo tali istruzioni. Dopo averlo minutamente esaminato con ambasciatore, abbiamo concluso che tale testo, contenente versione troppo schematizzata delle conversazioni, si prestava ad una interpretazione inesatta, tanto per quello che riguardava il carattere, pienamente preliminare ed esplorativo, delle conversazioni, quanto per quel che riguardava particolari delle conversazioni stesse. Inoltre esso poteva suscitare la impressione, che noi avevamo dichiarato di voler decisamente escludere, di un accordo sia pure preliminare.

Ho fatto perciò rispondere che non potevo accettare tale procedura ma non avevo difficoltà a che testo mio discorso nella seduta di ieri mattina fosse comunicato segretamente alle delegazioni inglese ed americana a Lakc Success.

302 1 Taviani ne riferì con il T. 7699/287 del 4 luglio, non pubblicato.

304

L'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 76931144. Mosca, 4 luglio 1950, ore 19,08 (perv. ore 19,50).

Odierna dichiarazione vice ministro esteri Gromyko mentre è molto ferma nell'affermare aggressione americana non solo contro la Corea ma anche contro la Cina ed in generale suo intervento affari interni paesi asiatici quali Filippine ed Indocina è tuttavia molto misurata nelle sue conclusioni. Gromyko conferma la risposta data a Kirk il 29 giugno e il Governo sovietico conferma tramite suo di attenersi immutabilmente alla politica rafforzamento pace nonché suo tradizionale principio non intervento affari interni altri paesi. Tutte le tesi svolte da Gromyko nonché gli abili richiami storici ai precedenti della guerra civile sovietica nonché della stessa guerra fra nord e sud degli

S.U.A. -sono evidentemente artificiose in quanto trascurano speciali situazioni ed obblighi internazionali connessi strettamente alla odierna situazione Corea. Esse ad ogni modo confermano che finora sovietici tendono isolare conflitto e sperano che gli S.U.A. -vi compromettano pericolosamente ed inutilmente loro forze in lotta lunga costosa impopolare. Nota verbale sovietica sembra confermare prima e più semplice interpretazione atteggiamento sovietico: o aggressione Corea riesce subito senza reazione oppure si determina lungo conflitto locale pericoloso per forze e prestigio S.U.A.

Attacchi Gromyko particolarmente violenti contro l'O.N.U. e contro Trigve Lie confermano che U.R.S.S. sperava cioè su una procedura di mediazione e su un'opera ritardatrice del segretario generale che non si verificarono suscitando così sua sorpresa e indignazione. Certo tuttavia dichiarazione Gromyko pur non lasciando presagire allargamento conflitto non apre alcuna via di possibile soluzione anzi sembra voler localizzare per ora in Corea ma nello stesso tempo prolungare ed inasprire conflitto. Debbo aggiungere tuttavia che mentre la dichiarazione Gromyko di per sé non è preoccupante è invece cresciuto tono campagna anti americana. Pravda annuncia oggi soliti comizi sotto più forti titoli «il popolo russo esige cessazione aggressione americana Corea» e qualcuno qui teme che il Governo sovietico voglia apparire trascinato verso reazione armata. Non è da dimenticare comunque che nel maggio 1948 campagna con identica formula in rapporto Grecia non sboccò alcuna effettiva azione.

305

IL MINISTRO A BUCAREST, SCAMMACCA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. URGENTISSIMO 7730/84. Bucarest, 4 luglio 1950, ore 24 (perv. ore 11,10 del 5).

Mio telespresso 1290/611 in data giugno 1•

Stasera subito dopo sentenza noto processo questo ministro degli affari esteri ha notificato al reggente della nunziatura apostolica invito a lasciare il territorio romeno con due segretari della nunziatura entro tre giorni, come persone non gradite. Essi dovranno pertanto partire da Bucarest giovedì sera 6 corrente. Anche su richiesta di monsieur O'Hara prego informarne d'urgenza Segreteria di Stato di Sua Santità.

306

L'INCARICATO D'AFFARI A TIRANA, PAOLINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 7752/57. Tirana, 5 luglio 1950, ore 14,30 (perv. ore 19,15).

Mio telegramma 54 1 .

Questo Governo, ostentando rispetto formale consuetudine democratica parlamentare, ha presentato ieri sue dimissioni alla nuova Assemblea. In breve discorso Hoxha ha riassunto opera Governo negli ultimi anni, attribuendogli fra l'altro merito fallimento politica provocatoria Jugoslavia Italia e Grecia. Assemblea ha riaffidato Hoxha incarico formazione nuovo Governo ed ha eletto Presidium riconfermando presidente Omer Nishani.

305 1 Non rinvenuto.

306 1 Del 29 giugno, con il quale Paolini riferiva circa l'inaugurazione della seconda legislatura dell'Assemblea popolare.

307

L'AMBASCIATORE A RIO DE JANEIRO, MARTIN!, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 7778/203. Rio de Janeiro, 5 luglio 1950, ore 21,32 (perv. ore 8 del 6).

Dopo scambio ratifiche accordi ottobre!, oggi ore 17,30 al Ministero degli affari esteri è stato firmato dal ministro degli affari esteri e da me convenzione emigrazione. Sono state altresì scambiate note concernenti Compagnia immigrazione colonizzazione, nuclei coloniali, condizioni sanitarie. Sono state inoltre scambiate note relative accordo collaborazione e investimenti nonché accordo commerciale, con le annesse lettere circa contratti Alfa Romeo -F.N.M., contingenti caffè, compensazione. Per quanto concerne accordo pagamenti ho consegnato al rappresentante Banco do Brasil, presente al Ministero degli affari esteri, quattro noti documenti uffici cambi ritirando relativa contro nota.

Cerimonia svoltasi in cordiale atmosfera e presenziata alti funzionari questo Ministero degli affari esteri personale questa ambasciata e rappresentanti stampa. Ministro Fernandes pronunziato amichevoli parole cui ho opportunamente risposto.

308

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GALLARATI SCOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

R. 3743/2446. Londra, 5luglio 1950 1•

È venuto ieri da me in visita di cortesia, dopo la presentazione delle credenziali, il nuovo ambasciatore di Jugoslavia Brilej. Mi parve persona simpatica e franca. Mi disse era stato sette mesi in Italia per trattative economiche e che conosceva bene i nostri uomini, i nostri problemi e le nostre difficoltà. Mi portava i saluti del suo predecessore Cicmil e mi esprimeva il desiderio che le nostre relazioni personali fossero le stesse e avessero lo stesso tono.

Risposi che ricordavo i nostri ultimi colloqui con l'attuale vice ministro degli esteri jugoslavo e che d'altronde ritenevo sempre utile uno scambio di vedute anche con altri ambasciatori, specialmente in Londra dove si accentrano in questo momento i più gravi problemi dell'Europa e del mondo.

Mi fece comprendere allora assai discretamente che ciò che egli avrebbe desiderato era di poter giungere con me a quello stato di confidenza in cui ci si possano dire apertamente «molte cose» che è utile per entrambi siano dette. Gli risposi che non

308 1 Copia priva dell'indicazione della data di arrivo.

amo in genere la parola conversazione, che ha un certo sapore di ufficialità diplomatica e fa rizzar molte orecchie. Ma che durante tutta la mia vita avevo parlato liberamente con tutti e di tutti gli argomenti senza distinzione di partiti e di idee e che non ritenevo di dover alla mia età rinunciare a questo mio modo di essere.

Mi chiese se ero di carriera. Gli risposi: no e non ho alcun desiderio di successi personali. Al che egli mi disse che era stato pregato dal suo Governo di accettare il posto di Londra in vista delle attuali circostanze.

Tra una diecina di giorni gli restituirò la visita di cortesia2•

307 1 Vedi serie undicesima, vol. III, D. 283.

309

IL MINISTRO A BELGRADO, MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

R. 3/2. Bled, 5 luglio 1950 (perv. i/13).

La serena dolcezza di Bled e i cupi bagliori che giungono in questo angolo del mondo dalla lontana Corea, l 'ho considerate circostanze opportune per incontrarmi con questo ministro degli esteri.

Egli mi ricevuto nella grande villa abitata dal maresciallo Tito ed ho avuto con lui due colloqui nei giorni 3 e 4 della durata di due ore ciascuno. Ho fatto al ministro un'ampia esposizione della situazione in Zona B comunicandogli i nostri desiderata, secondo le istruzioni della riservatissima di V.E. n. 15/4401 .

Poiché a Bled avevo praticamente cominciato la mia missione tre anni fa con la prima lunga conversazione con l'allora ministro degli esteri Simic, mi auguravo che a Bled si aprisse la strada non solo per rimuovere le difficoltà che durante tre anni hanno pesato sulla soluzione di tante questioni, ma per chiarire l'attuale pesante atmosfera ed avviare finalmente le relazioni tra i nostri due paesi su un piano di distensione.

Se la premessa parve gradita a Kardelj, non altrettanto naturalmente gradì l'esposizione dei fatti di cui avevamo ragione di lamentarci e che hanno creato una insopportabile situazione in Zona B. Né tanto meno parvero avere migliore accoglienza le richieste minime per creare un possibile modus vivendi.

Kardelj oppose ragioni da lui definite di principio.

Il Governo italiano-egli ha detto-dà l'impressione di volere considerare la Zona A come già acquisita all'Italia e di volere discutere soltanto sulla Zona B. Il Governo jugoslavo deve ad esempio lamentare la politica di discriminazione a danno degli sloveni che avverrebbe in Zona A. È vero che tale Zona è sotto amministrazione degli anglo-americani, ma ciò non impedisce che tale politica venga posta in essere e favorita da Autorità italiane.

309 1 Vedi D. 272.

Il Governo jugoslavo non è perciò d'accordo di discutere su questa base. Così circa la questione del Territorio Libero di Trieste, il Governo jugoslavo ritiene che si debba tendere ad una soluzione relativa a tutto il Territorio Libero, mentre il Governo italiano sembra invece ormai volerla limitare alla sola Zona B.

Kardelj ha ripetuto ancora una volta che se il Governo jugoslavo ha accettato il trattato di pace è stato unicamente perché ha sperato di poter in seguito creare feconde relazioni con l'Italia, e se oggi, ad esempio, il Governo jugoslavo, contro la volontà e le aspirazioni del popolo, fosse disposto a rinunciare a Trieste, lo farebbe sempre nello spirito per cui ha accettato il trattato di pace. Il Governo italiano non sembra invece animato dallo stesso spirito di risolvere la questione con reciproco sacrificio e pone tutta la sua politica su una dichiarazione tripartita che per il Governo jugoslavo è inesistente. Il Governo italiano deve invece partire dal punto di vista di risolvere la questione con sacrificio e perciò di trattarla nel suo insieme e non riferendosi soltanto alla Zona B.

Pur partendo da questa posizione di principio, Kardelj è entrato nel merito della mia esposizione.

Le misure prese dali'Amministrazione jugoslava della Zona B sarebbero la diretta conseguenza di una particolare attività svolta soprattutto da gruppi e da persone residenti a Trieste. Essi svolgerebbero una continua azione contro l'Amministrazione jugoslava della Zona B, ed in particolare un'attività clandestina diretta a creare il disordine in Zona B. Molte persone avrebbero passato o tentato di passare da una Zona all'altra con carte d'identità false od appartenenti ad altre persone. Sarebbe inoltre notevole il contrabbando di valuta e di merci. Infine la scoperta di armi a bordo del <<Vettor Pisani» avrebbe reso le Autorità di polizia ancor più vigilanti.

I rigorosi controlli sarebbero quindi pienamente giustificati.

Né si può sperare che le misure attuate in Zona B possano essere modificate se non cessa la predetta attività a danno dell'ordine e della sicurezza nella Zona B. Secondo Kardelj la diminuzione del numero delle persone che si trasferiscono da una Zona all'altra sarebbe in gran parte dovuta alla rinuncia spontanea di persone che non avevano un vero interesse di trasferirsi e che sarebbero anzi preoccupate dei controlli rigorosi della polizia.

Le persone invece che viaggiano per reali motivi di lavoro circolano e potranno circolare ed anzi il loro trasferimento sarà garantito dalle Autorità della Zona B. Tali persone sarebbero tuttavia una minoranza rispetto al numero di quelle che normalmente si trasferiscono da una Zona all'altra. Circa coloro che si troverebbero a Trieste e che non sarebbero rientrati in Zona B, Karkelj mi ha detto che le Autorità jugoslave non fanno nessuna difficoltà al loro rientro e che se lavorano a Trieste hanno possibilità di servirsi degli attuali mezzi di comunicazione.

In ogni modo il numero delle persone che viaggiano tra una Zona e l'altra è in graduale aumento, come dimostrerebbero le statistiche del G.M.A. dal6 al21 giugno, rispetto a quelle del maggio.

Ha poi aggiunto che i natanti sono autorizzati a fare scalo nel porto di San Nicolò.

Kardelj ha poi smentito l'esistenza del lavoro obbligatorio. I giovani parteciperebbero volontariamente alle Brigate che si recano a lavorare in Jugoslavia, come quelli che vengono da altre parti del mondo, quale, ad esempio, il figlio di questo ambasciatore di Gran Bretagna.

Circa i beni degli assenti non esisterebbe nessuna norma di nazionalizzazione o di confisca: il termine per la nomina di mandatari è termine amministrativo, non perentorio.

Circa i registri parrocchiali, Kardelj ha assicurato che saranno senz'altro restituiti e che anzi la restituzione dovrebbe già essere in atto.

Nel colloquio avuto il giorno dopo ho anzitutto chiarito a Kardelj che la mia conversazione non aveva attinenza con la soluzione del problema del Territorio Libero di Trieste. Poiché in questi ultimi tempi si è ripetuto da parte jugoslava che una eventuale soluzione del problema non era ancora matura e che data l'atmosfera creatasi non era possibile iniziare trattative, non mi restava che prenderne atto.

Il mio passo, analogo a quello di circa un anno fa, aveva appunto e soltanto lo scopo di chiarire l'atmosfera, turbata dai fatti e dalle misure poste in essere nella Zona B. Solo il Governo jugoslavo poteva rimuovere le difficoltà che si sono create. Ed anzi normalizzando la situazione in Zona B era più facile per il momento soprassedere, secondo il punto di vista jugoslavo, sulla questione del T.L.T.

Ho pure fatto presente che il Governo italiano nulla poteva fare circa l'asserita attività di gruppi e persone triestine, tanto più che si tratterebbe di attività clandestina. D'altra parte se questa attività può reclamare misure di severo controllo, questo non deve essere tale da scoraggiare al viaggio la gente seria ed onesta. Né è incompatibile con il controllo il ristabilimento delle linee di navigazione esistenti nel passato.

Altre misure poi non avevano nulla a che vedere con quella pretesa attività clandestina, quali gli sfratti, il lavoro obbligatorio non tanto delle Brigate che si recano in Jugoslavia quanto quello in loco, gli arresti, le difficoltà create per i beni degli assenti.

Ho accennato anche al caso Tuni, all'allontanamento di funzionari italiani dai loro impieghi ed a tutte quelle altre misure e vessazioni segnalate via via dalla nostra missione a Trieste.

Poiché Kardelj aveva accennato che dopo tutto non si trattava di gravi questioni, ho concluso dicendo che tale opinione dimostrava la moderazione delle nostre richieste e dava la possibilità al Governo jugoslavo di risolverle facilmente.

Kardelj, pur difendendo in principio le misure adottate, da lui ritenute normali nella presente situazione, e pur dicendo che potrebbero diventare anche più gravi qualora continuasse la pericolosa attività contro la tranquillità e l'ordine della Zona B, ha concluso dicendo che tutte le mie lagnanze saranno esaminate e che «in linea tecnica» le Autorità jugoslave cercheranno di migliorare la situazione che potrebbe ritornare quella del passato qualora cessasse la predetta attività pericolosa contro la Zona B.

Concludeva dicendo che a questo generale miglioramento il Governo italiano dovrebbe corrispondere con la ripresa delle conversazioni di Roma ora sospese.

Gli ho risposto trattarsi di una eventualità dipendente in primo luogo dalla normalizzazione della situazione in Zona B, che sola può condurre ad una distensione da rendere possibile la ripresa di contatti su altre questioni.

Devo ancora riferire sulla proposta di aprire una missione italiana in Zona B. La mia richiesta è stata agevolata dallo stesso Kardelj, che lamentava come il Governo italiano credesse e sposasse troppo facilmente lagnanze di persone interessate, a detta di Kardelj, a impedire un accordo con Jugoslavia.

L'apertura di una missione italiana in Zona B rappresenterebbe quel filtro della verità che renderebbe più agevole i rapporti tra i due paesi, per ciò che riguarda la Zona B. Nonostante gli abbia diffusamente illustrato i vantaggi di una tale proposta, e sia anche tornato in argomento, Kardelj non ha creduto di rispondere.

Ho ritenuto opportuno non insistere anzitutto perché Kardelj non avrebbe potuto da solo decidere su una tale proposta, e poi perché se avessi insistito avrei forse provocato una risposta negativa. È invece meglio che tomi in argomento con questo ministro aggiunto Mates, che ha assistito ai colloqui, quando logicamente la proposta dovrebbe essere stata trattata in sede di Governo.

La mia impressione è che queste conversazioni siano state assai utili al fine di ammorbidire la rigidità che questo Governo aveva assunto in queste ultime settimane. La stessa durata delle conversazioni e la proposta di riprendere, dopo il primo incontro, la conversazione il giorno dopo, dimostra che anche Kardelj desiderava che i colloqui segnassero qualche punto positivo.

Non mi faccio illusioni sulla prontezza di questo Governo a cambiare rapidamente l'attuale situazione in Zona B. Ho però l'impressione che qualcosa sarà fatto. E soprattutto ho l'impressione che potrò tornare in argomento più facilmente, o per meglio dire, con maggiore speranza di non trovarmi di fronte ad un muro ad ogni mia lagnanza sulla situazione in Zona B.

Resta quindi da attendere almeno un principio di buona volontà da parte di questo Governo, per dire se sarà possibile giungere presto alla desiderata distensione.

Concludo, riferendo che la sera del 4 ho avuto ancora una brevissima conversazione con Kardelj durante il ricevimento qui offerto da questo ambasciatore d'America, in occasione della festa nazionale americana. Parlando del volume di VE. sulla «Jugoslavia»2 Kardclj mi ha detto che si è fatto tradurre l'ultimo capitolo. Mi ha poi detto che gli jugoslavi sono cocciuti c testardi ma che alla fine è sempre possibile mettersi d'accordo con loro. Infine ha concluso che dopo questa guerra gli attriti tra Italia e Jugoslavia sono assai meno gravi di quelli che esistevano nel passato3 .

308 2 Per la risposta vedi D. 335.

310

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI

L. PERSONALE URGENTE 1/3315. Roma, 6 luglio 1950.

Vorrei che lei indagasse, a titolo esclusivamente personale e confidenziale, se, date le attuali contingenze, possa presentarsi finalmente per l'Italia nel prossimo avvenire l'occasione di entrare a far parte dell'O.N.U.

Il documento reca la seguente annotazione di Sforza: «A questo rapporto ha seguito il 7 un messaggio verbale inviatomi da M.[artino]».

Lei sa quanto a me spiaccia di aver l'aria di insinuare particolari problemi nostri in situazioni che non siano adatte. Si ha l'aria di mercanteggiare, il che è male; e si mercanteggia senza possibilità di riuscita, appunto perché si è scelto male il terreno, il che è peggio.

Ma ora la situazione presenta nuove aperture, e non nel nostro interesse soltanto. Ricordando da un lato il precedente d'Israele, tornato ora di moda per la questione coreana, e dall'altro l'atteggiamento degli Stati Uniti verso Mao Tse-tung, che mi sembra gradatamente addolcirsi (addolcimento su cui contavo quando parlai della Cina nel mio ultimo discorso al Senato) mi pare che lei deve trovar modo di dire una seria parola sulla posizione dell'Italia.

Sarebbe grave se Mao entrasse all'O.N.U. prima di noi che abbiamo solenni diritti anteriori che da tanto tempo aspettano.

Beninteso, conto su lei perché neppure il più malevole, se c'è, possa credere a un nostro pseudo-macchiavellico mercanteggiare. Si tratta, ripeto, per chi sa vedere, di interessi comuni, e di una situazione che si matura e che dobbiamo aiutare a maturarsi 1 .

309 2 CARLO SFORZA, Jugoslavia: storia e ricordi, Milano, Rizzo li, 1948.

311

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE A IL CAIRO, FRACASSI

T. 56611116. Roma, l luglio 1950, ore 22.

Suo 1141•

Faccia presente che a nostro parere la cosa più importante in questo momento è di mantenere unità di azione tra tutti i paesi liberi. Iniziative del genere di quella prospettata!e, oltre a non avere minima probabilità di successo, potrebbero avere per effetto anche non intenzionale indebolimento di questa necessaria posizione ideale2 .

31 O1 Con successivo T. s.n.d. 5829/244 del 12 luglio Sforza aggiunse: «Da varie parti giungono voci di una possibile intesa di cui un elemento sarebbe ingresso O.N.U. Cina di Mao. Sarebbe preferibile fare nel modo più discreto i cenni di cui alla mia del 6 solo in relazione a tale eventualità sia perché impossibile che Cina entri e non Italia, sia perché lo entrare con una schiarita sarebbe molto più desiderabile sotto ogni rispetto». Per la risposta vedi D. 318.

2 Con T. 5726/c. del l O luglio il presente documento veniva ritrasmesso, insieme al telegramma di cui alla nota l, alle legazioni ad Amman. Baghdad, Beirut, Damasco, Gedda e Te! Aviv.

311 1 Del l o luglio, con il quale Fracassi aveva comunicato: «Questo ministro degli affari esteri mi ha detto testé che Egitto condanna aggressione Corea, ma ha adottato decisione "coraggiosa" astenersi dal voto Consiglio sicurezza, perché politica dei due blocchi rischia provocare conflagrazione generale nella quale prime vittime sarebbero piccoli paesi. Mi ha quindi chiesto conoscere pensiero mio Governo circa eventuali iniziative diplomatiche piccole e medie potenze intese esercitare azione mediatrice per salvaguardare pace».

312

L'INCARICATO D'AFFARI A KARACHI, ROMANELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. SEGRETO 2460/420. Karachi, 7 luglio 1950 (perv. il 14).

Rifèrimento: Telegramma ministeriale n. 34 del 28 u.s. 1 .

Soltanto stamane ho potuto esser ricevuto da sir Zafrullah Khan, che è stato per alcuni giorni indisposto. Alle mie assicurazioni circa l'appoggio italiano, che egli ha accolto con evidente soddisfazione, ha risposto pregandomi di farmi interprete dei suoi ringraziamenti e dei sensi della sua più viva gratitudine.

Lasciato l'argomento della sua candidatura all'O.N.U. e venuti a parlare della questione eritrea, egli mi ha detto senz'altro di considerare caduta la tesi della annessione integrale all'Etiopia. Si è mostrato invece reticente circa la tesi della spartizione, sviando subito il discorso e prendendo a parlare dell'atteggiamento egiziano, sul quale si è diffuso dicendomi che confidava esser possibile ottenere, alla votazione, una astensione, così evitando una manifestazione di voto che egli ha motivo di ritenere contrario.

Proseguendo poi nella esposizione di quella che -a suo giudizio -è la fase attuale della questione mi ha detto che recentemente, nel corso di uno scambio di opinioni avuto con l'ambasciatore americano, signor Avra Warren, questi gli era apparso convinto che una Eritrea indipendente o nettamente autonoma costituiva una soluzione improbabile in quanto dal punto di vista economico la regione non sembrava vitale. Sir Zafrullah, diffondendosi alquanto su tale argomento e riportando frasi del colloquio con l'ambasciatore americano, nel dare alle sue parole un colorito di citazione testuale, ha tenuto a ripetermi chiaramente le proprie obiezioni al signor Warren e cioè:

l) se la soluzione sostenuta dal Pakistan poteva apparire anti-economica, ogni altra soluzione era certamente <<Unhuman» senza tuttavia dare la certezza di essere economicamente la migliore;

2) che infine, anche dando per buona la tesi di una insufficienza economica iniziale, una Eritrea indipendente o autonoma non sarebbe sotto questo punto di vista in posizione molto dissimile da quella nella quale sono oggi molte altre nazioni e la sua esistenza non dipenderebbe tanto dalla sua presente economia quanto dal fatto se si è o non si è disposti a venirle in aiuto.

Sul valore e l'acutezza di quest'ultimo argomento sir Zafrullah sembrava molto compiaciuto ed ha tenuto a ripeterlo osservando che attualmente il fattore «organicità di un complesso economico» inteso come elemento per il «self-govemment» sembra alquanto superato, considerando che ragioni politiche hanno consentito il sorgere e la vita di Stati, che le teorie economiche avrebbero senz'altro condannato. Ho avuto l'impressione che sir Zafrullah fosse personalmente molto convinto di quanto riportava come sue obiezioni all'opinione americana.

Alla mia richiesta se il prof. Bokhari, delegato permanente, e il signor Mian Ziauddin fossero al corrente di tali argomentazioni, sir Zafrullah mi ha detto di essersi già incontrato col Bokhari allorché questi era passato da Karachi, ma che ad ogni modo contava rivederlo prima del suo ritorno in America.

Noto per inciso che dai due colloqui con sir Zafrullah ho tratto la convinzione che egli faccia maggior affidamento sul Bokhari che su Mian Ziauddin, circa il quale ogni mia parola di apprezzamento è stata sempre lasciata cadere; da alcuni accenni del sostituto segretario generale ho capito che lo Ziauddin ha dato l'impressione di voler strafare.

Nel congedarmi felicitandomi per la candidatura, sir Zafrullah mi ha detto che per ora era sicuro di un appoggio solo da parte di alcuni Stati del centro America, !asciandomi così intendere in quale direzione l'appoggio italiano dovrebbe esser più efficace.

312 1 Vedi D. 262, nota 3.

313

L'INCARICATO D'AFFARI A NANCHINO, MIZZAN, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 7903/43. Nanchino, 8/uglio 1950, ore 14,46 (perv. ore 13,20).

Sarà già nota a codesto Ministero dichiarazione ministro esteri circa sviluppi Corea Formosa. Locale reazione caratterizzata da ostentata calma assenza manifestazioni piazza. Mentre qui si ritiene falsata questione riconoscimento blocco, questi uffici «ex» diplomatici appaiono più che mai non come risultato perplessità Governi esteri ma come cavallo di Troia inventato astuzia nemica.

In tale situazione che potrebbe prolungarsi o peggiorarsi sembrerebbemi opportuno ridurre numero persone sottoposte usura clima e ambiente. Pensavo proporre fusione ufficio Nanchino Shanghai ma me ne astengo poiché fusione significherebbe chiusura ufficio ambasciata e tale provvedimento non (dico non) potrebbe essere mantenuto sotto profilo amministrativo ma apparirebbe qui come gesto politico. Si potrebbe peraltro permettere ad alcuni questi impiegati rimpatrio. Tutti sono qui da vari anni e taluni avrebbero bisogno soggiorno in Italia per motivi salute o sistemare proprio avvenire.

314

IL MINISTRO A CANBERRA, DEL BALZO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 7977/21. Sydney, 10 luglio 1950, ore 18,06 (perv. ore 14).

Telegramma di VE. n. 20 1•

Permettomi prospettare rispettosamente opportunità che nella conversazione con primo ministro Menzies vengano -qualora possibile -menzionate, oltre immigrazione, questioni Eritrea e sblocco beni italiani in Australia.

Per Eritrea, caduta ormai possibilità spartizione, Menzies non dovrebbe essere insensibile argomento a favore mandato internazionale in vista futura indipendenza.

Per sblocco beni potrebbe essergli raccomandata almeno soluzione parziale consistente in immediata liberazione beni, reclami australiani non ancora esaminati, i quali si aggirano oggi su l 00 mila sterline contro oltre 250 mila sterline rappresentate da proprietà italiane tuttora sotto sequestro.

315

L'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 7980/152. Mosca, 10 luglio 1950, ore 14,49 (perv. ore 15,50).

Nota sovietica di risposta su Trieste pubblicata stampa sovietica ieri fu inviata sabato 8 sera alle ambasciate U.S.A., Francia e Inghilterra via ufficio senza atto di personale consegna ai relativi ambasciatori. Poiché essa non fa che ribadire nota precedente insistendo su precedenti richieste, questi ambasciatori U.S.A. e Francia non ritengono sia necessaria una replica. Ove VE. ritenesse conforme nostri interessi che replica avvenisse ribadendo ancora posizioni italianità territorio Trieste prego darmi istruzioni opportune potendo essere non inutile mia concorrente azione convinzione sui tre ambasciatori alleati 1•

314 1 Dell'8 luglio, confermava la disponibilità di De Gasperi a ricevere Menzies il 13 luglio.

315 1 Con T. 5779/115 dell'Il luglio Zoppi rispose: «Sembra preferibile lasciare decisione ai Governi destinatari nota sovietica. Nostra azione deve essere diretta ottenere che, se vi sarà, replica riaffermi punti a noi favorevoli della precedente nota».

316

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GALLARATI SCOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO 8039/639. Londra, Il luglio 1950, ore 14,02 (perv. ore 19).

Sottosegretario permanente Foreign Office, con il quale ho avuto ieri un colloquio, mi ha dichiarato ritenere che, con la venuta a Londra della delegazione italiana sulla via per Lake Success, si era fatto un notevole passo avanti senza il quale le nostre reciproche posizioni ali 'Interim Committee avrebbero potuto essere molto confuse. Tanto più lieti si era quindi stati, da parte britannica, di avere insistito per tale chiarificazione.

Foreign Office aveva avuto, dopo partenza sottosegretario Brusasca, contatti con Rettà al quale era stato vivamente raccomandato, avendogli esposto intenzione italiana difendere in un primo tempo tesi indipendenza ma in forma misurata, che anche Etiopia si attenesse a criteri moderazione nel sostenere inizialmente tesi annessione.

Foreign Office, ha aggiunto Strang, sperava che raccomandazioni stesse non fossero state fatte inutilmente. Rettà aveva manifestato compiacimento per atteggiamento italiano: anche egli lo considerava un notevole passo avanti sulla via chiarificazione, pur ritenendo ovviamente che occorresse -per giungere a qualcosa di veramente pratico e sicuro -assunzione concreti reciproci impegni a Lake Success. E ciò tanto più che il continuare d~ entrambe le parti a sostenersi ufficialmente una tesi pur intendendo pervenire ad altra soluzione costituiva un giuoco particolarmente delicato e non privo di seri pericoli poiché molte nazioni, che giudicano il problema sulla base di principi astratti, sono portate a non tenere conto situazione reale e ad appoggiarsi quindi sulle apparenze per propugnare soluzioni praticamente inattuabili.

Da parte britannica si considera che sarebbe stato assai più efficace se nostra delegazione avesse potuto andare anche oltre quello che fu generica presa di posizione e franca esposizione nostra buona volontà da parte S.E. Brusasca1 , poiché si ha sensazione che in quel momento distanza tra posizioni italiane ed effettive posizioni etiopiche fosse brevissima. Si è peraltro convinti che prospettive a Lake Success possono essere ancora buone per noi, sempre che -naturalmente -ad americani, britannici ed etiopici risulti che lavoriamo sulla direttrice esposta a Londra. Speranza inglese è che si esca tempestivamente, attraverso rapporti con Aklilou a Lake Success, da questa situazione ancora fluida: e si farà tutto il possibile per aiutare tali rapporti.

Sottosegretario permanente ha aggiunto Rettà avergli detto che, a proposte fattegli da Piacentini (mio 635)2 di riprese a carattere economico quale avviamento a successive più vaste intese, aveva dovuto rispondere che pensiero suo Governo era non potersi trattare questioni economiche finché problema politico Eritrea non sia risolto.

2 Del 7 luglio, non pubblicato.

316 1 Vedi D. 303.

317

IL MINISTRO DEGLI ESTERI DI HAITI, LEVELT, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

L. 1543. Porto Principe, 12/uglio 1950.

J'ai l'honneur de rappeler à Votre Excellence le désir manifesté par l'ancien Président de la République, Monsieur Dumarsais Estimé, et dont lui avait fait part, en mars de certe année, Son Excellence Luigi Petrucci, Ambassadeur Extraordinaire en visite en Haiti, de voir élever les Chefs de nos Missions diplomatiques respectives au rang d'Envoyé Extraordinaire et Ministre Plénipotentiaire.

C'est la ferme volonté de la Junte de Gouvernement de donner une suite concrète à cette proposition et déjà elle a pris les dispositions administratives nécessaires pour que le Ministre Plénipotentiaire d'Haiti soit nommé en octobre prochain.

Il me sera vraiment agréable de recevoir de Votre Excellence la confirmation de l'accueil favorable, dont verbalement s'était porté fort l'Ambassadeur Petrucci, qu'auront rencontré nos démarches.

Je me permets de souligner que le Gouvemement de la République verrait avec une particulière satisfaction confier le soin de continuerà diriger la Légation d'Italie, en cette nouvelle capacité, au Comte Alberto Barbarich, actuel Chargé d' Affaires, qui a su se créer une piace de choix dans notre estime.

Je puis d'ores et déjà faire savoir à Votre Excellence qu'il est de notre intention, si le Gouvemement italien n'y voit aucun inconvénient, d'élever au rang dc Ministre Plénipotentiaire le nouveau Chargé d'Affaires d'Haiti à Rome, Monsieur Jacques François, qui aura bientòt l'honneur de lui remettre ses Lettres de Cabinet.

J'espère qu'une prompte et favorable réponse de Votre Excellence consacrera l'accord de nos deux Gouvemements: a) sur la décision dc nommer un Ministre Plénipotentiaire à la tète dc nos Missions respectives en octobre prochain et b) sur le choix des titulaires de ces postes.

Dans cette attente, Monsieur le Ministre, je prie Votre Excellence d'agréer les assurances de ma plus haute considération 1•

317 1 Per la risposta vedi D. 368.

318

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI,

AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA T. S.N.D. 8202/556. Washington, 13/uglio 1950, ore 20,28 (perv. ore 9 del 14). Suo 244 1 .

Ho chiesto a Hickerson se riteneva vi fossero possibilità per immediata ammissione Italia alle Nazioni Unite. Risposto che possibilità tecnico-legale esiste ma che molti membri sono contrari adozione nuove decisioni in assenza russi e pertanto ci si potrebbe trovare di fronte opposizione Assemblea settembre salvo che nel frattempo

U.R.S.S. si ritiri da O.N.U. o compia atti di guerra. Se si verificassero queste ultime eventualità entrata Italia ed altri Stati non comunisti sarebbe automatica. Hickerson mi ha assicurato però che Dipartimento sta bene studiando questione per approfittare ogni favorevole occasione e mi terrà informato circa conclusioni cui giungeranno giuristi. A mia richiesta Hickerson ha escluso recisamente che Stati Uniti possano comunque consentire ingresso Cina comunista nelle Nazioni Unite prima che sia risolta questione coreana secondo i desideri Nazioni Unite stesse. Mi ha assicurato anche che ammissione Cina comunista sarebbe naturalmente collegata con ammissione tutti gli altri Stati non comunisti. Continuerò seguire questione scopo non lasciare sfuggire nessuna propizia occasione.

A giudizio di Hickerson sovietici non mostrano intenzione per ora di uscire dalle Nazioni Unite: in questi giorni anzi Malik ha cancellato progettato suo viaggio di congedo in Russia e nuovi funzionari sovietici sono stati inviati al Sottosegretariato.

319

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GALLARATI SCOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO 8203/648. Londra, 13 luglio 1950, ore 23 (perv. ore 7 del 14).

Ieri ho avuto occasione incontrare ambasciatore svedese Hagglof che, evidentemente per desiderio di Rettà, mi ha riferito circa un colloquio con lui avuto il giorno innanzi. Ambasciatore etiopico non avrebbe, in sostanza, detto nulla in contrasto con quanto espostomi da Strang (mio 639) 1; ma suo tono sarebbe stato assai più marcato in senso critico.

Riassumo qui di seguito, ad ogni buon fine, esposizione Rettà quale me l 'ha riferita collega svedese:

l) egli ha manifestato suo «pessimismo» per il fatto che non si era giunti ad impegni concreti in conversazioni tra rappresentanti Foreign Office e ambasciata Stati Uniti e S.E. Brusasca. Pur rendendosi perfettamente conto difficoltà nostre posizioni interne opposizioni di larghe correnti italiane a compromessi per Eritrea, Rettà non poteva nascondersi che senza intesa diretta e preliminare sopra una formula di compromesso le cose potrebbero volgere a Lake Success verso nuove complicazioni e indefiniti rinvii;

2) impressione molto precisa de li'Etiopia è che Italia, pur continuando a esprimere sua buona volontà, non abbia nessun preciso desiderio di spontaneo accordo. Nostro Governo preferirebbe cioè a qualsiasi compromesso volontario con Etiopia una eventuale accettazione forzata di formula proposta da altri Stati. In queste condizioni era naturale che conversazioni londinesi non avessero portato a basi conclusive quantunque il momento fosse sotto molti punti di vista il più favorevole per leale compromesso;

3) timore Etiopia è che giuoco delle due tesi, indipendenza da una parte e federazione dall'altra, conduca a situazioni assai confuse e a conclusioni molto incerte per tutti. Etiopia teme anche che Italia si sia legata, a suo tempo, in compromissioni con altri Stati e che non possa ora disdirle;

4) Rettà si rendeva conto che Italia dispone in Interim Committee di superiorità numerica tale da poter far votare la sua tesi qualunque essa sia, ma affermava che nel contempo Etiopia è ben sicura avere tali forze «negative» a sua disposizione per cui nessuna formula accettata può essere efficiente e realizzabile contro di essa: di qui indispensabilità di una intesa diretta e preliminare con Etiopia;

5) ambasciatore etiopico serbava il migliore ricordo nostro incontro ma non aveva ritenuto fosse il caso di proseguire in conversazioni che non tenessero conto di questa base fondamentale: risolta la questione Eritrea, tutto il resto ne sarebbe poi derivato. Avendogli Hagglof espresso rammarico che suo precedente intervento2 fosse stato effettivamente inutile, Rettà avrebbe risposto che inutile non era stato; una porta era stata aperta e tale poteva rimanere per ogni futura eventualità.

Non ho mancato ribattere ad Hagglof talune asserzioni Rettà e illustrargli vantaggi che comunque si erano ottenuti, agli effetti chiarificazione, con esposizione fatta da sottosegretario Brusasca3 .

318 1 Vedi D. 310, nota l. 319 1 Vedi D. 316.

319 2 Vedi D. 257. 3 Vedi D. 303.

320

COLLOQUIO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI, CON IL PRIMO MINISTRO D'AUSTRALIA, MENZIES

APPUNT01 . Roma, 13 luglio 1950.

Il presidente De Gasperi inizia con un accenno alla questione dei beni ( esecuzione art. 78 e sblocco dei beni italiani in Australia); il signor Menzies, il quale dà l'impressione di non essere molto informato e dice che a lui pare se ne occupi «qualcuno» al suo Ministero degli esteri, dichiara, di essere d'accordo che tali «piccole questioni del dopoguerra» si debbano risolvere rapidamente, perché «dobbiamo rafforzare i nostri rapporti d'amicizia per l'avvenire».

Aderisce, giudicandola ottima, alla proposta fatta dali' o n. De Gas peri di ricorrere, ove occorresse, a una Commissione di conciliazione.

Venendo a parlare del problema dcll 'emigrazione, il signor Menzies si dichiara favorevole a quella italiana e anche a quella tedesca; che a questa ostana tuttavia reazioni psicologiche, mentre gli australiani sanno che il popolo italiano non voleva la guerra. Ritiene che a Londra e in America si dovrà tornare sul problema, e fa seguire espressioni di simpatia per l'Italia.

Il primo ministro australiano esprime il parere che la questione coreana sia un provvidenziale allarme per ridestare gli americani, e sull'ulteriore svolgimento degli avvenimenti si mostra ottimista.

321

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. PERSONALE 7605/4380. Wash i ngton, 13 luglio 19 5O (perv. il 17).

Ho visto a lungo Dunn, dopo che egli si era intrattenuto col presidente Truman e col segretario di Stato. Ho avuto da lui piena conferma delle impressioni da me raccolte (e riferite a V.E. nei miei rapporti di questi giorni) su tutte le questioni di maggiore interesse per noi.

In primo luogo, non vi sarà nessun rallentamento del rianno dell'Italia. Vi sarà, anzi, un acceleramento appena entrerà in funzione il secondo stanziamento. Inoltre il Governo americano è assai favorevole all'idea di dar lavoro alle nostre maestranze, anche nel campo specifico degli armamenti.

In secondo luogo, gli Stati Uniti desiderano fermamente la nostra ammissione all'O.N.U. Pensano però, che non convenga effettuarla in condizioni tali da sollevare dubbi sulla sua legalità. Pertanto, ritengono che occorra almeno attendere il prossimo settembre, per appoggiarsi sull'autorità dell'Assemblea (in proposito, come ho riferito per telegramma1 , mi sono intrattenuto a lungo con Hickerson).

Infine, Truman e Acheson si sono mostrati profondamente interessati alle cose italiane e lieti dei costanti e favorevoli sviluppi della collaborazione italo-americana. Essi hanno anche particolarmente apprezzato la fermezza con la quale ella ha risolto la questione dei «partigiani della pace», dato che nessun altro Governo aveva osato affrontarla nella stessa maniera.

Dunn mi ha detto di essere rimasto impressionato della esasperazione dell'opinione pubblica per l'aggressione sovietica in Corea e della ferma decisione di tutti di continuare fino alle estreme conseguenze la resistenza contro l'aggressione medesima. A tale proposito Dunn mi ha accennato anche alle reazioni del Congresso per lo scarso contributo pratico che le nazioni amiche hanno dato finora allo sforzo militare americano. Egli mi ha detto di aver discusso queste questioni anche per quanto riguarda l'Italia. Non gli è stato dato nessun incarico di prender contatto in proposito col Governo italiano perché gli Stati Uniti non intendono fare nessuna pressione, nemmeno indiretta. Tuttavia gli è stato fatto capire che ogni atto di solidarietà da parte italiana avrebbe le più favorevoli ripercussioni sul Congresso e sull'opinione pubblica. Dunn ha tenuto a precisare che mi parlava a titolo semplicemente personale. Credo però che, se interrogato in proposito da lei, si esprimerà nello stesso senso.

Naturalmente nessuno si attende più di un gesto simbolico. Peraltro l'idea circola evidentemente al Dipartimento di Stato, perché in modo analogo si è espresso con me McGhee (col quale ho lasciato cadere l'argomento, non avendo egli veste per parlarmene, se non incidentalmente).

320 1 Redatto da Paolo Canali.

322

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GALLARATI SCOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. URGENTE 0134. Londra, 14 luglio 19501•

Riferimento: Telespresso di questa ambasciata n. 3410/2212 del16 giugno u.s. 2 .

Secondo le informazioni raccolte in argomento al Foreign Office le note che il Governo sovietico ha consegnato a Mosca agli ambasciatori degli Stati Uniti di Gran Bretagna e di Francia il 7 luglio corrente3 in risposta alle note degli Alleati del

2 Vedi D. 267.

3 Non pubblicate, ma vedi D. 315.

16 giugno u.s. 4 sulla questione di Trieste ribadiscono le accuse contenute nella prima nota sovietica in argomento, e sostengono fra l'altro che gli anglo-franco-americani -proponendo al Governo di Mosca di apportare una modifica al trattato di pace con l'Italia-hanno commesso una violazione del trattato stesso.

Da tale pretesa violazione i russi naturalmente hanno preso lo spunto per rifiutarsi di proseguire le conversazioni per il trattato di pace con l'Austria. È da rilevare a tale riguardo che la nota sovietica è stata presentata ai rappresentanti alleati due giorni prima della data fissata per la riunione dei sostituti per il trattato di pace austriaco.

321 1 Vedi D. 318.

322 1 Copia priva dell'indicazione della data di arrivo.

323

IL MINISTRO D'AUSTRALIAAROMA, KELLWAY, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI

L. 13911/7. Roma. 14 luglio 1950.

Beforc he departed by plane for London ycsterday, Mr. Menzics asked me to write to you an d exprcss his sincere thanks an d high appreciation of his talk with you. The Prime Minister was most appreciative of the arrangements which were made for him and he was glad of the opportunity to discuss with you, between thc arri val and departure ofthe p lane, matters which are ofmutuai interest to our two countries.

May I add that I also appreciate your courtcsy to our Prime Ministcr.

324

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BRUSASCA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO PERSONALE 83151131-132. New York, 17luglio 1950, part. ore 0,05 del 18 (perv. ore 10,45).

Dopo una settimana colloqui e accertamenti compiuti presso varie delegazioni credo poter riassumere come segue mie osservazioni e impressioni. Questione Eritrea è diventata questione secondaria della quale tutti desiderano liberarsi al più presto. Incubo guerra coreana domina ormai, come è naturale, animo di tutti e preoccupazione che conflitto possa estendersi pone in primo piano problema della sicurezza. Governo americano è dctern1inato tagliar corto a queste discussioni ed azione che esso svolge è decisa e perentoria. Ne è prova fatto che nessuna delegazione ha osato parlare di indipendenza. Finanche delegato Guatemala ha finora taciuto.

Seguendo sue istruzioni ho adottato linea piena comprensione momento internazionale e conciliazione che ha incontrato generale favore evitandoci restare isolati

o dare prova scarso senso responsabilità. Nel mio discorso pur sostenendo indipendenza ho fatto intendere eravamo pronti conciliazione. Colloqui privati sono stato esplicito ed ho parlato apertamente della federazione con visibile soddisfazione e sollievo dei miei interlocutori, tutti preoccupati che noi volessimo spingerli atteggiamento netto contrasto quello Stati Uniti e Inghilterra. Ho anzi marcato che noi ci regolavamo come alleati questi due paesi nel Patto atlantico.

Solo delegato argentino ci ha promesso suo appoggio incondizionato. Gli altri, nonostante manifestazioni simpatia, sono stati piuttosto evasivi circa condizioni federazione e qualcuno finanche circa partecipazione Italia a un eventuale Consiglio Nazioni Unite.

Sotto pressione eventi e nella ipotesi allargamento conflitto coreano -che Strang a Londra mi aveva decisamente escluso ma che qui non viene escluso con stessa decisione-ritengo dobbiamo continuare nell'atteggiamento finora seguito.

Dobbiamo però cercare con ogni sforzo ottenere che federazione possegga requisiti da noi indicati. Dato atteggiamento oscillante molte delegazioni sud americane urge che alle rappresentanze italiane in quei paesi ed in quelli mussulmani siano impartite istruzioni nel senso che Governo italiano, in considerazione gravità situazione internazionale, è favorevole compromesso sulla base federativa 1• Principi federazione dovrebbero essere stabiliti dal Comitato interinale e dovrebbero salvaguardare pieno autogoverno Eritrea con pieni poteri legislativi e amministrativi compresa polizia, salvo che nelle questioni concernenti affari esteri commercio e comunicazioni e difesa esterna in caso aggressione. Schema libico con opportuni adattamenti potrebbe essere preso ad esempio per periodo transitorio. Governo italiano dovrebbe essere rappresentato nel Consiglio consultivo Nazioni Unite. Per pacificare Eritrea e costituire Stato eritreo occorre che periodo transitorio sia piuttosto lungo. Abitanti Eritrea dovrebbero avere diritto diventare cittadini «eritrei» mediante opzione. Dovrebbe essere perciò ben chiaro che cittadinanza eritrea è distinta da cittadinanza etiopica. Finanze e tassazioni dovrebbero essere separate ed Eritrea ed Etiopia dovrebbero contribuire a spese servizi federali comuni mediante contributi percentuali sulle loro entrate.

Pregola comunicarmi suo pensiero attività svolta questa prima settimana lavori nonché farmi inviare sue istruzioni per nuova delicata fase nostro lavoro2 .

322 4 Vedi DD. 267, Allegato, e 269.

324 1 Vedi D. 329. 2 Vedi D. 328.

325

L'AMBASCIATORE A IL CAIRO, FRACASSI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO 8387/128. Alessandria, 18/uglio 1950, ore 19,54 (perv. ore 7,10 de/19).

Mio telegramma 126 1•

Sottosegretario di Stato per gli affari esteri mi ha comunicato di aver lungamente discusso con ministro degli affari esteri questione composizione Comitato preparatorio, tenendo conto nostri suggerimenti ed osservazioni.

A seguito tale esame approfondito era stato telegrafato a Kamel Selim bey di tener presente che Egitto intende stabilire in Libia un regime costituzionale veramente democratico, del quale il popolo deve costituire la base di ogni diritto.

Per ottenere tale scopo Governo egiziano ritiene indispensabile giungere al più presto alla formazione dell'Assemblea costituente, considerando tale questione come essenziale ed urgente. Per quanto riguarda composizione Comitato preparatorio, Egitto considera sarebbe estremamente difficile ritornare sulla decisione già presa e teme, irrigidendosi su tal punto, si faccia il giuoco di coloro che hanno interesse a seminare ostacoli per ritardare raggiungimento indipendenza effettiva attraverso Costituente. Di fronte a questi due pericoli, Egitto ritiene aver scelto minore ponendo accento su urgenza giungere convocazione Costituente.

Ho riaffermato rischio che mancato riconoscimento proporzionalità Comitato preparatorio riflettesse nella fisionomia Costituente e quindi sia su principì democratici sia su protezione nostri interessi, ed ho sottolineato necessità esercitare massima vigilanza affinché scopo comune ottenere effettiva indipendenza democratica non venga frustrata da manovre analoghe a quelle in atto nel Comitato preparatorio.

326

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GALLARATI SCOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

R. RISERVATO 3914/2569. Londra, 18/uglio 19501•

Ieri ho restituito la visita di cortesia fattami due settimane or sono dal nuovo ambasciatore di Jugoslavia, Brilej (mio rapporto n. 3743/2446 del 5 corr.f. L'accoglienza fu quanto mai cortese e, direi, cordiale.

Dopo i complimenti protocollari d'uso in tali occasioni, si è cominciato a parlare dell'argomento che affligge ormai tutte le conversazioni ovunque si svolgano, e cioè della Corea nonché delle possibili ripercussioni di quel conflitto nel settore balcanico. L'impressione di Brilej coincide con quella di questi ambienti, quale l'ho riferita a V.E. nel mio telegramma del 13 correntè egli non ritiene che-nonostante l'indubbio intensificarsi della guerra fredda alle frontiere jugoslave -ci si possa attendere per il momento sorprese in quel settore, tanto più che «sotto nessun punto di vista la Jugoslavia è una Corea del Sud». Né U.R.S.S. né Stati Uniti sono oggi preparati per un conflitto di carattere generale: non si può ovviamente escludere che vi si giunga, ma ciò soltanto se gli avvenimenti-e quindi l'eccitamento generale che ne deriva-prenderanno la mano a chi cerca di dirigerli e contenerli.

Brilej è poi passato a parlare dei rapporti italo-jugoslavi con particolare riferimento alla questione di Trieste, argomenti questi sui quali mi sono mantenuto tanto più riservato in quanto avevo ben presenti sia le istruzioni inviate il 19 giugno dall'E.V. al ministro Martino\ sia l'effetto provocato in America dall'atteggiamento della Jugoslavia al Consiglio di Sicurezza nel dibattimento sulla Corea, effetto che forse potrebbe volgere a nostro vantaggio.

L'Ambasciatore jugoslavo desiderava esprimermi le sue impressioni al riguardo, naturalmente senza intendere dare alcun carattere ufficiale o impegnativo alla conversazione o al suo contenuto «che avrebbe potuto essere smentito da entrambi i Governi», in quanto egli aveva personalmente preso larga parte alle note trattative economiche con l'Italia. Gli sembrava-egli ha detto in sintesi-che la tensione esistente nei rapporti italo-jugoslavi non servisse che a un terzo: quando gli chiesi se per «terzo» intendeva l'U.R.S.S. egli si schermì e corresse la sua precedente affermazione nel senso che né la Jugoslavia né l'Italia potevano avere alcun interesse a non ricercare una via di accordo.

Gli risposi che avevo l'impressione che comunque un passo avanti si fosse fatto attraverso il ristabilimento di una certa «zona di silenzio» che poteva essere utile onde evitare di eccitare le opinioni pubbliche. Egli ribattè che, se ciò era vero, non era men vero che un ulteriore passo avanti avrebbe dovuto essere costituito dalla ripresa e conclusione delle trattative economiche cui egli aveva partecipato e la cui importanza agli effetti di una «détente» era stata dali 'E.V. sottolineata ad Ivekovic5 nel corso di un colloquio avvenuto pochi giorni prima che «l'intera Camera e l'opinione pubblica italiana si scatenassero contro la Jugoslavia assumendo nei suoi riguardi una posizione non diversa da quella dei comunisti». Ne trassi lo spunto per rispondere che egli stesso avrebbe dovuto rendersi conto di come la continuazione delle trattative economiche in un'atmosfera accesa per gli avvenimenti della Zona B era cosa che non sarebbe stata possibile a nessun Governo italiano, di qualunque colore esso fosse. Appunto perciò ritenevo, personalmente, pur essendo privo di direttive del mio Governo in proposito, che-se mai-l'ulteriore passo avrebbe potuto essere assai più utilmente costituito da una discreta ricerca di un modus vivendi entro la sfera stessa da dove l'eccitamento dell'opinione pubblica aveva tratto origini: accennai alla questione delle comunicazioni

4 Vedi D. 272.

5 Vedi D. 223.

fra le due Zone, al trattamento degli italiani in Zona B e all'opportunità della presenza colà di un rappresentante italiano che potesse avere diretti rapporti con l'amministrazione della Zona, così come avveniva col G.M.A. Brilej non si sbottonò molto in argomento, trincerandosi dietro una generica affermazione della necessità che da entrambe le parti si dessero segni del desiderio di svelenire anche localmente l'atmosfera.

Al termine della conversazione Brilej ha tenuto a ripetere che aveva desiderato parlarmi di quanto precede non solo in quanto aveva preso attiva parte a negoziati italojugoslavi ma anche in quanto riteneva che fosse sempre utile -nei reciproci contatti di cercare di svolgere un'opera di chiarimento che, dato il suo carattere strettamente personale, non interferiva in alcun modo con i normali contatti diplomatici attraverso le rispettive rappresentanze a Roma e a Belgrado: a proposito di quest'ultima egli ha avuto simpatiche parole di apprezzamento per l'opera del ministro Martino.

Dall'insieme di quanto mi ha detto Brilej ho tratto la netta impressione che la Jugoslavia, o per lo meno il suo rappresentante in questa capitale, sia ansiosa di giungere ad una sistemazione definitiva dei suoi rapporti con l'Italia-particolarmente per quanto riguarda la questione di Trieste -e non ritenga che ciò potrebbe, nemmeno dopo gli sviluppi verificatisi nella situazione internazionale in seguito agli avvenimenti in Corea, offrire lo spunto alla Russia per interventi militari diretti e indiretti 6 .

325 1 Del 12 luglio, con il quale Fracassi aveva riferito del colloquio avuto con il sottosegretario agli esteri egiziano sulla questione della composizione del Comitato preparatorio per la costituzione libica. 326 1 Copia priva dell'indicazione della data di arrivo. 2 Vedi D. 308.

326 3 T. segreto 8162/643, non pubblicato.

327

L'AMBASCIATORE A PARIGI, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

R. 572/2866. Parigi, 18luglio 19501•

Guy Mollet, nel corso di una conversazione avuta con lui, mi ha annunciato raggiante che il rappresentante della Francia al Consiglio dei ministri sarebbe stato lui e che, pur essendo dali' altra parte della barricata, egli si proponeva di svegliare il Consiglio dei ministri dal suo sonno e che contava, per questo, sull'appoggio italiano.

In particolare egli ha insistito sul fatto che, l'Assemblea essendo oggi sovrana nel fissare il suo ordine del giorno, quali che siano le decisioni del Consiglio dei ministri, il dibattito sul piano Schuman sarà tenuto all'Assemblea (per mio conto, gli ho suggerito che sarebbe stato bene avere una discussione anche sull'Unione europea dei pagamenti, suo stato presente e suoi possibili sviluppi, sul che egli si è dichiarato d'accordo). Riteneva però-ed ero in questo d'accordo con lui-che sarebbe stato meglio, a tutti i fini, che il dibattito fosse in un certo senso provocato dal Consiglio dei ministri e preceduto da una esposizione, fatta da uno dei ministri, ali' Assemblea, sia del piano Schuman che deii'U.E.P.

Parlando poi della decisione della Commissione generale di tenere un dibattito sulla posizione Europa nel suo insieme, abbiamo discusso, pro e contro, dell'eventualità che essa serva di punto di partenza per una discussione in Assemblea della situazione internazionale in generale. Nel complesso ho visto che egli non era contrario ali 'idea: la difficoltà principale, secondo lui, era di bene orientare il dibattito: l'optimum sarebbe stata una esposizione chiara della situazione da parte di uno dei principali ministri degli esteri: una grossa difficoltà, l'evitare che questa discussione mettesse in luce tendenze od iniziative discordi colle necessità dell'ora presente.

Ritiene necessario portare avanti alcuni provvedimenti che, se pure secondari, avevano una importanza psicologica: quali una tariffa postale unica europea, il passaporto europeo o, quanto meno, un certo alleggerimento del regime dei visti europei e la questione dei brevetti, pur riconoscendo che in quest'ultimo campo, si dovevano sormontare delle difficoltà effettive non indifferenti.

Per ultimo mi ha detto che sperava che la sua nomina avrebbe spinti altri paesi a fare altrettanto: mi ha detto che, secondo sue notizie, il Belgio di accingeva a fare una nomina analoga.

In tutto il corso della conversazione mi ha più volte ripetuto che la tensione internazionale rimetteva ora in primissimo piano il problema dell'Unione Europea: bisognava approfittare del momento per far fare ali' organizzazione un serio passo avanti: sul che non potevo che concordare.

A sua richiesta, avrò nei prossimi giorni un nuovo colloquio con lui per vedere quali saranno poi le sue vere intenzioni visto che, con tutto il suo zelo, dovrà pure concordare la sua azione con le intenzioni del Gabinetto e soprattutto con l'assai meno entusiasta Schuman. Se da parte nostra si hanno delle istruzioni particolari da inviarmi in vista della prossima riunione del Consiglio dei ministri, pregherei di fàrmele avere telegraficamente ed al più presto possibile. Certo è che, se egli viene al Consiglio di Strasburgo con lo stesso spirito con cui è venuto il suo collega Philippe alla Commissione economica, si assisterà questa volta ad una bella battaglia fra socialisti francesi e laburisti inglesi. Le circostanze di Governo Io costringeranno certo a mettere dell'acqua nel suo vino, ma comunque, è troppo fanatico e troppo impegnato di fronte al suo paese sulla questione europea per non mostrare una bella dose di dinamismo.

Se si riuscirà ad avere, nella prossima Assemblea un dibattito serio, sull'Unione pagamenti, e sul piano Schuman, in modo che se ne possa trarre una affermazione di opinione pubblica europea, e se, una volta finito Strasburgo, le singole delegazioni nazionali si interesseranno a lanciare nei Parlamenti rispettivi le idee concretate a Strasburgo, si potrebbe qui dire che, questa volta, la riunione dell'Assemblea non sarebbe stata una semplice accademia. Siccome una ripetizione di quello che è accaduto l'anno scorso, sia nell'Assemblea sia nei successivi Consigli dei ministri, sarebbe lo screditamento definitivo dell'Istituto di Strasburgo, mi sembra che sarebbe comunque opportuno che da parte nostra si faccia tutto il possibile per orientare il Consiglio dei ministri, o l'Assemblea o tutte e due, in questa direzione: e di farlo in modo che tutti sappiano quale è stata la nostra posizione.

Ma a mio avviso, anche tutto questo, nella situazione odierna non basta. Per quanto peso abbiano alcune delle obiezioni di Guy Mollet e per quanto difficile possa essere l'organizzarlo, mi sembra che un dibattito in seno ali' Assemblea sulla situazio ne generale internazionale, preceduto (questo sarebbe necessario) da un'esposizione governativa, e concluso con una chiara presa di posizione del!' Assemblea su tutta la questione della difesa, sarebbe più che opportuno.

Mi rendo conto, ripeto, dei pericoli (che potrebbero essere però molto ridotti da una conveniente preparazione governativa delle singole delegazioni) e delle difficoltà: ma mi permetto di porre il problema sotto un altro punto di vista. Se gli avvenimenti in Corea, in sé, non costituiscono in realtà un fatto nuovo, è certo che essi hanno, per alcuni loro aspetti, attirata l'attenzione, destate le apprensioni e, lo spero, svegliate le energie di larghissimi strati dell'opinione pubblica europea. È ammissibile, proprio da questa opinione pubblica, che tredici ministri degli esteri e centoventi fra i più eminenti parlamentari di Europa si riuniscano a Strasburgo e si occupino, dei diritti dell'uomo, di questioni culturali, o magari anche del piano Schuman, e passino invece sotto silenzio quei problemi che oggi sono assillanti per tutti? Se si procede in questa maniera, temo, si finirà per bollare tutto l'organismo di Strasburgo di irrealtà-cd è il meno che si possa dire.

Già tutto l'Organismo di Strasburgo soffre di un equivoco fondamentale: esso è nato in un certo senso come un controaltare al Patto atlantico: quest'ultimo era, fondamentalmente un patto militare: il Consiglio di Europa doveva quindi, per opposizione, essere la pace.

È questa impostazione fuori della realtà che vizia tutto il funzionamento del Consiglio di Europa. Il Consiglio di Europa avrebbe potuto essere realmente la pace se fosse stato costituito prima del 1914, quando la decisione guerra o pace era nelle mani di sei potenze europee: è un assurdo dire che esso è la pace quando, ai fini della decisione guerra o pace, le potenze europee in esso rappresentate, anche le principali, contano meno di niente. Voglio anche ammettere che quando esso è stato firmato, la situazione potesse sembrare meno grave di quanto la si vede oggi; voglio anche ammettere che allora ci potesse essere ancora qualcuno che si illudesse di vederlo estendersi anche ai paesi europei al di là della cortina di ferro. Ma continuare oggi ad impostarlo su queste basi al lume dei recenti avvenimenti, e della situazione che ne deriva, significa condannarlo all'accademia.

Gli avvenimenti di Corea sono oggi un esempio da meditare per tutti noi. Siamo d'accordo tutti, per lo meno quelli che hanno ancora un grano di buon senso, che il terreno di coltivazione del comunismo è la miseria, l'ingiustizia sociale: che nessun regime democratico potrà essere solido se non si basa su di uno stato di cose in cui qualche cosa di più che la soddisfazione dei semplici bisogni essenziali sia alla portata di tutti. Ma bisogna pure ammettere che si tratta di un processo lungo e difficile e fino al giorno, purtroppo non vicino, in cui esso sarà risolto, e forse anche dopo, tutto il lavoro fatto può essere distrutto in poche ore se non si è in grado di difendersi, militarmente, contro un'aggressione armata. È inutile che in questa sede, e con VE., mi dilunghi sulla serietà della situazione: e sulla necessità, se vogliamo sopravvivere, di mettere in prima linea il problema della difesa, materiale e morale. E mi sembra egualmente indiscutibile che se non si superano i limiti nazionali sarà difficile, se non impossibile, vincere il sentimento generalmente diffuso di sfiducia che è forse, più del comunismo stesso, il tarlo roditore dell'Europa occidentale.

Di fronte al colosso asiatico noi tutti, paesi europei, singolannente presi, siamo troppo piccoli perché si possa prevedere altra alternativa che quella di morire più o meno en beauté e purtroppo questa alternativa attira oggi ben poca gente. È soltanto ribadendo in tutti i sensi e in tutte le forme il concetto che l 'Europa, al di qua della cortina di ferro, rappresenta 280 milioni di persone, con un potenziale economico industriale ed intellettuale di prim'ordine, che si può far nascere la convinzione della possibilità della difesa: elemento essenziale, perché è solo attraverso la sensazione della possibilità che si potrà far rivivere la volontà di farlo.

Ora come primo passo nella buona direzione uno dei compiti realistici da affidare al Consiglio di Europa potrebbe essere appunto quello di creare questa volontà di difesa. Verso una presa di posizione concreta in questo senso si dovrebbe realizzare, almeno, il dibattito all'Assemblea. Che il Consiglio di Europa prenda su di sé, come primo passo, l'incarico della propaganda di cui è stato parlato nell'ultima conferenza atlantica.

Se V.E. è d'accordo su quanto precede, occorrerebbe allora che noi presentassimo al più presto, per via diplomatica, a tutti gli Stati membri ed al Segretariato, un memorandum motivato sulla opportunità di porre una discussione sulla situazione internazionale all'ordine del giorno dell'Assemblea e sulla migliore maniera di impostare il dibattito. E una volta presentato questo memorandum, riterrei pure opportuno che V.E., in un pubblico discorso, annunciasse che l'Italia ha preso questa posizione. Sono sicuro che l'opinione pubblica risponderebbe senz'altro e questa reazione dell'opinione pubblica renderebbe difficile agli altri Governi di opporsi a porre la questione.

Sarà poi da vedere se, in sede di discussione all'Assemblea, non sia il caso di far presentare, da parte di qualcuno dei rappresentanti italiani, quello che V.E. sa essere il mio chiodo, ossia la federalizzazione, ma sul serio, delle forze armate continentali europee almeno. A stretto rigore la cosa la potrebbe presentare anche V.E. in Consiglio dei ministri; sarà da vedere se le circostanze permetteranno di farlo: si potrebbe obbiettare, in principio, che il Consiglio d'Europa non deve trattare di questioni militari e potrebbe essere difficile per uno dei firmatari dello statuto proporre esso stesso un così fondamentale sgarro allo statuto: ma l'Assemblea si è resa sovrana e può fare quindi quello che vuole. E, una volta rotto il ghiaccio in Assemblea, anche se non si incontrerà la generale approvazione, sarà sempre più facile per noi, in altra sede, riprendere la questione. Tanto, alla fine è una idea che finirà per imporsi; tanto meglio se in questa maniera daremo l'impressione di essere stati noi europei a sollevarla invece di aspettare rassegnati che essa ci venga imposta dal di fuori.

Comunque mi permetto di insistere sul mio concetto fondamentale. Se noi vogliamo realmente non solo salvare il Consiglio di Europa, ma metterlo sulla strada di sviluppi veramente fattivi, bisogna che facciamo uno sforzo, e approfittiamo di una circostanza psicologicamente favorevole, per trarlo fuori da questa impasse di irrealtà in cui, molto abilmente, gli inglesi lo hanno messo: e questo non si può farlo che riportandolo, in qualche modo -e non ne vedo altri -sul terreno delle realtà più dure e più scottanti di oggi2 .

326 6 Con L. 15/477 del l o agosto Sforza rispondeva: «Dalle affermazioni di Brilcj [ ... ] traggo nuova conferma di quanto le ho già accennato nel mio dispaccio del 22 corrente [vedi D. 335] circa il desiderio jugoslavo di giungere ad un accordo con noi in materia di riparazioni e probabilmente anche sulla vera questione itala-jugoslava, Trieste».

327 1 Copia priva dell'indicazione della data di anivo.

327 2 Vedi DD. 342, 348 e 350.

328

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BRUSASCA, A NEW YORK

T. SEGRETO 6050/48. Roma, 19/uglio 1950, ore 12.

Condivido considerazioni esposte suoi 131-132 1• Schema tecnico federazione inviatale con te l espresso urgente n. 7 41/0 I 82 contiene elementi e principi compromesso base federativa che salvaguardi nostri interessi Eritrea e futuro autogoverno detto territorio.

In tal senso invierò istruzioni nostre rappresentanze paesi latino-americani ed arabo-asiatici3 .

329

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BRUSASCA, A NEW YORK

T. SEGRETO 6075/49. Roma, 19/uglio 1950, ore21,30.

Riferimento suoi 131-132 1• Ho comunicato data odierna a rappresentanti presso Stati latino-americani, arabi e asiatici quanto segue2:

«Riferimento telespresso ministeriale 5462 del 22 giugno3• Situazione internazionale nonché colloqui Lake Success hanno confermato opportunità nostro atteggiamento conciliativo in vista conseguire accordo su questione eritrea durante attuale sessione, come indicato ultima parte telespresso in riferimento.

Governo italiano sarebbe disposto esaminare soluzione federativa Eritrea-Etiopia che salvaguardi tuttavia effettiva autonomia territorio eritreo anche per rispetto volontà popolazioni quale risulta da rapporto Commissione d'inchiesta.

Risoluzione O.N.U. dovrebbe pertanto ispirarsi criteri sia autogoverno territorio eritreo che futura federazione con Etiopia secondo seguenti principì:

a) Federazione seguirà periodo transitorio durante quale Eritrea sarà organizzata a Stato con propria Costituzione base elettiva e partecipazione italiani ad elezioni. Attuale Amministrazione, assistita da commissario O.N.U. e Consiglio (analoga

32R 1 Vedi D. 324.

2 Non rinvenuto.

3 Vedi D. 329.

2 T. 6064/c. diretto alle ambasciate ad Ankara, Buenos Aires, Il Cairo, Caracas, Lima, Città del Messico, Montevideo, New Delhi, Rio de Janeiro, Santiago c Tcheran ed alle legazioni ad Assunzione, Baghdad, Beirut, Bogotà, Ciudad Trujillo, Damasco, Gedda, Guatemala, Karachi, La P az, L'Avana, Mani la, Quito, Port au Princc, Bangkok, Kabul e Tel Avi v.

l Non pubblicato.

mente quanto praticato per Libia e con partecipazione Italia) curerà organizzazione Stato eritreo. Costituzione stabilirà principi ordinamento tributario e riserverà ad Assemblea elettiva potere legislativo compresi provvedimenti finanziari e bilancio.

b) Al termine periodo preparatorio, Stato eritreo concluderà con Etiopia trattato unione politica ed economica. Capo Stato etiopico sarà anche capo Stato eritreo con poteri che deriveranno da Costituzione. Governo eritreo sarà composto da ministri eritrei. Sarà stabilita unione doganale e zona franca porti Massaua Assab, nonché accordo commerciale, economico e di stabilimento.

c) Detto trattato d'unione eritreo-etiopica sarà negoziato con assistenza commissario Nazioni Unite ed approvato da Assemblea generale. In caso mancato accordo tra parti Assemblea generale fisserà essa stessa clausole unione ispirandosi sopradetti principi.

S.V. vorrà illustrare quanto sopra codesto Governo pregandolo impartire propria delegazione Nazioni Unite conformi istruzioni nonché invito tenersi in stretti contatti con S.E. Brusasca».

329 1 Vedi D. 324.

330

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BRUSASCA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA 1

R. 1456. New York, 19/uglio 19502•

Le conversazioni avute presso il Foreign Office dal ministro Vitetti in un primo tempo, e da me in un secondo3 , avevano permesso di approfondire quali fossero le intenzioni inglesi e, fino ad un certo punto, anche quelle americane, circa la soluzione del problema eritreo che la Piccola Assemblea avrebbe dovuto raccomandare alla prossima Assemblea generale delle Nazioni Unite.

Ho già riferito sull'andamento di dette conversazioni: alla luce della situazione trovata a Lake Success, vorrei solo ricordare che a Londra ci siamo trovati di fronte ad una evidente tendenza anglo-americana a legarci non solo allo spirito ma alla lettera di un compromesso, tendenza che, ave avesse raggiunto il suo fine, avrebbe permesso alle due potenze anglo-sassoni di convincere le delegazioni simpatizzanti per l'indipendenza, ed in primo luogo i nostri amici latino-americani, della inutilità ed inopportunità di sostenere una tesi abbandonata definitivamente dalla stessa Italia.

La nostra reazione ha permesso di far fronte a tale tendenza ma, naturalmente, era da prevedere che gli anglo-americani avrebbero intensificato, presso i Governi e le delegazioni che presumibilmente avrebbero appoggiato la tesi dell'indipendenza,

2 Copia priva dell'indicazione della data di arrivo. 3 Vedi DD. 298 e 303.

l'azione intesa a sottolineare la necessità di evitare, nell'attuale momento, ogni motivo di disordini in Africa orientale ed a creare l'atmosfera per un compromesso, il più possibile favorevole per l 'Etiopia.

Alla luce di tale previsione e delle obiettive considerazioni sulla gravità della contingenza internazionale, che non può non influire, negli ambienti dell'O.N.U., sul peso specifico dalla questione eritrea, la delegazione italiana ha proceduto durante il viaggio di trasferimento a New York, ad un esame approfondito della reale situazione eritrea nei suoi vari aspetti, politici, economici, razziali, geografici e dei rapporti tra l'Eritrea e l'Etiopia.

Tale esame ha permesso alla delegazione sia di preparare la preliminare difesa della tesi dell'indipendenza che, come avevamo lealmente dichiarato, da ultimo a Londra, non poteva non costituire la soluzione raccomandata dal Governo italiano, sia di effettuare una obbiettiva valutazione della situazione politica generale e delle chiare intenzioni anglo-americane e di predisporre in conseguenza gli elementi per salvaguardare, nel quadro di una soluzione di compromesso, l'effettiva autonomia deli'Eritrea e gli interessi vitali di quella nostra collettività.

Si trattava infatti di preparare una nostra linea di azione piuttosto elastica che, pur partendo dalle riaffermazione della nota posizione del Governo italiano favorevole all'indipendenza, non rischiasse di farci apparire, in un momento in cui le preoccupazioni del mondo intero sono rivolte alle paurose previsioni di un nuovo conflitto mondiale, per gli ostinati assertori di una tesi di difficile attuazione.

Giunto a New York, ho trovato che la situazione effettiva corrispondeva alla valutazione fattane durante le navigazione. Sin dai miei primi contatti con lo stesso presidente dalla Piccola Assemblea, Muniz, coi capi delle delegazioni statunitense e messicana, nonché dei colloqui del ministro Vitetti e degli altri miei collaboratori con gli esponenti delle varie delegazioni, è apparso evidente che Londra e Washington avevano effettuato una attiva «illustrazione» dei rapporti tra la situazione internazionale ed il problema eritreo, sfruttando al tempo stesso il tema, cui nel passato anche i nostri amici non sono stati sordi, della necessità di offrire una qualche riparazione ali 'Etiopia, tuttora presentata come vittima de li'aggressione fascista.

Sin dagli incontri, preliminari, lo stesso giorno 11, le delegazioni americana ed inglese hanno messo in particolare risalto le speciali circostanze connesse con gli avvenimenti in Corea ed hanno sottolineato la conseguente necessità di giungere ad una rapida soluzione della questione eritrea. I miei colloquio con Austin e con Shone e i colloqui di Vitetti, con Noyes, sono stati dominati da questi continui accenni alla «sicurezza» ed alla «urgenza».

Mi sono altresì incontrato, lo stesso giorno ed il giorno seguente ( 12), coi più influenti rappresentanti delle delegazioni latino-americane. Ho successivamente visto Muniz, Padilla Nervo, la signora Figueroa (che sostituisce il delegato cileno Santa Cruz, attualmente a Ginevra per presiedere i lavori del Consiglio economico e sociale) e il rappresentante argentino nella Piccola Assembea, Munoz. Nei miei telegrammi di quei giorni ho segnalato a V.E. le mie impressioni sullo stato d'animo dei rappresentanti latino-americani: l 'azione anglosassone, basata appunto sui concetti di «sicurezza» e di «urgenza», aveva già raggiunto i suoi effetti, resi evidenti dal fatto che nessuno dei nostri amici, neanche gli stessi fautori del progetto di indipendenza deli'Eritrea, avevano l 'intenzione di levarsi a parlare in sostegno di tale tesi.

Ho spiegato loro, nei termini più obbiettivi e più sereni, la nostra posizione, sottolineando la necessità di tener conto di alcuni nostri obblighi di natura interna ed internazionale, ma rinnovando al tempo stesso il nostro spirito comprensivo e conciliativo. A loro volta mi hanno fatto comprendere, senza troppe perifrasi, che il loro desiderio di favorire gli interessi italiani e di difendere il principio dell'autodeterminazione degli eritrei trovano una limitazione nella necessità di tener conto, nell'attuale momento, dei motivi di sicurezza, così efficacemente esposti dagli Stati Uniti. Essi (Muniz e Padilla Nervo) sono apparsi quindi evidentemente sollevati dalla dimostrazione della nostra buona volontà ed hanno subito accennato alla possibilità di compromesso su basi federative. Sin da questa prima riunione è stata però nostra cura di far sì che l'idea di un compromesso su basi federative contenesse, per i latino americani, i seguenti punti fermi:

a) necessità di un periodo transitorio di durata piuttosto lunga (lo stesso Padilla Nervo ha accennato ad almeno 5 anni);

b) necessità di garantire il pieno autogoverno dell'Eritrea;

c) necessità che durante il periodo transitorio l'amministrazione dell'Eritrea fosse assistita da un organo delle Nazioni Unite.

Una riprova dell'atteggiamento incerto dei latino-americani ho avuto dal colloquio con il rappresentante argentino. Munoz nell'assicurarmi che -in conformità alle istruzioni ricevute da Buenos Aires -egli era pronto e svolgere, sia in seno al gruppo latino-americano, sia nel corso dei lavori della Piccola Assemblea l'azione da noi desiderata, non mi ha nascosto che molte delegazioni avevano esitazioni ed incertezze sulla possibilità di ottenere una maggioranza a favore dell'indipendenza. Ha aggiunto -e di ciò avevo avuta diretta sensazione -che lo stesso presidente della Assemblea, il delegato brasiliano Muniz, non aveva certo dimenticato di essere uno degli autori del progetto di federazione etiopico-eritrea presentato lo scorso ottobre al Sottocomitato dei Ventuno, e che pertanto sarebbe stato decisamente favorevole alla tesi federativa.

Il 13 corrente, si iniziavano e Lake Success i lavori della Assemblea, i cui punti salienti, nell'assenza completa di una presa di posizione delle delegazioni minori, sono stati costituiti dalle dichiarazioni del delegato inglese (appoggiate da quelle dci delegati neozelandese e canadese), statunitensi, italiane ed etiopiche, ferme tutte nelle rispettive posizioni, me aperte tutte, ad eccezione di quella etiopica, alla ricerca di un accordo. Come mi aveva preannunziato Muniz, la prima fase dei lavori è stata molto breve, in quanto molti delegati avevano espresso il desiderio che vi fosse qualche giorno di sospensione, per permettere loro di consultarsi e di consultare i rispettivi Governi.

Contemporaneamente il Dipartimento di Stato accelerava la sua opera di «persuasione» della nostra e delle altre delegazioni. L'ambasciatore Tarchiani ha segnalato a V. E. come i due assistenti segretari di Stato, rispettivamente per l'Africa e per gli Affari delle Nazioni Unite gli avessero chiaramente fatto presente l'importanza che il Governo americano annetteva ad una soluzione della questione eritrea nel corso della prossima sessione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite e l'aspettativa degli americani che alla loro rinuncia alla tesi dell'annessione e della spartizione (rinuncia ammessa esplicitamente la prima volta da Hickerson) corrispondesse una analoga rinuncia italiana alla tesi dell'indipendenza.

Il pensiero del Dipartimento di Stato mi è stato espresso direttamente, e ancora più chiaramente dall'assistente segretario di Stato per l'Africa, McGhcc, venuto appositamente da Washington a Lake Success per incontrarsi con me, lo stesso giorno in cui avevo pronunciato il mio discorso. Ho telegrafato a V.E. (telegramma 128 del 15 corr.)4 il contenuto delle sue dichiarazioni. Il tono esplicito e volutamente drammatico di tali dichiarazioni aveva evidentemente lo scopo di stringere i tempi. McGhee non ha nascosto infatti il suo desiderio che i lavori della Piccola Assemblea per l'Eritrea si concludessero al più presto, ma ha soprattutto insistito sulla necessità di «dare soddisfazione all'Etiopia». Anche con lui mi sono espresso in termini molto sereni, dichiarando che noi eravamo altrettanto desiderosi di chiudere la questione eritrea, ma che non potevamo prescindere della necessità di salvare, sia pure attraverso un compromesso, la effettiva autonomia dell'Eritrea, autonomia nella quale, a nostro giudizio, risiedono le garanzie della pace e della sicurezza in quel settore africano.

Ho continuato intanto i contatti con le delegazioni latino-americane. Mi sono incontrato successivamente col delegato della Bolivia, con quello della Colombia e con Garcia Bauer.

Particolarmente interessante è stato il colloquio con l'ambasciatore Anze Matienzo, delegato boliviano, il quale per le sue evidenti qualità personali e per il suo prestigio, esprime autorevolmente il pensiero del suo gruppo. Le sue dichiarazioni hanno confermato il giudizio che la nostra delegazione aveva effettuato della situazione, con particolare riguardo all'appoggio che potevamo attenderci dalle rappresentanze latino-americane. Anze Matienzo mi ho detto infatti che le simpatie dei latinoamericani per l'Italia non erano certo venute meno ma che la gravità della situazione consigliava a quei Governi di svolgere un'azione che tenesse conto di altri elementi ed in primo luogo dell'atteggiamento degli Stati Uniti. Mi ha confermato che il Governo di Washington aveva fatto presente alle varie delegazioni le ragioni di sicurezza generale per le quali esso considerava indispensabile ed urgente di risolvere la questione dell'Eritrea, venendo incontro, sia pure parzialmente, alle richieste etiopiche, in modo da evitare dei torbidi nell'Africa orientale. Mi ha dato atto che il mio discorso, specie nella sua parte finale, aveva prodotto favorevole impressione. Ha concluso testualmente: «Siamo disposti ad aiutarvi, ma nei limiti nei quali potrete accordarvi con gli Stati Uniti». Gli ho detto che lavoravamo proprio in questo senso, ma gli ho fatto presente anche quelli che, a nostro giudizio, dovevano essere i cm·atteri fondamentali e imprescindibili del vincolo federale. Egli tuttavia non è stato né molto ricettivo né molto impegnativo nel prometterei il suo appoggio perché tali caratteri, e in primo luogo l'auto-governo dell'Eritrea, fossero esplicitamente formulati c salvaguardati. Anche i nostri accenni all'intervento dell'O.N.U. nel periodo costitutivo del nuovo Stato eritreo e, successivamente, a garanzia del vincolo federale, non sono stati da lui raccolti.

In attesa di sondare l'atteggiamento dei paesi amici, avevamo deciso di temporeggiare nell'accettazione dei ripetuti inviti anglo-americani a riprendere le conversazioni iniziate a Londra. Dopo avere accertato le prevedibili reazioni del gruppo latino-americano, abbiamo ritenuto di non poter procrastinare l'incontro con le delegazioni inglese e statunitense. Al tempo stesso ho ritenuto opportuno recarmi a Wa

shington, accompagnato dal ministro Vitetti, per esporre direttamente ai dirigenti del Dipartimento di Stato e in particolare al sottosegretario Matthews e all'assistente segretario di Stato per l'Europa Perkins, il nostro punto di vista.

L'incontro tra il ministro Vitetti e i delegati inglese ed americano ha avuto luogo lunedì nel pomeriggio. Trasmetto a parte copia del verbale della riunione4 . Come risulta da tale verbale e come ho già segnalato a VE. col telegramma 135 in data odiema4 , ci siamo trovati di fronte alla evidente decisione degli inglesi, appoggiati dagli americani, di dare alla questione eritrea una soluzione federale che non sarebbe altro che una mascherata annessione. In tali condizioni non potevano non assumere un atteggiamento di riserva, ricordando agli inglesi e agli americani quali fossero i requisiti da noi ritenuti indispensabili per il raggiungimento di un accordo e invitandoli a teneme conto.

Dopo tale incontro, e la sua conclusione in sostanza negativa, i colloqui di Washington sono apparsi, e mi auguro siano risultati, sempre più utili.

A Matthews, a Perkins e a Hickerson, il quale ultimo aveva manifestato il desiderio di incontrasi con me, ho detto chiaramente che l 'Italia vuole collaborare con gli Stati Uniti e l'Inghilterra per risolvere il problema eritreo su una base federale. Ma tale nostra buona intenzione ha dei limiti: per federazione noi intendiamo un vincolo fra l'Eritrea e l'Etiopia che garantisca l'autogoverno della prima, assicurando nel tempo stesso al popolo eritreo la libertà nei suoi affari interni. Nelle conversazioni di New York c'era apparso perciò evidente che la base dei colloqui di Londra era mutata. C'era pertanto difficile seguire gli inglesi e gli americani su questo terreno.

Ho rinnovato però l 'espressione del nostro atteggiamento ragionevole e del nostro spirito conciliativo, richiamandomi alla necessità di una piena solidarietà dei paesi occidentali nella attuale contingenza internazionale.

Ho motivo di ritenere che le ragioni del nostro atteggiamento siano state apprezzate. Mi ripromcttevo sopratutto, e spero di averlo ottenuto, che Washington, pur preoccupata ed occupata da problemi di maggiore portata, riesamini la questione eritrea c che dal Dipartimento di Stato giungano a New York istruzioni intese a modificare l 'atteggiamento di deciso appoggio che i delegati americani hanno finora dato alle soluzioni inglesi, formulate cd esposte dal noto col. Stafford, soluzioni che altro non costituiscono se non una annessione di fatto dell'Eritrea all'Etiopia.

Nei prossimi incontri con gli anglosassoni accerteremo se questi mostreranno di volersi rendere conto della complessità tuttora esistente del problema, complessità che essi evidentemente ritenevano di aver risolto mediante un ben concertato ricorso alle attuali difficoltà internazionali. Tali difficoltà avrebbero dovuto infatti -molto più di quanto noi stessi siamo disposti ad ammettere -ridurre talmente la portata della questione eritrea da eliminarne ogni dettaglio c farne rapidamente decidere la sorte con una risoluzione così sommaria, e quindi equivoca, da lasciare la porta aperta a quelle più radicali sistemazioni territoriali e politiche sempre patrocinate dagli inglesi e appoggiate dagli americani.

Onde controbattere tale tesi, volutamente ed apparentemente semplicistica, la nostra delegazione si ripromettc di continuare l'opera di chiarimento presso le delegazioni latino-americane e arabo-asiatiche cd a tale fine ho chiesto a V.E. di fare svolgere analoga azione presso quei Governi 5 .

Tale nostra azione dovrebbe infatti avere un duplice scopo: ottenere in primo luogo che i nostri amici facciano loro la forma e soprattutto la sostanza degli argomenti in difesa dell'autogoverno dell'Eritrea. In secondo luogo è importante far sì che le potenze anglosassoni realizzino, attraverso una certa resistenza delle delegazioni minori, che non è possibile far adottare delle soluzioni di loro gradimento servendosi soltanto di un appello, sia pure giustificato, alla solidarietà internazionale ed alla necessità di evitare disordini in Africa orientale.

È vero infatti che una soluzione del problema eritreo non può prescindere, specie nell'attuale momento, dalla situazione internazionale e dalle condizioni per assicurare la pace e la sicurezza in Africa orientale, ma è altresì vero, come abbiamo ripetutamente dichiarato, che essa deve tener conto delle aspirazioni del benessere e degli interessi delle popolazioni locali, ivi compresa quella indispensabile nostra collettività, nonché presentare tali ragionevoli garanzie da poter essere adeguatamente spiegata alla nostra opinione pubblica che, a così giusto titolo, si preoccupa delle sorti dell'Eritrea.

330 1 In ISTITUTO UNIVERSITARIO EUROPEO, firenze, Archivi storici dell'Unione Europea, Archivio Alcide De Ga.speri.

330 4 Non pubblicato.

330 5 Vedi DD. 324 e 329.

331

L'AMBASCIATORE A PARIGI, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 8483/308. Parigi, 20 luglio 1950, ore 21,30 (perv. ore 7 de/21).

Ho comunicato Alphand nomina Rossi Longhi: mi ha espresso speranza che collaborazione itala-francese in seno Patto atlantico continuerà con lui come per il passato.

Circa prossima Conferenza Londra mi ha detto che non aveva ancora istruzioni Governo francese c che francamente dubitava fosse possibile concretarle prima sua partenza: non poteva che espormi sue idee personali che avrebbe fatto presente riunione indetta per domani ed a cui si sarebbe ispirato come direttive generali salvo decisione contraria suo Governo:

l) Definire politica comunità atlantica in tutti suoi aspetti sia europei che asiatici: occorreva confrontare informazioni in nostro possesso, stabilire quali probabilità esistano altri tentativi espansione russa sia in Europa che in Asia, quale doveva essere politica comunità atlantica con impegno per tutti attenercisi: questo con chiaro accenno conversazioni anglo-russe.

2) Era assurdo mantenere Londra Comitato supplenti: concentramento questioni nelle mani Harriman rendeva imperativo che Comitato supplenti fosse a Washington in maniera da potere dall'America e col concorso americani dirigere e coordinare lavoro Comitati già esistenti e quelli che fosse necessario creare.

3) Semplificare funzionamento macchinario internazionale: esistevano adesso troppe organizzazioni differenti perseguenti praticamente stessi scopi: bisognava coordinare e semplificare. Particolarmente da rivedere era coordinamento O.E.C.E. e Comitati finanziari e produzione Patto atlantico che perseguivano tutti e due scopi praticamente identici: e ciò anche in vista difficoltà mettere in piedi nuovi organismi efficienti data scarsezza personale qualificato in tutti i paesi.

4) Farsi una idea chiara dello sforzo che tutti i paesi del Patto atlantico potevano e dovevano fare agli scopi della difesa comune e coordinarli sul piano atlantico.

Trattasi problemi troppo vasti perché si possa sperare risolverli nella prossima riunione Londra e sul piano supplenti. Prevedeva in pratica che ci si sarebbe dovuti limitare ad uno scambio di idee, «pensare in comune» tutti questi problemi e riportare ai propri Governi frutto questa presa di contatto per studio ulteriore. Personalmente era d'avviso fosse necessario ad una data quanto più possibile vicina convocare Washington riunione tutti presidenti del Consiglio Patto atlantico, nel quale caso funzione supplenti avrebbe dovuto essere piuttosto preparare terreno in modo renderla più rapida e fruttuosa.

Mi ha infine promesso che mi avrebbe informato decisione Governo francese sulle sue idee qualora essa intervenisse prima riunione Londra.

332

IL CAPO DELLA DELEGAZIONE PRESSO L'O.E. C.E., CATTANl, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO 8496/592. Washington, 20 luglio 1950, ore 19 (perv. ore 7,15 de/21).

In espletamento missione affidatami da Consiglio O.E.C.E. ho avuto occasione scambiare idee con personalità E.C.A., cui come è noto sono stati affidati nuovi compiti in relazione sviluppo avvenimenti Corea e aspetti economici dei programmi militari, su riflessi che situazione sta determinando e ancora più determinerà su programmi e compiti O.E.C.E.

Riassumo contenuto tali colloqui, riservandomi di dare V.E. più dettagliati ragguagli con successivo rapporto:

l) Adozione misure mobilitazione economica americana sono già estese ma diverranno sempre più serrate, programma riarmo, la cui «prima» trancia di dieci miliardi è stata annunciata da presidente sarà seguita da varie altre per sviluppo armamenti interni ed alleati.

2) Appare qui evidente che in parallelo a riarmo americano dovrà svilupparsi programma riarmo in Europa con obiettivi più vasti di quelli sin ora previsti e con ritmo certo diverso. Sempre di più quanto succederà qui determinerà paralleli sviluppi in Europa sottolineerà interdipendenza atlantica e necessità contatto più serrato e operante. Si pongono quindi problemi nuovi di natura tecnica, economica e finanziaria che vanno studiati con assoluta urgenza da organi politici, militari ed economici anzitutto sul piano nazionale e quindi su quello collettivo europeo ed atlantico.

3) In conseguenza dovranno adattarsi molte ipotesi su cui sono sinora stati basati programmi fino '52 e studi (Gordon Gray-E.C.A.) per dopo '52, anche per quanto concerne dollar gap, dati bisogni straordinari americani e minore capacità esportazione americana. Si ritiene che problemi «immediati» dollar gap dovrebbero pressoché sparire data la larga messa a disposizione di dollari provenienti da programma riarmo. È da prevedersi che si pensi qui sempre di meno a regalare dollari all'Europa poiché diverrà possibile ora guadagnarne largamente tanto in Stati Uniti quanto nelle altre aree.

4) Per quanto riguarda problemi economici in particolare occorrerà riconsiderare in base ai nuovi programmi di riarmo disponibilità materie prime e mezzi per assicurarne miglior impiego su piani nazionale e collettivo, fonti di energia, potenziale produttivo in Europa e forze lavoro, mezzi finanziari interni ed intraeuropei.

5) Sviluppo situazione pone anche in campo economico problema organi collettivi efficienti: O.E.C.E. è qui ritenuta come miglior complesso tecnico e si pensa che, data associazione Stati Uniti e Canada in seguito decisioni Londra, sia preferibile assuma nuovi compiti. Tuttavia, per ragioni sicurezza e politiche, occorrerebbe convenire che Svezia c Svizzera si ritirino o assumano posizione di associati parziali. È probabile che anche questo argomento sia discusso in riunione 25 corr. Londra.

Prego VE. voler far comunicare quanto precede a ministro Pella e delegazione.

333

IL CAPO DELL'UFFICIO DI HONG KONG DELL'AMBASCIATA IN CINA, STRIGARI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

R. RISERVATISSIMO 292/77. Hong Kong, 20 luglio 1950 (perv. il 3 agosto).

Dopo un mese dal mio arrivo in questa sede c uno studio iniziale della situazione nella Cina comunista, ritengo sia opportuno riferire qui di seguito a VE. alcune considerazioni concernenti non solo la nostra posizione attuale ma anche la nostra situazione futura nei riguardi del Governo popolare cinese.

È chiaro che l'atteggiamento di freddezza assunto dal Governo di Pechino nei riguardi dei vari paesi che lo hanno riconosciuto, dall'Inghilterra in poi, è motivato da risentimento per il ritardo nel riconoscimento stesso. Dalla proclamazione di ottobre 1949, il nuovo Governo popolare si attendeva riconoscimenti più o meno immediati. Il ritardo lo ha offeso ed esso sembra rivalersene col procrastinare la ripresa delle relazioni diplomatiche e commerciali. In tale situazione, come è noto, si trovano non solo l'Inghilterra ma la Norvegia, la Danimarca, l'Olanda e la Svizzera. Che il voto contrario o l'astensione a Lake Success sulla questione della ammissione del Governo popolare cinese non sia il motivo di tale atteggiamento di freddezza di Pechino è provato dal fatto che anche la Svizzera, che non è membro dell'O.N.U., è sottoposta alla stessa procedura di anticamera. Anche l'ex console generale d'Inghilterra a Shanghai, Urquhart (mio telespresso 285/75 dell3 corrente)', esprimeva giorni fa la convinzione che il ritardo nel riconoscimento fosse la ragione determinante nell'atteggiamento del Governo cinese nei riguardi del suo paese.

In tali condizioni va preveduto che il ritardo, sempre crescente, nel nostro riconoscimento non potrà che farci incorrere nella stessa situazione in cui si trovano gli altri paesi. D'altra parte nel determinare il nostro atteggiamento va tenuta presente la importanza del fattore commerciale.

Noi ci troviamo oggi di fronte a una situazione in Cina che non ha precedenti e che potrebbe favorire enormemente la nostra espansione commerciale. Il nostro commercio con la Cina non è mai stato assai rilevante, sopratutto a causa della presenza di una formidabile concorrenza americana, britannica, tedesca e giapponese. La crisi dei rapporti commerciali della Cina con i paesi che in precedenza dominavano incontrastati nel mercato ha aperto la via a prospettive di lavoro interessantissime. Sebbene molti problemi sarebbero da risolvere, con una buona dose di tenacia e perseveranza si potrebbe 1iuscire ad assicurare un posto cospicuo al commercio italiano in Cina. Finora il Governo di Pechino ha negoziato soltanto due importanti accordi commerciali, con la Russia e la Cecoslovacchia. È ovvio che se noi potessimo intavolare al più presto dei negoziati per scambi di compensazione potremmo assicurarci contingenti rilevanti nella quasi assenza di rapporti commerciali con altri paesi. Ma naturalmente ogni dilazione nella ripresa dei nostri rapporti costituisce una perdita di tempo prezioso.

D'altra parte va tenuto presente che il Governo di Pechino sta approntando una nuova tariffa doganale che introdurrà dazi notevolmente più elevati per merci originarie da paesi che non hanno accordi commerciali con la Cina. Tale nuova tariffa discriminatoria, in aggiunta al fatto che i nostri prezzi continuano ad essere tuttora più alti della concorrenza mondiale, potrebbe portare alla nostra completa esclusione dal mercato cinese.

Lo sviluppo delle relazioni commerciali italo-cinesi dovrebbe essere la considerazione determinante del nostro atteggiamento. La nostra posizione futura nella Cina comunista prescinderà da considerazioni politiche e sarà basata unicamente sul posto che l'Italia potrà assicurarsi e mantenere nel commercio estero della Cina. Tutte le altre questioni possono considerarsi come subordinate: «a un buon cliente si dà sempre ascolto». Se noi riusciremo a piazzarci bene nel commercio cinese creeremo un ambiente interessato ad avere con noi buoni rapporti, anche politici, e in genere ben disposto.

Tutti i nostri funzionari in Cina concordano sulla opportunità di un rapido riconoscimento. L'addetto commerciale Altomare mi ha espresso il parere che-se non si prende la decisione di riconoscere -i nostri interessi economici c commerciali saranno gravemente compromessi.

Per evitare di subire la ormai abituale anticamera prima di ristabilire rapporti diplomatici normali, potrebbe studiarsi una procedura differente da quella seguita da altri paesi, che hanno annunziato il riconoscimento inviando negoziatori a Pechino. Da parte nostra, si potrebbe presentire il Govt>rno cinese per esempio con un passo di sondaggio fatto attraverso la nostra ambasciata a Mosca con quella ambasciata della Cina. Nella

apertura preliminare sarebbe forse opportuno non menzionare nemmeno il riconoscimento ma far chiedere se il Governo popolare gradirebbe la venuta a Pechino di alcuni esperti e rappresentanti di grandi ditte industriali italiane per studiare la possibilità di ripresa di rapporti commerciali con la Cina. In tale comunicazione si potrebbe parlare del grande interesse che i circoli competenti italiani dimostrano per la ripresa di scambi con la Cina e si potrebbe anche menzionare la attenzione con cui i predetti circoli seguono la politica finanziaria e di assestamento economico del presidente Mao Tze-tung.

Una tale apertura potrebbe provocare due reazioni: a) il Governo popolare gradirebbe l'invio di tali esperti italiani e in tal caso sarebbe facile formare una missione commerciale alla quale potrei prendere parte anch'io; b) il Governo popolare potrebbe rispondere che l'Italia dovrebbe riconoscere prima di entrare in negoziati commerciali.

In previsione di tale seconda risposta l'ambasciata a Mosca dovrebbe essere autorizzata in precedenza a rispondere immediatamente che il Governo italiano sarebbe pronto a riconoscere e confida che il Governo cinese sia d'accordo sull'immediato stabilimento di relazioni diplomatiche normali; ma che prima di annunziare il riconoscimento, il Governo italiano resta in attesa di conoscere se il Governo popolare sia disposto alla immediata ripresa di rapporti diplomatici.

Sempre nel campo delle ipotesi va preveduto che Pechino risponda che noi dobbiamo prima riconoscere e che poi si parlerà di rapporti diplomatici. Sarà allora chiaro che noi non potremo in alcun modo evitare il periodo di anticamera che stanno subendo a Pechino i rappresentanti degli altri paesi.

In tal caso, però, la apertura da noi fatta attraverso l'ambasciata cinese a Mosca potrebbe essere conclusa con un ulteriore passo fatto con il Dipartimento degli esteri russo, per manifestare la nostra sorpresa e rincrescimento che il Governo cinese non sia desideroso di iniziare rapporti diplomatici con l'Italia, aggiungendo chiaramente che, poiché il Governo di Pechino non ritiene opportuno l'immediato ristabilimento dei rapporti diplomatici, il Governo italiano si vede costretto suo malgrado a rinviare il riconoscimento stesso. E restare in attesa di reazioni a tale ultimo passo.

Per il caso che io abbia ordine di procedere a Pechino, è da tener presente la necessità che io sia tempestivamente munito di lettere credenziali. Giustamente, Mizzan ha menzionato la necessità delle lettere di accreditamento (telespresso ministeriale n. 21/1281 7/2 del 24 giugno scorso) 1• Da quanto ho potuto sapere qui da diversi colleghi esteri, tutti i paesi sarebbero incappati nello stesso errore di annunziare il riconoscimento e dare improvviso ordine ad un funzionario di Hongkong, Nanchino

o Shanghai di procedere subito a Pechino, senza munirli di lettere; anche l'inviato inglese Hutchison, a quanto mi è stato detto da questo Colonia! Secretary, non sarebbe stato munito di lettere. Ne deriva che essi non vengono considerati come i capi missione. Dato che redazione, firma e invio qui delle lettere richiede un certo tempo, occorrerebbe in ogni caso predisporle tempestivamente e d'urgenza.

Nell'esporre la situazione come vista da qui, mi rendo conto che l'intorbidamento apportato dalla questione coreana non facilita la nostra presa di posizione. D'altra parte va anche considerato che una nostra apertura confidenziale fatta-proprio nell'attuale momento politico delicato -per annunziare al Governo cinese le nostre disposizioni favorevoli al riconoscimento potrebbe riuscire abbastanza gradita e probabilmente indurlo a sorvolare sul ritardo del nostro riconoscimento. Aggiungerei che, nel considerare il nostro atteggiamento nei riguardi del Governo popolare cinese, non sembra che la nostra decisione debba essere necessariamente influenzata o scoraggiata dall'esperienza degli inglesi. Nel caso dell'Inghilterra giuocano interessi precostituiti enormi e considerazioni politiche che non dovrebbero toccarci: come, per esempio, la costante azione anti-inglese esercitata dai russi a Pechino, che potrebbe non farsi sentire contro di noi.

Nel complesso appare indubbio che tutti i nostri interessi in Cina convergono sulla necessità di un rapido riconoscimento. Ed esprimerei pertanto subordinato parere che -invece di rinviare ulteriormente la soluzione del problema -una decisione affermativa possa essere presa subito, pur posponendone l'annunzio al primo momento opportuno.

333 1 Non pubblicato.

334

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ZOPPI,

AL MINISTRO DELLA DIFESA, PACCIARDI,

E ALL'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO

TELESPR. URGENTE 15/472. Roma, 21 luglio 1950.

Riferimento: Fogli o di codesto Ministero n. 1666/VT del 27 giugno u.s. 1•

Questa ambasciata dell'U.R.S.S., che è stata in opportuni termini invitata a chiarire il senso della comunicazione fatta dall'addetto navale sovietico all'ammiraglio Rubartelli e registrata nel foglio citato, ha rimesso a questo Ministero, in data 16 luglio, il promemoria che qui di seguito si trascrive:

«In seguito alla richiesta formulata dal capo dell'Ufficio IV della D.G.A.P. del Ministero degli affari esteri, signor Lo Faro, nel colloquio del 14 luglio c.a. con il consigliere dell'ambasciata, signor Mikhailov, perché la dichiarazione fatta l' 11 aprile c.a. dall'ambasciatore, signor Kostylev, al ministro degli affari esteri, signor Sforza, venisse esposta in iscritto, l'ambasciata dell'Unione delle repubbliche sovietiche socialiste in Italia comunica quanto segue.

L' 11 aprile c.a. l'ambasciatore, signor Kostylev, dichiarò al ministro degli affari esteri, signor Sforza, che il Governo dell'U.R.S.S. era disposto a rinunciare a ricevere le 12 navi italiane da consegnarsi all'Unione Sovietica in base al trattato di pace con l'Italia, e che il Governo sovietico subordinava questa rinuncia da parte dell'Unione Sovietica alle navi sopraindicate alla condizione che il Governo italiano rinunciasse al rimborso delle spese sostenute per il trasporto nell'U.R.S.S. delle munizioni di guerra destinate alle navi italiane precedentemente consegnate».

Si prega codesto Ministero di voler far conoscere il suo avviso e le sue determinazioni al riguardo, tenendo presente l'appunto del Contenzioso diplomatico inviato con telespresso 972 del 14 settembre u.s. 1•

(Solo per Mosca) Si allega copia del foglio del Ministero della difesa -Marina citato in riferimento 2 .

2 La risposta di Pacciardi è pubblicata nell'Allegato.

ALLEGATO

IL MINISTRO DELLA DIFESA, PACCIARDI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

NOTA 1993/ur. Roma, 2 agosto 195(J3.

Si fa riferimento al telespresso n. 15/472 in data 21 correntc4 col quale è stato richiesto il parere di questo Ministero in merito alla comunicazione del Governo sovietico di essere pronto a rinunciare alle 12 navi assegnategli dal trattato di pace e non consegnate dall'Italia, a condizione che il Governo italiano rinunci a sua volta al rimborso delle spese sostenute per il trasporto a Odessa di munizioni della nave ex «Giulio Cesare» che era stato fatto per conto dell'U.R.S.S.

l) La proposta sovietica parte ovviamente dalla premessa che il Governo dell'U.R.S.S. abbia il diritto di pretendere la consegna delle 12 navi in questione, senza di che la rinuncia da esso offerta non avrebbe alcun valore e cadrebbe la possibilità dell'accomodamento da esso proposto.

Ora tale diritto sembra sia decisamente escluso, sotto un punto di vista politico almeno, dall'ambasciatore Brosio e dall'on. La Malfa, dal Contenzioso diplomatico c da codesto Ministero, il quale, col telespresso se gr. poi. n. 972 del 14 settembre 19491 , comunicò di ritenere che, con la stipulazionc dell'accordo itala-sovietico sulle riparazioni e gli accordi tecnici tra gli ammiragli, non restasse, in fatto di navi, più alcuna questione in sospeso tra i due paesi.

Un esame dci precedenti concernenti le 12 navi in questione lascia però alquanto perplessi a tale riguardo.

2) Con le due note verbali n. 71 /M e n. 82/J del 3 luglio 19485 , dirette rispettivamente a codesto Ministero e al rappresentante del Governo italiano, la Commissione navale delle quattro potenze, mentre invitava il Governo italiano a trasferire urgentemente a Odessa 33 delle 45 navi che il Protocollo delle quattro potenze, firn1ato a Parigi contemporaneamente al trattato di pace, assegnava all'U.R.S.S., rendeva noto che il Governo sovietico rinunciava alla rimessa in piena efficienza di tali 33 navi e precisava che ciò non doveva costituire un precedente per le altre unità che dovevano essere consegnate alla Russia.

Aveva allora inizio l'azione concorde di codesto e di questo Ministero avente lo scopo di indurre l'U.R.S.S. ad adottare nei riguardi dell'applicazione dell'art. 57 del trattato di pace un atteggiamento analogo a quello tenuto dagli Stati Uniti, dalla Gran Bretagna e dalla Francia, rinunciando a tutte o ad alcune delle navi che il trattato di pace le assegnava. In tale azione non veniva fatto alcun accenno alle 12 navi non comprese nell'elenco trasmesso dalla Commissione navale, come nessun accenno vi veniva fatto dal Governo sovietico nel respingere rccisamcnte la richiesta italiana.

Si svolgevano quindi le trattative fra gli ammiragli Rubartelli e Karpunin, intese a definire le modalità tecniche della consegna delle 33 navi; in realtà però l'ammiraglio Rubartelli, in base alle direttive del Governo, si prefiggeva lo scopo di guadagnar tempo e di sollevare difficoltà che non consentissero il raggiungimento di un accordo fra le due parti. Alla fine di

agosto infatti le trattative erano sospese perché i due delegati, rispettivamente fermi su alcune premesse, non riuscivano a giungere a una conclusione; però nel corso delle discussioni il delegato sovietico aveva riaffermato il principio che la rinuncia alla rimessa in piena efficienza delle 33 navi non doveva costituire un precedente per le altre unità assegnate alla Russia.

Le trattative venivano riprese e concluse a Mosca dall'on. La Malfa e dall'ambasciatore Brosio, al quale il ministro Mo1otov il 4 ottobre 1948 aveva indirizzato una nota6 per richiedere l'adozione da parte del Governo italiano di immediate misure atte ad assicurare la consegna all'U.R.S.S. delle 33 navi, senza fare alcun cenno delle rimanenti 12 unità.

La questione di queste ultime unità risorgeva in una conversazione Brosio-La MalfaMolotov del l o novembre 19487 , a opera di quest'ultimo, ma non aveva alcun seguito, sia perché il ministro Molotov non sapeva forse quali argomenti opporre alle giuste considerazioni dei rappresentanti italiani, sia anche perché questo Ministero aveva fatto rilevare non essere opportuno creare un merito al Governo sovietico sollecitandonc la rinuncia a navi di nessun valore che ritenevamo di non dover consegnare.

3) Concludendo, non vi è dubbio che una leale interpretazione dello spirito degli Accordi di Mosca del 6 novembre 1948 sembra escludere la consegna delle 12 navi in questione. È altrettanto vero però che, come rilevava a suo tempo il Contenzioso diplomatico di codesto Ministero, i suddetti Accordi non contengono una disposizione dalla quale risulti espressamente che con la consegna delle 33 navi il Governo sovietico avrebbe rinunciato a chiedere le altre 12 navi che, secondo il trattato di pace, si sarebbero dovute consegnare. Né si potrebbe a priori totalmente scartare l'ipotesi che da parte sovietica gli Accordi di Mosca siano stati conclusi nella convinzione che con essi la questione delle rimanenti 12 navi restava in sospeso. L'ammiraglio Karpunin, per esempio, mantenne sino ali 'ultimo tale convinzione e si ha ragione di ritenere che fosse in buona fede.

4) Non è da escludere pertanto che se l'attuale proposta sovietica venisse respinta dal Governo italiano, adducendo l'impossibilità di compensare il debito sovietico con la rinuncia ad unità che era già stato ammesso non si dovessero consegnare, il Governo sovietico potrebbe contestare la nostra obiezione, che non è suffragata da alcun documento, e risollevare la questione delle 12 navi.

È vero che in tal caso la questione passerebbe dal campo politico a quello tecnico, ove non sarebbe difficile sostenere, come già questo Ministero fece presente a suo tempo alla Commissione navale e a codesto Ministero, l'inapplicabilità dell'art. 57 del trattato di pace per le 12 navi di cui sopra; ma ciò richiederebbe esami e accertamenti, con conseguente nuovo invio di specialisti sovietici, e discussioni per molto tempo.

In conclusione questo Ministero è del parere che il Governo possa sostenere che le trattative di Mosca furono condotte, almeno da parte italiana, nella convinzione che con l'accordo da esse derivato venissero regolate tutte le questioni riguardanti le navi da consegnare all'U.R.S.S. e quindi venisse anche implicitamente ammessa la rinuncia sovietica alle 12 navi non contemplate nell'accordo stesso. Questo Ministero però ritiene altresì che, né politicamente né giuridicamente, il Governo italiano possegga elementi tali da far prevalere la suddetta tesi qualora il Governo sovietico, in buona o in mala fede, vi si opponesse e reclamasse la consegna delle 12 navi.

334" Non pubblicata, ma vedi serie undicesima, vol. I, D. 477. 7 !hid., D. 577.

5) Dato quanto sopra, dato il lungo tempo e le infinite discussioni che sarebbero necessarie per risolvere la questione nel campo tecnico, dato sopratutto il nessun valore delle 12 navi e la relativa modestia della somma addebitata al Governo sovietico per il trasporto delle munizioni (circa 14 milioni di lire), parte della quale, si noti, sarebbe stata spesa ugualmente per i movimenti di munizioni a carico del Governo italiano, data infine l'opportunità di mettere al più presto e definitivamente la parola «fine» a questo penoso capitolo delle nostre relazioni con la Russia, si propone di aderire alla proposta sovietica e rinunciare al rimborso della somma sopra indicata, contro la rinuncia del Governo dell'U.R.S.S. alle 12 navi che non gli sono state consegnate.

334 1 Non pubblicato.

334 1 Copia priva dell'indicazione della data di arrivo. 4 Vedi D. 334. 5 Per la prima nota vedi serie undicesima, vol. l. D. 183, la seconda non è pubblicata.

335

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, GALLARATI SCOTTI

L. 14735/86. Roma, 22 luglio 1950.

Ho letto il rapporto del 5 corr. 1 .

Approvo il modo con cui V. E. ha risposto al suo nuovo collega di Jugoslavia.

Niente «conversazioni» vere e proprie perché ciò peggiora la situazione in caso di soste o equivoci. Ma franchezza assoluta nello scambio delle idee; malgrado certe demagogiche apparenze rimane viva anche a Belgrado una corrente che si rende conto del vantaggio che la Jugoslavia avrebbe ad intendersi in modo completo con la Repubblica italiana.

Le accludo il testo del mio discorso dell' 11 luglio alla Camera2 ove ho ripetuto il pensiero del Governo circa i nostri rapporti con Belgrado per quanto riguarda Trieste e il suo territorio.

336

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BRUSASCA, A NEW YORK

T. S.N.D. 6298/53. Roma, 26luglio 1950, ore 15,15.

Per tua norma informoti che da parte parlamentare mi fu espressa preoccupazione che costì non si slitti verso autonomia formale Eritrea e unione sostanziale Etiopia. Risposi riferendomi istruzioni Sforza del 19 luglio' da cui risulta che si aderireb

be soluzione federativa soltanto con garanzie sostanziali di autogoverno eritreo e con trattato eritreo-etiopico sanzionato e vigilato O.N.U. Sono sicuro che farai ogni sforzo possibile per non indebolire questa linea che è già transattiva e subordinata al fatto che indipendenza risulti evidentemente irraggiungibile2 .

335 1 Vedi D. 308. 2 Vedi Atti parlamentari, Camera dei deputati, Discussioni, 1950, vol. XIV, seduta pomeridiana dell'Il luglio, pp. 20698-20714. 336 1 Vedi DD. 328 e 329.

337

L'AMBASCIATORE A. ROSSI LONG Hl AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO 8729/677. Londra, 26/uglio 1950, ore 22,10 (perv. ore 7 del 27).

Seduta ieri Consiglio sostituti dedicata esclusivamente ad elezione presidente, adozione agenda e questioni preliminari di carattere organizzativo e procedurale.

In odierna seduta Spofford ha fatto dichiarazioni relative gravità situazione internazionale e necessità urgenti adeguate misure. Sono seguite da parte di ciascun delegato dichiarazioni di adesione al punto di vista americano e di solidarietà con azione Stati Uniti.

Successivamente Spofford ha letto altra dichiarazione in cui ha indicato in linee generali quanto Governo americano ha fatto ed intende fare per affrontare situazione, insistendo su necessità che ciascun paese faccia sforzo massimo anche a costo sacrificare tal une necessità civili. Fra l 'altro egli ha comunicato che Governo americano sta considerando aumento fondi per programma assistenza militare nonché adozione nuove forme assistenza stessa, indicando fra di esse anche misure atte facilitare mutuai aid.

Egli ha inoltre comunicato essere in corso da parte rappresentanti americani presso Governi membri richieste intese ad accertare quali provvedimenti ciascun paese abbia preso ed intenda prendere per rafforzamento propria difesa contro aggressione, sottolineando che tali elementi serviranno per giustificare nuove richieste al Congresso da parte Amministrazione e che aiuti saranno distribuiti tenuto conto dei singoli sforzi nazionali.

Spofford ha insistito che risposte Governi dovranno pervenire entro pochi giorni dato prossimo aggiornamento Congresso.

Richiamo particolare attenzione codesto Ministero su necessità che dati precisi vengano fomiti da parte nostra tutta urgenza mettendo evidenza massimo sforzo che siamo disposti sostenere.

Prego comunicare urgentemente Ministero difesa.

336 2 Per la risposta vedi D. 338.

338

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BRUSASCA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI

T. S.N.D. 8736/147. New York, 26luglio 1950, ore 20,12 (perv. ore 7 del 27).

Confermoti1 indipendenza assolutamente irraggiungibile e che nostro atteggiamento conciliativo ha impedito nostro completo isolamento e sue gravi conseguenze. Nostri sforzi mirano ora ottenere effettivo autogoverno Eritrea e impedire sua sostanziale annessione Etiopia. Numerose delegazioni appoggiano già nostra azione contrastata ancora tenacemente da Stati Uniti e Inghilterra che propongono soluzione di formale federazione ma di sostanziale annessione. Abbiamo avuto oggi schema non definitivo loro proposte migliori quelle precedenti ma tuttavia non accettabili. Adducendo precedente Libia essi oppongono netto rifiuto Consiglio O.N.U. sul posto. Dati riflessi politica interna esito questi lavori pregoti, sentito ministro Sforza, esaminare opportunità tuo passo diretto Governo americano tramite Dunn. Dato favore col quale è seguita qui opera tua e Governo difesa interna ed esterna libertà penso tuo invito Governo americano che sia tenuto conto anche delle esigenze nostra politica interna potrà essere efficace senso desiderato.

Ringrazio auguri e contraccambioli devotamente tua opera salvezza nostra patria2 .

339

COLLOQUIO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, CON L'AMBASCIATORE DEGLI STATI UNITI D'AMERICA A ROMA, DUNN

APPUNT01 . Roma, 27 luglio 1950.

Ricevuto stasera Dunn che mi ha letto il telegramma circolare dello State Department per i paesi del Patto atlantico2 . Poiché questi l'avevano ricevuto da una diecina di giorni e noi no, Dunn ha tenuto a spiegarmi che:

a) poiché la lunga circolare cominciava coll'istruzione di comunicare alle «highest authorities», egli ha preferito aspettare date le assenze del presidente del Consiglio e mie;

2 Non è stata rinvenuta una risposta a questo telegramma ma vedi D. 344.

2 In Foreign Relations ofthe United States, 1950, vol. III, cit., pp. 138-141.

b) tanto più che preferiva leggere il documento a me che nelle mie conversazioni con Acheson avevo avuto modo di «apprezzare sentimento quasi esagerato di riserva e di discrezione del segretario di Stato».

Era questa un 'ammissione che il tono della circolare poteva sembrare troppo pedagogico e paternalistico?

Certo, la quindicina di punti numerati che compongono il documento davano questa impressione. Esempio, il primo punto (cito a memoria): «occorre armare e poco meritano le considerazioni finanziarie; in questo campo tutto si accomoda e, del resto, gli Stati Uniti aiuteranno poi per il meglio».

Letto il documento, ho osservato a Dunn che esso aveva i difetti delle circolari diplomatiche: non tener conto delle profonde diversità da paese a paese. «Nel campo di disavanzi, inflazioni e simili, un Belgio per esempio -dissi a Dunn -può permettersi rischi che per l 'Italia significherebbero pericoli di abissi che ci diminuirebbero anche militarmente».

Non gli dissi invece che mi parevano espresse in modo poco felice le vaghe «promesse» seminate nel documento e che ricordavano quasi «il bastone e la carota» di Churchill.

Dunn sentì forse il mio pensiero perché mi disse:

«A Washington Acheson mi ha parlato con molto apprezzamento della vostra libertà di linguaggio, quale teneste a Londra. Se avete delle osservazioni da fargli, fategliele a voce alla prima occasione; venendo da voi egli ne capirà il sentimento amichevole».

Dunn, che apprese da me con piacere l'intesa di principio raggiunta stamani di un aumento delle spese militari, parte domattina in congedo, ma si è detto pronto a tornare qui immediatamente (va in Svizzera) appena io glielo chieda.

338 1 Risponde al D. 336.

339 1 Trasmesso da Sforza a De Gasperi e Pacciardi «a titolo personale e segreto» il 28 luglio.

340

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE A. ROSSI LONG H!, A LONDRA

T. 405 1• Roma, 28/uglio 1950, ore 21,15.

Suo telegramma del 262 .

Ella può assicurare che il Consiglio dei ministri ha autorizzato il ministro della difesa iniziare subito riarmo senza attendere stanziamento parlamentare3 . Metteremo così su base piede di guerra tutte le forze consentite dal trattato di pace e assicureremo in modo speciale difesa frontiera orientale. Comunichi all'ambasciatore.

è Vedi D. 337.

1 Vedi Verhali del Consiglio dei ministri. maggio 1948-lug/io 1953, vol. II: Governo De Gasperi, 27 gennaio 1950-19 luglio 1951, a cura dell'Archivio Centrale dello Stato, Roma, Presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento per l'infonnazionc e l'editoria, 2006, pp. 191-195.

340 1 Dalla raccolta telegrafica dell'ambasciata a Londra.

341

IL MINISTRO A QUITO, MOSCATI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 1347/435. Quito, 28 luglio 1950 (perv. 1'8 agosto).

Con il cerimoniale d'uso, ho presentato stamane le lettere credenziali.

Nel consegnarle, ho espresso al presidente di questa Repubblica, S.E. il signor Gaio Plaza Lasso, gli alti sentimenti di stima e di amicizia del presidente della Repubblica, S.E. Einaudi, e della nazione italiana, formulando fervidi voti affinché la mia missione potesse marcare un felice periodo di relazioni sempre più amichevoli e prospere tra i due paesi.

S.E. Gaio Plaza, nel ricambiarmi cordialmente i sentimenti rivoltigli, mi ha intrattenuto, unico tema della sua conversazione, sulle favorevoli condizioni che presentava il suo paese per un movimento immigratorio. Dopo aver elogiato l'attività e l'apporto degli italiani qui residenti, ha dichiarato essere intenzione del suo Governo di favorire prevalentemente l'afflusso di nostri connazionali, le cui apprezzate qualità intrinseche e di adattamento li facevano prescegliere ai lavoratori di altre nazioni. Egli, pertanto, auspicava che nostri contingenti agricoli potessero trovare in questa Repubblica proficua e vantaggiosa sistemazione.

Nel porre in evidenza come una missione italiana si trovasse già qui per un preliminare studio tecnico, gli ho manifestato che il progetto da lui esposto interessava anche l'Italia, e che sarebbe stata mia particolare cura quella di conseguire soddisfacenti risultati nei riguardi di un problema che stava a cuore ad entrambi i paesi.

Nella stessa mattinata, accompagnato dal capo del cerimoniale e alla presenza di una rappresentanza deli'esercito, mi sono recato a deporre una corona di alloro ai piedi del monumento del generale Bolivar, omaggio che, non protocollarmente richiesto, e non sempre reso dai capi missione ali 'atto della presentazione delle credenziali, ha favorevolmente impressionato le sfere governative e I' opinione pubblica.

342

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA1

L. PERSONALE. Castel Gandolfo, 30 luglio 1950.

In un momento di quiete, ritorno sul discorso appena avviato nell'ultimo Consiglio2. Veramente, se il Consiglio europeo non prende questa volta una sua fisionomia, è la sua morte civile. Converrebbe trovare una formula, che mettendo fuori dubbio la nostra lealtà atlantica, potesse esprimere una concezione attiva europea. Ottima è l'occasione della comparsa di Bonn. Presento le difficoltà, ma tu hai tutte le premesse per superarle: americanismo convinto, apostolato di europeismo, democratismo incontestabile e autorità personale. Non bisogna nascondersi che tra i nordamericani i fanciulloni sono molti e che anche le democrazie politiche hanno i loro punti deboli. La vecchia Europa è più equilibrata e più esperta. Mentre si riafferma la volontà europea di opporsi compatti al pericolo esterno attuando un sistema di difesa solidale, non è giusto che l'Europa, prima vittima predestinata, dica una parola di fermissima volontà di pace? E questa parola ben potrà essere lanciata, senza suscitare sospetti, da un'Italia che per amore di pace subisce il trattato e la minaccia della Zona B.

Sono certo che se le circostanze e gli appoggi te lo permetteranno, farai la sortita, e ne avrai plauso e scarico di coscienza. Ti scrivo questa mia temendo che non ci possiamo incontrare prima della tua partenza: t'accompagno con affettuosi auguri.

343

L'AMBASCIATORE A. ROSSI LONGHI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 8926/696. Londra, 3/luglio 1950, ore 20,47 (perv. ore 23,45).

Ho fatto stamane a Spofford comunicazione di cui a telegramma di V.E. 4051 facendogli rilevare non soltanto entità per noi molto rilevante sforzo deciso da Consiglio ministri ma anche massima prontezza nostra azione malgrado note difficoltà. Gli ho fatto pure osservare come evidentemente nostri mezzi non siano sufficienti e che pertanto dovevamo fare massimo assegnamento su ulteriore assistenza americana

2 Vedi D. 340, nota 3. 343 1 Vedi D. 340.

tanto attraverso acceleramento consegna forniture materiale già concordate, quanto mediante adeguate assegnazioni su nuovi stanziamenti Congresso favore paesi membri Patto. Spofford ha mostrato di apprezzare decisione presa da Governo italiano facendomi presente che comunicazione avrebbe dovuto essere da mc ripetuta in sede Consiglio, anteriormente a 5 settembre prossimo, allorché come convenuto fossi stato in grado completarla con dati più precisi in conformità desiderio espresso da Governo americano. Ha aggiunto che teneva ripetermi sue precedenti dichiarazioni circa ferma intenzione Governo americano di assistere largamente sforzo difensivo dei membri e che certamente nostri bisogni sarebbero stati tenuti in debito conto.

Ho pure approfittato della circostanza per sottolineare ancora una volta nostre ampie possibilità produzione materiale bellico, tanto per esuberanza impianti industriali quanto per pronta disponibilità mano d'opera una volta che ci fossero assicurati mezzi per finanziamento produzione.

342 1 Autografo, in ISTITUTO UNIVERSITARIO EUROPEO, Firenze, Archivi storici dell'Unione Europea, Archivio Alcide De Gaspai. Edito in De Gasperi scrive. Corri.1pondenza con capi di Stato, cardinali, uomini politici, giornalisti, diplomatici, a cura di M.R. DE GASPERI, Brescia, Morcelliana, 1974, vol. Il, pp. 116-117.

344

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BRUSASCA, A NEW YORK

T. SEGRETO 6484/60. Roma, 1° agosto 1950, ore 19,10.

Questa ambasciata americana, in via strettamente confidenziale, ci ha dato visione nuovo schema federazione Eritrea-Etiopia che però riproduce senza sostanziali varianti quello Allegato rapporto V. E. data 26 1•

Detto schema (che viene inviato per corriere aereo) presenta stessi inconvenienti esposti da V.E. in suddetto rapporto. Ci rendiamo ben conto difficoltà che incontra azione codesta delegazione per ottenere modifiche. Conviene quindi concentrare nostra difesa su punti basilari. Tra gli altri, già rilevati da V.E., è da tenere massima considerazione durata periodo preparatorio che, solo se portato alcuni anni (come Birmania e Sud Africa hanno suggerito in Commissione inchiesta) consentirebbe creazione organi eritrei evitando che federazione si risolva in annessione. Importante è altresì presenza in Eritrea, durante tale periodo, Consiglio O.N.U.

È stato fatto presente questa ambasciata americana che suddette disposizioni avrebbero notevole importanza anche per distensione locale e per buoni rapporti italobritannici. Infatti partecipazione più diretta O.N.U. in delicata fase transizione potrebbe tranquillizzare sia musulmani che minoranza italiana, mentre responsabilità inevitabili contrasti non apparirebbe esclusivamente accollata ad amministrazione britannica.

Poiché inoltre schema proposto assegna poteri molto larghi a Governo federale, sarà forse opportuno esaminare possibilità di costituire organo federale in cui partecipazione elementi eritrei assicurerebbe controllo misure relative materie comuni Eritrea e Etiopia. Espressioni usate da schema anglo-americano non escludono tale possibilità benché non precisino natura del «Federai Government».

344 1 Non rinvenuto.

345

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI ECONOMICI, GRAZZI,

AL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, GUIDOTTI

APPUNTO RISERVATISSIMO 10904/142. Roma, 4 agosto 1950.

Si fa riferimento al rapporto riservatissimo dell'ambasciata d'Italia in Cina (Ufficio di Hong Kong) n. 292177 del 20 luglio u.s. 1 e al riguardo si osserva che le considerazioni svolte da quell'incaricato d'affari circa l'opportunità di sfruttare l'attuale situazione nella Cina comunista per avvantaggiare i nostri traffici commerciali con quel paese appaiono seriamente fondate.

Questa Direzione generale non può pertanto non rilevare il peso degli argomenti di carattere economico svolti nel rapporto stesso pur riconoscendo che nell'attuale situazione le considerazioni di carattere politico debbano avere preminente importanza.

346

L'AMBASCIATORE AD ATENE, ALESSANDRINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 9159/91. Atene, 5 agosto 1950, ore 15,10 (perv. ore 18,30).

In questi ambienti governativi si è espresso un certo malcontento per il fatto che Turchia ha effettuato nota démarche per sua inclusione nel Patto atlantico senza consultare né informare previamente Grecia. Spiegazioni date all'ambasciata greca ad Ankara vengono considerate qui come tardive ed incomplete, anche se Ankara ha poi assicurato ritenere ovvia la parallela c contemporanea partecipazione greca al Patto, una volta assicurata quella turca.

Nulla o quasi si è tuttavia lasciato qui trapelare di tale malumore e Plastiras ha dichiarato anche Grecia approva iniziativa e desidera come Turchia ammissione al Patto.

È stato telegrafato all'ambasciatore greco a Washington di seguire attentamente passi di quella ambasciata di Turchia appoggiandoli nel miglior modo. Analoghe istruzioni sono state inviate a Strasburgo, Londra, Parigi e Roma.

Questi ambienti americani seguono questione con simpatia per desiderio greco ma non senza una certa riserva, evidentemente dovuta all'attesa di istruzioni da Washington. Collega americano mi ha detto che maggiori incoraggiamenti al passo turco sono venuti da parte francese.

Questa mattina tutta stampa greca pubblica notizia che conte Sforza si sarebbe espresso a Strasburgo in senso favorevole partecipazione Turchia al Patto atlantico ma in senso contrario conclusione di un patto mediterraneo.

345 1 Vedi D. 333.

347

L'AMBASCIATORE A. ROSSI LONGHI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 9170/711. Londra, 5 agosto 1950, ore 14,05 (perv. ore 21).

Richiesta Standing Group che precisi impegni venissero presi da singoli Governi membri Patto atlantico per immediati ulteriori aumenti effettivi numerici rispettive forze armate nonché proposta risoluzione americana nel medesimo senso (telegramma 709) 1 ha implicitamente sollevato questione limitazioni nostro trattato pace.

Ho pertanto ritenuto (a parte indispensabile riferimento a limitazioni stesse da me fatto in seduta Consiglio supplenti e di cui a predetto telegramma) di intrattenermi al riguardo in via personale con supplenti americano, inglese e francese nonché con tre membri Standing Group qui convenuti, mettendo soprattutto in rilievo come tali limitazioni si risolvano in definitiva in danno comune e che pertanto era interesse comune cercare di porvi rimedio.

Queste mie aperture hanno incontrato da parte dei miei interlocutori comprensiOne e consenso. Da parte soprattutto americana si è peraltro insistito su difficoltà trovare modo per poter «girare attorno clausole trattato».

Ho ritenuto infonnare di quanto precede VE. pur rendendomi conto che sondaggi hanno avuto luogo in un'atmosfera ed in un ambiente che non potevano non essere ricettivi.

348

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GAS PERI

T. SEGRETO 9175/84. Strashurgo, 5 agosto 1950, ore 18,50 (perv. ore 21,15).

Presentai ieri dichiarazione che sai 1• Impressione fu grande perché si rompeva atmosfera di grigia mediocrità adunanza che praticamente erasi volutamente creata. Bevin cominciò per opporsi poi comprese che il gioco era pericoloso. Un Comitato di redazione fuse su mia proposta prefazione dichiarazione in un più generale messaggio all'Assemblea. Detto Comitato ha reso mia formula ancora più viva e io non ho potuto oppormi. Messaggio apparirà stasera benché diretto Assemblea lunedì.

347 1 Del4 agosto, non pubblicato.

348 1 Si riferisce ad una dichiarazione di solidarietà con le Nazioni Unite nella lotta contro l'aggressione in Corea, vedi «Relazioni internazionali», a. XIV ( 1950), n. 32-33, p. 548.

349

L'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

R. 18541711. Mosca, 7 agosto 1950 1•

Non si può dire che il Governo e la stampa sovietici abbiano mai perso di vista la Germania, sia prima sia dopo la costituzione della Repubblica democratica orientale. Ma in questi ultimi tempi non vi è dubbio che questa attenzione si è intensificata e merita di essere segnalata.

I lavori del recente III Congresso del Partito socialista unitario germanico sono stati abbondantemente riprodotti qui, come pure è stata data larga notizia del successivo Consiglio nazionale del Fronte democratico, che ha deliberato di convocare il suo congresso per il 25-26 agosto. Tali avvenimenti sono stati accompagnati da numerosi articoli di commento, i quali hanno ripreso i temi fondamentali della polemica sovietica contro gli anglo-americani sulla Germania: il tema del riarmo della Germania occidentale e quello della violazione degli accordi di Potsdam. Al riguardo unisco due ampi i articoli, pubblicati sull' Jzvestija rispettivamente il 27 luglio e 4 agosto, i quali non dicono cose nuove, ma danno la misura della intensità ed ampiezza con le quali si continua a sbandierare il pericolo del riarmo tedesco e della ricostituzione di una Germania reazionaria, monopolista, junkerista, militarista (Allegati l e 2)2 .

Inoltre un commento sul recentissimo Comitato nazionale del Fronte democratico (dal titolo «Sotto la bandiera del Fronte nazionale») è comparso sulla «Rassegna internazionale» della Pravda del 6 agosto.

Tutta questa intensificazionc di interesse sulla Germania merita certamente di essere segnalata, ora che gli avvenimenti di Corea, e il parallelismo comunemente riconosciuto fra la situazione dei due paesi nei riguardi della divisione delle zone di occupazione, inducono più che mai a vigilare su quel che la Germania orientale potrebbe fare, sul modello di quel che ha fatto la Corea settentrionale. D'altra parte più volte ho segnalato che l'unico fatto veramente preoccupante per i sovietici in Europa potrebbe eventualmente essere l'effettivo riarmo della Germania: senza volergli dare un peso decisivo, è certo che più i sovietici mettono in evidenza quel riarmo, più bisogna domandarsi come intendono ostacolarlo, e come vorranno reagirvi.

Naturalmente, anche e tanto più sul terreno decisivo della Germania i sovietici non sveleranno facilmente i loro piani c vorranno riservarsi l'eventuale vantaggio della sorpresa, tuttavia ritengo utile sottolineare alcuni elementi risultanti dai lavori dellll Congresso del P.S.U.G. e del Comitato dell'F.D.N., così come sono stati qui pubblicati. In aggiunta a quanto di più preciso potrà essere stato conosciuto in Germania stessa, essi non mi paiono inutili al fine di indagare gli intendimenti dei comunisti germanici e dei loro padroni sovietici.

2 Non si pubblicano.

l) Il leit motif comune del Congresso e del Comitato è stato costituito dalla lotta per l'unità della Germania. Questa parola d'ordine non è certo nuova, essa era già contenuta nei messaggi di Stalin in occasione della costituzione della Repubblica democratica: allora egli le assegnò appunto come primo compito «la lotta per una Germania unita, democratica c pacifica». Ma oggi non soltanto tale finalità è stata sottolineata con maggiore enfasi, ma le è stato esplicitamente attribuito un carattere di precedenza sugli altri compiti, compresi quelli di rinnovamento sociale della Germania.

Il manifesto del Comitato nazionale dell'F.D. si è espresso così: «Di questo grande compito di assicurare la pace deve compenetrarsi tutto il popolo tedesco. Ma esso deve pure battersi per l'unità della sua patria. Fino a che la Germania rimarrà spezzata e frantumata, fino a che si continuerà ad irreggimentare una parte del popolo tedesco ne Il' esercito coloniale dell'imperialismo la Germania rimarrà una fonte di inquietudine in Europa. Perciò la creazione di una Germania unita, democratica e pacifica costituisce un importante compito per assicurare la pace in Europa. Per questa unità si batte il Fronte nazionale della Germania democratica. La fondazione della Repubblica democratica tedesca fu un suo grandissimo successo; colla fondazione della Repubblica democratica furono poste le fondamenta della Germania unita». E Grotewohl, nel suo rapporto «La lotta per la pace e il fronte nazionale» ha ribadito: «Scopo fondamentale del nostro lavoro è la creazione di una Germania democratica unita. A questo lavoro si connette anche il rinnovamento interno del nostro Stato. È necessario eliminare lo statuto di occupazione, lo statuto della Ruhr e lo Stato separato di Bonn, e di creare una Germania democratica unita».

Queste si potrebbero considerare soltanto come riaffermazioni più forti di propositi già più volte espressi. Ma gli stessi leaders tedeschi hanno aggiunto che ora la lotta per la unità dovrebbe entrare in una fase nuova ed acquistare un carattere preminente, passando in primo piano con nuovi metodi e mezzi.

Nel ringraziamento indirizzato dallll Congresso del P.S.U.G. a Stalin, è contenuta la esplicita promessa di agire «anche più energicamente che finora per una politica unitaria germanica di pace, e per una Germania unita, indipendente c democratica». Nel suo rapporto al Congresso, Pieck ha precisato: «Si può dire che finora i nostri essenziali sforzi furono indirizzati alla ricostruzione e alla democratizzazione della Germania orientale. Con la creazione e il rafforzamento della Repubblica tedesca orientale, la quale ha imboccato fermamente la via de li'antiimperialismo e della vera democrazia, noi abbiamo risolto tale compito. Ora davanti a noi sta in tutta la sua pienezza il compito di indirizzare tutta la Germania sulla via anti-imperialista, pacifica e democratica. Noi dobbiamo adempiere tale compito e lo adempiremo».

Grotewohl a sua volta, nel suo rapporto ha spiegato che la stessa lotta per la liberazione sociale diventa ora subordinata a quella per l'unità: «essa ... acquisterà forza ed alleati dal successo della lotta per l 'unione nazionale, e potrà quindi riuscire se l'altra riuscirà. Oggi l'essenziale è di isolare dalla serie di compiti fronteggianti il partito, precisamente quel compito primario, la soluzione del quale assicurerà la felice soluzione degli altri compiti nel loro ordine. Tale compito primario ed attuale è la lotta per la pace, la lotta per la liberazione nazionale e per l 'unità della Germania democratica».

Infine, la risoluzione del Consiglio nazionale del Fronte nazionale della Germania democratica ha esplicitamente dichiarato: «la via di sviluppo intrapresa dalla Germania occidentale esige nuove forme e nuovi mezzi di lotta del Fronte nazionale. Trovare tali forme e mezzi è compito del Congresso nazionale».

2) Come intendono svolgere e far trionfare i comunisti tedeschi questa loro lotta per l'unità nazionale? I ripetuti accenni dei loro stessi leaders alle analogie fra i problemi della Germania e della Corea possono apparire preoccupanti. Nel rapporto Grotewohl è detto: «l'analogia dei problemi nazionali della Corea e della Germania induce a seguire con speciale attenzione gli avvenimenti di Corea». Nel manifesto del III Congresso del P.S.U.G. al popolo tedesco è affermato: «Ciò che i briganti americani compiono oggi nei riguardi del popolo coreano, potrebbero farlo domani in Germania. Essi febbrilmente si sforzano di trasformare la loro colonia occidentale tedesca in piazza d'armi per la loro campagna di aggressione in Europa. Lo attestano la costruzione di obiettivi militari in Germania occidentale, gli innumerevoli preparativi fatti per far saltare strade, ponti, rocce, per convertire la Germania in un deserto; lo attestano i piani diretti ad armare la Germania occidentale e ad obbligare la gioventù tedesca occidentale ad entrare nelle truppe mercenarie dei monopolisti americani». Infine Pieck, nel discorso conclusivo col quale ha riassunto la discussione del Congresso, ha detto: «ln seguito all'intervento americano in Corea il III Congresso del P.S.U.G. adottò la deliberazione di condurre ancora più decisamente la lotta per la pace. Bisogna che sia posto fine alle preparazioni belliche degli imperialisti in Germania occidentale e in Berlino occidentale. Il più grande pericolo per la pace in Europa è costituito dalla presenza delle truppe americane, e così pure delle tanks, degli aeroplani e delle altre armi americane nel resto dell'Europa, nella Germania occidentale e in Berlino occidentale. La popolazione della Germania occidentale esige che gli americani se ne vadano immediatamente dalla Germania occidentale, così come il popolo coreano esige che gli americani lascino il campo in Corea. A nome di tutti i presenti io protesto energicamente contro la presenza delle truppe americane nella Germania occidentale e in Berlino occidentale».

Naturalmente, queste analogie non significano che i tedeschi orientali si dispongano senz'altro ad iniziare una offensiva militare contro la Germania orientale: l'esempio della Corea è richiamato come un modello, sul quale determinare in Germania una linea di azione adatta alle speciali condizioni della Germania stessa. Non per nulla lo stesso Pieck aveva detto, sulla fine del suo rapporto, «noi sapremo conciliare la nostra inflessibile volontà nella lotta per la causa del popolo con la necessaria duttilità ... ». Ed in altri passi dei lavori del Congresso, appare che l'allontanamento delle truppe di occupazione vorrebbe essere il risultato, non tanto di una azione militare diretta, quanto di una lotta politica interna che creerebbe a quelle truppe una situazione insostenibile. Così, nel ringraziamento a Stalin già ricordato, è detto che il compito attuale è di «riunire tutte le forze democratiche e patriottiche del popolo tedesco, indipendentemente dalle loro concezioni ed opinioni politiche, nel Fronte nazionale della Germania democratica, al fine di assicurare il successo della lotta per una Germania unita, indipendente, democratica e pacifica, per la conclusione di un trattato di pace democratico e per ottenere in tal modo il conseguente ritiro delle truppe di occupazione». Pieck nel suo rapporto ha precisato meglio, aggiungendo: «bisogna comprendere che se al nostro partito riuscirà di strappare la maggioranza della popolazione della Germania occidentale all'influenza degli imperialisti e dei loro servitori, allora l'occupazione della Germania occidentale da parte delle truppe straniere diventerà di fatto impossibile. Allora saranno sventati i piani degli americani e degli inglesi, che fanno conto sulla divisione della Germania, sul coinvolgimento della Germania stessa nella guerra, e su una lunga sua occupazione. La riunione della Germania su una base democratica diventerà un fatto».

Come si vede, i comunisti tedeschi non smascherano totalmente i loro piani né si sbilanciano: da una lato guardano ali'esempio coreano, dali'altro dicono che la cacciata delle truppe anglo-americane dovrebbe essere la conseguenza di una loro vittoria politica interna, della quale non rivelano i mezzi e i metodi.

3) Qualche indicazione circa tali mezzi e metodi si ricava tuttavia -sia pure genericamente -dalle dichiarazioni formulate nel Congresso del P.S.U.G. e nel Comitato nazionale dell'F.D.

In un primo tempo almeno, la lotta dovrebbe consistere in una campagna di disobbedienza e di resistenza, rivolta non solo contro le Autorità tedesche del Governo di Bonn, ma anche e soprattutto contro le truppe di occupazione. Parlando al Consiglio nazionale dell'F.D. il 31 luglio, Grotewohl pose la giustificazione giuridica, e insieme accennò al metodo della lotta contro le truppe di occupazione: «le truppe di occupazione occidentali sono mantenute nella Germania occidentale non per l'attuazione dei compiti loro affidati dall'Accordo di Potsdam, ma per condurre la "guerra fredda". Di conseguenza, esse hanno perduto il carattere di truppe di occupazione e si sono trasformate in un esercito di intervento. Questo fatto crea il diritto giuridico (sic) di non adempiere le disposizioni delle autorità di occupazione, e crea il diritto alla resistenza nazionale». In conformità a tali sue dichiarazioni, il Consiglio nazionale nel suo appello ha dichiarato: «Il Consiglio nazionale dell'F.D. della Germania democratica vi chiama alla resistenza nazionale contro la minaccia di guerra creata dagli U.S.A., contro la separazione della nostra nazione, alla lotta per la salvezza della nostra patria tedesca».

Uguali concetti Grotewohl aveva già espresso nel suo rapporto al III Congresso del P.S.U.G., ove aveva definito tre fasi della recente politica della Germania orientale: una prima fase, da lui chiamata di protesta nazionale; una seconda, qualificata di iniziativa nazionale; e una terza, infine, che dovrebbe avere inizio ora, di resistenza nazionale su tutta la linea.

Quale grado di intensità e di violenza questa campagna di disobbedienza e di resistenza, avente di mira specialmente le truppe di occupazione, dovrà avere, ancora non è detto. È probabile che essa comprenderà, secondo le circostanze, gli atti più forti e i meno forti. A questi ultimi si è accennato nella riunione del Consiglio nazionale dell'F.D., il cui messaggio dice ancora: «Lo sviluppo interno della Germania è caratterizzato dal successo del grande Convegno pan-tedesco della gioventù, dalla sua vittoria sui dissidenti di Hernberg, dalle decisioni degli operai portuali di rifiutare lo scarico dei materiali di guerra, dai milioni di firme sotto l'appello per il divieto della bomba atomica, dalle irruzioni contro le riunioni neo-fasciste, dalla lotta contro lo smontaggio effettuato per motivi di concorrenza, dalla protesta contro l'aumento dei prezzi, dal potente movimento di scioperi operai contro il rincaro della vita e la riduzione dei salari. Questi esempi parlano dell'aumento del grande movimento di resistenza nazionale».

È significativo che a queste forme di lotta si riferisca appunto il commento della rassegna internazionale su Pravda del 6 agosto, là dove dice: «le ultime comunicazioni dalla Germania occidentale attestano, che la lotta delle masse popolari tedesche contro la politica spoliatrice dell'imperialismo americano si intensifica. La nazione tedesca si mette in movimento. I muri delle case della Germania occidentale si coprono sempre più sovente di motti del Fronte nazionale. Si rafforza la lotta della classe operaia della Germania occidentale contro l'illegale smontaggio di imprese pacifiche. Le organizzazioni democratiche sviluppano un grande lavoro di chiarificazione fra la popolazione sugli scopi del Fronte nazionale».

4) Si può prevedere insomma che una nuova fase di più accanita lotta della Germania orientale contro la Germania occidentale nel prossimo futuro si sviluppi. Forse, l'annunciato congresso del Fronte nazionale (25-26 agosto) porterà nuove notizie al riguardo, e sarà bene seguirlo con attenzione.

Si può ritenere che, per ora, l'annunciata lotta di resistenza potrà limitarsi alla propaganda, agli scioperi, alle dimostrazioni, ai sabotaggi, ad una campagna di disobbedienza contro le autorità di occupazione. Ma non è detto ch'essa si limiti a questo.

Non bisogna dimenticare il precedente coreano, né l'importante articolo «Ignoranza in questioni di diritto internazionale» (lzvestija 6 agosto) nel quale si sostiene che là dove vi è guerra civile non vi può mai essere aggressione. Questa tesi potrebbe benissimo essere applicata alla Germania, e, messa in relazione coll'altra tesi specificamente tedesca, secondo la quale la presenza delle truppe alleate nella Germania occidentale è illegittima perché non più corrisponde alle disposizioni ed ai fini dell'accordo di Potsdam, potrebbe condurre lontano. Se domani formazioni militari della Germania orientale svolgessero una azione liberatrice contro la Germania occidentale, isolando e lasciandosi alle spalle Berlino ed evitando il diretto attacco alle guarnigioni anglo-franco-americane, non mancherebbe loro il coraggio di sostenere che l'intervento di queste, e non la loro azione, costituirebbe aggressione.

Certo la copertura di siffatti tenui motivi giuridici non basterà ad indurre i sovietici a precipitare una tale azione, se essi non vogliono -come è da ritenere che non vogliano-un conflitto generale: me se per caso la situazione generale, l'impegno delle forze occidentali in Asia (Corea, Indocina, Malesia) o altri motivi dessero loro la speranza di poter creare conflitti o disordini in Germania senza provocare la guerra, potrebbero anche avventurarsi, salvo a ritirarsi in tempo occorrendo.

L'ipotesi non è probabile, ma dopo l'audacia dimostrata dai sovietici in Corea, non è del tutto impossibile.

In ogni caso è da ritenersi ormai che i comunisti tedeschi abbiano dato sufficienti segni premonitori, tali da far attendere un prossimo periodo di dure lotte interne nella Germania occidentale, dirette a dividere la popolazione e a stroncarne il morale, a disseminare odio contro le Autorità e le truppe di occupazione, a paralizzare la vita economica ed a rendere estremamente difficile, se non proprio impossibile, ogni intento di riarmo.

5) È da aggiungere che la stampa sovietica ha pubblicato, senza commenti e senza smentite, un largo sunto del rapporto di Walter Ulbritch al terzo Congresso del P.S.U.G., nel quale fra l'altro è manifestata ufficialmente l'intenzione di chiedere l'ammissione della Germania orientale al Consiglio di collaborazione economica dei paesi comunisti. «Nell'interesse di una lunga collaborazione e partecipazione all'aiuto reciproco dell'Unione Sovietica e dei paesi della democrazia popolare-ha detto Ulbritch -noi riteniamo desiderabile che il Governo della Repubblica democratica tedesca si rivolga ai Governi partecipanti al Consiglio di collaborazione economica, con la richiesta di ammissione al Consiglio stesso ... Ciò aiuterà a rafforzare la pacifica economia tedesca per il bene di tutto il popolo».

Questo dovrebbe significare che una simile domanda è prossima, e che il Governo sovietico non ha in linea di principio nessuna obiezione ad accoglierla.

349 1 Copia priva dell'indicazione della data di arrivo.

350

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI

T. SEGRETO 9287/93. Strasburgo, 8 agosto 1950, part. ore 0,35 del 9 (perv. ore 6).

Prima effettiva seduta odierna Assemblea consacrata alla crisi militare e al pericolo di guerra. Poiché ciò è stato reso possibile dalla mia mozione annullante divieto statuto parlare n eli'Assemblea di questioni di difesa, tutti si congratulano con noi che abbiamo salvato Consiglio Europa dal ridicolo.

Ebbi oggi lunga conversazione capi conservatori inglesi che parlarono meco quasi fossero alla vigilia di tornare al Governo. Resto qui fino giovedì notte per trovarmi al banco dei ministri quando Schuman spiegherà suo piano ali' Assemblea. Sarò a Roma sabato mattina presto c di là ti dirò perché mi pare che la situa

. . .

zwne SI aggravi.

351

L'AMBASCIATORE A PARIGI, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. SEGRETO URGENTE 0149. Parigi, 8 agosto 1950 1•

A prima vista memorandum francese di cui accludo copia2 sembra dimostrare certa volontà fare sforzo serio: cifre effettive di aumento bilancio sono, credo, volutamente non molto chiare: si dovrebbe giudicare grosso modo che esse prevedono

351 1 Copia priva d eli 'indicazione della data di arrivo. 2 Non pubblicato.

(; ;

)" lt,f(.,~(~~'.J·: /

" '

\.

Autografo di De Gasperi del D. 342.

aumento 80 miliardi per anno in corso e 150 miliardi per anno prossimo. Non è ben chiaro come si arrivi a cifra duemila miliardi in tre anni e quale sia parte effettiva che in questi duemila miliardi dovrebbe essere francese.

Esso è poi circondato da varie perifrasi circa sforzo coordinato altri paesi, carattere maggiormente collettivo da darsi a tutta gestione militare atlantica e soprattutto invio effettivo divisioni inglesi ed americane sul continente. Non dice ma lascia comprendere che se queste ultime due condizioni non venissero realizzate Francia potrebbe rivedere, negativamente, suo programma. E in sostanza tipico attuali esitazioni Governo francese che di fronte vive pressioni americane ha dovuto mostrare essere disposto fare grosso sforzo, ma si prepara ogni via d'uscita per gettare peso effettivo suo sforzo in quanto è possibile su altri, americani ed europei (vedi Germania).

Pressione americana su Francia, in questi ultimi giorni, è stata veramente forte: conversazione Katz con Pleven è stata più che violenta: pressioni analoghe sono state esercitate in tutti i settori e da ogni parte.

Se mia impressione non è sbagliata, non mi sembra che pressioni in misura analoga siano state fatte su di noi. In ogni caso drammaticità forma è mancata. Katz è venuto a Parigi e non a Roma: lo stesso dicasi di Spofford. Se quanto mi è stato detto è esatto, da parte americana si sarebbe dichiarati soddisfatti dell'annuncio da noi dato di aumentare di 50 miliardi nostro bilancio militare.

Mi domando ora cosa questo significa.

È noto, sebbene trattisi teoricamente segreto Cosmic, che ai fini strategia generale, noi siamo stati dichiarati marginali. Da varie parti, compresi circoli Conferenza supplenti di Londra, sembrerebbe doversi dedurre che impressioni americane circa solidità interna italiana e sue possibilità effettive siano molto negative: significa questo che di fronte difficoltà nostra situazione interna, nostra situazione economica e finanziaria, ed altre circostanze, affiora negli americani tendenza abbandonarci nostro destino e ritenere non valga la pena chiederci e fare essi stessi sforzo considerevole per noi?

Da Conferenza Londra mi sembra poter dedurre che, nonostante ingenti somme ormai impostate, possibilità immediate c vicine americane per quello che concerne materiale necessario per potere potenziare divisioni che potenze europee possono con loro mezzi mettere in piedi, sono limitate. Americani potrebbero essere arrivati conclusione che data marginalità Italia non è il caso di chiederci sforzo che essi non potrebbero completare: e che sia per loro prcferibilc concentrare loro attenzione c loro aiuti su Inghilterra di cui solidità non dubitano e su Francia cui solidità interna non deve loro apparire molto superiore alla nostra ma che data importanza strategica che posizione geografica Francia ha ai loro occhi e nelle loro concezioni strategiche non potrebbe essere abbandonata al suo destino.

Sebbene a prima vista queste intenzioni americane potrebbero anche esserci gradite poiché ci esimerebbero dal fare uno sforzo maggiore di quello che siamo disposti fare, almeno subito, non bisogna dimenticare che esse presentano anche un grave elemento negativo.

A parte il fatto, puramente di prestigio questo, che un simile stato di cose ci spingerebbe sempre più alla periferia dell'organizzazione e della politica del Patto atlantico, bisogna tener conto che se realmente gli americani entrano in questo ordine di idee ciò significa non solo che parte nostra futura tranche straordinaria aiuti 4 miliardi dollari, ma anche nostra partecipazione normale aiuti P.A.M. potrebbe esserne considerevolmente diminuita. Né è anche escluso che nostra quota O.E.C.E. per anno prossimo finisca per essere considerevolmente diminuita: sebbene teoricamente

O.E.C.E. e P.A.M. siano due cose ancora distinte è inevitabile che secondo finirà rapidamente per influenzare se non addirittura assorbire il primo. Non vorrei in una parola che americani finissero per entrare nell'ordine di idee che non vale la pena di rimettere in piedi l 'Italia per i russi.

Questo senza sottovalutare ripercussioni che su opinione pubblica italiana potrebbe avere questa sensazione di essere dimenticati o trascurati.

Si tratta di impressioni mie che vanno naturalmente controllate: temo di non sbagliarmi del tutto: forse si tratta, per ora, di orientamento piuttosto che di politica: ma se le mie preoccupazioni e considerazioni sono condivise dal Governo italiano, occorrerebbe intervenire e con tutta urgenza a Washington per evitare che questi orientamenti diventassero politica.

Nell'azione che dovremo svolgere bisognerà tener presente:

l) mentre Francia si trova situazione doversi difendere da !l'attuazione quel maggiore sforzo che gli domandano gli americani noi ci troveremmo, in certa misura, nella situazione di far ammettere dagli americani che anche noi facciamo uno sforzo, per lo meno in quanto nostro sforzo domanda anche contributo e contributo rilevante amencano;

2) che non possiamo realmente contare su appoggio nessuno nostri coalleati europei i quali sono tutti, francesi compresi anzi fra i primi, d'accordo per metterei nella massima misura possibile fuori da spartizione torta;

3) che influenza organi americani in Italia specie O.E.C.E. P.A.M., per bene intenzionati che siano verso di noi, su Washington non è grande e che, a quanto si può giudicare di qui, sono organismi europei dipendenti da Dipartimento di Stato quelli che sono più inclini !asciarci andare nostro destino.

352

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, A STRASBURGO

T. S.N.D. 6738/77. Roma, 9 agosto 1950, ore 21.

Ricevuta tua del 4 che distruggo e tuo telegramma 9 1• Mi felicito per successo tua iniziativa. Sabato prossimo mi potrai telefonare o inviare corriere. Probabilmente avremo Consiglio il 22.

352 1 Riferimento errato, è il T. 93 (vedi D. 350).

353

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI

TELESPR. RISERVATO 15899/163. Roma, 9 agosto 1950.

Riferimento: Rapporto di V.E. n. 7873/4498 in data 20 luglio u.s. 1•

Si ringrazia delle interessanti notizie comunicate da V.E. con il rapporto in riferimento sulle attuali relazioni tra la Spagna e gli Stati Uniti.

Per quanto concerne peraltro le dichiarazioni fatte confidenzialmente a codesta ambasciata dal capo della sezione spagnuola del Dipartimento di Stato circa l'importanza che l'atteggiamento della Santa Sede può avere sul Caudillo per indurlo a mutamenti democratici e circa l'ipotesi che, in caso di un intervento collettivo delle grandi potenze presso Franco per ottenerne un mutamento di rotta, la Santa Sede sia disposta «ad appoggiare il tentativo con tutto il peso della sua autorità morale e religiosa», si ha l 'impressione che ci si facciano costì delle illusioni, sia sulla reale portata dell'influenza del Vaticano sul Governo di Madrid e sia sulle disposizioni della Segreteria di Stato il cui atteggiamento nei confronti del regime franchista è stato improntato costantemente, in questi ultimi anni, a criteri di riserva e di prudenza.

A proposito di tale atteggiamento si richiamano anche i rapporti dell'ambasciata presso la Santa Sede diramati con i telespressi ministeriali n. 00885/c. e n. 03541/c. in data rispettivamente del 17 gennaio e del21 febbraio u.s. 2 .

354

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GALLARATI SCOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 9414/718. Londra, 11 agosto 1950, ore 14,35 (perv. ore 18).

Sottosegretario permanente Foreign Office si è vivamente compiaciuto notizie pervenutegli circa riprese comunicazioni fra Zona A e Zona B, che egli considerava primo passo verso distensione. Desiderio Jugoslavia sistemare propri rapporti con Italia risulta in modo positivo a Foreign Office, e Strang ha lasciato comprendere che sarebbe qui particolarmente ben visto se, approfittando tali buone disposizioni, venissero avviati a conclusione da parte nostra noti negoziati economici sospesi tempo fa. Ciò sgombrerebbe terreno da talune residue incomprensioni e preparerebbe campo ad ulteriori più profonde intese.

2 Non pubblicati.

A prescindere da nota tendenza britannica favorire riavvicinamento italo-jugoslavo, ho impressione che quanto manifestatomi da Strang vada inquadrato in azione in corso da parte questo Governo per portare sempre più Belgrado nel campo occidentale. Nel momento in cui sembrasi riscontrare un sia pur lieve distanziamento Stati Uniti da Jugoslavia in relazione suo atteggiamento su questione coreana, Gran Bretagna-preoccupata assicurare massima coesione Europa occidentale ed allarmata possibili conseguenze situazione economica jugoslava -sostituiscesi in parte ad azione esercitata da Washington: visita Noel Baker e Bottomley a Bled, probabilmente seguita da quella di sottosegretario esteri Davies, ne costituiscono chiaro sintomo'.

353 1 Non pubblicato.

355

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ZOPPI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

APPUNTO SEGRETO. Roma, Jl agosto 1950.

In questa ultima settimana gli organi ufficiali americani a Roma: ambasciata (Walmsley), missione P.A.M. (Jacob), E.C.A. (Dayton) hanno sferrato una specie di offensiva contro i vari organi italiani, in relazione alle diverse questioni militari ed economiche in corso.

In particolare si lamenta che il Governo italiano nel suo complesso non sembra essersi ancora reso conto della realtà della situazione internazionale, della serietà con cui questa viene affrontata in altri paesi, e della necessità che anche in Italia si adottino celeremente le misure necessarie. Secondo gli americani in Italia ci si cullerebbe ancora nella illusione che nulla di grave può accadere e si perderebbero settimane preziose, mentre ogni giorno deve essere messo a profitto. In particolare le critiche si appuntano contro il Ministero della difesa. Secondo Jacob e Walmsley l'ottimismo di cui darebbe prova quel Dicastero è del tutto infondato. Lo Stato Maggiore rivela scarso mordente, non vi è tra i capi un «animatore». Dayton dubita che i 50 miliardi ci siano realmente: comunque non risulterebbe che sia stato ancora impegnato un centesimo su tale somma a due settimane di distanza dalla decisione del Consiglio dei ministri. Una serie di osservazioni di carattere tecnico viene mossa alla preparazione dei nostri reparti militari e alla stessa concezione di tale preparazione. Ne ho parlato al generale Marras, il quale mi ha in gran parte demolito le critiche di natura tecnica. Egli ha a sua volta lamentato che il livello professionale degli americani venuti a Roma ad occuparsi di cose militari è andato nel corso di questi anni sempre abbassandosi rispetto a quello delle persone via via richiamate a Washington. La loro conoscenza di problemi politici e militari italiani è minima, la loro sfiducia è infondata.

Ciò che ritengo debba fermare la nostra attenzione è tuttavia il senso di sfiducia c scoraggiamento che sta ali'origine di queste critiche che in termini generali si condensano nei vocaboli: inazione, disorganizzazione, fatalismo. Per quanto infondate o

esagerate esse siano è difficile valutare sino a qual punto questo «stato d'animo» degli americani rifletta una convinzione radicata in essi, o voglia essere piuttosto un pungolo per spronarci a fare, e a fare sempre di più e meglio. È anche difficile ancora valutare se e sino a qual punto esso sia condiviso dagli organi centrali a Washington: dalle più recenti comunicazioni di Tarchiani nulla traspare al riguardo. È da rilevare però che ove tale senso di pessimismo nei nostri riguardi dovesse permanere e guadagnare gli organi del centro, ciò non potrebbe che andare a favore di quanti vanno sostenendo che sull'Italia non si può fare affidamento e che-fatta salva qualche manifestazione di buona volontà -può essere considerata zona marginale ed eventualmente abbandonata al suo destino. (Segnalo a tale proposito il telespresso urgente di Quaroni n. 0149 dell'8 agosto1 a proposito del quale ho già scritto a Tarchiani2).

Nei termini su indicati gli americani si sono espressi con me e con Mandello, ma più diffusamente Jacob con Rossi Longhi che può dare a V.E. ogni dettaglio del colloquio.

Naturalmente non si è mancato da parte nostra di rettificare le osservazioni fatteci. Tuttavia dai contatti avuti ho tratto l'impressione che sia necessario e urgente accelerare i provvedimenti che la situazione comporta, specialmente alla Difesa, e coordinare meglio il complesso di problemi militari, industriali e finanziari che debbono affrontarsi e risolversi per l'adozione e l'applicazione di tali provvedimenti. È la mancanza di tale coordinamento che a volte impressiona sfavorevolmente gli osservatori.

In questo stesso ordine di idee debbo segnalare che nella ultima settimana noi siamo «rimasti indietro» rispetto agli altri alleati nel formulare i nostri progetti di riarmo. Dopo i fatti di Corea e il primo richiamo americano, noi avevamo annunciato il nostro piano di 50 miliardi di lire, mentre francesi e inglesi avevano annunciato rispettivamente progetti per 80 miliardi di franchi e l 00 milioni di sterline. Non appena però fu conosciuta la richiesta di Truman, approvata dal Congresso, di crediti supplementari (3 miliardi 504 milioni di dollari) per concorrere al riarmo dei paesi atlantici, Francia e Inghilterra vararono nuovi piani pluriennali per assicurarsi una parte dei quattro miliardi di dollari a tal fine destinati. Naturalmente-pur condizionandoli a sostanziali aiuti in dollari da prelevarsi su tale somma-tali piani prevedono ulteriori impegni finanziari in franchi e sterline. Per non rimanere esclusi dal beneficio dei nuovi aiuti americani, dopo vari colloqui con la Difesa a livello funzionari, si è ritenuto opportuno, nella assenza da Roma dei ministri e data l'urgenza del caso (occorre presentare i nostri progetti al Consiglio dei sostituti che riprende i lavori a Londra il 22 p.v.), far preparare un memorandum italiano ad integrazione di quello succinto già presentato3 . Tale memorandum, nel quale viene lasciata in bianco la cifra per eventuali nuovi impegni pluriennali, potrebbe essere esaminato nel prossimo Consiglio dei ministri.

2 L. 921 del 10 agosto, non pubblicata.

3 Vedi D. 378, Allegato.

354 1 Per la risposta vedi D. 369.

355 1 Vedi D. 351.

356

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GALLARATI SCOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

R. 4256/2794. Londra, 11 agosto 1950 1•

Mi sono incontrato oggi con questo ambasciatore di Jugoslavia, col quale ho avuto un franco scambio di idee nel senso di cui al dispaccio di V.E. 14735/86 del 22 luglio u.s. 2 .

Briley si è manifestato assai lieto che ci si avvii verso una certa normalizzazione per quanto riguarda le comunicazioni fra Zona A e Zona B e per il traffico di frontiera, e mi ha confidenzialmente detto che Bevin -in un colloquio con lui avuto ieri si era vivamente compiaciuto per questo inizio di distensione e lo aveva pregato di adoperarsi presso il suo Governo nel senso di procedere sempre più su questa via.

Briley, confermandomi in sostanza quanto dettomi ieri da Strang (mio telegramma di stamane)3 e che collima appieno con la sensazione manifestatami da V.E. nel suo dispaccio 15/477 del l o corrente4 , non ha nascosto il vivissimo desiderio del suo paese di avviarsi verso più complete e profonde intese con l'Italia. Egli riteneva che ormai fosse giunto il momento di portare a termine le trattative economiche connesse con il trattato di pace che erano pervenute ad una fase conclusiva quando vennero sospese nello scorso maggio. Ciò sarebbe a suo avviso tanto più agevole in quanto si era avuta una semplice sospensione «di fatto»; ed egli stesso aveva lasciato a Roma un segretario della delegazione jugoslava: basterebbe quindi, per riannodare le fila, che le segreterie delle rispettive delegazioni riprendessero contatto. Il mio collega jugoslavo ha manifestato la convinzione che, più si potevano condurre a termine le varie questioni in sospeso, e più si sarebbe venuta creando l'atmosfera propizia per la conclusione di intese di ben più vasta portata5 .

356 1 Copia priva dell'indicazione della data di arrivo. 2 Vedi D. 335. 3 Vedi D. 354. 4 Vedi D. 326, nota 6. 5 Vedi anche D. 360. Per la risposta vedi D. 369.

357

IL MINISTRO A SOFIA, GUARNASCHELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 1638/921. Sofia, 11 agosto 1950 (perv. ill8).

Ho avuto oggi il primo colloquio col ministro degli esteri Mincio Netcev, che dalla sua nomina (vedi mio telespresso n. 1154/675 de130 maggio) 1 non aveva sinora trovato il tempo di ricevere i capi missione, ad eccezione dell'ambasciatore sovietico, secondo quanto a suo tempo avevano pubblicato i giornali. Egli si è scusato di questo ritardo, pretestando di aver dovuto prendere -subito dopo assunta la carica di ministro degli esteri -un congedo per ragioni di salute, e di essere poi stato in Germania a rappresentare il Partito comunista bulgaro al Congresso del S.E. D a Berlino.

Nel colloquio, riferendosi alle recenti voci allarmistiche circa possibili complicazioni militari in questa zona, egli ha ripetuto la tesi già espostami dal vice-ministro Jivko Jivkov (mio telespresso n. 1550/881 del 29 luglio u.s.) 1 , e che cioè vi è stato effettivamente un momento di allarme in Bulgaria, dovuto soprattutto al fatto che la Jugoslavia denunciava insussistenti preparativi militari bulgari, ciò che poteva far ritenere probabile qualche mossa jugoslava. L'allarme è tuttavia, secondo il ministro degli esteri Netcev, ormai superato, malgrado che la situazione generale sia sempre piuttosto tesa.

Sui rapporti italo-bulgari abbiamo constatato l 'inesistenza di divergenze nel campo politico: il fatto che Italia e Bulgaria si trovano in due raggruppamenti diversi ed opposti potrebbe non costituire impedimento per lo sviluppo di rapporti in altri campi; ma da parte mia ho rilevato le difficoltà che il Governo bulgaro fa nel campo delle relazioni culturali, mentre nel campo economico sono ancora in sospeso numerosi problemi derivanti dalle misure di nazionalizzazione ed espropriazione adottate dal Governo bulgaro.

Ho approfittato dell'occasione per richiamare la attenzione del ministro degli esteri sulle espressioni volgari verso dirigenti italiani adoperate in alcuni articoli di giornali bulgari, argomento su cui riferisco con altro rapporto in data odierna.

Il discorso è finito poi sulla situazione generale e sulla questione coreana; ed è naturale che sull'argomento le nostre tesi fossero diametralmente opposte.

Netcev che non vedevo da circa due anni mi è parso invecchiato ed effettivamente malandato in salute.

Confermo che egli non è una figura di primo piano nel comunismo bulgaro, e che la sua assunzione al Ministero degli esteri è un altro sintomo dell'importanza sempre minore di questo Ministero, in relazione alla sempre più stretta dipendenza della politica bulgara da quella sovietica.

357 1 Non pubblicato.

358

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GALLARATI SCOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

R. 4295/2826. Londra, 14 agosto 1950 1•

Nel richiamarmi a quanto ho telegrafato stamane2 sull'accoglimento riservato in questo paese agli sviluppi dell'attività dell'Assemblea consultiva a Strasburgo, desidero aggiungere qualche considerazione e chiarimento, sia pur affrettati per l'imminente chiusura del corriere.

La campana d'allarme che Churchill ha suonato al Consiglio d'Europa ha qui avuto un ottimo effetto: come ho ripetutamente avuto occasione di riferire, il Governo britannico è profondamente conscio dei gravi pericoli ai quali tutto il mondo occidentale è esposto; e pertanto ogni richiamo energico ali' esistenza di una simile situazione è ben visto. Dove nasce il dissenso, se effettivo dissenso vi è, fra Churchill ed il Governo, è sulle proposte concrete che il capo dell'opposizione ha accompagnato al suo richiamo.

Che il Governo di Londra non se la senta di entrare a far parte di una federazione europea è cosa pacifica e, sotto taluni aspetti, anche abbastanza logica quando si tenga conto della speciale posizione del Regno Unito nei riguardi dei paesi del Commonwealth. Sono rapporti tessuti con un filo assai delicato c sottile che, naturalmente, nessuno qui ama sottoporre a brusche scosse o stiramenti. Tale differenza di posizione viene ogni tanto, inevitabilmente, a galla; così anche nei giorni scorsi, quando da parte francese sono state respinte le proposte Macmillan che portavano la firma dei partiti conservatore e liberale e che -pur non essendo ufficialmente propugnate dal Governo -ne riscuotevano la tacita approvazione. Del resto ho molti dubbi che Churchill, in taluni suoi atteggiamenti in materia europea, vada non solo oltre il punto di vista del partito conservatore ma anche al di là di quanto egli stesso sarebbe disposto ad accettare nel momento in cui avesse responsabilità di Governo.

Di tutto il problema ho avuto occasione di intrattenermi in questi giorni con importanti personalità politiche e con alti funzionari non legati ad alcun partito. E sempre ho sentito confermare apprezzamenti ed orientamenti pressoché identici.

L'Inghilterra è oggi convinta che la organizzazione della difesa occidentale deve primeggiare su ogni altra considerazione. Il Consiglio d'Europa può assolvere utili ed importanti funzioni, ma -a prescindere dalle remare che si frappongono ad una partecipazione inglese ad una federazione europea -non si ritiene qui che sia questo il momento adatto per sperimentare o organismi nuovi oppure funzioni molto più vaste c diverse in organismi già esistenti.

L'O.E.C.E., nata puramente europea, si è nei mesi scorsi andata orientando verso una più stretta integrazione con Stati Uniti e Canada; e si pensa a Londra che, nelle circostanze attuali, questa tendenza sia la più consona alla realtà.

2 T. 9498/721 del 14 agosto, non pubblicato.

L'opinione di cui ho riscontrato una netta prevalenza nei miei colloqui è che il Patto atlantico, nato sotto la pressione degli avvenimenti per rispondere a determinate esigenze di ordine politico economico e militare, costituisce la cornice in cui meglio può svilupparsi la «grande politica» del mondo occidentale cd entro cui più efficacemente può organizzarsi la difesa della nostra civiltà. Ciò presenta fra l'altro il vantaggio, a giudizio dci miei interlocutori, di una sempre più stretta compenetrazione del nostro continente con gli Stati Uniti senza il cui contributo-sia sotto l'aspetto economico che sotto quello militare-ogni idea di difesa dell'Europa sarebbe vana chimera.

Al contempo si ritiene da parte inglese che sia opportuno di sviluppare al massimo ed in via bilaterale le intese con i singoli paesi dell'Europa occidentale anche per sopperire al possibile vuoto derivante dall'intendimento di non entrare in ulteriori combinazioni di carattere puramente continentale. Ed è a questo proposito che, richiamandomi anche a quanto ho recentemente riferito a V.E., penso i nostri interessi potrebbero trovare un proficuo sviluppo.

358 1 Copia priva dell'indicazione della data di arrivo.

359

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI

T. SEGRETO 6901/296. Roma, 15 agosto 1950, ore 17,30.

Suo rapporto n. 49561•

Occorre che senza attendere nuovi accenni ella dica costì con tutta franchezza che l'idea non solo è impossibile ma nociva. Malgrado che senza colpa nostra siamo fuori dell'O.N.U. taluno aveva qui vagheggiato l'idea. Ora ci consta che il più modesto drappello italiano volontario o no avrebbe subito provocato una legione internazionale in Corea composta anche di italiani obbligati a marciare perché dimoranti oltre cortina di ferro. Le conseguenze cioè sarebbero nocive per la causa stessa che ci sta a cuore.

Conto su lei perché costì si capisca quanto grave è il nostro compito attuale di fronte a manovre comuniste qui e paesi vicini. Quando tal nostro supremo dovere sarà compiuto saremo lieti di fare di più. È così agendo che serviamo interesse comune2 .

2 Per la risposta vedi D. 362.

359 1 Non rinvenuto.

360

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GALLARATI SCOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

L. PERSONALE 4302/2831. Londra, 15 agosto 1950.

A seguito del mio rapporto sulla mia ultima conversazione con Brilej 1 debbo aggiungere, in via confidenziale, alcune mie impressioni e alcune cose che mi ha detto e che mi sembrano senza dubbio interessanti.

Anzitutto non mi ha fatto alcun mistero sulle vive speranze del suo Governo di venire rapidamente a delle conclusioni specialmente sugli accordi di carattere economico interrotti a Roma e a Belgrado e che, a suo parere, con un minimo di buona volontà nostra potrebbero essere raggiunti senza rumore, riprendendoli sul piano delle delegazioni e degli esperti già pronti a essere richiamati al lavoro. Vi erano intese già quasi concluse, problemi già quasi risolti: «cerchiamo di venire a capo con sistemazioni almeno provvisorie mettendo da parte una a una le difficoltà che intralciano, creando man mano una atmosfera di sempre maggior fiducia reciproca in cui ciò che non era stato risolto si risolva più facilmente».

Egli, Brilej, aveva lavorato con la maggior buona volontà e col massimo interesse nei mesi in cui era stato in Italia e già prima, al Ministero a Belgrado, aveva sempre cercato di far comprendere il valore di un accordo generale tra i due paesi: oggi egli si metterebbe ancora a disposizione del suo Governo per collaborare ad una soluzione degli accordi economico-commerciali che ha preparato, se ne fosse richiesto. È persuaso che una soluzione rapida possa essere in questo momento il miglior contributo «alle democrazie occidentali» da parte dei due paesi e un «vero successo del conte Sforza» per il quale ha espresso la sua considerazione e un caldo apprezzamento per la sua azione politica.

Tutto ciò, mi lasciò comprendere, aveva detto a Bevin due giorni prima e il ministro si era dimostrato con lui assai soddisfatto dei passi già compiuti verso una tacita progressiva distensione tra Jugoslavia e Italia.

Quanto alla natura del personale contributo nostro, ambasciatori a Londra, alla comune opera pacificatrice, Brilej concordava pienamente con me che i nostri colloqui non avevano alcun carattere impegnativo per i rispettivi Governi. Ma vi era un fatto di cui si poteva utilmente tener conto ed è che egli era in intimi rapporti di amicizia con Kardelj e che a lui era stata affidata una missione temporanea di fiducia che (mi lasciò comprendere) andava oltre alle relazioni anglo-jugoslave. D'altra parte sapeva degli antichi miei rapporti di pensiero politico e di amicizia con te. Pensava quindi che potesse essere utile da entrambe le parti, in alcune circostanze, che alcune idee, alcune direttive o proposte potessero essere «saggiate» o discusse tra persone fidatissime prima di entrare in circolazione attraverso le Cancellerie dove ciascuno ha ragione di stare molto cauto ed ha le sue responsabilità da prendere o di fronte ai superiori o di fronte alla storia.

A questo proposito mi disse anzi che verso la fine di agosto egli contava fare una rapida corsa a Belgrado e che se avessi qualcosa da dirgli, qualche suggerimento da dare o particolare desiderio da esprimere, egli se ne sarebbe fatto interprete con Kardelj stesso. Tastando opportunamente il terreno su certi punti vi potrebbe forse essere il vantaggio di comprendere in via preliminare dove sono possibili gli incontri e gli accordi e quali ulteriori passi possono essere fatti utilmente verso una più generale intesa.

P.S. Accludo per tua conoscenza una corrispondenza del Manchester Guardian 2 secondo la quale la diplomazia inglese non avrebbe fatto nulla per il miglioramento di rapporti tra noi e Belgrado. Data la fonte di provenienza della notizia l'affermazione non corrispondente al vero mi sembra singolare3 .

360 1 Vedi D. 356.

361

L'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 9553/181. Mosca. 16 agosto 1950, ore 19,41 (perv. ore 21,30).

Questo consigliere commerciale in ottemperanza alle istruzioni verbali dategli personalmente dall'ambasciatore Grazzi ha avuto ieri una conversazione con il dirigente dell'Export-Khleb per l'acquisto di 200 mila tonnellate di frumento russo offrendo il prezzo di 88 dollari per tonnellata f.o.b. porto Mar Nero alle medesime condizioni del contratto precedente salvo qualche leggera variante da concordarsi possibilmente costì al momento della stesura. Da parte sovietica si è dichiarato inaccettabile detto prezzo in considerazione della attuale situazione del mercato e tenendo presente il lungo tempo trascorso dalla controfferta di 90 dollari nonché dalle vicende di queste trattative; essa ha insistito sulla necessità di verificare se detto prezzo nelle condizioni attuali potrebbe essere o meno mantenuto e pertanto si è rifiutata di fare nuove controfferte nonostante le vive insistenze di Mancini. In vista di ciò e soprattutto per cercare di sventare il pericolo dell'abbandono della base di 90 dollari che il nostro consigliere commerciale ha sostenuto non si giustificherebbe sotto alcun punto di vista, Mancini ha tentato di indurre la controparte ad esaminare una soluzione di compromesso sulla base intermedia di 89 dollari anticipando per l'accettazione da parte italiana il suo pieno appoggio.

Senonché sia perché suggerimento Mancini non era impegnativo, sia perché vogliono riservarsi rivedere loro precedente richiesta 90, sovietici non hanno voluto pronunciarsi sul suggerimento stesso, riservandosi di esaminarlo in seguito forse con l'idea di ripresentarsi con un prezzo superiore a 90 per poter poi concludere su tale loro richiesta iniziale.

3 Per la risposta vedi D. 375.

Mancini ha chiesto di incontrarsi nuovamente al più presto con il suddetto dirigente ricevendo promessa che appena possibile sarà convocato.

Data la situazione ritengo assai improbabile un accordo tenuto anche conto della dichiarazione della stessa Nota sovietica del l Oaprile circa le riparazioni1• Comunque, se Mancini non sarà autorizzato a giungere al massimo di 90 dollari -su cui prego darmi istruzioni telegrafiche-ritengo senz'altro impossibile un accordo2 .

360 2 Non si pubblica.

362

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 9573/659. Washington, 16 agosto 1950, ore 18,55 (perv. ore 7,30 del 17).

Fatta a Dipartimento Stato comunicazione di cui a suo 296 1• Diffusamente illustrata necessità che sforzo Governo italiano su piano politico si concreti, ne li'interesse comune, controbattere manovre comuniste e preparare militarmente paese.

Rilevato inoltre che mentre Stati Uniti attraverso O.N.U. vogliono giustamente salvaguardare legalità anche formale loro intervento, contributo militare di un paese che non è membro O.N.U. potrebbe offrire pretesto a U.R.S.S. per reazioni dannose da punto di vista generale.

Dipartimento riconosciuto fondamento argomentazioni espostegli dichiarando che valutazione del resto spetta esclusivamente a Governo italiano. Ha però confermato che aiuto simbolico (nave scorta) gioverebbe assai presso opinione pubblica americana e Congresso.

361 t Vedi D. 123,Allcgato.

2 Per la risposta di Zoppi vedi D. 379.

362 t Vedi D. 359.

363

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 9572/660. Washington, 16 agosto 1950, ore 18,56 (perv. ore 7,30 del 17).

Lombardo ha visto oggi Perkins in mia presenza. Al colloquio assisteva anche Ferrari Aggradi.

Perkins ha sollevato questione art. 78 confermando che Governo americano vi annette estrema importanza perché inadempienza italiana protrattasi per due anni, malgrado ripetuti avvertimenti e correlative promesse rivelatesi illusorie, nuoce a posizione Italia anche di fronte a Congresso arbitro aiuti E.C.A. e militari. Lombardo ha ripetuto assicurazioni circa decisioni recentemente adottate e destinate a dare rapidamente risultati concreti.

Perkins ha quindi affrontato problema riarmo italiano. Egli:

l) si è compiaciuto prime misure italiane, illustrategli da Lombardo in senso conforme a chiarimenti già forniti da Ferrari Aggradi;

2) ha insistito su necessità che Governo italiano riconosca, al pari di quanto dovranno fare altri Governi europei, urgenza compiere massimo sforzo ed inizi senza indugio riarmo tale da raggiungere con aiuto americano limiti previsti da trattato di pace;

3) ha rilevato che limiti anzidetti consentono almeno per il momento ampie possibilità lavoro qualora unità consentite da trattato siano composte di personale (compresi sottufficiali e truppa) bene addestrato e qualora si tenga conto che in eserciti moderni molte attività possono essere affidate ad organizzazioni e personale civile;

4) ha insistito su estrema urgenza preparazione e produzione anche indipendentemente coordinazione europea che potrà via via essere organizzata; 5) ha ripetuto assicurazioni circa acceleramento invio materiali bellici americani ed in particolare notizie di cui ai miei 656 c 657 1•

363 1 Del 15 e 16 agosto, con i quali Tarchiani aveva comunicato che l'invio di tali materiali avrebbe avuto inizio a settembre e si sarebbe concluso entro il gennaio successivo.

364

IL RAPPRESENTANTE DEL GOVERNO ITALIANO A MOGADISCIO, FORNARI,

AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 958511423. Mogadiscio, 17 agosto 1950, ore 20,40 (perv. ore 18,10 de/18).

Questo Consiglio consultivo Nazioni Unite inviato Lake Success suo rapporto sul lavoro sinora compiuto. Rapporto consta tre capitoli e vari allegati. Primo tratta diffusamente istituzione Consiglio, sua composizione e sua sistemazione Mogadiscio. Secondo riferisce attività Consiglio, comunicazioni e richieste pareri avute da Amministrazione, studi viaggi compiuti. Terzo considera situazione politica territorio rilevando come tensione esistente momento trapasso poteri sia andata scomparendo e constatando cordialità relazioni tra forze armate carabinieri e polizia da una parte e popolazioni autoctone dall'altra. Per quanto riguarda lamentele Lega giovani somali avviene che molte siano esagerate e dettate da pregiudizio. Riconosce amministrazione personificata dall'ambasciatore Fornari sta facendo tutto possibile perché coloro che hanno reclamato per qualche torto effettivamente subito abbiano giustizia. Afferma che migliorato atteggiamento Lega confronti Amministrazione è dovuto diplomazia amministratore e fiducia Lega in sua integrità nonché lavoro svolto dai rappresentanti egiziani per appianare difficoltà esistente tra partiti somali. Rapporto pone poi in rilievo come nuovo ordinamento A.F.I.S. formi chiaramente nucleo organizzazione ministeriale futuro Stato somalo indipendente, come sia politicamente importante che Somalia disponga sin d'ora sua propria moneta e come sia imminente prima partecipazione attiva autoctoni all'amministrazione con istituzione Consiglio residenza già disposta e Consiglio territoriale in avanzata fase di studio. Molto spazio viene dato alla visita sottosegretario Brusasca e decisivo contributo che ha portato nel disperdere qualsiasi dubbio circa intenzioni Amministrazione italiana. Tale visita fu certo dettata da grande saggezza politica e si può dire che sottosegretario ha reso grandi servizi Italia e mondo con sua presenza. Viene fra l'altro apprezzato che sottosegretario abbia dato di fronte somali particolare rilevanza Nazioni Unite e suo Consiglio. Accennasi poi questione frontiera con l'Etiopia e difficoltà che presenta di cui Consiglio resosi conto anche in loco. Rilevasi con soddisfazione programma istruzione autoctoni e fondi all'uopo previsti e particolarmente proposta istituzione scuola politico-amministrativa dalla quale potrà uscire futura classe dirigente. Rapporto finisce esaminando posizione Consiglio consultivo nei riguardi popolazioni somale e Amministrazione constatando crescente efficacia suo lavoro. Relazioni tra Consiglio e Amministrazione vengono qualificate come improntate alla più grande mutua cortesia e comprensione particolarmente dopo arrivo ambasciatore Fornari.

Rapporto è sottoscritto dai rappresentanti Colombia e Egitto. Astenutosi rappresentante Filippine dichiarando che pur concordando con maggior parte di quanto esposto non si è sentito in grado sottoseriverlo sia per sua lunga assenza dalla Somalia che per breve tempo trascorso da installazione italiana. Aggiunto essere soddisfatto intenzioni Amministrazione italiana e convinto sua seria risoluzione tener fede obbligazioni verso Nazioni Unite nella lettera e nello spirito.

365

L'AMBASCIATORE AD ATENE, ALESSANDRINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 2008/622. Atene, 17 agosto 1950 (perv. i/19).

Il sottosegretario Davies, che ho incontrato ieri a questa ambasciata britannica, mi ha espresso la sua soddisfazione per la cordiale accoglienza avuta a Roma. Mi ha confermato la relativa limitatezza degli scopi del suo viaggio, «al quale la stampa aveva attribuito una importanza che esso non ha, essendo principalmente di osservazione e di orientamento». Egli è stato ricevuto dal re ed ha avuto numerosi colloqui con Plastiras e gli altri membri del Governo.

Politis mi ha, a proposito del viaggio di Davies, detto che il lato concreto del viaggio di Davies è rappresentato, come d'altronde si sapeva, dal suo intendimento di tentar di porre fine all'impasse greco-jugoslava e di far riprendere il moto di riavvicinamento fra Atene e Belgrado bruscamente interrotto a causa delle affermazioni jugoslave circa l'esistenza di un problema minoritario macedone nella Grecia del Nord.

Ho chiesto a Politis se il Governo greco si accontenterebbe di una semplice cessazione delle affermazioni jugoslave o se richiede un vero e proprio gesto da parte di Belgrado, prima di procedere al ristabilimento di normali relazioni diplomatiche ed alla riapertura della frontiera. Mi ha risposto che il Governo greco desidera una dichiarazione jugoslava la quale ammetta, o almeno implicitamente riconosca, che un simile problema non esiste.

Il viaggio di Davies è evidentemente rivolto alla ricerca di una formula accettabile per le due parti. Formula che non sarà facile trovare, per quanto sia evidente che le pressioni esercitate dagli anglo-americani tanto su Atene quanto su Belgrado per far giungere i due paesi ad una intesa stiano effettivamente avviando la questione alla soluzione tanto desiderata da Washington e da Londra.

366

IL CAPO DELLA MISSIONE NELLA R.F. DI GERMANIA, BABUSCIO RIZZO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 3006/1334. Bonn, 17 agosto 1950 (perv. il 25).

Gli ambienti economici locali non nascondono le loro preoccupazioni per talune tendenze affiorate nella presente fase delle trattative di Parigi per il piano Schuman. Tali preoccupazioni confermano, nei singoli punti su cui vertono, le già ben note linee generali a cui si è fin dall'inizio ispirato l'atteggiamento tedesco nei riguardi delle iniziative francesi.

In primo luogo si pone la questione della misura in cui potranno farsi sentire sui Governi interessati le pressioni dei gruppi industriali dell'acciaio per far rivivere sotto nuova forma il vecchio cartello. Si crede infatti di sapere che orientamenti in questo senso abbiano preso forma concreta in talune delle sottocommissioni a cui i portavoce delle industrie hanno partecipato assieme ai rappresentanti governativi e si fa rilevare che questa presa di contatto fra industriali, che una solidarietà supemazionale oppone alla introduzione di principi liberalistici, può portare a intese di fatto od a coalizioni di interessi da cui difficilmente i Governi e meno ancora le costituende associazioni regionali nel quadro del piano Schuman, potranno prescindere.

In secondo luogo si sottolinea il divario d'interessi che esiste fra taluni paesi partecipanti c la Germania nei riguardi del funzionamento delle progettate casse di compensazione. Tale istituzione, destinata ad indennizzare le imprese antieconomiche costrette alla chiusura dal generale livellamento delle condizioni di produzione e dei prezzi, finirà per costituire un onere notevole per un paese come la Germania che non ha da temere l'azione della concorrenza, a tutto vantaggio di altri (il Belgio e la Francia, per il carbone, l'Italia per l'acciaio) lavoranti in taluni settori a costi non rimunerativi. Si pensa pertanto che, n cii 'ulteriore corso delle trattative, la delegazione tedesca dovrà adoperarsi per ridurre ad un minimo, ben definito nei suoi limiti, il periodo di transizione in cui le casse in questione dovranno svolgere il pieno della loro attività.

Altrettanta, se non maggiore perplessità suscitano le proposte francesi di delegare alle autorità dell'Unione ampi poteri per la fissazione dci prezzi del carbone. Si teme che l'introduzione di un tale sistema finisca per livellare i prezzi sui costi di produzione più alti c costituisca un grave pregiudizio per le possibilità di smercio del carbone e dell'acciaio tedesco prodotti a costi notevolmente più bassi che negli altri paesi europei.

Così pure si attendono concessioni dalla delegazione francese in tema della lavorazione del carbone grasso lorencse, ritenuta qui antieconomica ed a suo tempo intrapresa solo al fine protezionistico di rendere almeno per metà l'industria francese indipendente dal carbone della Ruhr, nonché un accoglimento delle aspirazioni tedesche circa la Saar. Si auspica una soluzione che faccia della Saar, nella suddivisione regionale de li'Unione, una entità a se stante e, a prescindere dalle implicazioni politiche, si reputa economicamente inopportuna la sua aggregazione, caldeggiata dalla Francia, alla regione lorencse.

Non va però in definitiva dimenticato che queste preoccupazioni pur costituendo non trascurabili elementi di giudizio, scompaiono, agli occhi dei tedeschi, di fronte al risultato, che essi si ripromettono dal piano Schuman, di possibilità di una espansione su larga scala della loro industria pesante e, di riflesso, di tutta l'economia del paese, in conseguenza dell'abolizione delle restrizioni postbelliche ad essa imposte e della soppressione delle barriere protezionistiche. Sarà la misura maggiore o minore in cui tale risultato si realizzerà, e le prospettive di sua pronta pratica attuazione che solo metteranno in grado i tedeschi di esprimere sul piano Schuman un giudizio finale e di regolarsi di conseguenza.

367

IL DIRETTORE GENERALE AGGIUNTO DEGLI AFFARI ECONOMICI, VENTURINI, AL MINISTRO A SOFIA, GUARNASCHELLI

T. 6965/57. Roma, 18 agosto 1950, ore 23.

Pur non condizionando esplicitamente trattative commerciali ad impegno su questione di principio relativa corresponsione indennizzo beni italiani non suscettibili cessione U.R.S.S., delegazione a seguito apposita riunione interministeriale ha ricevuto istruzioni insistere presso codesto Governo per ottenere almeno tale impegno (suo telegramma 75) 1•

Delegazione ha istruzioni limitarsi richiedere ove Governo bulgaro non accettasse temporanea rimessa in vigore clausole trattato 1934 -comportando accordo che rimpiazzi clausole stabilmente commercio e navigazione una speciale preparazione stipulazione protocollo riconosca in materia, in attesa conclusione nuovo trattato, clausola nazione più favorita condizionata reciprocità.

Altre questioni menzionate da S.V. potranno, a secondo corso trattative, fare altresì parte negoziato; delegazione disposta negoziare protocollo provvisorio per regime doganale basandolo su clausola nazione più favorita con ovvie limitazioni derivanti da impegni bilaterali e plurilaterali.

Pregasi fare opportune comunicazioni codesto Governo in relazione sua Nota verbale trasmessa con telespresso 740 del 20 giugno u.s. 2 e si resta in attesa notizie telegrafiche circa possibile data inizi e negoziati 3 .

368

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI DI HAITI, LEVELT

L. 20/16354/12. Roma, 18 agosto 1950.

La mia partecipazione a recenti riunioni di carattere internazionale che sono state tenute fuori d'Italia mi ha impedito finora di rispondere alla lettera di VE. del 12 luglio scorso'.

2 Non pubblicato. 3 Con T. l O 197/80 del l o settembre Guamaschelli comunicava che il Ministero degli esteri bulgaro si era dichiarato pronto a ricevere la delegazione italiana tra il l o e il 14 ottobre. 368 1 Vedi D. 317.

Sono lieto di constatare il vivo interesse che V.E. prende allo sviluppo dei rapporti tra l'Italia e la Repubblica di Haiti e di assicurarla che il Governo italiano vedrebbe con piacere a capo delle rispettive missioni diplomatiche un inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Colgo l'occasione per informare V.E. che l'incaricato d'affari in Port-au-Prince mi ha recentemente riferito che la ratifica da parte della Repubblica di Haiti del trattato di pace con l 'Italia-firmato in Port-au-Prince l'Il dicembre 1948 -è rimasta subordinata alla abrogazione della nazionalizzazione dei beni italiani, ma che tale ratifica avverrebbe in un prossimo futuro.

In considerazione di ciò esprimo l'avviso che la nomina di ministri plenipotenziari a capo delle rispettive missioni diplomatiche potrebbe molto opportunamente coincidere col ristabilimento formale dello stato di pace fra i due paesi.

Desidero pure assicurare V.E. che ho molto apprezzato quanto ella ha voluto comunicarmi sulla stima che l'attuale incaricato d'affari ha saputo cattivarsi presso il Governo della Repubblica di Haiti.

367 1 Deli' Il agosto, con il quale Guarnaschelli aveva chiesto conferma dell'opportunità di condizionare le trattative economiche con la Bulgaria all'impegno bulgaro a risolvere le questioni economiche in sospeso tra i due paesi.

369

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, GALLARATI SCOTTI

L. 15/481. Roma, 18 agosto 1950.

Mi riferisco al suo rapporto n. 4256/2794 e al suo telegramma n. 718 dell'Il agosto u.s. 1•

Perché ella possa continuare col sottottosegretario permanente al Foreign Office, ed eventualmente anche con Brilej, lo scambio di idee iniziato sui rapporti italo-jugoslavi, desidero darle qualche ulteriore precisazione in materia, in aggiunta a quelle che ella ha già opportunamente tratto dal carteggio del Ministero.

Il Governo italiano, prima di qualsiasi altro, intravide n eli' estate 1948 i vantaggi, per l'Italia e per l'intero Occidente, della secessione jugoslava dal blocco cominformista, e non esitò ad impegnarsi in un'azione diretta a sgombrare il terreno da tutte le pendenze della guerra e preparare la strada alla cooperazione della Jugoslavia con l'Occidente che-prima o poi, per iniziative di singoli Governi o sotto la stretta degli avvenimenti-non può non passare attraverso il nostro paese. L'incomprensione che incontrammo a Belgrado avrebbe scoraggiato qualsiasi Governo, anche quelli che non devono, come il nostro, tenere conto della particolare sensibilità adriatica dell'opinione pubblica italiana e delle dolorose vicende delle popolazioni giuliane e istriane. Ella ricorderà che, ai primi dell'agosto 1949, arrivammo a concludere con la Jugoslavia-in piena crisi istriana, riacutizzata dall'arbitraria introduzione del dinaro nella Zona B, e mentre tutti i problemi politici (deportazioni, opzioni, consolati,

ecc.) rimanevano aperti-un accordo commerciale2 che, come se ne è avuta la riprova dall'andamento degli scambi, rispondeva principalmente all'interesse di aiutare la resistenza di Belgrado alla pressione cominformista. In altri termini da parte nostra fu adottato il metodo di cercare di superare gli attriti politici attraverso una sempre più stretta cooperazione economica, che facesse misurare al Governo di Belgrado i vantaggi di intendersi in maniera completa con noi. Mai ponemmo condizioni politiche, come pure ne avremmo avuto diritto, allo sviluppo delle relazioni commerciali o alla trattazione di questioni economiche con la Jugoslavia. Ma, negli scorsi mesi, la questione del T.L.T. veniva riportata, per iniziativa jugoslava, al primo piano dei rapporti italo-jugoslavi, turbando e in parte compromettendo il difficile lavoro di distensione compiuto negli ultimi tempi; e quel che è peggio l'iniziativa jugoslava si manifestava in due sensi: sollecitando trattative dirette e adottando nella Zona B una serie di misure vessatorie a danno degli italiani e preordinate a creare una situazione di fatto compiuto. Le reazioni e il disagio provocati dai procedimenti jugoslavi, furono tali che riusciva imbarazzante, anche per considerazioni d'ordine umanitario e nazionale, annunziare all'opinione pubblica la firma dell'accordo per le linee aeree civili praticamente già concluso, senza dire che rendeva difficile ogni trattativa in qualsiasi campo. Ma fummo ancora noi, nel giugno scorso, ad esperire un tentativo di portare le relazioni italo-jugoslave fuori dal punto morto in cui erano per ciò venute a trovarsi, suggerendo la conclusione di un «modus vivendi» per la Zona B che segni la ripresa dei traffici con la Zona A e la mitigazione di quelle misure jugoslave che più incidono sui diritti e libertà personali degli italiani, e possibilmente anche l'accoglimento presso la Vuja di Capodistria di una Missione italiana con posizione analoga a quella della già esistente Missione economica jugoslava presso il G.M.A. di Trieste.

Le ultime notizie da Belgrado e Trieste segnalano un notevole miglioramento sia nel traffico marittimo che nel movimento delle persone fra le due Zone. Sembra che altre misure distensive siano da attendersi per i prossimi giorni. Invece il Governo jugoslavo continua ad essere sulla negativa circa l'apertura di un Ufficio italiano a Capodistria.

Ella può perciò assicurare il Foreign Office che condividiamo pienamente l'opportunità di riprendere al più presto il lavoro di approfondimento della cooperazione economica con la Jugoslavia, e pensiamo che, se riusciamo a realizzare nella situazione della Zona B un minimo di normalizzazione che sottragga i rapporti fra i due Governi al giuoco di sentimenti e risentimenti cui sono ora esposti, non mi pare vi siano, tra noi e gli jugoslavi, ostacoli insormontabili per intese più ampie e complete quali la situazione generale consiglia. Ella può anzi aggiungere che, in tale ordine di idee, le nostre Amministrazioni stanno procedendo a studi preparatori circa la maniera di superare le attuali difficoltà derivanti dall'eccessiva esposizione debitoria della Jugoslavia e di sviluppare ulteriormente i traffici nel senso di assecondare, in quanto possibile, lo sforzo produttivo di quel paese.

Diverso è il caso delle trattative sulle questioni economiche connesse con l'applicazione del trattato di pace. Come le fu a suo tempo comunicato, esse non furono sospese per le emergenze della situazione nella zona B, ma perché da parte jugoslava vi fu un irrigidimento sui basilari punti della trattativa medesima, irrigidimento che il

signor Brilej, in verità, a Roma poco fece per rimuovere e che forse anche da Londra potrebbe ora, nella conoscenza che ha delle questioni, adoperarsi ad attenuare. Non vi è dunque, in linea di massima, nulla in contrario da parte nostra a riprendere la conversazioni anche in questo settore, tenendo però presente che le nostre offerte, fatte al momento della sospensione del negoziato, rappresentavano già un massimo.

369 1 Vedi DD. 356 e 354.

369 2 Vedi serie undicesima, vol. III, D. 88.

370

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GAS PERI

PROMEMORIA SEGRET0 1 . Roma, 20 agosto 1950.

Nell'esaminare la posizione dell'Italia di fronte al problema generale del riarmo europeo conviene tener presenti le seguenti considerazioni:

l) Si è detto giustamente che tutta la politica degli Stati Uniti, e la vita stessa americana, possono dividersi in due fasi ben distinte: ante Corea e post Corea. Nel campo del diritto positivo creato da tutta la complessa legislazione e organizzazione americana per l'assistenza militare ai paesi alleati del Patto atlantico, il mutamento radicale cui si accennava più sopra si registra in un fatto di capitale importanza: con la nuova legge sottoposta all'approvazione del Congresso, in relazione allo stanziamento di 3,5 miliardi di dollari per l 'anno in corso in aggiunta allo stanziamento precedente di l ,3 miliardi, il Governo americano verrà autorizzato a concedere finanziamenti diretti e indiretti ai paesi europei. Parte di quei fondi, cioè, potrà essere spesa in valuta locale.

2) È sorto subito in America il problema della sorte da riservare all'E.C.A. La battaglia di competenze c di rivalità personali non è ancora finita. Tuttavia, da vari segni già si delinea quale sarà la inevitabile soluzione. Sinora l'E.C.A. era fine a se stessa: doveva cioè provvedere i fondi necessari per la ricostruzione economica europea. Da ora innanzi dovrà provvedere i fondi necessari per consentire a quei paesi che si saranno messi risolutamente e con sacrificio proprio sulla via del riarmo di mantenere o di sviluppare, malgrado il sacrificio finanziario che si sono imposti, i progressi già conseguiti nel campo della ricostruzione economica. Le due azioni, quella dell'E.C.A. e quella del P.A.M., e di conseguenza i due ordini di finanziamento rispettivi, diventeranno perciò, come del resto è naturale che siano, complementari e strettamente coordinati tra di loro.

Questa è la ragione evidente per cui l'Inghilterra e la Francia e, per quanto ci risulta, sicuramente anche la Danimarca, si sono già messi in linea preannunciando poderosi stanziamenti (beninteso al di là e al di sopra dei primi stanziamenti che ave

vano carattere di emergenza, quale da noi la somma di 50 miliardi di lire) che vengono naturalmente legati a condizioni varie tra cui, principalissima nel campo tecnico quella di un adeguato, corrispondente finanziamento americano.

Le prospettive che si aprono in questa nuova situazione sono infatti considerevoli. Gli Stati Uniti in sostanza dichiarano che, dovendo provvedere al proprio intensivo riarmo, non saranno in grado di fornire agli Stati europei tutto il materiale necessario. Al di là dei programmi di forniture già concordati (in cui si è verificato, inevitabilmente, qualche ritardo ma che ci vengono confermati, in pieno) il Governo americano propone ai paesi europei del Patto atlantico di mettere in opera un vasto programma di produzione bellica per il quale essi sono disposti a fornire macchinario e materie prime, ed in più -ed è questo il fatto nuovo di capitale importanza cui si accennava sopra-finanziamenti diretti in dollari.

In altre parole, si va incontro ad un periodo di poderoso riarmo europeo per il quale saranno spesi miliardi di dollari. È possibile, e anzi è probabile in una certa misura, che considerazioni strategiche consiglino agli americani di non affidare alle industrie del continente europeo le principali ordinazioni di materiale bellico pesante; e che di ciò approfittino gli inglesi, che del resto sono i primi a far valere queste considerazioni, per farsi attribuire la parte del leone. È tuttavia incontrovertibile, ed è stato confermato stamane stesso dal ministro consigliere di questa ambasciata d'America, che la Germania occidentale e l'Italia sono i due soli paesi che dispongano di un largo margine produttivo.

Una carenza dell'Italia in questo momento potrebbe avere perciò conseguenze di due ordini diversi ma entrambi di immediata ripercussione nel campo economico. E cioè: a) l'industria italiana, e precisamente quella meccanica e pesante che incontra le maggiori difficoltà, potrebbe rimanere esclusa dalla vasta attività che sarà messa in moto dai nuovi finanziamenti americani; b) per il coordinamento, delineato più sopra, tra E.C.A. e P.A.M. rischiamo di veder diminuire corrispondentemente gli aiuti E.C.A., sia quelli del piano originale che viene a scadere nel 1952, sia quelli che potranno essere accordati più tardi.

Rimane un'ultima considerazione da fare -e non è certamente la meno importante. Negli ambienti militari americani, non soltanto quelli di Roma ma anche a Washington nello Standing Group e nello stesso Stato Maggiore, si va facendo strada, a torto o a ragione, la convinzione che gli ordinamenti militari italiani sono del tutto inadeguati alle esigenze della guerra moderna. Le critiche si estendono a tutto il campo organizzativo, dal comando al reclutamento, all'addestramento, all'armamento. Ma si appuntano su tre aspetti principali del problema. Secondo questi circoli militari le forze armate italiane hanno sinora cercato, e in parte realizzato uno sviluppo in senso orizzontale: moltiplicare cioè il numero delle unità e dei servizi. Quello che s'impone ora, a giudizio degli americani, è uno sviluppo cd un approfondimento in senso verticale, nel senso, cioè, di concentrare gli sforzi per conferire gradatamente il massimo grado di efficienza ai nostri servizi ed alle nostre unità. Si giudica perciò indispensabile: a) il reclutamento di un forte numero di specialisti, volontari e ben pagati; b) la formazione di un forte corpo di sottufficiali, da maturarsi in speciali scuole che potrebbero essere istituite con l'aiuto di missioni americane; c) un addestramento intensivo di tutti gli uomini sotto le armi.

Quando si dice che gli americani giudicano indispensabili tali riforme, ciò è da intendersi nel senso che difficilmente potrebbero venire accettate nostre richieste di forniture e di crediti che non tenessero conto di questi requisiti essenziali. È impressione di chi scrive che le osservazioni e le critiche di cui sopra saranno precisate in un documento che verrà sottoposto al Governo italiano.

Senza volere entrare nel dettaglio e tanto meno nel merito degli inconvenienti rilevati e delle riforme suggerite, vi è tuttavia, in linea politica, una importante osservazione da fare. Se non si presta nessuna attenzione ai suggerimenti americani, ascrivendoli unicamente all'incompetenza di chi li fa2 , si rischia di veder ridurre a cifre poco più che simboliche l'aiuto americano.

Accettando invece di discutere idee sulla cui validità, almeno teorica, tutti sembrano essere d'accordo si presenta l'opportunità, malgrado tutte le nostre difficoltà e limitazioni, di dare all'Italia un esercito piccolo ma modernamente concepito, addestrato ed armato. Ci si potrebbe valere, cioè, del nuovo meccanismo di finanziamento previsto nei recenti stanziamenti di fondi americani per richiedere crediti, diretti non soltanto all'acquisto del materiale ma anche all'attuazione delle altrettanto necessarie riforme3 .

ALLEGATO

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, GUIDOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

PROMEMORIA. Roma. [19] agosto 1950.

In data 22 luglio il Dipartimento di Stato invia a tutte le sue rappresentanze diplomatiche nei paesi del Patto atlantico un telegramma circolare di istruzioni da comunicare nel modo più opportuno ai Governi. In data 23 luglio tutti i Governi del Patto atlantico ricevono dalle ambasciate americane un memorandum contenente i punti essenziali del telegramma. Solo a Roma l'ambasciata americana---per motivi incomprensibili-ne ha dato lettura parziale al Ministero degli affari esteri c alla Difesa il 27 luglio4 .

Il memorandum che ora ci è stato consegnato per iscritto contiene, tra l'altro, i punti seguenti:

a) richiesta di far sapere agli Stati Uniti la natura e la misura degli sforzi militari aggiuntivi sia per quanto concerne le forze militari che la produzione militare; b) richiesta di illustrare i programmi di ulteriore produzione addizionale che i paesi vorranno iniziare c per cui potrebbe essere indispensabile nuova assistenza americana; c) ciò ai tini di aiutare gli sforzi del presidente Truman per ottenere dal Congresso ulteriori 3 miliardi c mezzo di dollari per le nazioni del Patto atlantico;

d) nel formulare tali piani le nazioni del Patto atlantico dovranno prendere in considerazione i due anni successivi all'attuale (cioè in tutto tre anni); e) ogni nazione deve fare il massimo sforzo di produzione militare considerando le seguenti fonti di finanziamento:

l) il maggiore aumento possibile dei bilanci militari attraverso trasferimenti di fondi a scopi non militari a scopi militari; altre misure come riforme fiscali e miglioramento nella tecnica delle sanzioni delle tasse; qualche taglio nei programmi di investimento;

2) gli Stati Uniti cercheranno di fornire un crescente volume di prodotti finiti;

3) gli Stati Uniti potrebbero inoltre considerare di chiedere al Congresso altri fondi per finanziare questi sforzi oltre quelli pennessi dalla presente legislazione del Patto atlantico.

Negli ultimi giorni di luglio:

l) La Gran Bretagna annunzia di aumentare di 100 milioni di sterline l'attuale bilancio militare ammontante a 780 milioni (aumento del 13% circa e passaggio dalla percentuale del6,7% circa del reddito nazionale all'8%).

2) L'Italia annunzia uno stanziamento aggiuntivo di 50 miliardi di lire per il corrente esercizio (aumento del 16% circa e passaggio dalla percentuale di circa 6,3'% del reddito nazionale ali '8% circa).

3) La Francia annunzia uno stanziamento di 80 miliardi di franchi a partire però dal l o gennaio prossimo (aumento del 18% circa cioè passaggio dall'8,2% del reddito nazionale --secondo i calcoli del memorandum francese---al l 0% circa).

Successivamente, in data l o agosto, Truman chiede al Congresso di stanziare 4 miliardi di dollari per i paesi amici di cui 3,504 milioni per le nazioni del Patto atlantico. Tra l'altro, nel messaggio presidenziale è detto:

l) le nazioni del Patto atlantico stanno facendo piani per aumentare la produzione militare c le loro forze annate; tali nazioni, ovviamente, provvederanno alla maggior parte del nuovo sforzo militare (?);

2) la capacità produttiva di ogni paese deve essere sfruttata al massimo; 3) armi e materiali possono essere prodotti in altri paesi atlantici; essi dovranno essere prodotti dove potranno essere fabbricati più presto e più a buon mercato; 4) nei paesi dove vi è mano d'opera disponibile possiamo fomire macchinari per la produzione; 5) i quattro miliardi debbono essere spendibili in ogni nazione atlantica per acquisti di prodotti da parte dcii' America o per forniture che un paese del Patto può dare ad un altro.

Il 3 agosto la Gran Bretagna nel memorandum di risposta diretto agli Stati Uniti rendeva noto il nuovo piano militare triennale. Il memorandum segue le seguenti linee:

l) illustra l'attuale sforzo militare britannico con cifre e elementi vari (recente aumento di 100 milioni di sterline, introduzione del servizio obbligatorio, ecc.);

2) annunzia l'intenzione di spendere in un triennio circa 3.400 milioni di sterline cioè circa 1.100 milioni l'anno (aumento cioè dali '8 al l 0% del reddito nazionale; lo stanzi amento in corso era di 780 + 100 milioni l'anno), ma con la riserva che non è possibile precismc s. questa meta potrà essere raggiunta perché essa dipende dall'ammontare dell'assistenza americana;

3) sottolinea i sacrifici che la Gran Bretagna dovrà incontrare per questo riarmo c dichiara che esso è il massimo possibile senza ricorrere a requisizioni, blocco dei prezzi, blocco della mano d'opera, ecc.;

4) prosegue affermando che la bilancia dei pagamenti della Gran Bretagna ne risentirà e che pertanto occorrerà ricevere una speciale assistenza in dollari contanti; 5) dichiara che «data l'assistenza americana» la Gran Bretagna è disposta a fornire gratis prodotti militari agli altri paesi atlantici eventualmente su base reciproca;

6) conclude affennando che estimates (calcoli precisi, cifre) su queste proposte verranno a suo tempo sottoposti al Parlamento, ma che non è possibile far ciò sinché non saranno completati gli accordi con gli Stati Uniti.

La Francia ha presentato il suo piano triennale il 7 agosto nel memorandum consegnato al Governo americano.

Queste sono le grandi linee del memorandum:

l) illustra l'attuale sforzo (stanziamento aggiuntivo di 80 miliardi; stipendi bassi degli ufficiali; circa 5 franchi al giorno è il soldo della truppa; 8,2% del reddito nazionale;

659.000 uomini sotto le armi di cui 150.000 in Indocina ecc.;

2) malgrado l'aiuto americano la Francia verrà a sostenere notevoli spese; la situazione economica è però ancora fragile, la ricostruzione è stata attuata solo parzialmente, bisognerà perciò evitare una crisi finanziaria e un grave squilibrio nella bilancia dei pagamenti; la stabilità finanziaria è condizione indispensabile di un serio riarmo, ecc.;

3) per tutti i suddetti motivi il programma potrà essere compiuto soltanto con un'assistenza esterna che implichi anche equipaggiamento industriale, materie prime ed «importanti aiuti finanziari»;

4) questo sforzo sarebbe però inutile se gli Stati Uniti e la Gran Bretagna non invieranno sul continente fin d'ora maggiori forze militari;

5) inoltre la Francia fa presente le sue idee sul programma di difesa collettiva; ogni alleato deve tàre il massimo sforzo e affrontare ogni possibile sacrificio; così farà anche la Francia; ma il nuovo sforzo difensivo deve essere concepito come una «impresa comune» non una giustapposizione di singoli sforzi; occorrono perciò organi centrali di pianificazione e di organizzazione: unità quindi di comando militare e unità di fondo finanziario;

6) la Francia darà in seguito ulteriori dettagli e proporrà schemi di accordi con gli Stati Uniti ed altri paesi del Patto atlantico; 7) il Parlamento francese, dopo che saranno fatti gli accordi comuni riceverà per la sua approvazione il programma dettagliato nazionale.

Si osserva che:

l) sia il memorandum francese che quello inglese contengono delle parti espositive che anche noi potremmo ricalcare senza tàre comparativamente cattiva figura: entità dell'attuale sforzo; percentuale rispetto al reddito globale; percentuale rispetto al bilancio statale; numero delle forze sotto le anni; modestia degli stipendi degli ufficiali; modestia del soldo della truppa; ecc.

2) la Gran Bretagna non illustra affatto come vuole utilizzare i nuovi stanziamenti; la Francia allude solo genericamente alle 15 divisioni; 3) la Francia si dilunga (forse un po' troppo) sulle sue attuali situazioni finanziarie ed economiche; sui lavori di ricostruzione non completati, ecc.;

4) sia la Francia che la Gran Bretagna chiedono insistentemente oltre a prodotti finiti, equipaggiamenti industriali e sopratutto aiuti finanziari;

5) la Gran Bretagna si dichiara disposta a dare forniture militari agli altri paesi del Patto atlantico con dollar assistance; la Francia si dilunga inoltre sul problema strategico generale sulla necessità di truppe alleate nel continente e sugli organi centrali di direzione militare e economica.

L'elemento sostanziale però dei due progetti è costituito dal fatto che si tratta in entrambi i casi di piani triennali (aderendo alla richiesta contenuta nel memorandum americano) e che i due paesi si impegnano ad affrontare ulteriori spese oltre quelle aggiuntive stanziate recentemente. Il memorandum inglese parla chiaramente di ulteriori 1.000 milioni di sterline in tre anni, pur facendo altrettanto chiaramente comprendere che la Gran Bretagna desidera essere parzialmente rimborsata in dollari. La Francia è meno esplicita poiché nella cifra aggiuntiva di 2.000 miliardi di franchi per tre anni, comprende anche l'aiuto americano. Tuttavia è evidente che una parte di tali spese verrà sostenuta dalla Francia come risulta chiaramente dai numerosi accenni ai nuovi «gravi sacrifici della popolazione».

Altro elemento importante è costituito dal fatto che i due piani triennali costituiscono soltanto un impegno «di principio» del Governo condizionato all'entità dell'assistenza finanziaria in dollari che gli Stati Uniti potranno fornire.

Per quanto concerne l 'Italia ci siamo per ora limitati ad inviare in data 4 agosto il memorandum che annuncia lo stanziamento dei 50 miliardi per questo anno5 .

370 1 Redatto da Guidotti. Il documento reca la seguente annotazione di Sforza: «Promemoria del Ministero degli esteri sui rischi di apparire troppo tardi alle raccomandazioni americane».

370 2 Nota di Sforza: «Come già van facendo certi circoli militari italiani>>. 3 Come si evince dalla risposta di Dc Gasperi (vedi D. 371). insieme a questa comunicazione Sforza inviò anche un altro promemoria di Guidotti che qui si pubblica in Allegato. 4 Vedi D. 339.

371

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

L. [Sella di Valsugana], 21 agosto 1950.

Ho ricevuto l'epitome 1 , che prcleggcrò nella riunione e la copia della confidenziale2. In quanto al Memorandum,3 esso mi pare sempre un po' sbiadito; ma se questo dev'essere lo stile di simili documenti, m'inchino. Vedo che si è omesso nell'impostazione l'accenno al trattato. Io v'insistevo, perché, secondo mc, la carenza di un piano pluriennale di riarmo cioè la caratteristica differenziale fra noi c gli altri dipende appunto dall'esistenza dei limiti, la quale giustifica c vuole che invece di parlare di un piano di riarmo che è nella stessa espressione verbale antitetico al trattato, si parli, come noi abbiamo detto nel nostro primo comunicato, d'integrazione e miglioramento e attivazione delle F.A. entro i limiti del trattato. A mio parere tale ovvia formula prudenzialc esclude che noi siamo in grado (prima dell'eventuale vigilia di un

2 Vedi D. 370.

3 Vedi D. 378.

conflitto) di proclamare e deliberare pubblicamente un «piano di riarmO>>. La nostra procedura è particolare e diversa. Dobbiamo procedere per trasformazioni e integrazioni, motivate di volta in volta, in modo che non ledano il testo del trattato. Tale metodo dovrebbe pur combaciare colla tendenza americana di non lavorare col moltiplicatore, ma col rinnovamento strutturale. Perchè non diciamo chiaro tutto ciò? È vero che all'interno taluno tornerebbe a maledire (se il documento diventasse pubblico) il trattato c chi l'ha firmato; ma chi sul serio non ammetterebbe che una denuncia del trattato o la sua evidente lesione costituirebbe una grave imprudenza e un rischio peccaminoso? E del resto si crede di evitare il dibattito anche su tale punto alle Camere? Io sono dunque per una netta impostazione, che prospetti tale limite, internazionalmente valido, fino a tanto che le Nazioni Unite non ammettano o dichiarino il contrario o la minaccia di un conflitto -al di fuori della nostra volontà-non lo renda irrito c nullo. Non vedo poi perché tale professato punto di partenza ci potrebbe nuocere. Non ci sono nel trattato disposizioni che ci vietino di accettare aiuti per migliorare i nostri mezzi di difesa -salvo le note cifre -né per dare lavoro alle nostre industrie né per rafforzarci con opere difensive al di qua di 20 Km. Onde tutto quanto sia per rimetterei in piedi può essere fatto, senza proclamazione di piani c gli Stati Uniti possono riservarsi di contribuire al finanziamento di miglioramenti strutturali o sostanziali, previamentc concordati.

Tutto questo converrebbe dir chiaro e quasi prcgiudizialmcnte nel documento. Se vi fossero altre ragioni per non farlo nel documento stesso ch'io non vedo, allora pregherei di autorizzare Rossi Longhi a esporlo verbalmente, ma con tutta chiarezza.

In quanto al punto l, converrà modificarlo e non parlare solo di 50 miliardi. Non ho visto ancora Pacciardi, ma ieri ho conferito con Scelba e conosco il pensiero di Pella c Vanoni. Saggerò domani il pensiero degli altri. Salvo obiezioni impreviste, si può pensare che noi presenteremo alle Camere un progetto, che arriverà a 60 c forse 65 miliardi, poiché oltre i 50 già deliberati, di cui 7 per i carabinieri, vengono ora chiesti aumenti per l'organizzazione della Difesa territoriale. Si può prevedere quindi che una ventina di miliardi circa andranno alla Difesa territoriale (contro paracad., sabotaggio ccc.) inclusi i 7 già votati per i carabinieri c che resteranno alla Difesa di frontiera 43 miliardi. Non è possibile fissare fin d'ora drasticamente le cifre, ma non credo che andremo al di sotto. Inutile rilevare l 'importanza pregiudiziale della Difesa interna che meglio e più opportunamente chiameremo «territoriale». Su questa impegneremo battaglia grossa, ma vinta questa, un gran passo è fatto.

Forse ad l) si potrebbe dire che la cifra di 50 includeva 7 soltanto per i carabinieri, cioè per la Difesa territoriale c che tali spese per la Territoriale verranno certo aumentate ad una ventina di miliardi, portando il tutto alla cifra di cui sopra.

Conseguentemente a quanto precede, eviterei nel documento di parlare di piano c parlerei in genere di provvedimenti.

Il resto fila, e speriamo che convinca. Se i colloqui con Pacciardi portassero a ulteriori moditìcazioni o domani se ne parlasse con conclusioni concrete, te ne tàrei dare notizia.

Intanto di prego di dare notizia nella forma che meglio credi del contenuto o del testo di questa mia a R[ ossi] L[ onghi] c sarebbe forse bene che Tarchiani ne fosse edotto.

In quanto a Dunn, non c'è bisogno ch'io aggiunga i miei suggerimenti: ma quando lo ritenessi utile, non avrei difficoltà a che egli abbia diretta visione anche del mio pensiero personale.

Vado migliorando. Ieri fui tre ore all'aperto e al sole. Qui a casa tutti sono entusiasti della tua conversazione cortese e brillante. La nostra invece fu piuttosto arida; si capisce che le scintille del maglio hanno sprizzato nel salotto.

370 5 Il secondo memorandum italiano venne inviato a Londra il23 agosto, vedi D. 37R.

371 1 Vedi D. 370, Allegato.

372

L'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

R. 2019/782. Mosca, 21 agosto 1950 1•

Accludo traduzioni di alcuni articoli dei giornali sovietici sull'Italia. Esse comprendono i tre articoli di Izvestija, Pravda e Stella Rossa del 20 agosto, già da me riassunti nel telegramma n. 1862 .

È evidente la coordinazione di quest'ultima campagna, dato che tre giornali nello stesso giorno hanno battuto contro gli stessi obiettivi. Ciò naturalmente aumenta alquanto l 'importanza di tali manifestazioni di stampa, che tuttavia occorre non sopravalutare. Esse dimostrano che i sovietici sono seccati delle misure di ordine interno e di ordine militare giustamente prese dal Governo italiano. Si sa che per essi, ogni Governo che tocchi i comunisti è fascista, ogni Governo che appaia deciso a difendere il paese colle armi è imperialista; essi concepiscono un solo ideale di Governo democratico, non comunista, ed è quello di un Governo debole, diviso, incapace di imporre ordine all'interno e di difendere il territorio nazionale. Ogni misura che sia diretta a dare forza allo Stato democratico li disturba profondamente; essi preferirebbero in tal caso avere di fronte un Governo decisamente fascista. Tutto ciò, naturalmente, deve essere tenuto in conto, ma non certo per rallentare l'opera di un sano rafforzamento del regime democratico: anzi, deve convincerci che si è sulla buona via.

Del resto, per opportuna notizia debbo aggiungere che queste manifestazioni di stampa non trovano affatto la loro eco in sede diplomatica; l'atteggiamento di questo Governo nei riguardi di questa ambasciata continua ad essere normalmente corretto, e non sono mancati recentissimi segni di personale cortesia verso l'ambasciatore. Il farsi rispettare all'interno come all'estero potrà aumentare le proteste della stampa sovietica, ma non certo diminuire la stima del Governo sovietico nei nostri riguardi, né peggiorare l'attuale stato dei rapporti diplomatici corretti almeno, benché, per necessità, non certo sinceramente amichevoli.

2 Del 20 agosto, non pubblicato.

372 1 Copia priva dell'indicazione della data di arrivo.

373

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALLE AMBASCIATE A BRUXELLES, LONDRA, OTTAWA, PARIGI E WASHINGTON E ALLE LEGAZIONI A COPENAGHEN, L' AJA E OSLO

T. SEGRETO 7052/c. Roma, 22 agosto 1950, ore 21,30.

Questa ambasciata di Turchia ha fatto oggi passo ufficiale per chiedere appoggio italiano domanda suo Governo entrare Patto atlantico.

Passo analogo sarebbe stato svolto anche costà. Prego telegrafare reazioni codesto Governo 1 •

374

L'AMBASCIATORE A. ROSSI LONGHI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO 9813/729. Londra, 22 agosto 1950, ore 21,40 (perv. ore 7 del 23).

In odierna prima seduta Consiglio sostituti Spofford ha tenuto a sottolineare come egli durante suo soggiorno Stati Uniti abbia riscontrato unanime senso grande urgenza risolvere attuali problemi. A tale proposito ha ricordato note misure adottate da Stati Uniti (provvedimenti militari, inizio riconversione industriale, previsto aumento tassazione ecc.).

Spofford ha confermato che Governo americano è deciso a dare immediati e sostanziali aiuti a quei paesi che faranno massimo sforzo per provvedere propria difesa. Ha poi rilevato che Stati Uniti anche in considerazione pericoli comunisti interni taluni paesi tengono in particolare conto necessità ricostruzione cui hanno dato ed intendono dare loro assistenza ma che d'altra parte sacrifici economici coraggiosi devono ormai essere sostenuti.

Consiglio ha poi deciso di discutere collettivamente note risposte pervenute a Governo americano da singoli paesi circa rispettivo sforzo addizionale difensivo. Per dare tempo esaminare tali risposte, di cui sono stati questa sera distribuiti testi, prossima riunione Consiglio fissata a giovedì mattina.

A termine seduta diramato breve comunicato.

373 1 Per le risposte da Londra, Ottawa, Washington, Copenaghen c L'Aja vedi rispettivamente DD. 3RO, 377, 3RR, 383 c 404. La rappresentanza a Bruxelles riferiva le «buone disposizioni di massima» manifestate da Spaak (T. segreto 9895/111 del 24 agosto), quella a Parigi segnalava la prudenza dell'atteggiamento francese (T. segreto riservato 9R29/347 del 23 agosto) mentre da Osio si informava che l'incaricato d'aftàri turco non aveva ancora effettuato il passo prescrittogli (T. segreto 9912/6 7 del 25 agosto).

375

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, GALLARATI SCOTTI

L. 113909. Roma, 22 agosto 1950.

Grazie delle osservazioni supplementari che, con la tua del 151, mi dai sulle tue conversazioni con Brilej che è bene tu continui, senza averne l'aria. Circa il suo desiderio che vengasi presto a «conclusioni specialmente sugli accordi economici» è bene tu sappia:

a) che, comunque, bisognerebbe attendere il ritorno di Brusasca che è ora a Lake Success e che negoziò circa quegli accordi; b) e che potresti esprimer dubbio circa la possibilità, ormai, di negoziare una sola parte e non il tutto.

Se gli eventi consigliano un'intesa fra i due paesi perché non sarebbe generale? La pressione internazionale faciliterebbe forse reciproche concessioni, restando fermi sulla linea etnica, circa la quale lo stesso Davies, quando passò a vedermi a Roma giorni fa, osservò che era inattaccabile.

Circa la corrispondenza del Manchester Guardian. Anche a me la cosa apparve singolare e feci venir da me la Sprigge che non vedevo da secoli. Le dissi ch'ero lieto di assicurarla che invece, circa le nostre relazioni con Belgrado, Bevin e il suo ambasciatore colà si erano condotti in modo non solo corretto ma cordiale. «Da chi dunque avete voi avuto una informazione così inesatta? Non mica da mia gente?» E lei: «Infatti, me lo disse il consigliere (o primo segretario) della nostra ambasciata il quale aggiunse che Martino aveva tali entrature fra gli jugoslavi che non aveva bisogno di appoggi». Io le risposi che anche i suoi British understatements potevano esser seccanti. In ogni modo essa apprese con piacere ciò che le dissi.

376

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GALLARATI SCOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO 9841/733. Londra, 23 agosto 1950, ore 21,50 (perv. ore 8 del 24).

Ho avuto stamane lungo colloquio con Bevin di cui è apparso chiaro vivo desiderio che si giunga rapidamente a sgombrare terreno rapporti italo-britannici da questioni coloniali.

Segretario di Stato ha manifestato tutta importanza che Governo britannico attribuisce a che soluzione di comune gradimento per Eritrea sia raggiunta prima di riunione Assemblea O.N.U. Egli si è richiamato a nuove proposte che sarebbero state rifatte con collaborazione delegazioni britannica, americana, brasiliana e messicana a Lake Success, non ancora a lui personalmente note ma che certamente meritavano seria considerazione da parte Italia e Etiopia.

Bevin considera che principale questione dinanzi Assemblea dovrà essere quella coreana e che è pertanto della massima importanza che potenze occidentali presentino fronte unico evitando contrasti su questione colonie italiane dei quali U.R.S.S. approfitterebbe per aumentare confusione. Egli mi ha pregato attirare su quanto precede tutta personale attenzione del presidente del Consiglio e di V. E.

Bevin desidererebbe che questione venisse esaminata e discussa con ogni urgenza affinché accordo sia possibilmente raggiunto prima di sua partenza per Stati Uniti. Egli ha fatto presente che ovviamente Governo britannico, modificando posizione che ufficialmente sostiene da anni su questione Eritrea, ha necessità preparare tempestivamente propria opinione pubblica, cosa che evidentemente non può fare finché non si giunga ad accordo. Bevin ha aggiunto essere pronto venirci incontro nei limiti del possibile se da parte nostra si terrà presente che, per accordarsi, occorre tener conto anche esigenze etiopiche.

Segretario di Stato ha concluso esprimendo desiderio avere nuovo colloquio con me prima di partire per Stati Uniti.

Sarò grato a V.E. se vorrà farmi avere urgenti comunicazioni circa proposte di cui sopra e nostre eventuali obiezioni e suggerimenti, onde poteme intrattenere tempestivamente Foreign Office anche in relazione richieste istruzioni che gli perverranno da delegazione britannica a Lake Success1•

Riservomi riferire a parte circa altre questioni trattate nel colloquio (Libia, cooperazione economica, Turchia e Patto atlantico )2•

375 1 Vedi D. 360.

377

L'AMBASCIATORE AD OTTAWA, DI STEFANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO 9845/96. Ottawa, 23 agosto 1950, ore 20,18 (perv. ore 8 del 24).

Telegramma di V.E. 7052/c. 1•

Ambasciatore turco eseguito passi giovedì scorso senza ottenere in sostanza impegno canadese questo Governo essendo contrario per conto suo estensione responsabilità Canada Mediterraneo orientale.

2 VediDD.380e381.

Risultami peraltro che Canada uniformerebbesi atteggiamento americano. Come è noto Washington riservatosi propria decisione in relazione passo eseguito Stambul da Governo turco anche presso ambasciata francese, ambasciata inglese, mentre Londra, Parigi già dichiaratesi favorevoli.

Ritelegraferò2•

376 1 Per la risposta vedi D. 384.

377 1 Vedi D. 373.

378

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, GUIDOTTI, ALL'AMBASCIATORE A. ROSSI LONGHI, A LONDRA

L. PERSONALE l 007 SEGR. POL. Roma, 23 agosto 1950.

Accludo: a) il testo del nostro memorandum nella sua edizione spero definitiva (anzi è meglio che tu la consideri definitiva per evitare possibili revisioni in meno e in peggio); b) copia di una lettera personale del presidente del Consiglio al ministro 1•

I tre quarti, vedrai, della lettera del presidente sono dedicati ad una trasformazione del memorandum, che non mi stupisce dopo quello che tu mi avevi raccontato dei colloqui di alta montagna, ma che sarebbe stata radicale.

Tieni presente che la lettera è arrivata nelle mani del ministro stamattina alle dieci mentre le valigie erano state già caricate sull'automobile e il ministro si preparava a partire per Montignoso. Mi sono subito opposto all'idea di impostare il memorandum su un nostro esplicito richiamo al trattato di pace. Ti puoi immaginare gli argomenti, che non mancano; ma soprattutto ho rappresentato l'assurdità morale e politica di reclamare noi l'osservanza del trattato di pace le cui clausole limitative rendono impossibile la difesa del paese. Come vedi dal testo del memorandum sono riuscito a convincere il ministro. Non solo, sul tema del trattato di pace non vi è una parola di più, ma all'accenno già contenuto nella prima redazione fa seguito un richiamo alle esigenze dei piani militari approvati dai comitati competenti del P.A. Richiamo che era assolutamente indispensabile, come mi sono reso conto dopo una conversazione con Minotti dato che il «piano a medio termine» prevede già effettivi superiori a quelli consentiti dal trattato di pace.

Di questa correzione, secondo me, è da tener conto anche nei tuoi colloqui costà. La lettera del presidente suggerisce infatti che, se il ministro avesse giudicato impossibile di modificare l'impostazione del memorandum (come infatti è avvenuto) tu però spiegassi bene il suo pensiero a voce. Tieni presente che il ministro, in un biglietto al presidente scritto al momento di partire lo ha assicurato in questo senso. Lungi da me il pensiero di consigliarti la disobbedienza. Ma è evidente che la cosa, sia per l'argomento politico accennato più sopra, sia per quello tecnico di cui mi ha parlato Minotti, dovrebbe essere detta con la massima prudenza. E anche questo è un understatement.

37R t Vedi D. 371.

Le altre modifiche del memorandum non hanno bisogno di commenti. Sono di forma o di cifre; e per quanto riguarda quest'ultime ti accorgerai subito come l'aumento a 60 miliardi (in realtà si prevede che si possa arrivare ai 62) è peggio che un'illusione. Per la vera difesa restano, come avevi detto tu, soltanto 43 miliardi, i rimanenti essendo riservati ai carabinieri con il titolo decoroso di «difesa territoriale».

Per la risposta da dare ad Alphand2 ci sarà domani mattina una riunione del Comitato esecutivo. Spero, senza promettertelo, di poterti fare un telegramma nel pomeriggio3•

ALLEGATO

IL MINISTERO DEGLI ESTERI ALL'AMBASCIATA DEGLI STATI UNITI D'AMERICAA ROMA

MEMORANDUM SEGRET04 . Roma, 24 agosto 1950.

Con la comunicazione fatta il 4 e il 5 agosto rispettivamente all'ambasciata degli Stati Uniti in Roma ed al rappresentante americano al Consiglio dei sostituti a Londra5 , il Governo italiano ha fornito una prima risposta alla richiesta di informazioni avanzata dal Governo americano ai Governi dei paesi del Patto atlantico, circa le misure che ciascuno di essi intende prendere per il rafforzamento della propria capacità difensiva, in relazione ai nuovi stanziamenti chiesti dal presidente degli Stati Uniti al Congresso americano per l'assistenza militare ai paesi del Patto atlantico.

l) La decisione del Governo italiano di stanziare un fondo addizionale di 50 miliardi di lire per l'anno fiscale 1950 allo scopo di provvedere in aggiunta agli aiuti americani concessi e preventivati sul primo programma M.D.A.P. alla migliore efficienza delle forze armate e della difesa territoriale, costituisce un contributo iniziale italiano al rafforzamento del sistema collettivo di sicurezza; data la nostra particolare situazione tale contributo, in quel momento, non poteva essere maggiore. È da notare inoltre che anche gli stanziamenti per la difesa territoriale verranno sottoposti al Parlamento, sì da portare il totale dei nuovi stanziamenti sul bilancio della difesa ad oltre 60 miliardi.

D'altra parte è anche da tener presente che, se vuole contribuire efficacemente alla sicurezza comune, l'Italia deve fronteggiare altre rilevanti spese dirette ad assicurare la stabilità sociale interna; c cioè un complesso di spese che il Governo giudica inderogabile ai fini non soltanto della ricostruzione del paese, ma anche degli investimenti e delle riforme sociali la cui necessità è detcnninata dalla presenza di 2 milioni di disoccupati sul mercato nazionale della mano d'opera.

1 T. s.n.d. urgentissimo 7142/440 del24 agosto con il quale Guidotti, nel comunicare l'accordo di massima alle proposte francesi, segnalò tuttavia la necessità, date le circostanze internazionali del momento, di accettare il piano inglese di più immediata realizzazione.

4 Presentato da Rossi Lunghi al Consiglio dei supplenti il 25 agosto.

5 Vedi D. 347.

Separatamente vengono forniti i dettagli del programma militare di immediata attuazione. La spesa addizionale globale di 60 miliardi circa rappresenta del resto un aumento di quasi il20% dell'attuale bilancio militare.

Tenuto conto di questa aggiunta al normale bilancio, la situazione delle spese militari sostenute dal Governo italiano è la seguente: il Governo italiano spende ogni anno per le forze armate 383 miliardi di lire; tale spesa rappresenta il 25% del bilancio statale globale ed il 35% delle entrate totali fiscali dello Stato. Tale sforzo, già di per sé notevole, lo diventa ancora di più se si considera che l'Italia è un paese con un reddito individuale tra i più bassi nei confronti degli altri paesi del Patto. Infatti il reddito pro capite in Italia, netto da gravami fiscali, è di soli 180 dollari annui, ciò che rappresenta la metà ed anche meno del corrispondente reddito di altri paesi europei.

Nel prendere le decisioni di cui sopra il Governo italiano ha tenuto conto del fermo atteggiamento che il Governo degli Stati Uniti ha assunto in presenza dell'attuale situazione internazionale, aumentando in misura così importante il suo contributo alla comune difesa, tanto mediante il rafforzamento delle sue forze armate quanto mediante la richiesta presentata al Congresso di nuovi stanziamenti per l'assistenza ai paesi del Patto atlantico.

2) Riconoscendo tuttavia la necessità di accrescere incessantemente la propria capacità difensiva, il Governo italiano è deciso a compiere ulteriori sforzi finanziari e a dare il suo migliore contributo anche sotto specie di potenziale industriale e di mano d'opera. Esso non può tuttavia prescindere, da un lato, dagli aiuti che potranno essergli fomiti, e dall'altro, dalle esigenze della sua politica di risanamento monetario e di ricostruzione economica, in cui vede i presupposti necessari per assicurare la tranquillità sociale del paese.

Il Governo italiano si riserva di prendere ulteriori provvedimenti per la finale determinazione e per la esecuzione dei quali esso intende, in relazione anche alle esigenze dei piani militari approvati dagli organi competenti del N.A.T.O., concludere opportuni accordi con il Governo americano e con i Governi di altri paesi.

Ovviamente la misura in cui sarà possibile attuare tale programma dipenderà in primo luogo dall'ammontare dell'assistenza che gli Stati Uniti saranno disposti a fornire.

Il Governo richiederà al popolo italiano il massimo sforzo possibile, che sarà tanto più degno dei maggiori sacrifici quanto più esso servirà a creare uno strumento militare efficiente e moderno, adeguato allo sforzo comune.

3) Il Governo italiano crede poter anche richiamare l'attenzione sul notevole contributo che l'Italia, data la sua potenzialità industriale non completamente utilizzata e la sua immediata disponibilità di mano d'opera, può offrire alla difesa comune.

Il Governo italiano desidera a questo riguardo esprimere il suo interesse non soltanto ad aiuti diretti ma anche a commesse per l'industria e a un possibile assorbimento della mano d'opera attualmente non impiegata.

È infatti da tenere presente che ogni aiuto in questo senso verrebbe a trasformarsi in un alleggerimento delle spese rilevanti che esso è costretto a sostenere per la tranquillità interna, per l'assistenza sociale c per combattere la disoccupazione; alleggerimento che consentirebbe un ulteriore aumento dci mezzi finanziari destinati più direttamente al rafforzamento della difesa militare.

377 2 Vedi D. 387.

378 2 Con il T. segreto 9808/731 del 22 agosto Rossi Longhi aveva comunicato il desiderio espressogli da Alphand di conoscere il pensiero del Governo italiano sul secondo memorandum francese.

379

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ZOPPI, ALL'AMBASCIATORE A MOSCA, BR OSIO

T. S.N.D. 7116/137. Roma, 24 agosto 1950, ore 16.

Suoi 181 1,183 e 1872•

Rifiuto sovietico di pronunciarsi su offerta fatta da Mancini non (dico non) è giustificabile. Coteste autorità hanno finora sostenuto che su loro ultima controfferta 90 dollari stava a parte italiana di pronunciarsi; in realtà nostra precedente controfferta 85 dollari era stata fatta proprio in risposta al limite 90 dollari indicato da Export-Khleb.

Comunque oggi sovietici sono in possesso nuovo limite indicato da Mancini e pertanto spetta ora venditori rispondere. Governo italiano deve rapidamente definire suo programma importazioni grano presente campagna e pertanto necessità conoscere urgentemente se e a quali condizioni sovietici siano tuttora venditori grano. Qualora pertanto ritardo risposta Export-Khleb dovesse prolungarsi, occorrerà che cotesta ambasciata intervenga formalmente.

Per sua direttiva e su conforme decisione C.I.R. comunicasi che Governo italiano è disposto accettare prezzo 90 dollari tenendo presente che tale accettazione è proprio in relazione attuali condizioni mercati internazionali. Infatti, come limite 85 dollari da noi precedentemente offerto era superiore a prezzi a quel tempo corrisposti per acquisti in altri paesi, ad esempio per grano ungherese acquistato a 79 dollari franco frontiera italiana, così oggi limite 90 dollari è nettamente favorevole sovietici e siamo disposti accettarlo proprio in rapporto nostro desiderio ripetutamente manifestato evitar interruzioni scambi con U.R.S.S. Avvertesi infatti che in questi giorni abbiamo acquistato altro grano ungherese a dollari 86,50 franco frontiera, grano australiano a dollari 84,50 costo nolo porti italiani c grano canadese a dollari 70 f.o.b.

Comunque, è indispensabile mettere finalmente punto fermo trattative che trascinansi da scorso autunno, non (dico non) potcndosi ulteriormente restare in sospeso sia per quanto riguarda nostri approvvigionamenti granari sia per quanto concerne espletamento nostre forniture industriali U.R.S.S. Pertanto, se nel momento in cui cotesta ambasciata farà passi formali, avesse matematica sicurezza che conclusione effettiva entro 24 ore potrebbe realizzarsi solo a prezzo leggermente superiore a limite 90 dollari, autorizzasi E. V. concludere entro limite massimo 91,50 (dico novantuno do Ilari e cinquanta )3 .

379 1 Vedi D. 361. 2 Rispettivamente del 17 c del 21 agosto, non pubblicati. 1 Per il seguito vedi D. 385.

380

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GALLARATI SCOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO 98691734. Londra, 24 agosto 1950, ore 17,58 (perv. ore 21).

Nella conversazione di ieri con Bevin 1 gli ho chiesto quale fosse punto di vista britannico circa domanda ammissione Turchia Patto atlantico. Segretario di Stato mi ha detto che a ambasciatore di Turchia il quale aveva svolto passo analogo a quello di cui al telegramma di V.E. 7052/c.2 , non aveva potuto dare alcuna risposta dovendo presentire Gabinetto. Egli si rendeva conto che Turchia si sentirebbe più tranquilla partecipando ottemperanza Patto, dato carattere unilaterale attuali garanzie ed aiuti per suo riarmo. Ho avuto impressione, anche dal come segretario di Stato ha accolto mia generica affermazione che richiesta turca non poteva essere da noi vista con sfavore dati rapporti esistenti fra i due paesi, che Bevin sarebbe personalmente piuttosto favorevole. Tuttavia anche se Gabinetto concordasse in senso affermativo, Bevin intenderebbe in occasione sua visita U.S.A. sentire parere Governo americano prima di prendere decisione definitiva, tenuto anche presente che Governo Washington era stato inizialmente contrario estensione Patto a Turchia Grecia e Persia.

381

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GALLARATI SCOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO 98771737. Londra, 24 agosto 1950, ore 22, IO (perv. ore 7,30 del 25).

Bevin che ho visto ieri (mio 733) 1 mi ha espresso soddisfazione per inizio conversazioni su questioni libiche richiamandosi necessità evitare portare davanti Assemblea O.N.U. contrasti per colonie.

Conversazioni di cui sopra hanno avuto inizio Foreign Office fra Tallarigo e capo Dipartimento africano. È stato riconfermato comune intendimento risolvere problema costituzionale su base federativa ad ampie autonomie regionali. Rispondendo nostra richiesta Alleo ha promesso farci conoscere in breve linee progetto britannico.

2 Vedi D. 373. 381 1 Vedi D. 376.

Essendo discorso caduto su mozione delegato francese Strasburgo in favore riesame decisione Assemblea O.N.U., Allen ha escluso categoricamente che Governo francese possa prendere iniziativa del genere senza consultarsi con Londra; se ciò avvenisse Governo inglese sarebbe nettamente contrario.

Allen ha ammesso però che Francia avendo accettato malincuore indipendenza libica si adopera al massimo per mantenere separata amministrazione Fezzan tanto da rifiutarsi includere Fezzan area nuova moneta libica.

Anche su problemi economici nostre conversazioni sembrano procedere favorevolmente.

380 1 Vedi D. 376.

382

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

R. SEGRETO 9051/5226. Washington, 24 agosto 1950 (perv. il 29).

Ho letto l'appunto del segretario generale, in data Il corr. 1 , trasmessomi in allegato al te l espresso 962 del I 9 corrente2 . Esso mi sembra rispecchiare fedelmente la situazione, qual'è stata anche descritta dall'ambasciatore Rossi Longhi nel rapporto allegato al telespresso ministe

riale 934/c. del I4 corr., dal ministro Cattani nel suo rapporto 2795 dell'l I agosto2 e da me, nelle numerose mie comunicazioni delle scorse settimane.

Le lagnanze formulate dai vari organi americani in Italia denunciano infatti l'insoddisfazione di questo Governo nell'apprendere l'ammontare della cifra stanziata in Italia per il riarmo e nel constatare che lo stanziamento di essa non era accompagnato da un piano di impiego né, tanto meno, da un inizio dell'impiego stesso. La franca manifestazione di tale insoddisfazione costituisce, appunto, quella amichevole pressione, eh'era da attendersi in base alla gravità della situazione internazionale cd alla ferma volontà americana di correre prontamente ai ripari, mediante uno sforzo comune di tutti i paesi «atlantici».

Confido che le spiegazioni qui fornite dal ministro Lombardo e dal prof. Ferrari Aggradi abbiano dissipato almeno in parte l'insoddisfazione americana. Comunque gli aspetti fondamentali della situazione non mutano e possono così riassumersi:

l) intenzione americana di incoraggiare c, se occorre, di forzare i paesi europei a contribuire al riarmo comune con tutte le forze disponibili;

2) tendenza dei paesi europei, e in particolare della Gran Bretagna e della Francia, a formulare prontamente i loro piani di riarmo, per «ipotecare» la massima possibile quota degli aiuti americani, i quali costituiscono il complemento necessario di quel riarmo;

' Non pubblicato.

3) interesse dell'Italia, in particolare, ad inserirsi attivamente e tempestivamente nello sforzo, già in corso da parte degli altri paesi europei.

La questione della «marginalità» dell'Italia in seno al Patto atlantico va considerata, credo, in relazione ai suddetti aspetti fondamentali della situazione.

Vi è una marginalità che può chiamarsi «geografica» e che nulla può sopprimere.

Vi è una marginalità, inerente all'insufficienza (per non dire alla mancanza) delle forze terrestri attualmente disponibili in Europa. Questa è comune a tutti i paesi europei continentali del Patto atlantico, ad eccezione forse del Portogallo, e fa sì che, se la guerra scoppiasse nell'immediato futuro, salvo le bombe atomiche, nulla potrebbe fermare le armate sovietiche. Essa non potrà essere riparata che gradualmente, col riarmo.

Vi è infine, una marginalità, che chiamerò «politico-strategica». Su questa conviene soffermarsi.

Anche di recente (nel rapporto 6844/3919 del 21 giugno u.s_)3 ricordavo la tendenza britannica, rive1atasi fin dal momento della nostra inclusione nel Patto, a tener conto del! 'Italia solo per il suo valore mediterraneo, cioè peninsu1are o, addirittura, soltanto insulare; ed additavo fra gli altri, come sintomi di recrudescenza di tale tendenza, il concentramento a Londra dei principali organi del Patto e la vagheggiata riforma dei Gruppi regionali.

Il pericolo, la cui gravità non posso e non voglio nascondermi, è sempre presente. Tuttavia, mentre occorre non tralasciare occasione per combatterlo, occorre anche, a mio avviso, non sopravvalutarlo. La concezione «continentale» della difesa europea (quella cioè, che include tutta l'Italia nel sistema difensivo) oltre ad essere implicita nell'adesione del nostro paese al Patto atlantico, è stata consacrata tanto nel piano strategico «a medio termine» quanto in quello «a corto termine»; e, se in quest'ultimo essa appare più che altro platonica, ciò si deve, come ho scritto più sopra, non già ad una decisione degli Stati Uniti bensì alla mancanza di forze adeguate, la quale per ora rende platonico tutto il piano di difesa del continente. Inoltre, demonstratio per absurdum, le sopracennate pressioni americane per un pronto riarmo italiano e le nuove tendenze affiorate in seno all'O.E.C.E. (della quale organizzazione l'Italia è parte integrante) comprovano la mancanza di ogni spirito di rinuncia, da parte degli Stati Uniti, nei riguardi d eli' Italia.

Per quanto concerne, dunque, la marginalità «politico-strategica» si può dire che si è trattato fin dal principio di una partita aperta, che avevamo segnato molti punti a nostro vantaggio e che la guerra in Corea, col rendere più vicino il pericolo e con l'esigere un più pronto coagulamento delle forze difensive, rischia di ributtarci indietro se, in quel processo di coagulamento, non sappiamo inserirei a tempo.

La conclusione, cui conduce questo esame della situazione, è esattamente quella delineata nell'appunto del segretario generale citato all'inizio del presente rapporto: occorre combattere negli americani l'impressione di lentezza e di scarso coordinamento da parte nostra, mediante la formulazione di adeguati piani di riarmo e mediante un pronto inizio (dico «inizio», ma dico anche «pronto») di esecuzione dei piani medesimi.

Circa le impressioni americane, mi sento in obbligo di fare anche qualche altra considerazione.

Son convinto anch'io che nelle critiche americane vi sia una certa dose di esagerazione, di faciloneria e di «pianomania». Anche le constatazioni del generale Marras sul non alto livello mentale del personale americano mi trovano consenziente. Purtroppo questo paese ha dovuto ingigantire repentinamente il suo apparato burocratico e militare, cosicché spesso deve fare largo ricorso ad elementi, certo bene intenzionati, ma fomiti di un bagaglio intellettuale modesto e vergini d'ogni esperienza dei paesi stranieri e dei connessi problemi. (Assistiamo qui giornalmente a questo fenomeno, perfino nel Dipartimento di Stato, che pure ha una responsabilità e una tradizione superiori a quelle delle organizzazioni, per così dire, «ancillari»).

Tuttavia le critiche americane, mentre debbono essere prese nella massima considerazione per quella parte che denuncia un'effettiva preoccupazione del Governo americano, non debbono, per la parte rimanente, essere sopravvalutate. Infatti, ciò che conta è la sostanza delle relazioni italo-americane. Orbene: non c'è nessun elemento responsabile, qui, nel Governo o nella burocrazia, che non abbia piena fiducia nella dirittura e nella fermezza del presidente del Consiglio e del ministro degli affari esteri italiani e che non consideri l 'Italia come parte inseparabile della civiltà occidentale.

Quindi, mentre è mio dovere (cui non intendo sottrarmi) di lumeggiare costantemente qui le difficoltà in cui si trova il Governo italiano e di alimentare la fiducia in esso, debbo riconoscere che trovo sempre un terreno favorevole. I consigli (e anche le critiche) sono sempre ispirati dal nostro, oltre che dal comune, interesse. Gli ostacoli all'affermazione delle esigenze particolari italiane sorgono soltanto quando queste urtano contro qualche cardine fondamentale (giusto o sbagliato che sia) della politica americana, come è il caso della collusione con la Gran Bretagna nei problemi africani, oppure contro una realtà più forte della stessa America, come è il caso dell'attuale emergenza, che non consente di dispensare nessuno dal ricorso a rimedi eroici.

382 1 Vedi D. 355.

382 3 Vedi D. 280.

383

IL MINISTRO A COPENAGHEN, CONTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO 9919/21. Copenaghen, 25 agosto 1950, ore 20,30 (perv. ore 24).

Telegramma di VE. n. 7052/c. 1•

Analogo passo fatto da questo incaricato di affari Turchia per vedere appoggiata aspirazione Ankara entrare Patto atlantico ha qui trovato finora accoglienza alquanto riservata. Gli è stato infatti soltanto risposto che la cosa «sarà presa in esame». In

realtà~ come mi ha confermato questo direttore generale affari politici~ Danimarca è riluttante correre ulteriori rischi conflitto per garantire paesi che sono lontani da settori politico-strategici che la interessano. Se tuttavia U.S.A. ed Inghilterra (quest'ultima risulta essere ben disposta) si pronunciassero favorevolmente richiesta turca, questo paese, malgrado riluttanza, seguirebbe.

383 1 Vedi D. 373.

384

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, GALLARATI SCOTTI

T. S.N.D. 7193/445. Roma, 26 agosto 1950, ore 22.

Suo733 1•

Desiderio sgomberare terreno rapporti itala-britannici da questioni coloniali è tanto vivo da parte italiana che ogni qualvolta è stato possibile noi abbiamo subordinato i nostri interessi in quel campo alla volontà di agire con spirito di piena comprensione e collaborazione.

Ben so che di fronte importanza questione coreana occorre presentare fronte unico per evitare contrasti di cui altri potrebbero beneficiare, ma non si raggiungerebbe risultato perseguito sacrificando sempre e soltanto interessi italiani.

Per quanto riguarda Eritrea attraverso continue concessioni abbiamo cercato di venire incontro a posizioni quasi statiche assunte da altri paesi.

Infatti non abbiamo insistito sulla richiesta di un mandato fiduciario italiano che pure aveva raccolto notevoli consensi. Eravamo e siamo convinti che indipendenza corrisponde al desiderio maggior parte popolazione ma quale ulteriore sforzo conciliativo abbiamo accettato principio federazione. Non abbiamo però mancato fare presente in ogni occasione ed in particolare negli ultimi colloqui Londra che intendevamo una vera e propria federazione fra due Stati e non una formula ambigua che permetterebbe di scivolare verso annessione.

Abbiamo nel frattempo provveduto preparare nostra opinione pubblica a una leale soluzione federativa e se ci rendiamo conto esigenze opinione pubblica britannica su tale questione dobbiamo altresì rilevare che per ovvi motivi la nostra è assai più sensibile ad un problema che la tocca così da vicino e mal comprenderebbe irrigidimento nostri alleati.

L'ultimo progetto consegnatoci da Muniz ed a cui evidentemente ha alluso Bevin è migliore del primo progetto consegnato dalla delegazione britannica a Lake Success a Brusasca il 26 luglio. Ma anche esso non contiene ancora quel minimo di disposizioni che possano effettivamente assicurare l'autogoverno dell'Eritrea e nello stesso tempo offrire un minimo di garanzie per collettività italiana. Esso inoltre non (dico non) verrà facilmente accettato da popolazioni musulmane e irrigidimento cui

Amministrazione locale britannica spinge Foreign Office contro accoglimento nostre ragionevoli proposte mira a fare sorgere situazione che riapre possibilità tesi spartizione. Sarà utile farlo presente costì.

Desideriamo che delegazione italiana raggiunga al più presto un accordo a Lake Success su testo raccomandazione Eritrea che Interim Committee dovrà approvare, anche per evitare dover formulare in seno detto Comitato riserve per lacune e manchevolezze progetto in questione.

Confidiamo quindi nella comprensione Governo britannico, perché si induca a venire ulteriormente incontro nostre oneste proposte.

384 1 Vedi D. 376.

385

L'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 9976/192. Mosca, 26 agosto 1950, ore 20,50 (perv. ore 24).

Telegramma ministeriale n. 1371•

Oggi Mancini ha ricevuto da Export-Khleb conferma mantenimento prezzo 90 con riserva più che altro formale di approvazione da parte del Ministero commercio estero. Conformemente istruzioni da me impartitegli egli ha chiesto ed ottenuto tre giorni per rispondere cioè fino a tutto martedì 29 corr. In conformità telegramma riferimento martedì egli comunicherà senz'altro nostra accettazione. Poiché Export-Khleb non avendo esperti Roma desidera stipulare contratto qui, pregherei per accelerare conclusione fare autorizzare telegraficamente Mancini da Federconsorzi alla firma alle condizioni contratto precedente salvo ottenere se possibile leggere varianti su questione f.o.b. stivato, riduzione termini per apertura di credito c overtime. Su altre questioni in base assaggi fatti risulta impossibile ottenere miglioramento.

385 1 Vedi D. 379.

386

IL CONSOLE GENERALE A STRASBURGO, CAVALLETTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 9981/124. Strasburgo, 26 agosto 1950, ore 20,45 (perv. ore 7,30 del 27). Miei telegrammi 91 e 110 1•

In odierna votazione finale su piano Schuman conservatori sono pienamente riusciti loro manovra.

Macmillan ha proposto raccomandazione della Commissione economica (vedi mio telespresso 364 del 20 corr.)2 fosse emendata aggiungendo richiesta che Governi facciano nuovi sforzi per partecipazione di tutti a pool.

Malgrado fortissima opposizione laburisti che hanno insistito per esistenti divergenze incolmabili fra l'Inghilterra e piano Schuman e malgrado riluttanze tedesche italiane emendamento conservatore con appoggio francese ha avuto maggioranza.

Ciò ha provocato molta defezione in successiva votazione su insieme raccomandazioni emendate (60 voti favorevoli contro 32 astensioni fra cui molti tedeschi e italiani). Delegazione italiana completamente disorientata non ha fatto nemmeno dichiarazione di voto. Laburisti hanno dichiarato avrebbero accettato raccomandazione ma senza emendamenti.

Mi è stato confidenzialmente spiegato che data situazione Schuman nei confronti sua opposizione parlamentare era impossibile per francesi rifiutare richiesta conservatori fare nuovo appello per inclusione Inghilterra.

Comunque Assemblea si è piegata a esigenze lotta politica interna britannica e ha fatto artificialmente risultare esservi Strasburgo seria perplessità su esclusione Gran Bretagna da pool e quando in realtà vi sono stati solo equivoci e confusione.

387

L'AMBASCIATORE AD OTTAWA, DI STEFANO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 100\8/104. Ottawa, 28 agosto 1950, ore 13,20 (perv. ore 9,30 del 29).

Miei telegrammi 96 1 e 1032 . Riassumo intanto nuove informazioni a riguardo domanda Turchia avute da Dipartimento:

l) adesioni Parigi e Londra a richiesta Ankara non sarebbero qui ritenute determinanti; giacché essendo legate da obbligazioni trattato anno 1939 equivalenti in sostanza quelle Patto atlantico, Francia e Inghilterra non verrebbero ora ad assumersi impegni più estesi. Comunque tali adesioni sarebbero state date in via di massima e vincolate si omnes.

2) Decisivo è invece per Canada atteggiamento Washington che sarebbe perplesso anche per timore malcontento Stati atlantici minori stante noti precedenti.

U.S.A. sarebbero in difficoltà considerando eventuale alternativa concedere Ankara nuove garanzie corrispondenti quelle anglo-francesi anno 1939. Comunque qui si ritiene offerta truppe turche per Corea avrà suo peso sulla bilancia americana.

3) Qui si ignora atteggiamento Stati minori che si presume poco favorevole. Dipartimento assunto informazioni telegrafiche.

4) Per quanto concerne atteggiamento canadese pur confermando mio telegramma 96 rilevo che dopo precedente Corea realizzano qui difficoltà pratiche limitare obbligo intervento in caso nuova aggressione ad attuale sfera geografica Patto atlantico.

5) D'altra parte Dipartimento si preoccupa ingresso Ankara nel Patto comporta necessariamente accesso Atene, probabile analoga richiesta Teheran che aprirebbe via a nuova catena domande.

386 1 Dell'8 e 16 agosto, non pubblicati. 2 Non pubblicato. 387 1 Vedi D. 377. 2 Del 27 agosto, non pubblicato.

388

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO l 00211681. Washington. 28 agosto 1950. ore 19 (perv. ore 7 del 29).

Suo 7052/c. 1•

Governo americano non (dico non) ha ancora assunto orientamento preciso circa domanda turca e si è limitato far presente Ankara che ammissione nuovi paesi richiede unanime consenso attuali membri, cosicché può essere decisa previa consultazione.

Dipartimento Stato ed organi militari stanno esaminando questione in tutti suoi aspetti, ma non prevedono raggiungere conclusioni in un senso o n eli' altro prima di una o due settimane.

A quanto risulta qui, neppure Francia ed Inghilterra hanno chiarito finora loro atteggiamento. Riferisco dettagliatamente per corriere aereo in partenza domani 2 .

2 Con T. segreto l 0056/683 del 29 agosto Tarchiani aggiunse: «Dipartimento Stato ha istruito Spofford prospettare supplenti opportunità che nessun paese membro risponda Turchia finché questione non avrà fonnato oggetto esame collegiale».

388 1 Vedi D. 373.

389

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ZOPPI, AGLI AMBASCIATORI A LONDRA, GALLARATI SCOTTI, E A WASHINGTON, TARCHIANI, E ALL'OSSERVATORE ALL'O.N.U., MASCIA

T. SEGRETO 7232/C. Roma, 29 agosto 1950, ore 15.

(Per Washington e New York) Ho telegrafato Londra quanto segue:

(Per tutti) Presidente del Consiglio mi comunica quanto segue:

«Risulta da telegramma da Londra 7331 che Bevin ha pregato Gallarati Scotti di attirare personale attenzione anche del presidente del Consiglio sulle sue comunicazioni circa questione Eritrea. Ho presenti le istruzioni che Ministero ha dato nel frattempo e avevo già espresso al ministro Sforza che questione polizia interna parmi gravissima. Ciò premesso, poiché Bevin ha chiesto la mia personale considerazione, prendo l'iniziativa di precisarla anche con mie parole che prego trasmettiate a Londra:

"Condivido il desiderio di Bevin che la questione debba possibilmente risolversi in modo e in tempo da permettere agli occidentali di costituire in Assemblea fronte unico. Sarebbe estremamente controproducente che nella risoluzione per l'Eritrea si unissero ad alcuni occidentali, tra cui l 'Italia, tutti gli orientali satelliti. Ma il Governo italiano troverebbe oltremodo imbarazzante tale schieramento anche agli effetti interni. Esso sta preparando un movimento nel paese e una azione parlamentare che risvegliando le coscienze e sollevando gli animi depressi dalle conseguenze della disastrosa guerra passata porti l'Italia ad uno sforzo di collaborazione leale e totale con gli alleati del Patto atlantico.

Questo atteggiamento deciso e senza riserve oltre che rafforzare il Governo libero democratico e anticomunista in Italia avrà favorevole ripercussione in altri paesi, dal Danubio al Mediterraneo. Prego l'autorevole amico Bevin di considerare che si tratta di un momento decisivo anche per il movimento democratico operaio europeo. Ma tale nostro slancio sarebbe inceppato e lo sforzo non arriverebbe in fondo se dovessimo ammettere che in nome di un trattato che la realtà, più forte di noi tutti, sta demolendo pezzo per pezzo, non solo si toglie ali 'Italia la sua prima colonia, ma si respinge anche una soluzione intermedia che pur umiliando l'Italia come potenza coloniale conserva almeno agli italiani occasione di lavoro e opera di civiltà e agli eritrei possibilità di autonomo sviluppo. Consideri Bevin la nostra leale e feconda esperienza democratica in Somalia. La nuova Italia terrà parola anche in Eritrea e vincoli di rinnovata fiducia ci stringeranno alla Gran Bretagna e agli altri compagni di arme atlantici.

Spero che un'alta visione dell'interesse comune e della democrazia ispirerà l'atteggiamento del ministro e del laburista Bevin, al quale colgo l'occasione per esprimere i più affettuosi auguri per la sua opera e per la sua salute"»2 .

2 Per la risposta di Bcvin a De Gasperi vedi D. 397.

389 1 Vedi D. 376.

390

L'AMBASCIATORE A. ROSSI LONGHI AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO 10071/755. Londra, 29 agosto 1950, ore 22,55 (perv. ore 7,30 del 30).

Ad inizio seduta odierna Spofford ha proposto su istruzioni Washington che sostituti, in relazione a recenti passi Turchia per sua accessione a Patto atlantico, raccomandino a rispettivi Governi non (dico non) prendere singolarmente impegni con Governo turco. Governo americano, che seguirà medesima linea condotta e che non ha ancora definito sua politica al riguardo, è invece d'accordo sulla convenienza che si svolgano, per normali vie diplomatiche o attraverso Consiglio sostituti, scambi di idee fra Governi N.A.T.O. su detta questione, che sarà probabilmente oggetto di esame da parte Consiglio ministri prossima sessione New York.

391

L'AMBASCIATORE A BRUXELLES, DIANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. URGENTE ] 538/047. Bruxelles, 29 agosto 1950 (perv. il 5 settembre).

Riassumo, qui di seguito, i principali aspetti dell'atteggiamento belga alla vigilia della riunione di Parigi per il piano Schuman:

l) L'esitazione del Governo belga -risultato di pressioni degli ambienti economici interessati, naturalmente indotti a vedere più il lato specifico che non quello politico del problema -ha avuto la sua più significativa consacrazione nel discorso del liberale Roger Motz, delegato belga all'Assemblea consultiva di Strasburgo, la cui messa a punto viene qui considerata espressione dell'indirizzo concreto che il Governo ha assunto in tutta la questione, e che la delegazione a Parigi validamente sosterrà.

Motz-cui hanno dato valido rincalzo le dichiarazioni del membro supplente della delegazione lussemburghese Victor Bodson -ha, in pratica, ricordato all'Assemblea l'importanza fondamentale che, per la vita dell'Unione economica belgo-lussemburghese, hanno carbone ed acciaio.

La struttura dell'industria carboniera belga-e tutti quegli aspetti di carattere tecnico che l'ambasciata non ha mancato di mettere precedentemente in rilievo come motivi della correzione degli entusiasmi iniziali del Belgio -hanno ricevuto nel discorso di Motz ampi particolari e dovizia di dati. li prospetto de li'indice dei prezzi, dei costi delle attrezzature industriali, degli investimenti per rimodernarli e di tutti gli altri particolari coefficienti che incidono sul ciclo produttivo del carbone belga, ha culminato nella dimostrazione, qui più che nota, che il costo di produzione del carbone belga ammonta alla cifra di circa 700 franchi per tonnellata, mentre i paesi concorrenti del Belgio raggiungono un costo di produzione oscillante tra i 400 ed i 500 franchi.

Proseguendo il suo esame, Motz ha notato poi che l'applicazione del piano esporrebbe alla sospensione della loro attività il 30% degli Charbonnages belgi, con una conseguente disoccupazione di circa 50 mila minatori. Inoltre il deputato liberale ha fatto rilevare come la produzione carboniera del suo paese subirebbe un calo valutabile da 7 a 8 milioni di tonnellate, sì da determinare la polverizzazione di molti miliardi di franchi belgi investiti nelle varie imprese. Per ovviare a tali inconvenienti, Motz ha prospettato la necessità di una riorganizzazione razionale della produzione acciaio-carbone dell'Europa occidentale, e la costituzione di un fondo di perequazione per la riconversione e per il riadattamento delle imprese: fondo che dovrebbe essere prelevato sulla produzione globale degli Stati firmatari. Ed ha fissato in cinque anni il periodo di tempo necessario per il riadattamento dell'economia belga ai fini di una vera e propria attuazione del piano Schuman.

2) L'intervento del ministro Schuman a Strasburgo è giudicato indicativo della sua intenzione di creare dei legami tra l'integrazione «funzionale» del pool c l'indirizzo di integrazione sul piano politico europeo. Schuman tuttavia, secondo gli ambienti belgi, non intende -nonostante le numerose voci contrarie che si sono levate dall'Assemblea -transigere sulla «Autorità internazionale» con poteri indipendenti dai Governi nazionali.

3) La posizione britannica-che è sempre attentamente seguita-segnerebbe una tendenza verso una sempre maggiore cooperazione, sia pure con le note riserve del no-entanglement per quanto tocca la «Autorità internazionale».

4) Negli ambienti competenti si considera che l'atmosfera nella quale il piano Schuman è stato formulato, ha subito le variazioni necessariamente derivanti dagli avvenimenti di Corea. Il piano aveva, in effetti, anche l'obbiettivo di evitare il pericolo della crisi di superproduzione in Europa: pericolo che sembra onnai fugato, dato che il riarmo dei paesi del Patto atlantico ha dato luogo ad un incremento sensibile della domanda del carbone e soprattutto dell'acciaio. Si rileva al riguardo che, se ciò riduce l'interesse iniziale del piano, rende d'altra parte possibili accordi e concessioni che precedentemente, per motivi di ordine finanziario, non potevano essere visti con favore dai produttori.

È su queste ultime considerazioni che si fondano le istruzioni che la delegazione del Governo di Bruxelles ha ricevuto alla vigilia della sua partenza per Parigi. Istruzioni nelle quali è preminente la tutela esclusiva dell'interesse belga, ed assai poco avvertito il momento della collaborazione posto a base del piano. La congiuntura viene così ad operare come fattore di elasticità nell'atteggiamento belga.

392

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI ECONOMICI, GRAZZI, ALL'AMBASCIATORE A MOSCA, BR OSIO

T. SEGRETO 7268/140. Roma, 30 agosto 1950, ore 16,30.

Suo 192 1•

Per delegare Mancini firma contratto rendesi necessario specifica procura Consiglio amministrazione Federconsorzi cui rilascio comporterebbe grave perdita tempo. Mancini pertanto potrebbe sottoscrivere unitamente Export-Khleb contratto che dovrebbe essere rimesso questa rappresentanza commerciale U.R.S.S. o ambasciata sovietica per controfirma da parte Federconsorzi.

Qualora autorità sovietiche rifiutassero tale soluzione, Ferretti potrebbe recarsi costà.

Ove sia attuabile prima proposta pregasi tener presente che, fermo restando condizioni generali precedente contratto, ravvisasi opportuno, senza pregiudicare tuttavia definizione contratto, insistere per ottenere seguenti variazioni:

l) in articolo l sostituire dizione: «rinfusa a condizione f.o.b. porti Mar Nero e Mar d'Azov» con: «alla rinfusa resa f.o.b. stivato porti ecc.», modificando conseguentemente articolo 3 c annullando ultima parte articolo 7 concernente spese stivaggio;

2) modificare articolo 8, stabilendo apertura credito anziché entro tre giorni da avviso prontezza merce in ultimi tre giorni mese precedente quello caricazione singole quote mensili;

3) inserire in articolo 7 che overtime equipaggio rimane carico venditore.

Per maggiore chiarezza modifiche predette pregasi Mancini, se ne ravvisa opportunità, telefonare Ferretti preavvertendo numero 460.8202 .

393

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI, GUIDOTTI, ALLE AMBASCIATE AD ANKARA, ATENE, BRUXELLES, LONDRA, OTTAWA, PARIGI E WASHINGTON E ALLE LEGAZIONI A COPENAGHEN, L'AJA, LISBONA E OSLO

T. SEGRETO 7296/c. Roma, 30 agosto 1950, ore 22.

(Per tutti meno Ankara) Ho telegrafato ad Ankara quanto segue: (Per tutti) Questo incaricato affari turco ha chiesto formalmente 22 c.m. che Governo italiano appoggi ammissione Turchia Patto atlantico. Gli è stato in data 26

2 Per il seguito vedi D. 399.

c.m. risposto che ministro era personalmente ben disposto considerando mutuo vantaggio tutto ciò che poteva rafforzare posizione dei due paesi mediterranei, ma che accorrevano consultazioni approfondite con ministri affari esteri altri paesi Patto atlantico.

Al riguardo s'informa che ambasciatore Rossi Longhi ha telegrafato da Londra in data 29 c.m.' che Spofford su istruzioni Dipartimento di Stato -il quale non ha ancora definito suo atteggiamento -ha raccomandato che i Governi non prendano singolarmente impegni con Governo turco ma svolgano per normali vie diplomatiche

o attraverso Consiglio sostituti scambi di idee su questione che probabilmente sarà oggetto esame Consiglio ministri prossima riunione New York.

392 1 Vedi D. 3R5.

394

L'AMBASCIATORE AD ATENE, ALESSANDRINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 2132/661. Atene, 30 agosto 1950 (perv. il 6 settembre).

Rifèrimento: Mio telegramma n. 94 del 19 agosto 19501 .

Venizelos sta tentando di chiudere la crisi governativa greca con la ricostituzione di un Governo che abbia ancora carattere di centro-sinistra. È molto vicina alla verità quindi l'affermazione che obbiettivo principale di essa è stato l'allontanamento di Plastiras, allontanamento voluto dalla Corte e dai circoli militari che hanno fatto leva su Venizelos e sul suo ben palese desiderio di prendersi una rivincita dopo l'insuccesso sofferto nell'aprile scorso.

Il leader liberale, dopo le prime consultazioni, si è reso conto facilmente delle grandi difficoltà che ostacolavano la formazione di un Governo di centro-destra quale veniva auspicato dai populisti e delle gravi incognite cui esso sarebbe andato incontro ove fosse stato possibile costituirlo. Senza attendere il ritorno dall'estero di vari capi partito e sfruttando l'appoggio anglo-americano, Venizelos ha proceduto quindi alla rapida formazione di un primo nucleo governativo nella speranza di una successiva adesione dei partiti già facenti parte della vecchia coalizione di centro-sinistra. L'ambizioso Papandreu, non appena rientrato ad Atene e non appena incoraggiato da un «nulla osta» anglo-americano, ha accettato di entrare nel Governo. Plastiras invece, pur annunciando che il suo partito non fa questione di persone ma di programmi e che è disposto ad appoggiare la nuova compagine ministeriale, ha per ora escluso una partecipazione dci suoi seguaci. La posizione di fronda assunta da Plastiras ha singolari analogie con quella tenuta da Venizelos nei riguardi del precedente Governo. Forse il generale si propone di riservare a Venizelos lo stesso trattamento usatogli da

394 1 Con il quale Alessandrini aveva riferito sulla crisi governativa aperta da Venizelos.

quest'ultimo: di ritirargli cioè il suo appoggio, ed i voti del suo partito, alla prima favorevole occasione. A me personalmente, Plastiras ha del resto parlato di «probabili prossime elezioni».

Come ho accennato, il primo tentativo di Venizelos è stato diretto verso la formazione di un Governo di centro-destra; esso è fallito di fronte alla richiesta dei populisti che tale Governo venisse presieduto dal maresciallo Papagos. Una simile eventualità, contraria agli intendimenti anglo-americani, ha ulteriormente impegnato questi ultimi ~che avevano lasciato cadere Plastiras fra dubbi ed incertezze ~ad appoggiare, non senza riluttanza, il tentativo di Venizelos. Ciò che ha agevolato la rapida soluzione della crisi. Se infatti il leader liberale avesse fallito, nuove elezioni, con tutte le incognite ch'esse comporterebbero, sarebbero divenute inevitabili. Ed è comprensibile che gli anglo-americani non le desiderino in questo momento.

Deluso nelle sue aspettative, Tsaldaris ha pubblicamente condannato ~non senza qualche ragione~ la singolare procedura seguita da Venizelos nella formazione «a tappe successive» del Governo, accusando il leader liberale di voler procurarsi una maggioranza parlamentare per mezzo di mercanteggiamenti. Al che Venizelos ha replicato che Tsaldaris sperava evidentemente di riuscire a tenere il nuovo Governo sotto il suo controllo.

La necessità per l'attuale Gabinetto di conservare un carattere di coalizione centro-sinistra, sia pure senza la partecipazione diretta del partito di Plastiras, impone a Vcnizelos di evitare, almeno per il momento, sostanziali mutamenti di programma. Egli ha pertanto dichiarato che la legge sulle misure di clemenza nei riguardi dei ribelli detenuti sarà mantenuta. E con essa sarà quindi mantenuto I 'art. 18 che impone un esame delle condanne a morte da parte del Consiglio delle Grazie.

Che cosa ciò significhi appare ben chiaro dall'annuncio, dato ieri alla stampa, che su dodici domande di grazia presentate da comunisti recentemente condannati a morte, undici sono state respinte. I militari, cui Venizelos deve oggi il potere, non rinunciano evidentemente ai loro propositi: le condanne a morte sospese da Plastiras sono state eseguite subito dopo il suo allontanamento e malgrado le assicurazioni pacificatrici di Venizelos.

È ben evidente quanto tutto ciò indebolisca il Governo e come questo presti già il fianco ad attacchi che vanno dalla denuncia di Malik al Consiglio di sicurezza a sempre più aperte proteste, nella stessa Grecia, da parte di larghi strati della pubblica opmtone.

Si tratta ancora una volta di un Governo debole, costruito principalmente sulla base di posizioni e di interessi personali mal tenuti insieme da compromessi di ogni specie. Trasmetto, qui unito, l'elenco dei membri del Governo finora ufficialmente nominati2 .

393 1 Vedi D. 390.

394 2 Non si pubblica.

395

IL MINISTRO A BELGRADO, MARTINO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

R. RISERVATO 2391/1146. Bled, 31 agosto 1950 (perv. il 4 settembre).

Dalla lettera inviata da V.E. al nostro ambasciatore a Londra in data 18 agosto1 , trasmessami in copia con telespresso 15/16422 del 19 agosto, ho appreso che non vi è, in linea di massima, nulla in contrario da parte nostra a riprendere le conversazioni sulle questioni economiche connesse con l'applicazione del trattato di pace, che furono sospese perché da parte jugoslava vi fu un irrigidimento su punti basilari delle trattative medesime.

Ciò corrisponde ad una politica lineare dopoché può considerarsi raggiunto quel modus vivendi da noi desiderato circa la situazione in Zona B.

Ho già rilevato come il Governo jugoslavo abbia dato prova di desiderare una distensione non solo con l'effettivo miglioramento della situazione in Zona B, ma anche con una maggiore correntezza nella procedura di rilascio dei pescherecci sequestrati, nella soluzione di altre minori questioni, nonché nella ripresa delle conversazioni della Commissione mista italo-jugoslava per la valutazione dei beni italiani.

Ultimamente si è aggiunta l'autorizzazione alle popolazioni di confine di incontrarsi alla frontiera con parenti ed amici residenti in Italia o nel T.L.T., il che è apparso ed appare tuttora come una «straordinaria» misura di liberalità, contrastante con il rigido regime di polizia finora praticato, misura particolarmente apprezzata non soltanto da italiani e abitanti del T.L.T., che possono vedersi con i loro parenti rimasti in Jugoslavia, ma altresì da molti optanti che avendo avuto respinto o non avendo ancora ottenuto il decreto di opzione, hanno ora la possibilità di incontrarsi con i loro parenti che già si trovano in Italia.

In questa atmosfera non può essere che saggia la ripresa delle conversazioni di Roma.

Come ho avuto già l'onore di comunicare a V.E., poiché Mates spesso parlava di pagamento della prima rata di riparazioni, gli avevo precisato, e lui ne convenne, che qualora si fossero riprese le conversazioni di Roma esse dovevano essere riprese al punto in cui erano state lasciate, avendo io presente che da parte italiana si era giunti, su alcune questioni, al limite massimo delle concessioni e che erano state anche poste alcune condizioni di interdipendenza fra varie questioni.

Ma se trovo normale tale limite alla ripresa delle conversazioni, vedrei inopportuno e pericoloso per i rapporti italo-jugoslavi e specialmente data l'attuale situazione di distensione in Zona B, subordinare la ripresa delle conversazioni di Roma ad altre condizioni, quale quella del raggiungimento di un accordo a Belgrado sui beni che la Jugoslavia dovrebbe impegnarsi a indennizzare, come proposto dal presidente della delegazione italiana a Belgrado con suo te l espresso urgente n. O16 del 23 agosto u.s. 2•

2 Non pubblicato.

Nell'illustrare a Mates la situazione dei rapporti italo-jugoslavi, come dalla lettera di V.E. del 19 giugno3 , e dopo avere ottenuto l'assicurazione sulla normalizzazione in Zona B, avevo rilevato come, senza motivo, fossero state praticamente sospese le conversazioni di Belgrado, il che non aveva certamente contribuito a dare una prova della buona volontà jugoslava di regolare i rapporti pendenti con l'Italia. Mates mi promise che avrebbe subito telefonato a Belgrado, ed infatti il giorno dopo furono ivi riprese le conversazioni.

Mi rendo conto che il presidente della nostra delegazione desideri arrivare a qualche punto concreto dopo circa un anno di conversazioni, ma trovo che sarebbe assurdo da parte nostra, per non dire praticamente impossibile, subordinare da parte nostra la pura e semplice ripresa delle conversazioni di Roma, a quello che chiede il presidente della nostra delegazione a Belgrado.

Dalle precedenti comunicazioni di V.E. (fra cui telesp. 05578/c. del 17 marzo 1950 e n. 45/11138/c. del 31 maggio 1950)4 risulta che era stato stabilito, e lo si era già comunicato alla delegazione jugoslava a Roma, che mentre si era disposti a pagare 30 milioni di dollari, sotto deduzione dei l O miliardi di lire dovuti dalla Jugoslavia a sensi dell'accordo del 23 maggio 1949, il pagamento dei rimanenti 95 milioni di dollari doveva essere messo in discussione solo quando fosse stato accertato da parte della Commissione mista di Belgrado l'ammontare totale del credito italiano per i beni.

Dato questo precedente, mi parebbe del tutto inopportuno subordinare la semplice ripresa delle conversazioni di Roma alle richieste del presidente della delegazione italiana.

Ciò senza contare che anche con tutta la buona volontà jugoslava occorrerebbe pur sempre qualche mese (si tratterebbe fra l'altro da parte jugoslava di legittimare ancora ben due terzi delle domande di indennizzo), mentre a mio sommesso avviso, e per le considerazioni che ho già avuto l'onore di esporre a V.E., non è opportuno indugiare oltre sulla ripresa delle conversazioni di Roma.

A Trieste soprattutto, come ho potuto personalmente constatare, si è ansiosi che non venga pregiudicato il modus vivendi tra Italia e Jugoslavia, che la politica di V.E. è riuscita a realizzare, e il fatto stesso che gli ambienti triestini, così sensibili ai rapporti italo-jugoslavi, desiderino e si compiacciano della raggiunta détente non può non essere preso in seria considerazione.

Mi riservo di ritornare personalmente in argomento con V.E.5 .

4 Non pubblicati.

5 Il documento reca la seguente annotazione di Sforza: «Il ministro Martino ha perfettamente ragione. Per rimanere fedeli a ciò che dicemmo occorre riprendere i negoziati economici senza riferirsi alle condizioni che la ns. Commissione a Belgrado proporrebbe. 9 sett.».

395 1 Vedi D. 369.

395 3 Vedi D. 272.

396

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GALLARATI SCOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 10207/767. Londra, 1° settembre 1950, ore 15,45 (perv. ore 19).

Dopo lungo colloquio con Strang avvenuto mercoledì ho avuto ieri lungo colloquio con Bevin al quale avevo già fatto pervenire testo messaggio presidente De Gasperi 1 e pro-memoria redatto in base argomenti contenuti telegrammi di V.E. 452 e 4562 .

Trasmetto per corriere aereo resoconto due conversazioni suddette redatto da Foreign Office per uso Gabinetto britannico e che contiene testo fedele mia esposizione e risposte miei interlocutori.

Riassumo brevemente punti principali: Per quanto riguarda articolo 3 ho attirato attenzione su questione polizia interna e riscossione tasse.

Per art. l Oho insistito su nostro desiderio ottenere Consiglio consultivo, eventualmente sul tipo Somalia se volevano evitarsi inconvenienti lamentati da parte britannica per Consiglio Libia. Come ultimo «ersatz» di fronte ferma opposizione di Strang e di Bevin a idea Consiglio ho prospettato eventualità che Assemblea nominasse due vice commissari di diverse nazionalità per assistere commissario O.N.U.

Per art. 3 Strang non ha escluso possibilità emendamenti nel senso nostre osservazioni citando anche qualche precisa dizione. Egli ha insistito peraltro su necessità che testo progetto venga approvato per ora, in linea di principio, nella sua attuale redazione, onde non aprire la porta a richieste emendamenti altrui che ritarderebbero l'adozione da parte Interim Committee.

Bevin, dopo ringraziamenti per messaggio presidente Consiglio, ha parlato subito questione Consiglio sulla cui creazione ha ripetutamente manifestato sua massima contrarietà anche nella forma ridotta tipo Somalia.

Tale contrarietà si basa fra l'altro su considerazione che presenza Consiglio rappresenterebbe: l) pericolo delicata situazione Eritrea; 2) precedente per interferenza

O.N.U. in territori coloniali e mandati; 3) indice sfiducia verso volontà e capacità britannica applicare imparzialmente risoluzione O.N.U. Assai più conveniente a suo avviso sarebbe per Governo italiano fare assegnamento su efficacia risultati conseguiti trattando direttamente con Governo inglese anziché per tramite Consiglio consultivo O.N.U. A questo proposito Bevin mi ha dichiarato che in seduta Gabinetto

2 Il promemoria non è stato rinvenuto, i due telegrammi (del30 e 31 agosto) trasmettevano a Londra due comunicazioni da New York, rispettivamente di Brusasca (T. segreto l 0067/208 del 29 agosto) e di Vitetti (T. segreto 10126/215 del 30 agosto). Nella prima Brusasca riferiva di aver esposto a Muniz le perplessità italiane sul progetto da lui proposto per l'Eritrea, attenendone la sospensione della procedura di presentazione all'Interim Committee. Nella seconda Vitetti dava conto dello scambio di idee avuto con Stafford sulla sistemazione dell'Eritrea.

lunedì chiederà autorizzazione accettare se necessario prolungamento periodo transitorio fino a 3 anni, e dare assicurazione Governo italiano che Governo britannico lo consulterà preventivamente su esecuzione risoluzione, sempre che noi non insistiamo per nomina Consiglio. Egli ha anche accennato a invio Asmara di un nostro rappresentante a tale scopo.

Bevin ha insistito che in tal caso vi sarebbero dirette consultazioni fra rappresentanti Governi italiano e britannico su ogni questione importante.

Segretario di Stato ha inoltre aggiunto che, se sistemazione questione Eritrea fosse seguita da trattato amicizia italo-etiopico, tutte questioni pendenti fra i due paesi potrebbero essere risolte e vi sarebbero buone probabilità per invio tecnici e lavoratori italiani in Etiopia. Bevin aveva riscontrato buona volontà ministro esteri etiopico per quanto riguarda graduale assorbimento mano d'opera italiana in economia etiopica, qualora Governo italiano si astenesse da attività politiche in Eritrea ed Etiopia. Governo etiopico farebbe del suo meglio per facilitare sviluppi.

Debbo aggiungere che da tutta conversazione e tono su cui era impostata, traspariva in Bevin senso di leale desiderio prepararsi a risolvere in stretto contatto con noi difficoltà che potrebbero presentarsi nell'attuazione risoluzione O.N.U3 .

396 1 Vedi D. 389.

397

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GALLARATI SCOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 10255/776. Londra, 2 settembre 1950, ore 14,40 (perv. ore 21).

Mio 767 1•

Trasmetto messaggio ministro Bevin in data l o corrente per S.E. Presidente Consiglio:

«Thank you very much for your message about Eritrea that the ltalian Ambassador delivered to me2 . Wc had a satisfactory conversation yesterday, about which he will no doubt inform you. I send you my best wishes».

2 Vedi D. 389.

396 3 Con T. s.n.d. l 0218/770 in pari data Gallarati Scotti aggiungeva: «Bevin in colloquio ieri mi ha dichiarato che, considerando ormai probabile favore Interim Committee per federazione, egli avrebbe richiesto in prossima riunione Gabinetto definitivo abbandono tesi spartizione che Governo britannico aveva sempre sostenuto come la preferibile». Per la risposta vedi D. 402.

397 1 Vedi D. 396.

398

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALLE AMBASCIATE A BUENOS AIRES, CARACAS, CITTÀ DEL MESSICO, LIMA, RIO DE JANEIRO E SANTIAGO

T. SEGRETO 7410/c. Roma, 4 settembre 1950, ore 13.

Ho ricevuto in occasione suo passaggio Roma diretto Lake Success, ministro esteri Pakistan Zafrullah Khan, che mi ha espresso desiderio mio personale interessamento per raccomandare, presso Governi amici latino-americani, sua elezione presidente prossima Assemblea generale Nazioni Unite. Prego V.S. volerne intrattenere codesto Governo mettendo in rilievo meriti Zafrullah Khan e interesse che presenta valorizzare personalità rappresentativa Asia e di sicura fede democratica in questo momento particolarmente delicato per quel continente. Voglia anche aggiungere che Zafrullah Khan ebbe sempre coi delegati America latina rapporti cordialissimi.

399

L'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 10324/197. Mosca, 4 settembre 1950, part. ore 0,18 del 5 (perv. ore 7,20).

Seguito telegramma 194 1 e riferimento telegramma ministeriale 140 2•

Oggi Export-Khleb ha convocato Mancini per comunicargli approvazione Ministero commercio estero vendita 200.000 tonnellate grano prezzo f.o.b. 90 dollari con medesime caratteristiche c condizioni del contratto anteriore.

Quanto sopra ha indotto dirigenti sovietici rigettare sostanzialmente nota proposta di modifica taluni punti del contratto stesso, nonostante sforzi compiuti nuovamente da Mancini per ottenere accettazione di almeno qualcuno di essi e particolarmente punti riguardanti spese stivaggio e onere fuori orario. Dopo prolungate discussioni parte sovietica dichiaravansi soltanto disposti mantenere stesso prezzo in lire italiane per ogni tonnellata stivata senza sollevare necessità aumentarlo congruamente per effetto della rivalutazione del rublo. Inoltre accettasi fissazione da 60 a 50 giorni il termine di validità apertura di credito e aderiscesi in principio nostro desiderio di ricevere contemporaneamente copia in inglese delle fatture originali in russo. Trattasi di ritocchi di minima portata.

2 Vedi D. 392.

Parte sovietica si è dichiarata disposta autorizzare in base a quanto sopra propria rappresentanza commerciale in Roma firmare contratto insieme delegato Federconsorzi, istruendola intanto opportunamente. Faccio però presente che detta rappresentanza non (dico non) avrà alcun potere di modificare ancorché lievemente condizioni contrattuali.

Esprimo quindi avviso che ulteriori insistenze qui o costì non sortirebbero alcun effetto pratico, ritardando unicamente conclusione; pertanto rimango in attesa urgente benestare per conseguenti comunicazioni Export-Khleb3 .

399 1 Del 29 agosto, non pubblicato.

400

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALLE AMBASCIATE A BRUXELLES, PARIGI E WASHINGTON, ALLE LEGAZIONI A L' AJA E LUSSEMBURGO E ALLA MISSIONE NELLA R.F. DI GERMANIA

T. SEGRETO PRECEDENZA ASSOLUTA 7453/c. Roma, 5 settembre 1950, ore 17.

Ho interessato Governo americano intervenire presso quello francese per farlo recedere da intendimento escludere territori nord africani (Tunisia, Marocco, Algeria) da pool acciaio-materie prime-carbone previsto da piano Schuman.

Atteggiamento francese mantiensi intransigente malgrado nostre vivissime insistenze. Intendimento francese:

l) contrasta dichiarazione Schuman del 9 maggio in cui parla vasi di «sviluppo continente africano» come uno dei compiti essenziali dell'Europa;

2) colpirebbe mortalmente siderurgia la quale potrebbe sopravvivere dopo abolizione restrizioni e dazi soltanto se sicura ricevere materie prime da zone più vicine non solo a condizioni eguali a quelle degli altri paesi partecipanti (come Governo francese è disposto promettere) ma anche e sopra tutto con certezza assoluta di ricevere materie prime indispensabili.

Se territori nord africani vengono esclusi da pool tale certezza verrà mancare in quanto come accade adesso miniere africane venderanno a preferenza loro minerali a zona sterlina e a zona dollaro.

Prego intrattenere codesto Governo circa gravi conseguenze che deriverebbero da intransigenza francese in quanto Governo italiano potrebbe essere obbligato suo malgrado a rivedere sua posizione circa pool.

Pregasi telegrafare 1•

399 3 Per la risposta di Grazzi vedi D. 403.

400 1 Per la risposta da Parigi vedi D. 409. Le rappresentanze a Bruxelles (T. segreto l 0397/119 del 6 settembre), Washington (T. segreto l 0467/707 del 7 settembre), L'Aja (T. segreto l 0480/55 dell'8 settembre), Lussemburgo (T. segreto l 0428/27 del 7 settembre) c Bonn (T. segreto l 0503/139 dell'8 settembre) risposero assicurando circa l'esecuzione delle presenti istruzioni.

401

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'ONOREVOLE TAVIANI, A PARIGI

T. SEGRETO URGENTISSIMO 7454/404. Roma, 5 settembre 1950, ore 16.

Suo 15 1 e nostro 3992 . Eseguito passi da lei richiesti presso ambasciate Francia e Stati Uniti ed informato altri paesi partecipanti pool nostro punto di vista. Raccomando a VS.:

l) mostrarsi intransigente anche conversazioni private per totale inclusione sfera applicazione accordo territori Nord Africa. Oltre che affermazione di principio già compresa in dichiarazioni Schuman e posta inizialmente come condizione pregiudiziale alla adesione italiana ai lavori conferenza, trattasi specifico concreto interesse italiano e non solamente italiano che non sorgano Nord Africa impianti siderurgici fuori della disciplina comune del pool. Tenga presente che ad altri effetti, come liberazione scambi, sfera applicazione O.E.C.E. ecc., tali territori sono stati e sono equiparati ad ogni effetto al territorio metropolitano francese.

2) Solo in estrema ipotesi e come concessione massima VS. potrà proporre che nostra partecipazione disciplina comune non potrà aversi se non si otterrà fin da ora da Governo francese o da produttori minerali formale impegno, convalidato in ogni caso da Governo francese, consegnare Italia quantità minerale necessaria nostra produzione quale prevista piani sviluppo già compilati. Tale quantità verrebbe indicata anno per anno stabilendosi termine per esercitare su di essa diritto di opzione. Condizione assoluta: prezzi f.o.b. e condizioni consegna eguali clienti francesi, anche se questi eventualmente fossero legati particolari accordi con le miniere africane attraverso partecipazioni finanziarie od altro.

3) Siamo d'accordo in genere per abbassamento dazi. Tuttavia tale abbassamento non può essere immediato fino a livello dazi Benelux. Proponga che tale abbassamento sia scalare sino raggiungere dazio minimo dopo triennio.

4) Per questioni mano d'opera mi riservo istruzioni dopo conosciuti termini concreti eventuali divergenze.

VS. è autorizzata dichiarare per scritto che ove tali nostre richieste che rappresentano massimo nostre concessioni e danno prova effettivo spirito europeo che anima Governo italiano non fossero accolte, nostra delegazione continuerà partecipare discussioni solo ad referendum col grave pericolo che ci si avvii ad una situazione che renda dubbia approvazione finale del nostro Parlamento3•

2 Del l o settembre, con il quale Grazzi aveva segnalato le preoccupazioni italiane circa la questione oggetto del presente documento. J Con il T. 20 del 12 settembre, trasmesso dall'ambasciata a Parigi con T. segreto I:C'A6/371, T avi ani assicurò circa l'esecuzione delle presenti istruzioni.

401 1 Trasmesso attraverso l'ambasciata a Parigi con il T. segreto 10262/358 del 2 settembre, con il quale Taviani richiedeva istruzioni in relazione all'intenzione francese di escludere i territori nord-africani dal piano Schuman.

402

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, GALLARATI SCOTTI

T. S.N.D. 7463/469. Roma, 5 settembre 1950, ore 21.

Suo 767 1 •

Considerazioni e proposte fattele da Bevin e Strang sono da noi accolte con simpatia c le apprezziamo nel loro valore anche per favorevoli riflessi che -oltre il limitato quadro eritreo -possono avere nei rapporti anglo-italiani. Ho perciò dato istruzioni a sottosegretario Brusasca, partito ieri, di tenerle ben presenti nei suoi rinnovati contatti a Lake Success e nel valutare situazione trovata al suo ritorno colà. Sono anche io persuaso che diretta e leale collaborazione italo-britannica nei problemi di interesse comune è miglior modo esaminarli e risolverli con reciproca soddisfazione. E sotto questo aspetto mi preoccupa quanto potrebbe metterei in difficoltà o creare sia pure ingiustificati sospetti a nostra azione. Dico ciò perché (come risulta da telegrammi Lake Success trasmessi con ultimo corriere a V.E.) varie delegazioni si propongono sostenere di loro iniziativa ali' infuori di ogni nostra azione cd anzi forse per fini loro propri emendamenti che è chiaro ci sarebbe difficile respingere di fronte opinione pubblica italiana ed eritrea. Ho quindi detto a Brusasca esaminare situazione, prendere contatto con Stafford e riferirmi al più presto. Ritelegraferò. Ella può intanto esprimersi come sopra esposto con franca lealtà al Foreign Office.

403

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI ECONOMICI, GRAZZI, ALL'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSIO

T. S.N.D. 7465/143. Roma, 5 settembre 1950, ore 23.

Suo 197 1•

Concordasi con quanto prospettato circa definizione contratto acquisto note 200 mila tonnellate grano. Autorizzasi informare Governo sovietico che, scopo non pregiudicare tale definizione, da parte italiana si è disposti firmare contratto stesso Roma medesime condizioni e caratteristiche contratto anteriore con le lievi modifiche già accettate da parte sovietica.

402 1 Vedi D. 396. 403 1 Vedi D. 399.

404

IL MINISTRO A L' AJA, CARISSIMO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO 10358/52. L'Aja. 5 settembre 1950, ore 20 (perv. ore 23,30).

Mio telegramma 51 1•

Segretario generale questo Ministero esteri mi ha detto che decisione ufficiale Governo olandese circa domanda Turchia ammissione Patto atlantico è riservata a prossima riunione New York Consiglio dei ministri esteri paesi interessati e che fino allora nessuna comunicazione impegnativa verrà fatta al Governo turco conformemente desiderio Governo americano espresso da Spofford in Consiglio sostituti. Ministro Boon ha aggiunto in via riservatissima che Olanda non ritiene potersi assumere, nella presente situazione internazionale, responsabilità opporsi ammissione Turchia si omnes sono favorevoli: Governo olandese avrebbe delle riserve, ma che probabilmente non formulerà nemmeno, qualora ammissione sarà decisa all'unanimità. A suo avviso ammissione Patto atlantico è per Turchia piuttosto questione prestigio. In realtà essa già riceve aiuti militari americani ed in caso aggressione sarebbe certamente assistita da forze armate americane ed inglesi.

In caso ammissione Turchia farà seguito analoga domanda Grecia, secondo quanto questo ministro di Grecia ha ufficiosamente informato questo Ministero esteri. Segretario generale non vede come potrebbe rifiutarsi in tal caso ammissione Grecia.

405

IL MINISTRO A CIUDAD TRUJlLLO, G. ROSSI LONG Hl, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. RISERVATO 400/267. Ciudad Trujillo, 6 settembre 1950 (perv. i/14).

Mi onoro comunicare che appena rientrato in sede dal congedo ho fatto una visita di cortesia a questo presidente della Repubblica, generalissimo dr. Raffele Leonida Trujillo Molina, e al ministro degli affari esteri, signor Virgilio Diaz Ordofiez, con i quali ho conversato circa le mie impressioni del viaggio in Europa e sulla promettente situazione riscontrata in Italia, argomento, quest'ultimo, al quale entrambi si sono vivamente interessati, dimostrando il loro cordiale compiacimento.

Tutti e due hanno mostrato di essere molto al corrente del lavoro ricostruttivo compiuto in Italia e compiaciuti degli ammirevoli sforzi del popolo italiano per reinserirsi nel campo internazionale ed hanno tenuto ad assicurarmi che, nell'ambito delle circostanze che si determineranno durante la prossima Assemblea generale della O.N.U., la Repubblica dominicana non esiterà a schierarsi fra coloro che sosterranno la nostra ammissione alla O.N.U. e una soluzione il più aderente possibile ai nostri interessi per quanto si riferisce all'Eritrea.

Come ho già riferito, la delegazione dominicana alla prossima Assemblea generale della O.N.U. sarà capeggiata dal signor Diaz Ordonez, il quale conta di essere a New York verso il 14 corr. A questo riguardo trovo superfluo aggiungere che dati gli eccellenti rapporti sempre esistiti fra questa legazione e il signor Ordonez, eventuali contatti diretti con lo stesso da parte della nostra delegazione a Lake Success potrebbero essere molto utili ed opportuni.

404 1 Del 28 agosto, con il quale Carissimo aveva riferito sulle prime reazioni del Governo olandese alla domanda di ammissione della Turchia al Patto atlantico.

406

L'AMBASCIATORE A MOSCA, BROSlO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 10457/205. Mosca, 7 settembre 1950, part. ore 0,25 dell'8 (perv. ore 7,30).

Telefonata Mancini non potrà avere luogo risultando Fen·etti assente da Roma. Pertanto sospensione di cui al mio telegramma 200 1 intendesi eliminata.

Prego richiamare l 'attenzione funzionari Federconsorzi delegati firma contratto circa convenienza verificare bene che importi in lire italiane prestazioni previste fra cui spese stivaggio siano (manca) a quelle del contratto precedente secondo quanto assicurato a Mancini dalla controparte. Quanto impegno di fare tenere contemporaneamente fatture in inglese sovietici per ragioni comprensibili preferiscono non farne oggetto clausola contrattuale, ma hanno formalmente promesso che provvederanno senza altro in tale senso.

Gradirei essere ad ogni buon fine informato telegraficamente firma avvenuta2 .

2 Con T. s.n.d. 7691/148 del 12 settembre Grazzi comunicava: «Contratto grano finnato oggi».

406 1 Del 6 settembre, non pubblicato.

407

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BRUSASCA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI

T. S.N.D. 10547/241. New York, 9settembre 1950, ore 18,17 (perv. ore 7 del 10).

Dopo il mio ritorno ho esposto tue preoccupazioni e tue proposte illustrando particolarmente loro scopo ottenere mediante equi riconoscimenti nostra partecipazione futuro Eritrea rasserenamento nostra opinione pubblica e rafforzamento sua fiducia alleati atlantici.

Ho dichiarato inoltre che nostro Governo dovrà prendere pubblicamente posizione contro decisioni che escludano Italia dall'organizzazione della federazione e dello Stato eritreo e possano far credere a nuove sanzioni contro nostro paese.

Presidente Piccola Assemblea Muniz, delegati messicano, inglese e statunitense si sono resi conto queste nostre esigenze ed hanno svolto opera conciliativa presso delegazione etiopica per opportune modifiche testo progetto. Etiopi hanno opposta tenace resistenza respingendo anche proposte fatteci da Governo inglese circa tasse e polizia.

Qualche lieve miglioramento è stato tuttavia ottenuto però insufficiente. Alla chiusura delle riunioni di ieri sera ho dichiarato quindi che non potevo dare consenso a progetto e che avrei chiesto nuove istruzioni.

Muniz ha espresso suo rammarico ma ha dato atto in seduta nostri sforzi conciliativi e nostra correttezza e lealtà durante trattative augurandosi possa ancora essere ottenuto nostro consenso.

Atmosfera comprensione e riconoscimenti nostri sforzi conciliativi permetterà adottare ora, senza timori di errate interpretazioni, l'atteggiamento che riterremo più consono nostri interessi.

Ieri delegazione americana mi ha comunicato vivo apprezzamento Dipartimento Stato per dichiarazioni da me fatte Ansa mio arrivo Roma qualificandole coraggioso gesto chiarificazione problema avanti opinione pubblica. Ritengo quindi, salvo nuovi fatti, di poter affrontare con opportuna preparazione anche posizione sereno ed obiettivo dissenso in Assemblea per salvaguardare posizione Governo avanti Parlamento e paese. Probabili interventi altre delegazioni, che proporranno emendamenti senso nostre proposte, daranno la prova che esse non costituiscono nostre particolari pretese ma coincidono esigenza chiarezza e coerenza decisioni Assemblea per far sorgere tollerabile federazione tra Eritrea ed Etiopia.

Tengo dunque aperte tutte le vie e pregoti farmi comunicare istruzioni tue e ministro Sforza 1•

407 1 Vedi D. 414.

408

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 10605/720. Washington, li settembre 1950, ore 18,21 (perv. ore 7,30 del 12).

In imminenza incontro tripartito e Consiglio nord-atlantico ho visto a lungo Matthews affinché a sua volta intrattenga Acheson su questioni che più interessano Italia.

Ho illustrato e documentato sforzo italiano per riarmo e per fronteggiare comunismo ali 'interno, conformemente a politica stabilità interna e stretta collaborazione con Stati Uniti cd altre potenze occidentali, già praticata finora con successo da nostro Governo.

Ho segnalato ritardi aiuti militari americani, necessità realizzare progetto produzione militare italiana formulato in riunioni Londra nonché, per progetto medesimo, necessità precisare tempestivamente contributo americano c sistema finanziamento tale da non appesantire nostra bilancia pagamenti.

Ho segnalato penose ripercussioni interne mancata soluzione problema eritreo malgrado nostra riconosciuta buona volontà, precisando che se nostre esigenze minime resteranno insoddisfatte non (dico non) potremo assumere responsabilità approvare risoluzione Nazioni Unite.

Ho raccomandato problema emigrazione.

Matthews ha mostrato amichevole comprensione tutto quanto da me dettogli.

Circa riarmo ha promesso acceleramento aiuti militari americani non appena nuovi fondi saranno disponibili. Per produzione italiana ha fatto presente necessità rispettare trattato pace e pertanto studiare accorgimenti per non metterei in urto con programma riarmo (ad esempio costruendo per ora cacciatorpediniere nei limiti consentiti da trattato).

Matthews mi ha confermato intenzione Stati Uniti inviare appena possibile maggiore contingente truppe americane in Europa. Mi ha detto anche che riarmo Germania non può ormai non essere ammesso in linea principio e deve essere condizionato solo da accorgimenti atti inquadrarlo saldamente in riarmo difensivo europeo.

409

L'AMBASCIATORE A PARIGI, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO l 0639/370. Parigi, 12 settembre 1950, ore 17,52 (perv. ore 22,30). Suo 7453/c.'.

Ho intrattenuto stamane Parodi sull'argomento mettendogli particolarmente in rilievo aspetto politico atteggiamento francese che era stato per me una grave sorpresa in quanto Monnet nella prima conversazione avuta sull'argomento, a mia domanda, mi aveva assicurato che Nord Africa sarebbe stato nel pool. Gli ho detto che minerale Nord Africa rappresentava per noi unico vero interesse piano Schuman. Tenevo avvertirlo che decisione francese sarebbe stata interpretata in Italia ed in parte lo era già (specie in considerazione atteggiamento autorità francesi nei riguardi accordo fra siderurgia italiana e francese) come volontà francese voler in principio creare difficoltà per siderurgia italiana e ciò contro spirito generale piano Schuman ed assicurazioni datemi da Schuman.

Parodi, premettendomi che non conosceva dettagli della questione (il che è esatto), mi ha ripetuto considerazioni circa salari Nord Africa e mi ha chiesto se non era possibile trovare soluzione salvaguardare interessi italiani mediante diretti accordi itala-francesi concernenti minerale Ouenza.

Gli ho risposto che, prima di poterei pronunciare, era necessario vedere quale formula francesi potevano presentarci e come questa formula poteva integrarsi piano Schuman.

A mia impressione questo voltafaccia francese (Monnet era stato con me categorico al riguardo) è motivato da decisione ménager Inghilterra: minerale Nord Africa interessava infatti molto più Inghilterra che Francia e sua inclusione nel pool è, ritengo, causa non ultima atteggiamento inglese. Visto atteggiamento socialisti, che hanno peso politico prevalente in amministrazione dette miniere, ritengo assai difficile ottenere modifica principio posizione francese.

Quanto a accordi diretti itala-francesi, è evidentemente possibile: bisognerà vedere a che condizioni. Per quello che riguarda nostro atteggiamento generale è bene che abbiamo puntato i piedi: in fatto però bisognerà tener conto che, a quanto mi è stato detto a varie riprese, disponibilità minerale Ouenza è condizione sine qua non perché nostra siderurgia abbia qualche speranza essere economicamente vitale. Se è veramente così, se cioè noi non abbiamo veramente altre possibilità assicurarci rifornimento minerale a condizioni economiche, è evidente che nostre probabilità negoziati sono limitate. Questo è stato sempre del resto convinzione francesi e per questo hanno sempre avuto tendenza farci passare sotto forche caudine.

409 1 Vedi D. 400.

410

IL CAPO DELLA DELEGAZIONE PRESSO L'O.E.C.E., CATTANI, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ZOPPI

T. S.N.D. URGENTISSIMO 10618/379-380. Parigi, 12 settembre 1950, ore 5,13 (perv. ore 13,30).

Trasmetto seguente telegramma inviato [da] ministri Pella e La Malfa al ministro Sforza a Washington. Ministri pregano comunicare urgentemente al presidente del Consiglio domandandogli se è d'accordo che il ministro Sforza solleciti prevista riunione a Washington:

«In un colloquio confidenziale odierno con Petsche questi ha convenuto con noi che la riunione ministri delle finanze debba prendere forma di una prossima riunione a Washington del Comitato economico del Patto atlantico a livello ministri eliminando così ogni possibile prevenzione circa una punta antiamericana.

Ciascuno dei Governi interessati dovrebbe far presente indipendentemente agli americani suo desiderio di tale riunione.

In essa Petsche intende presentare proposte circa ripartizione dell'onere economico-finanziario del riarmo e relativo meccanismo, proposte che non conosciamo ancora se non molto vagamente e sulle quali abbiamo esitato entrare in discussione ritenendo che sia [necessario] prima esaminarle qui nei prossimi giorni fra i nostri esperti ed i francesi. In linea politica generale preoccupazione fondamentale di Petsche è di assicurare effettiva armonizzazione fra le esigenze militari e quelle economiche e sociali ed in particolare necessità della difesa contro il pericolo di inflazione. Anche noi riteniamo che solo in tal modo sia possibile uscire da una parte dalle generalità e dall'altra dal ginepraio delle questioni singole e realizzare effettivo riarmo che è necessario. L'approfondimento dei problemi che abbiamo iniziato qui anche con nostri esperti mostra quanto intimamente siano connessi problemi del riarmo e del relativo aiuto con quelli della nostra produzione economica e degli aiuti E.R.P. e conferma necessità di un chiarimento che conduca anche a indispensabile coordinamento tra N.A.T.O. ed O.E.C.E.-E.C.A. Circa particolare problema delle commesse discusso a Londra ne abbiamo egualmente iniziato qui con gli esperti esame che continueremo a Roma per gli aspetti più strettamente industriali sui quali non siamo interamente tranquilli. Premesso che condividiamo pienamente concetto che l'Italia debba contribuire nel modo più efficace con la sua attrezzatura produttiva al riarmo comune osserviamo che la formula del pagamento delle commesse attraverso E.P.U. proposta dai nostri esperti incontra prima facie nostra simpatia. Essa costituisce però soltanto uno strumento per canalizzare pagamenti ma non rappresenta di per sé soluzione dei problemi economici e finanziari che si pongono in misura diversa per ciascun partecipante. Essa può quindi venire applicata soltanto quando siano chiari i problemi di fondo relativi finanziamento e pagamento delle commesse e sia perciò possibile determinare probabile entità del nostro saldo credito. Quest'ultimo punto che è essenziale non può essere risolto senza ricollegarlo tanto con gli aiuti per il nostro programma proprio di riarmo quanto con I'E.R.P.

In tali condizioni riteniamo che dal punto di vista della politica economica si possa confermare senz'altro che l'Italia intende realizzare il massimo di produzione militare e paramilitare per eseguire il suo programma di riarmo e per contribuire a quello dei suoi alleati [ma] tale sforzo implica necessità accelerare al più presto con gli alleati e, in primo luogo, cogli americani i problemi sorti in funzione della determinazione quantitativa e qualitativa degli aiuti necessari per completare le nostre proprie risorse produttive permettendo tradurle in atto. Da parte nostra formula U.P.E. ci appare in linea generale idonea per eseguire il regolamento delle commesse ma tuttavia non riteniamo che se ne possa discutere prima che siano definiti problemi di fondo nei desiderata dei ministri delle finanze.

Abbiamo presente il termine 30 corr. convenuto a Londra e riteniamo perciò che detta riunione dovrebbe avere luogo a Washington già prima tale data. Se ciò fosse impossibile converrebbe spostarla attorno 16 ottobre tenendo conto riunione del Consiglio O.E.C.E. 7 ed 8 ottobre.

Comunichiamo quanto precede a presidente del Consiglio e se egli sarà d'accordo ti saremo grati volerti adoperare tu senz'altro perché la convocazione abbia luogo.

Siamo sicuri che tu comprenderai che lo spirito di questa nostra comunicazione non è in nessun modo negativo né evasivo. Al contrario [complessità] dei problemi ci convince che solo chiarendone subito e bene impostazione cogli alleati sarà possibile a noi ed agli altri procedere speditamente e sfruttare al massimo risorse di ciascuno per la difesa comune tanto sul piano economico sociale quanto su quello militare» 1 .

411

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI ECONOMICI, GRAZZI, ALL'ONOREVOLE TAVIANI, A PARIGI

T. SEGRETO 7727/428. Roma, 13 settembre 1950, ore 21,10.

Suo n. 201 . Reazioni Governi partecipanti piano Schuman già telegrafatele. Riassumonsi come segue:

Governo tedesco condivide pienamente nostro punto di vista. Governo belga in principio favorevole ma sostanzialmente indifferente. Governo olandese indifferente. Governo lussemburghese non manifestatosi.

Telegrafato oggi ministro Sforza Washington2 intrattenere Schuman e altri colleghi nonché Governo americano circa gravità questione. Ministri interessati ribadiscono vitale importanza inclusione Nord Africa ai fini adesione italiana pool.

Essi fanno presente che compensazioni cui le ha accennato Monnet non potrebbero consistere che in impegno di cui condizioni furono indicatele con telegramma n. 4043 , da sottoscrivere da parte francese prima che adesione da parte codesta delegazione sia data ad esclusione Nord Africa da pool. Naturalmente tale impegno sarebbe caduco nel caso accordo generale pool non fosse raggiunto o fosse respinto Parlamento.

41 O1 Per la risposta di Sforza vedi D. 412.

2 T. segreto 7715/337 del13 settembre, non pubblicato.

-' Vedi D. 401.

411 1 Vedi D. 401, nota 3.

412

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AI MINISTRI PELLA E LA MALFA, A PARIGI

T. S.N.D. 10678/2521 . New York, 13 settembre 1950, part. ore 0,50 de/14 (perv. ore 8).

Sta bene per prima parte vostro telegramma da Parigi riguardante riunione ministri economici a Washington2 . Presumo naturalmente che Petsche abbia incaricato delegazione francese di fare eguale richiesta. Poiché agenda Consiglio atlantico prevede appunto coordinamento tra O.E.C.E. e N.A.T.O., per parte mia mi propongo dire che su tale questione Governo italiano sta svolgendo approfondite indagini, e si riserva esprimere sue vedute in occasione riunione Comitato economico Washington.

Per quanto riguarda commesse ritengo dover concludere da vostre osservazioni che non (dico non) si debba presentare piano italiano utilizzazione E.P.U. che ritenevo fosse stato approvato (con lievi modifiche) da Pella a Parigi.

Avrei fatto comunque giustissima riserva di cui vostro paragrafo terzo, che cioè oltre allo strumento per canalizzazione pagamenti sarebbe occorso chiarire problema fondi relativi finanziamento e pagamento commesse.

Tuttavia su questo punto essenziale (visto anche che presentazione nostro piano era stata preannunciata informalmente agli americani) gradirò vostra esplicita urgentissima comunicazione3 .

Se è confermato che piano non (dico non) si debba presentare è inteso che farò dichiarazioni nel senso generale indicato nel vostro telegramma. Tuttavia debbo avvertirvi che tale atteggiamento, e soprattutto eventualità rinvio definizione tale atteggiamento sino al 16 ottobre, che certamente male si concilia con ritmo che americani così fermamente intendono imprimere ad intero processo riarmo, produrrebbe cattiva impressione; soprattutto potrebbe offrire ad altri il destro di profittare nostre pur giustificate ma complesse perplessità per ottenere a proprio esclusivo vantaggio e a nostro sicuro danno uno spostamento volume ordinazioni.

2 Vedi D. 410.

3 Con il T. s.n.d. 10734/386 del 14 settembre Pella e La Malfa confermarono la inopportunità di presentare un piano italiano di utilizzazione dell'E.P.U.

412 1 Ritrasmesso da Roma a Parigi con T. per telefono 7756/425 del 14 settembre, ore 13 (n. 249 per la delegazione presso l'O.E.C.E.).

413

IL CAPO DELLA DELEGAZIONE PRESSO L'O.E.C.E., CATTANI, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ZOPPI

T. S.N.D. 10707/384. Parigi, 13 settembre 1950, ore 22,10 (perv. ore 7,30 de/14).

Trasmetto seguente telegramma a firma ministro Pella per il ministro Sforza con preghiera comunicarlo al presidente Consiglio ministri:

«Ho ricevuto ieri sera risposta presidente del Consiglio al mio telegramma di ieri 1 . Gli trasmetto anche il presente. Egli è d'accordo nel considerare desiderabile riunione atlantica dei ministri delle finanze a Washington e si unisce a La Malfa ed a me nella preghiera di adoperarti in tal senso sottolineando anche egli che non vi deve essere in ciò nessuna punta antiamericana e nessuna intenzione evasiva o dilatoria.

Frattanto ho veduto ambasciatore Katz al quale ho comunicato nostro punto di vista su questo punto anche nella sua qualità di presidente del Comitato di difesa economico-finanziaria atlantica. Katz a cui Petsche aveva già manifestato analogo desiderio mi ha risposto in massima lo condivide. Egli ritiene prevista riunione potrebbe aver luogo utilmente dopo conclusione presente riunione del Consiglio atlantico e prima delle prossime riunioni a Washington. Egli condivide anche pensiero nostro e francese circa opportunità che sede della riunione sia Washington. Ti sarei grato se tu volessi adoperarti in tal senso telegrafando esito tuoi passi.

Nella conversazione Katz mi ha informato che nella vostra riunione Stikker solleverà questione utilizzo O.E.C.E. in connessione con N.A.T.O. per l'esame e la soluzione problemi che si pongono con crescente complessità tanto in sede interna quanto in sede internazionale per poter provvedere mezzi per il necessario riarmo senza compromettere requisiti della stabilità monetaria e economica essenziale anche sotto il punto di vista difesa.

Katz come Stikker è f~lVorevole acchè tali problemi man mano sorgenti siano affidati all'O.E.C.E. stimando che questa è meglio di chiunque in grado affrontar

li. Inoltre egli giudica che se dovesse crearsi nuova organizzazione questa comporterebbe rapida sparizione O.E.C .E. per mancanza di uomini sufficienti competenze specifiche per attrezzare entrambi. Ciò implicherebbe anche conseguenze politiche maggiore importanza, mettendo cooperazione economica europea e atlantica sotto il segno esclusivo della guerra. Secondo informazioni qui raccolte tali idee sono condivise dal Bcnelux e dai paesi scandinavi. Svezia e Svizzera vi aderirebbero probabilmente con soddisfazione con qualche accorgimento formale. Germania vi è ovviamente favorevole. In Inghilterra mentre non si considera situazione ancora matura per decisione rigida c definitiva esiste corrente molto favorevole in massima impostazione programmatiea. Vi sono bensì esitazioni francesi delle quali non mi sono chiari motivi. La Malfa ed io siamo nettamente

favorevoli impostazione di Stikker che consideriamo la più rispondente interessi italiani e riteniamo convenga appoggiarla decisamente. Realizzando sempre meglio complessità e mole problemi di fronte a cui ti trovi voglio rinnovarti cordiali saluti ed auguri di successo»2 .

413 1 Vedi D. 410.

414

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI

T. S.N.D. l 0709/253. New York, 13 settembre 1950, ore 22,55 (perv. ore 7,30dell4).

Oggi lunga conversazione con delegati brasiliano e mcssicano che con più vari argomenti hanno premuto su mc per mostrarmi vantaggi futuri di inchinarci alla volontà etiopica rinunziando alle ultime modeste condizioni da noi poste.

Ho dichiarato loro che tanto più facevo mia la risposta negativa già data loro da Brusasca1 che alle ragioni da lui esposte (pericolosa reazione nostra opinione pubblica) io ne aggiungevo altre cioè la necessità di provare a dei popoli vicini che vogliamo bensì creare una feconda amicizia con essi ma che ci sono certi minimi toccanti nostro onore circa i quali non possiamo transigere. Avendo essi insistito aggiunsi altre ragioni ed essi finirono per inchinarsi pur deplorando il disordine e la incertezza che problema potrebbe creare in Assemblea Alta.

Osservai loro che un possibile tendenzioso intervento sovietico accusanteci di aver lasciato senza sufficiente difesa italiani e eritrei sarebbe altrimenti pericoloso. Lo ammisero.

Avendomi alla fine il delegato messicano domandato cosa faremmo se durante discussione Assemblea risuscitassero come emendamenti i punti da noi sostenuti e da Etiopia rigettati risposi: «Noi teniamo a che da questa lunga polemica nasca una permanente fiducia fra noi e Inghilterra tanto più che italiani di Eritrea hanno forse più da guadagnare da essa che da Etiopia. Rimarremmo dunque fedeli alle intese fra noi e inglesi».

Domanda fattami prova che nostri amici latino-americani non disperano di qualche finale resipiscenza etiopica circa la cui cecità e testardaggine fui con entrambi esplicito.

Partendo i due mi ringraziarono della franchezza con cui avevo loro parlato e mi espressero loro rispettoso apprezzamento della cortese tenacia con cui Brusasca ha menato finora negoziato.

Sono lieto confermare che Brusasca e suoi collaboratori hanno agito sempre in modo perfetto e che possiamo esser loro grati.

414 1 Vedi D. 407.

413 2 Per la risposta vedi D. 417.

415

IL MINISTRO A BELGRADO, MARTINO,

AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. l 0733/288. Belgrado, 14 settembre 1950, ore 21,02 (perv. ore 10del15).

Ho lungamente conferito con Mates. Ho esposto il nostro punto di vista sulla ripresa delle conversazioni a Roma giusta le istruzioni di V.E. e dell'ambasciatore Zoppi. Ho ritenuto opportuno allargare il panorama accennando alla ripresa delle conversazioni per la delimitazione delle frontiere e per il problema della pesca. Mi è parso che in linea di massima Mates abbia accolto con favore programma costruttivo, aggiungendo, da parte sua, l'opportunità della situazione internazionale presente per accelerare la definizione delle pendenze fra i due paesi. Ho [osservato] che il Governo italiano si è indotto a venire incontro al desiderio del Governo della Jugoslavia di riprendere le trattative a Roma sicuro che, proseguendo la distensione nella Zona B, i diritti umani di quelle popolazioni verranno garantiti. Ho poi particolarmente insistito sulla necessità di accelerare a Belgrado i lavori per l'indennizzo dei beni italiani come condizione per ulteriore sviluppo delle conversazioni a Roma circa le riparazioni. Mates si è reso conto della interdipendenza delle questioni e mi ha assicurato che saranno impartite istruzioni per un acceleramento dei lavori a Belgrado con particolare riguardo legittimazione delle domande di indennizzo. A comprovare forse questa buona volontà un'ora dopo la mia conversazione il segretario della Sottocommissione economica ha telefonato al nostro addetto commerciale chiedendo di riprendere le conversazioni anche economiche che erano finora rimaste sospese. Tali conversazioni riprenderanno domani. Martedì prossimo mi incontro nuovamente con Mates.

416

L'AMBASCIATORE AD ATENE, ALESSANDRINI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. RISERVATO 2251/691. Atene, 14 settembre 1950 (perv. i/16).

Mio rapporto n. 2132/661 del 30 agosto u.s. 1•

Battuto, come si prevedeva, da un improvviso e vendicativo voto di sfiducia di Plastiras, Venizelos si ripresenta alla Camera con una formazione tripartita comprendente, oltre i socialisti democratici di Papandreu, anche i populisti di Tsaldaris. L'accordo con questi due ultimi, che entrano nel nuovo Gabinetto quali vice presidenti del

Consiglio senza portafoglio, non è stato raggiunto per merito di persone, di programmi o di riflessioni sulla gravità del momento ma, sopratutto, per due fondamentali motivi: l) per l'aperto intervento del re che, su richiesta degli ambientj militari, ha chiesto ai capi partito di cessare il gioco; 2) per la ragionata paura di tutti gli ambienti di destra e del centro, specialmente parlamentari, che nuove elezioni possano portare un più ampio successo delle sinistre, sia di quelle moderate che di tinta più accesa.

E così tornano alla ribalta i populisti, malgrado la palese condanna del recente verdetto popolare e malgrado l'evidente contrarietà della pubblica opinione.

Grazie ai voti sussidiari del Papandreu, attaccato al potere più che ad ogni altra considerazione di programmi e di promesse elettorali oggi da lui messe in soffitta, si ricostituisce così il vecchio fronte populista-liberale, fronte che, a conti fatti, dovrebbe avere, come dicono i suoi zelatori, «vita assicurata per tre anni».

È lecito fare le più ampie riserve su tali previsioni, che urtano, oltreché contro le locali necessità e tradizioni di avvicendamento al potere, anche contro il palese sentimento e pensiero di larghi strati della popolazione e non solo delle masse popolari ma anche di classi medie che si chiedono se sia stato saggio allontanare Plastiras dalla responsabilità del potere gettandolo nelle braccia delle sinistre vere e proprie e facendone, anche per ifellow travellers, una facile bandiera contro l'ordine attuale.

Gli americani, che si sono dimostrati in questa circostanza molto indecisi, forse anche a causa dell'assenza di un ambasciatore avente sufficiente autorità sia qui che a Washington, si sono trovati prigionieri non solo nella forma ma anche nella sostanza del principio del rispetto delle regole e quindi anche delle cattive abitudini parlamentari locali cd hanno finito per buttar a mare la fonnula, impersonata dal generale Plastiras, della coalizione centro-sinistra già da essi perentoriamente imposta (si ricorderà la famosa lettera di Grady che costò il posto a quell'ambasciatore) nella primavera scorsa. È difficile dire fino a qual punto le ripercussioni degli avvenimenti di Corea abbiano influito su questa ammissione americana di artificiale slittamcnto a destra, ma è certo che le preoccupazioni di Washington, in dipendenza dei fatti d'Estremo Oriente, hanno dato la spinta definitiva al consenso americano in favore della presente coalizione.

Gli inglesi hanno dato il loro assenso a tale coalizione con estrema riluttanza. È sintomatico al riguardo quanto ha scritto lo Statesman and Nation: «Thc Centre Coalition undcr Generai Plastiras can scarsely be said to havc pursued a progressive policy, but it at least did somcthing to improve the lot of the civil politica! prisoners an d t o temper the previous regime of terror ... The bes t that c an be hoped is t ha t Genera! P!astiras will now takc a finn stand in Opposition and endeavour to rally ali the democratic and progressive forccs in Grecce -a task in which hc should receive British support». Anche il conservatore Spectator parla di Plastiras dicendo che egli può «reasonably regard himself as a victim of the wam. «The fali of generai Plastiras -continua la rivista--will almost certainly be followed by thc rise ot~ among othcr forces, some ofthe less agrcablc currents in Greek nationallife».

Inutile aggiungere che quelli che più si rallegrano sono gli ambienti di Palazzo, che non avevano mai desistito dal far guerra a Plastiras ed alla formazione ministeriale centro-sinistra. Il re si è spinto fino a pronunziare, in occasione del giuramento dei nuovi ministri, una inconsueta allocuzione che suona come segue:

«Vi congratulo c vi ringrazio per la vostra patriottica decisione. Il paese ha bisogno di un Governo forte, che affronti con successo questi difficili tempi c che dia allo Stato tutta la sua autorità. Sono certo che voi ponete oggi la pietra angolare del benessere della Grecia e confido che saprete dar prova di perseverante ed inspirata attività. Di tutto cuore vi auguro ogni successo nel vostro difficile compito. Compito nel quale cercherò di aiutarvi con tutta la mia energia. Proponiamoci di compiere il nostro dovere con il dinamismo, lo spirito di sacrificio c la frugalità che inspirano il nostro magnifico popolo. Iddio vi benedica».

La stampa di sinistra è subito insorta contro l 'allocuzione affermando che la Costituzione non consente al re di assumere atteggiamenti politici del genere. E continuano sempre più violenti, da parte della stessa stampa, compresa quella plastiriana, le proteste per le condanne a morte degli ex ribelli (un medico, certo Psaromita, è stato condannato avantieri alla pena capitale da parte del Tribunale militare di Larissa). Ma è evidente che il nuovo Governo è ben deciso a non lasciarsi impressionare da tali attacchi.

L'ambasciatore Exindaris, che è stato nominato a Roma da Plastiras, c che è subito qui accorso per sentir qual vento tiri nei suoi riguardi, mi ha detto d'essere certo che questo Governo non avrà vita lunga. Non è facile dire ora s'egli abbia ragione o torto. Certo anche a lui, quale ambasciatore a Roma, non si predice, d'altro lato, da parte dei nuovi governanti, vita lunga ... Così almeno si è confidenzialmente espresso Venizelos con qualcuno che si è affrettato a venirmelo a ripetere.

Solo l'avvenire e le circostanze, non solo locali, potranno dire quale sarà la sorte di questo tentativo del re e delle destre di riprendere il potere.

Per quel che riguarda il nostro paese e le relazioni italo-greche, segnalo l'empressement di Vcnizelos di assicurarmi, come già altra volta quando fu al potere in primavera, delle sue migliori disposizioni. Egli è venuto a colazione in ambasciata, accompagnato dal ministro delle finanze Kostopulos, il giorno stesso della formazione definitiva del Governo e mi ha incaricato di far pervenire a V.E., che si propone d'altronde di incontrare durante i giorni prossimi a Lakc Succcss, il suo deferente ed amichevole saluto.

416 1 Vedi D. 394.

417

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL MINISTRO DEL TESORO, PELLA, A PARIGI

T. S.N.D. 10764/2571 . New York, 15 settembre 1950, ore 12,16 (perv. ore 24).

Tuo telegramma di ieri2 . Ho già fatto dire a Spofford che giudichiamo necessario convocare al più presto a Washington Comitato economico finanziario. Lo dirò anche ad Acheson. Purtroppo possibilità pronta convocazione appaiono scarse giac

2 Vedi D. 413.

ché perfino i francesi che non hanno affatto avuto istruzioni da Petsche in senso analogo alle nostre ritengono che prima di convocare ministri economici occorre attendere rapporto apposito Working Group costituito a Londra dai supplenti per esaminare proposte secondo memorandum francese per bilancio comune. Delegazione francese dice anzi che Petsche non (dico non) vorrà venire Washington prima di essersi accertato che sua proposta o quanto meno spirito sua proposta saranno accettati da americani. Per quanto riguarda commesse, i francesi sono convinti che discussione relativi problemi in sede Comitato economico finanziario sarebbe superflua e potrebbe essere controproducente. Tale opinione sembra condivisa da tutti.

Francesi ritengono che ormai procedura migliore sia che ognuno di noi inizi immediate trattative con rispettiva ambasciata Stati Uniti presso cui mi si assicura già costituito gruppo per definire misura modalità aiuto americano. Francesi sceglieranno un test case prendendo come esempio una qualsiasi voce delle commesse previste ed indicheranno quantitativi materie prime, pagamento totale o parziale in dollari oflshore ed eventualmente aiuto in dollari offshore anche al paese committente qualora questo non sia capace pagare con mezzi propri, il tutto sino a totale copertura commesse.

Questa procedura mi sembra ottima, non rimane che applicarla al più presto anche noi. Dò istruzioni a Zoppi di cominciare immediatamente lavoro in questo senso. Infine, per quanto riguarda le tue idee circa nuove funzioni da affidare a

O.E.C.E. mi riservo esporle in Consiglio. Non mi nascondo che non (dico non) sarà facile farle passare anche se sono condivise da Stikker e da Katz, ciò che non mi stupisce affatto. Si potrà obbiettare infatti che in un momento in cui economia di pace sta sia pure lentamente avviandosi verso sua trasformazione in economia di guerra, affidare suprema direzione e coordinamento ad O.E.C.E. ove si riflettono necessariamente in prima linea preoccupazioni economia civile potrebbe presentare qualche inconveniente. D'altra parte comprendo in pieno inconvenienti soluzione opposta e farò quindi quanto posso in favore tua tesi.

417 1 Ritrasmcsso da Roma a Parigi con T. s.n.d. 7821/251 del 16 settembre.

418

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, DOMINEDÒ

T. SEGRETO 10788/258. New York, 15 settembre 1950, ore 20,18 (perv. ore 8 del 16).

Se gesto Croce Rossa per la Corea del Sud è in massima approvato occorrerebbe annunziarlo subito e poi agire prima sia inutile 1•

418 1 Per la risposta vedi D. 422.

419

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI

T. S. N.O. PERSONALE l 0787/259. New York. fS settembre 1950, ore20,18 (perv. ore 8 de/16).

Ho telegrafato stamani1 Pella circa riunioni ministri economici che finora è osteggiata dalla maggioranza almeno finché non saranno ultimati lavori comitati inferiori di Londra esaminanti difficoltà finanziarie ed elaborazione sistema pagamenti per commesse intraeuropee.

In Comitato sostituti miei collaboratori lumeggiarono necessità che anche per esecuzione «piano prima priorità» per fabbisogni più urgenti si considerino difficoltà ordine finanziario.

Americani per contro tendono ovviamente affrettare al massimo tempi sopratutto per quanto riguarda «piano prima priorità», inducendo europei porre mano subito lavori con finanziamenti su bilanci nazionali in attesa si definiscano modalità per regolamenti finanziari commesse reciproche. Atmosfera che ho qui trovata in ambiente americano sin dal primo momento corrisponde pienamente suggerimenti ed esortazioni formulatimi al momento mia partenza e di cui ti scrissi2 . Ho sempre presenti estreme difficoltà nostro bilancio e nostra situazione finanziaria gravata anche da necessari impegni investimenti interni. Ritengo però che in attuale congiuntura sarebbe per noi più che dannoso, per gli effetti psicologici negativi su americani e sopratutto per lentezza con cui mobiliterebbesi aiuto Stati Uniti, attendere per inizio lavori prima priorità completo perfezionamento intese finanziarie. Vedrei invece assoluto vantaggio indicare intenzione iniziare immediatamente produzione almeno per minima parte anni e mezzi trasporto compresi in piano prima priorità prendendo subito accordi con americani e ciò anche se fosse necessario prevedere qualche impegno finanziario per piazzamento primi contratti. È ovvio che se anche produzioni non ci venissero in peggiore ipotesi ordinate da alleati europei con adeguati pagamenti, esse potrebbero essere pur sempre utilizzate pel nostro riarmo. Ho ovunque detto che impegno noti cinquanta miliardi costituisce nostro notevolissimo massimo sforzo attuale. Sono certo d'altra parte che se fossi in grado di far sapere ad americani che noi porremo mano immediatamente anche per somma modesta su nostro bilancio nazionale a esecuzione qualche parte piano prima priorità, ciò costituirebbe la più convincente risposta alle esortazioni americane e ci consentirebbe avere presto nozione misura aiuti Stati Uniti. Tale mia proposta, che ti formulo con piena consapevolezza nostre estreme difficoltà, risponde a mio preciso convincimento che nel momento attuale ci conviene allinearci in comunità occidentale come nazione che ha presente responsabilità accelerare al massimo disposizioni difensive intero gruppo atlantico. Ciò stanno certo facendo inglesi, i quali, mentre osteggiano sensate richieste ameri

2 Non è stato rinvenuto alcun documento in proposito.

cane per rianno tedesco, fanno apparire con opportuni accorgimenti notevole loro sforzo finanziario asserendo che con ampi stanziamenti da essi già decisi potranno iniziare subito anche piano prima priorità loro assegnato.

419 1 Vedi D. 417.

420

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI

T. S.N.D. 10791/261 1 . New York, 15 settembre 1950, ore 20,59 (perv. ore 9,30 de/16).

Nella prima seduta abbiamo approvato stamani il rapporto del Comitato di Londra. Quando collega norvegese chiesto che detto Comitato informi i Governi alleati anche circa la linea politica generale io ho dichiarato che ciò poteva falsare il carattere esecutivo e tecnico del Comitato. Consiglio ha aderito mio punto di vista.

Ordine del giorno portava anche creazione Londra di un Servizio di pubblicità. Ho dichiarato che non mi opponevo ma a condizione che non si facesse un secondo Un esco e che l'opera di pubblicità non portasse il marchio del Comitato. Achcson ha appoggiato mia proposta che è stata accettata.

Seduta pomeriggio è stata di altissimo interesse perché circa politica verso Germania ha rivelato profondo dissenso fra i Tre Grandi. Io ho pronunciato un discorso esponente necessità incorporare ora i tedeschi prima che sia troppo tardi. Acheson chiudendo discussione con un discorso nel quale ha citato più volte mio punto di vista ha fatto una magistrale esposizione del come egli intenda usare limitare inquadrare cooperazione militare tedesca. Ha rivelato che Adenauer si è dichiarato pronto ad intendersi sulla base del concetto americano ciò che un'ora prima Bevin aveva negato potrebbe avvenire.

Dopo la seduta ho avuto una conversazione nel suo appartamento con Acheson nella quale mi ha ringraziato pel mio discorso come di servizio reso alla pace e mi ha confidato suo ottimo piano circa Estremo Oriente.

In tutto quanto precede ti avverto che ci siamo solennemente impegnati segreto assoluto. Ti manderò invece un mio dettagliato appunto segreto anche pel Consiglio dei ministri2 .

420 1 Minuta autografa. 2 Vedi D. 423. Il resoconto di queste sedute del Consiglio atlantico è edito in Foreign Relations ofthe United States, /950, vol. IIT, cit., pp. 309-311 e 316-320.

421

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GAS PERI

T. S.N.D. 10825/2651 . New York, 16 settembre 1950, ore 20,26 (perv. ore 8 de/17).

Solo fatto importante delle due sedute odicme2 è stato discorso di Schuman adducendo lunga serie di ragioni per «studiare lungamente» invece di decidere al più presto circa la storica offerta di effettiva solidarietà americana per difendere ovunque Europa che Acheson fece ieri3 provocando stupore fra gli uni ed emozione fra gli altri. La modesta ragionevole formula americana circa parziale rianno tedesco con l'intesa che le risorte unità tedesche siano disperse nell'esercito europeo turbava secondo Schuman l'opinione francese.

Parlai subito dopo e dissi che di ognuno degli argomenti dilatori di Schuman io avevo sentito il serio peso ma che sentivo anche che non si poteva accogliere il suo progetto dilatorio che a una condizione: di ammettere che quanto abbiamo detto e diciamo circa il pericolo mortale di una aggressione sovietica e conseguente distruzione della civiltà occidentale è un bluff.

Ho lungamente sviluppato questo pensiero e Acheson che era colpito che le sue offerte fossero accolte tanto tiepidamente mi ha ringraziato con effusione.

Fine dei nostri lavori era fissata per stasera ma per evitare una confessione scandalosa abbiamo rinviato seduta finale a lunedì. Domani si cercherà di porre in piedi una soluzione decente almeno in apparenza.

Confermo qui quanto ho detto stamani a Schuman: che le esitazioni odierne potranno costar caro alla Francia e a tutti noi.

422

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, DOMINEDÒ, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, A NEW YORK

T. SEGRETO 7859/106. Roma, 17 settembre 1950.

Suo 258 1•

Concordate maggiore rapidità possibile opportune intese con organi interessati e preavvertito nome VE. anche presidente del Consiglio abbiamo diramato in nottata 16 seguente comunicato Ansa: <<La Croce Rossa Italiana, in seguito ad accordi inter

2 In Foreign Relations o(the United Sta/es. 1950, vol. 111, cit., pp. 311-314 e 322-326.

3 Vedi D. 420.

corsi con i Ministeri degli affari esteri e della difesa, sarà in condizioni di inviare nella Corea invasa materiale sanitario, composto di una prima unità ospcdaliera di l 00 letti ed equipaggiata di medici, infermiere volontarie c militi. Secondo la posizione presa dall'Italia verso le Nazioni Unite, l'invio sarà destinato a portare un aiuto tangibile alle vittime fra la popolazione ed i combattenti».

Seguiranno ulteriori notizie riguardanti pronta esecuzione provvedimento e reazione pubblica opinione.

421 1 l'v1inuta autografa.

422 1 Vedi D. 418.

423

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI

L. SEGRETA PERSONALE 1 . Ncw York, 17 settembre !950, ore 22.

Come ti promisi col mio telegramma del 152 , ti mando, per te c, se credi, pel Consiglio imminente, un quadro completo della situazione a tutt'oggi. Se tu leggi ai colleghi, prima i miei due telegrammi del 15 e del I 63 sui lavori del Consiglio e sui miei interventi, e poi leggerai loro la presente, essi ne sapranno quanto te e mc.

Per vostre più complete informazioni vi mando anche, qui acclusa, la traduzione italiana del memorandum nel quale -a domanda nostra alla fine della seduta del 15 -Acheson fissò i principì essenziali da lui enunciati nel suo discorso di venerdì 154 ; esso ci fu rimesso all'alba di ieri. Leggendo il memorandum vedrai che avevo torto di !imitarmi a definire «magistrale», nel mio telegramma del 15, il discorso di Acheson. Esso era, o almeno poteva divenire, senza la cecità di spiriti antiquati, un evento storico di prim'ordine (anche perché, con un tipico metodo empirico, creava quasi l 'Europa senza dirlo). Che diceva in sostanza il discorso di Achcson?

«L'America vuoi condividere con voi tutto il carico c tutti i rischi della difesa dell'Europa occidentale. E, sia per aumentare questa difesa, sia per dimostrarvi che noi ci impegniamo con voi attraverso quello che abbiamo di più caro, cioè il sangue dei nostri figli e l'onore del nostro esercito, siamo pronti ad aumentare molto notevolmente le nostre forze stanziate in Europa; e ciò a due sole condizioni che poniamo nel vostro stesso interesse: che voi accettiate di formare un esercito unico (integrated jòrce) sotto un Comando supremo unico e con uno Stato Maggiore internazionale; e che accettiate l'incorporazione di unità tedesche in questo esercito unico, unità tedesche che, per rispettare certi vostri sentimenti o timori, saranno sparpagliate nelle varie annate europee».

Come vedi ci sono dunque due problemi. Il primo è militare. Si tratta di dichiararci disposti ad accettare questa struttura di esercito e di comando. Per questo da

è Vedi D. 420.

3 Vedi D. 421.

4 Tali principi sono riassunti in Foreign Relations of' the Unita/ Sta/es, /950, vol. III, cit., pp. 316-320.

parte nostra non c'è nessuna difficoltà, perché si tratta in sostanza delle stesse formule del memorandum francese, presentato nell'ultima sessione del Consiglio dei sostituti a Londra, formule che furono esaminate e approvate dal nostro Ministero della difesa.

L'altro problema è insieme politico e militare. L'inclusione di forze tedesche nell'esercito europeo, tu sai quello che vuoi dire. Vuoi dire la Germania occidentale incorporata veramente, ancorata saldamente, nell'Europa occidentale, libera e cristiana, sottratta per sempre all'influenza sovietica e, può sperarsi, ai rischi dell'invasione russa.

Infine la presenza di grandi forze americane in Europa è un fatto storico grandioso e senza altri precedenti che quelli delle legioni romane che per tanti secoli hanno montato la guardia alle frontiere della civiltà antica.

Se tu non sapessi che questo ~se non ti avessi telegrafato ieri ~ti dovresti immaginare che tutti si sono gettati commossi e sollevati sulla proposta, come sulla sola speranza di salvezza per l'Europa. Neanche per sogno. La Francia si è dichiarata contraria, l'atteggiamento dell'Inghilterra è stato perplesso, indecifrabile e spesso~ volutamente forse~ contraddittorio. (Un collega mi diceva oggi: «Bevin ha alzato la nebbia di Londra alla dignità di programma politico»; il Belgio e il Lussemburgo hanno riflettuto l'atteggiamento della Francia; i paesi scandinavi si son mostrati incerti per altre ragioni che ti dirò dopo. I soli che si siano schierati dalla parte dell'America sono stati due: l'Italia~ per mia bocca~e l'Olanda.

Si poteva pensare, ed effettivamente si pensava in questi giorni, che la Francia mirasse ad avere le divisioni americane pur rifiutandosi di accettare quelle tedesche. Gioco pericolosissimo, ma che avrebbe avuto ancora qualche senso. Ma oggi in una lunga seduta dei sostituti che avevamo incaricato di cercare una formula d'intesa, è venuto fuori in tutta la sua formidabile portata, quello che del resto Acheson aveva detto c che vari avevano finto di non capire: e cioè che gli americani fanno della partecipazione tedesca una condizione ali 'invio delle loro divisioni in Europa. E si capisce perché: essi ritengono che le une e le altre siano necessarie, c non vogliono esporre le proprie forze se non sono ben sicuri che insieme con quelle degli altri siano in grado di resistere ad un attacco sovietico. Oggi tutti han dovuto capire, ma Guidotti, che mi ha rappresentato alla lunga seduta, mi ha stasera riferito che l'opposizione francese rimane, almeno apparentemente, incrollabile.

Siamo dunque a questa situazione grottesca se non fosse tragica: pur di rifiutare i tedeschi si rinuncia anche agli americani, cioè ci prepariamo a difendere l 'Europa con le sole forze francesi, italiane c del Benelux. È quello che mi propongo di dire brevissimamente nella seduta di domani, come ho prevenuto Acheson con un biglietto autografo di cui ti mando copia5 , biglietto che aveva anche lo scopo di spingerlo a agire.

Le esitazioni dei Dodici saranno conosciute domani a Mosca. La truculenza sovietica aumenterà nella misura stessa che crescerà la paura e la sfiducia dell'Europa, con tutte le conseguenze di politica interna in ciascun paese che ti puoi bene immaginare.

La seduta dei sostituti, alla quale alludevo più sopra, e in cui Guidotti ha agito con prudenza e dignità, ci ha riservato un'altra bella sorpresa. Si poteva credere che il nostro punto di discordia essenziale fosse rappresentato dal problema tedesco. Ma anche qui ci si sbagliava. Gli scandinavi sono usciti con cento se e ma a proposito

dell'esercito europeo, del comando unico, ecc., c hanno chiesto da principio un mese di tempo, poi dieci giorni per pensarci su e consultare i propri partiti e la propria opinione pubblica. Si tratta probabilmente più che altro di difficoltà interne costituzionali (il Gabinetto norvegese è in crisi), ma la somma totale di tutte queste circostanze è che non è stato raggiunto l'accordo su niente. Dico niente.

Di fronte a questa bella situazione sembra, stasera, che non rimane che rimandare di una diecina di giorni il Consiglio, utilizzando questo tempo per cercare di dissipare i dubbi scandinavi e, soprattutto, abbattere gli ostacoli francesi. È quello che con ogni probabilità sarà deciso nella seduta di domani mattina. Questo affare dei «dieci giorni» mi noia molto perché io volevo tornare giovedì in Italia dopo pronunziato qui il 20 sera un discorso che ho promesso. Ma poiché tutti rimarranno, senza eccezione, mi domando se non debbo restare. Penso anche che potrò sorvegliare una situazione che può necessitare miei interventi in qualsiasi momento. Ti cito un esempio. Come vedi dal n. 6 del memorandum americano lo Standing Group sarà radicalmente trasformato. Rimarrà, su questo non c'è dubbio, sulle sue attuali basi tripartitc, ma verrà dotato di uno Stato Maggiore, o qualcosa di analogo nel quale ci potremmo assicurare posti interessanti. Altrettanto dicasi del Comando supremo (il comandante sarà indubbiamente americano) e per il suo Stato Maggiore.

Se parto dovrò incaricare l 'ambasciatore di sostituinni; ma ciò è contrario allo spirito del Consiglio. Che te ne pare?

Avrei voluto aver tempo di dirti gli argomenti che ho usato nei miei discorsi di ieri e avant'ieri, ma non ho tempo. Posso assicurarti che essi han colpito anche dci francesi che me lo hanno detto. In realtà non esageravo quando nella perorazione del 15 dissi che pensavo alla salvezza non solo dell'Italia ma della Francia. Ma quos Deus vult perdere ... 6 .

ALLEGATO

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL SEGRETARIO DI STATO DEGLI STATI UNITI D'AMERICA,ACHESON

New York, 17 settembre 1950, sera.

lf I am well informed there is hesitation among the French: some play the di e hards an d want no compromises. Others prefer a compromise but with such delays and menta! reservations ... Things could not have been worse at the Deputies meeting. It is perhaps even too late fora serious pressure on Pleven.

What, then, tomorrow?

If we are asked to express an opinion, may I -I wonder -state shortly and clearly what we risk and where are the responsibilities? Or do I risk to make things worse? l'Il ask for your advise at Il.

423 h Per la risposta vedi D. 429. 7 Minuta autogratà.

I am so distressed bccause having fought so many years for a federated Europe, I saw it so near during your speech oflast Friday-which contained more than it appeared. And now ...

423 1 Spedita per corriere aereo.

423 5 Vedi Allegato.

424

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AI MINISTRI PELLA E LA MALFA

T. S.N.D. l 0859/266. New York, 18 settembre 1950, ore 14,07 (perv. ore 7 del /9).

Preso nota tue considerazioni circa finanziamenti produzione militare. Su tale problema si è qui verificata una battuta d'aspetto perché Consiglio è stato totalmente assorbito da questioni politico-militari. In sua esposizione su atteggiamento generale Stati Uniti Acheson ha però dichiarato rendersi conto necessità adozione misure di natura permanente per finanziamento programma a lunga scadenza cd ha confermato promessa contributo americano sia per tale programma e sia per quello alta priorità «a favore paesi senza adeguate risorse finanziarie interne ed esterne». Anche gruppo lavoro per studio sistema finanziamenti permanente per programmi lungo termine non si è finora riunito. Esso torse compirà qui solo breve esame modalità procedurali propri lavori per continuare poi a Londra. Ti terrò informato.

Circa relazioni N.A.T.O.-O.E.C.E. Consiglio ha ieri affidato Stikker compito presentare documento con proposte per collaborazione tra due organismi e per adeguata utilizzazione O.E.C.E. Problema verrà esaminato nuovamente da sostituti e forse domani da Consiglio.

425

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI

T. S.N.D. 10873/2691 . New York, 18 settembre 1950, ore 21,47 (perv. ore 8,20 de//9).

Nella seduta odierna Schuman c i delegati che lo sostennero pur rinnovando certe obiezioni han voluto dare impressione di essere divenuti più concilianti.

Ciò si è verificato quando Acheson ha chiesto ad ognuno di noi di formulare brevemente il proprio punto di vista; perfino Schuman ha pronunziato delle frasi possibi

liste pur commettendo l'errore di proporre che si riservi ai tedeschi il compito di eseguire dei lavori di difesa alla frontiera est. Non è certo offrendo loro di fare i terrazzicri che si guadagnerebbe una collaborazione militare che si voglia o no è necessaria.

Ti mando per aereo testo stenografico della mia dichiarazione2 .

425 1 Minuta autografa.

426

IL DIRETTORE GENERALE DEGLI AFFARI ECONOMICI, GRAZZI, ALL'AMBASCIATORE A VARSAVIA, DE ASTIS

T. 7897/63. Roma, 19 settembre 1950, ore 21.

Governo italiano ha intenzione addivenire ulteriore proroga fino a 31 dicembre

p.v. accordo commerciale vigente e ciò indipendentemente da inizio attese trattative.

Pregasi compiere passi opportuni presso codeste competenti autorità cui V.E. vorrà comunicare che in regime detta proroga contingente carbone potrebbe essere aumentato a 150 mila tonnellate mensili.

Attendesi risposta telegrafica 1•

427

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI

L. SEGRETA 1• Ne~v York, 19 settembre 1950 (perv. il 23).

Facendo seguito al telegramma di ieri scra2 accludo -come promesso -il testo della dichiarazione che il segretario Acheson, presidente della presente sessione, chiese a ognuno di noi di formulare.

Fu con questa serie di dichiarazioni -calde le une, tepide le altre -che si è chiusa la seduta di ieri, ultima della prima serie di questa sessione.

ALLEGATO

DICHIARAZIONE DEL MINISTRO SFORZA ALLA SEDUTA DEL CONSIGLIO ATLANTICO DEL 18 SETTEMBRE 1950

Per quanto io mi sia espresso in precedenza contro il rinvio di una nostra decisione su una questione così importante, sono pronto ora ad ammettere che, nelle presenti difficoltà, un rinvio può rivelarsi utile. Mi auguro tuttavia che, sia per delle considerazioni politiche sia-mi sia consentito -per dei motivi personali, la nostra prossima riunione avvenga al più presto.

Una pronta decisione infatti da parte nostra non mancherà di impressionare gli avversari della solidarietà politica e militare dell'Europa.

Il Governo italiano conferma la sua profonda soddisfazione per le proposte avanzate dal segretario di Stato americano nel suo discorso di venerdì scorso. È mia convinzione che il programma americano permetterà di elevare una potente barriera per scongiurare o resistere un'aggressione dall'Oriente c per ristabilire il coraggio e la fiducia in Europa.

11 Governo italiano è inoltre in pieno accordo con i principi di una «forza militare integrata», posta agli ordini di un comandante supremo, assistito da uno Stato Maggiore collettivo. Desidero solo aggiungere che i dettagli di un tale programma dovranno essere studiati e convenuti da parte dei Comitati di difesa e militare.

Per quanto si riferisce alla questione dell'allargamento dei compiti dello Standing Group desidero associarmi nel modo più completo con le osservazioni fatte testé da Mr. Pearson in merito all'urgente necessità di assicurare una più stretta e completa cooperazione fra lo Standing Group ed i paesi in esso non rappresentati.

Devo dire invece che non sono d'accordo con l'altra proposta avanzata dal collega canadese circa alcuni mutamenti da apportare al nostro Consiglio per assicurare la partecipazione ad esso di altri ministri. La presenza dei deputies alle nostre sedute -partecipazione che è particolarmente utile -soddisfa, a mio modo di vedere, le esigenze di competenza tecnica cui ha testé alluso Mr. Pearson senza dover alterare la utile natura continuativa del nostro Consiglio.

Desidero da ultimo compiacermi che il collega Schuman abbia oggi espresso il desiderio di una immediata collaborazione, in qualche campo difensivo, da parte dei tedeschi. Quando si ammette un inizio di collaborazione difensiva non vi sarà ragione di arrestarsi a metà.

425 2 Vedi D. 427. Allegato. Il resoconto delle sedute del Consiglio atlantico del 18 settembre è edito in Foreign Re/ations o{the Unitcd States. /950, vol. Ili, cit.. pp. 327-332.

426 1 Con T. 11150/68 del26 settembre De Astis comunicava l'adesione polacca alla proposta italiana c con T. 6146/65 del27 settembre Grazzi confermava l'avvenuta proroga dell'accordo commerciale vigente.

427 1 Spedita per corriere aereo c diretta per conoscenza anche al ministro della difesa Pacciardi ed al segretario generale agli esteri Zoppi. 2 Vedi D. 425.

428

L'AMBASCIATORE A IL CAIRO, FRACASSI, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ZOPPI

L. SEGRETA 3136. Alessandria, 19 settembre 1950 (perv. il 25).

Oggi ho passato tre ore con Azzam pascià nella sua nuova modesta proprietà ad Abukir, presso Alessandria. Gli ho fatto un discorso analogo a quello da me tenuto a questo sottosegretario agli affari esteri la scorsa settimana (mio telcsprcsso urgente n. 032 del 14 settembrc) 1• Azzam ci dà ragione in pieno ed ha mcco tacciato d'ingenuità i Governi arabi ed in particolare quello egiziano nei riguardi del problema dell'assetto da dare al futuro Stato della Libia. Se questo dovesse realizzarsi senza libere elezioni e senza riconoscimento del principio della proporzionalità dei rappresentanti nell'Assemblea, non potrebbe essere né indipendente, né sovrano, né unitario. Del resto, se il Governo crede di accaparrarsi l'amicizia del Scnusso transigendo con lui, si sbaglia. «Infatti -ha aggiunto Azzam-ho saputo proprio oggi che il Senusso ha informato il Governo egiziano di non essere disposto a prendere in considerazione le richieste dell'Egitto per una rettifica della sua frontiera con la Cirenaica. lo non condivido l'atteggiamento del Governo egiziano, troppo remissivo di fronte all'ultimo progetto Pelt, e nella mia qualità di segretario generale della Lega araba, gli ho fatto pervenire una nota scritta con la quale lo diffido a non accogliere il progetto che prevede la nomina dell'Assemblea col metodo della designazione anziché attraverso libere elezioni. Nella nota stessa ho messo in guardia il Governo egiziano contro l'eventualità che si giunga in Libia alla costituzione di uno Stato formalmente indipendente ma in effetti ridotto ad una colonia anglo-francese.

Non si accorge infatti l'Egitto che l 'Inghilterra sta creando alla sua frontiera occidentale un altro Stato fantoccio con alla sua testa un secondo Abdallah?».

Questi ed altri discorsi del genere mi ha tenuto a lungo Azzam pascià mentre stavamo passeggiando in mezzo ai palmeti lungo la bella spiaggia di Abukir. Alla mia richiesta sul come intendeva comportarsi ora, Azzam mi ha detto che questo ministro degli esteri aveva ricevuto le sua nota scritta mentre era in procinto di partire per Lake Success, ma gli aveva fatto sapere in via breve che avrebbe tenuto nella massima considerazione le osservazioni rivoltegli. In vista di ciò egli si è astenuto da altri passi, in attesa di incontrarsi col ministro a New York dove Azzam pascià si recherà probabilmente nei prossimi giorni, come riferisco separatamente. Nel fì·attempo però egli sta svolgendo una azione in Tripolitania per fonnarc un fronte unico dei partiti in fàvorc delle elezioni.

Circa l'atteggiamento che ali' Italia conviene di seguire nelle circostanze, Azzam mi ha suggerito che da parte nostra venga riaffcnnato l'intendimento di rispettare la risoluzione dell'O.N.U., per la creazione di uno Stato libico indipendente attraverso libere elezioni con sistemi democratici, senza peraltro assumere posizioni di punta contro gli attuali tentativi di compromesso, per evitare che da parte degli arabi si sospetti che noi siamo pronti a silurare la decisione dell'O.N.U. nella speranza di ritornare a qualche forma di spartizione della Libia nella quale potremmo trovare il nostro vantaggio. Azzam ha concluso dicendo che non sapeva se si sarebbe ancora riusciti a bloccare il progetto Pclt, ma che egli si sarebbe adoperato in ogni modo per raggiungere tale scopo.

A mc sembra che la linea di condotta indicata da Azzam pascià corrisponda al nostro migliore interesse; essa del resto coincide anche con le istruzioni di già da te impartite di rimanere in vigilante attesa.

Il centro di gravità della questione si sposta ora, come già lo scorso anno. a Lake Success dove essa potrà essere attentamente seguita dalla nostra delegazione in stretto contatto col ministro degli esteri egiziano, Mohamcd Salaheddin, con Kamcl Selim Bcy cd Azzam pascià.

42R 1 Non rinvenuto.

/L-~, -c c -L-c..~~.

~'7,/~~ ~ ~~ ,'S ~c-4. -,Q-~ ~~~.. ~-+-. .. ~""--~ ~.,S-,-.:t_ ~'-5

( ,/ ,/

""'----,;.__>-, ~

__.._....__ ~ L-.;...o::'-~/"\1 ~~~7---"'!_ • L 7

-j t-L-~ a.. .:--.=.----..,.~/41 'L-é-~~A--<-~.~

..c;:~ Al ,__:z:_ -..::_ / /~~ "'-'='--~-::..... _,-{---<--... ..::_ ~~

/

-1~/~,_,/

Autografo di Sforza dell'Allegato al D. 423.

~--·

c::-.. 2 .._c.... r:::-:;

/.~....._.._._.""'

;--~-zL "--~.:=., '----:,--v-::::;-".::....

-:?"'.,.....e....-,ç~~

z~~ ~· ·.,IL,. e..-:-·~-~~ k ,:.--....-.>do..~~~

~:---~ .. 4 c:·<......e. ~~---~v,:-,.·&""4·~~ ~

~~~~~ C'~,.P... _...._..__~ ~ /" ~-;:::-.rr_,.;._.

~c..~~ ,.__. ?4· 4-~

,.-,-:> ~--~~-.~:;;;;;;::,

~~~ ~~

..

/

_,..___ ,..,._7:::-.-;__.o;__,..._

__....,

.? :;--

Autografo di Sforza dei D. 432.

/':)-r,:;:a.,~-·R. ~·~---//

Jc.-4~~~-~

V"

~~;;::.....__..__

429

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, A NEW YORK

T. S. N.O. 7943/109. Roma, 20 settembre 1950, ore 23.

In Consiglio dei ministri 1 si è condiviso il tuo parere essere opportuno prolungare tua permanenza costì finché può riuscire utile per questione riarmo e quella eritrea. Si è in via di principio approvata la tua adesione a memorandum americano pur avendo trovato fondato il rilievo del ministro della difesa che per la pratica realizzazione di esercito e comando unico debbano prccisarsi alcune premesse inerenti all'art. 5. Patto e ottenere assicurazioni impegnative per nostra difesa territoriale.

430

L'INCARICATO D'AFFARI A PORTO PRINCIPE, BARBARICH, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 10937/38. Porto Principe, 20 settembre 1950, ore 9,30 (perv. ore 23).

Faccio seguito mio telespresso numero 112/31 agosto 1•

Ministro affari esteri mi ha comunicato Consiglio dei ministri deliberato procedere senz'altro snazionalizzazione beni italiani e ratifica del trattato di pace. Accennatomi che conformemente allo scambio di lettere del 5 settembre 1948 nonché allo spirito delle trattative allora intercorse, con avvenuta firma del trattato e restituzione dci beni e titoli in loro possesso nessun altro onere potrà essere richiesto per quella parte venduta ed incorporata dalle precedenti amministrazioni. Ciò verrebbe confermato anche dai verbali 11 dicembre 1948 2 firmati plenipotenziari due Governi in occasione nostro versamento spese sequestro nonché dichiarazioni fattemi da ex console generale d'Italia De Matteis.

Mancando questo archivio completa documentazione prego V.E. comunicarmi accordo.

Esprimo subordinato parere aderire punto di vista questo ministro affari esteri altrimenti ratifica del trattato di pace subirebbe nuovo imponderabile rinvio in vista imminenti elezioni (8 ottobre prossimo) nuovo presidente deJla Repubblica e Camere alle quali verrebbe sottoposta già contestata promessa denazionalizzazione.

2 Vedi serie undicesima, vol. l, D. 735.

Per poter qui espletare prima di tale data formalità ratifica e pubblicazione Gazzetta Ufficiale occorre pervenga via aerea richiesto accordo di codesto Ministero affari esterP.

429 1 Verbali del Consiglio dei ministri, maggio 1948-lug/io 1953, vol. II, cit., pp. 207-216. 430 1 Non rinvenuto ma vedi D. 368.

431

L'AMBASCIATORE A PARIGI, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. SEGRETO 696/3672. Parigi, 20 settembre 1950 (perv. il 23).

Mi riferisco al dispaccio ministeriale n. 1175/c.1 .

Petsche ha molto insistito presso Pella per avere il nostro appoggio al memorandum francese2: Alphand si è dimostrato molto soddisfatto di quanto gli ha detto in proposito Rossi Longhi. Ma al Qual d'Orsay non si mostra di appassionarsi per il fatto che noi appoggiamo o no il memorandum francese.

Può essere che ciò sia dovuto al fatto che tutte le persone che contano al Quai d'Orsay, sono attualmente a Washington: però è parecchio tempo che ho rilevato come al Quai d'Orsay, quando si parla di collaborazione italiana e francese in sede di Patto atlantico, l'entusiasmo di risposta è di cortesia.

Ciò è dovuto certamente anche al fatto che i francesi, essendo ormai parte del club ristretto dei Tre, guardano con una certa condiscendenza chi ne è fuori, ed è destinato a restarci per parecchio tempo. Ma vi contribuiscono altri elementi: i francesi hanno molte e grosse gatte loro da pelare: una situazione politica interna più che instabile; l'ossessione del problema tedesco (anche in funzione di politica interna) per il quale, anche se volessimo, poco potremmo fare effettivamente per aiutarli: infine la comune confusione delle idee di cui siamo, rispettivamente, perfettamente bene informati.

Non è facile infatti concordare una politica comune in materia di Patto atlantico fra due paesi i quali hanno, in proposito, poco più che il contrasto fra le idee delle varie persone ed uffici che sono chiamati ad occuparsene: di veramente comune abbiamo, sia pure in misura e con manifestazioni diverse, la profonda e crescente sfiducia degli americani e degli inglesi nella nostra capacità di fare qualche cosa di serio, e la crescente irritazione americana, che ne è la conseguenza.

Ciò premesso, circa la sostanza del memorandum francese non c'è nulla da osservare sull'opportunità di avere una politica atlantica deliberata in comune (senza farci nessuna illusione sul significato effettivo che gli americani vorranno dare a que

2 Vedi D. 351.

sta «deliberazione comune») e sul comando unico e la sostituzione dei gruppi regionali con scacchieri operativi (tenendo presente che la questione del confine fra il settore operativo Europa occidentale e Mediterraneo non è ancora decisa: le opinioni dell'Emma, parte francese, sono le opinioni personali di Juin che non sono quelle di tutti i militari francesi).

Il punto delicato è il fondo comune.

Dallo scambio di telegrammi che ha avuto luogo sull'argomento ho visto che il presidente del Consiglio e V.E. si sono giustamente preoccupati di non dare l'impressione che un nostro appoggio al piano francese venisse interpretato dagli americani come un tentativo di non far niente, subito, sotto il pretesto di trovare la maniera di fare meglio ... più tardi; che è poi il pensiero recondito se non del Governo francese, certo di Petsche.

A questo proposito mi sembra opportuno tener presente che per il programma immediato, per forza di circostanze e sia pure passando, in parte, attraverso accordi bilaterali, se si vuol fare qualche cosa di serio mi sembra difficile trovare altra soluzione che quella di servirsi dell'Accordo pagamenti intereupei con quegli adattamenti che le circostanze consiglieranno.

Per il programma a medio e lungo termine, invece, quali che siano le disposizioni attuali dei singoli, bisognerà finire per trovare qualche formula di fondo comune.

L'idea centrale francese, nel proporre il fondo comune, è naturalmente quella di far pagare, per la massima parte agli altri, il riarmo francese. Avendo tutte le ragioni di ritenere che questo è anche il nostro desiderio, Petsche ci considera i suoi alleati naturali: è pure evidente che i francesi intendono che di questo fondo comune la maggior parte debba andare a finanziare il riarmo francese. Cosa su cui, entro certi limiti, potremmo anche noi essere d'accordo.

Ma a partire da questo punto non sono sicuro che ci sia la stessa comunanza di vedute.

Sono piuttosto portato a credere che quanto Petsche ha detto a Pella circa le sue intenzioni di andarsene se il fondo comune non sarà accettato, sia esatto: ma questo non risolve il problema. A mia impressione -mi auguro di sbagliarmi -la volontà

o piuttosto la fiducia di potere continuare a fare molto poco è più forte da noi che non in Francia. E ciò per varie ragioni:

l) Il Governo francese si rende esattamente conto dell'estrema gravità della situazione: e che essa resterà estremamente grave anche se gli americani dovessero avere dei grandi successi in Corea.

2) Gli americani non danno pace ai francesi, ed in forme che non sono le abituali diplomatiche.

3) Il riarmo tedesco è un grosso pungolo per i francesi: nessun Governo francese può rassegnarsi all'idea che, domani, la Francia sia meno armata della Germania.

4) Governo ed opinione pubblica francese vedono e non sono disposti a rassegnarsi ad una caduta verticale della posizione francese nel mondo che è inevitabile se, sul piano interno economico e militare, la Francia non fa, sia pure tardi e male, quello che le circostanze esigono che si faccia.

Tutti stimoli che non agiscono, per lo meno nella stessa misura, su di noi.

Non vorrei quindi che da parte nostra si fosse favorevoli al piano francese in quanto esso possa sembrare ottimo pretesto per fare il meno possibile subito: perché in questo caso bisognerebbe tenere conto che la Francia è già convinta e rassegnata all'idea che bisognerà andare molto più in là: e che noi quindi appoggiandolo adesso, ci impegniamo in un certo senso ad approvare anche quello che ne verrà fuori.

Perché non ci siano equivoci, tengo a chiarire che personalmente non solo sono convinto che dobbiamo fare, ma che è interesse non americano, ma nostro di fare: e che, dato questo, sarebbe certo meglio che lo facessimo di nostra volontà e non trascinati con la cavezza e col bastone. Ma siccome non sono sicuro che, ali' ora attuale, questa non sia già la convinzione nostra, è assai meglio stare tranquilli, piuttosto che aderire adesso ad un piano e dovere poi, in una fase immediatamente successiva, tirarsi indietro clamorosamente. Non è la prima volta che questo ci accade: ma il nostro margine di credito internazionale è talmente ridotto che non è più possibile compromettere quello che resta.

Qualora invece, dalle discussioni interne che avranno luogo fra le due sessioni dei ministri degli esteri, dovesse, il che mi auguro, scaturire una decisione, realmente di Governo, nel senso di fare, allora evidentemente, si pone, di nuovo, il problema della collaborazione italo-francese. Collaborazione in certo senso naturale perché, per un complesso di ragioni, anche di analogia di politica interna, le posizioni francesi, pur non essendo identiche, sono probabilmente le meno lontane dalle nostre.

In questo caso non sarebbe soltanto il problema del memorandum francese che si pone, ma tutto il problema della politica atlantica.

Collaborazione italo-francese in seno al Patto atlantico c'è sempre un po' stata: ma è stata inorganica ed occasionale: due ministri, due alti funzionari si incontrano ad una conferenza e ad un certo momento scoprono che si potrebbe fare del lavoro insieme: ma, passata l'occasione, non se ne parla più.

Ciò dipende da molte ragioni oltre che dalla comune confusione di idee già menzionata: del Patto atlantico, come di altre cose da noi, ed anche in Francia, si occupano molti organi e dicasteri, fra cui, anche il Ministero degli esteri; ed essi agiscono in applicazione della nota massima evangelica che la mano destra non deve sapere quello che fa la sinistra. Ora una collaborazione di questo genere non serve, né ai fini della politica atlantica, né ai fini più ristretti dei rapporti italo-francesi, che stanno lentamente, ma sicuramente morendo per mancanza di contenuto.

L'appoggiare o meno il memorandum francese non dovrebbe, secondo me, essere deciso sulla base dell'opportunità dell'appoggiare o meno un piano qualsiasi,

o di fare, ad un certo momento, un gesto simpatico ai francesi, ma in base al criterio se esiste o meno, entro certi limiti, una concomitanza di idee e di interessi fra noi c i francesi. Se questa esiste, c personalmente ritengo che esista, chiariamola, precisiamola e discutiamola con i francesi. Andare d'accordo con un paese x non significa forzatamente andare d'accordo in tutto, né fare delle esclusività politiche che del resto i francesi sarebbero i primi a non accettare.

Ed allora vediamo, in concreto, per la parte economica e finanziaria, che è poi quella essenziale, quanto del piano francese corrisponde ai nostri interessi (ed a quelli generali) e quanto no: precisiamo con i francesi dove e fino a che punto siamo disposti ad appoggiarli: e precisiamo anche i punti per i quali noi domandiamo ai francesi di appoggiarci, in cambio dell'appoggio che potremo dare a loro.

Bisognerà tenere conto in tutto questo del peso relativo dei francesi, e di quello, ancor più relativo, nostro: ma con questa riserva, mi sembra che è soltanto su principì chiari e su accordi chiari che si può basare una collaborazione che possa essere di una qualche utilità ai due paesi.

430 3 Con T. 8290/22 del 3 ottobre Zoppi rispose: «V. S. potrà comunicare verbalmente a codesto ministro degli esteri che, trattandosi di testi già firmati, Governo italiano non ha alcuna osservazione da avanzare in merito decisione Governo Haiti proporre al Parlamento ratifica trattato di pace dell'Il dicembre 1948. Analoga procedura sarà iniziata innanzi Parlamento i tal i ano non appena trattato sarà stato ratificato costì».

431 1 Non rinvenuto.

432

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI

T. SEGRETO 10987/278 1 . New York, 21 settembre 1950, ore 13 (perv. ore 24).

Nel primo giorno relativamente libero ho combinato una lunga conversazione con Schuman per fargli sentire che il nostro recente dissenso circa Germania non cambiava niente alla nostra generale solidarietà.

Egli mi dichiarò che aveva subito capito che era impossibile per me non consentire caldamente con Acheson tanto più che nel piano americano io avrei visto un passo verso Unione Europea. Mi aggiunse che sarebbe stato più vicino a noi se non fosse stato imbarazzato dai potenti socialisti suoi colleghi nel Gabinetto che affettano ora un nazionalismo di cui non vuole indagare le ragioni.

Avendogli poi dichiarato quali difficoltà creerebbe per la nostra adesione al pooll'esclusione dell'Africa del Nord e sue materie prime Schuman si impegnò meco a trovare con noi una soluzione soddisfacente anche se occorresse in proposito uno speciale strumento franco-italiano. Secondo lui le difficoltà sono sorte dal fatto che dei Ministeri tecnici non compresero il lato politico del problema.

Ti prego di far comunicare quanto precede non solo a Quaroni ma anche a Taviani del quale Schuman mi parlò con particolare apprezzamento.

433

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, DOMINEDÒ, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI

T. 7998/343. Roma, 22 settembre 1950, ore 20,30.

Ansa diramato seguente comunicato notte 16 corr.:

[riproduzione del D. 422].

V.E. vorrà portare quanto precede a conoscenza Dipartimento Stato. Iniziativa fa seguito a comunicazione in data 25 agosto, avente per oggetto avvenimenti in

43~ 1 Minuta autografa.

Corea, trasmessa da Croce Rossa Internazionale a Organizzazioni Croce Rossa singoli paesi. C.R.I., facendo riferimento in particolare al paragrafo 4 di detta comunicazione ha offerto in data 16 settembre alla Croce Rossa Internazionale di partecipare ali' azione internazionale di soccorso in Corea con suindicata unità ospedali era da campo e attende ora risposta alla propria offerta.

Governo italiano appoggiando iniziativa Croce Rossa ha inteso dare segno tangibile propria solidarietà con Nazioni Unite nell'azione intrapresa dopo aggressione coreana. Conseguentemente in conformità intese stabilite con Governo italiano offerta Croce Rossa riceverà pratica esecuzione scopo ottenere tale preciso intento.

434

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

R. 10100/5826. Washington, 22 settembre 1950 (perv. il 25).

Ho ripetutamente riferito sui successivi stadi dei lavori condotti da Gordon Gray per il rapporto da presentarsi al presidente circa il programma globale che gli Stati Uniti dovrebbero adottare nei riguardi degli aiuti economici ai paesi assistiti.

Come si ricorderà, per un momento gli sviluppi della crisi coreana e l'incidenza da questi avuta su tutta l'impostazione politica-economica di questo paese avevano fatto dubitare che il rapporto non sarebbe stato più presentato. Subito dopo si chiarì tuttavia che lo studio da tempo intrapreso da Gordon Gray e già a buon punto non sarebbe stato interrotto ma, a simiglianza di quanto era stato fatto da parte del Comitato dei consiglieri economici del presidente nei riguardi del «Mid Year Economie Report», sarebbe stato completato alla luce delle nuove esigenze scaturite dagli avvenimenti internazionali cd adeguato, quindi, alle finalità con esso prospettate, a tali stesse esigenze.

Il problema basilare che si poneva nel momento in cui il Gray iniziava i lavori per il rapporto, era fondamentalmente uno: quello cioè del dollar gap. Questo naturalmente non escludeva, ma anzi presupponeva, e ne imponeva quindi lo studio, gli altri problemi o necessità risultanti dali' ormai complesso quadro dei rapporti fra America ed Europa, export drive, punto IV, investimenti e, dopo i passi svolti da quest'ambasciata, i problemi del lavoro e dell'emigrazione.

Tale impostazione è stata naturalmente capovolta dal cambiamento di direttive politico-economico-militari imposto dagli avvenimenti internazionali. Il problema fondamentale quindi non era più il dollar gap, sia perché in linea relativa questo veniva a perdere molta della sua importanza e sia perché del resto una sua soluzione almeno parziale e temporanea dovrebbe scaturire dal nuovo sistema di collaborazione economica fra gli Stati Uniti e l 'Europa imposto proprio dagli avvenimenti anzidetti. Sotto la spinta sempre più pressante della minaccia sovietica infatti, l'esigenza primaria è oggi per gli Stati Uniti quella di conciliare le necessità militari con quelle della stabilità economica dei paesi europei senza che l'assetto economico interno americano abbia a soffrirne in modo eccessivo. Modificatosi così l'obiettivo della impostazione politico-economica americana, la necessità che si è imposta al gruppo di Gordon Gray è stata quella di esaminare i metodi migliori per raggiungere le predette finalità fissando anche criteri proporzionali fra l'impiego dei vari metodi: aiuti economici, aiuti militari, assistenza tecnica, punto IV, investimenti, ecc.

È alla luce di tali nuovi elementi, o per meglio dire di una maggiore comprensione di tali elementi, che il rapporto di Gordon Gray è stato rielaborato ed è giunto ormai alla fase conclusiva.

Secondo una indiscrezione di stampa che ha suscitato notevole scalpore in questi ambienti e che ha colto di sorpresa l'Amministrazione, il rapporto in questione metterebbe in rilievo i seguenti punti:

l) Viene considerato che il problema europeo che oggi presenta gli aspetti più delicati è quello che si può definire «burro e cannoni». A tale riguardo Gray ritiene che l'Europa, malgrado i suoi sforzi, non può riarmarsi da sola e abbisognerà pertanto di prodotti finiti di carattere militare da ottenere attraverso il M.A.P. In aggiunta occorrerà seguitare a fornire separati aiuti economici, così che lo standard di vita europeo non diminuisca a causa del processo di riarmo.

2) L'altro problema che ormai si presenta in forme acute è quello delle aree non sviluppate.

3) Unificazione nella realizzazione delle forme di assistenza economica degli Stati Uniti. Al riguardo Gray propone come primo passo la fusione dcll'E.C.A. con gli enti che sopraintendono ora al programma di assistenza militare: in un secondo momento l'ente che dovrebbe unitariamente dirigere l'amministrazione degli aiuti economici e di quelli militari dovrebbe anche divenire competente per il punto IV. Viene di conseguenza che la nuova «Agency» proposta da Gray dovrebbe avere maggiori poteri che non hanno gli enti attualmente esistenti, nel determinare la politica dcll 'Export-Import Bank e l'attività della rappresentanza americana in seno alla Banca mondiale della ricostruzione.

Le linee direttive sulle quali dovrebbe realizzarsi -secondo gli elementi finora raccolti sul rapporto Gray-l'assistenza economica degli Stati Uniti dovrebbero essere:

a) Continuazione del programma di aiuti economici all'Europa per un periodo di tre o quattro anni dopo la fine del piano Marshall nel 1952; gli aiuti per il primo anno post Marshall dovrebbero essere per un ammontare approssimativamente uguale a quello degli ultimi anni c cioè tra un miliardo e mezzo e due miliardi di dollari. Gli aiuti dovrebbero poi andare declinando.

Gli aiuti economici dovrebbero continuare ad essere distinti da quelli di carattere militare concessi attraverso il «Mutuai Defcnse Assistance Program» e non essere a questo subordinati.

b) Estensione per un periodo di circa otto anni del programma di assistenza alle aree depresse che dovrebbe essere realizzato su questi tre punti: presti _i della Banca internazionale della ricostruzione e della Export-Import Bank per un ammontare annuale tra i 500 e gli 800 milioni di dollari; grants da parte degli Stati Uniti per l'importo annuo di 200-400 milioni di dollari; assistenza tecnica per un ammontare di circa 50 milioni di dollari annui. A ciò si dovrebbero aggiungere gli investimenti privati da continuare sul livello attuale.

c) Liberalizzazione di un complesso di direttive: progressivo abbassamento delle tariffe doganali; adozione di modifiche o meglio abolizione dci sussidi alla marina mercantile oggi concessi; abrogazione della legge «Buy American»; ritocchi alla legge protettiva del prezzo dei prodotti agricoli dato l'evidente contrasto che si presenta con altre più importanti direttive di politica economica estera degli Stati Uniti.

d) Creazione di un meccanismo internazionale per l'assegnazione di materie prime d'interesse militare e di difficile rinvenimento.

l vari punti toccati da Gordon Gray nel suo rapporto corrispondono a quelle impostazioni dei problemi che avevo già segnalato con mia precedente comunicazione a codesto Ministero. Non ho mancato peraltro di compiere subito opportuni sondaggi presso questa Amministrazione per conoscere quale importanza e quale grado di ufficialità attribuire alle conclusioni del rapporto di Gray, quali apparse nella indiscrezione giornalistica. Ho trovato nel!' Amministrazione notevole irritazione per tale «fuga» di notizie, dato che il rapporto di Gordon Gray non ha ancora raggiunto il suo stadio definitivo, ma si trova semplicemente in forma di bozza preliminare al! 'esame delle varie Amministrazioni. Al Dipartimento di Stato e all'E.C.A., e soprattutto presso il primo, i funzionari competenti hanno anzi tenuto a marcare il carattere del tutto preliminare del rapporto di Gray, pur non escludendo che a grandi linee le sue conclusioni corrispondevano a quelle che ho sopra riferito. Tali conclusioni, hanno osservato detti funzionari, riguardano però problemi di una tale importanza e pongono anche difficoltà così notevoli soprattutto dal punto di vista strettamente amministrativo, che il rapporto di Gray dovrà molto certamente subire notevoli modifiche, a seguito dell'esame che ne vien fatto ora da parte dci vari rami dell'Amministrazione. Esso, nella sua struttura attuale ha però un grande valore c cioè quello di «Catalizzatore» di decisioni in seno al!' Amministrazione americana che riguarderanno non soltanto le questioni relative alle misure degli aiuti, e ai problemi organizzativi, ma anche le caratteristiche che dovranno avere gli aiuti stessi. In altre parole, il rapporto Gray pone in tutta la sua violenza ancora una volta il problema degli aiuti per stabilità economica in relazione a quelli per il riarmo e forza l'Amministrazione alla ricerca di soluzioni, le quali non potranno non avere anche notevoli ripercussioni nel campo internazionale, non fosse altro che per le decisioni da assumere nei confronti dei rapporti tra O.E.C.E. c N.A.T.O.

È difficile poter prevedere quali saranno i commenti di questi organi competenti. Mi sembra che si possa dire fin d'ora che sarà pacifico un accoglimento della proposta di Gray per la continuazione degli aiuti, sia che essi continuino sotto forma di aiuti E.C.A. o che vengano camuffati dagli aiuti militari. Fino ali'episodio di Corea, l'Amministrazione americana aveva infatti insistito, come è noto a V.E., nel dogma secondo cui il 1952 avrebbe dovuto segnare la fine degli aiuti Marshall. Già allora, nell'esporre tale dogma, l'Amministrazione era insincera dato che vi era qui piena consapevolezza che gli aiuti avrebbero dovuto in un modo o n eli'altro essere continuati. N o n si voleva però irritare il Congresso, a quell'epoca ancora poco propenso a nuovi esborsi, e soprattutto non si volevano alimentare pigrizic e lentezze nei paesi europei assistiti. L'episodio coreano, con tutte le sue conseguenze nel campo del riarmo, ha naturalmente creato una situazione del tutto diversa e consente ora ali'Amministrazione di considerare con molta maggiore tranquillità il problema della continuazione degli aiuti, dato che essa è oggi certa di una maggiore arrendevolezza da parte del Congresso. Ciò che piuttosto preoccupa i vari rami dell'Amministrazione, ognuno di essi per propri motivi «campanilistici», e ciò che farà oggetto di severo esame da parte del Congresso, è come legare burocraticamente e amministrativamente il fattore economico puro con quello economico militare. Gray propone la creazione di una Amministrazione unica degli aiuti internazionali che conglobi quelli Marshall, quelli militari, punto IV, Export-Import Bank c partecipazione americana alla International Bank. Già da parte nostra si è accennato nelle conversazioni di questi giorni, che se mai a una tale formula si potrà giungere, conviene che in essa si prevedano anche iniziative relative ai problemi emigratori. Mi sembra infatti che ci convenga incoraggiare la creazione di un nuovo istituto o organizzazione con compiti molto vasti, perché in tale modo potrebbe forse essere più facilmente inserito un nuovo aspetto degli aiuti americani, quale quello deli'assistenza all'emigrazione. Comunque, sulla creazione di un unico organo si stanno centrando le più grandi perplessità e anche le battaglie interne dell'Amministrazione. Il Dipartimento, naturalmente, incoraggia una simile soluzione, a condizione che l'organizzazione da crearsi dipenda totalmente, almeno per le direttive politiche generali, dal Dipartimento stesso. L'E.C.A. tende naturalmente a costituire fin d'ora il nucleo della nuova organizzazione. Il Tesoro, ovviamente, si oppone a una simile formula, la quale verrebbe praticamente a sottrarre la Export Import Bank e il rappresentante americano nella Banca Internazionale dal diretto controllo che oggi esercita su di essi il segretario per il tesoro. Mi sembra però che si vada rassodando un certo orientamento verso l'organo unico, almeno per quanto concerne aiuti E.C.A. c aiuti militari. È da prevedersi però che le reazioni delle varie branche deli'Amministrazione verranno formulate soltanto entro uno o due mesi e che, comunque, il rapporto di Gordon Gray potrà avere valore definitivo e ufficiale solo dopo che e solo se esso incorporerà le reazioni dell'Amministrazione alle proposte finora formulate nella bozza preliminare.

Su tale rapporto dovrà poi esprimere la propria opinione il presidente Truman, e decidere se il rapporto stesso dovrà costituire la base per la elaborazione di proposte legislative per la prossima sessione parlamentare. Mi sembra facile prevedere anche che il presidente non si pronuncerà se non dopo le elezioni del Congresso del prossimo novembre c che, per ora, si procederà con la formula «business as usual», in attesa che il problema venga a maggior maturazione. Non mancherò comunque di seguire, nell'ambito della Amministrazione americana, le reazioni e i commenti al rapporto di Gray, e di influenzare tali commenti in senso a noi favorevole, per quanto riguarda il problema deli'emigrazione, secondo i passi già iniziati a suo tempo da noi al riguardo.

435

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, A NEW YORK

T. S.N.D. 8042/117. Roma, 23 settembre 1950, ore 22,30.

Tuo 279 1•

Approvo pienamente tua dichiarazione Bevin. Clausola da lui proposta se può essere considerata quale apprezzabile prova suoi sforzi conciliativi presenta inconvenienti che tu stesso hai rilevato. Essa contiene infatti semplice facoltà (che potrebbe quindi non essere esercitata dalla potenza amministratrice e dal Commissario N.U.) di ricorrere alle N.U. per proporre modificazioni e revisioni disposizioni contenute nella decisione O.N.U.

Il contegno del Commissario per la Libia deve metterei sull'avviso al riguardo. Trattandosi inoltre di semplice modifica e revisione delle disposizioni decise è esclusa facoltà ricorso per nuove proposte cosicché se non viene contemplata all'inizio l'esistenza di organi federali essi rimarranno sempre esclusi.

Clausola Bevin contiene inoltre pericolo che potenza amministratrice e Commissario presentando e protestando serie difficoltà per stabilimento federazione la dichiarino impossibile e diano così adito ripresentazione nuove proposte partizione od annessione. Dati umori varie delegazioni e possibilità presentazione emendamenti

o progetti migliori è opportuno cercare guadagnare ancora tempo per evitare che opinione pubblica, soddisfatta risultati già ottenuti avanti piccola Assemblea, si trovi di fronte accettazione da parte nostra di proposte inferiori a quelle che saranno verosimilmente presentate nel Comitato ad hoc dell'Assemblea generale.

Durante queste discussioni ed in conseguenza di esse, fcn11a la nostra linea da te confennata a Bevin, potremo concordare con delegazione britannica atteggiamento comune da seguire in spirito migliore collaborazione.

Potresti perciò comunicare a Bevin che sua proposta è stata molto apprezzata ma che data importanza argomento per i suoi riflessi sulla politica generale Governo e rapporti tra partiti coalizione governativa è necessario che essa sia oggetto di consultazione del Consiglio dei ministri al tuo ritorno dopodiché saranno date le opportune istruzioni alla nostra delegazione.

435 1 Non rinvenuto.

436

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI

T. S.N .D. 11065/283 1 . New York, 23 settembre 1950, part. ore 1,25 del 24 (perv. ore 11,30).

Nelle riunioni con Marshall di ieri Moch e il suo collega britannico ripresero, contro parere di Schuman, atteggiamento ostile programma Acheson ma oggi anche costoro hanno capito. All'invisibile Moch io feci oggi giungere attraverso un comune amico il consiglio di far sentire Francia che un prudente riarmo tedesco significherebbe difesa ali 'Elba e non al Reno cioè tedeschi battentisi per evitare invasione Italia Francia. Non ho potuto rivedere Acheson ma so che confida sottoporre fra paio giorni Consiglio atlantico una formula finale assicurante unanimità. Sono certo interpretare pensiero del Governo accettando come gli altri tutti pur lasciando ai Comitati tecnici ogni libertà dei nostri delegati di far valere le loro vedute.

Sedute atlantiche permettendo partirei giovedì.

437

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ZOPPI,

ALL'AMBASClATOREA WASHINGTON, TARCHIANI,

E ALL'OSSERVATORE PRESSO L'O.N.U., MASCIA

T. S.N.D. 8048/346 (Washington) 118 (New York). Roma, 24 settembre 1950, ore 12.

(Solo per New York) Ho telegrafato a Washington quanto segue:

(Per tutti) Consiglio ministri 1 ha approvato noto progetto spesa 50 miliardi corrente esercizio per Difesa e ha preventivato altri 100 miliardi complessivi per i due prossimi esercizi. Difesa può così sino da ora dar corso ordinativi per armi e materiali che le sono necessari e approntabili entro detto periodo. Verrà anche aumentato numero sottufficiali e specialisti. Consiglio ministri ha altresì deliberato aumento battaglioni mobili carabinieri e polizia e perfezionamento loro attrezzatura tecnica per sicurezza interna.

Trattasi serio effettivo sforzo che Italia compie con proprie limitate risorse e senza condizionarlo ad aiuto finanziario americano. Se -come confidiamo -tale aiuto ci verrà dato, potenziamento nostre Forze armate potrà risultare accresciuto e accelerato. In questo senso mi esprimo con questa ambasciata americana.

Prego informare ministro Sforza2 .

436 1 Minuta autografa. 437 1 Verbali del Consiglio dei ministri, maggio 1948-/ug/io 1953, vol. Il, cit., pp. 217-222. 2 Per la risposta di Tarchiani vedi D. 439.

438

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI

L. New York, 25 settembre 1950.

Per desiderio fattomi esprimere dal segretario generale delle Nazioni Unite ebbi oggi con lui una lunga e cordiale conversazione.

Egli teneva a dirmi che da qualche tempo aveva ricominciato a pensare all'ingresso dell'Italia nell'O.N.U.: che aveva studiato varie formule; ma che aveva dovuto rendersi conto che la più facile-ingresso di tutti i paesi in questione -non riuscirebbe per via delle colpe della Bulgaria (processo Petkov); che cercava ora di far coincidere gli interessi di tutti intorno a un gruppo minore nel quale prima l'Italia.

Lo ringraziai e gli chiesi se ne aveva parlato con Vyshinsky. «No -mi rispose-ma lo farò entro questa settimana; quel che c'è di buono nei russi è che non hanno mai né rancori né idee fisse; e si decidono senza fatica per una formula che al momento giovi loro».

Pregai Trigvie Lie di tencrmi personalmente inforn1ato.

Ti stupirà sapere che malgrado la nostra posizione di fronte all'O.N.U. molti sono i ministri degli esteri (americani o arabi) e i delegati che vengono dal ministro italiano degli esteri perché patrocini la tal o tal altra candidatura in elezioni all'Assemblea. Questi lusinghieri visitatori mi mettono spesso in imbarazzo perché mi secca di aver l'aria di vender fumo; fortunatamente questa impressione l'ho io solo.

Circa il riarmo, l'esercito europeo e la regolata collaborazione ad esso di unità germaniche, vi fu ieri e stamani una serie di alti e bassi francesi; Moch era venuto per resistere; c Pleven telefonava da Parigi dci quos ego contro un troppo rapido riarmo tedesco; Schuman e, dopo qualche ora, Moch gemevano perché, sul posto, vedevano la realtà; un assai alto membro della delegazione francese mi confidò oggi: «Nous ne savons vraimcnt pas comment nous reussissons a resister encore». Vedremo domani. L'inevitabile rimane l'inevitabile perché Washington lega alle sue vedute il suo impegno di inviare divisioni americane in Francia e nel Belgio.

Ho fatto sapere a Bevin, il quale desiderava vedcrmi ancora, che tu avevi pienamente approvato il mio no sui punti eritrei 1 in discussione e che quindi, sempre lieto di vederlo, come ero, una nuova discussione eritrea fra noi due mi avrebbe posto in una situazione imbarazzante. Incaricai tuttavia Vitetti di assicurare l'intraprendente colonnello Stafford che il desiderio del Governo italiano -confcnnato dal tuo telegramma-continua ad essere di non provocare urti fra noi c gli inglesi e anzi collaborare per una via d'uscita come Brusasca, dietro nostre istruzioni, aveva fatto sinora; ma che non ci si doveva chiedere di accettare un progetto il cui fato doveva esser solo compito dell'Assemblea.

438 1 Vedi D. 435.

439

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ZOPPI

T. 11149/740. Washington, 26 settembre 1950, ore 19,46 (perv. ore 24).

Suo 346 1•

Dipartimento Stato ha apprezzato vivamente decisioni Consiglio ministri ed ha confidenzialmente segnalato anche ad agenzie giornalistiche suo compiacimento per sforzo italiano. A seguito tale segnalazione Associateci Press ha oggi diramato seguente notizia: «ambienti ufficiali americani definiscono misure italiane per riarmo deciso passo in giusta direzione. Stati Uniti pronti fornire dollari per aiutare Governo italiano sostenere ingente fardello finanziario riarmo».

440

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI

T. S.N.D. 11167/291. New York, 26 settembre 1950, ore 22,11 (perv. ore 9,30 del 27).

Con l'approvazione di una lunga risoluzione che ti trasmetto per corriere 1 si sono conclusi oggi i lavori Consiglio atlantico.

Consultazioni a tre di questi giorni, e non soltanto tra i ministri degli affari esteri delle potenze occupanti ma anche tra i ministri della difesa, non (dico non) hanno portato a risultato immediatamente positivo ma tuttavia risoluzione afferma principio partecipazione tedesca pur rimandandone definizione al Comitato di difesa. Come ti ho scritto2 , Acheson si è mostrato fermissimo nel subordinare creazione forza integrata (con forte partecipazione americana) ad inclusione unità tedesche. Consiglio di difesa si riunirà dal 16 al 28 ottobre.

Acheson parlando meco si è mostrato fermamente convinto che entro questo periodo si deve raggiungere accordo. Dei miei diversi interventi odierni il più essenziale ha provocato affermazione del Consiglio che la difesa militare deve non solo tutelare tutto il territorio delle nazioni alleate ma anche la libertà dei traffici nel Mediterraneo.

439 1 Vedi D. 437. 440 1 Non pubblicato. La risoluzione è edita in Foreign Relations of' the United States, 1950, vol. III, cit., pp. 350-352. 2 Vedi D. 423.

441

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE A LONDRA, GALLARATI SCOTTI

T. SEGRETO PERSONALE 11194/295 1 . New York, 27 settembre 1950, ore 14,21 (perv. ore 2 del 28P,

Grazie tua lettera e tuo rapporto3 . Se anche costì come qui si mormora da parte jugoslava che non siamo abbastanza concilianti puoi smentire. Ti prego dire Davies coi miei cordiali saluti che ho ordinato ripresa discussione per soluzione tutti i problemi economici fra i due paesi, cosa che interessa molto più Jugoslavia che noi. Sola condizione è che non ricomincino le stupide persecuzioni Zona B.

Quanto alla questione territoriale io mantengo la giusta formula della linea etnica. Se jugoslavi ed altri con loro credono che noi possiamo cedere ancora italiani dopo le ingiuste perdite di Fiume e Pola si ingannano4 .

442

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GAS PERI

T. S.N.D. 11255/299. New York, 28 settembre 1950, ore 14,50 (perv. ore 7,35 del 29).

Parto stamane col «Biancamano». Ebbi ieri con Acheson una lunga finale conversazione d'addio molto soddisfacente sotto ogni riguardo. Di ciò a voce. Qui ti dirò solo che avendo egli accennato all'Eritrea gli spiegai le ragioni morali perché non avevo potuto cedere con Bevin sui tre punti ed egli dichiaratomi che non insisterebbe un sol momento meco.

segretario generale agli esteri, all'ambasciatore a Washington e al ministro a Belgrado. 2 Ritrasmesso da Roma a Londra con T. segreto precedenza assoluta 8165/497 del 28 settembre. 3 Vedi DD. 360 e 356. 4 Con il T. segreto 11640/854 del 9 ottobre Gallarati Scotti rispose: «Ho visto oggi Davies al

quale ho trasmesso saluti V.E. e comunicazione circa ripresa discussione problemi economici con Jugoslavia. Davies ha espresso suo vivo compiacimento dichiarazioni e ritiene che tali negoziati possono essere assai utili per futuri sviluppi rapporti itala-jugoslavi».

441 1 Minuta autografa. Trasmesso in pari data per conoscenza al presidente del Consiglio, al

443

IL MINISTRO A BUCAREST, SCAMMACCA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 112701111. Bucarest, 28 settembre 1950, ore 22,16 (perv. ore 9,30 del 29).

Seguito al telegramma 11 Odi Ottaviani per Grazzi 1•

È mia impressione romeni non recederanno loro atteggiamento e ritarderebbero seguito trattative se da parte nostra si insistesse. Pertanto per evitare stasi e seguendo istruzioni ricevute mi propongo comunicare presidente romeno, in colloquio personale, che mi trovo nella necessità riferire mio Governo e che intanto questione indennizzo beni potrebbe essere accantonata mentre continuerebbero trattative commerciali. Con ciò resterebbe aperta possibilità porre nuovamente questione ad accordi parafati.

Prego telegrafare per mia norma di condotta2• Con l'occasione prego inviare d'urgenza note precisazioni come d'intesa Notarangeli.

444

IL MINISTRO A BELGRADO, MARTINO,

AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T.ll301/299. Belgrado, 29 settembre 1950, ore 23,26 (perv. ore 7,30 del 30).

Telegramma ministeriale n. 1801 .

A seguito proposte di cui mia 2608 2 Mates mi ha comunicato che il Governo jugoslavo è pronto:

l) a concludere accordo per pagamenti prima rata riparazioni in 30 milioni di dollari sotto deduzione l Omiliardi di lire italiane; 2) ad accettare, in acconto, offerta italiana di 2 milioni di dollari c l milione di dinari a titolo pensioni;

3) a concludere accordo per opzioni;

4) a concludere simultaneamente eventuali altri accordi di cui ordine del giorno lavori Roma se pronti per la firma;

5) a riprendere subito conversazioni per delimitazione frontiera a mezzo delegazioni a carattere diplomatico;

6) a rivedere accordo pesca circa misure canoni e decorrenza;

7) a concludere accordo per apertura librerie non appena concordato definitivamente clausole.

Circa acceleramento lavori Belgrado Mates mi ha comunicato accettazione proposte pratiche formulate da Scaduto Mendola.

Ministro Ivekovic sostituirà Brilej quale presidente delegazione jugoslava per conversazioni Roma. Mates mi ha lasciato intendere che punti controversi circa accordo opzioni possono essere superati [secondo] nostro punto di vista.

Permettomi suggerire massima discrezione su proposta parziale revisione accordo pesca onde non creare per ora complicazioni da parte armatori pescherecci e Tesoro.

Pregasi comunicare se proposte Mates sono accettabili onde poter insistere su accoglimento nostro punto di vista su opzioni. Col prossimo corriere invierò maggiori dettagli3 .

443 1 In pari data, con il quale Ottaviani informava che il presidente romeno gli aveva comunicato di non aver competenza per trattare la questione dci beni. 2 Con T. 8158/72 del 29 settembre Grazzi autorizzava a procedere nelle trattative commerciali. 444 1 Del 27 settembre, con esso Zoppi aveva richiesto di sollecitare una risposta del Governo jugoslavo circa le linee generali per la ripresa dei negoziati economici. 2 Non rinvenuto.

445

IL CAPO DELLA DELEGAZIONE PRESSO L'O.E.C.E., CATTANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO PER CORRIERE 11353/412. Parigi, 30 settembre 1950 (perv. il 2 ottobre).

Per la loro importanza si ritiene utile riportare i punti principali delle dichiarazioni fatte dal pro f. Bissell, capo del Settore economico e programmi del! 'E.C.A. arrivato ieri da Washington. Queste dichiarazioni sono state fatte ufficialmente al Comitato economico e commentate più in dettaglio durante una cena dei capi delegazioni dell'esecutivo dell'O.E.C.E.

Appare utile premettere che le sue dichiarazioni sono state fatte con riferimento specifico a due lavori in corso presso l'organizzazione, e cioè: la revisione delle direttive per la preparazione del terzo rapporto e lo studio circa i più urgenti problemi economici emergenti dalla situazione creatasi in questi ultimi tre mesi (di cui al mio telegramma 404) 1•

Bissell ha avuto anzitutto parole di alto elogio per l'O.E.C.E. della quale ha rilevato la competenza tecnica finora dimostrata, osservando inoltre come nessun altro gruppo di persone potrebbe oggi assolvere ai compiti di studio e di regolamentazione che la nuova situazione impone di affrontare.

A questo proposito ha aggiunto che sarebbe un errore di attendere una chiarificazione in materia di competenze organizzative internazionali e nazionali per mettersi al lavoro ma che, al contrario, il lavoro di studio della situazione attuale e del prossimo futuro deve essere iniziato immediatamente perché della massima urgenza.

In linea generale si è dichiarato d'accordo a che i problemi che dovranno essere studiati immediatamente siano quelli già individuati dall'O.E.C.E. e ora consacrati in un apposito documento del Segretariato. Come già riferito, tale documento sarà posto in discussione al prossimo Consiglio al livello ministri. Tuttavia Bissell ha voluto sottolineare che una maggiore importanza deve essere data ai problemi della armonizzazione economica. l principali punti dell'armonizzazione possono essere così riassunti: necessità che le politiche finanziarie siano annonizzate e cioè che non si verifichi il fatto che, ad esempio, un paese segua una politica inflazionista mentre altri perseguono lo scopo della stabilità finanziaria; annonizzazione delle politiche nel campo dci provvedimenti da prendere in vista della penuria delle materie prime; continuazione dello sforzo nel campo della liberazione degli scambi. Sotto l'aspetto della penuria delle materie prime, Bisse\1 ha dichiarato essere sua convinzione che molte di esse dovranno essere poste sotto controllo internazionale e che l'O.E.C.E., qualsiasi possa essere la sua competenza definitiva, dovrà fare studi preliminari ed urgenti a questo scopo; inoltre, che provvedimenti unilaterali da parte dei singoli paesi (vedi divieti di esportazione), tali come ne sono stati presi di recente, sono controproducenti e debbono quindi essere presi solo dopo consultazione collettiva con gli altri paesi. Ha aggiunto quindi come ritorni di attualità problema dello studio dell'end use delle materie prime sul quale l'O.E.C.E. e la E.C.A. nazionali hanno tàtto studi particolanncnte approfonditi durante il primo periodo della loro attività; sotto l'aspetto della liberazione degli scambi, che tutti i paesi europei cd anche gli

U.S.A. dovranno cercare di trarre il massimo vantaggio dalla situazione attuale per cercare di rendere più rapido e completo il lavoro.

Sul problema della scarsità del dollaro, Bissell ha detto che esso rimane uno dei problemi più importanti che deve essere studiato dal\ 'Organizzazione. Tuttavia altre valute stanno diventando scarse, sopratutto la sterlina, sia per i paesi europei che per il Regno Unito, e che anche tali problemi vanno studiati con molta cura.

Per quanto conccme il problema dell'assistenza alle economie europee, Bisscll ha dichiarato: a) data l'importanza del problema militare sarà nel prossimo futuro molto difficile distinguere fra aiuto per la ricostruzione e sviluppo delle economie (tipo l'aiuto E.R.P. fin qui ricevuto) c aiuto per riarmo; b) il problema centrale che dovrà essere risolto è quello di come le risorse di tutti i paesi partecipanti, U.S.A. e Canada compresi, possano essere meglio utilizzate in vista dei compiti attuali cui dobbiamo tàr fronte; c) bisogna respingere l'idea della continuazione di rapporti bilaterali Stati Uniti-paesi partecipanti. anche se gli Stati Uniti provvederanno alla maggior quota delle necessità comuni. per accettare invece l 'idea di consultazioni multilaterali sul miglior uso delle risorse europee e americane.

Quindi il punto centrale che dovrà essere esaminato nel III rapporto è quello della valutazione delle ripercussioni del programma di rianno sulle singole economie, ripercussioni che saranno varie per i singoli paesi a seconda che essi siano membri del

N.A.T.O. o solo d'altre organizzazioni. Sotto questo aspetto il III rapporto dovrà esaminare principalmente il bilancio economico nazionale e la bilancia dei pagamenti.

Praticamente il prof. Bissell non ha dato alcun suggerimento preciso sulle ipotesi da assumere per l'aiuto esterno, ma ha lasciato liberi i paesi europei di assumerne una qualsiasi che sia anche in connessione con il programma militare. Sotto riserva di maggiori precisazioni, mi sembra di poter intravvedere che su questo punto l'Organizzazione si orienterà su un programma di «bisogni», come più volte suggerito dalla delegazione italiana, nel senso che i paesi mostreranno nell'elaborazione di prossimi programmi qual 'è il loro probabile deficit complessivo della loro bilancia dei pagamenti, senza per ora insistere su come tale deficit potrà essere coperto.

Mi preme infine aggiungere che il prof. Bissell, pur insistendo sul fatto che gli studi più importanti dovranno essere compiuti in riferimento ai prossimi diciotto mesi, non ha escluso l'utilità di un esame a lungo termine della situazione europea.

Da queste dichiarazioni, alcuni fatti di maggiore importanza possono dedursi e cioè: a) completa partecipazione degli U.S.A. e del Canada all'O.E.C.E. ed esame comune dci problemi del! 'Occidente; b) confidenza degli U.S.A. nel! 'O.E.C.E. per studiare i problemi economici attuali; c) urgenza di studi e provvedimenti immediati per far fronte alla situazione economica attuale; d) necessità di armonizzare al più presto e il più completamente possibile le economie europee; e) interdipendenza dell'aiuto per ricostruzioni e di quello militare.

Mi riserbo di fornire ulteriori dettagli e chiarimenti nella mia prossima visita a Roma.

444 3 Per la risposta vedi D. 446.

445 1 Del 26 settembre, riferiva sulla preparazione di un documento per il prossimo Consiglio dei ministri sui principali problemi economici da atTrontarc.

446

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ZOPPI, AL MINISTRO A BELGRADO, MARTINO

T. 826!1183. Roma. 1° ottohre 1950. ore 18,20.

Per quanto riguarda punti l), 2), 3), 4) del suo telegramma n. 299 1 sta bene, purché si convenga che nessun ulteriore pagamento per riparazioni o ad altro titolo sarà da noi effettuato fino a quando, chiusi i conti del dare ed avere e regolate tutte le questioni pendenti, saranno precisati e compensati i rispettivi crediti e debiti, rimanendo da coprire gli eventuali saldi debitori.

Ambienti interessati italiani non ci consentirebbero di transigere su questo principio del resto già accettato in massima da delegazione Brilej. Sta bene anche per ripresa trattative di cui ai punti 5), 6) e 7) dello stesso telegramma.

Scaduto rientrerà quanto prima, S.V. insista su importanza da noi attribuita a legittimazione domande e sollecita definizione lavori Commissione mista Belgrado, che dovrebbero essere terminati al più presto possibile c faccia presente che, in attesa ritorno sottosegretario on. Brusasca che dovrà recarsi Washington, come già indicato con telegramma n. 1802 , negoziati saranno condotti qui da mc e da lvekovic.

è Vedi D. 444, nota l.

446 1 Vedi D. 444.

447

IL MINISTRO A BELGRADO, MARTINO,

AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 11380/302. Belgrado, 2 ottobre 1950, ore 21,23 (perv. ore 7,30 del 3).

Seguito mio telegramma n. 301 1•

Ho comunicato a Mates contenuto prima parte telegramma ministeriale 1832 . Egli mi ha assicurato acceleramento lavori Belgrado che confida potrà terminare fine anno principio anno venturo.

Circa opzioni ha accettato nostro punto di vista su questioni insolute e precisamente:

l) impegno ad un massimo di 200 decisioni negative su domande optanti che trovansi in Italia;

2) impegno di consultazione con Governo italiano prima di rendere definitiva detta decisione;

3) riesame decisioni «positive» quando possa sorgere il dubbio di erroneo o abusivo esercizio diritto opzione per cittadinanza italiana.

Ha insistito invece su formulazione jugoslava testo articolo 6 del progetto dell'accordo circa opzioni.

Dopo conclusione accordo su rata riparazioni saranno concordate modalità pagamento. Molto probabilmente stando così le cose partirà signor Serb per affiancare lvekovic in conclusione trattative. Siamo rimasti d'accordo che oramai fase definitiva presenti conversazioni si esaurirà costì.

448

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, R. PRUNAS, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 1690/861. Ankara, 2 ottobre 1950 (perv. il 5).

Sono stato ricevuto dal presidente della Repubblica, Celai Bayar, in visita di congedo. Assisteva al colloquio il ministro degli esteri Ki:iprii!U. Il discorso è naturalmente caduto sul Patto atlantico.

2 Vedi D. 446.

Il presidente era al corrente degli sforzi fatti da VE. in seno al Comitato dei Dodici in favore dell'ammissione della Turchia. L'amichevole intervento non lo ha sorpreso. «Ho qui nella mia biblioteca molti dei libri pubblicati dal conte Sforza (ci siamo alzati per constatarlo) e so quale provato amico egli sia». Ha ricordato che quando, durante la guerra di liberazione, VE., alto commissario a Costantinopoli, ebbe il preannunzio della disposta occupazione di Smirne da parte delle truppe elleniche, telegrafò a Parigi ponendo in guardia i Governi alleati contro il grosso errore, c, con spirito profetico, indicò le conseguenze gravi che l'iniziativa avrebbe immancabilmente avuto. «Sono lieto che anche questa volta, a distanza di tanti anni e dopo tante vicende, il conte Sforza ci sia stato, come allora, vicino, cioè abbia visto chiaro. Egli è certamente il solo fra i Dodici, inglesi c americani non esclusi, che conosca davvero la Turchia e sappia quel che la Turchia rappresenti e quale spirito la animi. La prego di fargli sapere quanto e come siamo grati a lui e al Governo italiano».

Gli ho detto che il patto di amicizia da noi finnato nello scorso marzo è strumento più serio di quello che appaia forse dalla sua lettura. Chiude una fase dei rapporti fra i nostri due paesi c ne apre una nuova di amichevole intesa e collaborazione. L'atteggiamento di VE. nei confronti dell'ammissione della Turchia non è che una delle espressioni di codesta rinnovata amicizia. La Turchia può contarci oggi come in avvenire.

Mi ha risposto che il suo Governo dà alraccordo la stessa interpretazione c lo stesso significato. «L'amicizia con l'Italia è una della permanenti della nostra politica estera».

La mancata inclusione del suo paese nel Patto atlantico è -a suo giudizio -più che un'ingiustizia, un errore grave. La Turchia è quanto di più solido l'Occidente possegga in una delle zone più vulnerabili del suo schieramento. Paga di persona mantenendo da anni sotto le anni un grosso esercito e dedicando alla sua difesa una buona metà del suo magro bilancio. Ha dunque diritto di sapere netto e chiaro chi avrà al suo fianco nell'ora del pericolo c quando. Egli non ha comunque dubbio che I' errore sarà, fra breve, nell'interesse comune, raddrizzato. Interpreta le disposte conversazioni militari fra il gruppo mediterraneo del Patto e lo Stato Maggiore turco, come una prima rettifica di quell'errore cd una prima tappa verso l'inclusione della Turchia nella comunità atlantica. «Non perdiamo coraggio e siamo, in Oriente, pazienti».

Il presidente ha quindi riparlato dell'Italia, che non vede più da anni, ma il cui nuovo risorgimento, più visibile c chiaro con la prospettiva della distanza, lo ha sorpreso. «Faccia sapere al presidente Einaudi che buona parte delle riforme economiche che sono parte integrante del programma del mio Governo, le ho apprese anche sui suoi testi». Gli ho detto che se il trattato di pace che ci è stato imposto fosse stato concepito in tennini meno duri c meno balordi, il risorgimento italiano ch'egli constatava sarebbe stato ancora più sicuro e più rapido, con vantaggio nostro, e, insieme, europeo. Di qualcuna di codeste balorde disposizioni i turchi avevano avuto del resto agio di rendersi personalmente conto, quando navi italiane attraversarono mesi or sono gli Stretti, dirette in Russia. Una specie di piano Marshall per i sovietici. È perfettamente d'accordo.

Il presidente ha insistito sulla opportunità di rafforzare e rinsaldare i vincoli di amicizia fra i nostri due paesi, anche e soprattutto nel campo commerciale e culturale (non ha fatto peraltro alcun cenno a un possibile accordo o intesa mediterranea, di cui i giornali in questi giorni parlano). Gli ho risposto ch'era questo certamente anche il nostro fermo proposito. Un accordo culturale sarà del resto negoziato fra breve c costituirà certo una delle prime cure del mio successore.

Abbiamo constatato, in conclusione, insieme, con vivo e profondo compiacimento, che i rapporti turco-italiani non potrebbero essere, oggi, migliori.

Celai Bayar ha parlato per tutto il corso del colloquio con convinzione e calore. Non vi ha dubbio ch'egli dice, per quel che ci riguarda, esattamente quello che pensa.

447 1 Del 30 settembre, non pubblicato.

449

L'INCARICATO D'AFFARI A IL CAIRO, FERRERO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO ]]560/161-162. Alessandria, 6 ottobre 1950, ore 22,45 (perv. ore 7,30 del 7).

Seguito tclespresso urgente 034 del 5 ottobre 1•

Azzam pascià mi ha detto che a N ew York, o ve si recherà in aereo fra due o tre giorni, sosterrà nella riunione segreta delle delegazioni arabe all'O.N.U. che rapporto Pelt, se approvato, non costituirà indipendenza Libia, ma la consegnerà ali 'Inghilterra.

Egli pertanto proporrà:

l) impossibilità di accettare che la costituzione libica sia redatta da un Comitato nominato dai Ventuno e composto di uguale numero di delegati per regioni. Simile procedura è antidemocratica perché accetta a priori tesi federalistica;

2) impossibilità di accettare un periodo transitorio dopo proclamazione dell'indipendenza, durante il quale Inghilterra concluderebbe con senusso trattato che annullerebbe in pratica indipendenza stessa;

3) necessità chiedere che nuova costituzione sia redatta da esistente Comitato

O.N.U. nel quale sono rappresentate Nazioni Unite, le tre regioni, le minoranze e le potenze interessate. Detto Comitato potrà eventualmente farsi consigliare da esperti scelti per la loro competenza e non per luogo di nascita o simpatie politiche. Costituzione dovrà poi essere approvata da Costituente eletta in libere elezioni;

4) necessità di avversare però soluzione che non tenga Nazioni Uniti responsabili dell'indipendenza c dell'unità del paese. Egli arriva a preferire un trusteeship a una pseudo indipendenza sotto controllo inglese;

5) necessità votare contro ogni altra proposta anche se paesi arabi si troveranno in minoranza;

6) opportunità di sollevare in Tripolitania il morale dei partiti di opposizione ali 'Inghilterra che sarebbero sotto impressione di essere stati abbandonati e che «gioco è fatto».

A questo scopo egli farà dichiarazioni al suo arrivo a New York e cercherà di provocare dissensi in seno al Comitato dell'O.N.U. non appena si radunerà.

Azzam pascià mi ha detto cercherà di convincere alla sua tesi il Governo americano, che lo ha invitato a Washington. Ha esposto le sue idee anche a questo amba

sciatore di Francia che gli avrebbe risposto di essere d'accordo con lui per quanto gli sembrasse essere troppo tardi per andare contro conclusione del rapporto Pelt. Mi ha domandato se anche noi vogliamo svolgere analoga azione con Governo francese e con altri paesi nostri amici, specie America latina. Ho detto ad Azzam pascià che avrei riferito a Roma e egli mi ha detto che si terrà in contatto con nostra delegazione a New York.

449 1 Non pubblicato.

450

IL SOTTOSEGRETARIO AGLI ESTERI, BRUSASCA, ALLE RAPPRESENTANZE PRESSO GLI STATI MEMBRI DELL'O.N.U.

TELESPR. RISERVATO 3/5940/c. Roma, 7 ottobre 1950.

Riferimento: Tel espresso ministeriale n. 3/5462/c. del 22 giugno 1950 e telegramma ministeriale n. 6064/c. del 19 luglio 1950 1•

Alla vigilia dei lavori del Comitato ad hoc, cui è stato devoluto dali' Assemblea generale delle Nazioni Unite l'esame della questione eritrea per la presente sessione, è utile che il punto di vista italiano sia ben chiaro a codesto Governo.

Codesto Governo sa che l 'Italia ha sostenuto la tesi dcii 'indipendenza eritrea, convinta che l'Eritrea avrebbe la possibilità di vivere come Stato libero, qualora la sua indipendenza fosse accettata dall'Etiopia. L'Etiopia è contraria all'indipendenza eritrea, ed una Eritrea indipendente non potrebbe vivere in conflitto permanente con l'Etiopia.

Per questa considerazione, e per il desiderio che il Governo italiano ha di giungere ad una ragionevole soluzione del problema eritreo e poiché la maggior parte delle delegazioni al Comitato interinale si sono espresse in favore di un compromesso, noi non ci siamo opposti in principio ad un regime federale tra l'Etiopia e l'Eritrea. Abbiano anche considerato che, con l'attuazione di un regime federale, l'Etiopia avrebbe ottenuto piena soddisfazione alle sue aspirazioni essenziali ed in particolare a quella di uno sbocco al mare, che fu specificatamente riconosciuta dalla IV Assemblea.

La delegazione italiana al Comitato interinale d eli'Assemblea ricevette dunque istruzioni in questo senso, ed a queste istruzioni essa si è attenuta. Codesto Governo è indubbiamente informato dell'atteggiamento moderato che essa ha assunto e degli sforzi che essa ha compiuto purché si giungesse ad una soluzione che conciliasse l'autonomia eritrea e le aspirazioni etiopiche. Tale è stata e tale resta la direttiva generale della nostra azione, che non è ispirata da alcun disegno politico sull'Eritrea, ma dal nostro convincimento che, garantendo ali 'Eritrea una effettiva autonomia, si possono conciliare le correnti che hanno in questi anni diviso il popolo eritreo, e creare nel paese condizioni di tranquillità e di stabilità. Su queste considerazioni sono fondate le proposte che le delegazioni del Sudafrica e quella della Birmania hanno presentato nel rapporto della Commissione di inchiesta.

Come questo Governo certamente conosce, conversazioni di carattere privato hanno avuto luogo a Lake Success sotto la guida del presidente del Comitato interinaie, ambasciatore Muniz, nell'intento di stabilire un testo che potesse costituire la base di una soluzione federale.

Nel corso di queste conversazioni sono stati esaminati i vari problemi connessi con lo stabilimento di una federazione. Le conversazioni sono state condotte nello spirito più amichevole c la delegazione italiana ha fatto il possibile per venire incontro al punto di vista del! 'Etiopia.

In particolare l'Etiopia ha messo subito in chiaro che essa non avrebbe accettato una sopra struttura, quale quella che il delegato birmano aveva proposto nel rapporto della Commissione di inchiesta e che l'anno scorso era stata pure proposta dai delegati degli Stati Uniti, dell'India, dcli'Irak, del Brasile c della Liberia, né una costituzione federale alla quale il Governo etiopico fosse sottomesso come il Governo eritreo.

È apparso subito a molte delegazioni che la costruzione di un regime federale, senza costituzione e senza organi della federazione, fosse impossibile. È apparso anche che, adottando un tale principio, il Governo federale si sarebbe identificato con quello etiopico e qualunque autonomia dello Stato eritreo anche se teoricamente affermata nella forma, sarebbe di fatto negata nella sostanza.

Un esame del progetto che venne proposto fa risaltare con chiarezza questo fatto.

Nel progetto si parla più volte di Governo federale. Ma affermata l'esistenza di questo Governo, è tàcile poi vedere che esso non esiste che sulla carta. Non altro organo della federazione è previsto che un Consiglio consultivo, che non ha alcun potere, e non altra partecipazione eritrea alla gestione effettiva degli affari federali, che quella generica di singoli eritrei immessi negli uffici pubblici. Nessuna rappresentanza popolare è prevista, c nessun diritto ha lo Stato eritreo in materie che-come la tassazione-interessano direttamente i suoi cittadini.

Il principio che le entrate e le spese pubbliche sono soggette al controllo popolare è del tutto ignorato. Gli eritrei secondo il progetto dovrebbero essere tassati ad libitum dal Governo etiopico, né avrebbero voce alcuna nello stabilire il bilancio della federazione al quale essi dovrebbero contribuire in proporzione alle loro risorse, ma lasciando questo giudizio al Governo etiopico.

L'Etiopia dovrebbe avere il diritto di mantenere l'ordine pubblico in Eritrea, diritto che è formulato in maniera da assicurare all'Etiopia i poteri di polizia in Eritrea. Con le sue forze armate in Eritrea, la sua polizia ed i suoi agenti del fisco, l'Etiopia viene a controllare completamente il Governo eritreo, che non può essere perciò che una istituzione vana.

In contrasto con qualunque principio di diritto internazionale, viene, nel progetto, negato agli abitanti dell'Eritrea di diventare cittadini eritrei. È norma comune, nei trattati che prevedono un trasferimento di sovranità, che gli abitanti possano, tutti indistintamente, optare per la nuova nazionalità. Nel progetto si introduce un criterio nuovo. Tale criterio è probabilmente grave per il caso dei meticci i quali, nati in Eritrea c di almeno un genitore indigeno, non hanno riconosciuto il diritto alla cittadinanza, ma solo la fàcoltà, che non può essere negata a nessuno, di presentare una domanda.

Il Governo italiano non ha potuto e non può appoggiare queste proposte che sono in contrasto con i principi stessi del diritto internazionale, con i criteri fondamentali di un regime di autonomia, con alcune norme fondamentali del diritto costituzionale moderno.

Ii Governo italiano non ha alcun preciso e diretto interesse in tutto questo: ne ha uno di carattere generale cd è quello di tutelare i principi dell'autogoverno, in qualunque sede essi vengano in discussione. Nel tutelare questi principi il Governo italiano è persuaso di agire nello spirito e nei fini delle Nazioni Unite che, specie in questo particolare momento, lottano per la causa della libertà dei popoli.

La S.V. vorrà illustrare quanto sopra a codesto Governo affinché il punto di vista del Governo italiano sia ben chiaro alla propria delegazione presso le Nazioni Unite la quale dovrebbe, per ogni possibile ulteriore sviluppo, tenersi in stretto contatto con la delegazione italiana.

450 1 Vedi D. 329.

451

IL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ZOPPI, ALLE AMBASCIATE A LONDRA, MOSCA, PARIGI E WASHINGTON

TELESPR. 45/695 1• Roma, 7 ottobre 1950.

Si ha il pregio di render noto, per opportuna conoscenza e nonna, che, in seguito ad uno scambio di vedute svoltosi a Belgrado fra quella legazione e le Autorità jugoslave cd a Roma fra il ministro di Jugoslavia lvekovic e il sottoscritto, e tenuto conto della migliorata atmosfera determinatasi nei rapporti generali fra i due paesi, è stato deciso in linea di massima di riprendere le note trattative a suo tempo sospese a Roma, in vista della soluzione delle varie questioni all'ordine del giorno, tuttora pendenti.

Come risulta dai telegrammi scambiati fra il Ministero e la legazione di Belgrado2, il Governo jugoslavo è pronto a concludere un accordo per il pagamento della prima rata di riparazioni in 30 milioni di dollari, dietro deduzione di lOmiliardi di lire italiane; ed accettare in acconto l'offerta italiana, già avanzata precedentemente, di 2 milioni di dollari più 50 milioni di dinari a titolo di pensioni, nonché a concludere un accordo per le opzioni.

Da parte italiana non si è mancato di esporre la tesi massima che insieme alla stipulazione dci due accordi di cui sopra (riparazioni e opzioni), dovranno essere regolati in principio i seguenti punti, necessari per definire l'intera materia all'ordine del giorno:

a) impegno per una rapida conclusione dci lavori della Commissione mista di Belgrado;

b) accettazione del principio che nessun altro pagamento sarà effettuato dall 'Italia per riparazioni o pensioni o per qualsiasi altro titolo, se non dopo che saranno state regolate tutte le questioni rimaste in sospeso, compresa naturalmente quella dei beni italiani in Jugoslavia;

2 Vedi DD. 444, 446 e 447.

c) conferma del principio, già riconosciuto nelle trattative finora svoltesi a Roma, che alla fine dei lavori si dovrà procedere alla compensazione del dare e dell'avere fra le due parti, salvo conguaglio per la somma eventualmente eccedente a favore di una di esse, includendo nella compensazione, come è ovvio, l'ammontare delle riparazioni (ridotto della somma già versata dall'Italia, come sopra indicato) e l 'ammontare dei beni italiani in Jugoslavia;

d) conferma dell'acquisto, da parte jugoslava, dci «beni liberi» e definizione delle relative condizioni e modalità di pagamento; e) intesa di trattare a Roma anche le seguenti questioni: statalità e parastatalità dci beni italiani in Jugoslavia, banche e questioni connesse, questioni culturali, ecc.;

f) impegno, da parte del Governo jugoslavo, di consegnare con ogni urgenza la lista dei beni italiani in Jugoslavia avocati per l'art. 79, in modo che da parte italiana si possa conoscere se e quali beni debbano eventualmente essere esclusi in vista delle eccezioni contenute in detto articolo.

Si fa riserva di infonnare circa la ripresa delle trattative ed il loro progressivo andamento.

451 1 Diretto per conoscenza alla legazione a Belgrado, alle direzioni generali dègli affari politici, degli affari economici e delle relazioni culturali cd alla delegazione italiana nella Commissione mista a Belgrado.

452

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

R. SEGRETO 10619/6145. Washington, l O ottobre 195O (perv. il 13).

Dagli eventi di questi ultimi giorni, mi sembra si possa dedurre che le discussioni degli inglesi e dei francesi con il Governo americano in merito ai problemi dei finanziamenti di produzione militare sono giunti, almeno per il programma di alta priorità, a una svolta decisiva. È sensazione generale a Washington che gli esponenti americani che hanno partecipato alle conversazioni predette hanno precisato finalmente il punto di vista di questo Governo che si traduce in una massima molto semplice: «siamo pronti ad aiutare, ma non siamo in grado e neppure vorremmo contribuire al vostro rianno pagando le spese relative in toto o nella massima parte. Vogliamo invece contribuire, in relazione alle vostre reali possibilità c necessità».

Come riferivo con il mio telcsprcsso n. 5835 del 24 settembre u.s. 1 , le conversazioni con gli inglesi sembrano essersi centrate in definitiva su una questione di percentuale: gli inglesi insistono perché gli americani sopportino il peso del 50% del programma dell'attuale anno fiscale (che include, in parte, quello di alta priorità).

A sostegno della loro richiesta, essi dichiarano che la produzione è in molti settori già iniziata, e pongono in rilievo l 'imponenza degli sforzi intrapresi e delle

somme poste sul bilancio della difesa dopo l'incidente coreano. Gli americani guardano alle riserve in oro e in dollari e al netto miglioramento avvenuto nella situazione finanziaria e valutaria britannica negli ultimi dodici mesi, e rispondono con controproposte per contributi più modesti (si parla del 30%). È comunque in preparazione una nota presso il Dipartimento in cui dovrebbero essere precisate tali controproposte, le quali includerebbero naturalmente il finanziamento del «dollar component» della produzione inglese e qualche altra somma in dollari «off shore». Mi è stato confermato che la venuta di Gaitskell e di altri alti funzionari del Governo britannico, su cui ho anche riferito con mio telespresso n. 6035 del 3 ottobre 1 , è essenzialmente motivata dall'intenzione di discutere, in via definitiva, la misura dell'aiuto in relazione a tali controproposte americane. È da notarsi comunque che gli inglesi chiedono l 'aiuto americano sulla base di un programma già ben delineato e con una esposizione di dati che il Governo americano non può non giudicare confortanti, specialmente se esso tà confronti con la situazione dell'anno scorso. Le conversazioni avvengono quindi nell'atmosfera della migliore cordialità e comprensione dei reciproci punti di vista. Si ha anzi l'impressione che i rapporti anglo-americani abbiano tratto motivo di ancora maggiore consolidamento da tali conversazioni e che essi riflettano un calore quale difficilmente era stato possibile registrare in passato. È indubbio comunque che qui si guarda agli inglesi come al più sicuro baluardo per gli interessi americani in Europa, che si nutre la massima fiducia nella severità c tenacia delle intenzioni del Governo di Londra c, infine, che non si intravedono, nella situazione interna britannica, i motivi di perplessità, sfiducia e timore che esistono invece per la situazione di altri paesi dell'Europa continentale.

Primo fra questi, è certamente la Francia. Il problema del rianno della Germania e quello dci finanziamenti del bilancio della difesa, il tentativo di legare i due problemi fatto dai francesi, la vaghezza con cui i francesi hanno formulato i propri programmi di produzione, o meglio alcuni «test cases» appunto per mostrare agli americani che il problema francese meritava di essere considerato con criteri ben più liberali che non quel l i tradizionali e strettamente tecnici dell'Amministrazione americana, hanno qui creato irritazione e reazioni indubbiamente sfavorevoli. E certamente le conversazioni degli ultimi tempi tra americani c francesi devono aver avuto un andamento ben procclloso-sia in relazione all'ispida questione del riarmo tedesco e sia a quella dci finanziamenti -se esse, come risultato, hanno finora avuto viaggi di andata e ritorno dci due ambasciatori, indiscrezioni di stampa molto eloquenti, preparazione diplomatica attivissima in attesa della venuta di Moch c di Pctsche.

I funzionari americani interpellati si limitano a dichiarare che con i francesi il Governo americano è giunto a un punto morto in tema di negoziati finanziari, semplicemente perché il Governo di Parigi non ha saputo o potuto presentare ancora alcun programma intelligibile cd è stato soltanto possibile all'Amministrazione americana chiarire, sulla base delle vaghe proposte ricevute, che i francesi miravano ad un 'assistenza integrale, assistenza che gli Stati Uniti, malgrado la massima comprensione che essi hanno della delicata posizione francese, non possono ovviamente concedere in tale misura o comunque con tali vaghe qualitìcazioni. Mi è stato anche confidato che, in alcune conversazioni, i tì·ancesi con molto semplicismo hanno dichiarato che, se anche l'E.R.P. avesse subito falcidie attese ed inattese, era inevitabile che il M.A.P. provvedesse a compensare adeguatamente i paesi europei per tale diminuzione degli aiuti, quasi che l'Amministrazione americana sia in grado oggi di prevedere i futuri stanziamenti. È anche tale leggerezza e sommarietà di concezioni che ha contribuito a dare un corso poco favorevole alle conversazioni, rese non certo facili dall 'atteggiamento francese sul riarmo tedesco.

Ho segnalato quanto precede perché mi sembra che tali circostanze debbano essere attentamente meditate, sopratutto se, come sembrerebbe logico e, a prima vista, vantaggioso, si avesse da parte nostra l'intenzione di associarci in pieno ai francesi, per far fronte comune con essi nei confronti americani in tema di finanziamenti per il riarmo. A tale riguardo, trovo meritevoli della massima attenzione le osservazioni formulate in argomento dall'ambasciatore Quaroni con il suo rapporto

n. 3672 del 20 settembre u.s., trasmessomi con telespresso di codesto Ministero n. 1398/c. del28 settembre u.s. 2 .

Ignoro le circostanze in cui si era programmata una visita del ministro Pella insieme al ministro Petsche a Washington. Non posso però non pensare che sia stato un bene che a tale viaggio congiunto si sia rinunciato, perché avrei visto con molta perplessità una nostra troppo stretta e appariscente associazione con i francesi per discutere a Washington temi nei quali innanzitutto i nostri interessi non combaciano completamente e su cui finora il Governo di Parigi non sembra avere avuto particolari successi. Mi pare invece che potrebbe meglio convenire attendere che i negoziati con gli americani per i nostri problemi di produzione militare, sul cui imminente inizio ho riferito con il mio te l espresso urgente n. l 0602/6128/062 di ieri1 , abbiano fatto qualche progresso, per giudicare in quale momento e con riferimento a quali richieste da parte nostra potrebbe essere opportuno qualche incontro a Washington di membri del nostro Governo.

452 1 Non pubblicato.

453

L'AMBASCIATORE A LONDRA, GALLARATI SCOTTI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

R. RISERVATO 5362/3662. Londra, li ottobre 19501•

Ho riveduto ieri l'ambasciatore di Jugoslavia Briley, tornato in questi giorni da Belgrado.

Nella conversazione, che fu come al solito di tono cordiale e comprensivo, Briley mi disse di essersi occupato con vivo interesse, durante il suo soggiorno in Jugoslavia, della questione del Territorio Libero di Trieste, in relazione ai rapporti tra i nostri due paesi. Poteva assicurarmi che, da un lungo colloquio da lui avuto con il capo dell' Amministrazione della Zona B, si era fonnato il convincimento che realmente la situazione si era ormai normalizzata e che la circolazione delle persone tra le due zone era tornata allivello precedente gli incresciosi incidenti che l'avevano resa molto difficile.

453 1 Copia priva dell'indicazione della data di atTivo.

Le intenzioni jugoslave erano di continuare su questa via di appeasement e personalmente sperava che nulla sarebbe venuto a turbare questo normalizzarsi della situazione locale.

Gli feci allora presente la sostanza di quanto V.E. mi aveva espresso nel suo telegramma n. 4972 . Egli era già a conoscenza delle intenzioni di V. E. di riprendere le trattative economiche. Mi espresse il suo compiacimento per tale ripresa, assai apprezzata dal Governo jugoslavo, pur rilevando come le trattative andassero svolte in un'atmosfera di massima tranquillità e riservatezza.

Venimmo poi a parlare della difficoltà fondamentale, così chiaramente espressa da V.E. nel suo telegramma. Su questo punto Briley osservò che la difficoltà nostra era controbilanciata dalla loro difficoltà di lasciare il minimo numero possibile di jugoslavi oltre quella linea di demarcazione etnica che potrebbe costituire il criterio di divisione tra le due zone. Le precise parole di Briley sono: «la linea etnica è in sé un 'idea chiara per quanto concerne la soluzione teorica, ma la difficoltà vera risiede nell'applicazione pratica di tale formula alla realtà politica e anche topografica».

È a questo punto che, in via di semplice sondaggio e a titolo esclusivamente personale, avanzai l'idea che potesse forse essere utile, a un «dato momento» un incontro, su basi non politiche, di esperti della questione per studiare lo stato di fatto della situazione etnica nelle due zone e per formulare eventuali proposte di carattere non impegnativo.

Tale procedura avrebbe il vantaggio di preparare gli elementi informativi tecnici che potrebbero, in un successivo momento, facilitare ed alleggerire il compito della trattativa politica.

Brilcy trovò l 'idea assai buona e da prendersi in considerazione, non fosse che per aumentare i punti di contatto tra le due parti, insistendo tuttavia sulla necessità del carattere non impegnativo di tali contatti al fine di evitare, in caso di difficoltà nel raggiungere una soluzione, un inasprimento sul terreno politico. Aderii pienamente al suo punto di vista.

Concludendo Briley volle sottolineare come queste nostre conversazioni fossero utili e opportune poiché rappresentano un indubbio passo verso una leale ricerca di chiarimenti e come d'altra parte non occorresse affrettarsi troppo nel trattare problemi così importanti e delicati.

Mi espresse anche il suo rincrescimento per non aver potuto, durante il suo soggiorno a Belgrado, accogliere un invito del ministro Martino, ma era quel giorno indisposto, c mi ripetè il suo desiderio di riprendere le nostre conversazioni.

453 è Vedi D. 441.

452 2 Vedi D. 431.

454

L'AMBASCIATORE A PARIGI, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. RISERVATISSIMO 739/3955. Parigi, 12 ottohre 1950 (perv. i/16).

l) l primi contatti che ho avuto con clementi parlamentari mi portano a ritenere che l'opposizione al piano Schuman sia piuttosto cresciuta che diminuita. l socialisti sono contrari per ragioni sindacali, anche se non volessimo tener conto delle influenze inglesi, sempre più forti cd insistenti contro. La destra e tutti i gruppi non indifferenti alle influenze del Comité dcs Forges sono anche essi più che mai contrari.

Il piano Schuman, sul terreno parlamentare, è sempre stata una operazione delicata: lo si sarebbe forse potuto far passare appoggiandosi sui sindacati contro i padroni, o sui padroni contro i sindacati: volerlo fare contro i sindacati e contro i padroni è, parlamentarmente parlando, una pazzia.

Sono poi tutti unanimi nel non voler accettare un piano patrocinato da Monnet e ancora meno a vedere lui nell'Alta Autorità. Che cosa diavolo abbia indotto Schuman a mettere una cosa così delicata nelle mani di un uomo che, nonostante le sue indiscusse qualità, ha tutta la Francia contro, non riesco a capirlo.

L'unico argomento che si poteva ancora far valere in favore del piano Schuman era l'argomento politico franco-tedesco: ma oggi essendo stato posto (ed in che forma) il problema del riarmo tedesco, anche questo argomento ha perduto gran parte del suo peso.

Quanto all'idea europea, i parlamentari francesi, fuori di Strasburgo, non ci pensano nemmeno.

Per cui, a mio pensiero, se il piano Schuman dovesse essere sottoposto al Parlamento, esso non sarebbe ratificato: dubito poi che si possa trovare un Governo francese il quale, alla vigilia delle elezioni, abbia il coraggio di sottometterlo al Parlamento.

2) L'E.C.A. americana di Parigi sta prendendo posizione nettamente contraria al piano Schuman. Ne avevo avuto sentore da qualche tempo, ma in questi ultimi giorni uno dei miei collaboratori ha potuto prendere visione degli ultimi rapporti inviati a Washington.

Gli argomenti addotti sono di vario ordine.

Il piano Schuman aveva ragione di essere in quanto era suscettibile di introdurre il principio di una sana concorrenza nel campo siderurgico c minerario. Attualmente con le disposizioni che si stanno prendendo in materia di prezzi, pcrequazione, riadattamcnto ed associazioni regionali, non è più il caso di parlare di concorrenza.

Col diritto di veto da parte dei Governi non c'è più, di fatto, Autorità supernazionale: il piano Schuman non risponde più ai suoi requisiti originali di passo avanti verso una integrazione economica europea.

Non serve ai fini della difesa perché non si è preveduto, e non si vuoi prevedere, il suo collegamento con il N.A.T.O.: anzi, l'Autorità può servire di comoda copertura ai Governi per destinare forti quantitativi di acciaio, per esempio, ad esportazioni civili invece che a scopi militari.

Esso viene considerato come una manovra politica francese senza consistenza reale.

Si considera inoltre che, una volta costituito il pool, esso si rivolgerà all' America per essere finanziato. Se I' America accetta, essa si impegna al di fuori del piano Marshall e del P.A.M. per un tempo indeterminato e per ammontari indeterminati.

Se I' America non aiuta, non si avrà il pool. Sotto questo punto di vista il discorso fatto da Schuman il 6 corrente viene definito come un ricatto. Egli ha detto, senza piano Schuman, niente riarmo tedesco: nuovo sistema per spillare soldi agli americani.

Secondo quanto mi risulta, l'ambasciata americana a Parigi continua invece ad appoggiare il piano Schuman, continuando ad attribuire una considerevole importanza al suo aspetto politico.

Come in tante altre cose, la posizione dell 'E.C.A. non è senz'altro la posizione del Governo americano. Ma, trattandosi di una questione non solo economica, ma che effettivamente per funzionare ha bisogno appunto dell'aiuto americano, mi sembra che bisogna tenerne conto.

3) Ho parlato oggi di nuovo con Charpentier della questione del Nord Africa, ribadcndogli quanto era stato detto in precedenza, da tutti c su tutti i livelli, che la nostra adesione al piano Schuman era legata, sinc qua non, ad una soluzione a noi favorevole della questione dei minerali dcii 'Ouenza.

Charpentier mi ha detto di averne parlato con quelli dell'Ouenza c di averli trovati non molto arrendevoli. Secondo lui, l'Ouenza vende tutto il minerale di cui può disporre c che, per varie ragioni, non sarebbe illimitato, agli inglesi a prezzi per essa convenienti: non ha quindi nessun interesse a vendernc ali 'Italia, e ancora meno a vcndernc a prezzo minore che all'Inghilterra. Che l'amministrazione francese accetterebbe con grande favore un accordo fra noi e l'Ouenza, ma che non sapeva se sarebbe stato possibile imporre ali 'Oucnza un accordo che esso non voleva.

Qualche cosa di questo genere mi è stato detto da varie parti in questi ultimi giorni. Ciò è evidentemente in contraddizione con quanto Schuman ha detto a V.E. e Parodi a me. Ma l'esperienza mi ha dimostrato che Schuman non per macchiavellismo, perché è profondamente onesto, ma forse per eccessiva santità, qualche volta promette quello che non ha poi l'influenza necessaria per mantenere: e la sua influenza sul Governo c sull'amministrazione francese non è certo in fase ascendente.

Mi pennctterei quindi di consigliare di far bene attenzione, se noi consideriamo il libero accesso ai minerali nordafricani come una condizione sinc qua non. I francesi, su di un livello molto elevato, ci hanno detto che, in caso, faranno un accordo diretto con noi. Sarebbe forse il caso di vedere fin da adesso che razza di accordo sono disposti e fare.

Questo naturalmente, continuando a tener conto deli'opportunità che non si possa far ricadere su di noi la responsabilità di un eventuale fallimento del piano.

455

IL DIRETTORE GENERALE DELL'EMIGRAZIONE, GIUSTI, AL MINISTRO A CANBERRA, DEL BALZO

T. 8680/32. Roma, 14 ottobre 1950, ore 24.

Ambasciata in Washington comunica che accordo fra Australia e Banca Internazionale intervenuto 22 agosto contempla piano sviluppo economico partendo presupposto che immigrazione è condizione sine qua non per esecuzione programma.

In conversazioni australiani hanno chiaramente alluso immigrazione elementi italiani da 30-50.000 unità annuali stante impossibilità ottenere per previsti 200mila immigranti sufficiente aliquota da Gran Bretagna.

Banca Internazionale ha confermato ad ambasciata anzidetta che Governo australiano contribuisce fino 25% costo biglietto per britannici e che ritienesi che analoga aliquota potrebbe essere concessa emigranti italiani più (dico più) ulteriore contributo derivante da prestito stesso.

Ambasciata Washington precisa che riferimenti emigrazione italiana sono stati così chiari in trattative con Istituto che a tale dichiarazione, nel caso si manifestassero tentennamenti, noi potremmo fin d'ora rifarci in quanto membri della Banca stessa c pertanto ufficialmente al corrente negoziati australiani.

Ambasciata ripromettcsi indurre autorità americane svolgere passo presso codeste Autorità per ricollegarc ancora più direttamente prestito e accordo italoaustraliano.

Segue per aereo copia surrifcrita comunicazione Washington.

456

COLLOQUIO DEL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, CON IL MINISTRO DELL'ECONOMIA DELLA REPUBBLICA FEDERALE DI GERMANIA, ERHARD

APPUNTO. Roma, 17 ottobre 1950.

Ho parlato per oltre un'ora col ministro federale dell'Economia germanica, Erhard. Abbiamo usato l 'inglese, che sa male, intramczzato di frasi tedesche.

More germanico è subito partito con un lungo monologo sulla necessità di coordinare le varie economie europee e, prima di tutto, la tedesca e l'italiana. Il pool di Schuman --ha detto-è una buona cosa ma non bisogna far credere che l'intesa franco-germanica sia la suprema chiave di volta. Ha poi parlato della necessità di frequenti scambi di idee fra uomini di Stato del continente. «Dico del continente -ha aggiunto-perché con gli inglesi, ammalati della loro follia laburista, c'è poco da fare. Proprio, non li capisco».

A quel momento, la lezione parendo finita, gli ho osservato che gli inglesi paiono sospettosi del nostro europeismo perché è un'idea e essi odiano le idee; ma se divenisse un fatto si inchinerebbero subito.

Ha aderito. Mi ha domandato del punto IV di Truman su cui conta molto: <mc abbiamo bisogno per la nostra emigrazione».

Gli ho confidato che a New York mi si è detto che, dato il rianno europeo, il punto IV non sarà per ora applicato che all'America latina; ma che si poteva sperare che Germania e Italia ne trarrebbero ugualmente qualche vantaggio, inviando tecnici e skilled workers a cooperare con americani nel paesi soccorsi (Equatore, Bolivia, ecc.).

Ha espresso vivo desiderio di continuare a avere frequenti contatti con noi e con altri uomini di Stato europei.

Ho formulato desiderio analogo ma osscrvandogli che sarebbe savio limitarsi a incontri privati perché adunanze collettive potevano provocare speranze ingiustificatc. Ha consentito.

Mi ha detto avere avuto utili conversazioni con Pella e con Lombardo, ma di non aver capito i punti di vista di Togni, che gli par troppo protezionista.

Erhard è uno schietto !iberista. Sembra sinceramente convinto quando allude alla necessità di unione europea. «Le nazioni -mi ha ripetuto più di una volta non son più un ideale sufficiente. Almeno è così in Gennania».

«Se è così -gli ho detto -sarà un gran bene pel popolo tedesco c per noi tutti».

457

IL MINISTRO A VIENNA. COSMELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 12042/208. Vien1w, 18 ottobre 1950, ore 18,15 (perv. ore 20).

Mio 206 1•

Confermo che richiesto rapporto partirà domani per giungere costì domenica. Poiché però vedo che da esso dovrebbe dipendere decisione circa nota sistemazione, avverto che medesimo non contiene elementi nuovi c così determinanti. che non siano già noti o stati comunicati.

[ ... ]" elementi di giudizio circa valutazione definitiva merito campagna di stampa del genere sia nei riguardi politici del Governo austriaco sia nello scopo che suppongo medesima dovrebbe avere di eccitare optanti a chiedere cittadinanza austriaca esula dalla nostra competenza c spetta evidentemente ad altra istanza.

' Gruppi mancanti.

Comunque a fine settembre domande presentate confermo essere circa 3 .150, probabilmente corrispondenti a 6 o 7 mila individui.

Espletamento procedura e concessione cittadinanza procedono con relativa celerità. Un primo elenco di 500 nominativi deve essere stato rimesso in questi giorni a Innocenti in conformità paragrafo 3 protocollo del marzo. Altre comunicazioni segmranno.

457 1 Del 16 ottobre. anticipava l'in\io del rapporto. non rinvenuto. qui citato.

458

L'AMBASCIATORE A PARIGI, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. SEGRETO URGENTE 0188. Parigi, 18 ottobre 1950 (perv. i/21).

La Tournelle mi ha detto che la questione del riarmo della Germania non ha fatto oggetto, propriamente parlando, di negoziato durante attuale permanenza Moch Washington. Egli si è limitato esporre americani, con tutta energia, suo punto di vista, ma non ha fatto su americani alcuna impressione: né gli americani su di lui.

Questione deve essere discussa di nuovo oggi in Consiglio dei ministri: non si prevede però una decisione. Si avrà poi dibattito alla Camera che sarà assai confuso, è un eufemismo. Questione dovrebbe fare oggetto di discussioni fra i Tre e i Dodici nella riunione dei ministri della difesa che dovrebbe iniziarsi il 28 a Washington. Per quell'epoca sarebbe stato opportuno che punto di vista Governo francese fosse definito il che non è facile.

Si attende ora rapporto Standing Group sulla questione: se rapporto arriverà alla conclusione che è impossibile mettere insieme forza militare necessaria per difesa Europa, stimata ora ad 80 divisioni, senza piena partecipazione Germania, questione dovrebbe considerarsi praticamente decisa. La Toumellc non aveva dubbi circa tenore rapporto poiché rappresentanti francesi, come del resto tutti i militari francesi, sono convinti assurdità difendere Germania con truppe alleate lasciando tedeschi funzione spettatori.

A sua impressione non c'è minima speranza ottenere non solo che americani cambino loro punto di vista, ma nemmeno considerevole avvicinamento tesi francesi. Per americani si tratta, oltre al resto, di questione anche politica interna. Contribuente americano non ammetterà mai che gli si chiedano uomini e denari supplementari per evitare partecipazione tedesca alla difesa dell'Europa: si deve poi anche tener conto opinione tedesco-americani che cominciano rialzare testa ed anche tendenze personali Alto Comando americano in cui prevalgono clementi di origine tedesca.

A richiesta francese che forze militari degli altri siano armate ed organizzate prima forze tedesche, da parte americana è stato risposto che questo non è in discussione, anche per ragioni di fatto. Nel caso della maggior parte degli altri Stati europei si tratta di inviare materiale per dare una efficienza effettiva divisioni che già esistono e sono sufficientemente allenate: per la Germania si tratta di cominciare dal prin

cipio: anche ammettendo che efficienza tedesca possa bruciare le tappe, ciò costituisce precedenza di almeno un anno a favore altri alleati. D'altra parte ambasciata americana di qui riferisce, e con ragione, che opinione pubblica francese, nella sua maggioranza, non è contraria riarmo tedesco (il che è esatto) e questo indebolisce posizione Governo francese.

La Tournelle è convinto che, qualora perdurasse opposizione francese, cosa probabile a causa della posizione del Partito socialista e di alcuni gruppi di resistenza, anche M.R.P. (più numerosi di quanto potrebbe sembrare a prima vista), americani provvederebbero militarmente integrazione forze tedesche con le loro: gli inglesi non farebbero opposizioni con il risultato che la parte militare francese resterebbe completamente isolata.

La delegazione francese a Washington è rimasta molto impressionata dall'atmosfera di «guerra preventiva» che ha rilevata nell'opinione pubblica americana: l'americano medio, fondamentalmente antimilitarista, non si adatta ali 'idea di tenere e pagare un grosso esercito permanente per un tempo indeterminato: l'esercito lo si mette su, con larghezza di mezzi, per uno scopo preciso, per fare la guerra: si fa la guerra, la si vince e poi si rimanda l'esercito a casa. L'idea della guerra preventiva è molto diffusa negli ambienti del Pentagono, e, non molto meno, anche nella parte civile dell'Amministrazione. Alcune persone del Dipartimento di Stato, fra cui Acheson, non sono così assoluti sulla ineluttabilità della guerra: ritengono che, una volta l'Occidente fornito di una macchina militare sufficiente, allora, ma solo allora, si potrà trattare seriamente colla Russia. Ma fino a che punto le due opinioni sono differenti? Acheson ha ragione; ma bisogna vedere che cosa gli americani intendono per «trattare»: che la Russia sia disposta, ad un certo momento, a cedere, è probabile: ma quanto vogliono gli americani che essa ceda? Inoltre la Russia cederà perché si troverà contro di sé delle forze occidentali che le incutono un sano timore: ma cederà in quanto e per quanto queste truppe ci sono: questo ad un certo momento può non corrispondere con la volontà americana di smobilitare.

I tedeschi, da parte loro, hanno una sola idea veramente radicata: promuovere l'unificazione della Germania: la parte occidentale si va sempre più convincendo, il che è esatto, che questa unificazione non potrà avere luogo che attraverso una guerra: quando comincerà ad esserci un esercito tedesco, e questo esercito comincerà ad avere una sua influenza sull'opinione pubblica tedesca, esso spingerà per l'unificazione attraverso la guerra. Se l'esercito tedesco sarà ricostituito dagli americani e quindi in contatto diretto solo con gli americani, la coniugazione della guerra preventiva americana, con la guerra unificatrice dei tedeschi, può fare precipitare le cose: e la Francia restandone fuori si toglierebbe la possibilità di esercitare una certa azione moderatrice. Già i contatti fra americani e generali tedeschi sono molto stretti, e la influenza di questi ultimi sui primi non va sottovalutata.

A mia domanda se queste considerazioni non fossero presenti anche ai socialisti ed agli altri ambienti politici francesi contrari, e se non avessero avuto alcun effetto su di loro, La Tournelle mi ha detto che una certa evoluzione c'era: i socialisti non si dichiaravano ora più contrari al riarmo tedesco in quanto tale, quanto al pericolo che il rinascere di una casta militare tedesca poteva costituire per la nuova democrazia germanica: il che non cambierà molto le cose. Comunque, mi ha ripetuto, l'atteggiamento dei socialisti mette in grosse difficoltà il Governo francese.

Adenauer, ad impressione di La Tournelle, ha giuocate le sue carte molto abilmente: egli aveva tenuto ai vari alti commissari un linguaggio differente. Agli inglesi aveva detto che non si interessava dell'esercito; quello che gli premeva erano 150 mila uomini di polizia: agli americani aveva detto invece di non interessarsi della polizia, ma di voler partecipare con tutte le sue forze possibili alla comune difesa dell'Europa: ai francesi aveva detto di preoccuparsi poco dell'esercito e della polizia, ma solo del piano Schuman e del riavvicinamento franco-tedesco. Ed era così riuscito a rompere il fronte degli Alleati, che del resto c'era sempre stato solo pro forma, ed a portare gli americani alle conclusioni che principalmente lo interessavano. Adesso aveva buone carte nel suo giuoco e, date le disposizioni degli americani, avrebbe potuto far pagare abbastanza cara la integrazione tedesca alla difesa dell'Europa, in termini di assoluta parificazione della Germania.

Difficoltà gravi gli potevano venire soltanto dalla tendenza neutralista ancora largamente diffusa in Germania: fin qui l'aveva, in certa misura, incoraggiata lui stesso e se ne era servito per dimostrare agli americani la necessità di concessioni all'amor proprio tedesco: ma essa poteva scappargli di mano. Poco prima della mia visita François-Poncet aveva telefonato che c'era stata una levata di scudi politica contro Adenauer, e la sua politica di «impegni» anche nel suo stesso partito e che egli aveva convocato d'urgenza un Consiglio di Gabinetto per spiegare la sua posizione e cercare di convincere gli altri della sua necessità.

Circa lo statuto della Germania mi ha detto che delle modificazioni sostanziali non si sarebbero avute molto prima della fine dell'anno: ma che dopo le cose avrebbero marciato con ritmo accelerato. Era facile prevedere, fin da ora, che, al massimo fra un anno, la Germania avrebbe finito per sbarazzarsi delle ultime tracce dello statuto di occupazione: a meno che il prevalere delle tendenze neutralistiche, deludendo gli americani nelle speranze che essi hanno oggi sulla Germania, non li induca a cambiare di atteggiamento.

Mi permetto di attirare l'attenzione di VE. su questo affare della posizione neutralistica della Germania. È evidente che la Francia si trova di fronte alla Germania, in una posizione estremamente difficile. Se si intesta nella sua posizione contro il riarmo tedesco, va incontro ad uno scacco aperto per parte degli americani e rischia di restare isolata, a tutto vantaggio della Germania. D'altra parte se non si modifica l'atteggiamento dei socialisti (e, se posso giudicare dai miei recenti contatti, dovrei dire che non ci sono sintomi di cambiamento), essa non può dichiararsi favorevole al riarmo della Germania senza far saltare il Governo: né d'altra parte è facile, forse nemmeno possibile, formare un Governo senza i socialisti.

In questa difficile situazione, l 'unica cosa che potrebbe tirare la Francia dal suo impiccio è un rafforzarsi tale delle tendenze neutralistiche da mettere in seria difficoltà Adenauer, o far nascere la sfiducia negli americani. Dato questo, non è troppo arrischiato dedurne che, da parte francese, si farà tutto il possibile appunto per eccitare queste forze neutraliste. Il Quai d'Orsay, sembra, oggi, del tutto favorevole al riarmo tedesco: ma lo è per convinzione, o soltanto perché vedendo le conseguenze di un inutile irrigidimento francese consiglia, per evitare il peggio, di fare buon viso a cattiva fortuna? Non mi sentirei a tutt'oggi di escludere la seconda ipotesi. Del resto, anche se l'Alto Commissariato non dovesse intervenire direttamente, non credo che manchino ai francesi ed ai singoli partiti uomini e mezzi per influire sull'opinione pubblica e politica tedesca nel senso da loro desiderato.

459

L'AMBASCIATORE A SANTIAGO, BERlO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. URGENTE 1789/017. Santiago, 19 ottobre 1950 (perv. il 27).

Riferimento: Mio telegramma n. 55 del 14 corrente1•

Sono giunto a Santiago il 14 corrente. Il presidente della Repubblica, con gesto di eccezionale cortesia, aveva disposto che la vettura presidenziale venisse a rilevarmi alla stazione di Los Andes, dove sono stato ricevuto dall'incaricato d'affari, dalle locali autorità cilene e da un gruppo di connazionali. Alla stazione di Santiago sono stato accolto dai rappresentanti del Ministero degli affari esteri e, nonostante l'ora tarda, da varie centinaia di connazionali. Questa inconsueta manifestazione ha molto favorevolmente impressionato anche gli ambienti cileni.

Il ministro degli affari esteri signor Walker mi ha ricevuto lunedì 16 corrente. Gli ho consegnato copia delle credenziali.

Il colloquio che ho avuto in tale occasione con lui è stato improntato alla cordialità che caratterizza i rapporti fra i due paesi. Ho ringraziato il ministro del costante appoggio che l'Italia ha trovato nel Cile in occasione dei dibattiti all'O.N.U. ed ho ricevuto al riguardo rinnovate dichiarazioni di simpatia e di amicizia verso il nostro paese.

Il ministro mi ha quindi parlato di sua iniziativa della immigrazione e colonizzazione italiana in Cile che egli considera attualmente il problema più importante fra i due paesi. Ha vivamente auspicato il raggiungimento di soluzioni radicali e mi ha confermato che i tecnici italiani, il cui arrivo in Cile è imminente, riceveranno qui l'appoggio più incondizionato2 .

Nel corso del colloquio si è anche accennato ai problemi commerciali in pendenza fra i due paesi e di cui si attende da ambo le parti una rapida soluzione.

Il 18 corrente sono stato ricevuto dal sottosegretario di Stato al Ministero degli affari esteri signor Trucco, il quale ha tenuto a spicgarmi la portata della recente iniziativa cilena presso l'O.N.U. per la creazione della «internazionale democratica», e le ragioni che hanno indotto il Cile, per evitare frizioni con gli Stati Uniti, a ritirare praticamente il proprio progetto e a presentare invece alcuni emendamenti al controprogetto formulato dal Governo di Washington.

Il signor Trucco mi ha quindi fatto presente che, essendo imminente la firma dell'accordo commerciale tedesco-cileno, il suo Governo auspica vivamente che si concludano al più presto le trattative commerciali in corso con l 'Italia e si possa anzi studiare insieme una più larga intesa in questo campo.

La presentazione delle credenziali al presidente della Repubblica avrà luogo il 24 corrente.

2 Si riferisce al prof. Vittorio Ronchi, presidente dell'Istituto nazionale di credito per il lavoro italiano all'estero (I.C.L.E.) e alla missione di esperti italiani diretta dal dott. Giuseppe Venturoli, attesi per concretare il programma di colonizzazione agricola in Cile.

459 1 Di notifica dell'avvenuta assunzione.

460

IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI

T. S.N.D. 8849/380. Roma, 20 ottobre 1950, ore 23.

Riterrei opportuno che in occasione della riunione del Comitato ministri difesa venissero chiariti e possibilmente definiti anche i problemi finanziari economici connessi col riarmo. Intenderei perciò inviare costì il ministro Pella che eventualmente assieme a Lombardo che sarà costì per altre ragioni potrà avere utile scambio idee con autorità americane. Prego dirmi in via preliminare se mia idea sarebbe bene accolta1•

461

IL MINISTRO A VIENNA, COSMELLI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 12125/213. Vienna, 20 ottobre 1950, ore 22,50 (perv. ore 7,30 de/21).

Sono dolente che tra desiderio inviare subito rapporto richiestomi 1 e attendere, come era mia iniziale intenzione, dati assolutamente precisi anziché lavorare su informazioni prevalentemente fiduciarie e confidenziali con rischio connesso, abbia prevalso il primo.

Questa sera ho avuto dati precisi da questo Ministero affari esteri che sono seguenti: luglio e agosto 1.640 domande, settembre 512, totale 2.152 pari a 5.723 persone. Credo poter individuare errore in cui è caduta fonte mia informazione e sono sicuro in assoluta buona fede.

Può darsi che vi siano domande per errore presentate al Governo provinciale, ma riterrei numero assolutamente trascurabile.

Mi verranno comunicati successivamente dati mensili. Prego pertanto rettificare mie comunicazioni già giunte e in corso in conseguenza. Confermo viceversa analisi presente situazione su cui permettomi richiamare tutta attenzione.

Lcitmaicr mi ha detto stasera che non vede che cosa possa fare per aumentare le domande. Comunque confida c anzi prevede, dopo aver parlato con Kneusse, che si giunga almeno a copertura. Avvicinandosi il termine sconta come certo che domande aumenteranno. D'altra parte questo termine è stato espressamente voluto da delegazione italiana Roma e qui, come altre assicurazioni circa equiparazione con austriaci.

Come VE. ricorderà, da parte mia ero stato sempre incline a patrocinare e ritenere più favorevole in definitiva anche se non lo sembrava a prima vista, quello che chiamavo l'accordo aperto e per percentuale e per termini.

46! 1 Non rinvenuto ma vedi D. 457.

460 1 Per la risposta vedi D. 462.

462

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI

T. S.N.D. URGENTE 12171/808. Washington, 21 ottobre 1950, ore 13,50 (perv. ore 24). Suo 380 1 .

Con rapporti 6145 del l Ocorrente2 e 6306 del 17 corrente, e 6343 partito ieri3 , riferendo su conversazioni franco-americane, ho fatto presente che:

I) conversazioni medesime sono state basate su dettagliata accurata esposizione francese situazione economica, programma riarmo, sforzo finanziario addizionale;

2) Dipartimento Stato ritiene che ulteriori decisioni circa aiuti paesi europei (compresa Francia) debbano essere prese multi lateralmente in seno organi Patto atlantico e precedute da conversazioni in rispettive capitali con uffici americani già istruiti allo scopo. Questa intenzione mi è stata confermata anche personalmente da Thorp.

In queste condizioni dubito che Governo americano sia favorevole conversazioni bilaterali qui ad alto livello, le quali vertano su idee generali e si propongano da parte nostra saggiare propositi americani circa misura aiuti (come noto, questa procedura è stata inizialmente tentata senza successo anche da francesi, che poi hanno presentato programma organico di cui sopra).

Ritengo invece che scambi idee dovrebbero preliminarmente avere luogo costà, come suggerito. Aggiungo che sessione Comitato difesa, avente altro ordine del giorno ed altri obiettivi, si presterebbe male a conversazioni finanziarie bilaterali. Comunque, salvo diverse istruzioni, vedrò Perkins lunedì e telegraferò4 .

2 Vedi D. 452.

3 Non pubblicati.

4 Con T. s.n.d. RR96/382 del 22 ottobre Zoppi rispose: «Presidente Consiglio raccomanda, in sua conversazione con Pcrkins, aver presente ad ogni buon fine anche argomento caso Dayton c opportunità eventuali utili chiarificazioni costì con nostro ministro tesoro».

462 1 Vedi D. 460.

463

L'AMBASCIATORE A BRUXELLES, DIANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 12218/136. Bruxelles, 23 ottobre 1950, ore 20,38 (perv. ore 0,15 del 24).

Telegramma di V.E. n. 8813/c.1• Van Zeeland mi ha detto che egli è sincero fautore di un aumento di poteri del Consiglio d'Europa ed appoggerà quindi qualunque proposta tendente allo scopo.

La proposta di convocare una conferenza diplomatica per lo studio della riforma dello statuto gli sembra meritevole di appoggio; ma qualora altri Stati membri ritenessero preferibile che la questione fosse prima esaminata da un Comitato di studi egli non avrebbe difficoltà ad aderire ad una simile soluzione, soprattutto qualora essa dovesse apparire la meglio indicata per evitare discrepanze in seno al Comitato dei ministri e raccogliere l 'unanimità dei consensi. Egli si riserva fissare il suo atteggiamento dopo di aver avuto qualche scambio di idee con i suoi colleghi.

Van Zeeland si recherà domani a Parigi e Londra da dove proseguirà direttamente per Roma.

464

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI

T. S.N.D. URGENTISSIMO 12230/810. Washington, 23 ottobre 1950, ore 21,24 (perv. ore 8 del 24).

Mio 808 e suo 382 1•

Ho spiegato diffusamente a Perkins che problemi economici finanziari italiani, anche ma non esclusivamente in connessione con sforzo riarmo ed altresì in relazione con polemiche goffamente suscitate da missione E.C.A. Roma, renderebbero assai utile visita ministro Pella a Washington per esame obbiettivo ed esauriente nostra situazione, nostre possibilità ed impostazione politica economico-finanziaria.

Su riarmo, Perkins ha ripetuto quanto già sapevamo cioè che Uffici americani Roma ed altre capitali Patto atlantico sono stati istruiti discutere sul posto problemi rispettivi paesi, in preparazione discussioni multilaterali in seno organi appositi.

Circa missione E.C.A., pur confermando che critiche da essa formulate riflettono almeno in parte idee ripetutamente esposteci da Governo americano, ha mostrato rendersi conto inconvenienti creati da imprudenti manifestazioni Dayton e da impostazione unilaterale cd eccessiva delle critiche anzidette.

Nel complesso ha dichiarato comprendere utilità chiarificazione nonché difficoltà addivenirvi Roma. Pertanto ha promesso esaminare possibilità viaggio Pella, se e in quanto non interferisca direttamente con procedura stabilita per accordi su riarmo. Mi darà risposta appena possibile, dopo aver preso istruzioni da segretario di Stato.

Per facilitare accoglimento nostra richiesta ho interessato confidenzialmente anche Dipartimento Tesoro, tanto ad alto livello quanto nella persona di Cemark.

Ritengo che proposta visita, così portata su piano generale, abbia qualche probabilità successo, mentre se fosse inquadrata strettamente in problema riarmo sussisterebbero considerazioni di cui a mio 808. Debbo peraltro segnalare che, qualora essa avvenisse, converrebbe preparare accuratamente annuncio ad opinione pubblica per evitare che suoi risultati se non appariscenti suscitassero delusioni. Infatti:

l) per problema generale non possiamo attenderci da parte americana dichiarazioni pubbliche nocive a prestigio E.C.A.; 2) per riarmo, probabile mancata dctenninazione in cifre almeno immediatamente dell'aiuto americano potrebbe prestarsi a sfavorevoli confronti con caso francese.

Confermo inoltre che incontro sarà più utile quanto più esposizione nostra situazione esigenze e propositi sarà appoggiata da precisa documentazione2 .

463 1 Del 20 ottobre, indirizzato alle ambasciate ad Ankara, Bruxelles, Londra e Parigi e alle legazioni ad Atene, Copenaghen, Dublino, L' Aja, Lussemburgo, Osio e Stoccolma, con il quale Zoppi sollecitava l'appoggio dci rispettivi Governi di accreditamento alla proposta italiana di corw,cazionc della conferenza di cui al presente documento.

464 1 Vedi D. 462.

465

IL MINISTRO A CANBERRA, DEL BALZO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. 12237/46. Sydney. 24 ottobre 1950, ore 19,40 (perv. ore 14,30).

Ringrazio per telegrammi 32 1 e 362 del cui contenuto mi sono valso e mi varrò nel modo migliore durante negoziati. Australiani sostengono non aver mai ufficialmente menzionato alla Banca Internazionale cifre relative emigrazione italiana, bensì aver genericamente parlato di possibilità per la medesima in connessione con progetti massima di questo Governo che prevede accoglimento nei prossimi l O anni di l 00 mila emigranti non britannici all'anno. Ulteriori pressioni americane possono senza dubbio giovarci se svolte-s'intende-con dovuto garbo. Accennati futuri contatti con rappresentante australiano nella Banca, dopo suo arrivo a Washington, risulteranno altresì utili e tempestivi.

2 Del 22 ottobre, non pubblicato.

Permettomi segnalare due modi nei quali appoggio americano potrebbero inoltre riuscirei prezioso:

l) è previsto invio in Australia missione Banca Internazionale per accertare possibilità ulteriore partecipazione ai piani sviluppo economico. Si potrebbe lasciare intendere a questo Governo che sul giudizio della missione stessa avranno particolare influenza condizioni che risulteranno essere state fatte alla nostra emigrazione sussidiata;

2) qualora possibile, Dipartimento di Stato potrebbe accennare ad ambasciata australiana che concessione eventuali fondi internazionali (leggi americani) per immigrazione sussidiata verrebbe più favorevolmente considerata se accordo Italia c volume nostra emigrazione dimostrassero che qui si intende contribuire sul serio ali' assorbimento esubero mano d'opera.

464 2 Per il seguito vedi D. 4 70.

465 1 Vedi D. 455.

466

L'AMBASCIATORE A PARIGI, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO 12268/410. Parigi, 24 ottobre 1950, ore 20,13 (perv. ore 1,30 de/25).

Parodi mi ha rimesso oggi alle quindici c trenta testo dichiarazione Pleven Camera scusandosi di non averlo fatto questa mattina, come annunciatomi, perché fino ali 'ultimo momento era stato ancora rimaneggiato da presidente. Prima di noi testo è stato rimesso Stati Uniti ed InghiltetTa.

A mia richiesta mi ha precisato:

l) conclusione piano Schuman è considerata condizione si ne qua non per qualsiasi ulteriore discussione su esercito europeo. Organizzazione rapporti fra Consiglio ministri, Alta Autorità e rappresentanza parlamentare dovrebbe costituire precedente per futuro ministro comune difesa;

2) idee francesi circa «più basso livello possibile» non sono ancora precisate: dovrebbe trattarsi di non più di divisione non meno di reggimento;

3) sebbene non sia detto specificatamentc nella dichiarazione, c'è accordo tutti i partiti perché si proceda a costituzione esercito europeo anche se, come probabile, InghiltetTa non accetti sottomettersi ministro comune;

4) è stato in certa misura ambasciatore Bruce a consigliare Francia mettersi per strada europea: non considerano naturalmente consiglio Bruce come indicativo disposizioni americane. Personalmente Parodi non mi è sembrato molto convinto circa possibili reazioni americane. A sua richiesta circa possibili reazioni italiane mi sono limitato dire, riferendomi sue dichiarazioni Washington, che tutto quello che poteva significare passo avanti Unione Europea era senz'altro accetto Governo italiano, ma che, proposta francese potendo essere considerata sotto diversi punti di vista e con differenti risultati, non mi sentivo potere esprimere parere anche solo a titolo personale. Mi ha detto che da parte francese si sarebbe gradito potere conoscere più presto possibile reazioni italiane.

Progetto francese rappresenta unica formula intorno a cui non senza difficoltà è stata potuta raccogliere unanimità Gabinetto ed evitare crisi. Ho impressione qui si speri soprattutto che, così come essa è formulata, essa possa riscuotere larga misura adesione in Germania: è per questo che accenni a diffidenza verso Germania sono ridotti a quello che francesi considerano minimo indispensabile.

Si spera soprattutto guadagnare tempo: evitare con questa proposta che questione riarmo tedesco sia discussa prossima riunione ministri difesa sperando che da parte americana si abbia qualche difficoltà rispondere puramente e semplicemente di no. Quanti erano contrari posizione negativa assunta specialmente da socialisti sperano essere riusciti smuovere questi, sia pure di poco, da loro posizioni iniziali e che da parte americana si accetti proposta francese almeno come base di discussione finendo per arrivare poi a soluzione intermedia fra proposte americane e quelle francesi. Vorrebbero insomma ridurre pillola a minori dimensioni possibili e portare gradatamente partiti e Parlamento (opinione pubblica è già in gran parte rassegnata) a convinzione necessità inghiottirla1•

467

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO 12276/815. Washington. 24 ottobre 1950, ore 20,54 (perv. ore 7 del 25).

Dipartimento di Stato è tuttora privo informazioni ufficiali su decisioni Gabinetto francese circa riarmo Germania. Tuttavia, sulla base prime notizie indirette, ritiene Francia orienti sue proposte verso creazione esercito continentale europeo, il quale costituirebbe uno dei tre elementi difesa atlantica, altri due essendo rappresentati rispettivamente da eserciti britannico ed americano.

Dipartimento di Stato mostrasi finora assai prudente nel valutare siffatta tendenza, attendendo che rappresentanti francesi la espongano ufficialmente e ne illustrino particolari.

Peraltro dichiara confidenzialmente essere assai scettico su sua realizzabilità, anche per evidenti complicazioni pratiche organizzati ve.

Poiché qualunque organizzazione puramente continentale tenderebbe conferire Francia posizione privilegio rispetto Italia Benelux e Germania (fra l'altro Francia chiederebbe verosimilmente che esercito continentale fosse sotto comando francese) da parte nostra è stato detto, a titolo personale, a Dipartimento Stato che idea di spezzare unità organizzazione c forze Patto atlantico nonché creare diaframmi fra forze nazionali e comandante supremo americano appare pessima.

Prego effettuare possibili controlli Parigi e informarmi 1•

466 1 Per la risposta vedi D. 468.

467 1 In risposta (T. segreto 900\1389 del 25 ottobre) Guidotti trasmise il D. 466 da Parigi aggiungendo: «Per quanto riguarda nostra posizione ministro Pacciardi la metterà al corrente>>.

468

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE A PARIGI, QUARONI

T. S.N.D. 9004/473. Roma, 25 ottobre 1950, ore 24.

Suo telegramma n. 4101•

A ministro Pacciardi sono state date seguenti direttive:

«Come Governo italiano fu il primo aderire progetto Schuman acciaio-carbone, così esso è ora lieto dichiarare sua simpatia per concetti espressi da Governo francese circa costituzione un esercito europeo al servizio di un'Europa unita.

Governo italiano rinnova oggi con anche maggior fervore augurio che firma piano acciaio-carbone si verifichi al più presto, con soddisfazione interessi legittimi sei Stati partecipanti, visto che Governo francese ammette come possibile costituzione esercito europeo solo dopo questa firma.

Ma poiché realizzazione piani stabiliti ultima sessione ministri degli esteri Patto atlantico è considerata da Italia come indispensabile e urgente per difesa pace, noi ci troviamo nella necessità di confermare bensì nostro accordo di massima per proposte fatte da Governo francese il 24 ottobre, ma ad una sola condizione: che esse frattanto non ritardino creazione forza integrata europea e americana nelle forme decise da quinta sessione atlantica» 2 .

469

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO URGENTE 123 2 7/819. Washington. 25 ottobre 1950. ore 22 (perv. ore 8 del 26).

Mio 818 1•

Odierna seduta sostituti ministri difesa, rappresentante francese ha esposto progetto per riarmo Germania ed esercito continentale europeo. Progetto corrisponde sostanzialmente a informazioni di cui a mio 815 2 . Infatti prevede formazione vero e proprio esercito federale europeo. Questo sarebbe sottoposto ad apposito ministro della difesa europeo, a sua volta responsabile di fronte a istituendo Consiglio ministri difesa europei o ad altro adatto organo collegiale.

Rappresentante francese ha ammesso che progetto si discosta profondamente da concetto americano «forza integrata» ma ha detto che anche esso tende, sia pure per altra via, a risolvere sollecitamente cd in modo costruttivo duplice problema riarmo Gcm1ania c creazione forza europea. Ha fatto altresì esplicito riferimento a concetti ispiratori piano Schuman, ha aggiunto che progetto è stato approvato unanimità da Gabinetto francese e sarà diramato per iscritto a paesi Patto atlantico [appena] sarà stato approvato anche da Parlamento.

Nessun altro rappresentante ha commentato progetto francese, sul quale pertanto resta aperta discussione. Prime reazioni nostri capi Stato Maggiore sono negative, per ragioni già da me indicate ieri. Seguirò e segnalerò appena possibile reazioni americane'.

468 1 Vedi D. 466. 2 Per la risposta vedi D. 473. 469 1 Pari data, con esso Tarchiani aveva riferito le dichiarazioni rilasciate alla stampa da Acheson sul progetto francese. 2 Vedi D. 467.

470

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI

T. S.N.D. URGENTISSIMO 12318/821. Washington, 25 ottobre 1950, ore 22 (perv. ore 11 del 26). Miei telegrammi 810 1 , 811 e 8122 .

Perkins mi ha chiamato stasera per comunicarmi che Governo americano, avendo esaminato con massima attenzione e nello spirito migliore comprensione richiesta italiana per visita ministro Pella, non riteneva opportuno che tale visita si compisse subito. Pcrkins ha precisato che per quanto concerneva conversazioni per direttive generali politica finanziaria, atte a correggere situazione creata da incidente Dayton, erano in corso provvedimenti adeguati che non avrebbero reso necessario colloqui a Washington. Tra l'altro, mentre non si pensava a sostituzioni di uomini si stava disponendo invio a loro fianco di persone in grado di esercitare utile influenza cd azione equilibratrice (da altra fonte ho saputo che si cerca di persuadere Barnett a ritornare presso missione costà).

Circa finanziamento programma riarmo, Pcrkins mi ha ripetuto che fcnna direttiva americana è che ulteriori decisioni circa aiuti debbano essere prese multilatcralmente in seno organi Patto e precedute da conversazioni in capitali rispettive. Premesso che in prossime riunioni Comitato ditèsa non si discuterebbero problemi finanziari e che non vi parteciperà nessun ministro finanze, Perkins fatto presente imbarazzo che creerebbe progettata visita breve scadenza proprio mentre si tende anche per program

2 Del 24 ottobre, con essi Tarchiani aveva chiesto chiarimenti circa le notizie diffuse dall'Ansa di un'imminente partenza di Pella per gli Stati Uniti. A tale richiesta Sforza rispose (T. s.n.d. 9002/390 del 25 ottobre): <<Pella non venendo per ora, ministro Lombardo presterà ministro Pace i ardi ogni desiderabile assistenza su problemi economici».

ma francese a riportare discussioni su piano multilaterale. Egli pensa invece che momento migliore per visita potrebbe essere principio gennaio, quando dovrebbero essere giunti a buon punto lavori per piani priorità e medio termine.

Ho insistito chiedendo che almeno si aderisse a visita fine novembre.

Perkins mi ha ripetuto che viaggio per motivi opportunità spiegatimi sembrava difficile realizzazione anche a quel momento. Egli ha tenuto a ribadire sentimenti viva simpatia e personale apprezzamento per ministro Pella, esprimendo vivissimo rammarico non poter aderire mie sollecitazioni. Invio rapporto per corriere domani3•

469 3 Vedi D. 471. 470 1 Vedi D. 464.

471

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO 12334/823. Washington, 25 ottobre I950, ore 23 (perv. ore I I del 26). Miei telegrammi 815 e 819 1•

Perkins oggi mi ha anche parlato progetto francese. Ha premesso che esso richiedeva attento studio e che Dipartimento date vaghe informazioni francesi non aveva ancora fissato sue idee in proposito.

Perkins mi ha tra l'altro detto che Governo americano non aveva ancora informazioni sufficienti su funzione che forze armate e comandi inglesi avrebbero in esercito federale. Inoltre progetto menzionava costituzione esercito con unità tratte da free countries europei il che lasciava presumere contribuzione altri paesi extra Patto.

Perkins ha voluto pormi al corrente intenzione americana non avversare aspramente fin dagli inizi progetto Parigi per correggerlo ed adattarlo se possibile. Riconosceva che Governo Parigi aveva fatto notevole sforzo verso idea inclusione forze tedesche in difesa occidentale. Si trattava ora indurlo ad altri passi avanti. Progetto ha peraltro carattere dilatorio e di sorpresa alla vigilia riunione Comitato difesa. Comporta quindi studi approfonditi da parte Governi, e ministri difesa non potranno perciò prendere decisioni in prossime sedute. Governo americano pensa quindi si possano formulare le osservazioni dei Governi interessati successivamente.

Perkins ha mostrato sperare che anche noi si aderisca tale linea condotta senza sollevare nette difficoltà.

Ho in via personale ribadito osservazioni da noi già formulate ieri su inconvenienti idea francese. Circa tattica da lui suggerita l'ho rassicurato su atteggiamento italiano sempre estremamente comprensivo verso interessi vitali francesi. Ho però osservato che rinvio discussione su argomento essenziale avrebbe ritardato ogni decisione, mentre non mi sembrava che situazione generale fosse diversa da quella che

aveva ispirato dichiarazioni Acheson a Consiglio atlantico. Perkins ha risposto che urgenza era ben tenuta presente e che d'altronde progetto francese includeva attiva preparazione e riarmo paesi Patto atlantico.

Poiché Perkins mi ha lasciato capire che sua comunicazione mi veniva fatta per «intonare» nostro atteggiamento in lavori Comitato difesa, sarò grato farmi conoscere pensiero Governo per comunicazioni al ministro Pacciardi al suo arrivo2 .

470 3 Vedi D. 475. 471 1 Vedi DD. 467 e 469.

472

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI

T. S.N.D. 9042/394. Roma, 26 ottobre 1950, ore 23.

Suo 823 1•

Quanto segue è per lei e per Pacciardi che prego mostrarle le direttive ricevute da me. Ambedue farete sentire che nostro atteggiamento non è affatto contrario a proposta francese in se stessa e siamo anzi pronti a studiarla e a dare tutto il nostro possibile contributo per sua realizzazione ma dobbiamo rilevare suo carattere dilatorio. Se un rinvio si rende inevitabile, anche ad avviso Governo americano, sia per non urtar troppo il Gabinetto francese, sia per facilitare in un prossimo futuro riavvicinamento francese a concetto originario forza integrata, Pacciardi potrà senz'altro darvi sua adesione. Con l'occasione però egli ribadirà nostro concetto che realizzazione in una forma o in un'altra dei piani delineati in ultima sessione Consiglio atlantico è considerata da noi necessaria ed urgente per difesa pace.

473

L'AMBASCIATORE A PARIGI, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 12372/416. Parigi, 26 ottobre 1950, ore 21,50 (perv. ore 7 del 27).

Ho informato Parodi istruzioni Pacciardi di cui al telegramma di V. E. n. 473 1• Gli ho fatto rilevare come dato atteggiamento americano, logica avvenimenti e posizione già da noi assunta esse costituivano massimo sforzo avvicinamento punto di

472 1 Vedi D. 471. 473 1 Vedi D. 468.

vista francese che Governo italiano poteva fare, del che mi ha dato atto ringraziandomene, pur non essendone naturalmente convinto al di là di un certo punto.

Mi ha ripetuto timori francesi, ai fini pace generale, circa pericoli riavvicinamento diretto fra tedeschi ed americani: gli ho osservato a questo riguardo che era da domandarsi se una politica francese meno intransigente non avrebbe contribuito meglio ad evitare questo téte à téte. Al che Parodi ha obbiettato estreme difficoltà posizione interna francese e mi ha insistentemente pregato far presente Governo italiano come atteggiamento troppo rigido da parte americana avrebbe potuto provocare in Francia non solo crisi di Governo ma anche, in certo senso, crisi di regime con conseguenze difficilmente calcolabili: che questo non era certo interesse americano, ma nemmeno interesse italiano come non era interesse francese qualsiasi complicazione situazione interna italiana.

Parodi, come è noto, è politicamente piuttosto legato socialisti. Ciò premesso, è innegabile che situazione parlamentare francese per quello che riguarda riarmo Germania è effettivamente più che difficile.

Come V.E. avrà rilevato atteggiamento socialista, con pieno consenso Moch, è andato al di là dichiarazione Pleven ed ha fatto aggiungere alle dichiarazioni governative «volontà non permettere sia ricostituito esercito e Stato Maggiore tedeschi».

Parigi è in questo momento letteralmente inondata emissari socialisti tedeschi che esercitano pressioni su loro colleghi francesi contro qualsiasi riarmo Germania assicurando, fra l'altro, che con questo mezzo si è sicuri di far cadere Adenauer, il che è sogno tutti socialisti e non solo socialisti francesi.

Ma posizione non meno intransigente è stata assunta da frazione M.R.P. (Teitigen) e da importanti gruppi radicali e P.R.L. Se da parte americana si passa oltre ad opposizione francese, non solo cade inevitabilmente Pleven (che del resto cadrebbe lo stesso) ma si aprirebbe crisi impossibile a risolvere: bisognerebbe andare alle elezioni ed elezioni indette in queste circostanze sono un vero salto nel buio che può dare risultati più inattesi: anche rinascita fronte popolare.

Avremmo comunque Francia ridotta a zero per lungo periodo di tempo. Se noi fossimo in grado profittarne ai nostri fini individuali ciò potrebbe anche farci piacere: ma purtroppo non siamo in grado di farlo. Non vorrei che risultato di tutto questo finisse per essere asse Washington, Londra, Bonn nel qual caso noi rischiamo di restare ancora più fuori del giuoco di quanto lo siamo già.

Posizione francese è più che illogica, d'accordo: ma situazione politica francese è quella che è e nessun uomo di Stato di qui può cambiarla. Non si tratterebbe naturalmente per noi di cambiare posizione assunta in seno Conferenza ministri esteri che è unica possibile per noi, ma mi domando, non tanto fini rapporti italo-francesi, quanto per interesse nostro, se non ci converrebbe esercitare quel poco di azione che possiamo per cercare di convincere americani ed altri a procedere almeno con certe gradualità in modo da dare qualche chance a quelli che in Francia cercano di arrivare ad un compromesso più fattivo e ragionevole2 .

D. 472).

471 2 Per la risposta vedi D. 472.

473 2 Con il T. s.n.d. 9075/479 del 27 ottobre Sforza, nel confermare la comprensione del Governo italiano per la situazione francese, comunicò di aver già inviato istruzioni in proposito a Tarchiani (vedi

474

L'AMBASCIATORE AD ANKARA, PIETRO MARCHI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 1850/936. Ankara, 26 ottobre 1950 (perv. il 2 novembre).

Nel pomeriggio di lunedì 23 corrente ho presentato le credenziali al presidente della Repubblica Celai Bayar. L'accoglienza è stata cordialissima. Era presente il ministro degli atTari esteri Fuat Kopriilii. Il presidente si è intrattenuto a conversare con me assai più a lungo di quanto non sia solito fare in simili cerimonie. Egli mi ha parlato, in termini di profonda ammirazione, del presidente Einaudi, del quale conosce le opere. Celai Bayar, che è specialmente versato in questioni economiche e finanziarie, ha in modo particolare apprezzato la politica svolta da S.E. Einaudi per il raddrizzamento della situazione italiana quando fu ministro del bilancio. Parole di viva simpatia il presidente ha avuto all'indirizzo di VE. che, mi ha detto, egli non ha avuto finora il piacere di conoscere personalmente ma del quale gli hanno lungamente parlato, e nei termini della più viva ammirazione e riconoscenza, intimi suoi amici, che sono ugualmente legati a VE. da sentimenti di profonda devozione.

Passando a parlare dei rapporti tra i nostri due paesi, il presidente mi ha dichiarato che potrò contare sul più completo appoggio da parte sua e del suo Governo (e qui ha tenuto a sottolineare l 'atmosfera di speciale cordialità e fiducia nella quale verrà a svolgersi l'opera della nostra ambasciata) perché, egli ha detto, due grandi compiti mi attendono e precisamente di collaborare al problema della sicurezza nel Mediterraneo e allo sviluppo delle relazioni economiche tra la Turchia e l'Italia.

A questi due compiti, ha continuato Celai Bayar, deve aggiungersi la conclusione di un accordo culturale. Ho assicurato il presidente che mi adopererò con ogni impegno a rafforzare la collaborazione tra i due paesi in tutti e tre i settori. In particolare per quanto riguardava l'accordo culturale, per la stipulazione del quale avevo ricevuto analoghe istruzioni da parte di VE., avremmo potuto cominciare subito ad avviare le trattative.

Da ultimo ho presentato al presidente il personale dell'ambasciata.

La stampa ha dato insolito rilievo alla cerimonia con articoli, pubblicazione di fotografie ecc. In questi ambienti diplomatici è stata notata la speciale cordialità, che il Governo turco ha voluto dare alla cerimonia della presentazione delle credenziali.

Questo ministro degli affari esteri ha tenuto inoltre a comunicarmi che nel discorso inaugurale alla Grande Assemblea nazionale, di imminente apertura, il presidente della Repubblica sottolineerà in modo particolare la cordialità dei rapporti esistenti tra l 'Italia e la Turchia.

475

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, DE GASPERI

L. SEGRETA. Washington, 26 ottobre 1950.

Ho cercato di illustrarti con i miei vari telegrammi 1 le difficoltà che ho incontrato fin dall'inizio per organizzare con i competenti elementi del Dipartimento di Stato una visita di Pella a Washington in concomitanza con la presenza qui di Pacciardi e con i lavori dei Comitati di difesa. Tali difficoltà si sono manifestate per dei motivi che ho varie volte illustrato al Ministero degli esteri e che ti riassumo brevemente qui di seguito:

Per i finanziamenti americani del cosiddetto programma di alta priorità per il riarmo dei paesi europei, gli americani si erano illusi originariamente che tali finanziamenti potessero essere studiati in sede collegiale nei Comitati di Londra. Successivamente essi avevano dovuto persuadersi che, per il programma di alta priorità essi non avrebbero potuto sfuggire a negoziati bilaterali, anche perché era interesse di questa Amministrazione e suo dovere verso il Congresso accertare a fondo le possibilità e le necessità dei singoli partners del Patto. Il Governo americano aveva così scelto una soluzione compromissoria: quella di procedere a conversazioni bilaterali per la parte dei vari programmi nazionali per cui un siffatto bilateralismo appariva consigliabile, e rimandare invece ai Comitati del Patto quella parte dei programmi predetti che comportava una «integrazione» tra i vari partners europei.

Sopratutto in vista di tale seconda esigenza il Governo americano aveva fin dal settembre scorso deciso che i contatti tra rappresentanti americani e quelli di ogni singolo paese europeo avvenissero nelle capitali europee con lo scopo preciso dell'esame della situazione economica dei paesi stessi, dei loro programmi e degli specifici progetti di produzione militare di ognuno di essi.

Le visite qui compiute dagli inglesi e dai francesi hanno costituito una deviazione da quelle che erano le intenzioni originarie americane sopra descritte: e tale deviazione ha avuto luogo per iniziativa dci Governi inglese e francese, i quali, con un pretesto o con l'altro, hanno quasi «imposto» al Governo americano di ricevere i loro rappresentanti a Washington.

Gli inglesi, che avevano iniziato per i primi i contatti a Londra con l'ambasciata americana colà, avevano portato tali contatti a un punto tale (e anche a una impasse tale) da poter persuadere gli americani della opportunità di una definizione finale dei rapporti finanziari reciproci attraverso il viaggio del facente funzione del cancelliere dello Scacchiere. Essi però avevano motivato la visita anche con la necessità di discutere problemi di rimborso del prestito anglo-americano, la rivalutazione del dollaro canadese, le riserve in dollari della Gran Bretagna, ecc. I francesi, per loro conto, si fecero forti innanzi tutto della pericolante situazione in Indocina (e non è necessario

che ti illustri quanto gli americani siano preoccupati di tale situazione) e sopra tutto specularono sull'interesse che gli americani avevano a parlar loro di riarmo tedesco. È essenziale però notare che sia gli inglesi e sia i francesi giunsero a Washington con un programma finanziario ben definito, segmentato anche in progetti di produzione industriale, esattamente secondo i desideri americani. Vi era cioè per essi una concreta base di discussione.

Come ho telegrafato, subito dopo tali visite, gli americani si affrettarono a comunicarci che tutte le trattative con gli europei si sarebbero svolte da allora in poi nelle singole capitali europee e che gli stessi negoziati inglesi e particolarmente francesi sarebbero stati ultimati a Londra e a Parigi.

Per questo mi è parsa subito fin dall'inizio ben netta la difficoltà di ottenere che gli americani aderissero a una nuova deviazione dalla regola che essi avevano fermamente stabilito consentendo al viaggio di Pella proprio in relazione a trattative per il finanziamento del riarmo. Ciò tanto più mi è sembrato difficile in quanto nessun ministro economico sarebbe stato presente alle riunioni del Comitato difesa che aveva scopi soltanto militari e la cui agenda era stata già stabilita con tali precise caratteristiche.

Mi sono reso però perfettamente conto, anche a seguito delle notizie recate qui da Lombardo, che il caso Dayton e le notizie apparse in Italia sui risultati delle conversazioni degli inglesi e dei francesi, avevano dato argomenti all'opposizione e creato motivi di preoccupazione per il Governo. È appunto per la consapevolezza di tale stato di disagio che ho cercato di indurre questo Governo, premendo anche sul ministro del tesoro che è particolarmente amico di Pella cd estimatore della sua politica finanziaria, ad aderire al progettato viaggio considerandolo come rispondente a complesse esigenze che non si individuavano soltanto nei finanziamenti per il riarmo. Mi ero indotto a motivare in tal modo la mia richiesta, anche nel dubbio che Pella non potesse qui giungere con un concreto programma quale quello presentato dai francesi.

La risposta che ti ho comunicato ieri sera2 deve essere interpretata unicamente come dovuta ali' estremo imbarazzo in cui il Governo americano si troverebbe se consentisse a fare una nuova deviazione dalla regola stabilita per i negoziati in Europa, deviazione che ecciterebbe le bramosie di tutti gli altri alleati del Patto e finirebbe forse per compromettere seriamente l 'esito degli sforzi che questo Governo va compiendo per incoraggiare gli europei al multilateralismo e all'integrazione. Desidero a tale riguardo ripetere, con ogni possibile enfasi, che non vi è nella risposta non direi negativa ma interlocutoria degli americani, nessun altro motivo se non quello che ho sopra menzionato. Ad esso si potrebbe forse aggiungere il timore che un viaggio del genere riporterebbe nuovamente in primo piano temi sui quali il cosiddetto «caso Dayton» tanto accaloramento e tanti contrasti ha provocato. Ciò che mi risulta comunque con certezza è che il Dipartimento e il Tesoro hanno cercato in ogni modo di superare i propri scrupoli allo scopo di facilitare la visita, tanto più che era qui ben noto che il ministro Pella da tempo desiderava riprendere i contatti con i circoli governativi americani.

Ti aggiungo, per ora in via preliminare, che tanto si cerca al Dipartimento di venire incontro alla nostra richiesta che, dopo la comunicazione fattami ieri da Perkins, e a seguito del vivo disappunto che io ho manifestato, gli uffici si sono posti a studiare una nuova formula, sulla base di un altro suggerimento che noi avevamo in questi giorni ventilato e cioè che il ministro Pella possa venire per la firma dell'accordo per gli investimenti. Tale accordo è da mesi allo studio ed i negoziati relativi dovrebbero presto riprendersi, dopo una battuta d'aspetto, se da parte nostra si faranno proposte concrete agli americani per una intesa sul meccanismo procedurale dell'esecuzione dell'articolo 78. Il Dipartimento ha infatti ora legato i due problemi -accordo per gli investimenti e articolo 78-e dipende ora da noi formulare delle proposte sull'articolo 78 che consentano una rapida conclusione dei lavori relativi all'accordo predetto. Se tali lavori potessero essere ripresi la firma dell'accordo e di conseguenza il viaggio di Pella potrebbe avvenire anche a una data antecedente a quella menzionatami da Perkins e cioè fine novembre o principio dicembre. La firma dell'accordo per gli investimenti costituirebbe d'altra parte un motivo del tutto nuovo e specificamente «italiano» di visita che non dovrebbe dar luogo a gelosie negli altri europei mentre nello stesso tempo non escluderebbe la possibilità di discussioni sulle altre questioni che Pella desiderasse sollevare.

Ignoro se i lavori presso la nostra amministrazione e i contatti sia con gli americani e sia con gli europei sul nostro programma finanziario per il riarmo e per la produzione militare, sono stati iniziati e se essi hanno compiuto progressi sufficienti perché la firma dell'accordo per gli investimenti e una discussione conclusiva su tale programma possano essere sincronizzate. I nostri Ministeri potranno essere giudici migliori di me su tale punto. È certo però che tali ultimissimi nuovi sviluppi del problema del viaggio di Pella-che non telegrafo data la loro natura ancora «embrionale» -è un nuovo indizio della buona volontà americana di venire incontro alle nostre sollecitazioni. Tengo peraltro a precisarti che si tratta per ora di proposte in esame al livello degli uffici e mi riservo di farti avere ulteriori informazioni sul seguito che esse potranno avere.

Per parte mia desidero assicurarti che, salvo tue istruzioni in contrario, mi adopererò in ogni modo perché possa aver luogo-ed al più presto-una visita che, a mio parere, è di vitale importanza per i rapporti tra il nostro e questo paese e che consentirà uno scambio di idee con gli americani di indubbia utilità in relazione sia alla nostra politica finanziaria e sia al nuovo tipo di aiuti che il Governo americano si accinge ad erogare.

475 1 Vedi DD. 462, 464 c 470.

475 2 Vedi D. 470.

476

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

L. Washington, 26 ottobre 1950.

Ho ritenuto opportuno informare in dettaglio il presidente del Consiglio in merito ai contatti da noi avuti qui per cercare di organizzare il viaggio del ministro Pella. Poiché egli mi ha inviato direttamente istruzioni in argomento', ho riferito a lui con una lettera che le invio qui unita in copia2 , per sua conoscenza.

A lei aggiungo che, se questo viaggio deve avvenire più presto del gennaio, è necessario che qualche forte raccomandazione venga inviata da Dunn al Dipartimento, che lumeggi i vantaggi e l'opportunità politica di una visita del genere.

Per l'eventualità poi che il suggerimento, su cui il Dipartimento sta lavorando, di usare la firma dell'accordo per gli investimenti come uno dei motivi di un viaggio meno remoto, abbia a trovare definitivi consensi qui, vorrei consigliare un suo intervento a che i nostri uffici rispondano presto alla richiesta americana di concordare il meccanismo procedurale per l'esecuzione dell'articolo 78. Su tale richiesta ho riferito con il telespresso n. 10800/6226 del 12 ottobre u.s. 3 e su essa il Dipartimento è di recente tornato varie volte. Le sarò grato se su tale ultimo punto ella vorrà farmi ragguagliare4 .

477

IL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA, ALL'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI

TELESPR. SEGRETO 45/729/c. 1• Roma, 27 ottobre 1950.

Riferimento: Telegramma di VE. n. 789 del 17 correntc2•

Riesaminata la situazione, sotto ogni suo aspetto, anche con l'ambasciatore a Mosca in procinto di rientrare in sede dopo il congedo, si è dovuto convenire non essere possibile non proseguire col Governo russo quelle trattative alle quali abbiamo sempre dichiarato di essere disposti, anche per il notevole interesse che noi potrem

Vedi D. 475.

3 Non pubblicato.

4 Il documento reca la seguente annotazione di Grazzi in data 18 novembre: «Quanto all'accordo sugli investimenti, noi abbiamo inviato il controprogetto italiano agli americani da circa quattro mesi. Non mi risulta che ci siano state discussioni definitive fra la nostra ambasciata e gli Stati Uniti; credo anzi che per la conclusione dell'accordo stesso sarà forse necessario che un paio di tecnici nostri (Valute e Ufficio dei cambi) vadano a Washington; so però che in occasione della precedente visita Lombardo questi venne avvisato che il Governo americano considerava arenato l'accordo sugli investimenti finché non avesse avuto soddisfazione sull'art. 78. La chiave, quindi, mi pare sempre l'articolo 78».

2 Non pubblicato.

mo avere a definire il valore e la lista dei beni italiani in Ungheria, Romania e Bulgaria da cedere all'U.R.S.S. in conto riparazioni e che del resto il Governo sovietico si è già di fatto incamerato.

Ho dato, pertanto, istruzioni all'ambasciatore Brosio di far presente a Mosca, al suo ritorno, qualora nuovamente sollecitato, che la ripresa delle trattative di cui trattasi potrà avere inizio ad epoca da concordarsi, precisandogli che, come già prospettato a codesta ambasciata nelle conclusioni del telespresso 45/676 del 30 settembre2 , ci riserviamo prendere convenienti decisioni nel corso delle medesime e che esse dovranno essere strettamente limitate a stabilire i beni da cedersi nei Balcani e la quota da sottrarre dal noto importo di 100 milioni di dollari all'U.R.S.S. dovuto per riparazioni senza che si entri per adesso in merito al pagamento della quota residua (forniture industriali). D'altra parte, sia nel corso del negoziato, sia in seguito, potranno essere tenute presenti le considerazioni fatte costì a VE. sopratutto per quanto si riferisce al detto pagamento.

Prego VE. di portare quanto precede a conoscenza del Dipartimento di Stato, aggiungendo che l'ambasciatore Brosio si terrà in stretto contatto col collega degli Stati Uniti a Mosca e che gradiremmo intanto conoscere il pensiero di codesto Governo circa le altre considerazioni esposte nel citato telespresso 45/676 del 30 u.s.

476 1 Vedi D. 460.

477 1 Inviato per conoscenza all'ambasciata a Mosca.

478

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO URGENTE 12434/828. Washington, 27 ottobre 1950, ore 20,25 (perv. ore 7,15 del 28).

Mio 823 1• Perkins mi ha comunicato confidenzialmente che domani in seduta Comitato difesa Stati Uniti assumeranno seguente atteggiamento.

Comitato difesa è competente soltanto a discutere quanto è stato sottoposto a suo esame da Consiglio nord-atlantico cioè problema «forza integrata» su riarmo Germania nei termini indicati New York. Proposta francese, esorbitando da tali limiti e rivestendo aspetti politici di primaria importanza, deve essere sottoposta a Governi interessati ed eventualmente ridiscussa in Consiglio nord-atlantico. A tale fine Comitato difesa potrà trasmetterla a Consiglio.

In tal modo, secondo Perkins, dibattito Comitato difesa sarà nuovamente indirizzato su note proposte americane. Qualora a causa opposizione francese, non sia possibile raggiungere accordo, Dipartimento Stato prevede che vi sarà un rapporto di maggioranza ed uno di minoranza.

Mi risulta che anche paesi Benelux sono ostili a progetto francese.

Ho informato di tutto Pacciardi.

478 1 Vedi D. 471.

479

L'AMBASCIATORE A BRUXELLES, DIANA, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. SEGRETO 12438/139. Bruxelles, 27 ottobre 1950, ore 22,10 (perv. ore 7,15 de/28).

Reazioni belghe a progetto francese su riarmo tedesco possono così riassumersi:

l) n eli' opinione pubblica, comprensione per pregiudiziali psicologiche della Francia contro riarmo tedesco e per difficile situazione parlamentare Governo francese, ma aperto scetticismo su possibilità e opportunità subordinare riarmo stesso, anche limitato, a effettiva organizzazione unitaria europea;

2) negli ambienti responsabili, preoccupazione per divergenze esistenti tra piano francese, piano americano e atteggiamento Inghilterra, e proponimento svolgere azione conciliatrice in vista soluzione di compromesso.

Colloqui di Van Zeeland a Londra rispondono a tale orientamento. Esso mi è stato confermato oggi presso questo Ministero degli affari esteri, ove non si ritiene impossibile conseguire una intesa di massima che riconosca fondatezza principi ispiratori progetto Pleven e progetto sua progressiva realizzazione ma consenta anche, con adeguate garanzie, inizio riarmo tedesco.

In questo senso svolgesi attualmente sforzo diplomazia belga che in definitiva tende a favorire una soluzione realistica del problema.

480

IL CAPO DELLA MISSIONE NELLA R.F. DI GERMANIA, BABUSCIO RIZZO, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. RISERVATO URGENTE 043. Bonn, 27 ottobre 1950 (perv. il 30).

Le reazioni in Germania al piano Pleven non sono favorevoli e ciò tanto per quanto riguarda i tedeschi che per quanto concerne l'Alta Commissione alleata, parlo naturalmente degli americani e degli inglesi. Tanto da una parte che dall'altra vengono rilevati soprattutto i due seguenti punti:

1) che la connessione: riarmo-piano Schuman ha tutta l'aria di un tentativo di pressione sulla Germania di fronte alle note difficoltà in cui sono entrate le trattative per il pool carbone-acciaio;

2) che la limitazione posta alla costituzione delle unità sotto comando tedesco è inaccettabile poiché, se pure presentata come valevole per tutti i paesi, verrebbe a ridursi praticamente ad una discriminazione nei confronti della sola Germania.

Negli ambienti dell'Alta Commissione britannica mi è stato detto che dalla lettura del piano Pleven non si può sottrarsi alla impressione che esso sia stato redatto con lo scopo precipuo di temporeggiare sia pure, probabilmente, al solo scopo di tenere in vita il presente Governo francese, e non farlo presentare alle prossime elezioni con la etichetta del riarmo tedesco. Solo elemento favorevole, mi è stato aggiunto, è tuttavia quello della implicita accettazione del principio del riarmo della Germania che lo stesso piano contiene.

Non si ha qui l'impressione, tutto sommato, che il piano Pleven abbia fatto compiere un passo avanti al problema del riarmo. Viene anzi addirittura affermato nei circoli politici e giornalistici della capitale che le dichiarazioni del capo del Governo francese, anche per il momento in cui sono state espresse, oltre a scoraggiare gli ambienti governativi, sono suscettibili di irrigidire l'opposizione socialdemocratica al riarmo della Germania.

Mi riservo di riferire prossimamente sull'atteggiamento dell'Alta Commissione americana, verso la quale si appuntano in questo momento l'attenzione e forse le speranze degli ambienti responsabili tedeschi.

481

L'AMBASCIATORE A PARIGI, QUARONI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 12487/421-422. Parigi, 28 ottobre 1950, ore 18 (perv. ore 8 del 29).

Schuman mi ha pregato ringraziare Governo italiano per amichevole sforzo comprensione punto di vista e necessità anche interne francesi dimostrata da istruzioni Pacciardi che avevo comunicato Parodi1• Mi ha detto che si rendeva particolarmente conto importanza per Francia appoggio italiano quando esso gli veniva mancare.

Gli ho spiegato come, per noi, questione massima importanza era che si facesse il massimo possibile al più presto possibile ed eravamo quindi solo contrari a qualsiasi mossa che potesse ritardare messa in movimento di una macchina che già aveva perduto troppo tempo prezioso: che questa e questa sola era nostra perplessità nei riguardi progetto francese. D'altra parte eravamo profondamente convinti necessità evitare complicazioni interne francesi che avrebbero in ultima analisi indebolito posizione Francia nel mondo che è interesse quasi altrettanto nostro che francese: e che poteva essere sicuro che nostre azioni presso americani come presso gli altri sarebbero in questo senso.

Schuman mi ha detto che progetto francese, data anche necessità presentazione Parlamento, poteva sembrare in molte cose vago e dilatorio. Che quando esso sarà

più chiaramente spiegato nei suoi dettagli, si vedrà che esso è molto realistico, meno differente da impostazione americana e di più facile esecuzione che non sia stato piano Schuman.

Non è ripeto sua intenzione portare piano francese discussione prossima riunione del Consiglio Europa a meno che non ne sia richiesto da suoi colleghi. Ha intenzione invece di spiegarlo in conversazioni personali con altri ministri degli affari esteri ed in particolare in conversazioni che conta avere con Governo italiano.

A questo riguardo gli ho detto sarebbe stato bene che durante sue conversazioni romane con noi egli esaminasse opportunità collaborazione più stretta italo-francese per tutto quello che concerne Patto atlantico: nostri interessi sono in molti punti identici: difficoltà politica interna e finanziaria egualmente molto simili. A questa realtà di interessi comuni non è fino qui seguita cooperazione corrispondente: essa c'è stata sul piano ministri nel corso occasionale conferenza: è mancata collaborazione nel processo formativo vari punti di vista che è solo possibile mediante contatti continui e diretti per normale via diplomatica. Non gli ho naturalmente detto che di questa mancanza collaborazione noi eravamo altrettanto responsabili quanto francesi e gli ho ancora meno detto che per collaborare allo stadio attuale, che dovrebbe essere non quello del! 'idea ma della esecuzione, bisognerebbe avere dalle due parti delle idee chiare su quello che si vuole fare. Mi ha detto che ne avrebbe parlato a Roma.

Riferendomi al suo telegramma 479 2 non so se non sarebbe il caso suggerire americani (che probabilmente del resto lo sanno) che rinvio esame proposta francese ad esame ministri esteri di cui si parla, oltre vantaggi poter eseguire intanto opera avvicinamento fra differenti tesi avrebbe quello anche maggiore di trattare della cosa con Shuman e non con Moch il quale, esposto come si è, non potrebbe che mostrarsi del tutto intransigente.

Ho approfittato della conversazione per toccare anche argomenti di cui al telegramma di V.E. 47J3.

Schuman mi ha detto di essere stato già informato, da parte tedesca, di come si erano svolte le cose: che si era trattato cioè di una espressione da parte italiana (esponenti partito) desiderio vedere Adenauer in Italia e che egli aveva risposto che sarebbe venuto col massimo piacere: a che da parte italiana era stato risposto con invito più preciso: il che egli considerava come cosa del tutto naturale. Egli stesso avrebbe invitato Adenauer in Francia se situazione politica interna francese lo rendesse possibile: ciò sarebbe stato possibile fra un anno soltanto: nel frattempo, essendo necessario che Adenauer prendesse contatti col mondo esterno, preferiva di gran lunga che li prendesse con l'Italia. Teneva ad assicurarmi una volta per tutte che non dovevamo temere, da parte sua, qualsiasi sospetto concernente contatti nostri con tedeschi.

Quanto precede è abbastanza esatto per quello che concerne Schuman (non al cento per cento naturalmente): non occorre che dica che non (dico non) è esatto per quello che concerne opinione pubblica, anche politica, francese. A questo riguardo impressione qui prodotta non lo è tanto dal fatto in se stesso quanto da quello che corrispondenti francesi in Italia comunicano qui su commenti stampa ed opinione pubblica italiana.

481 1 Vedi DD. 468 c 473.

481 2 Vedi D. 4 73, nota 2. 3 Dal 24 ottobre, relativo all'invito fatto dal ministro Gonella ad Adenauer in occasione della sua visita in Germania.

482

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. URGENTE 12493/829. Washington, 28 ottobre 1950, ore 21 (perv. ore 9 del 29). Mio 828 1•

Seduta odierna, quasi interamente occupata da approvazione e commenti decisioni Comitato militare, ha soltanto iniziato discussione nota questione.

In inizio discussione Moch ha difeso progetto, negandone carattere dilatorio. Danimarca e Portogallo si sono pronunciati contro. Gran Bretagna ha chiesto qualche chiarimento in via assolutamente preliminare, ma con modi tra l'altro fortemente critici.

Atteggiamento francese appare per ora molto fermo. Marshall ha raccomandato segreto più assoluto (dico assoluto) su svolgimento discussione. Comitato si riunirà lunedì mattina2•

483

COLLOQUIO DEL SEGRETARIO GENERALE AGLI ESTERI, ZOPPI, CON L'AMBASCIATORE DI FRANCIAA ROMA, FOUQUES-DUPARC

APPUNTO SEGRETO. Roma, 28 ottobre 1950.

L'ambasciatore di Francia è venuto a vedermi per assicurarsi, in vista dell'arrivo di Schuman «che -mi ha detto-certamente ne intratterrà il conte Sforza», che fossimo stati messi al corrente da Quaroni circa il progetto francese sulla questione del riarmo tedesco. Mi ha detto che a giudicare dalla stampa le reazioni italiane non gli sembrerebbero favorevoli.

Gli ho detto che sull'argomento di fondo il nostro pensiero era da tempo noto al Governo francese. Riteniamo cioè interesse europeo, francese e italiano, portare il più all'est possibile-sull'Elba per intenderei -la difesa dell'Europa occidentale e riconosciamo che ciò non può farsi se non con il concorso della Germania. La questione è vista perciò da noi dal punto di vista tecnico-militare e non come elemento di una politica generale italiana verso la Germania, politica che non è in nulla in contrasto con quella francese. Ciò posto riconosciamo anche che le vie per potere addivenire al rianno della Germania, le procedure da seguirsi e le cautele da adottarsi, possono essere varie, ed è sotto tale aspetto che consideriamo il progetto francese. A prima vista esso appare troppo bello per essere facilmente realizzabile, ma credevo di poter

essere nel vero assicurandolo che da parte italiana se ne riconoscono gli elementi costruttivi. Gli ho poi detto che il ministro Pacciardi aveva istruzioni di tenersi in contatto con la delegazione americana e con quella francese per l'esame del progetto. Restiamo nel contempo del parere che non si debba perdere troppo tempo prezioso nel mettere l'Europa in condizioni di difendersi. L'ambasciatore è apparso sollevato da questa comunicazione e mi ha accennato egli stesso a quelli che sono gli aspetti di più difficile realizzazione nel progetto riconoscendo che si dovrà addivenire ad un compromesso. Ha tuttavia accennato alla situazione interna e parlamentare francese da cui il progetto è nato sottolineando la necessità di tener conto anche di questo elemento. Non si può esaminare la proposta francese solo secondo il suo aspetto intrinseco, mi ha detto, come all'estero si è comprensibilmente inclini a fare, ma anche, se non principalmente, sotto l'aspetto della situazione politica francese.

A questo punto ho chiesto a Fouques-Duparc come avviene che mentre-secondo quanto ci riferisce Quaroni-l'opinione pubblica francese si sta evolvendo verso una maggiore comprensione della questione del riarmo germanico, i socialisti siano tuttora così ostili. Supponevo infatti che tale ostilità derivasse più che da intima convinzione da preoccupazioni di ordine elettorale, ma se queste vengono meno quale ne è il vero motivo? Fouques-Duparc mi ha detto esser vero che l'opinione pubblica francese sta evolvendosi; sapeva tuttavia da personalità socialiste francesi da lui incontrate anche recentemente, che vi sono forti pressioni da parte dei socialisti tedeschi contrari al riarmo del loro paese, o per lo meno ad un riarmo non strettamente limitato e controllato, per tema del risorgere della casta militare germanica che avrebbe nuovamente messo in forse il regime democratico in Germania.

482 1 Vedi D. 478. 2 Vedi D. 485.

484

L'INCARICATO D'AFFARI A L'AlA, ANTINORI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

TELESPR. 3595/1050. L'Aja, 28 ottobre 1950 (perv. il 7 novembre).

Il progetto, recentemente esposto dal primo ministro francese Pleven, nel quale la Francia si dichiara disposta a permettere un parziale riarmo della Germania occidentale in funzione integrante di un esercito europeo a se stante, è stato qui accolto dalla stampa con un'approvazione che si estende a gran parte dei settori politici. Sia i quotidiani cattolici che quelli liberali e conservatori vi hanno dato assai notevole rilievo e l'hanno corredato di lunghi articoli redazionali. Motivo dominante nei vari commenti è innanzi tutto la innegabile necessità di una partecipazione armata tedesca allo sforzo difensivo occidentale; di questa convinzione la stampa olandese ha già dato prova in numerose altre occasioni, rilevando a più riprese il pericolo di una vasta area indifesa al centro dell'Europa occidentale, e deplorando l'irriducibile ostilità della Francia nei confronti delle logiche conseguenze di tale pregiudizievole situazione. Oggi che la Francia ha parzialmente

receduto dalle premesse che sinora avevano ispirata la sua politica europea, i giornali olandesi fanno apertamente ammenda delle loro ripetute accuse, salutando con sollievo il nuovo atteggiamento di Parigi.

Allo stesso tempo essi caldeggiano l'autonomia dell'esercito federale europeo, quale propugnata da Pleven, pur riconoscendo che la cooperazione militare con gli Stati Uniti e con il Canada, logicamente inserita dal primo ministro francese nel suo progetto, toglie a questa autonomia un carattere troppo assoluto. Era inevitabile che vari quotidiani, fra i quali il liberale Nieuwe Rotterdamse Courant rivolgessero lo sguardo alla Gran Bretagna, prevedendone già un'opposizione analoga a quella perseguita contro tutti i progetti di maggiore integrazione europea. Significativo è però che anche questo quotidiano, notoriamente incline ad una marcata anglo-filia, ammetta che non sia più possibile tener conto «dei variabili umori britannici». In genere si osserva che, ammessa come inevitabile una partecipazione armata tedesca alla difesa occidentale, la via indicata da Pleven sia la più idonea a prevenire una ripresa di aggressivo imperialismo in Germania. A questo proposito il cattolico De Tijd ricorda le violente parole pronunciate recentemente dal nuovo ministro degli interni tedesco Lehr contro il piano Schuman, aggiungendo che una completa indipendenza tedesca, anche nel campo militare, come sembrerebbe essere il desiderio americano, riaccenderebbe nei paesi vicini giustificati timori. Pur muovendo da altre premesse, denunciando cioè il piano Pleven come una mossa puramente diretta a sopire le apprensioni che in Francia ed altrove hanno provocato i progetti di indipendenza politica, economica e militare della Germania occidentale, anche la Waarheid, organo ufficiale comunista, prevede una politica di «ricatti», da parte di Bonn a danno delle potenze vicine, qualora alla Repubblica tedesca venga lasciata mano libera. Sono però evidenti i motivi che ispirano questo giornale alle sue considerazioni. Unico dubbio sollevato da gran parte della stampa, è infine che il piano francese sia, nella sua attuale formulazione, troppo ristretto, e che esso tenga poco conto delle esigenze di una necessaria integrazione del potenziale militare europeo con quello atlantico.

Benché, alla vigilia della sua partenza per Washington, dove egli parteciperà alla conferenza dei ministri per la Difesa, il ministro olandese s' Jacob abbia prevista una poco favorevole accoglienza americana al progetto di Pleven, alcuni giornali sottolineano che al contrario esso dovrebbe, sotto molti aspetti, incontrare il favore degli Stati Uniti, dato che, in sostanza, esso lascerebbe alle Forze Armate americane una maggiore libertà di decisione e di manovra; il che invece verrebbe escluso da forme più rigide di cooperazione militare.

Al suo arrivo a New York lo stesso ministro s'Jacob si è dichiarato favorevole ad una limitata misura di riarmo tedesco, in forma tale però da superare le opposizioni francesi. Quanto ad un esercito europeo, di cui al piano Pleven, il dottor s' Jacob ha ribadito che «politicamente esso è oggi irrealizzabile»; quale comandante in capo degli eserciti delle potenze atlantiche, egli ha poi detto, il gen. Eisenhower sarebbe il più qualificato. Il ministro ha concluso le sue brevi dichiarazioni affermando che l 'Olanda spera di ultimare l'organizzazione di tre divisioni regolari, e di venti sette battaglioni territoriali, entro un periodo di tempo relativamente breve. Con tutto questo l'Olanda, a causa dei suoi impegni in Indonesia, si trova ancora arretrata di cinque anni rispetto al suo programma di riarmo.

485

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. 12576/8361 . Washington, 30 ottobre 1950, ore 14,38 (perv. ore l de/31).

Mi riferisco al mio telegramma n. 8292 .

In seduta stamane tutti i paesi con diverse sfumature hanno parlato contro progetto francese dichiarando, quantunque convenga studiarlo, tale studio non debba provocare ritardo in attuazione principi stabiliti New York.

Dichiarazione italiana anche è stata fatta in forma amichevole verso la Francia. Dichiarazione britannica è stata invece assai dura. Marshall in fine seduta si è limitato sottolineare urgenza problema e necessità soluzione sia realistica. Discussione sarà ripresa fra un'ora.

486

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. URGENTE 12581/837. Washington, 30 ottobre 1950, ore 20,26 (perv. ore 7 de/31).

Mio telegramma 836 1•

Lunga e serrata discussione pomeridiana ha condotto a seguente soluzione.

Nota questione è rinviata a Comitato supplenti ed a Comitato militare, i quali, dopo averla esaminata separatamente e congiuntamente in tutti i suoi aspetti e cioè senza preconcetti verso alcuna proposta, ne riferiranno al Comitato difesa appena possibile.

Fino a tennine dei lavori, che riprenderanno domani mattina, nessuna (dico nessuna) comunicazione sarà fatta alla stampa.

485 1 Ritrasmesso insieme al D. 486 con il T. s.n.d. 9169/546 (Londra) 489 (Parigi) del 31 ottobre. 2 Vedi D. 482.

486 1 Vedi D. 485.

487

L'AMBASCIATORE A WASHINGTON, TARCHIANI, AL MINISTRO DEGLI ESTERI, SFORZA

T. S.N.D. URGENTE 12666-12670/839-842. Washington, 31 ottobre 1950, ore 15,471 (perv. ore 7,30 del 1° novembre). Mio telegramma 8372 .

In seguito rinvio, deciso ieri da Comitato difesa, ho chiesto stamanc a Matthews se dovessi dedurne che atteggiamento americano aveva subito qualche modifica.

Mi ha risposto nettamente di no. Rinvio aveva essenzialmente scopo trasferire questione di fronte altri organi, dove non si dovesse urtare oltre che contro opposizione francese anche contro atteggiamento personale non conciliante di Moch. Tuttavia

U.S.A. non nomineranno comandante supremo e non invieranno truppe Europa prima che sia stata accettata partecipazione tedesca in forma onorevole.

Queste dichiarazioni hanno trovato conferma in odierna seduta antimeridiana Comitato difesa. lvi infatti Marshall ha dichiarato che, essendo mancata soluzione questione tedesca, anche nomina comandanti e formazione forza integrata devono essere rimandate ad esame Consiglio supplenti e Comitato militare.

Seduta, dopo discussione lunga e aspra, si è chiusa con decisione in tal senso e con intesa che Comitato difesa sarà riconvocato da presidente al più presto (forse due settimane) per ricevere rapporto dci predetti due organi.

Lavori Comitato difesa riprenderanno questo pomeriggio.

In seduta pomeridiana: oltre ad approvazione talune decisioni di portata non rilevante già adottate da Comitato militare ed altre a conferma presidenza Marshall per prossima sessione, vi è stata discussione sul comunicato finale Comitato difesa.

Comunicato descrive con tutta ampiezza consentita da ragioni sicurezza risultati raggiunti. Si è parlato inoltre, per quanto concerne Germania nonché nomina comandante supremo e costituzione forza integrata, ne annuncia rinvio per ulteriori studi dati a Comitato militare ed a Consiglio supplenti, ma riaffcrma esplicite decisioni di principio adottate a Ncw York, così da evitare nei limiti del possibile impressione che vi sia stato aspro disaccordo.

Nuova sessione sarà probabilmente convocata da Marshall a Londra.

Appena terminata sessione presente, Bradley ha convocato Comitato militare per stasera.

Inoltre Dipartimento di Stato comunicato che Spofford, approfittando presenza qui diversi supplenti, ha convocato riunione del Consiglio supplenti per domani «onde discutere questioni procedura ed in particolare data della prossima seduta». Ho designato Luciolli a partecipare a tale riunione, in attesa che, se ve ne saranno ancora altre qui che trattino problemi sostanza e se l'E.V. giudicherà opportuno, giunga qui Rossi Longhi.

487 1 La seconda parte del presente telegramma fu spedita alle ore 21 ,35. 2 Vedi D. 486.

<
APPENDICI

APPENDICE!

UFFICI DEL MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI

(27 gennaio-31 ottobre 1950)

MINISTRO SEGRETARIO DI STATO

SFORZA Carlo, senatore della Repubblica.

SOTTOSEGRETARI

BRUSASCA Giuseppe, deputato al Parlamento. DoMJNEDò Francesco Maria, deputato al Parlamento, dal 31 gennaio.

GABINETTO DEL MINISTRO

Coordinamento generale, Affari confìdenziali, Ricerche e studi in relazione al lavoro del ministro, Rapporti con la Casa del presidente della Repubblica, con la Presidenza del Consiglio, Relazioni del ministro con il Parlamento e con il Corpo diplomatico, Udienze, Tribuna diplomatica

Capo di Gabinetto: MaNDELLO Mario, console di 2a classe.

Vice capo di Gabinetto: ORLANDI CaNTUCCI Corrado, console di 2a classe.

Ufficio del Gabinetto: BARACCHI Tua Lorenzo, addetto consolare; Lo Russo ATTOMA Nicola, addetto stampa di 3 classe, dal 7 agosto.

SEGRETERIA PARTICOLARE DEL MINISTRO

Capo della Segreteria particolare: CALEF prof. Vittorio.

Segretari particolari: BACCHETTI Fausto, addetto consolare, dal 13 maggio vice console di 2a classe; BOLASCO Ernesto, addetto consolare, fino al 22 marzo.

SEGRETERIA PARTICOLARE DEL SOTTOSEGRETARIO BRUSASCA

Capo della Segreteria particolare: THIENE (DI) Gian Giacomo, console di 2a classe.

Segretario: CAGIATI Andrea, addetto consolare, fino al 24 aprile.

SEGRETERIA PARTICOLARE DEL SOTTOSEGRETARIO DOMINEDÒ

Capo della Segreteria particolare: MOLAJONI Paolo, console di 33 classe, dal 25 maggio.

Segretario: PETRIGNANI Rinaldo, addetto consolare, dal lo febbraio; GIORDANO dott. Ernesto.

SEGRETERIA GENERALE

Segretario generale: ZOPPI Vittorio, ambasciatore.

UFFICIO COORDINAMENTO

Capo ufficio: MACCHI DI CELLERE Francesco, consigliere di legazione.

Segretari: TosCANI Millo Antonio, PASCUCCI RIGHI Giulio, consoli di 23 classe, fino all'8 ottobre; CosTA SANSEVERINO Edoardo, console di 23 classe, dal 15 maggio; PASQUINELLI Cesare, console di 2a classe, dal l o ottobre; RICCIULLI Pasquale, console di 3a classe.

UFFICIO CoLONIE E CoNFINI

Capo ufficio: MACCHI DI CELLERE Francesco, predetto.

Segretari: TALLARIGO DI ZAGARISE E SERSALE Paolo, console di 2a classe; GUILLET Amedeo, vice console di la classe, fino ali' 8 febbraio; PIZZUTI Federico, addetto consolare, dal 13 maggio vice console di 2 classe.

UFFICIO DEL CERIMONIALE

Regole del Cerimoniale, Introduzione di ambasciatori e ministri presso il presidente della Repubblica, Collegamento con la Presidenza della Repubblica, Udienze, Presentazione credenziali, Visite e passaggi di capi di Stato e autorità estere, Precedenze, Pieni poteri, Gradimenti, Onorificenze estere, Stella della solidarietà italiana, Personale e uffici consolari esteri in Italia, Exequatur, Elenchi del Corpo diplomatico estero e dei consoli esteri, Franchigie doganali, immunità e privilegi, Reciprocità, Vigilanza, Passaporti diplomatici e di servizio esteri, Carte di identità per il Corpo diplomatico ed i consoli esteri

Capo del Cerimoniale: TALIANI DE MARCHIO Francesco Maria, ambasciatore; SCOLA CAMERINI Giovanni, consigliere di legazione, dal 26 ottobre.

Vice capo del Cerimoniale: ScoLA CAMERINI GIOVANNI, consigliere di legazione, fino al 25 ottobre.

Segretari: PLETTI Mario, primo segretario di legazione di l a classe; AMBROSI Giovanni Battista, console di la classe; QuARANTA Ferdinando, vice console di la classe, fino al 19 giugno; CARRARA Enrico, addetto consolare; KocH Luciano, volontario, dal 14 luglio addetto consolare.

UFFICIO DEL CONTENZIOSO DIPLOMATICO

Capo ufficio: PERASSI Tommaso, professore ordinario di diritto internazionale all'Università di Roma.

Segretari: MARESCA Adolfo, console di 2a classe, fino al l o maggio; DE Rossi Michele Gaetano, console di 3a classe; Raffaelli Pietro, ispettore per i servizi tecnici.

UFFICIO STAMPA ESTERA

Capo ufficio: FARACE Alessandro, console di 2a classe, reggente.

Segretari: RICCARDI Roberto, console di 3a classe; SAVORGNAN Emilio, addetto consolare, dal 13 giugno vice console di 2 classe; ARDEMAGNI Mirko, addetto stampa di la classe, dal 27 maggio; PATUELLI Raffaello, addetto stampa di 2a classe, fino al 21 maggio.

UFFICIO STUDI E DocuMENTAZIONE ARCHIVIO STORICO E BIBLIOTECA

Capo ufficio: SCARPA Gino, console generale di l a classe.

Consulente storico: TosCANO Mario, professore ordinario di Storia dei trattati e politica internazionale all'Università di Cagliari.

Incaricato della direzione dell'Archivio storico: MoSCATI Ruggero, professore straordinario di Storia moderna presso l 'Università di Messina.

SERVIZIO ECONOMICO TRATTATO

Capo del servizio: CARUSO Casto, ministro plenipotenziario di 2a classe.

Alle dirette dipendenze del capo servizio: LANZETTA Umberto, console generale di la classe, fino al 30 giugno; ScAGLIONE Roberto, consigliere di legazione; WINSPEARE GurcciARDI Vittorio, console di 2a classe; RosSETTI Romano, vice console di l a classe.

UFFICIO I

Capo ufficio: SPINELLI Pier Pasquale, primo segretario di legazione di 2a classe, fino al 29 giugno.

Segretario: PIGNATTI MoRANO Pio Saverio, volontario, dal 14luglio addetto consolare.

UFFICIO II

Capo ufficio: ALOISI DE LARDEREL ALLUMIERE Folco, primo segretario di legazione di 2a classe.

Segretario: GALLUPPI Enrico, console di 3 classe, fino al 30 giugno.

SERVIZIO AFFARI GENERALI

Capo servizio: CAROSI Mario, console generale di la classe.

UFFICIO I

Trattati e Atti

Capo ufficio: TELESIO DI TORITTO Giuseppe, ministro plenipotenziario di 2a classe; Monaco prof. Riccardo, consigliere di Stato, dal 28 gennaio.

Segretari: Bucci Maurizio, volontario; RoccHI Giovanni Stefano, console di 23 classe, dal 15 maggio.

UFFICIO II

Organizzazioni internazionali

Capo ufficio: STRANEO Carlo Alberto, primo segretario di legazione di J3 classe, fino al 30 settembre.

Segretario: DE REGE THESAURO DI DoNATO E DI SAN RAFFAELE Francesco, console di 3a classe, fino al 19 luglio.

REPARTO VISTI INGRESSO ASTRANIERI

Capo reparto: GALLINA Vitale, primo segretario di legazione di la classe.

Segretari: CAMPJNJ Umberto, console di l a classe, fino al 30 agosto; PARENTI Francesco, console di l a classe, dal 14 settembre; UNGARELLI Giacomo, console di 3a classe, dal 27 giugno.

DIREZIONE GENERALE DEGLI AFFARI POLITICI

Direttore generale: GumoTTJ Gastone, ministro plenipotenziario di 2a classe.

Vice direttori generali: SoARDI DI S. ANTONINO Carlo Andrea, ministro plenipotenziario di 2• classe; S!LJ DI S. ANDREA n'UssiTA Francesco, consigliere di legazione.

Segretari: TRABALZA Folco, console di 3a classe, fino al 31 maggio; TONCJ 0TTIERI DELLA ClAJA Francesco, console di 3a classe; VALDETTARO DELLA ROCCHETTA Luigi, console di 3a classe, dal l o aprile; MARRAS Raffaele, addetto consolare, dal 13 maggio vice console, fino al 31 maggio; MAGLIANO Mario, volontario, dal 14 luglio addetto consolare, dal 15 maggio.

UFFICIO I

Impero britannico, Irlanda, Paesi del Medio Oriente, Etiopia

Capo ufficio: ROBERTI Guerino, consigliere di legazione.

Segretari: PIGNATELLI DELLA LEONESSA Luigi, console di 3a classe, fino al 5 febbraio; CANCILLA Giuseppe, vice console di l a classe, fino al 24 maggio; GNOLI Cesare, volontario, dal 14 luglio addetto consolare.

UFFICIO II

Francia, Spagna, Portogallo, Andorra, Colonie francesi, spagnole e portoghesi1

Capo ufficio: RICCIO Luigi, consigliere di legazione.

Segretari: DE CARDONA Roberto, console di 3a classe, dal 18 maggio; VALFRÉ DI BoNzo Paolo, addetto consolare, fino al 7 luglio.

1 Con o.d.s. n. 3 del 17 febbraio 1950 si aggiunge alla competenza dell'ufficio la trattazione

degli affari concernenti Belgio, Lussemburgo, Paesi Bassi, Svizzera (già di competenza dell'Ufficio V) e

Repubblica di San Marino (già di competenza dell'Ufficio Vll).

UFFICIO III

Stati del continente americano (escluso il Canada)

Capo ufficio: SENSI Federico, console di 2a classe; GRILLO Remigio Danilo, primo segretario di legazione di l a classe, dal 29 maggio.

Segretari: CANTONO or CEVA Stanislao, console di 3a classe, fino al 4 agosto; TEDESCHI Mario, vice console di la classe, fino all2 febbraio; FAÀ or BRUNO Franco, vice console di 2a classe; ZAMPAGLIONE Gerardo, volontario, dal 14 luglio addetto consolare; SMERGANI Francesco, commissario tecnico per l'Oriente di 2a classe, dall7 giugno.

UFFICIO IV

UR.S.S., Europa danubiana e balcanica, Turchia, Questione del Territorio Libero di Trieste, Commissioni Internazionale ed Europea del Danubio

Capo ufficio: Lo FARO Francesco, primo segretario di legazione di la classe.

Segretari: N un Giampiero, console di 3a classe; ToNARELLI Mario, vice console di l a classe, fino al 13 agosto; 0RSINI BARONI Carlo Andrea, vice console di l a classe, dal l o giugno; CAVAGLIERI Alberto, addetto consolare, dal 13 maggio vice console di 2a classe.

UFFICIO V

Austria, Belgio, Cecoslovacchia, Danimarca, Finlandia, Germania, Islanda, Lussemburgo, Norvegia, Paesi Bassi, Polonia, Svezia, Svizzera 2

Capo ufficio: PINNA CABONI Mario, primo segretario di legazione di 2a classe, fino al 31 luglio.

Segretari: SMOQUINA Giorgio, console di 2• classe; GALLUPPI Enrico, console di 3a classe, dal l o luglio; BoRIN Ottorino, vice console di l a classe.

UFFICIO VI

Cina, Giappone, Siam, Birmania, Filippine, Corea

Capo ufficio: SIMONE Nicola, console di l a classe; CIPPICO Tristram Alvise, consigliere di legazione, dal 21 giugno.

Segretario: CARRARA Enrico, addetto consolare, dal 13 maggio vice console di 2a classe.

2 Vedi nota l.

UFFICIO VII

Santa Sede, San Marino 3

Capo ufficio: CIMINO Carlo, console di la classe, fino all6 maggio. Segretario: N.N.

UFFICIO VIII

Prigionieri di guerra, internati civili, rifugiati, questioni varie

Capo ufficio: Bosio Giovanni Jack, console generale di 2a classe.

Segretari: BAISTROCCHI Ettore, primo segretario di legazione di l a classe, fino al 19 giugno; TIBERI Giorgio, console di 3a classe; AGLIETTI Bruno, vice console di l a classe, fino al l o luglio; SPINOLA Luigi, vice ispettore per i servizi tecnici, dal 28 luglio ispettore, dal 16 giugno.

DELEGAZIONE ITALIANA PER L'ORGANIZZAZIONE INTERNAZIONALE PROFUGHI (I.R.O.) Capo della delegazione: DEL DRAGO Marcello, ministro plenipotenziario di 2 classe. Segretario: MARTELLI Luigi, vice console di la classe, fino al 30 maggio.

UFFICIO DI COLLEGAMENTO CON L'ORGANIZZAZIONE INTERNAZIONALE PROFUGHI (I.R.O.) Capo ufficio e vice capo della Delegazione italiana per l'I.R.O.: DE MALFATTI DI MoNTE TRETTO Carlo, console generale di 2a classe. Segretario: CASALI Giuseppe, vice console di la classe.

DIREZIONE GENERALE DEGLI AFFARI ECONOMICI Direttore generale: GRAZZI Umberto, ministro plenipotenziario di l a classe, dal 14

marzo ambasciatore. Direttore generale aggiunto: VENTURINI Antonio, consigliere di legazione. Vice direttore generale: NoTARANGELI Tommaso, consigliere commerciale di 2a clas

se, dal 13 maggio di l a classe.

3 Vedi nota l.

Alle dirette dipendenze del direttore generale: CoRTESE Paolo, ministro plenipotenziario di 2" classe; CANEVARO DI CASTELVARI E ZOAGLI Raffaele, console di 3" classe; BILANCIONI Giulio, addetto consolare, dal 13 maggio vice console di 2" classe.

Aviazione, Convenzioni aeree, Turismo e relative convenzioni

DE VERA o'ARAGONA o'ALVITO Carlo Alberto, ministro plenipotenziario di 2a classe; CusANI Giovanni, vice ispettore per i servizi tecnici, dal 28 luglio ispettore, fino al 9 ottobre.

UFFICIO I

Questioni generali, Argentina, Bolivia, Brasile, Canada, Cile, Cina, Colombia, Costarica, Cuba, Repubblica Dominicana, Ecuador, Eritrea, Etiopia, Libia, Nicaragua, Paraguay, Perù, San Marino, Santa Sede, Siam, Somalia, Stati Uniti, Uru

guay, Venezuela

Capo ufficio: BRUGNOLI Alberto, primo segretario di legazione di 2" classe; SERAFINI Giorgio, console di 2" classe, dali' Il aprile.

Segretari: SERAFINI Giorgio, console di 2" classe, fino al l O aprile; Rossi Mario Franco, console di 3a classe; CRISTILLI Arturo, assistente addetto commerciale di 2a classe; SERAFINI Marcello, assistente addetto commerciale di 3" classe, fino al 3 marzo.

UFFICIO Il

Spagna, Portogallo, Francia, Benelux e relative colonie, Stati Scandinavi, Svizzera, Germania Occidentale, Tangeri

Capo ufficio: GUAOAGNINI Piero, console di l" classe, fino al 31 luglio; MAJOLI Mario, primo segretario di legazione di l a classe, dal l o agosto.

Segretari: BozZINI Uberto, addetto consolare, fino al 4 aprile; BASILE Vittorio, addetto commerciale di 2" classe, fino al 4 luglio; SERTOU Mario, addetto stampa di l a classe.

UFFICIO III

U.R.S.S., Polonia, Cecoslovacchia, Austria, Bulgaria, Finlandia, Grecia, Albania, Jugoslavia, Romania, Ungheria, Turchia, Zona sovietica della Germania

Capo ufficio: MOSCATO Niccolò, primo segretario di legazione di l a classe.

Segretari: CAPECE MINUTOLO DI BUGNANO Alessandro, console di 2a classe; D'ORLANDI Giovanni, vice console di l a classe, fino al 28 febbraio; FAVRETTI Luciano, vice console di l a classe; Tozzou Lorenzo, assistente addetto commerciale di 3a classe, fino al 26 febbraio.

UFFICIO TV

Organizzazioni economiche internazionali, Questioni connesse con la guerra e con i trattati di pace (salvo la competenza del S.E. T.)

Capo ufficio: MILESI FERRETTI Gian Luigi, console di 2a classe, fino al 23 febbraio; BARATTIERI DI SAN PIETRO Ludovico, primo segretario di legazione di 2a classe.

Segretari: CoLUCCI Bruno, console di 3a classe, fino al 26 febbraio; FAVALE Marco, addetto consolare, dal 13 maggio vice console di 2a classe, fino al l O giugno; GARDINI Walter, volontario, dal 14 luglio addetto consolare.

UFFICIO V

Area della sterlina (Regno Unito e Possedimenti, Australia, Birmania, Ceylon, Eire, India, Iraq, Nuova Zelanda, Pakistan, Unione del Sud Africa), Afghanistan, Arabia Saudita, Egitto, Giordania, Iran, Israele, Libano, Siria, Thailandia, Yemen

Capo ufficio: DE LUIGI Pier Giuliano, console di 2a classe; PAVERI FONTANA DI FONTANA PRADOSA Alberto, primo segretario di legazione di la classe, dal 22 agosto.

Segretari: MURAR! DALLA CoRTE BRÀ Alessandro, console di 3a classe; COTTAFAVI Luigi, addetto consolare, dal 13 maggio vice console di 2a classe, fino al 6 luglio; Ton LOMBARDOZZI Ernesto, assistente addetto commerciale di l a classe.

DELEGAZIONE ITALIANA PER LA COOPERAZIONE ECONOMICA EUROPEA

Delegato aggiunto: MAGISTRATI Massimo, ministro plenipotenziario di 2a classe.

Segreteria generale: GIRETTI Luciano, BOLLA Luigi, vice consoli di l a classe.

DIREZIONE GENERALE DELL'EMIGRAZIONE

Direttore generale: VTDAU Luigi, ministro plenipotenziario di l a classe; GIUSTI DEL GIARDINO Justo, console generale di 2a classe, dal 15 maggio.

Vice direttori generali: CASTRONUOVO Manlio, primo segretario di legazione di la classe, fino al 14 giugno; PINNA CABONT Mario, primo segretario di legazione di 2a classe, dal l o agosto; GUADAGNINI Piero, console di la classe, dal l o agosto.

Personale alle dirette dipendenze del direttore generale: FONTANA Franco, console generale di l a classe; SAVINA Paolo, vice ispettore per i servizi tecnici, dal 28 luglio ispettore, dal 30 giugno.

Segretario: T ALLI Roberto, vice ispettore per i servizi tecnici.

UFFICIO l

Emigrazione e collettività nei Paesi Bassi, Belgio, Irlanda, Lussemburgo, Francia, Monaco, Spagna, Portogallo, Israele, Siria, Libano, Iraq, Transgiordania, Arabia Saudita, Yemen, Stati e territori del! 'Africa non di competenza dell'Ufficio IV

Capo ufficio: MANSI Stefano, console di 2a classe; REGARD Cesare, console di 2a classe, dal l o marzo.

Segretari: GRASSELLI BARNI Gian Luigi, vice console di l a classe, fino al l O luglio; ORSINI BARONI Carlo Andrea, vice console di l a classe, fino al 31 maggio; MARA Andrea, vice console di la classe, fino al 31 marzo.

UFFICIO II

Emigrazione e collettività in tutta l'Europa non di competenza dell'Ufficio I, in Turchia e nelle regioni asiatiche dell'UR.S.S.

Capo ufficio: N.N.

Segretari: ADORNI BRACCESI Gastone, vice console di la classe, fino all'8 giugno.

UFFICIO III

Emigrazione e collettività nel Centro e Sud America

Capo ufficio: DE FERRARI Giovanni Paolo, console di 2a classe.

Segretari: OuVIERI Luciano, vice console di l a classe, fino al 18 settembre; TucCIMEI Tito, ispettore superiore per i servizi tecnici; CuSANI Giovanni, ispettore per i servizi tecnici, dal l Oottobre.

UFFICIO IV

Emigrazione e collettività negli Stati Uniti e Alaska, Regno Unito, Gibilterra, Malta, Cipro, Aden, Possedimenti e zone d 'amministrazione britannica in Africa, Unione Sudafricana, Canada, Nuova Zelanda, Australia, Isole del Pacifico e Stati del! 'Asia non di competenza di altri uffici

Capo ufficio: lEZZI Alberto, console di 3a classe.

Segretari: ORSINI BARONI Carlo Andrea, vice console di P classe, dal l o giugno; BELLINI Vincenzo, volontario, dal 14 luglio addetto consolare.

COMMISSIONE PER L'ESPATRIO NEGLI STATI UNITI o'AMERICA Presidente: LANZETTA Umberto, console generale di l a classe, dal l 0 luglio. Vice presidente: GULLI Vincenzo, console di 2a classe. Membri: CoRTESE Federico, PORTANOVA Ettore, ispettori per i servizi tecnici.

UFFICIO V

Collettività ed enti italiani al! 'estero Capo ufficio: FoNTANA Franco, predetto. Segretari: o'ANDREA Stefano, volontario.

UFFICIO VI

Studi e documentazione, Pubblicazioni, Stampa

Capo ufficio: N.N.

Segretario: TORNETTA Vincenzo, addetto consolare, dal 13 maggio vice console di 2a classe.

UFFICIO VII

Trasporto emigranti, Ispettorati e Delegazioni di zona per gli italiani al/ 'estero

Capo ufficio: ABBATE Giuseppe Maria, ispettore superiore per i servizi tecnici, fino al l 0 luglio.

Segretario: MAZZA Ferrante, ispettore capo per i servizi tecnici, dal28 luglio ispettore superiore.

UFFICIO VIII

Ufficio tecnico per la colonizzazione

Capo ufficio: MAUGINI Armando, ispettore generale Servizi agrari del Ministero dell' Africa Italiana.

UFFICIO IX

Questioni internazionali de/lavoro

Capo ufficio: N.N.

Segretario: ToRNETTA Vincenzo, predetto.

UFFICIO X

D!fesa del! 'emigrante

Capo ufficio: ROBERTI Guido, maggiore dei CC.

SEZIONE AMMINISTRATIVA

TEDESCO Pietro Paolo, ispettore capo per i servizi tecnici, dal 28 luglio ispettore superiore.

DIREZIONE GENERALE DELLE RELAZIONI CULTURALI

Direttore generale: TALAMO ATENOLFI BRANCACCIO Giuseppe, ministro plenipotenziario di l a classe; MAMELI Francesco Giorgio, ambasciatore, dal 16 marzo.

Vice direttori generali: BJONDELLI Giuseppe, ministro plenipotenziario di 2a classe, dal 15 agosto; ORLANDINJ Gustavo, console generale di 2a classe, fino al 4 ottobre.

Segretario: Lo Russo ArroMA Nicola, addetto stampa di 3a classe, fino al 6 agosto.

Alle dirette dipendenze del direttore generale: SALLIER DE LA TouR CoRIO Paolo, consigliere di legazione; RrGHETTI Adriano, volontario, dal 14 luglio addetto consolare.

UFFICIO I

Affari generali, Accordi culturali, Congressi e mostre internazionali in Italia e al! 'e

stero, Libro italiano all'estero, Attività musicali, teatrali e cinematografiche all'e stero, Attività al! 'estero di enti culturali italiani, Viaggi di studio, Turismo e radio, Bollettino di informazioni culturali, UN. E. S. C. O.

Capo ufficio: DE NovELLIS Gennaro, primo segretario di legazione di 2a classe.

Segretari: FARINACCI Franco, console di 2a classe, fino al 9 maggio; MININNI Marcello, console di 3a classe, fino al 15 marzo; VARALDA Maurilio Guglielmo, console di 3a classe, dal 27 giugno; NATALE Fernando, vice console di la classe, fino al 12 ottobre; ARLOTTA Fabrizio, vice console di l a classe; CORSI Fernando, ispettore capo per i servizi tecnici, dal 28 luglio ispettore superiore.

UFFICIO II

Istituti di cultura, Lettorati, Istituti culturali stranieri in Italia, Scambi universitari e borse di studio, Riconoscimento dei titoli di studio e professionali conseguiti all'estero

Capo ufficio: DE GIOVANNI DI SANTA SEVERINA Luigi, console di 2a classe; MoNTECCHI PALAZZI Romeo, console di l a classe, dal 23 febbraio.

Segretario: DuRAzzo Francesco, vice console di l a classe.

UFFICIO III

Scuole secondarie ed elementari ali 'estero, Studi e consulenza legislativa scolastica, Materiale didattico, Biblioteche, Rapporti con la Fondazione figli degli italiani ali 'estero e collegi dipendenti

Capo ufficio: MALASPINA DI CARBONARA E DI VOLPEDO Falchetto, consigliere di legazione.

Segretario: MASOTTI Pier Marcello, vice console di l a classe, fino al 28 febbraio; CANNAVINA Paolo, vice console di l a classe.

SERVIZIO AFFARI PRIVATI

Capo servizio: LANZARA Giuseppe, console generale di la classe.

Alle dirette dipendenze del capo servizio: SCHININÀ DI S. ELIA Emanuele, console generale di 2a classe.

UFFICIO I

Cittadinanza, Diritti di famiglia, Stato civile, Servizio militare

Capo ufficio: FoRMICHELLA Giovanni, console di la classe.

Segretario: GRANDINETTI Eugenio, ispettore superiore per i servizi tecnici, dal 28 luglio ispettore generale.

UFFICIO II

Tutela diritti ed interessi patrimoniali, Assistenza consolare, Spedalità e rimpatri, Ricerche e informazioni

Capo ufficio: GIURATO Giovanni, console di la classe.

Segretari: NrcHETTI Carlo, primo segretario di legazione di 2a classe, dal 20 maggio; GIGLI Americo, console di 3a classe.

UFFICIO III

Atti tra vivi, Successioni, Assistenza giudiziaria, Estradizione

Capo ufficio: RosSET DESANDRÈ Antonio, consigliere di legazione.

Segretario: MANCA Elio, ispettore superiore per i servizi tecnici.

SEZIONE SPECIALE

Danni di guerra, Assicurazioni sociali, Pensioni

GuiDA Ugo, console di la classe.

DIREZIONE GENERALE DEL PERSONALE E DELL'AMMINISTRAZIONE INTERNA

Direttore generale: BERlO Alberto, ministro plenipotenziario di l a classe; COPPINI Maurilio, ministro plenipotenziario di 2a classe, dal 4 ottobre.

Vice direttore generale: 0TTAVIANI Luigi, ministro plenipotenziario di 2a classe.

Alle dirette dipendenze del direttore generale: BIANCONI Alberto, console generale di la classe; FRANCISCI DI BASCHI Marco, addetto consolare, dal 13 maggio vice console di 2a classe, fino al 31 maggio; BERTUCCIOLI Romolo, console generale di 2a classe, fino al 17 ottobre; SoRo Giovanni Vincenzo, console di 2a classe; Nisro Girolamo, volontario diplomatico-consolare, dal 14 luglio addetto consolare.

UFFICIO I

Personale di gruppo A delle carriere dipendenti dal Ministero degli affari esteri, Personale consolare di 2 categoria, Uffici diplomatici e consolari all'estero, Questioni riferentisi al! 'ordinamento del Ministero e delle carriere di gruppo A, Concorsi, nomine ed ammissioni, commissioni di avanzamento, consigli e commissio

ni presso l 'Amministrazione Centrale, Addetti militari, navali ed aeronautici, Ruoli di anzianità del personale e pubblicazioni inerenti agli ujjìci al! 'estero e del! 'Amministrazione Centrale, Tipografia riservata, Matricola del personale, Passaporti diplomatici, di servizio ed ordinari, libretti e richieste ferroviarie per il personale, Tessere di riconoscimento

Capo ufficio: FERRERO Andrea, primo segretario di l a classe; ARCHI Pio Antonio, primo segretario di legazione di l a classe, dal 13 maggio.

Segretari: Russo Augusto, console di 2a classe, fino al 18 ottobre; MACCOTTA Giuseppe Walter, console di 2a classe; ToRTORICI Pietro Quirino, console di 2a classe, dali' 11 febbraio; BoRROMEO Giovanni Lodo vico, console di 2a classe, dal 5 settembre; Buccr Maurizio, addetto consolare, dal l o ottobre.

UFFICIO Il

Personale dei gruppi B e C e personale subalterno e salariato delle carriere dipendenti dal Ministero degli affari esteri (escluso il personale delle scuole italiane

all'estero), Concorsi, nomine ed ammissioni, Commissione di avanzamento e consigli del Ministero ed in generale tutte le questioni relative alla carriera e all'ordinamento del personale suddetto, Personale di ogni gruppo, tranne il gruppo A, appartenente ad altre Amministrazioni e comandato presso il Ministero degli affari esteri, Personale avventizio, Personale locale

Capo ufficio: SIRCANA Leone, console generale di 23 classe; ZAPPI Filippo, console generale di l a classe.

Segretario: ZUGARO Folco, console di 3a classe.

UFFICIO III

Edifici demaniali, Gestione di tutti gli stabili e locali adibiti ad uso del! 'amministrazione Centrale e degli uffici all'estero, Acquisto, vendita, affitto, permuta, manutenzione ordinaria e straordinaria, miglioramento e arredamento, Assicurazioni,

inventari e contratti, Locazione di immobili e locali per uso degli uffici, Consegnatario, Deposito e distribuzione marche consolari e passaporti

Capo ufficio: MONTESI Giuseppe, console generale di l a classe.

Segretario: FosSATI Mario, ispettore per i servizi tecnici, dal28 luglio ispettore capo.

UFFICIO IV

Servizi amministrativi, Cassa

Capo ufficio: MoNTUORI Pietro, console generale di la classe.

Segretari: STEFENELLI Ferruccio, console di l a classe; BARBARISI Guglielmo, console di 2a classe, dal l Omaggio; BaCCHETTO Domenico, vice console di l a classe, fino all' 11 maggio.

UFFICIO V

Corrispondenza, Servizio corrieri diplomatici, Viaggi del personale

Capo ufficio: NATALI Umberto, ministro plenipotenziario di la classe, fino al4 ottobre.

Segretari: CHASTEL Roberto, console di 2a classe, fino al 5 febbraio; GIUFFRIDA Elio, volontario diplomatico-consolare.

UFFICIO VI

Cifra e crittografico

Capo ufficio: ROMIZI Gino, console generale di 2a classe; GUGLIELMINETTI Giuseppe, consigliere di legazione, dal 15 aprile.

Segretari: BERNI CANANI Ugo, console di 2a classe; Lo Jucco Giacomo, console di 2a classe, dali' Il maggio; CRESCINI Adolfo, vice console di la classe, fino al 2 ottobre; DoNDINI Ettore, volontario, dal 14 luglio addetto consolare; SALLIER DE LA TouR Carlo, ispettore per i servizi tecnici, dal 28 luglio ispettore capo; CORDERO DI MONTEZEMOLO Giulio, vice ispettore per i servizi tecnici.

APPENDICE II

AMBASCIATE E LEGAZIONI DELLA REPUBBLICA ITALIANA ALL'ESTERO

(27 gennaio-31 ottobre 1950)

AFGHANISTAN

Kabul ~ CALISSE Alberto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al 21 maggio.

ALBANIA

Tirana ~ FoRMENTINI Omero, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino a maggio; PAOLINI Remo, primo segretario.

ARABIA SAUDITA

Gedda~ TURCATO Ugo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; PASQUINELLI Cesare, primo segretario, fino a settembre.

ARGENTINA

Buenos Aires ~ ARPESANI Giustino, ambasciatore; CASARDI Alberico, consigliere; THEODOLI Livio, primo segretario, fino a giugno; MARIENI Alessandro, primo segretario, dall'8 ottobre; PLAJA Eugenio, secondo segretario, fino a marzo; DE BENEDICTIS Vincenzo, secondo segretario, dal l o maggio.

AUSTRALIA

Canberra~ DEL BALZO DI PRESENZANO Giulio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; C!RAOLO Giorgio, primo segretario.

AUSTRIA

Vienna -CosMELLI Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; PRoFILI Giacomo, primo segretario; PIGNATTI MoRANO DI CuSTOZA Girolamo, secondo segretario; SEBASTIANI Lucio, secondo segretario; CoTTAFAVJ Luigi, terzo segretario, dal 7 luglio.

BELGIO

Bruxelles -DIANA Pasquale, ambasciatore; DE FERRARIIS SALZANO Carlo, consigliere; MESSER! Girolamo, primo segretario; MASSIMO LANCELLOTTI Paolo Enrico, secondo segretario, dal 25 maggio.

BOLIVIA

La Paz-GIARDINI Renato, consigliere, incaricato d'affari ad interim.

BRASILE

Rio de Janeiro -MARTIN! Mario Augusto, ambasciatore; SrLVESTRELLI Luigi, consigliere; BoMBASSE! FRASCANI DE VETTOR Giorgio, primo segretario, fino al 24 ottobre; NARDI Mario, secondo segretario.

BULGARIA

Sofia -GuARNASCHELLI Giovanni Battista, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MACCAFERRI Franco, primo segretario, dal 16 maggio; TERRUZZI Giulio, primo segretario, fino all'8 maggio; FUMAROLA DI PORTOSELVAGGIO Angelo Antonio, secondo segretario.

CANADA

Ottawa -Dr STEFANO Mario, ambasciatore; MAJOLI Mario, consigliere, fino a luglio; DALLA RosA PRATI Rolando, consigliere, dal21 luglio.

CECOSLOVACCHIA

Praga-VANNI n'ARCHIRAFI Francesco Paolo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MARCHIORI Carlo, primo segretario; DAINELLI Luca, secondo segretario.

CILE

Santiago-FoRNARI Giovanni, ambasciatore, fino al 28 marzo; BERlO Alberto, ambasciatore, dal 14 ottobre; MACCHI DI CELLERE Pio, consigliere; VENTURINI Roberto, primo segretario, fino a febbraio; PLAJA Eugenio, primo segretario, dal l o aprile.

CINA

Nanchino-STRIGARI Vittorio, consigliere, incaricato d'affari, dal 9 giugno; C!PPICO Tristram Alvise, consigliere (ufficio di Canton), fino all' 11 aprile; MrzzAN Ezio, primo segretario.

COLOMBIA

Bogotà -SEcco SUARDO Dino, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al 14 ottobre.

COSTARICA

San José -ZANOTTI BIANCO Mario, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al 30 agosto'; SEcco SUARDO Dino, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 20 ottobre1•

CUBA

L 'Avana-FECIA DI CossATO Carlo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario2; SANFELICE DI MONTEFORTE Antonio, primo segretario.

1 Residente a Guatemala. 2 Accreditato anche ad Haiti fino al 24 ottobre.

DANIMARCA

Copenaghen-CONTI Mario, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; PESCATORI Federico, primo segretario; MARESCA Adolfo, primo segretario, dal 2 maggio.

DOMINICANA (Repubblica)

Ciudad Trujillo -Rossi LONGHI Gastone, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

ECUADOR

Quito -PERRONE DI SAN MARTINO Ettore, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al 28 giugno; MoscATI Riccardo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 28 giugno.

EGITTO

Il Cairo -FRACASSI RATTI MENTONE Cristoforo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al l 0 ottobre; ARCHI Pio Antonio, primo segretario, fino ad aprile; PERRERO Andrea, primo segretario, dall '8 maggio; FRAGNITO Giorgio, secondo segretario; GuiLLET Amedeo, terzo segretario, dal 9 febbraio.

ELSALVADOR

San Salvador -ZANOTTI BIANCO Mario, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al 30 agosto3; SEcco SUARDO Dino, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 20 ottobre3 .

FILIPPINE

Manila-STRlGARI Vittorio, primo segretario, incaricato d'affari, fino a maggio; TELESIO Giuseppe, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 15 maggio.

3 Residente a Guatemala.

FINLANDIA

Helsinki -RoNCALLI DI MONTORIO Guido, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CoNTARINI Giuseppe, primo segretario.

FRANCIA

Parigi -QuARONI Pietro, ambasciatore; GIUSTINIANI Raimondo, consigliere; TASSONI EsTENSE Alessandro, primo segretario, dal 23 marzo; DE CLEMENTI Alberto, primo segretario; PIERANTONI Aldo, secondo segretario; POMPEI Gianfranco, secondo segretario, dal 15 aprile; MACCAFERRI Franco, terzo segretario; FALCHI Silvio, quarto segretario, dal 26 aprile terzo segretario; CAGIATI Andrea, quarto segretario, dal 25 aprile.

GERMANIA (Repubblica federale di)

Bonn -BABUSCIO RIZZO Francesco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, capo della missione diplomatica presso l'Alta Commissione alleata; ALVERA Pier Luigi, primo segretario; FAVALE Marco, secondo segretario, dall' 11 giugno.

GIAPPONE

Tokyo -REvEDIN DI SAN MARTINO Giovanni, capo della missione diplomatica italiana presso il comando alleato del Pacifico con patenti di console generale; RUBINO Eugenio, console aggiunto.

GIORDANIA

Amman-LA TERZA Pierluigi, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; FARINACCI Franco, primo segretario, dal l Omaggio.

GRAN BRETAGNA

Londra-GALLARATI ScoTTI Tommaso, ambasciatore; LANZA o'AIETA DI TRABIA Blasco, ministro consigliere; THEODOLI Livio, consigliere, dal16 agosto; PAVERI FoNTANA DI FONTANA PRADOSA Alberto, primo segretario, fino ad agosto; MONTANARI Franco, primo segretario; ToscANI MILLO Antonio, primo segretario, dal 9 ottobre; MILESI FERRETTI Gian Luigi, secondo segretario, dal 9 ottobre primo segretario, dal 24 febbraio; PASCUCCI RIGHI Giulio, secondo segretario, dal 9 ottobre; MANASSEI Alessandro, quarto segretario; CORNAGGIA MEDICI CASTIGLION! Gherardo, terzo segretario; AILLAUD Enrico, quarto segretario; CARDUCCI Artenisio, quinto segretario.

GRECIA

Atene -ALESSANDRINI Adolfo, ambasciatore; MARIENI Alessandro, consigliere, fino ad agosto; LANZA Michele, consigliere, dal l O settembre; VoLPE Arrigo, primo segretario.

GUATEMALA4

Guatemala -ZANOTTI BIANCO Mario, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al 30 agosto; SEcco SuARDO Dino, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 20 ottobre; BAsso AMOLAT Maurizio, primo segretario.

HAITI

Porto Principe-BARBARICH Alberto, primo segretario, incaricato d'affari.

HONDURAS

Tegucigalpa -ZANOTTI BrANCO Mario, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al 30 agosto5; SEcco SuARDO Dino, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 20 ottobre5 .

4 Il ministro a Guatemala è accreditato anche presso le Repubbliche di El Salvador, Honduras,

Nicaragua e Costarica. 5 Residente a Guatemala.

INDIA

New Delhi -PRINA RICOTTI Sidney, ambasciatore; BRUGNOLI Alberto, consigliere, dal 13 aprile.

INDOCINA

Saigon-N.N.6 .

INDONESIA

Djakarta7 .

IRAN

Teheran -Rossi LoNGHI Alberto, ambasciatore, fino al 24 settembre; CERULLI Enrico, ambasciatore, dal 22 novembre; MONTANARI Franco, consigliere, dal 14 ottobre; GuASTONE BELCREDI Enrico, primo segretario, dal l o febbraio consigliere.

IRAQ

Baghdad-ERRERA Alfonso, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GRILLO Remigio Danilo, primo segretario, fino ad aprile.

IRLANDA

Dublino -BoRGA Guido, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; PAULUCCI Mario, primo segretario; DE GIOVANNI Luigi, primo segretario, dal 22 marzo.

6 Con D.P.R. 28 giugno I 950, n. 833 (G.U. 23 ottobre 1950) viene soppresso il consolato in Saigon e istituita una legazione nella stessa sede.

7 Con D.P.R. 25 giugno 1950, n. 1252 (G.U. 22 marzo 1951) viene soppresso il consolato in Batavia e istituita una legazione a Djakarta.

ISRAELE

Tel Aviv-ANZILOTTI Enrico, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GASPARINI Carlo, primo segretario; MASOTTI Pier Marcello, secondo segretario, dal l o marzo.

JUGOSLAVIA

Belgrado -MARTINO Enrico, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; TASSONI ESTENSE Alessandro, primo segretario, fino a marzo; PIERANTONI Aldo, primo segretario, dal 27 marzo; MoscA Ugo, secondo segretario, fino a maggio; SABETTA Luigi, secondo segretario, dall7 maggio; CASILLI D'ARAGONA Massimo, terzo segretario.

LIBANO

Beirut -ALESSANDRINI Adolfo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino a gennaio; CASTELLANI PASTORIS Vittorio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 9 febbraio; VINCI Piero, primo segretario.

LUSSEMBURGO

Lussemburgo -RAINALDI Andrea, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

MESSICO

Città del Messico-PETRUCCI Luigi, ambasciatore; D'AcUNZO Benedetto, consigliere.

NICARAGUA

Managua -ZANOTTI BIANCO Mario, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al 30 agosto 8; SEcco SUARDO Dino, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 20 ottobré.

8 Residente a Guatemala.

NORVEGIA

Oslo -RULLI Guglielmo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario9; LUCIOLLJ Giovanni, primo segretario.

NUOVAZELANDA10 Wellington-DE REGE THESAURO Giuseppe, incaricato d'affari ad interim, dal22 agosto.

PAESI BASSI

L 'Aja -CARISSIMO Agostino, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ANTINORI Orazio, primo segretario.

PAKISTAN

Karachi -ASSETTATI Augusto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; RoMANELLI Renzo Luigi, primo segretario.

PANAMA Panama -MARIANI Luigi, inviato straordinario e ministro plenipotcnziario.

PARAGUAY Assunzione-RoTINI Ambrogio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

PERÙ Lima -BoMBIERI Enrico, ambasciatore; SPALAZZI Giorgio, primo segretario.

9 Accreditato anche in Islanda. 10 Con D.P.R. 20 giugno 1950, n. 618 (G.U. 24 agosto 1950) viene soppresso il consolato in Wcllington e istituita una legazione nella stessa sede.

POLONIA

Varsavia ~ DE AsTIS Giovanni, ambasciatore; FERRETTI Raffaele, consigliere; VARVEsr Nicola, secondo segretario.

PORTOGALLO

Lisbona~ DE PAOLIS Pietro, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; SABETTA Luigi, primo segretario; BELLIA Franco, primo segretario, dal 30 aprile.

ROMANIA

Bucarest ~ SCAMMACCA Michele, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; REGARD Cesare, primo segretario, fino a febbraio; PURI PURINI Giuseppe, primo segretario, dal l o febbraio; BELTRANI Alvaro Vito, secondo segretario.

SANTA SEDE

Roma ~ MELI LUPI or SoRAGNA Antonio, ambasciatore; BETTELONI Giovanni Lorenzo, primo segretario; MARINuccr DE REGUARDATI Costanzo, secondo segretario.

SIRIA

Damasco ~ CORTESE Luigi, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino a settembre; NATALI Umberto, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 5 ottobre; DE FRANCHIS Carlo, primo segretario.

SPAGNA

Madrid~ CAPOMAZZA DI CAMPOLATTARO Benedetto, consigliere, incaricato d'affari ad interim; CITTADINI CESI Gian Gaspare, primo segretario; BoccHINI Marcello, secondo segretario.

STATI UNITI

Washington -TARCHIANI Alberto, ambasciatore; MASCIA Luciano, ministro plenipotenziario con funzioni di osservatore presso l'O.N.U. a New York; LuciOLLI Mario, consigliere; ORTONA Egidio, primo segretario, dal l o febbraio consigliere; BouNous Franco, primo segretario; DELLA CHIESA n'ISASCA Renato, primo segretario; SENSI Federico, primo segretario, dal l O luglio; CATALANO DI MELILLI Felice, secondo segretario; VALDETTARO DELLA ROCCHETTA Luigi, secondo segretario; GuAZZARONI Cesidio, terzo segretario, dal l o febbraio secondo segretario; TRABALZA Folco, secondo segretario, dal l 0 giugno; BETTIN! Emilio, quarto segretario, dal l 0 febbraio terzo segretario; FRANcrscr DI BASCHI Marco, terzo segretario, dal l o giugno; MARRAS Raffaele, quarto segretario, dal l o giugno.

SUD AFRICA

Pretoria -JANNELLI Pasquale, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; FRANCO Fabrizio, primo segretario.

SVEZIA

Stoccolma -MrGONE Bartolomeo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; EMo CAPODILISTA Gabriele, primo segretario.

SVIZZERA

Berna -REALE Egidio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; PRUNAS Pasquale, primo segretario; MoRozzo DELLA RoccA Antonino, secondo segretario; GHEZZI MORGALANTI Pietro, terzo segretario.

THAILANDIA

Bangkok-Bovo Goffredo, incaricato d'affari; MENZINGER DI PREISENTHAL Enrico, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 6 marzo.

TURCHIA

Ankara -PRUNAS Renato, ambasciatore; PIETROMARCHI Luca, ambasciatore, dal 19 ottobre; CoRRIAS Angelino, consigliere; LANZA Michele, primo segretario; Russo Augusto, primo segretario, dal 19 ottobre; MANCA DI VILLAHERMOSA E S. CROCE Enrico, secondo segretario.

UNGHERIA

Budapest -BENZONI DI BALSAMO Giorgio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BELLIA Franco, primo segretario; CALENDA Carlo, secondo segretario.

U.R.S.S.

Mosca -BROSIO Manlio, ambasciatore; ZAMBONI Guelfo, consigliere; NAVARRINI Guido, primo segretario; LONI Aldo, secondo segretario; BoLASCO Ernesto Mario, secondo segretario, dal 23 marzo.

URUGUAY

Montevideo-TACOLI Alfonso, ambasciatore; SOLARI Pietro, primo segretario.

VENEZUELA

Caracas -CASSINIS Angiolo, ambasciatore; NAVARRINI Guido, consigliere, dal 25 ottobre; SAVORGNAN Alessandro, primo segretario, fino a luglio.

RAPPRESENTANZA ITALIANA A TRIESTE

CASTELLANI Augusto, console generale, capo della rappresentanza, fino al 29 giugno; CARROSIO DI CARROBIO Renzo, console generale, capo della rappresentanza, dal 26 agosto; PAULUCCI Mario, primo segretario.

DELEGAZIONE ITALIANA PRESSO L'O.E.C.E., Parigi

CATTANI Attilio, ministro plenipotenziario, capo della rappresentanza; COLONNA DI PALIANO Guido, primo segretario; CARACCIOLO DI SAN VITO Roberto, primo segretario; DE STROBEL DI FRATTA E CAMPOCIGNO Maurizio, primo segretario; MATACOTTA Dante, secondo segretario; D'ORLANDI Giovanni, terzo segretario, dal l o marzo.

APPENDICE III

AMBASCIATE E LEGAZIONI ESTERE IN ITALIA

(27 gennaio-31 ottobre 1950/

Afghanistan -OsMAN AMIRI Mohammed, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; IBRAHIM Mohammed, primo segretario.

Albania -HAMITI Zenel, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, fino al 4 maggio; KONICA Skender, consigliere stampa, incaricato d'affari ad interim dal 5 maggio; JosiFI Nesti, consigliere stampa; FEJZO Abaz, consigliere; KoTA Filip, primo segretario; BEQIRI Shemsi, SHEHU Ali, secondi segretari.

Argentina -GONZALES Rrsos Bemabé Samuel, ambasciatore, dal l o febbraio; PAULSEN Olinto Alberto, primo consigliere; COMOLLI Guido, EsPANA Adolfo Raul, consiglieri economici; BALDRICH Ricardo, CASTELLS RocA Luis, primi segretari; Mu"Noz AZPIRI José Luis, secondo segretario; CUETO Arturo Ricardo, secondo segretario, dal 21 giugno.

Australia-KELLWAY Cedric Vemon, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; GIBSON John A., secondo segretario.

Austria -SCHWARZENBERG Johannes E., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ROESSLER Georg, HoLTz Harald, PROKSCH Johannes, segretari.

Belgio -MorTE André, ambasciatore; DE RIDDER Frédéric, consigliere; DE RoMRÉE DE VICHENET Henri, consigliere per gli affari economici.

Bolivia -SAAVEDRA SUAREZ José, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

1 Dati tratti da MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI. CERIMONIALE, Ambasciate e legazioni estere in Italia (pubblicazione periodica). Per i titolari di sede la data riportata è quella di presentazione delle lettere credenziali.

Brasile -ALVES DE SouzA Carlos, ambasciatore, dal 21 febbraio; DurRA Osorio Hermogeneo, ministro consigliere; DA RocHA Antonio Xavier, consigliere commerciale; TosTES Theodemiro, primo segretario; GRACIE LAMPREIA Joào, MoREIRA DE MELLO Mellilo, secondi segretari; DAYRELL DE LIMA Everaldo, secondo segretario, dal 14 maggio.

Bulgaria-PoPCHRISTOV Damian P., inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 27 giugno; DIMITROV Christo Gheorghiev, primo segretario; BELTCHEV Ivan, NEDEV Jordan, terzi segretari.

Canada -DESY Jean, ambasciatore; LE MESURIER CARTER Thomas, secondo segretario; MAC LAURIN TEAKLES John, secondo segretario, dal 17 aprile; BEAULNE Yvon, WILLIAMSON Kennet Bryce, terzi segretari.

Cecoslovacchia -MATOUSEK Miloslav, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; PAcAK Milos, consigliere; RUPRICH Josef, primo segretario; WERNER Bohumil, terzo segretario; FIALA Fedor, terzo segretario, dal l 0 marzo.

Cile -RosENDE Alfredo, ambasciatore; SILVA Abelardo, ministro consigliere; SANTANDREU Heman, primo segretario; URRITIA TRABUCCO Juan, primo segretario, dal 29 settembre; BARROS Victor, secondo segretario, dal 7 marzo; LAGOS CARMONA Guillermo, BoLLO ARAVENA Goffredo, terzi segretari.

Cina -YO TsuNE-CHI, ambasciatore; WEI KEN-SHEN, primo consigliere, dal 19 giugno; KAo SHANG-CHUNG, consigliere; CHANG CHIA-YUNG, YEN YouNG SoN, secondi segretari; Kr TCHE JEN, terzo segretario.

Colombia -URIBE MISAS Alfonso, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ARcrNIEGAS Garcia Belisario, consigliere, dal 24 settembre; LozANo Alvaro Ortiz, primo segretario; CARDONA JARAMILLO Alberto, VARELA Hector Fabio, secondi segretari.

Cuba -DE BLANCK Guillermo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Danimarca -MOHR Otto Carl, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BULL Tage, ministro consigliere.

Dominicana (Repubblica) -RoDRIGUEZ DEMORIZI Emilio, inviato straordinario c ministro plenipotenziario; P ARRA DE LOS REYES Juan, primo segretario.

Ecuador-JACOME Rodrigo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; ARTETA Carlos Alberto, consigliere; VELA-BARONA Gonzalo, secondo segretario.

Egitto -BADR BEY Mohamed Abdel Aziz, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, ambasciatore dal 3 giugno2; DARWICHE Ali Hassan, consigliere, dal 23 giugno; CHAFIK BEY Hassan, primo segretario; FAHIM Amin Mohamed, SouKA Amin Mohamed, CHERIF Hussein, terzi segretari.

Filippine -SEBASTIAN Proceso E., inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MALOLES Octavio L., primo segretario; IBANEZ Melquiades, secondo segretario; STA ROMANA Eutiquio 0., terzo segretario.

Finlandia -HOLMA Harri, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; THESLEFF Alexander Amatus, primo segretario, dal l 0 marzo; AHTILUOTO Lauri, segretario.

Francia -FouQUES-DUPARC Jacques, ambasciatore; DE CouRCEL Geoffroy, primo consigliere; SEBILLEAU Pierre, secondo consigliere; ToRRES Charles, primo segretario; WINCKLER Jean-Claude, primo segretario, dal l o ottobre; FOURIER-RUELLE René, secondo segretario; HUGUES Jean, consigliere commerciale; VIEILLEFOND René, consigliere culturale; DE SEGUIN Jean, ministro plenipotenziario, consulente per i beni dissequestrati.

Giordania -RocH BEY Edmond, incaricato d'affari, dal 7 marzo; JAYYOUSI Burhan, terzo segretario, dal 22 giugno.

Gran Bretagna-MALLET Victor A. L., ambasciatore; EMPSON C., ministro commerciale; LINGEMAN E.R., ministro, dal 16 settembre; BRAINE W.H., consigliere; DEAN P.H., consigliere, dal 4 febbraio; WILLIAMS M.S., PILCHER Y., HANNAFORD G.G., McEwEN I.H.P., AoAMS M.C., ToosY F.W., VERSCHOYLE D.H., DANIELL R.A., STEWART C.C.B., REDDAWAY G.F.N., primi segretari; RussEL J.W., primo segretario, dal 29 aprile; BENTON K.C., primo segretario, dal l o luglio; SILVERwooo-CoPE C.L., HOWARD E.B.C., HENDERSON C.H., MAXWELL W.N.R., TATE O.J., TROUNSON A.D., BUSHELL J.C.W., CREMONA S., JONES R.E., ROLO C.F., secondi segretari; SHUTE T.A.E., secondo segretario, dal 15 marzo; RAE C.R.A., secondo segretario, dal 19 maggio; MILNE A.K., secondo segretario, dal 23 maggio; ADAMS F.G., ISOLANI C. T., CHARLES D.F.N., H!GGS A.E., terzi segretari; LATHAM H.R.W., terzo segretario, dal 15 ottobre.

2 In tale data la rappresentanza di Egitto a Roma viene elevata al rango di ambasciata.

Grecia -CAPSALIS Dimitri, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; EXINDARIS George, ambasciatore, dall'8 luglio3; VATIKIOTTY Constantin, ministro consigliere; TzrRAS Alexandre, ministro consigliere, dal l o febbraio; HIMARIOS Constantio, primo segretario; TouLOUPAS Jean, secondo segretario, dal 23 agosto.

Guatemala -ARRIOLA Jorge Luis, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MARTINEZ DuRAN Carlos, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 3 giugno; SoLARES Enrique, primo segretario.

Haiti -BRUTUS Edner, consigliere, incaricato d'affari; François Jacques, incaricato d'affari, dall8 agosto.

India-BINAY RANJAM Sen, ambasciatore, dal 25 marzo; MANI Rangiah Subra, consigliere; BAJPAI Sarda, consigliere commerciale, dal l O luglio; SHAH J.A., primo segretario; MAHARAJRANA Harishandra, secondo segretario; BIKRAM SHAH Maharajkumar, secondo segretario, dal 21 settembre.

Iran -DJEM Mahmoud, ambasciatore; MANSOUR Ali, ambasciatore, dal 12 settembre; AcHTARI Ibrahim, consigliere; EGHBAL Abbas, consigliere culturale, dal 24 maggio; ADLE TABATABAl Morteza, SALAHl Mohamed, primi segretari; BEGLARPOUR Alì Mohamed, terzo segretario, dal l 0 luglio.

Iraq -AL-JAMIL Sayid Mohammed Fakhiri, primo segretario, incaricato d'affari, dal 18 marzo.

Irlanda -MACWHITE Michael, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DEVLIN Denis Alfred, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 27 aprile; O'BYRNE Patrick Joseph, segretario; MACWHITE Eoin, secondo segretario.

Islanda-BENEDIKTSSON Petur, inviato straordinario e ministro plenipotenziario4 .

Israele -GJNOSSAR Shlomo, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; KADURY Benzion, consigliere; GINTHON Reuven G., consigliere commerciale; ORON Arie, primo segretario; BARZAKAY Zvi, terzo segretario, dal 26 aprile.

3 La rappresentanza di Grecia a Roma era stata elevata al rango di ambasciata il l o febbraio I 950. 4 Residente a Parigi.

Jugoslavia -IVEKOVIC Mladen, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; JovANOVIC Milos, consigliere; ZEMLJAK Joza, consigliere, dal 15 febbraio; DuMIC Nikola, consigliere, dal 16 giugno; LAPCEVIC Dean, consigliere; BABIC Zvonimir, consigliere commerciale; DEFRANCESKI Josip, consigliere stampa; STANIC Bozidar, primo segretario; VELJACIC Cedomil, Kurs Petar, secondi segretari; Gosovrc Velisa, secondo segretario, dal 12 marzo; MILANOVIC Stanko, secondo segretario, dal 28 giugno; RUBINJONI Branko, SEKULIC Djordje, terzi segretari; KOVACIC Sreko, terzo segretario, dal 13 settembre; PAJOVIC Drago, terzo segretario, dal 18 settembre.

Libano -KHouRY Emilio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BANNA Mahmoud, primo segretario.

Messico -OJEDA Carlos Dario, ambasciatore; GARZA RAMOS Mario, consigliere; DE LA VEGA Jorge, secondo segretario; Ruiz G. Wulfrano, consigliere commerciale5 .

Monaco -DE WITASSE Pierre, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

Norvegia -FAY Hans, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BENTZON Sigurd, ministro consigliere; MoLTKE-HANSEN Axel Ivar Lucien, primo segretario.

Paesi Bassi -DE BYLANDT Willem, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; DE LYNDEN R.B., primo segretario; FACK R., primo segretario, dal 26 settembre; DE WAAL H.W.R., segretario commerciale; VAN WALEN Willem, secondo segretario commerciale.

Pakistan -RAHMAN Habibur, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 19 settembre.

Panama -PEZET Josè, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 27 aprile; VALLARINO Rafael, segretario.

Paraguay -Lo FRUSCIO Silvio, inviato straordinario e ministro plenipotenziario.

5 Residente a Parigi.

Perù -FLORES Luis A., ambasciatore; CERRO CEBRIAN Vicente, ministro consigliere, incaricato d'affari; MACHIAVELLO Palmiro, ministro plenipotenziario, addetto speciale per l'immigrazione; GoNZALES DtTTONI Enrique, secondo segretario; LASARTE FERREYROS Luis, MORELLI PANDO Jorge, terzi segretari; PAGADOR PUENTE Mariano, terzo segretario, dal 12 luglio.

Polonia -OsTROWSKI Adam, ambasciatore; TYKOCINSKI Wladislaw, primo segretario; BRuss Jan, consigliere commerciale; MoRAWINSKI Jan, consigliere culturale.

Portogallo -DE CALHEIROS E MENEZES Francisco, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BACELAR MACHADO Eduardo Alberto, primo segretario.

Romania -DRAGOMIRESCU Mihail, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CoMNACU Niculae, consigliere, incaricato d'affari, dal 7luglio; LEVIN Mihai, ministro consigliere; MARCEL Gerard, primo segretario, consigliere commerciale; GANEA Petre, primo segretario, dal 20 luglio; MAGHERU Anca, primo segretario, dal 2 ottobre.

Santa Sede -BoRGONGINI DucA Francesco, arcivescovo titolare di Eraclea, nunzio apostolico; CHERUBINI Francesco, CAGNA Mario, monsignori, uditori.

Spagna -DE SANGRONIZ YCASTRO José Antonio, ambasciatore; DE RANERO YRODRIGUEZ Juan Felipe, ministro consigliere; ALCOVER Y SUREDA José Felipe, consigliere; SCHWARTZ Y DIAZ FLORES Juan, consigliere per gli affari economici; PONCE DE LEON Mario, BARNACH-CALBO YGINESTA Ernesto, primi segretari; GONZALES-CAMPO DAL RE José Carlos, MUNOZ SECA YDE ARtzA Alfonso, BARROSO Manuel, secondi segretari.

Stati Uniti -DUNN James Clement, ambasciatore; BYINGTON Homer M. jr., ministro consigliere; THOMPSON Llwellyn E. jr., ministro, dal 4 agosto; WALMSLEY Walter

N. jr., consigliere per gli affari economici; PAGE Edward jr., HORSEY Outerbridge, COTTAM Howard R., consiglieri; FREE LLOYD Arthur, consigliere, dal 18 maggio; CH!PMAN Norris B., consigliere, dal 24 giugno; ANDERSON Orville C., BLACK Myron L., BLAKE M. Williams, primi segretari; WARNER Carlos J., primo segretario, dal 14 aprile; MELLEN Sydney L., primo segretario, dal 26 luglio; EDGAR Donald D., primo segretario, dal 29 agosto; HoHENTHAL Theodore, primo segretario, dal 18 ottobre; MEIN John Gordon, McFADDEN William A., KNIGHT William E., PAPPANO Albert E., RICE Maurice S., LEONI-IART William K., NADELMAN E. Jan, HUMES Elizabeth, HIGDON Charles E., secondi segretari; HOLCOMB Franklin P., secondo segretario, dal 28 marzo; SiscoE Frank G., secondo segretario dal 4 agosto; WEISE Robert W., secondo segretario, dal 5 agosto; FIDEL E. Allen, LooRAM Matthew J. jr., terzi segretari; PRACHT Raymond W.T. , terzo segretario, dall'8 maggio; PoE B. Frankjr., terzo segretario, dal26 ottobre.

Sud Africa (Unione del) -THERON François Henri, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; KIRSTEN Robert, primo segretario; VILJOEN A.J.F., secondo segretario; DE VILLIERS I.F.A., MARÈ A.S., terzi segretari; LAMBOOY Bartholomeus, segretario commerciale; HANRETTE Wilfred E., segretario commerciale aggiunto; BARNARD W.A.B.R., segretario commerciale aggiunto, dal l Oottobre.

Svezia -GONTHER Christian, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; BECKFRIIS Johan, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 19 ottobre; GRùNWALL Tage Holm Fredrik, consigliere; FAGRAEUS Gunnar, segretario; HENNINGS Lennart, secondo segretario, dal 29 agosto.

Svizzera -DE WECK René, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; CELIO Enrico, inviato straordinario e ministro plenipotenziario, dal 31 ottobre; PARODI André, DE RHAM Jean-Guy, consiglieri; SULZER Robert, primo segretario; JANNER Antonino, DESLEX Edmond Robert, Musy Lucien, secondi segretari.

Turchia -BAYDUR Huseyin Ragip, ambasciatore; TUNALIGIL Danis, PASIN Nihat Refik, BoRAVALI Mustafà, primi segretari; TULUY Turan, secondo segretario; BILGIN Haluk, secondo segretario, dal 27 giugno; KARAMAN Nezih, secondo segretario, dali' Il ottobre; OzKOL Mazhar, consigliere commerciale.

Ungheria -ToLNAY Gabor, inviato straordinario e ministro plenipotenziario; MuRAI Stefano, consigliere, incaricato d'affari ad interim, dal 14 marzo; SZEKERES Georges, CZINK Anthal, consiglieri; MAGORI-VARGA Erzsebet, LACZKOVICS Miklos, MÀLYI Vilmos, segretari.

U.R.S.S. -KosTYLEV Mikhail, ambasciatore; KAMENSKII Vassili, rappresentante commerciale; SoLOVIEV Pavel, rappresentante commerciale, dal 14 ottobre; TCHERKASSOV Mikhail, MIKHAILOV Serguei, consiglieri; SALIMOVSKI Vladimir, VICIINIAKOV Serguei, vice rappresentanti commerciali; GoRCHKOV Nikholai, DouLIAN Gaik, MEDVEDOVSKI Pavel, TIMOFEEV Nikolai, primi segretari; KrssELEV Dimitri, primo segretario, dal 24 marzo; PRIVALOV Petr, BOJANOV Alexandre, RoGov Mikhail, NIKOULINE Ivan, PoKROVSKI Alexei, NovossELov Dimitri, secondi segretari; LAKHTIOUKHOV Mikhail, secondo segretario, dal 25 febbraio; BoGUEMSKI Gueorgui, BoNDARENKO Sviatoslav, terzi segretari.

Uruguay -G!AMBRUNO Cyro, ambasciatore; REGALIA German Roose, ministro consigliere, dal 15 settembre; AVEGNO lLLA Emilio J., segretario.

Venezuela -GIL-FORTOUL Henrique, ambasciatore; PERAZZO Nicolàs, consigliere; VILLANUEVA Manuel, RoDR!GUEZ Napoleon Gimcnez, primi segretari.